La sangre sin fuego hierve

Andrew → Pavone

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    Guarda l'uomo davanti a sé. Lui sbuffa il fumo della sigaretta, appoggiato alla porta della mensa a fine servizio. È visibilmente scocciato.
    «Sabes que estoy jubilado. Non se ne parla.»
    «Un'ultima volta. Non avremo un'altra possibilità di creare qualcuno migliore di noi. Io ho fatto il mio, Nestore il suo, persino Lincoln. Non pensare di esserne fuori.»
    «Chiedete a quelli della Grado, o ai matti della Argo, o a quelle cartografe. Este lobo ya no aúlla
    «Sono in missione, o in infermeria, o addestrano i nuovi. È un incarico veloce e tranquillo. E Miguel: mi devi un favore.»
    «Vaya mierda, questo è un colpo basso. Avevi detto che non l'avresti mai usato contro di me.»
    «Beh, un'ultima volta, lobo. Allora, che ne dici?»
    «...fammi finire la sigaretta.»

    ---


    Il destino ha avuto davvero altri piani, per te.
    Ti è stato chiesto - forse non così gentilmente - di partecipare alla ricostruzione di Delfi. Sono passate poche settimane da quando è stata riconquistata, con grande sforzo, dalla Squadra Argo, dalle forze del Grande Tempio e da un aiuto... insperato.
    In Grecia a chiunque viene chiesto di fare la propria parte. Un ragazzo pieno di energie - e che si fa notare - non è escluso. Anche Kyle e Viola sono stati coinvolti. Ci sono molte cose da fare. Valutare i danni, rimuovere i detriti, controllare lo stato delle poche case miracolosamente ancora in piedi.

    Anche la strada per arrivare a Delfi è pericolosa: è un corridoio liberato da poco che parte dal Grande Tempio e che arriva fino a lì. Operai, periti, architetti, volontari e non vengono caricati su dei camion scortati dai soldati e portati fino a Delfi. È un viaggio accidentato di qualche ora in cui - per la vostra sicurezza - non sono consentite fermate o deviazioni.

    Delfi è un guscio vuoto, uno scenario desolante.
    Eppure un giorno potrebbe diventare bella come Rodorio o come Atene - lo sai, ci hai vissuto. Tutti gli avamposti riconquistati prima o poi ritroveranno la vita. Venite divisi in piccole squadre di lavoro e ogni giorno l'incarico è diverso, ma sempre logorante. Al termine della giornata vi accolgono alle basi mobili con un pasto caldo e un'atmosfera che è gioviale, di amicizia. Vi conoscete tutti, e creare una comunità è forse il modo più semplice per non pensare alla città devastata in cui vi trovate.
    Quelle sere in compagnia, dopo una giornata di lavoro sfiancante, sono anche l'unica occasione in cui puoi essere te stesso - un palco per rasserenare gli animi.
    Riesci a tenere al caldo anche la tua anima, Cibràn?

    0qVuOPt


    Benvenuto nel tuo addestramento!
    Primo post molto libero, scegli pure tu dove iniziare e dove finire. Sei stato portato, insieme ai tuoi png, a Delfi, per aiutare con le prime fasi della ricostruzione. Delfi è stata liberata da poco nel GDR, qui. Come pg puoi sapere appunto che è stata ripulita dalla corruzione in una missione della Argo, dell'esercito e con l'aiuto di un titano chiamato Giapeto.
    Per il resto sei libero, sia su come passi le giornate a Delfi, con quali compiti, sia su come invece scegli di passare le serate. Presentaci il tuo pg in questo scenario nuovo; inserisci e muovi liberamente altri png che ti affidano i compiti o con cui interagisci. Delfi è effettivamente ridotta molto male, ma almeno hanno tolto i cadaveri prima che arrivaste e sembra in sicurezza per quanto riguarda la corruzione.
    Del primo dialogo a inizio post, per ora, non sai nulla.
    Se hai dubbi e domande contattami in privato, e buon divertimento!
     
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    La sangre sin fuego hierve




    Narrato - Parlato - Pensato - Parlato Kyle - Parlato Viola - Parlato Altri




    In dieci anni, non era mai uscito da Atene.
    L’unica volta che il pensiero di lasciare la città lo aveva attraversato era stato tre anni prima, quando vicino alla cinta muraria aveva atteso invano per ore che suo zio Xoel apparisse oltre la soglia. Ci aveva sperato fino all'ultimo istante, ridimensionando le sue aspettative un istante dopo l'altro fino a quando la sua speranza non si era spezzata del tutto, e a quel punto si era abbracciato con Nevia, in silenzio. Era in silenzio quel giorno, una delle poche volte nella sua vita in cui era rimasto senza parole. E in quegli istanti, il pensiero di correre fuori dalle mura, superare le guardie e andarsi a riprendere suo zio lo aveva attraversato come una scossa. Poteva farlo questa volta, poteva andarlo a cercare e riprenderselo come non aveva potuto fare con suo fratello Inigo. Invece, quel che fece fu stringere più forte sua sorella in quell'abbraccio, per il terrore che anche lei da un momento all’altro le sfuggisse dalle mani e corresse là fuori, perché sapeva che anche lei stava pensando la stessa cosa e non poteva permettersi di perdere anche lei.
    Da quel giorno in poi, l’idea di uscire non aveva mai più sfiorato la sua mente. Da quando il ristorante dello zio era fallito la sua missione era rimasta una ed una soltanto: godersi la sua vita finché aveva ancora respiro. Si era costruito il suo mondo e la sua identità tra gli spettacoli di strada per le vie di Atene e nei pressi del Grande Tempio, che osava solo guardare dal basso come un Sole dalla luce troppo dolorosa per essere ammirata. La gente ora lo conosceva e lo apprezzava come artista di strada e lui si sentiva soddisfatto così, a ricevere i loro superficiali applausi al termine dell’ennesimo gioco di prestigio, pezzo teatrale o esibizione canora. Si sentiva riscaldato dagli sguardi di ammirazione dei bambini, di approvazione degli adulti, di infatuazione delle ragazze e, a dirla tutta, anche da quelli di disprezzo di chi schifava la sua arte. Quella era la controprova che stava facendo bene, che non stava sparendo in una massa informe ed omologata, che stava recitando bene la sua parte.
    Rispettava i dettami della città tanto quanto voleva che essi rispettassero lui. Per il resto, voleva essere uno spirito libero e passare la giornata a cantare sulle note della chitarra di Viola e a dividersi il palco con Kyle, che spesso e volentieri glielo lasciava calcare per intero, tanto che la sua presenza scenica bastava per entrambi.
    Non si spingeva mai oltre, Cibràn, solo sul palcoscenico osava farlo, e lo faceva dannatamente bene.
    Ed era felice così. Voleva essere felice così. Non voleva pensare al resto.
    E invece adesso eccolo lì, sul retro di una camionetta diretta verso la liberata Delfi assieme a tanti altre persone, altri giovani. Kyle e Viola erano seduti poco distante da lui, col suo stesso pensiero: chissà se sarebbero tornati. Chissà se sarebbe riuscito a riabbracciare sua sorella. Lo sguardo basso, il dolore ed il trauma di trovarsi nel cuore della corruzione, colei che gli aveva tolto tutto, era tornato ancora una volta a cingerlo alla gola, a torcergli il collo e a soffocare la sua voce. Quella che provava non era paura, ma la più totale rassegnazione all’idea che adesso la fine sarebbe giunta. Adesso era la fine della catena. Adesso sarebbe stato il suo turno di essere strappato via, e non avrebbe potuto farci niente. Gli venne da ridere, perché realizzò in quel momento che nonostante tutto il suo approccio non sarebbe stato diverso. Avrebbe ballato anche in faccia alla morte, se avesse avuto l’occasione.

    [2 giorni prima]

    Lo spettacolo del pomeriggio era appena terminato, anche l’ultimo sparuto pubblico s’era diradato lasciando i suoi oboli che li avrebbero fatti campare ancora un altro giorno. All’ombra del Tempio di Atena, quello era il miglior posto per gli spettacoli. Un gran viavai per le strade significava soltanto più pubblico, e più mance. Cibràn stava finendo di sistemare in un sacco gli strumenti dell’ultimo numero quando si ritrovò faccia a faccia con due guardie del Tempio. Gli parlarono di una missione per ripristinare la liberata Delfi, sia a lui che a Kyle e Viola, organizzata dal Grande Tempio. La sua risposta non tardò ad arrivare prima ancora di star a sentire tutti quei giri di parole.

    "No grazie, faremo il tifo per voi.”

    Li congedò in fretta con un plateale inchino e da un invito allo show del giorno seguente, a seguito del quale i due si erano defilati con qualche smorfia dicendo che sarebbero tornati l’indomani.
    Avevano continuato a parlarne per tutto il giorno, Kyle e Viola, durante le prove la sera nel giardinetto vicino alla casa di Kyle, vicino ad un piccolo laghetto. Lui s’era ammutolito lasciando agli altri due la conversazione, trovandosi seduto sul muretto nei pressi dello specchio d’acqua a scarabocchiare su di un foglio qualcosa, con le gambe accavallate ed uno speciale sottofondo.

    “Sì, ma i Saint ci hanno protetto tutti questi anni e adesso hanno bisogno di noi… e poi espandere il territorio significa dare più opportunità a possibili sopravvissuti di venire a vivere sotto l’ala di Atena”

    “Certo, sempre che ce ne siano di questi fantomatici sopravvissuti da portarci. Potrebbe essere tempo perso, potremmo finire a ripulire una città fantasma. Tu che dici, Cib?”


    Ecco che lo interpellavano di nuovo. Abbassò il foglio facendo cascare la mano sul ginocchio ed alzò lo sguardo al cielo.

    Ay dios, perché ne stiamo ancora parlando? La mia risposta non è cambiata”

    Lui non era sua sorella, non era fatto per quelle cose. Il solo pensiero di uscire fuori, di tornare in quell’inferno che aveva inghiottito la sua intera famiglia lo portava al vomito. Sbuffò, rendendosi conto di esser stato parecchio brusco.

    “Sentite”

    Riprese, saltando giù dal muretto e approcciando i due, che presero a guardarlo.

    “Lo capisco perché continuate ad essere in dubbio, sul serio. I Cavalieri ci hanno salvato la vita ed è grazie a loro che siamo qui, questo è vero. Ma è anche vero che il modo in cui vogliamo spendere questa vita è una nostra decisione. Non siamo soldati e non siamo manovali, e non abbiamo nessun obbligo morale di prendere parte in una missione possibilmente mortale fuori dalle mura. Noi facciamo il nostro, e loro fanno il loro, pura y simple

    Fece allargando le braccia e sfoderando un sorriso. Kyle e Viola parvero entrambi perplessi.

    “Sì, ma Cibràn-”

    “Possiamo parlare dello spettacolo di domani ora? Tengo una idea genial per il gioco mio e di Kyle con i bastoni infuocati, mira


    Schiaffò il foglio in mano a Viola interrompendo ogni suo tentativo di proseguire la conversazione. La ragazza scosse la testa e si rassegnò a scrutare il pezzo di carta, aggrottando le sopracciglia mentre anche Kyle sopraggiunse a dare un occhio da sopra le sue spalle.

    “Sono accordi?”

    “Eh, non credo di averla mai suonata, questa”

    “E che problema c’è? Sono sicuro che la imparerai in un attimo, brava come sei”


    Tornò verso il muretto di pietra e vi raccattò la chitarra, che passò a Viola con un lancio.

    Tenemos ventiquatro horas, chica. La proviamo subito, dacci l’attacco”

    Le fece, correndo a raccattare i bastoni dal sacco degli strumenti di scena. Viola ancora scosse la testa e scambil uno sguardo con Kyle, che fece spallucce.

    “Sei un caso perso, Cib. E va bene, la proviamo”

    Imbracciò la chitarra e andò ad appoggiarsi sul muretto. Sfiorò le corde.

    “Pronti?”

    Battè con la mano sul legno della chitarra dando il ritmo.

    “Uno, dos, tres, vamos!”



    Lo spettacolo del giorno seguente non avvenne mai. Mentre stavano ancora allestendo i preparativi le scintillanti armature dei due energumeni comparvero ancora all’orizzonte. Si avvicinò lui ad accoglierli ed invitarli a seguire lo spettacolo, soltanto per venir raggiunto da un muro di gelo.

    “Gli ordini del Tempio sono chiari: tutta la manodopera disponibile andrà impiegata nella missione, pena l’allontanamento dalla comunità”.

    In quel momento gli fu estremamente chiaro che la sua fortuna era finita e che non avrebbe avuto scelta alcuna. Pochi minuti dopo si stava allontanando con quegli uomini assieme a Viola e Kyle.
    Lo stesso giorno vennero a conoscenza di tutti gli altri partecipanti alla missione, ne conosceva parecchi tra i giovani come lui. Poi ce n’erano tanti altri adulti, che conosceva solo di vista.. Lavoratori di ogni risma. Era una cosa seria. I dettagli della missione gli vennero illustrati per filo e per segno, poi gli venne comunicato che sarebbero partiti l’indomani. Il suo sguardo cercò incessantemente Nevia per tutta la durata della spiegazione, non trovandola tra i presenti. Nemmeno si fermò a pensare ai possibili perché: il cuore gli si strinse immediatamente in una morsa al pensiero che l’avrebbero mandato là fuori senza che potesse salutarla, che quello potesse essere il modo in cui sarebbe uscito dalla sua vita per sempre. Avrebbe preferito esser lui a doversi sobbarcare quel dolore quando quella testarda sarebbe riuscita ad entrare nei Saints o sarebbe morta provandoci lasciandolo solo come un cane, e invece il destino gli aveva tirato una palla curva che non aveva potuto prevedere.
    Non riuscì a vederla prima di lasciare Atene.

    [Presente]

    Passarono ore interminabili, durante le quali il retro del camion restò in silenzio se non per brevi battute di circostanza scambiate di tanto in tanto tra conoscenti. Provò più volte il desiderio di intervenire e ravvivare l’atmosfera, ma era certo che non solo lui, ma tutti i presenti sentissero l’odore di morte che aleggiava attorno a loro come uno spettro maligno. Scelse di non dire nulla, non adesso.
    Raggiunsero Delfi ancora in vita. La prima visione della città appena sceso dal camion gli gelò il sangue nelle vene. Sebbene non ci fossero cadaveri in vista ciò che trovò di fronte a sé fu uno scenario di morte, non avrebbe saputo definirlo altrimenti. Era la prima volta che osservava una città devastata dalla corruzione da cima a fondo. Pensò a Valencia, alla casa della sua famiglia. L’aveva sognata infinite volte, dopo quel lontano giorno. Anche lì lo scenario sarebbe stato uguale se si fosse trovato lì invece che a Delfi, o forse addirittura peggiore?

    “Muoversi, forza! Il campo generale è da questa parte, ora verrete smistati nei vostri team”

    La voce di uno dei sovrintendenti alla missione lo riportò alla realtà. Seguì gli ordini, finendo per essere posizionato in uno dei gruppi e scortato verso la sua missione odierna. Vide Viola e Kyle andare da un’altra parte, in direzioni diverse. Pensò ancora come sarebbe potuta essere l’ultima volta che li vedeva, e si odiò per il pensiero che se tutto doveva finire, avrebbe preferito finisse in fretta.



    La prima giornata passò spostando detriti, così come la seconda. Sebbene Cibràn fosse un ragazzo in forma era un lavoro di pura fatica, che al termine della giornata lo lasciava sfiancato. Il luogo in cui scavavano era quasi irriconoscibile, una volta doveva esser stato un quartiere ma poco era rimasto che desse la parvenza di abitazioni in quel cumulo di detriti sotto il quale chissà quante persone avevano perso la vita. Durante il terzo giorno si ritrovò ad essere particolarmente stanco e a fermarsi, sedendosi su di un sasso a riprendere fiato. Fu in quel momento che qualcuno lo avvicinò.

    “Hey. Tu sei il ragazzo degli spettacoli fuori dal tempio vero?”

    Alzò lo sguardo, improvvisamente illuminato dal fatto che qualcuno lo avesse riconosciuto sebbene scoraggiato che fosse in un momento in cui era coperto di calcinacci e sporcizia.

    “Sì… sono io, siamo noi. Cibràn y los ardillas!

    Fece puntando con il gesto della pistola la persona e facendo schioccare la lingua sul palato: incrociò lo sguardo di un soldato del Tempio dall’aria austera e si pentì del gesto appena compiuto.

    “Ti ho riconosciuto dai capelli. Te la cavi bene, sai? Mi sono fermato a guardarti una volta. Il numero con cinque palline era… notevole”

    Il giovane sorrise amaramente.

    “Bello sapere che almeno alcuni di voi apprezzano. I tuoi colleghi ci hanno letteralmente strappati dal nostro spettacolo per portarci in questa bella villeggiatura”

    Fece battendo le mani sul masso su cui sedeva.

    “Se lo spettacolo gli faceva schifo potevano inventarsi un altro modo di liberarsi di noi invece di portarci qua con la forza”

    A quelle parole l’uomo si fece più serio.

    “Ehi, bada a come parli ragazzo. Questo non è un gioco. Tutte queste persone hanno lasciato i loro cari ed il loro lavoro per essere qui, non sei speciale e non sei un'eccezione. Serve ogni tipo di aiuto per migliorare la vita della comunità”

    “Lo stavo già facendo, a modo mio. I miei spettacoli aiutano le persone, gli regalano qualche ora di spensieratezza tra le loro mille preoccupazioni. Che non vi andasse a genio e il vostro piano fosse di mandare altri a fare il vostro lavoro sporco è un altro discorso”

    Rispose tagliente. Una battaglia stupida da intraprendere, probabilmente, ma non gli importava: era fermo sulle sue convinzioni: nessuno di loro meritava di essere lì, men che meno contro la sua volontà, solo perché i Saints non erano capaci di organizzarsi meglio.

    “Benissimo… in realtà, ero qui per dirti che era il tuo turno di cambiare incarico e prenderti qualcosa di più leggero, ma a quanto pare devi ancora sollevare un po’ di pietre prima di sviluppare un minimo di responsabilità. Al lavoro, forza.”

    Detto questo, l’uomo si voltò di spalle e si allontanò, lasciandolo solo. Tanto meglio, visto che aveva interrotto il flusso di pensieri rivolto verso ciò che stavano organizzando per la serata a cui aveva concesso ogni sua energia durante quella breve pausa. Ci voleva ben altro per fermarlo che un po’ di pietre per la strada. Avrebbe raggiunto Viola e Kyle al più presto, doveva parlargli.



    Le serate in quel luogo dimenticato dagli Dei erano davvero l’unico momento in cui poteva concedersi un po’ di pace. E per pace, intendeva una sola cosa: mettersi in mostra su un palco. Dopo le sfiancanti giornate di lavoro nessuno aveva voglia di fare altro che non fosse mangiare e distrarsi, smettendo di pensare per qualche ora all’orrore che li circondava. Alcuni di loro si concentravano solo a mangiare, altri cercavano di far baldoria tra risate e giovialità. E verso il termine della cena capitava che si iniziasse a cantare tutti insieme qualche canzone, tra proposte varie. Viola già nella prima serata era stata individuata come la pababile chitarrista del gruppo che avrebbe potuto sfornare canzoni su richiesta come un jukebox, e mantenne quel suo ruolo fino alla terza sera. Già un paio di ballate erano state eseguite con successo, i calici erano alti e la voglia di prolungare quella serata per non dover pensare al giorno seguente era molta.

    “Ahem, attenzione por favor!”

    Calcò su una scatola ribaltata che si trasformò subito nel suo palcoscenico, richiamando le attenzioni dei presenti che si voltarono a guardarlo. Aveva avuto modo di guadagnarsi la fiducia di quel pubblico cantando qualche canzone e facendo sparire qualche monetina tra le mani nei giorni precedenti. Ma ora era giunto il momento di dare spettacolo sul serio.

    “Adesso, io e i miei amici Kyle e Viola vi intratterremo con uno spettacolo strabiliante, cortesia di Cibràn y los ardillas!”

    Qualche applauso, qualche schiamazzo e anche qualche “buuu” lo accolse, perlopiù un vociare indefinito di approvazione. Alzò le braccia indolenzite dallo sforzo della giornata, ma nemmeno gli parve di sentirla, quella fatica.

    “Questo è un numero nuovo, che non abbiamo ancora mai fatto in pubblico: attenzione, perché è estremamente pericoloso e decisamente caliente

    Altri mormorii e perplessità misti ad eccitazione.

    “Bene, senza ulteriori indugi presentiamo a voi… la Valle del fuego!”

    Invitò all’applauso mentre saltava giù dal suo scranno e raggiunse Kyle. I bastoni erano stati facili da trovare, le stoffe pure. L’alcool e l’accendino erano stati la parte più difficile: per il primo aveva fatto affidamento sulle scorte portate da qualche altro volontario alla missione in cambio di un doppio turno alla rimozione macigni, per il secondo aveva dovuto vincere una scommessa a carte con una guardia e farselo prestare per la giornata, perdendo nel processo uno dei suoi anelli d’argento (finto ovviamente, non si poteva permettere altrimenti). Gli era costato decisamente caro, ma ora avevano tutto. Kyle gli passò i suoi due bastoni.

    “Concentrato eh, Cib. Sicuro che non sei stanco?”

    Annuì convinto.

    “Tranquillo, mano. Facciamogliela vedere. E divertiamoci.”

    Gli annuì di rimando, sorridendogli. Era una mezza follia provare un numero del genere in quello stato, eppure lo avrebbero fatto, insieme come sempre. Poi Kyle prese l’accendino ed accese i suoi bastoni illuminando l’atmosfera, tra gli sguardi ammirati dei presenti che subito prese le distanze in maniera naturale. Non era sicuro che le guardie li avrebbero lasciati fare per molto, quindi dovevano pure darsi una mossa. Kyle arrivò di corsa con i suoi bastoni e li fece accendere a Viola prima di mettersi in posizione di fronte al giovane Toledo.
    Viola imbracciò la sua chitarra e fu pronta a dargli l’attacco. Batté ritmicamente sullo strumento.

    “Ok! Uno, dos, tres, vamos!”







    La canzone iniziò, le note focose di Viola avvolsero l'intera stanza. In perfetta coordinazione Cibràn e Kyle iniziarono a vorticare i loro bastoni nell’aria in un turbinio di fiamme. Erano sincronizzati quasi al millisecondo, e non c’era da sorprendersi: si allenavano insieme da anni, oramai erano una cosa sola, e usare delle palline, dei birilli, dei sassi o dei bastoni infuocati non faceva così tanta differenza. Cibràn sentiva le braccia stanche dalla dura giornata di lavoro, ma non gli importava: solo adesso che la luce di quelle fiamme si rifletteva nei suoi occhi in quel pericoloso gioco si sentiva davvero vivo. Dopo qualche secondo lo schema cambiò: Cib e Kyle iniziarono a scambiarsi le torce tra di loro, sempre al ritmo incalzante della canzone suonata da Viola, ed a quel punto gli animi cominciarono ad infervorarsi: il pubblico applaudiva e li incitava nella loro danza di fuoco via via sempre più rapida. Poi, ci fu un momento in cui Kyle tenne tutti e quattro i bastoni, gestendoli con maestria contemporaneamente. Da lì, li passò uno ad uno a Cibràn, che fece lo stesso: quattro bastoni in una volta, quattro luci in movimento sopra la sua testa. Una goccia di sudore, una sola, sulla fronte, mentre metteva tutto sé stesso in quell’esercizio. Sentì all’improvviso un forte pizzico al mignolo della mano sinistra, seguito da un lento dolore bruciante. Si era scottato, non importava: il pubblico lo stava adorando, sentiva il loro calore, più importante di ogni bruciatura. Rallentò passando di nuovo i suoi due bastoni a Kyle, poi fermò i suoi con una sola mano e si avvicinò a lui. Li portò dietro la schiena come fece il suo compagno e con la mano libera lo raggiunse in un inchino congiunto, mentre il pubblico andava in visibilio. Viola sopraggiunse poi con un secchio d’acqua in cui quietare le fiamme della valle di fuoco mentre gli applausi ancora continuavano.

    “Gracias, gracias! Qué amables!”

    Iniziò a salutare a destra e a sinistra, un sorriso smagliante come non mai. Si prese almeno venti secondi buoni di applausi e complimenti, godendosi quel momento fino all’ultimo istante prima di voltarsi, prendere il secchio d’acqua dalle mani di Viola ed infilarci discretamente la mano per lenire un po’ il dolore.

    “Ho visto che ti sei scottato, asino”

    Gli fece sottovoce la ragazza dai capelli bianchi.

    “Voglio vederti dopo aver spostato macigni per dieci ore, cara”

    Lei di tutta risposta gli tirò una pacca sulla spalla per poi allontanarsi.

    “Io non ho mancato mezzo accordo, resti un asino. Bel lavoro però.”

    Se ne stette lì ancora qualche attimo mentre Kyle si prendeva il suo bagno di pubblico in maniera più discreta, prima che la voce tonante di una delle guardie sovrastasse ogni altro suono.

    “D’accordo, festa finita! Domani sveglia alle prime luci dell'alba fareste meglio ad andare a letto.”

    Gli animi si raffreddarono man mano che la gente si disperdeva, facendo i conti col fatto che un’altra giornata era giunta al termine. Cibràn estrasse la mano dal secchio e lo poggiò a terra, un sospiro di sollievo nel sentire che il dolore non era più tanto intenso. Era stato grandioso, fenomenale sentirsi vivo e portare la vita in quel posto condannato alla morte. Sarebbe potuto finire tutto adesso, si raccontò, e poteva andare bene.

    “Forza, agli alloggi”

    Una guardia gli sopraggiunse alle spalle, ci mise poco ad accorgersi che fosse la stessa di prima, non aveva notato che fosse lì nella stanza. La guardò per un istante, poi tirò un bello sbadiglio.

    “*Yawn* con piacere, sono distrutto. Spero che lo spettacolo sia stato “notevole” come l’altra volta. Buenas noches, caballero.

    Lo superò, seguendo gli altri diretti verso gli alloggi. Non poté trattenersi dal pensiero che, per quanto qualcuno potesse disprezzarlo, alla fine tornavano sempre a vederlo. E doveva pur voler dire qualcosa.
    Quella notte si coricò rinvigorito, al pensiero che anche contro la volontà altrui era riuscito a ritagliarsi un momento per vivere e per portare gioia in un ambiente cupo e desolato, quello era ciò che lo faceva sentire bene e, forse, era il motivo per cui era lì. Forse, in fondo, essere finito in quella situazione non era così male.
    Prima di sprofondare nel mondo dei sogni però avrebbe pensato a sua sorella Nevia. Pensò a come lui si trovasse svariati passi più vicino al luogo dove la sua famiglia era sepolta, dove tio Xoel era morto, di quanto lei lo fosse mai stata, per quanto lo avesse desiderato negli ultimi anni.
    E di come non andasse per nulla fiero che essere in coscienza di ciò, davvero, non avesse fatto per lui alcuna differenza.




    Nome: Cibràn Toledo Arubal
    Fazione: Grande Tempio
    Armatura: //
    Stato Fisico: Illeso
    Stato Psicologico: Turbato dall'atmosfera e dal riaffiorare di traumi, alleggerito dal concentrarsi sulla performance

    Note: Spero di non aver detto castronerie in lingua spagnola (nel caso accetto correzioni!) e spero di non aver detto e fatto cose contro il canon, sono rimasto sul generico con le guardie del tempio non sapendo a che livello collocarle




    Edited by - Andrew - - 7/4/2024, 12:24
     
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    «Que lugar de mierda. La prossima volta che le preparo il soju glielo avveleno.»

    ---


    La sveglia è la solita, il giorno dopo la vostra piccola esibizione.
    Ma almeno qualcosa - qualcosa di piccolo - è cambiato. Il capo operativo legge le assegnazioni, e nel tuo gruppo di lavoro, insieme a pochi altri, questa volta ci sono anche Kyle e Viola.
    Quando è ora di abbandonare la base mobile vedi che il soldato della giornata precedente ti guarda con un lieve sorriso sul volto, e scuote piano la testa. In fondo hai fatto divertire anche lui.
    La loro compagnia non rende il lavoro più semplice. Delfi non può essere di certo definita una grande città, ma il lavoro è tanto e la manodopera no.

    Passano giorni. Poi settimane. Ogni tanto avete giornate di puro riposo, ma sono rare. Ad alcuni è stato permesso di tornare ad Atene per qualche settimana, in una rotazione che però ancora non ha coinvolto voi.
    Il lavoro è sempre massacrante. Grossomodo avete finito di ripulire, di controllare gli edifici, e da qualche giorno il Grande Tempio fa arrivare molti camion pieni di materiale da costruzione, ma anche rifornimenti per la logistica, armi, corazze. Capisci che Delfi non diventerà immediatamente una città abitabile: è ancora troppo fuori, nel cuore del mondo corrotto. Semmai, state aiutando a costruire un avamposto militare.

    Eppure. Eppure sai che ti stanchi meno di quanto dovresti. Senti la lunghezza dei turni di lavoro, senti il peso dei sacchi di cemento, ma non senti la stessa fatica degli altri. Non può essere solo la tua forza d'animo, il guardare il lato positivo. Non sono solo i muscoli.
    La sera, quando molti vorrebbero solo dormire - compresi, sempre più spesso, Viola e Kyle - tu no. Che ti succede?

    ---

    Un giorno, ormai hai perso il conto, stai aiutando a scaricare l'ennesimo carico.
    Senti un crack. Un rumore di metallo che urla e si piega. Fai appena in tempo a voltarti, e vedi che dal tetto dell'edificio che state usando come deposito principale stanno cadendo delle lamiere, proprio verso i tuoi compagni di lavoro.
    Proprio verso Kyle e Viola. Non urlano, non scappano. Rimangono fermi con le taniche di benzina in mano. Perché non si muovono? Perché ti sembra tutto lento, troppo lento?
    E perché all'improvviso qualcosa si strappa anche nella tua, di testa, e le lamiere smettono di cadere, fermandosi a mezz'aria?

    Tutto succede molto velocemente. Senti il peso delle lamiere come se le stessi reggendo tu, e poi senti un boom sonico che ti raggiunge le orecchie. Ti volti e lo vedi.

    gJGCdYb


    Dietro di te c'è un uomo, anche se fino a un attimo fa non c'era nessuno. Ma ti ha distratto.
    «Ten cuidado, chico.» Quando ti volti di nuovo noti che le lamiere hanno ripreso a cadere, ma è solo un istante. Un vento così forte da sollevarti quasi da terra ti supera, raggiunge le lamiere, e le adagia fin troppo piano a distanza da tutti.
    Solo adesso le taniche che hanno in mano Viola e Xoel cadono a terra. Solo adesso iniziano a gridare.
    Cos'è appena successo, Cibràn?

    0qVuOPt


    Bene bene. Il tuo training arc sei letteralmente tu che sollevi per giorni e giorni sacchi di cemento grandi la metà di te, e noti di stancarti meno di tutti gli altri.
    Poi succede quello che avviene nella seconda metà del post. In breve: hai risvegliato il cosmo e psicocinesi, ma ovviamente puoi scegliere tu di capirci quello che vuoi sulla base di ciò che sai sui saint ecc.
    Ti puoi accorgere che anche l'uomo ha un cosmo, qualcosa che, se ci fai attenzione, noti che nessun altro a Delfi ha. Ovviamente libero di gestire Kyle, Viola e gli altri, di interagirci, o di domandare cose al nuovo arrivato (che muoverò io).
    Come al solito, per domande MP!
     
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    La sangre sin fuego hierve




    La sangre sin fuego hierve




    Narrato - Parlato - Pensato - Parlato Kyle - Parlato Viola - Parlato Altri




    Si svegliò il giorno seguente, riaprendo a fatica gli occhi. La combinazione di giornata passata a spostare detriti e preparazione più esecuzione della Valle del fuego lo aveva reso spossato, ed il pensiero di doversi alzare e ripetere quella routine ancora una volta per chissà quanti giorni gli faceva rivoltare lo stomaco. Smise di procrastinare lanciando il cuscino dall'altro lato della stanza, si alzò e raggiunse l’esterno dove lo aspettavano i compiti per la giornata.
    Avrebbe preferito cento, mille volte alzarsi dal suo letto alle sei del mattino e passare un’altra lunga giornata nelle cucine del ristorante di zio piuttosto che sollevare un singolo altro calcinaccio, ma la situazione era quella che era. Zio non c’era più, il ristorante arrancava e il tempio aveva iniziato a reclutare gente per strada e mandarli fuori dalle mura. Forse quello sarebbe stato il tipo di impiego a cui avrebbe fatto meglio ad abituarsi più prima che dopo. Sicuramente lì aveva possibilità di una carriera che l’avrebbe portato alla tomba, letteralmente.
    Tuttavia osservò un minimo miglioramento nel suo morale quando alle assegnazioni fecero il nome suo, di Kyle e di Viola assieme. Gli fece un sorriso e un occhiolino quando guardarono nella sua direzione: quantomeno avrebbe potuto far quattro chiacchiere con qualcuno piuttosto che deprimersi da solo con i suoi pensieri, una piccola consolazione. Uscì dalla base ed incrociò di nuovo lo sguardo della guardia del giorno prima, uno sguardo sorridente. Meno male che gli aveva fatto venire il buonumore, nonostante tutto. Che fosse opera sua se era finito in gruppo con Kyle e Viola dopo lo spettacolo di ieri? Non glielo avrebbe certo chiesto, ma qualcosa gli diceva che fosse così. Gli piaceva pensarlo, almeno.
    Gli rivolse un finto saluto militare con la mano alla fronte e se la filò di corsa verso il suo gruppo prima ancora di osservare come avesse reagito.



    Non ci mise troppo a capire che quel che stavano facendo non era creare un centro abitabile, ma un avamposto militare. Quando i primi camion arrivarono fu evidente a tutti, e per quanto lo riguardava la cosa contribuì a minare il suo morale. Non era un figlio dei fiori pacifista, non erano nemmeno discorsi da fare quelli: le forze militari dei Saints erano l’unica speranza contro la Corruzione e i mille altri pericoli che li circondavano. Tuttavia, sapere di star letteralmente facendo un lavoro da manovale che non avrebbe aiutato nessuno nel breve termine ma era solo un contributo per nulla spontaneo nei confronti della campagna militare dei Saint gli toglieva ogni voglia di sentirsi mosso da altruismo nei loro confronti. Era chiaro che non avessero abbastanza uomini da allocare per quel lavoro, ma faceva tanta differenza ricostituire Delfi prima o dopo, a costo di gettare normali cittadini in quella situazione? Non ne era affatto convinto.
    Non vedere sua sorella per giorni gli stava facendo male, poi. Per quanto di recente la vedesse meno, restava il suo porto sicuro, una certezza, ed averla persa a volte era doloroso. Era trepidante nell’attesa di poter tornare ad abbracciarla anche solo per un giorno, a dirle “non preoccuparti per me, sto bene”, che di preoccupazioni quella ne aveva già abbastanza. Non voleva che soffrisse della sua assenza, tanto quanto ne stava soffrendo lui. Sperava che non fosse così, diventare un altro zio Xoel sarebbe stata una pugnalata al cuore che non avrebbe mai voluto darle.
    Quantomeno, dopo tutte quelle settimane iniziava ad abituarsi a quel posto. Ogni sera era baldoria ed un paio di volte a settimana lui, Viola e Kyle davano spettacolo. L’atmosfera non era affatto male al termine delle devastanti giornate lavorative, probabilmente non aveva avuto mai un pubblico così affezionato come se lo stava creando in quell’ambiente. Ed apprezzava il ruolo che si stava ritagliando all’interno di quella comunità, di tenere alto il morale di quelle persone. Se lo meritavano, sia che credessero in quella causa che non, come lui. Aveva iniziato ad accettare l’idea di esser lì in un modo diverso: laddove gli architetti controllavano i danni strutturali e gli operai coordinavano i lavori, ecco che lui era lì per quelle serate in compagnia dove poteva dare il meglio di sé, per una battuta o per un momento di leggerezza da regalare a tutti quanti. Era quello il suo ruolo, lì come altrove. E questa visione della cosa lo faceva sentire più sereno.

    Hola! Che numero facciamo stasera?

    Il sole stava tramontando sull’ennesima sfacchinata iniziata all’alba e Cib sbucò alle spalle di Kyle e Viola, la fronte imperlata di sudore ed i capelli legati come suo solito sopra la testa, anche per non intralciarlo nel duro lavoro. Alzò le mani sui fianchi ed attese impaziente una risposta, che non tardò ad arrivare.

    Tu sei completamente pazzo.

    Un Kyle coperto di sudore, che ora si stava asciugando sulla manica dell’abito, lo guardò con occhi stralunati lasciandolo interdetto. Accanto a lui Viola ne approfittò per lasciarsi cadere all’indietro e sedersi appoggiando i palmi a terra, anche lei visibilmente provata.

    Ma perché? Vi stavo parlando ieri di quell’idea di io che canto, Kyle che usa i birilli e…

    Viola lo fermò. Solo adesso il giovane notò quanto gli sembrasse dimagrita.

    Cib… sono tre giorni di fila che lavoriamo come muli senza sosta… io e Kyle siamo esausti, non ce la facciamo più con questi ritmi. Stasera passiamo, mi dispiace.

    Esatto, concordo, è stato bello provarci ma non ci sto dietro, mi spiace. E poi, si può sapere quando diavolo sarebbe il nostro turno di tornare ad Atene? Sto uscendo di testa, sul serio…

    Il ragazzo alza gli occhi al cielo per diversi istanti afferrandosi la punta del naso, poi riabbassa lo sguardo, fissando il giovane valenciano. Scuote il capo.

    Si può sapere come fai?

    Lo guardò interdetto, preso alla sprovvista da quella domanda. Scosse leggermente il capo, perplesso.

    Fare cosa?

    Come fai a non essere stanco. Guardati. Hai sgobbato tutto il giorno e sembra che tu ti sia svegliato mezz’ora fa.

    Strinse la bocca, ritraendosi anche leggermente. Si trovò a pensare a quell’affermazione, perché era qualcosa a cui aveva fatto caso lui stesso nei giorni precedenti, e che in qualche modo aveva volutamente ignorato o lasciato da parte come pensiero. Erano lì da qualche settimana, i suoi muscoli erano certamente cresciuti, eppure questo non bastava a spiegare il perché il suo corpo rifuggesse la fatica in quella maniera. Sudava, ma quando si voltava a guardare il suo compagno lui era sudato almeno il doppio. E lavorava, sovrappensiero, a ritmi di cui non sarebbe dovuto mai esser capace. La sera, quando tutti rientravano dal lavoro stanchi e logorati, lui sentiva di aver conservato ancora buona parte delle sue energie. Era assurdo e senza senso.
    No, un senso poteva avercelo, ma lo stava ignorando.
    Ridacchio, alzando una mano alla fronte e sospirando profondamente.

    …meno male che ci sei tu Kyle. Tienes razòn, sono stanco morto… è che quando penso agli spettacoli nemmeno me ne accorgo. Facciamo un’altra volta allora, ok?

    Sperò che quella patetica recita reggesse. Fortunatamente, sia Kyle che Viola parevano troppo stanchi per concentrarsi a smascherarlo.

    Sì, meglio così, grazie…

    Una di queste sere ci penseremo, ok?

    Annuì quasi sovrappensiero, la mente rivolta solo a quel fatto che ormai stava diventando sempre più difficile da ignorare.



    I giorni passavano, e le sere in cui si ritrovava seduto sul suo letto scoppiante di energie non fecero altro che aumentare. Osservava le mani senza anelli e coperte di calli, prova del fatto che avesse lavorato come mai prima in vita sua. Eppure non si stancava. Eppure era sveglio da solo nel cuore della notte, mentre tutti erano coricati.
    Perché a lui?
    Perché adesso?
    Sembrava uno scherzo del destino, ed anzi doveva esserlo. Per tutti quegli anni aveva ignorato il problema, aveva scelto di guardare dall'altra parte, mentre Nevia si era decisa a guardare in faccia la morte. Lui ballava di fronte alla morte, invece, schernendola. Ma quello non era più un gioco.
    Quanto ancora avrebbe potuto fingere che lo fosse?
    Quanto peso avrebbe retto ancora la sua maschera?



    Un’altra giornata qualsiasi, delle mille giornate simili in quel luogo.
    Adesso, spostare grossi carichi non gli sembrava più nemmeno un lavoro. La noia era un sentimento che stava subentrando nella sua vita: si annoiava a svolgere una mansione tanto ripetitiva, tanto facile, nel senso stretto della parola. I momenti morti erano sterminati, tra il lavoro stesso e le sere passate sveglio in cui quasi tutti volevano dormire. Aveva notevolmente ampliato il suo repertorio di trucchi con le monetine durante quel tempo libero, così ora riempiva le pause dal lavoro di chiunque passasse per il suo raggio d’azione di soldini che scomparivano dal suo palmo e ricomparivano in tasca o dietro l’orecchio dell’astante, brevi momenti di goliardia prima di tornare alla routine.
    E così, anche quel giorno stava scaricando l’ennesimo carico dall’ennesimo convoglio. Nemmeno gli interessava se fossero armi, armature o altro, oramai era nient’altro che movimento meccanico, non era nient’altro che un ingranaggio di quel sistema.
    Però, qualcosa in quel meccanismo perfettamente oliato cambiò. Un intoppo nel macchinario.
    Un terrificante suono più in alto rispetto alla sua testa lo richiamò alla lucidità. Osservò mentre una pioggia di metallo stava precipitando verso il basso. Sotto quella traiettoria, Kyle e Viola.

    Perdita

    No.

    Sto per perderli

    No.

    Non posso farci nulla

    No. Cállate.


    Lo scenario che aveva visto troppe volte accadere nella sua vita era di nuovo di fronte a lui. Un’immagine immobile, stampata nella sua mente. Sinapsi già allenate per riconoscere quella sensazione di allerta, quel terribile vuoto ingeneratosi anche solo al pensiero di perdere ancora una volta persone amate.

    Nulla
    Inutile
    Non puoi salvarli


    Zitto. Sta zitto. Fa silenzio!

    Sentiva il suo cuore battere, lento. Poteva contarne distintamente i battiti. Gli sembrò di essere fuori dal tempo, in un momento interminabile. Vedeva tutto fermo, immobile, come un'immagine statica. Tutti attorno a lui erano come statue.In quell’istante, per solo un attimo, in maniera non cosciente, elaborò un pensiero folle, insensato. Desiderò , per un attimo, di uscire dal suo corpo ed osservare quella scena da fuori, di poter osservare e giudicare quello scempio che stava per vivere di nuovo, e desiderò di non lasciarlo succedere.
    Desiderò di uscire dal capanno degli attrezzi e portare tutta la sua famiglia via con sé.
    Desiderò di prendere sotto braccio tio Xoel e ricondurlo al Santuario.
    Desiderò di trattenere Nevia ed impedirgli di uscire dalla sua vita.
    Desiderò di fermare quelle lamiere.

    Qualcosa nella sua testa si aprì, incapace di restare sopito oltre.
    Tutto ciò che aveva buttato sul retro del suo cervello e chiuso a doppia mandata ora si riversò come un fiume in piena nella parte cosciente del suo essere.
    Tutta quella consapevolezza per un attimo prese il posto del pilota, guidando i suoi pensieri e le sue azioni.
    Fermatevi.

    Il suo corpo rimbalzò verso il basso, attutendo un invisibile contraccolpo. Sentì un peso immane riversarsi su di lui, sentì di poterlo reggere. Ma non stava tenendo nulla. Guardava le lamiere, a svariati metri di distanza, ferme nell'aria. Le stava tenendo, certo. Le stava… tenendo ferme lui?
    Un frastuono assordante penetrò nel suo timpano. All’improvviso, una presenza alle sue spalle. “Ten cuidado, chico.“ Voltò la testa a guardarlo. Un uomo che non pensava di aver mai visto prima e che, certamente, non era lì pochi istanti fa. E che gli stava parlando in spagnolo.
    Se non era quella un'allucinazione, non sapeva cosa fosse.
    Sentì in quel momento come se la presa gli stesse sfuggendo dalle dita, si voltò di scatto, un urlo gli sfuggì dalla bocca.

    “No- !”

    Prima ancora che quell’urlo potesse concretizzarsi, una folata di vento tutto fuorché naturale quasi lo alzò da terra, agitando i suoi abiti e scompigliando i suoi capelli. Le ferraglie in caduta libera vennero raggiunte da quello stesso vento in un istante che le adagiò sul suolo a metri di distanza con la perizia di chi sta costruendo un castello di carte. Il suo sguardo indugiò ancora su quell'uomo, sulla misteriosa figura che era comparsa al suo fianco.
    Era ancora lì, fuori dal tempo assieme a lui. Poi le grida dei suoi amici, le guardie che sopraggiungevano, il suo cuore che tornava a battere in maniera regolare. E un'energia che scorreva in ogni fibra del suo essere.

    Puta mierda...

    Si guardò ancora le mani, quelle mani che stavano... stringendo quelle lamiere un attimo fa? No, non aveva usato le mani. Quel potere che sentiva dentro di sé si era mosso al posto suo, era quello ad aver afferrato le lamiere prima che si schiantassero a terra. Alzò lo sguardo, Kyle era fermo con gli occhi spalancati che ancora cercava di capire cosa fosse accaduto e Viola stava respirando pesante ed era sull'orlo delle lacrime. Corse verso di loro.

    State bene...?

    Kyle lo guardò stralunato.

    Porca puttana Cib... siamo quasi morti. Vaffanculo, voglio tornare a casa, non voglio più stare qui.

    Viola non disse nulla, stava singhiozzando con le mani strette al petto. Si limitò ad andarle vicino ed abbracciarla, cercando di calmarla.

    Ehi, está bien. Non è successo niente.

    N-no, è successo qualcosa invece. E' successo. Ci avrebbero dovuto schiacciare ma si sono fermate...

    La lasciò andare mentre altre guardie si avvicinarono e presero in custodia Kyle e Viola, portandoli verso la tenda del primo soccorso per controllare che tutto fosse davvero a posto. Rimase nuovamente da solo, e si voltò nuovamente alle sue spalle. Era ancora lì, il misterioso uomo. Ok, adesso era per forza reale. E non fu l'unica sua constatazione: quell'individuo stava spiccando in mezzo a tutti gli altri. L'energia che ora sentiva fluire attraverso le sue vene... riusciva a sentirla anche in lui, e lui soltanto. Si riavvicinò in quella direzione e gli si fermò davanti, a qualche passo di distanza.

    Sei un Saint?

    Esordì. Non si sarebbe preso in giro oltre, facendo finta di non sapere a cosa avesse appena assistito, sebbene le implicazioni di quella domanda lo terrorizzassero. Sapeva cosa fosse il Cosmo, un'energia ancestrale capace di prodezze ben oltre il limite umano, appannaggio solo dell'elite dei combattenti della Dea Atena. Lo conosceva a livello concettuale, non era qualcosa che aveva mai visto accadere davanti ai suoi occhi. Quell'uomo aveva appena usato il Cosmo per salvare i suoi amici, ne era certo. Ma non lo aveva fatto da solo.

    Cosa mi sta succedendo?

    Aggiunse. Non seppe che altro dire, preferendo in quel momento farsi spiegare da un osservatore esterno quel che era appena accaduto e senza avanzare ipotesi di cui si sarebbe potuto pentire. Era certo che, nello stesso modo in cui lui percepiva l'unicità dell'uomo, la cosa fosse reciproca. Dunque pretendere spiegazioni sembrava più che legittimo.
    Avrebbe voluto aggiungere una terza domanda, "Da dove vieni e perché parli lo spagnolo", si trattenne ritenendo le altre due più impellenti.






    Nome: Cibràn Toledo Arubal
    Fazione: Grande Tempio
    Armatura: //
    Stato Fisico: Non abbastanza stanco
    Stato Psicologico: Confuso ed in parte spaventato da quanto appena trascorso

    Note:




    Edited by - Andrew - - 7/4/2024, 18:11
     
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    Siete rimasti soli.
    Alcune guardie stanno portando Kyle e Viola in infermeria, e anche il camion, dopo che l'uomo ha parlato brevemente con l'autista, riparte. Probabilmente sta andando ad avvisare dell'incidente.
    «No, non sono un saint. Puoi chiamarmi Miguel.» Risponde, aggrottando la fronte per un istante, rabbuiando per un istante un'espressione che torna presto solare e amichevole.
    «Espera un poco, vuoi dirmi che è la prima volta? Hai risvegliato seriamente adesso il cosmo?» Ti guarda come se fossi un alieno, poi tira un lungo tiro dalla sigaretta. Emette un lungo sbuffo che suona anche come un urlo esasperato.
    «AAAaaah...» Solleva gli occhi al cielo, agitando la mano in cui tiene la sigaretta in modo teatrale.
    «La mia solita fortuna.» Commenta, piano, poi ti tira una pacca sulla spalla - fa male! - e ti allunga il pacchetto di sigarette che teneva nel taschino. Dentro c'è un accendino, se volessi servirti.
    «Tieni, ti servirà. Dunque. È incredibile che te lo debba spiegare proprio io. Almeno lo sai cos'è il cosmo, ¿verdad?» Ti lascia rispondere alla sua domanda; sembra intenzionato ad aiutarti, nonostante non sembri proprio un maestro esperto.

    Però, poco dopo che hai iniziato a parlare, succede qualcosa. Un esplosione che vi fa sobbalzare entrambi, molto più intensa del boom sonico con cui è arrivato lui sul posto.
    Potete anche vedere un bagliore a nord, sulla punta più esterna di Delfi. Il portamento, in Miguel, cambia in un istante, così veloce da far paura. Tutti i suoi muscoli si tendono verso la fonte, il suo viso diventa funereo. La sigaretta gli cade dalle dita.
    «Cerca tutti quelli che sono ancora fuori. Aiutali a raggiungere le basi.» Non sono richieste, ma ordini. Prima che tu possa rispondere è già sparito, con una velocità tale che i tuoi occhi non riescono nemmeno a registrare.
    Passano pochi secondi. Come cogliendo la sua opportunità, qualcosa inizia ad agitarsi sul tetto dell'edificio. Senti passi pesanti sul metallo. Altre lamiere cadono. Lo vedi, dal basso, e capisci cosa ha causato tutto in primo luogo.
    Con un balzo cade a terra, pesantemente, a pochi metri da te. La sua massa spacca il terreno e solleva la polvere. Un mostro senza volto ti guarda - e anche senza espressione capisci che tu sei la sua preda.

    gJGCdYb


    Davanti a te c'è un corrotto alto tre metri.
    E tu sei rimasto l'unico che può fermarlo.
    Lucha o huida, Cibràn.

    0qVuOPt


    Non volevi essere un saint? E guarda un po' proprio tu ti becchi un combat prima di tutti.
    Hai appena iniziato a parlare con Miguel, che però viene richiamato da una gigantesca esplosione a nord. A quanto pare, Delfi non è così tranquilla. Un corrotto ne approfitta e ti piomba addosso.

    Sei a energia gialla, hai cosmo base e psicocinesi. Il corrotto - ma non hai modo di capirlo - è una minaccia paragonabile. Se scegli di combattere questo è un fight a tutti gli effetti: prenditi il tuo tempo e assicurati di aver letto e compreso per bene le regole di combattimento. Se hai dubbi fai domande a me o in tutorial per chiarirteli, il combat è un momento importante.
    Qua trovi l'immagine full del corrotto.

    P.s.: Ho visto che hai editato il post 1 per aggiungere il layout. Però attento a editare i post dopo aver ricevuto una risposta, te lo dico nel caso volessi editare in futuro qualcosa di non grafico. È sempre meglio chiedere al maestro per sicurezza.
     
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    Narrato - Parlato - Pensato - Parlato Xoel - Parlato Altri




    Lentamente, i dintorni si svuotarono: i suoi amici, ancora traumatizzati da quanto appena trascorso, vennero scortati via ed il camion ripartì in tutta fretta. Non che gli importasse, al momento. Tutta la sua attenzione era concentrata da un'altra parte, sull’uomo che ora gli si stava presentando come “Miguel” e che aveva categoricamente escluso di far parte dei Saints. Sollevò il sopracciglio a quella affermazione: esistevano persone con poteri del genere che non facessero parte dell’elite di Atena? Suonava molto strano, doveva esserci del non detto in quelle parole.
    Poi, confermò quel che aveva già intuito da solo, non che ci volesse un genio. Quella cosa che aveva fatto, quell’energia che sentiva pervadere ogni fibra del suo corpo… era frutto del Cosmo, e lui lo aveva appena risvegliato.
    Che scherzo del destino.

    …forse? Non lo so, di certo non mi è mai capitato prima di bloccare nell’aria delle lamiere.

    Era facile ricollegare la cosa a quanto successo nelle settimane successive, a quel surplus di energie che aveva iniziato ad esperire. Si collegava in maniera perfettamente logica.
    Ora che ci pensava su, non gli era chiaro perché le persone normali dovessero lavorare a quella maniera quando c’era gente come quell’uomo in giro, capace di prodezze quali quella a cui aveva appena assistito. Prima che potesse pensarci su ulteriormente o ribattere però, una possente pacca gli arrivò dritta sulla spalla, e quella la sentì forte e chiara, Cosmo o meno.

    Ahi! Qué rayos…

    Si afferrò la spalla, un po’ dolorante, mentre quello gli metteva davanti al muso un pacchetto di sigarette. Squadrò prima il pacchetto, poi l’uomo.

    Se me le stai offrendo, non fumo. Es malo para la pelle, oltre che ai polmoni, e ci tengo alla mia faccia.

    Già quei giorni di fatiche l’avevano ridotto in uno stato pietoso, tanto che era costretto a sudare ogni giorno e non aveva i suoi trucchi a disposizione. Non osava guardarsi allo specchio da giorni ormai (non che ce ne fossero molti disponibili, da quelle parti) per paura di ciò che avrebbero incrociato i suoi occhi, figuriamoci quindi se gli sarebbe mai saltato in mente di mettersi a fumare. Fatto sta che l’uomo sosteneva che gli sarebbe servito, quindi gli fece il piacere di toglierglielo dalle mani invece che lasciarlo appeso.

    Sì, lo so cos’è il Cosmo…

    Lo sapeva anche fin troppo bene, da quante volte Nevia gli aveva ribadito le sue intenzioni. Ma risvegliare il Cosmo non era qualcosa che potevi decidere, era qualcosa che poteva succederti e basta, deciso da delle leggi che sfuggivano la logica umana e che non erano certo prevedibili da algoritmi o dalla semplice volontà. Per quanto qualcuno si potesse impegnare, senza predestinazione sarebbe stato impossibile diventare qualcosa di più che un semplice soldato di Atena senza il Cosmo, ed i posti disponibili erano molto limitati.
    E guarda un po’, a quanto pare aveva vinto lui quella lotteria.
    Ma perché, andava chiedendosi in quegli istanti? Era certo che ci fossero infinite persone in Grecia più adatte ad ottenere quei poteri. Prima su tutte sua sorella, lei sì che se lo meritava, lei che stava combattendo e mettendocela tutta ogni giorno per arrivare a quel risultato. Lui? Niente affatto. Lui non aveva la stoffa dell’eroe, né pensava di esserne capace. Non avrebbe saputo che farsene di quel potere, non sentiva quella spinta, quel desiderio bruciante di dedicare la sua vita ad una causa più grande di lui. Quando dava spettacolo sapeva trascinare gli animi ed essere grande, ma per il resto… era minuscolo. E probabilmente avrebbe dovuto mettere le cose in chiaro prima di subito, prima di spiacevoli malintesi.

    Mira, Miguel, non so cosa tu stia per raccontarmi ma…

    Non posso diventare un eroe, non posso. Ho lasciato morire la mia famiglia, ho lasciato morire zio Xoel. Non ho potuto salvarli, e tutto quello che sono stato capace di fare è stato voltargli le spalle aspettando la fine.

    …ma io non saprei davvero che-

    Un boato pervase l’aria, allertando sia lui che Miguel. Si mosse d’istinto cercando la fonte di quel suono tremendo, che individuò in un innaturale baluginio visibile in lontananza nella città. Provò una sensazione di vuoto, di mancanza di terreno sotto i suoi piedi. Quella sequela di eventi stava disegnando uno scenario sempre più inquietante, un altro incidente in così breve tempo? Il suo sguardò fluttuò verso l’uomo accanto a lui, trovandolo totalmente cambiato. L’atteggiamento rilassato era scomparso lasciando spazio alla ferale posa di un combattente, come se quella parte di lui fosse riemersa in un istante al primo campanello d’allarme. “Cerca tutti quelli che sono ancora fuori. Aiutali a raggiungere le basi.” Quelle parole lo raggiunsero come un comando perentorio, poté sentire una rinnovata serietà nel suo tono di voce. Era evidente che avesse già carpito la gravità della situazione. Prima ancora che il giovane potesse domandargli qualunque altra cosa era già scomparso come era arrivato, un turbine di vento, come se non fosse stato mai lì.
    Ed ora era di nuovo solo, lui e quella strana energia che pervadeva il suo corpo, che lo faceva sentire completamente diverso da pochi istanti fa. Rimase fermo per qualche istante, totalmente insicuro sul da farsi e sugli ordini che Miguel gli aveva assegnato con chissà quale presunta autorità nei suoi confronti. Si guardò intorno in cerca di qualcuno nei paraggi, non trovando nessuna figura umana, ma gli era stato chiesto di portare chiunque trovasse alle basi. Per proteggerli, ragionevolmente. Da cosa? La risposta gli fu presto chiara.
    Passi pesanti si trascinarono sopra la sua testa, facendo precipitare altri elementi dal tetto del capanno. Mosse qualche passo indietro per non venire coinvolto dal crollo, poi alzò il capo ed incrociò… quella cosa.
    Li aveva sognati nei suoi peggiori incubi, fin da quando era un bambino.
    Li aveva immaginati nelle loro forme, nei loro colori, nel rumore che facevano.
    Li aveva visti, anche se solamente frutto della sua testa, mentre facevano a pezzi suo padre, sua madre ed i suoi fratelli, dilaniando le loro carni nel peggiore dei modi, tra le loro terribili urla. Nevia non gli aveva mai raccontato come fosse andata e lui non lo aveva mai domandato, se fosse stato un bene o meno lasciare tanto spazio alla sua immaginazione non l’aveva mai capito del tutto.
    E poi li aveva visti ancora mentre strappavano la vita a tio Xoel, uscito allo scoperto solo per cercare di dare a tutti quanti un futuro migliore.
    Li aveva visti, li aveva cercati di ignorare, ma era impossibile.
    E adesso, lo vedeva. E niente nella sua testa avrebbe potuto essere comparabile all’orrore di ciò che aveva di fronte.
    Un colosso alto almeno il doppio di lui, una massa informe di qualcosa che sembrava carne in putrefazione tenuta assieme da geometrie fuori da ogni logica. Arti umani si scorgevano nella sua figura, ed era sorretto da quattro oblunghe protuberanze simili a delle gambe, ma in nessun modo vi era un volto da riconoscere in quell’ammasso di tessuti.
    Un corrotto, senza alcuna ombra di dubbio. Probabilmente Delfi stava venendo attaccata, e chissà quanti altri di quei mostri si stavano iniziando ad aggirare da quelle parti. Purtroppo per lui, il problema era quello che ora aveva di fronte.
    In un istante scese dal tetto con un’agilità soprannaturale. Era pesante, ma al contempo estremamente rapido nei movimenti. Era chiaro che stesse puntando verso di lui, da ogni suo movimento rivolto nella sua direzione e dai gutturali gorgoglii che andava emettendo come fossero il suo ruggito di caccia.
    Si sentì paralizzato. Il suo corpo era ancora pervaso da una vitalità innaturale, eppure i suoi muscoli non volevano dar cenno di muoversi. Aveva pensato tante volte a cosa avrebbe fatto l’inevitabile giorno in cui anche lui sarebbe morto, in cui si sarebbe trovato faccia a faccia con uno di quegli orribili mostri corrotti ed ogni cosa sarebbe finita. E adesso quel momento sembrava essere arrivato, come era toccato a tutti gli altri membri della sua famiglia era arrivato anche il suo turno.
    Eppure, quello scenario era diverso. C’era qualcosa di diverso. In lui. L'energia lo pervadeva, una forza di volontà che non aveva mai sentito prima. Davvero avrebbe soltanto dovuto accettare la fine?
    Fece un sospiro lungo, profondo. E socchiuse gli occhi.

    —-

    ...devi far muovere il polso in questa maniera, ¿ves? Così!

    Osservò incantato mentre zio Xoel faceva saltare il riso dorato, le verdure croccanti ed i crostacei, proprio come un’onda che andava ad infrangersi sulla padella. Erano nella cucina della loro casa ed era una domenica, giorno in cui la famiglia si riuniva spesso a mangiare tutta insieme e, ovviamente, zio Xoel era l’addetto ai fornelli data la sua esperienza in un ristorante. Il piccolo Cibràn aveva solo otto anni, ed amava ammirare lo zio mentre cucinava: I suoi occhi brillavano ogni volta che lo vedeva armeggiare pentole ed utensili e, di rimando, lo zio cercava di inculcare un po’ della sua arte.

    Wooow! Posso provare?

    Si avvicinò ai fornelli, scalando il piccolo sgabello posizionato proprio accanto all’uomo ai fornelli.

    Ay, che entusiasmo! Vieni, facciamolo insieme.

    L’uomo resse la padella con una sola mano mentre con l’altra andava a prendere quella del nipotino, portandola sul manico.

    Bueno, come prima cosa devi tenere una presa ben salda, ok?

    Annuì convinto mentre stringeva le ditine attorno al manico con convinzione, guidato dalla mano esperta dello zio.

    Poi, quando sei pronto devi agire con decisione, un unico movimento fluido, senza esitazione alcuna. Pronto? Uno, dos… tres!

    Dando il ritmo, lo zio accompagnò Cibràn in tutto quel movimento, generando una nuova onda di riso e condimenti vari che si ri-depositò con eleganza nella padella. Il piccolo Cibràn fece un ampio sorriso, soddisfatto, per poi voltarsi.

    Ma come fai ad essere così bravo a cucinare?

    Zio Xoel guardò il piccolo e gli sorrise di rimando, mentre spegneva il fuoco sotto la Paella ormai pronta. Si pulì le mani in un canovaccio e poi sollevò il piccolo Cibràn dallo sgabello e lo riportò con i piedi per terra. Si piegò sulle ginocchia e gli scarruffò i capelli di uno splendente verde smeraldo uguale a quello dello zio con la mano, sorridente.

    Ahora ti spiego una cosa, Cibràn. Il segreto per una vita serena. ¿estas listo?

    A quelle parole il piccolo annuì serioso, facendosi tutto concentrato. Zio Xoel si avvicinò e mise la mano vicino alla bocca, come se stesse per rivelargli un grande segreto.

    <b>No lo sé.

    Disse solo quelle tre parole. Il bimbo lo guardò confuso, interrogativo, e a lui non poté che scappare una risata.

    Ah ah ah, dovresti vedere la tua faccia, Cibràn! Ma è così, non lo so sul serio perché sono bravo, non so nemmeno se io sia bravo per davvero! Ma una cosa la so. Cucino da tanto tempo, ed ogni singola volta che preparo un piatto penso questo: voglio rendere le persone che mangeranno questo cibo felici. Voglio che si ricordino di questo momento, che sia qualcosa di speciale. E questo vale anche per tutto il resto. Vedi, Cibràn, se il mio obiettivo fin dal principio è quello di regalare gioia a qualcuno, qualunque cosa questo significhi, allora so che agirò nel modo migliore possibile.

    Cibràn lo guardò affascinato durante tutto quel discorso, senza dire una parola. Proprio in quel momento dall’altra stanza arrivò un richiamo.

    Xoel, todos esta aqui!

    Lo zio si rialzò in piedi.

    Arriviamo, Reina!

    Abbassò lo sguardo verso il piccolo e gli fece un occhiolino.

    Forza, andiamo a rendere tutti felici, ok? Io e te insieme.



    Regalare gioia.

    Le parole di zio Xoel risuonarono nella sua mente, per un attimo gli sembrò di esserne pervaso allo stesso modo in cui il flusso di Cosmo attraversava il suo corpo. Suo zio era sempre stato un altruista, una persona che amava profondamente gli altri, come aveva dimostrato la sua vita e, infine, anche la sua morte. Aveva sempre agito pensando ai suoi clienti ed ai suoi cari prima che a sé stesso.
    Non poteva dire lo stesso di sé, Cibràn. Il suo dare spettacolo era una facciata, un modo per voltare le spalle ai problemi, per recitare una parte senza dover mostrare il suo vero sé stesso, per ricevere amore e apprezzamento senza il rischio di perderlo.
    Voleva davvero regalare gioia agli altri o andava avanti pensando solo a sé stesso?
    Quando riaprì gli occhi vide nuovamente la creatura davanti a sé, più vicina.
    In quel momento, la sentì. Sentì la rabbia salire verso la corruzione che aveva portato via la sua famiglia e aveva quasi portato via Kyle e Viola, solo una manciata di istanti prima. Sentì il suo sangue ribollire nelle vene in una maniera innaturale al pensiero che quel ciclo potesse continuare, che le persone attorno a lui potessero continuare a morire in quella maniera così spietata ed ingiusta. E, cosa più importante, sentì di avere, finalmente, la forza di reagire. Poteva controllare quell’energia, poteva plasmarla come aveva fatto un istante prima. Percepiva come se ora tutta la materia in un ampio raggio attorno a lui fosse a portata di mano, gli sembrò di poterla toccare con le mani pur rimanendo fermo dove stava. Era nel suo controllo, instabile e inesperto ma pur sempre un controllo. Quello era il potere che poteva cambiare le cose, ed era in mano sua.
    E poi, sentì la sua luce risplendere più forte che mai, come aveva fatto fino a quel giorno esplodendo di energia sul palcoscenico ma con ancora più forza, ancora più convinzione. Sentì di avere la forza di rendere luminosi dei momenti oscuri, essere un punto di riferimento, ardere come un fuoco che potesse donare sollievo a chi gli stava vicino.
    Non sapeva come spiegarsi quella motivazione che sentiva dentro di sé. Che la ragione fosse stata sollevare massi per settimane o altro, non avrebbe saputo dirlo. Ma sentì che adesso doveva agire e doveva fare quello che gli era stato chiesto da Miguel. Doveva aiutare quelle persone, doveva regalare gioia. E per farlo, adesso doveva sopravvivere.

    Nev... ti prometto che tornerò indietro.

    Questa era l’occasione per non voltare le spalle, per agire dopo una vita di passività.
    Poteva ballare in faccia alla morte, e poteva anche spaccargli il culo.
    Sorrise, guardando verso il corrotto che oramai era a pochi metri da lui ed emetteva suoni sempre più terrificanti.

    Hola, bastardo. Bienvenido allo spettacolo del magnifico Cibràn, in esclusiva per te. Senza indugio... cominciamo.

    Spostò lo sguardo sulle ferraglie poco distanti dal mostro, quelle crollate dal soffitto. Era riuscito a bloccarle prima, no? Quindi, a rigor di logica, gli sarebbe stato possibile sollevarle. Avrebbe provato ad agire in tal senso, concentrando l’energia di cui s’era trovato in controllo nella sua mente per librare in aria alcune lamiere a destra e a sinistra del corrotto, ormai sempre più vicino a lui. La sensazione fu la stessa di poco prima: un nuovo canale nel suo cervello in cui quell’energia convogliò, permettendogli di estendere il suo controllo sulla materia oltre il suo corpo. Per un breve istante, e per nessun apparente motivo, immaginò delle lunghe piume variopinte che si allungavano dal suo corpo, afferravano le ferraglie e le sollevavano.

    Sto uscendo di testa? Probabile.

    Quel sogno febbrile sarebbe proseguito nel caso le ferraglie si fossero realmente sollevate sotto il suo comando. A quel punto, non avrebbe fatto altro che direzionarle contro il mostro con quanta più forza ed energia possibile in modo da travolgerlo con esse, ma nel farlo avrebbe usato una certa logica: dapprima avrebbe infatti provato a scagliare quei pezzi contraddistinti dall’unica caratteristica di essere estremamente pesanti, usabili come arma contundente che potessero rallentare o stordire l’essere. A seguito di ciò avrebbe tentato di utilizzare uno dei pezzi più taglienti, come una sottile ed affilata lamiera di metallo, per tranciare uno degli arti inferiori del mostro e farlo cadere sotto la sua stessa enorme mole, o se ciò non fosse stato possibile quantomeno per ferirlo alle gambe così da rallentare i suoi movimenti.
    Sperava davvero che funzionasse, ma le parole di zio Xoel lo stavano guidando ora più che mai: il suo obiettivo era chiaro, il suo tempo non era ancora finito.


    Nome: Cibràn Toledo Arubal
    Fazione: Grande Tempio
    Armatura: //
    Stato Fisico: Illeso
    Stato Psicologico: Rinnovato da una nuova determinazione, intenzionato a non morire

    Riassunto azione: Cibràn usa la psicocinesi appena risvegliata nel tentativo di scagliare alcune delle ferraglie più pesanti contro il mostro nel tentativo di rallentarlo/distrarlo (AD), dopodiché tenta di usare una delle lamiere più affilate per ferirlo o mutilarlo alle gambe (AF).
    p.s. Sorry per la modifica del vecchio post, da adesso in poi ci farò assolutamente attenzione!




    Edited by - Andrew - - 15/4/2024, 00:56
     
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    Il corrotto emette un suono metallico, come se qualcosa raschiasse del ferro contro ferro dentro di lui.
    Anche per quell'essere le tue parole sono solo suoni. Sta per alzare le braccia e attaccarti, quando le prime pesanti ferraglie che sollevi si muovono verso di lui. Il suo movimento è istantaneo, i suoi tempi di reazione non comuni. Le due paia di braccia più in alto scattano, e da esse parte un'emanazione di energia che deflette il metallo e lo spacca in più punti, riducendolo in polvere. Nel breve spazio che vi separa muove le braccia più volte, impedendo che la ferraglia lo raggiunga con tutta la sua massa, attutendo così il colpo che lo investe sulla parte superiore del corpo.
    L'altra lamiera affilata si avvicina, e il corrotto solleva appena in tempo una delle gambe anteriori, facendo perno su quelle posteriori. La sua è quasi una danza macabra. La gamba si muove in un arco davanti a sé, emettendo di nuovo una massa energetica che impatta con la lamiera, deviandola e rallentandola. La tua psicocinesi la continua a far avanzare, e alla fine colpisce le gambe anteriori, compresa quella che si sta abbassando in quel momento.

    Dalle gambe del corrotto non esce sangue, ma un liquido nero simile alla pece.
    Quella sinistra è più danneggiata, la lamiera l'ha tagliata a fondo, mentre quella destra è stata ferita in modo non grave. Il corrotto non grida, non urla di dolore. Afferra con le braccia la lamiera conficcata nella gamba, la strappa via da essa e la lancia a terra con un pesante tonfo metallico, spargendo altro liquido nero.
    La sua attenzione si sposta tutta su di te. Il suo movimento è repentino, velocissimo. Nonostante la ferita e la sua stazza è molto più agile di te. I suoi movimenti sono così rapidi da lasciarsi dietro una scia, delle immagini che ti rendono perfino difficile seguirne i movimenti, confondendo le tue percezioni. Scarta di lato, poi di nuovo, in un movimento che lo avvicina sempre di più a te.
    Solleva un braccio e da esso emette una bordata di energia contundente, diretta verso la tua testa e in particolare i tuoi occhi. Vuole accecarti e distrarti, per aprire le tue difese.

    Il suo movimento successivo, infatti, è diretto, senza finte.
    Cerca di chiudere le distanze e allunga quattro braccia verso di te, che al contatto con la parte frontale del tuo corpo proveranno a colpirti con la stessa efficacia di magli da guerra, come se quegli arti stessi fossero armi. L'impatto sarà trasferito dai palmi, arrivando in contemporanea sull'addome, sulle spalle e sulla testa.
    Il risultato, l'hai visto sul metallo, sarebbe tremendo. Eppure.
    Eppure puoi difenderti. Non solo con il potere mentale che hai dimostrato di controllare. I suoi movimenti sono veloci, ma ti accorgi quasi istintivamente che, anche se fatichi a seguirli, quegli attacchi potrebbero non colpirti affatto. Il tuo corpo è come se fosse teso, pronto a scomparire per riapparire in un altro posto.
    Il tuo risveglio cosmico sta continuando anche mentre combatti, forse facilitato addirittura dallo scontro stesso. Ma ora non c'è tempo per pensare. Ora devi solo sopravvivere.

    0qVuOPt


    Una piccola nota per il combat, ricorda di essere più preciso possibile, sia con la forma degli attacchi che con le traiettorie e le direzioni. Dire che cerchi di rallentare o stordire va bene, ma devi sempre specificare nel post come cerchi di farlo. Ad esempio, miravi alla testa per fare bonk, volevi occludere la vista, oppure cercavi di rallentarlo facendogli cadere addosso una grande massa? Sii più chiaro possibile o metti l'avversario nella posizione spiacevole di dover riempire i tuoi vuoti.

    Proseguiamo. Il corrotto ha abilità: Arma Infusa (Maglio) e Agilità Straordinaria.
    Si difende dal tuo attacco sbriciolandolo e rallentandolo, venendo comunque ferito gravemente a una gamba. Poi parte all'attacco, scartando un paio di volte per confonderti, lasciando immagini residue dietro di sé (supporto). Lancia durante il movimento l'emanazione contundente dell'arma verso il tuo viso, in particolare gli occhi, per aprirti la difesa (ad). Poi tenta di arrivarti addosso con quattro palmi tesi, corrispondenti a quattro mazzate d'impatto sulla parte frontale del tuo corpo (af).
    L'ultima parte del post è per dirti che da adesso puoi utilizzare anche teletrasporto, ma scegli tu liberamente se sfruttarlo subito per il teleport monouso oppure no. Semplicemente, ti rendi conto di poterlo fare.
     
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    Era ancora incline a pensare che sarebbe morto e basta.
    Sì, era così che s’era immaginato la situazione. Il suo breve moto di coraggio sarebbe stato presto spezzato dalla brutale realtà dei fatti, il corrotto lo avrebbe raggiunto e fatto a pezzi prima che potesse davvero concretizzare ciò che stava cercando di ottenere tramite la novella energia che traversava il suo essere. La dura e cinica realtà dei fatti l’avrebbe ancora una volta, e definitivamente, colpito dritto sui denti e non ci sarebbe stato nulla da fare per evitarlo.
    Forse sperava che finisse tutto così, in modo semplice, ben poco cerimonioso ed elegante. In un istante sarebbe stato sollevato da ogni preoccupazione ed ogni cruccio, ogni dolore e sofferenza sarebbe stata cancellata da un colpo secco ed una morte rapida. Il suo senso di colpa per non essere tornato a casa da Nevia sarebbe stato obnubilato all’istante dalla vuotezza di ciò che attende dopo la morte, trasformato in nient’altro che l’ennesima carcassa a concimare una città morta e dimenticata.
    Quella era la via facile. A volte si chiedeva come sarebbe stato perdere la vita quel giorno, 12 anni prima. Se al posto di suo fratello Diego, o di Inigo, o di mamma e papà ci fosse stato lui. Sarebbe stato tutto così facile e così semplice, non avrebbe mai dovuto tirare avanti per inerzia, trascinandosi addosso il peso di ciò che aveva vissuto in attesa di una fine che aveva sempre pensato inevitabile.
    Era mai cresciuto, Cibràn, da quel giorno? O era ancora quel bambino terrorizzato, chiuso in un capanno ad attendere la sua morte, versando lacrime che gridavano a squarciagola una cosa soltanto: “vi prego, guardatemi, venite a prendermi” ?
    La via facile non sarebbe mai stata quella scelta per lui da quella vita. Lo capì quando ancora una volta nella periferia del suo sguardo gli sembrò d’osservare un’iridescente piuma che s’allungava sinuosa fino al cumulo di macerie e vi si attorcigliava, e così accadde anche per l’altro lato. Lo capì quando le ferraglie si sollevarono e seguirono la grezza traiettoria che aveva visualizzato nella sua mente, scagliate con forza propulsiva contro la massa putrescente della bestiale creatura che aveva di fronte. Contrasse i muscoli, sentiva il suo corpo attraversato dalla tensione e dallo sforzo che quell’atto gli stava richiedendo e che tuttavia riusciva ad eseguire con relativa facilità. Le sue braccia erano più forti dall’allenamento, eppure quell’energia ancora gli pareva innaturale, arrivata da un luogo che andava oltre la sua mera presenza fisica. Osservò i pezzi metallici schizzare come giganteschi proiettili verso il mostro pronti ad urtarlo a piena potenza. Per un istante credette che lo avrebbero colpito senza nessuna reazione da parte sua.
    Poi, dovette affrontare davanti ai suoi occhi ciò di cui la corruzione era davvero capace.
    Gli arti distorti del mostro si sollevarono con una rapidità orripilante, piegandosi come rami secchi spezzati da una folata di vento ad intercettare l’attacco in arrivo. Dalle loro estremità laddove prima non vi era nient’altro che aria si generò un’energia anomala, esplosiva. Il ferro si infranse come vetro tra schegge e frammenti. Ripeté quel movimento, vanificando ogni effetto di quell’attacco.
    Era terrificante. Ma scelse di non demordere, proseguendo con la sua strategia. La lamiera sottile ed affilata scattò verso le gambe del mostro, che ancora una volta l’intercettò con lo stesso tipo di emanazione di poco fa per deviarlo. Ogni fibra del suo corpo era in tensione, sentì il sudore sulla sua pelle mentre spingeva con tutte le sue forze l’arma improvvisata in avanti per mantenerla sulla sua traiettoria nonostante l’opposta forza, crudele e spietata, del mostro. Stava pensando a come quegli arti avrebbero potuto disintegrarlo in un istante, se lo avessero toccato. Pensava a come avessero disintegrato la sua famiglia e zio Xoel. Era così che era accaduto? L’immagine dei loro corpi martoriati apparve per un’istante nella sua mente. Cercò di allontanare quel pensiero, non poteva, non doveva pensare a quello adesso. Doveva restare concentrato o sarebbe stata la fine. Piantò ancora più a fondo i piedi a terra, si sospinse in avanti e alzò le braccia mentre imponeva ogni sua energia nel mandare avanti quel grezzo pezzo di ferro che era l’unica barriera a separarlo dalla morte. La vide, infine, impattare la carne del mostro e iniziare ad attraversarla, sentì la resistenza dei tessuti che ne componevano le gambe. Un liquido nero come petrolio iniziò a sgorgare dalla ferita inferta, infestando il terreno dello scontro. Osservò la scena ansimante, tra il disgusto e l’incredulità.
    Lo stava facendo, aveva davvero ferito un corrotto.
    Poteva davvero farcela? Poteva davvero usare quel potere per sopravvivere?
    La creatura si strappò di dosso la lamiera conficcata nella sua carne, sbattendola a terra. Sembrava ignorasse il dolore, non che vi fosse un viso da cui estorcere tale informazione. Ed iniziò a muoversi, scattando da un lato all’altro in una grottesca danza di cui faticava a seguire le tracce, nonostante la massa del mostro la sua capacità di movimento era spaventosamente alta. Si fece vicina, pericolosamente vicina, prima ancora che lui potesse muoversi, e osservò uno dei suoi arti scattare rapidamente nella sua direzione. Un altro flash, un’altra esplosione di energia che stavolta era direzionata verso il suo volto. Non aveva troppo tempo per reagire. Sentì il suo corpo farsi teso in modo quasi anomalo, pronto a scattare, ma scelse di tenere la sua posizione consapevole che presto la bestia sarebbe stata su di lui per fare di molto peggio di quanto stava compiendo ora. Dunque, cercò di usare nuovamente la sua energia mentale per deviare la direzione dell’attacco ed evitare di esserne colpito in pieno al volto per rimanerne completamente stordito ed accecato. Concentrò ogni sua energia nel virare il colpo verso la sua sinistra e nel contempo scartare a destra, cosicché non fosse il suo volto a subire l’impatto ma la sua spalla. Quando l’attacco impattò ne venne sospinto di lato ed emise un verso di dolore: fu come subire un pugno dieci volte più forte di qualunque altro ne avesse mai subito, ma sentì di poterne reggere l’impatto. Se fosse per via dell’adrenalina o dell’energia che ora fluiva in lui, non seppe spiegarselo. Tuttavia, l’importante era che la sua vista fosse ancora intatta per osservare quanto stesse accadendo. Mentre si era concentrato ad evitare quel colpo la mole enorme della creatura torreggiava adesso di fronte a lui, era trascorso poco più d’un istante. Poté sentirne l’odore marcescente penetrare nelle sue narici ed i clangori metallici che emetteva come il macchinario di una fabbrica tuonargli nelle orecchie. Quattro delle sue braccia scattarono in avanti, ricolme di energia. Seppe in quel momento che se lo avessero toccato di lui sarebbe rimasta solo polvere. Ancora una volta ebbe la sensazione che la fine fosse a portata di mano. Ancora una volta la sensazione che ogni sforzo sarebbe potuto rivelarsi vano in un istante.
    In quel momento percepì il suo corpo vibrare in maniera anomala. Una sensazione strana, alienante, come se ogni singolo atomo di cui lui stesso era composto stesse cercando di trascinarlo via da lì, come se assecondando quella strana sensazione avrebbe potuto compiere un movimento di cui non sapeva di essere capace ed andarsene a finire sul fianco del mostro invece che in quella scomoda situazione. Contrasse i muscoli mentre l’attacco erano a pochi centimetri dall’impattare sul suo corpo.
    Non era certo di cosa avrebbe ottenuto, ma vivere un secondo dopo l’altro era la sua vita, no?

    Hundirse o nadar.

    Si concentrò, visualizzò la zona alla sua sinistra e dunque alla destra della creatura. sentì la testa come scoppiargli, sentì gli occhi uscirgli dalle orbite, poi uno strappo. Per una frazione di secondo percepì di trovarsi da nessuna parte.
    Poi riapparve.
    Il residuo color acquamarina svanì dalle iridi mentre si ritrovò sul fianco del mostro piuttosto che preda del suo brutale attacco. Come? Nah, doveva smettere di farsi quelle domande a questo punto. Piuttosto, doveva sfruttare a pieno quell’istante di vantaggio che aveva.

    Ho capito Cibràn, no quieres morir. E allora bailamos.

    Quel che avrebbe fatto sarebbe stato sfruttare quella nuova posizione per attaccare le gambe del mostro mentre esso era ancora prostrato in avanti per travolgerlo laddove lui non si trovava più. Percepì di poter utilizzare l’energia cinetica sul suo stesso corpo, per accelerare i suoi movimenti, perciò non si sarebbe fatto sfuggire l’occasione di trucidare quel mostro e restituire il male che aveva fatto. Sentì di poter essere brutale, di non dover trattenere il carico di rabbia che sentiva dentro di sé, di poter finalmente attuare una vendetta su quegli orribili mostri che avevano per anni ed anni popolato i suoi incubi. Non era più quel bambino spaventato, non poteva permettersi di esserlo. Adesso aveva la forza di vendicarsi per quegli anni di dolore, passati nascosto sotto al letto o chiuso dietro una porticina di legno.
    Non sarebbe morto. Avrebbe salvato quella gente e sarebbe tornato ad Atene. Doveva brillare, ora più che mai.
    Strinse forte i denti e caricò entrambi i suoi pugni all’indietro, poi li sospinse in avanti uno dietro l’altro, unendo sia la forza dei suoi muscoli che la spinta cinetica data dalla sua energia mentale al colpo. Sentì un’acuta fitta di dolore alla spalla sinistra mentre muoveva l’arto avanti a sé per attaccare, ma spinse oltre.
    Avrebbe mirato alla gamba destra dell’orrore, già ferita lievemente in precedenza dall’attacco dalla lamiera. L’obiettivo sarebbe stata colpirla prima con uno e poi con l’altro pugno in sequenza nella parte dove in una gamba normale si sarebbe trovata la giuntura del ginocchio, con un angolazione laterale e dunque perpendicolare alla gamba. La speranza, quella di spaccare in quel punto le ossa del mostro, o qualunque cosa ci fosse ancora di simile ad un osso lì dentro, così da far completamente cedere entrambe le gambe anteriori della creatura e rendergli definitivamente difficile deambulare e spostarsi a quella surreale velocità.




    Nome: Cibràn Toledo Arubal
    Fazione: Grande Tempio
    Armatura: //
    Stato Fisico: Contusione alla spalla sinistra
    Stato Psicologico: Determinato, arrabbiato, sempre più convinto di poter sopravvivere

    Riassunto azione: Cibràn si sposta di lato e contemporaneamente utilizza Psicocinesi per deviare parzialmente il colpo contundente del mostro (Bouncer ad energia pari) e fare in modo di non venirne accecato, ma venendone comunque colpito alla spalla. Poi utilizza il Teletrasporto per evitare completamente l'AF (Monouso per combat) ed infine usa di nuovo Psicocinesi dalla nuova posizione in cui si trova per scagliare un Attacco Semplice: due pugnazzi forti diretti al "ginocchio" destro anteriore della creatura, angolati in modo da potenzialmente spaccare qualche osso e fare cadere il mostro in avanti dato anche che si stava già sporgendo in avanti per attaccare.

    p.s. Sono un po' incerto sull'azione di Difesa, avendo usato due diversi poteri per difendermi dalle due fasi dell'attacco. E' qualcosa di legittimo?





     
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    Il tuo primo pugno impatta contro la gamba del corrotto. Senti la carne piegarsi sotto il tuo colpo, poi senti qualcosa incrinarsi al suo interno. Il secondo pugno, invece, spezza qualsiasi cosa tenga insieme l'anatomia di quella gamba. Vedi l'arto piegarsi e sanguinare.
    Uno squarcio, mentre lo colpisci, si apre sulla sua testa, dove dovrebbe esserci una bocca. Ne esce un grido di sofferenza che fa gelare il sangue, acuto come il raschiare di un'unghia contro i vetri. Il corrotto si piega su sé stesso, incespica in avanti, ma è solo un breve attimo. Fa leva sulle altre gambe per non cadere, poi rivolge di nuovo la sua attenzione su di te.
    Le tre braccia più vicine, quelle a destra, si allungano verso di te, per afferrare i tuoi pugni mentre li ritrai. Vuole tenerti fermo, tirandoti verso di lui. Poi compie una rotazione su sé stesso, per far impattare contro la tua testa e il tuo petto le sue braccia sinistre, di nuovo con la forza contundente che ha dimostrato di possedere.
    Di nuovo i suoi palmi sono rivolti contro di te. E di nuovo la sua bocca si apre, lasciando uscire delle parole stonate, come se provenissero dall'abisso.
    «Ora ti unirai... a... noi...» È un mostro che sta imparando a parlare e a comunicare con te.
    Un mostro che vuole che tu diventi come lui - che tu diventi lui.

    0qVuOPt


    Eccoci! Questa volta post semplice ma note corpose, anche per rispondere al tuo dubbio.
    Il tuo attacco dopo il teleport lo sorprende, per cui gli spacchi una gamba e il corrotto deve sforzarsi molto per non cadere in avanti. Però a quel punto sei a portata, e allunga le braccia più vicine per stringerti i polsi e tirarti verso di lui (ad), a cui segue una rotazione su sé stesso per colpirti con le altre braccia, che simulano di nuovo gli effetti di un'arma infusa (af).
    Ti do un piccolo consiglio per aiutare la lettura: prova a inserire alcuni spazi tra i paragrafi, così da evitare l'effetto wall of text.

    ---

    Per quanto riguarda il tuo dubbio sul combat, di per sé utilizzare due poteri diversi per difendersi non è un problema, dato che si possono mescolare i poteri sia per gli attacchi per le difese. Meno corretto è utilizzare due difese diverse.
    Ti faccio un esempio sui tuoi poteri. Se il tuo avversario ti provasse a colpire prima da una parte, poi da un'altra (in ottica ad e af) tu potresti generare dei sigilli (potere 1) che poi puoi spostare con teletrasporto o telecinesi (potere 2) davanti all'attacco che arriva in quel momento. In questo modo stai utilizzando poteri diversi, ma l'azione di difesa è un unico movimento fluido.

    Diverso è il caso del teletrasporto monouso. Utilizzarlo ti permette di evitare completamente l'attacco di un nemico, con le limitazioni dell'abilità (attacchi aoe solo da blu). Nel tuo caso, sarebbe stato più corretto utilizzarlo prima dell'ad, così da sventare completamente l'attacco nemico. Come hai fatto è stata sì doppia difesa, invece di farne una sola fluida oppure di sfruttare a pieno il beneficio di teletrasporto.

    Ti rimando a una domanda che è stata fatta poco tempo fa, proprio sul tema della doppia difesa. Ti invito, se hai altri dubbi, a scrivere nello stesso topic, riprendendo la questione su eventuali punti che vorresti chiarire sul tema.
    Ricordati sempre che non è un problema, durante un addestramento, aprire un topic in tutorial chiedendo informazioni su eventuali azioni che vuoi fare: familiarizzare con il sistema di combat può sembrare complesso ma appena ci prendi la mano ti sarà tutto più chiaro.
     
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    Percepì l’impatto delle sue nocche con la flaccida pelle del mostro. Percepì le formazioni ossee all’interno dell’abominevole arto prima incrinarsi e poi spezzarsi del tutto sotto i suoi due colpi in sequenza. Osservò del liquame nero dipanarsi dalla ferita inferta, ora che la gamba era piegata in una posizione ancor più innaturale.

    L’aveva fatto, aveva ferito gravemente quell’essere immondo. Sentì un fuoco dentro di sé che non aveva mai provato prima nel momento in cui realizzo che era stato lui a compiere quel gesto. Era come se, dopo anni in cui aveva vissuto intrappolato in un incubo, tormentato da quei pensieri che tanto cercava di rifuggire ma che continuavano a riaffiorare notte dopo notte, adesso stesse realmente trovando la forza di reagire e restituire alla causa delle sue angosce tutta la sofferenza che aveva attraversato. Stava sfogando in quei colpi qualcosa di depositato in lui nel profondo, qualcosa che non aveva mai avuto il coraggio di tirare fuori fino ad ora. Stava dimostrando a sé stesso che fuggire dai problemi non era tutto ciò che era in grado di fare.

    E Dio, quanto era disgustosa quella visione, quelle viscere e quel sangue. Ma nel suo sguardo ora non c’era titubanza o dubbio, solo fiera determinazione nel portare avanti quello scontro che, ogni secondo di più, gli pareva di poter sostenere. Stava testando quei poteri, la loro intensità che non riusciva a quantificare ed i loro limiti che non riusciva ad intravedere.
    Sebbene stesse lottando per la sua stessa vita, era una sensazione di libertà magnifica, ineguagliabile.
    Ma bastò poco a risvegliarlo da quell’estasi.

    L’urlo del mostro trapanò il suo cervello, proiettato attraverso il simulacro di una bocca apparsa per l’occasione. Non vi era nulla di umano in esso, un suono totalmente alieno che lo riempì di brividi e lo fece vacillare. Al contrario, la creatura perse l’equilibrio nonostante le gravi ferite, e prima ancora che lui potesse ritrarsi dal suo attacco ecco che le decrepite braccia si stavano nuovamente allungando nella sua direzione come rovi selvaggi.

    Non ebbe la prontezza di riflessi di ritrarsi prima che le dita ossute lo cingessero con vigore sovrumano ad entrambe le braccia, facendogli istantaneamente provare un forte dolore, come se i suoi polsi fossero stati chiusi in delle morse. Una sensazione di panico lo assalì, e si trovò a concentrare tutte le sue energie alla sua mente ancora una volta nel tentativo di scomparire e ricomparire da un’altra parte, così da sottrarsi ancora una volta al problema… soltanto per accorgersi che non era così che funzionava, di come il suo corpo non fosse ancora in grado di far affluire tanta energia in così breve tempo. Di come stavolta quella semplice soluzione non fosse più a portata di mano. Ora era bloccato in quella morsa letale da cui stava cercando di liberarsi senza successo, strattonando all’indietro mentre invece la creatura lo portava verso di sé. Osservò la massa informe roteare sul suo asse, pronta a travolgerlo a piena potenza usando gli arti rimanenti come delle pesanti mazze. Gli era ormai chiaro che non si sarebbe spostato da quella traiettoria a breve.

    Scelse dunque di ripiegare su un’altra strategia, più immediata: sentiva l’energia fluire nel suo corpo in maniera omogenea, e sentiva di poter manipolare tale flusso in maniera più o meno precisa. Immaginò di ergere una difesa sul suo corpo utilizzando quell’energia, premurandosi soprattutto di proteggere la sua testa in quanto essere colpito lì a piena potenza sarebbe potuto rivelarsi letale. Così come la creatura la manifestava sui suoi palmi, cercò di rendere concreta quell’energia tra il suo capo ed il braccio che stava per colpirlo, preparandosi all’impatto. Al contempo, esercitò tutte le sue energie mentali nell’imporre sulla creatura un vettore preciso, diametralmente opposto a quello che stava compiendo. Immaginò di afferrarla con quei tentacoli di energia simili a piume che aveva immaginato poc’anzi e , con essi, di avvolgerla e farla ruotare su sé stessa in direzione contraria alla torsione che essa stava mettendo in atto. Immaginò anche di afferrarla e tirarla indietro per le braccia, riportandole alla loro posizione iniziale. In sostanza, di rallentare il più possibile quella rotazione che l’avrebbe condotta all’impatto col suo corpo a breve.
    Era quasi certo che le sue capacità non sarebbero bastate ad annullare totalmente l’attacco, ma quantomeno a rallentarlo in parte, quanto bastava per subire il colpo in maniera ridotta… quanto bastava per sopravvivere.

    E l’impatto arrivò. Le braccia sbatterono su di lui pregne dell’energia contundente che aveva già osservato in precedenza, esplosiva e devastante, mentre gli altri due arti lo tenevano fermo in quella posizione impedendogli di essere sbalzato via. Fu come essere colpito da due pesanti martelli, il dolore fu lancinante, come una scossa che percorse il suo intero corpo. L’energia che aveva accumulato come scudo sulla sua testa bastò a ridurre l’impatto a sufficienza da non fargli perdere i sensi, sebbene la sua vista divenne bianca e offuscata per diversi istanti. Invece, sentì qualcosa rompersi nel suo fianco, la sensazione quella di essere attraversato da un milione di lame in quel preciso punto del corpo. Soffocò un grido di dolore mentre dei rivoli di sangue gli correvano sulla fronte e gli bagnavano la guancia ed il mento, ridotta conseguenza dell’impatto alla testa. Sentì il suo cuore battere nel petto e risuonare nelle sue orecchie sempre più forte, mentre i suoni ambientali erano come ridotti dallo stato in cui si trovava.

    Immerso in quel mare di dolore che mai aveva provato così intensamente in vita sua, osservò la bocca della creatura manifestarsi di nuovo. Si mosse ipnotica e pronunciò delle parole sconnesse, come al rallentatore, ulteriormente offuscate dai suoi sensi obnubilati. Parole lente, confuse, ma dal significato cristallino.

    «Ora ti unirai... a... noi...»

    I suoi occhi si allargarono, sentì la pelle gelida e il cuore sprofondare in un abisso.
    Quell’amalgama di arti e carne, un tempo… erano delle persone. Ne aveva già avuto sensazione in precedenza, ma ora quella consapevolezza si stava facendo strada in lui e poteva vederla con chiarezza. Quelle forme distorte e corrotte erano stati esseri umani come lui, con la loro vita, i loro cari, le loro passioni, i loro sogni. E adesso erano soltanto un putrido ammasso di energie oscure, nate solo per uccidere e trasportare altri con sé. E stavano parlando, a lui, in una malata messinscena.

    Ma era soltanto una messinscena, una derisione? O c’era qualcosa, qualcuno di senziente lì dentro? Schiuse le labbra tremanti, in preda alla sofferenza e alla confusione. Le parole faticavano ad uscire per via del fiato tagliato corto.

    Mamma… papà? Inigo, Diego, siete voi? Siete lì dentro?

    Una vana speranza si fece strada nel suo cuore. La speranza che lì dentro, da qualche parte, le persone che aveva amato fossero ancora vive e lo avessero trovato. Li immaginò uno ad uno, intrappolati in quegli involucri mostruosi, costretti a quel macabro spettacolo da un’oscurità che non erano in grado di sopprimere. Ma coscienti e… in qualche modo, vivi. Gli stavano chiedendo di unirsi a loro, di smettere di soffrire e lasciarsi andare.

    E avrebbe così tanto voluto accettare, lasciarsi cadere in avanti verso quelle fauci, lasciare che la creatura lo divorasse, che la sua attuale vita trovasse un termine… tornare da loro, in quel macabro conforto nel sapere che tutto sarebbe finito, che anche lui avrebbe seguito il loro destino. Eppure, il pensiero di sua sorella che aspettava il suo ritorno, il pensiero di tutte quelle altre persone che sarebbero state divorate e costrette a vagare in eterno se non si fosse ribellato adesso, lo trattennero su questa terra.
    Non voleva andarsene. Non poteva andarsene.

    Sentì gli occhi arrossati riempirsi di lacrime che scorsero sul suo viso al pensiero di non potersi permettere di fare quello che avrebbe voluto, di non poter cedere a quella dolce, terribile bugia, a quella minuscola ed effimera speranza di rivederli. Ma doveva essere risoluto.
    Lasciò che la sua mente si spalancasse di nuovo e sentì nuovamente quella sensazione vibrante percorrerlo da capo a piedi. Era di nuovo pronto. Doveva andarsene da lì.

    In un battito di ciglia si ritrovò dall'altro lato del magazzino, libero dalla presa del mostro. Ricacciò la sensazione di vomito che stava provando per quello spostamento tanto repentino, deglutendo con forza. Cercò di rifiatare per quanto possibile, sentiva i polsi doloranti e la sua vista era ancora vagamente annebbiata. Evitò totalmente di sfiorarsi il fianco dato il dolore troppo intenso. Osservò dalla distanza la creatura, in pena.

    Perdóname… io non posso… lasciarti così.

    La sua volontà di lottare fu rinnovata dalla realizzazione appena avuta. Non poteva lasciare quelle persone, chiunque esse fossero, in quello stato di sofferenza, in quella infernale distorsione della loro esistenza. Per quanto non volesse crederlo, quella che aveva di fronte era un'aberrazione. Non era vita.
    Non era giusto. Doveva… farlo smettere.

    A fatica le braccia sopportando il dolore, aperte di fronte a sé. Fece scorrere l’energia cinetica sul suo corpo come fosse corrente fino alla punta delle dita di entrambe, e poi le fece scattare in avanti rapidamente, come se stesse lanciando qualcosa. In realtà, due lame di energia cinetica si sarebbero generate da quel movimento, lanciate quasi in contemporanea contro il mostro ed intenzionate a colpirlo nella parte superiore del suo corpo, dove più o meno la bocca era apparsa.

    Questo primo attacco, in realtà, non sarebbe stato altro che una distrazione per ciò che avrebbe tentato di fare dopo: alzato lo sguardo avrebbe concentrato il suo potere sul tetto del magazzino dentro il quale ancora si trovavano, cercando di coinvolgere un’area più ampia possibile. Avrebbe iniziato ad esercitare una grande forza verso il basso, usando tutte le forze a sua disposizione per trascinare giù quanti più elementi possibili del soffitto e farli crollare in testa alla creatura, cercando di coinvolgerla in un’immensa pioggia di macerie e seppellirla con essa. Contava sul fatto che i movimenti di essa fossero ora rallentati dalla gamba rotta, e che la sua distrazione potesse guadagnargli abbastanza tempo per attuare il crollo prima che si spostasse.

    Era disposto a far crollare l’edificio, se quella fosse stata la conseguenza della sua azione, ma doveva fermare quel mostro, per sempre.
    Doveva dare pace a quella gente.


    Nome: Cibràn Toledo Arubal
    Fazione: Grande Tempio
    Armatura: //
    Stato Fisico: Spalla contusa, ematomi ed escoriazioni su entrambi i polsi, grossa botta sul fianco sinistro con varie costole rotte ed emorragia interna, lieve trauma cranico. uno splendore insomma
    Stato Psicologico: Stordito dal dolore, determinato a dare pace alla creatura per più di una ragione

    Riassunto azione: Eccoci. Allora, Cibràn questa volta non può fare il furbo e non riesce a sfuggire all'AD, di conseguenza cerca di difendersi come possibile dall'AF concentrandosi soprattutto sul proteggere la testa tramite un'emanazione di Cosmo e rallentando il movimento nemico con una torsione inversa a quella che sta svolgendo. Riesce a difendere decentemente la testa ma subisce molto intensamente il colpo portato al fianco che lo devasta internamente. Appena riesce si teletrasporta via molto lontano dal mostro (direi un 30 metri di distanza se il magazzino lo consente), riprende il fiato e genera due lame cinetiche dalla distanza per attaccare e distrarre il nemico (AD). Poi concentra tutte le sue energie psicocinetiche sul tetto coprendone un'area molto vasta sopra alla creatura (a Gialla ho visto che il massimo è 140 metri, ma farei circa 40 metri di diametro con la creatura al centro del cerchio) e cerca di far crollare quanto più materiale possibile dal tetto, con l'intenzione di farlo letteralmente collassare nell'area coinvolta, per cercare di seppellirla sotto una pioggia di detriti.

    p.s. Grazie per tutti i consigli del giro precedente. Qui ho cercato di mettere delle misure alle distanze e all'area di effetto dei poteri, anche su questo ci sto prendendo la mano quindi spero di aver fatto stime più o meno corrette.







    Edited by - Andrew - - 19/4/2024, 00:25
     
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    Il corrotto urla quando sfuggi dalla sua presa.
    In quell'urlo ci sono orrori che non comprendi, ma anche sentimenti umani. La perdita, per esempio. Ma quando riappari è già di nuovo fisso su di te, intenzionato a non lasciarti mai più andare.
    Le tue lame cinetiche tagliano l'aria, e il mostro allunga due mani verso di esse, deflettendole e rallentandone l'impatto. Sui due palmi vedi fumo e sangue nero. Sta per balzare verso di te, quando il rumore sul tetto lo ferma. Alza la testa e istintivamente tutte le braccia.
    Quella che inizia è una danza furiosa. Colpisce con le sue emanazioni contundenti i detriti, spaccandoli e riducendoli in polvere prima che la raggiungano. Per quanto forte, però, non riesce a vanificare il tuo attacco. Una buona quantità di calcinacci e travi lo raggiunge, scava nella carne in più punti, e lo fa crollare a terra per un momento.

    Passa un secondo. Il polverone del tuo attacco non si è ancora posato.
    Il cosmo scorre nel tuo sangue. Non è un modo di dire: più combatti, più ti senti adatto a farlo. Le tue ferite fanno male, ma non è l'unico sconvolgimento sul tuo fisico. Il tuo corpo si sta abituando rapidamente a bruciare maggiori quantità di cosmo, anche se il processo è doloroso ed estenuante.
    Un'esplosione di energia corrotta - non è cosmo - solleva tutto il materiale che ora circonda il corrotto, sparandolo in ogni direzione e anche verso di te. Ne emerge il corrotto, visibilmente sfigurato e ferito, che in un ultimo assalto è deciso a non farsi sfuggire la sua preda. Cerca di prenderti di sorpresa con le stesse macerie che hai sollevato tu, nascondendo in esse i suoi movimenti.
    «Non fuggire da... noi. Siamo tutto.» Una bordata energetica contundente emerge dai detriti, mirando al terreno su cui ti trovi, per farlo collassare e farti perdere l'equilibrio per un istante prezioso.
    Perché poi, il corrotto, a una gran velocità, spicca un balzo. Si solleva dal campo di battaglia che non potrebbe più attraversare in corsa, e in una parabola precisa mira a rovinarti addosso con la sua mole, le sei braccia in avanti, tutte dirette verso di te.

    È quasi un proiettile, e sta dando tutto per averti con loro.
    I suoi attacchi non hanno perso la loro forza e la loro velocità. Non sono loro a essere cambiati. Sei tu. Sei più consapevole, e sei più veloce e forte di quell'essere.
    Il tuo corpo urla per sopportare questo nuovo potere, ma non è abbastanza da fermarti. In lontananza, ai margini di Delfi, senti di nuovo il cosmo intenso di Miguel, e sai che probabilmente lui sta sentendo il tuo. Lui non si è ancora spento, ancora arde. State combattendo due battaglie diverse, ma la guerra è la stessa.
    È ora di chiudere la partita, Cibràn.

    0qVuOPt


    Eccoci!
    Il corrotto si difende come può da entrambi gli attacchi con le armi infuse, ma ora è decisamente più ferito e menomato. Come ultimo attacco solleva tutti i detriti caduti con un esplosione, per spargerli ovunque, riempirne l'aria e coprirti la vista (supporto). Dal polverone emerge una bordata contundente verso la terra su cui sei, per sbilanciarti e farti perdere l'equilibrio (ad). Poi il corrotto fa un bel salto per caderti addosso dall'alto, con i palmi in avanti in sei mazzate in contemporanea (af).
    Ma tu hai fatto il power-up e adesso sei Energia Verde. Fai il tuo turno di combat normalmente, ma descrivi tu autoconclusivamente gli effetti dei tuoi attacchi sul corrotto, che riesci a uccidere. Fermati quando l'hai sconfitto - ovviamente sarai ridotto male.
     
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    La sangre sin fuego hierve




    La sangre sin fuego hierve




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    Era rivoltante osservare quanto di umano ci fosse ancora in quel mostro.
    A prima vista era impossibile rendersene conto, era impensabile credere che quell’ammasso informe avesse anche solo un briciolo di umano. Eppure più il loro duello proseguiva, più Cibràn si accorgeva di particolari che riportavano l’essenza di quel mostro di carne a forme ed espressioni in cui intravedeva comportamenti fin troppo familiari.

    Braccia che un tempo avrebbero potuto accarezzare ed abbracciare ora erano strumenti di morte che si erano appena serrati sul nulla, laddove un attimo prima sarebbe stato lui la preda delle loro malsaneaffezioni.

    La bocca tentava di comunicare emozioni incomprensibili, mescolate con il suono martoriante dei più terribili dei dolori. Una madre che perde il figlio, la morte di una persona amata, la più nera e totale disperazione sconquassarono l’animo del ragazzo costretto ad ascoltare quell’agonizzante lamento.

    Le gambe, capaci di trasportare il peso di un’intera esistenza di gioia e dolore, di donare libertà, di far correre e ballare sulle note di un’assurda esistenza erano adesso lembi di carne asserviti alla danza malata di distruzione che il corrotto andava perpetrando, lerce e sanguinanti dopo i colpi subiti ma ancora capaci di proseguire e di trasportare l’orrore che il coacervo di malvagità andava perpetrando.

    Cibràn non ne poteva più. Tutto ciò a cui aveva assistito in quegli istanti di battaglia era orribile, era rivoltante. Una cosa simile non sarebbe mai dovuta essere possibile sulla faccia della terra, chiunque avesse deciso di prelevarla dai suoi incubi e renderla reale davanti a lui meritava di svanire.
    E tra i suoi palmi aveva il potere di sistemare le cose, di rimettere ordine a quel caos. Di quietare quel grido di sofferenza per sempre.

    Fece crollare il tetto. Le braccia della creatura la protessero, ma non abbastanza da salvarla dalla pioggia distruttiva che si abbatté sul suo corpo, che la oppresse e schiacciò a terra. La vide scomparire tra la polvere sollevata da quell’attacco, un lungo istante di quiete ne seguì.

    Sentiva ogni terminazione del suo corpo pulsare di energia, ora. Se ne accorse mentre rimaneva fermo ad osservare, in fremente attesa. Si rese conto di come l’energia che era rimasta covata dentro di lui fino a quel momento ora scorresse in maniera sempre più fluida e genuina dentro di lui, e di conseguenza di come ogni suo movimento tenesse conto di ciò.

    La sua percezione si stava espandendo, osservava i dintorni con più lucidità e consapevolezza; era consapevole di possibilità che prima non era capace di scorgere o immaginare. Il potere dentro il suo corpo sembrava tale da trasudare attraverso la sua pelle; era pronto a scattare come una molla al suo massimo punto di contrazione, come se, al pari delle proprietà elastiche di essa, combattere fosse il solo compito per cui era stato creato e la cosa che più gli sarebbe riuscita naturale una volta rilasciata quell’energia.

    Lì in quel momento, percepì nel suo intimo la stessa sensazione di naturalezza che provava quando si muoveva sul palcoscenico, quando intratteneva il suo pubblico con i più disparati numeri, performance teatrali o esibizioni di canto e accoglieva in sé il calore della folla.
    Quel magazzino fatiscente era il suo palco, e sarebbe stato capace di calcarlo con la stessa passione ed energia con cui accendeva gli animi, con cui trascinava le folle e attirava gli sguardi.
    Serviva solo che il sipario si aprisse, un’ultima volta. E come sotto un suo silente comando, come quando diceva a VIola di attaccare o segnalava con un cenno a Kyle di iniziare la loro introduzione… accadde.

    Un boato di energia oscura e maligna fece schizzare i frammenti in ogni dove, rendendo il magazzino un campo minato di ferraglie impazzite che, come dopo lo scoppio di una granata a frammentazione, vennero scagliate in ogni dove. Polvere e detriti erano ovunque, occludevano la sua vista impedendogli di osservare il campo di battaglia.
    Ma rimase lucido. E in quel momento, invece di provare timore per quell’energia provò un senso di piacere, sentì la sua anima bruciare.

    << Non fuggire da… noi. Siamo tutto.>>

    La terrificante voce della creatura risuonò ancora nell’aria. Ogni suo timore era riversato in quelle parole, era come se quel mostro gli leggesse l’anima. Sentiva di non star combattendo qualcosa di normale, sentiva di star lottando contro coloro che erano ceduti alla corruzione e avevano perso la loro anima nel mentre.
    Era tutto ciò che aveva sempre immaginato per sé stesso, un giorno. Finire così, come tutti i suoi cari avevano fatto.

    Ma era diverso, ogni fibra del suo corpo continuava a gridarglielo. Quel potere stava tracciando per lui un diverso cammino, illuminato da fiaccole ardenti che non aveva mai potuto vedere prima, o che aveva sempre scelto di ignorare. Cosa lo avesse condotto fin lì non riusciva a spiegarselo, ma non avrebbe ignorato la cosa. Lo doveva a tutti coloro che avevano avuto il coraggio di guardare in faccia la morte prima di lui.

    E quel mostro non erano loro, quel mostro era la corruzione che parlava attraverso i corpi straziati delle sue povere vittime. Gliel’avrebbe fatta pagare, per tutto quanto.

    Y pronto ya no serás nada.

    Il suo corpo era caldo, sul punto di bruciare come se fuoco puro scorresse nelle sue vene, con tutte le conseguenze del caso. Era doloroso, straziante persino, un dolore che rimpiazzò quello delle ferite riportate da tanto era intenso e pervasivo. Ma era un dolore che lo faceva sentire presente, che lo faceva sentire vivo dopo anni di torpore, e non avrebbe cambiato quella sensazione per nulla al mondo.

    Cibràn aveva sempre brillato di luce propria. Ma ora, ora era il momento di ardere come mai aveva fatto prima.

    Strinse i denti ed i pugni, inghiottendo ogni sofferenza. I suoi occhi erano puntati verso l’ammasso di polvere davanti a sé, ed era in assoluto silenzio.
    Fermo, in allerta, consapevole a quali indizi sensoriali avrebbe dovuto fare attenzione, pronto a reagire.
    Conosceva il palco e lo spettacolo, e sapeva come condurlo verso la sua conclusione.

    Es hora del número final.


    Un baluginio ed un sibilo spezzarono il silenzio. Una sfera di energia contundente, la stessa di prima, emerse dalla polvere diretta ad altissima velocità verso di lui.

    Ancor prima che emergesse la stava aspettando, ed era pronto a rispondere. Questa volta scelse non di deviare il corso dell’attacco, ma sarebbe stato lui stesso ad opporvisi. Portò le braccia in avanti, fece ancora una volta convogliare l’energia cinetica attraverso le braccia e la plasmò al loro esterno in maniera misurata, formando una traslucida barriera di forza che pose di fronte a sé. Il colpo contundente andò ad infrangervisi ed esplose, propagando la sua energia lungo la barriera. Ne venne sospinto all’indietro di qualche metro e si protesse con le braccia davanti al volto, sentì per un attimo il fiato mancargli in corpo come se fosse stato appena colpito da un pugno alla bocca dello stomaco. Al contempo, come un gigantesco siluro osservò la figura del corrotto schizzare fuori dalla polvere in una traiettoria ad arco diretta verso di lui, le braccia protese in avanti determinate un’ultima volta a stringersi in un abbraccio mortale, a farlo unire a loro.

    Per loro sfortuna, ormai aveva preso la sua decisione. Non avrebbe più accettato quell’offerta.
    E nonostante ciò… scelse di non spostarsi, di aspettare il suo arrivo. Non avrebbe avuto paura, sarebbe corso in faccia alla morte, al suo peggiore incubo e l’avrebbe affrontato una volta per tutte.

    Mantenne la sua barriera eretta, alimentandola ed assicurandosi che rimanesse ben salda al suo posto. Intanto, alcuni strali energetici si allungarono verso il corpo del mostro, arrivando a ghermirlo alle braccia protratte. Iniziò ad applicare una forza su ciascuna di esse per aprirle e piegarle verso l’esterno, sfruttando anche la mole della creatura per accentuare questa spinta sulle parti più “fragili” e pieghevoli dell’essere. Questo non solo avrebbe rallentato la caduta del mostro trascinandolo di fatto in direzione opposta, ma gli avrebbe anche consentito far in modo che non fossero gli arti il punto con cui si sarebbe dovuto scontrare.

    Piantò i piedi a terra, fletté le ginocchia, tenne i palmi rivolti in avanti a sostenere costantemente la sua muraglia difensiva e si preparò all’impatto. E poi attese, istante dopo istante, fino a quando la massa della creatura non gli fu addosso.

    Lo schianto fu brutale: la carne putrida del mostro si schiantò sulla sua barriera psicocinetica con un boato. Sbuffò, strinse i denti e piantò i piedi per terra mentre schizzava all’indietro per via della differenza di massa e di forza, mentre la barriera come un vetro iniziò ad incrinarsi e a perdere frammenti. Sentì le ossa delle braccia scricchiolare, temette per un istante di vederle spezzarsi come stuzzicadenti. Vide liquido rosso scorrere lungo di esse e seppe che era il suo sangue: era l’unico di quel colore in quello scontro. Lo stesso del fuoco.

    La corsa all’indietro terminò, e lui non perse un istante sebbene sentisse i polmoni svuotati e il corpo bruciante di dolore.

    Ora tocca a me.

    Dissolse quello che rimaneva della sua barriera e rimodellò rapidamente la sua energia psichica facendola scivolare verso gli arti inferiori. Era tempo del suo ultimo assalto.

    L’energia psicocinetica che aveva afferrato gli arti del mostro si rinforzò, agendo come pesanti manette: voleva tenere bloccati i suoi arti, tenerlo fermo in quella posizione scoperta. Non gli rimaneva molta energia, ma sarebbero bastati quei preziosi instanti. La spinta psicocinetica nelle sue gambe agì, facendolo scattare in avanti come un proiettile verso il mostro. Allo stesso istante il suo corpo traslò in avanti, ricucendo immediatamente la distanza che lo separava dalla creatura. L’energia cinetica si spostò un’ultima volta, concentrandosi nel suo pugno caricato all’indietro. In quel pugno racchiuse ogni sentimento, ogni emozione negativa e positiva che aveva verso quello scontro. Ogni nuovo grado di consapevolezza che in quei pochi minuti era riuscito a raggiungere. E tutto il suo Cosmo. Sfrecciò verso la creatura, la pelle che bruciava e il cuore che batteva all’impazzata nel petto.

    Inigo, tio Xoel, ora capisco perché lo avete fatto, perché avete scelto di correre incontro al pericolo nonostante il terrore.
    Avete scelto di non essere scintille, ma fiamme che illuminassero la notte. Lo avete fatto anche se ha comportato il perdere la vostra vita.
    Il fuoco che sento dentro di me è anche il vostro. Non lo disonorerò.

    Si sentiva al centro dell’attenzione, il protagonista di quel momento, in quel numero finale che l’avrebbe portato infine allo scrosciante applauso del pubblico.
    Il sangue che cadeva a rivoli dalla ferita sul volto e che impregnava il suo fianco era rosso e ardente come l’impeto focoso della sua anima.
    Ardeva Cibràn, nel cuore e nel corpo.
    Ardeva per la sua famiglia, lo stava facendo anche per loro, per portargli la giustizia che meritavano.
    Ardeva per Zio Xoel, per il suo esempio eroico che aveva alimentato a carbone la sua determinazione.
    Ardeva per Nevia, che sarebbe stata fiera di lui se solo avesse potuto vederlo, e forse lo avrebbe anche preso a meritati schiaffi.
    Ardeva per Miguel, che nemmeno conosceva ma diavolo, che cosa importava? Riusciva a sentire il suo Cosmo bruciare in lontananza, e anche lui lo stava ispirando a lottare fino alla fine.
    Ardeva per sé stesso, per la rinnovata forza che era riuscito a trovare scavando dentro di sé.
    Senza fuoco ardeva, perché il fuoco di Cibràn Toledo Arubal era nei suoi occhi dorati e luminosi, dove l’immagine del corrotto si riflesse per un ultimo istante prima dell’impatto con il pugno portato avanti dalla mano destra, che si mosse ad una velocità alla quale il mostro non avrebbe nemmeno potuto percepirlo, come un fascio di luce.

    Gridò, sfogando tutta la sua energia. Sentì l’impatto, le fibre del molle corpo del mostro strapparsi ed il suo pugno che attraversava il corpo del mostro come burro fuso. Sentì il grido brutale, straziato, una cacofonia di voci doloranti che sembravano uscite dall’inferno. Sentì un liquido avvolgere il suo braccio. Rimase lì per qualche istante e poi ritrasse l’arto con brutale forza, strappando ulteriore carne nel processo. All’istante, un fiotto di sangue nero emerse dal buco che aveva lasciato nella creatura, travolgendolo e schiantandolo a terra come un geyser di petrolio. Cadde prono,ricoperto di melma. Alzò il capo per osservare il mostro che arretrava sulle sue gambe tremanti, un enorme squarcio nel petto. Urlò più forte che mai, dimenando le braccia come flagelli impazziti prima di… crollare sul suo fianco, bagnando il terreno con il suo putrescente icore. Le sue braccia si afflosciarono. Non si stava più muovendo.
    Cibràn rimase fermo immobile, il petto che si sollevava ed abbassava rapido. Non si muoveva. Era… finita.

    Asqueroso.

    Cercò di alzarsi sui gomiti e scoprì che le braccia erano troppo doloranti, faticava persino a pensare di muoverle. Il suo corpo era inerme, privo di ogni forza. Il fiato era corto, abbastanza per un’ultima frase. Sorrise, guardando il cadavere del mostro che già gli sembrava in putrefazione, la vista annebbiata dalla fatica e dal dolore.

    Riposate per sempre, si puedes.

    A quel punto lasciò cadere anche la testa all’indietro sul sul pavimento polveroso del magazzino. I suoi occhi si chiusero mentre la sua fiamma arrivava a spegnersi dopo aver bruciato tutto il suo combustibile, dopo aver brillato come non mai.




    Nome: Cibràn Toledo Arubal
    Fazione: Grande Tempio
    Armatura: //
    Stato Fisico: Spalla contusa, ematomi ed escoriazioni su entrambi i polsi, grossa botta sul fianco sinistro con varie costole rotte ed emorragia interna, lieve trauma cranico, braccia martoriate e con microfratture dopo l'impatto con la mole della creatura, ogni fibra del corpo bruciante di dolore per l'estremo sforzo a cui è stata sottoposta
    Stato Psicologico: Eccitato dalla battaglia, soddisfatto dall'aver portato giustizia alla sua famiglia e alle povere anime corrotte intrappolate in questo schifo, completamente provato e incapace di rimanere cosciente a fine scontro

    Riassunto azione: Allora. Cibràn erge una barriera psicocinetica per difendersi dall'attacco debole, che lo sospinge all'indietro ma non gli provoca danni, poi usa la stessa barriera rinforzandola dopo il primo colpo per tankare anche l'attacco forte, nel mentre sposta gli arti della creatura verso l'esterno per far sì che non siano essi ad impattare con la barriera ma solo la sua mole.
    Viene spinto all'indietro, la barriera quasi si frantuma sotto l'assalto ma non crolla e le sue braccia risentono particolarmente dell'attacco. A quel punto fa svanire la barriera e ridireziona l'energia psicocinetica nelle gambe per spingersi in avanti (supporto?), nel frattempo tiene fermi gli arti della creatura con le morse di Psicocinesi già precedentemente applicate (AD) e infine, con Teletrasporto, si porta a cortissimo raggio in un istante e la trapassa con un pugno nel centro del suo corpo (AF), perforandola e sbudellandola definitivamente.
    Poi sviene, giustamente.





     
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    Il mondo attorno a te si fa offuscato, i suoni ti arrivano distanti, come se fossi sotto una campana di vetro.
    «È qui!» Senti urlare in lontananza, mentre fatichi a tenere gli occhi aperti.
    «Ha fatto tutto da solo?» Dice una seconda voce.
    «È ancora vivo?»
    «Un medico, chiamate un medico!»
    Senti che qualcuno inizia a toccarti, ma tu sei sempre più distante. Vorresti aria e vorresti ti lasciassero riposare, ma non ti lasciano solo.
    Poi arriva una voce che riconosci, anche se è molto diversa - ma più di tutto, senti il suo cosmo, così simile al tuo.
    «Fuori dai piedi. Fatemi passare.» La sua voce è molto più secca, ora. Riesci a riaprire gli occhi quello che ti basta per intravederlo chinato di fianco a te, i vestiti e il viso ancora sporchi del suo sangue e di quello dei corrotti.
    «Sei stato bravo, chico.» Sprofondi di nuovo nel buio.

    gJGCdYb


    Cento occhi ti fissano.
    Lo fanno da ogni direzione, ovunque ti giri sei osservato. Puoi correre in qualsiasi direzione, ma non puoi sfuggire - ovunque attorno a te non c'è un riparo, e quegli occhi che ti fissano. Attraversi deserti, pianure e radure senza mai trovare un nascondiglio. Sei vulnerabile, esposto a quello sguardo malevolo.
    Cento occhi guardano ogni tua mossa; hai la sensazione ti stiano valutando. Reagiscono a ciò che fai, spostando lo sguardo e non si chiudono mai tutti insieme. Qualcuno rimane sempre aperto.
    Non potrai andartene fino a quando tutti e cento non saranno chiusi. Lo sai istintivamente. E non lo faranno fino a quando non ti avranno reputato degno.
    Eppure - forse non sono così malevoli. Te ne accorgi dopo tanto tempo, dopo che hai iniziato a conoscere i loro movimenti e le loro reazioni. E se non ti stessero scrutando, ma stessero vegliando su ti te?
    E poi forse non sono nemmeno occhi, ma stelle.
    Una costellazione. La tua costellazione.

    Ti svegli e il tuo primo impulso è quello di controllare le tue ferite.
    Sei su un letto in un tendone che funge da ospedale da campo. Non ti fa male muoverti, non senti dolore sulle braccia, ma in qualche modo è come se non avessi riposato per niente. Sei davvero stanco, ma da quello che vedi sul tuo corpo è rimasta solo qualche leggera cicatrice.
    «Hey! Si sta svegliando!» Con la coda dell'occhio vedi che Viola dà una gomitata a Kyle, che si riscuote dal suo torpore e si alza dalla sedia su cui era.
    «Dio mio Cib, non farlo mai più. Qualsiasi cosa tu abbia fatto.» Kyle ti scuote per le spalle e sì, niente dolore.
    «Sei su questo letto da due giorni. Hanno mandato un guaritore dal Grande Tempio, perché non ti svegliavi.»
    «Sei proprio matto. Uno di quei mostri da solo. Hai avuto paura?»
    «Tu che dici Kyle. E su, lascialo respirare!»
    Sono davvero sollevati che tu ti sia svegliato, e aspettano che tu gli risponda.

    Poco dopo il tendone si apre e ne entra Miguel, attirato dal vostro baccano.
    «Oh, finalmente sveglio. Ragazzi, vorrei parlare con il vostro amico, e voi dovete davvero prepararvi.» La sua voce è tornata calda e amichevole, ma è comunque ferma.
    «Ma Mig!» A quanto pare hanno parlato e fatto amicizia, mentre dormivi.
    «Ti prego, cinque minuti e andiamo. Abbiamo già fatto i bagagli.»
    «Non che avessimo portato granché, in questa meravigliosa villeggiatura.»
    Miguel alza gli occhi al cielo, scuotendo piano la testa. Bofonchia qualcosa tra sé in spagnolo, poi sospira forte.
    «...malditos niños. Fumo una sigaretta e quando finisco vi voglio fuori da qui o vi spedisco io a Rodorio a calci, ¿entendido?» I tuoi amici annuiscono, e l'uomo si tira fuori dalla tasca l'accendino e una sigaretta, uscendo di nuovo dal tendone.
    «Che tipo. È simpatico, anche se sa essere molto strano.» Viola abbassa un po' la voce, per non farsi sentire.

    Kyle no. Si lascia cadere di nuovo sulla sedia.
    «Non hai idea di che casino ha fatto dopo che ti ha portato qui. Mentre aspettavamo ti svegliassi l'abbiamo sentito gridare qua fuori con i comandanti dell'esercito.»
    «Lì mi ha fatto paura. Continuava a urlare che portare dei civili in una zona di guerra era da irresponsabili e poi una serie di cose in spagnolo che non ho capito. Li ha praticamente ricattati, dicendo che se ne sarebbe andato lui se non ci avessero riportati tutti a casa.»
    «E alla fine li ha convinti.»
    Ti raccontano che i primi camion sono già partiti ieri. A Delfi rimarranno solo Miguel e i soldati, e l'ultimo carico stava aspettando solo loro due. Si sono rifiutati di partire fino a quanto non ti sei svegliato. Ti chiedono come ti senti, come è stato.
    Vogliono tornare a casa e hanno chiesto che venga anche tu. Ti dicono che però Miguel e il guaritore sono d'accordo sul tenerti qua in osservazione ancora qualche tempo. Allora hanno provato a chiedere di restare con te, ma Miguel è stato categorico: niente civili. Viola allora si è raccomandata con lui di tenerti d'occhio.

    Miguel rientra nel tendone quando avete finito di scambiarvi tutte queste informazioni utili. Probabilmente è stato fuori per più tempo di una sola sigaretta.
    «Ora andate, o faranno a me la lavata di capo dopo tutto quello che ho detto.» Si rimette l'accendino in tasca. Kyle e Viola ti salutano, uscendo a malincuore dal tendone. Rimani solo con quell'uomo.
    «Hai degli ottimi amici. Sono stati con te tutto il tempo.» Si siede su una delle sedie lasciate libere attorno al tuo letto.
    «Mi spiace per quello che è successo, ragazzo. Ah, no llores sobre la leche derramada. Sei stato bravo. Ma anche incosciente.» Nella sua voce c'è una traccia di rimprovero o forse di preoccupazione.
    «Devi avere tantissime domande. Ti risponderò a tutto. Ma prima ti devo chiedere io una cosa, chico.» Ti scruta con i suoi occhi penetranti.
    «Cosa ti ha spinto a rimanere lì a combattere con il corrotto, invece di fuggire o di cercare l'aiuto dei soldati?» Nel fare la domanda si è fatto incredibilmente serio. Il sorriso è scomparso dal suo volto. Hai rischiato la vita, e lui vuole sapere perché.

    0qVuOPt


    L'attacco andava bene ma tecnicamente poteva essere più corretto con una minima variazione. Ovvero: blocco psicocinetico alle mani per tenerlo fermo (ad), seguito da una spinta psicocinetica per andargli addosso più veloce, che però dopo poco si interrompe con un teleport per sorprenderlo e tagliare le distanze (supporto), seguito dal pugno potenziato con psicocinesi (af).
    Imprimere energia cinetica nei tuoi colpi non è un'azione di supporto, ma fa parte dei tuoi attacchi e movimenti base. In questo caso, infatti, il supporto sarebbe più correttamente il teleport, perché è un'azione strategica che rende più difficile difendersi.

    In questo post prendiamo un attimo di respiro, sono andato un po' avanti per andare al sugo. Alla fine chiacchiera pure con Miguel, rispondendo alla sua domanda e dicendogli/chiedendogli quello che vuoi.
     
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    Parole. Mani. Volti.
    Reali, non più orribilmente distorti nella loro natura, si agitavano attorno a lui come ombre danzanti, invadevano il suo spazio senza chiedere il permesso.

    «È qui!» «Ha fatto tutto da solo?»

    «È ancora vivo?»

    «Un medico, chiamate un medico!»


    Sentiva il loro tocco sulla sua pelle bollente ed intorpidita, le loro voci cariche di emozioni di cui non comprendeva la ragione, i loro volti erano solo una fumosa maschera. Lo osservavano, lo ghermivano, sfioravano il suo corpo come se fosse di loro proprietà.
    Voleva che sparissero.

    Andatevene. Non guardatemi.

    Lo spettacolo si era concluso, non c’era più nulla da osservare, più nulla di cui stupirsi. Il suo ruolo era già terminato, il numero finale seguito dagli scroscianti applausi, la pece nera del mostro che lo soffocava, il buio che avvolgeva la sala.
    Non c'era più un Cibràn di cui godere della vista, soltanto un corpo disteso nella polvere. Inutile. Sporco. Brutto. Come si permettevano di guardarlo adesso?
    Si sentiva come arso su una pira, osservato nel suo dolore, ma avrebbe preferito bruciare all’istante, scomparire prima di essere trovato in quello stato.
    Poi, uno di quei volti prese forma. Ne pecepì la presenza come un calore familiare, confortevole, opposto al dolore che stava provando. I loro corpi erano in risonanza, lo percepiva meglio di chiunque altro. Il sangue che aveva addosso era come quello che ricopriva lui. La loro battaglia s’era svolta in parallelo.

    Sei stato bravo, chico.

    Avrebbe voluto avere le forze di rispondere, chiedergli in che cosa fosse stato bravo secondo lui, ma il suo corpo adesso pareva più un guscio inerme, incapace di far altro che ospitare la sua coscienza, ed ancora per poco.
    Parole. Mani. Volti. Sempre più distanti, sempre più offuscati.
    Poi il buio.







    ...








    Occhi.

    Quando si era svegliato? Non lo ricordava. Forse si trovava lì da un istante, forse da un’eternità.
    Ovunque il suo sguardo si spostasse, trovava quegli occhi a fissarlo.
    Non li riconosceva, erano come alieni. Grandi, imponenti. Entità di cui non riusciva a scorgere il significato o la ragione.
    Il loro sguardo gli era appiccicato addosso, scivolava viscido sulla sua pelle facendolo rabbrividire.
    Dove si trovava? Non avrebbe saputo spiegarlo. Era ovunque e da nessuna parte. Un deserto sconfinato in cui correva disperato alla ricerca di un riparo, l’angoscia di non trovarlo. Poi una sconfinata pianura, di quelle che non aveva mai visto nemmeno ad Atene. Poi un prato fiorito, inodore. Era solo uno sfondo per il suo continuo movimento. Cercava di sfuggire, di allontanarsi. E quando gli sembrava di averlo fatto, ecco che una nuova fessura si apriva nel cielo, un nuovo occhi dall’iride di un verde smeraldino e dalla pupilla nera e tonda era di fronte a lui o alle sue spalle, pronto a fissarlo.
    Ne sentiva la presenza anche senza vederli, sentiva lo sporco che gli lasciavano addosso. Percepiva il loro giudizio.
    E non era pronto.

    Smettetela. Basta, vi prego.

    La sua vita fino a quel giorno si era basata sull’essere guardato. Avrebbe mentito se avesse detto che non lo amava.
    Amava avere prova della sua esistenza. Avere prova che la sua vita avesse un senso.
    Ma quel gioco funzionava solo alle sue condizioni. E quegli occhi le stavano violando, insinuandosi in parti della sua anima che non avrebbe mai voluto mostrare a nessuno, toccandolo tanto nel profondo da farlo sentire nudo ed inerme.

    Era un pensiero egoista, voler mostrare solo certi lati di sé? Forse, eppure la sua vita era una farsa. Solo quando indossava una maschera si sentiva vivo, in grado di funzionare.
    Le sue fragilità, le sue paure, il pensiero di non essere mai cresciuto dal giorno in cui aveva perso la sua famiglia, il pensiero di non essere mai stato in grado di amare senza la paura di perdere, il terrore di morire e il desiderio di vederlo accadere, per riunirsi a chi amava.
    Tutte queste cose, questa sporcizia, era qualcosa di sepolto in profondità dentro di lui. E quegli occhi riuscivano a vederlo, il loro pesante sguardo era posato sulle parti più recondite della sua essenza.

    Continuò a correre, a cercare di nascondersi per un tempo che non avrebbe saputo calcolare. Il suo corpo non si stancava, la sensazione di sporco non diminuiva. Ognuno di quegli occhi voleva qualcosa da lui. A volte riusciva a far in modo di chiuderne alcuni, ma altri erano già pronti a prendere il loro posto. Era allo stremo, sentiva che sarebbe impazzito.
    Ad un certo punto, smise di correre, limitandosi a camminare in quello spazio infinito. Smise di correre ed iniziò ad osservare di più, tanto quanto loro osservavano lui.

    Cosa volete da me?

    Era pazzo, a parlare a degli occhi. Non credeva che potessero sentirlo. I loro rapidi movimenti oculari erano insondabili, alieni. Significati che non poteva comprendere, eppure che iniziava a trovare familiari. Iniziava a capire come si muovessero e perché, quando si aprissero e dove. Non era certo se la sua fosse rassegnazione o ci fosse qualche consapevolezza, ma stavano diventando una presenza familiare.

    Poi iniziò a vedere ancora di più. Capì che quegli occhi non erano entità singole, ma che ognuno di loro era in qualche modo parte di qualcosa di più grande. Iniziò a capire come fossero relazionati, poteva riempire gli spazi vuoti tra di essi tracciandone un disegno. Un disegno nel cielo, il tutto che stava oltre le parti. Una guida, un compagno nel buio capace di condurlo sul sentiero che desiderava. Uno sguardo attento, profondo ed intimo, in grado di cogliere tutto di lui, anche le parti più difficili da accettare. Un punto fermo, una certezza che non lo avrebbe mai abbandonato.
    Avrebbero continuato a guardarlo per sempre, d’ora in poi.



    Aprì i suoi, di occhi.
    Gli costò fatica, come risvegliatosi da un lungo e profondo sonno. L’unica eccezione a questo era la sensazione di non dormire da giorni. Il suo corpo era pesante, sebbene ora sentisse di esserne in controllo.

    Prese un gran respiro: i suoi ricordi recenti sembravano tutti parte di un grande incubo, sebbene vividi assumevano tratti sfumati e confusi. Era successo davvero? Aveva davvero affrontato quella cosa, da solo? Davvero l’aveva… uccisa?
    Ricordava il sangue, il terrore, le lacrime. Il suo corpo in fiamme e l’adrenalina a mille, il cuore che quasi gli schizzava dal petto.
    Perché adesso stava così relativamente bene, allora?
    Alzò un braccio posandoselo sul petto, lo osservò: era per metà scoperto e, a parte qualche strascico, qualche escoriazione o cicatrice non sembrava avere ferite importanti. Ma quella era la prova che quanto accaduto fosse stato reale. Non se lo era immaginato, non era soltanto un altro incubo. Ci era riuscito. Strinse il pugno sul petto, continuando ad osservarsi il braccio.

    Resteranno per sempre?

    Era una bella domanda da farsi, se da oggi in poi si sarebbe portato addosso un perenne monito di ciò che aveva fatto tramite quelle cicatrici. Si sfiorò poi il volto: era liscio a parte un rilievo sulla fronte, dove aveva subito il colpo del mostro. Il fianco non gli faceva più male. Era assurdo, fuori da ogni logica, eppure.
    Ruotò il capo per guardarsi attorno: l’ambiente era familiare, riconducibile al luogo in cui aveva passato l’ultima parte della sua vita… da sveglio, perlomeno. Gli sembrava di essere appena tornato da un lungo viaggio. Ironico, considerando il tempo trascorso dall’ultima volta che aveva visto casa. Fu allora che voci familiari lo raggiunsero. Prima quella di Viola, poi quella di Kyle. Prima di potersi chiedere cosa facessero lì si ritrovò scosso per le spalle con una certa foga da quest’ultimo, ancora incredibilmente nessun dolore.

    Ohi, piano! Così mi fai a pezzi!

    Commentò, prima che Kyle lo mollasse e gli permettesse di tirarsi un po’ su con la schiena sul letto. Ascoltò poi il resto delle loro parole e ne rimase inebetito. Gli ci volle qualche attimo per processare.

    Due giorni…

    Quel lasso di tempo sembrava folle, ma giustificava la sensazione di confusione che si portava addosso. E poi… ma certo, il suo sogno. Se ne ricordò come un lampo a ciel sereno. Era un sogno? Sembrava essere durato un’eternità. Evitò di parlarne, relegandolo ad un delirio della sua mente spossata.

    Alzò lo sguardo, rendendosi conto che Viola e Kyle stavano attendendo una sua risposta alla domanda.

    Ah… paura. Sì, credo… di sì.

    Non seppe nemmeno che parole gli stessero uscendo dalla bocca. Che significava “credere” di avere paura? Ripensare a ciò che aveva visto ancora lo faceva rabbrividire, un groppo in gola saliva rapido a rimembrare la massa di carne ed arti che torreggiava sopra di lui. Eppure un’altra miriade di emozioni si erano riunite in quel momento, così tante oltre alla mera paura. Era difficile ricondurle ad una singola emozione. Ed era ancora più difficile esternare quel sentimento.

    Prima di poter fare ordine in quel garbuglio, un altro volto si unì alla rimpatriata. L’ultimo volto che aveva visto prima di perdere i sensi, di una persona che ancora non riusciva ad inquadrare ma verso la quale provava un’attrazione e affinità che ancora faticava a comprendere, gergo a parte.

    Assistette in silenzio ed aggrottando le sopracciglia al siparietto tra i tre, a quanto pare avevano fatto conoscenza in quei due giorni. Miguel non ci mise molto a sparire di nuovo, lasciandoli ancora soli per qualche minuto, ed ebbe modo di comprendere più dettagli sulla situazione. A quanto pare l’uomo, pur non essendo un Saint (almeno a quanto sosteneva) era stanziato da quelle parti, probabilmente per tenere il suo sguardo sui civili. Il resoconto di come avesse reagito fu abbastanza per farlo sentire orgoglioso di aver questionato la logica di quell’operazione per tutta la sua permanenza e giudicarla alla stregua di un sequestro, almeno nel loro caso. Era relativamente contento che, almeno, quell’incidente avesse fatto aprire gli occhi a chi di dovere, ma trovava follia che fosse dovuta accadere una tragedia per rendersene conto.

    Quindi qualcuno che riflette c’è da queste parti… divertente che se ne siano accorti solo quando i corrotti hanno sfondato il perimetro. Si è almeno capito come è successo? Le persone come stanno? E perché c’era soltanto un finto Saint in giro per proteggerci?

    Ancora gli mancavano troppi frammenti di quella vicenda, e al momento si sentiva in balia delle onde, trascinato in quell’avvicendarsi di situazioni senza averne un chiaro quadro. Voleva almeno sapere se quel disastro che era successo, in qualunque modo fosse potuto accadere, avesse avuto le orribili conseguenze che poteva immaginare. Le stesse che avrebbe potuto avere su di lui, se non avesse avuto la fortuna che aveva avuto. E voleva sapere perché così poche risorse fossero state riservate a quella folle spedizione.

    …beh, estoy feliz di vedervi qua.

    Aggiunse poi, guardando verso il basso. Era un grande sollievo vedere le persone che più riteneva vicine a degli amici in quella stanza con lui, salve da qualunque cosa fosse successa là fuori. Per loro fortuna erano stati portati lontano prima del disastro.

    Poi, raccontò un po’ di dettagli di quanto successo. Non si sbilanciò troppo, onestamente nemmeno sapeva quanto fosse sensato andare in profondità. Raccontò della sensazione che aveva avuto quando aveva fermato le travi in caduta, del corrotto che gli era apparso davanti e di come fosse riuscito, in qualche maniera, a respingerlo usando la stessa modalità con cui li aveva salvati. Non sapeva spiegare più di quello, aveva solo seguito il suo istinto. E onestamente, non volle allarmarli più del necessario.

    Gli si strinse poi il cuore, ad apprendere che quei due erano rimasti lì ad aspettarlo. Ed anzi, provò anche un certo imbarazzo all’idea. Scosse lievemente la testa.

    Chicos… siete matti? Volete mettere le radici in questo posto? Seriamente, sparite da qua prima che cambino idea di nuovo, che la città ha bisogno di voi. Estoy geniàl, mi avete visto. Non ho nemmeno un graffio in faccia, per grazia divina, fresco come quando sono arrivato. Tornerò presto a casa, vedrete.

    Gli sorrise, mostrandosi forte e sicuro mentre allargava le braccia come se nulla fosse.
    La realtà era che anche lui avrebbe tanto voluto tornarsene a casa seduta stante, ma non avrebbe mai chiesto a quei due di rimanere lì un minuto in più solo per lui. E onestamente, per come si erano messe le cose non sapeva davvero cosa sarebbe successo da lì in poi. Le parole riportate di Miguel sul “niente civili” lo allarmarono. Cosa era lui, adesso? Perché lo volevano tenere lì? Era chiaro che non sarebbe stato solo per “osservarlo”. Ne aveva anche abbastanza, di essere osservato.

    Miguel poi rientrò nella tenda, una volta che ebbero concluso le loro chiacchiere. Lo guardò brevemente, serio, per poi rivolgersi ancora ai due.

    Su, andate. Nos vemos pronto, ardillas.

    Li salutò ancora una volta con un occhiolino, e i due si convinsero ad andare. Appena li vide uscire lasciò che il sorriso cadesse dal suo volto, e strinse i pugni sulle gambe. In quei pochi secondi si ritrovò a fissare un angolo della tenda e riflettere, a pensare. Poteva riderci su quanto voleva, ma ciò che era successo avrebbe cambiato ogni cosa. Poteva decidere di non farlo accadere, ma quanto, davvero, avrebbe potuto scegliere?

    Fece fatica ad alzare lo sguardo, preferendo tenerlo da un’altra parte anche mentre il non-Saint gli iniziava a parlare.

    Sì, lo sono.

    Già, Kyle e Viola erano ottimi amici e il suo rifiuto a considerarli tali era stupido. Se fossero morti sotto quelle travi avrebbe sofferto come un cane, tanto valeva smetterla di prendersi in giro in quel modo.
    Aveva tastato con mano quella possibilità da vicino, la possibilità di perdere ancora una volta le persone a cui voleva bene, era quella la sua più grande paura nel creare legami. Eppure questa volta era riuscito a fare la differenza, per loro e forse anche per altri. Doveva pur voler dire qualcosa. Era stato messo di fronte a ciò di cui quei poteri erano capaci.

    Alzò poi lo sguardo di scatto, quando sentì ancora quelle parole da parte di Miguel, le stesse che gli aveva rivolto il giorno precedente, prima che perdesse i sensi. Perché gli parlava in quel modo tanto paternalistico? Ancora non lo riusciva a capire.

    Bravo? Sono stato fortunato, se di fortuna si può parlare. Non capita tutti i giorni di svegliarsi con un po’ di Cosmo in circolo.

    Suggerì con tono divertito, per quanto amaro. Sull’incoscienza non rispose. Non pensava che sarebbe sopravvissuto, quella era definibile come incoscienza?
    D’altra parte, per lui morire in quel momento sarebbe stata la via facile da intraprendere.

    E sì, aveva tante domande, ma a quanto pare Miguel non era ancora disposto a dargli le risposte prima di un interrogatorio. Sostenne il suo sguardo, incrociando con i suoi occhi ambrati quelli dell’uomo, profondi e stanchi. Era abbastanza snervante essere sottoposto ad un ricatto del genere. Eppure Miguel era davvero serio, e non pareva avere voglia di scherzare. Inspirò sostenendo il suo sguardo per qualche istante, cosa sorprendentemente difficile. Poi, esalò lentamente aria dalla bocca e socchiuse gli occhi, prima di iniziare a parlare.

    Non so ancora chi sei o perché ti interessi così tanto di me e di quello che penso. Ti ringrazio per aver aiutato Kyle e Viola, ma non è abbastanza per darti la mia piena fiducia.

    Ancora una volta distolse lo sguardo, un po’ perché faticava a guardare un Miguel così serio negli occhi.

    Però risponderò alla tua domanda, sperando che rispetterai la tua promessa.
    Ci ho pensato a scappare, ovviamente.

    Voleva che fosse chiaro, tanto per cominciare. Chi sarebbe stato il folle che, in una situazione simile, non avrebbe almeno pensato all’idea di mettersi in salvo? Non lui.

    Poi però, ho pensato a delle cose.
    Sai quando hai un bivio davanti, Miguel? E sai che quella decisione cambierà ogni cosa, a prescindere da quale strada sceglierai.
    Ho capito che ero arrivato ad uno di quei momenti. Sapevo che sarebbe arrivato prima o poi… non pensavo in questo modo.

    Già, aveva passato una vita ad aspettare il momento in cui sarebbe finito come tanti altri, ucciso dalla corruzione senza pietà o discriminazione alcuna. Aveva cercato di fare il meglio con ciò che aveva e per ciò che era. Aveva ricercato il piacere finché ve n’era stata la possibilità ed era infine arrivato anche lui al termine della sua corsa. Così credeva.

    Avevo la possibilità di rimanere e fare la differenza, a modo mio. Scappare avrebbe soltanto messo in pericolo altre persone, mentre io… beh, poteva essere quella la mia ora, come per tanti altri. Ma almeno ci avrei provato.

    Era così. Aveva avuto subito paura di quei poteri e delle loro implicazioni, di come avrebbero potuto cambiarlo, e tutte queste cose erano ancora presenti. Ma semplicemente, non poteva scappare. Ripensò al sacrificio di suo zio Xoel, a quanto fosse ingiusto che un uomo come lui non avesse avuto la sua stessa possibilità di salvarsi, e lui invece sì. Anche per questo non voleva sprecarla.
    Dovette ricacciare quel pensiero nel retro della sua mente per non scoppiare a piangere davanti a Miguel.

    Se mi fossi girato di spalle e me ne fossi andato, avrei odiato il me stesso che avrei incontrato dall’altra parte.

    Aggiunse. Lui credeva nell’aiutare gli altri, nell’aiutarli a sorridere, a vivere un giorno in più con spensieratezza in quell’orribile e difficile vita che si erano riusciti a ritagliare. Poteva temere quei poteri e le responsabilità che portavano, ma non usarli per l’unico scopo, l’unica cosa buona che stava facendo della sua vita sarebbe stato qualcosa che non si sarebbe mai perdonato.

    …e poi, ho pensato che potevo vendicare la mia famiglia. Per un attimo… no, niente.

    Ripensò all’istante in cui si era illuso che in quel corrotto potessero esserci i suoi genitori e i suoi fratelli. A quando quasi si era convinto che lasciarsi mangiare sarebbe stata una buona soluzione, un modo per trovare la pace.
    Non era ancora convinto che fosse un pensiero del tutto falso, ma non era pronto a parlarne con Miguel.

    …non volevo lasciare che una cosa del genere continuasse ad esistere. Era un insulto alla vita stessa. Tutto qua.

    Fece con un’alzata di spalle. Aveva osservato fin troppo da vicino la sofferenza e l’orrore che la corruzione poteva generare. La totale distruzione della vita, della libertà di un individuo, asservita ad un potere oscuro e puramente maligno pronto ad inglobare l’esistenza stessa se ne avesse avuto capacità. Ne era rimasto così tremendamente sconvolto e disgustato che la decisione di fermarlo era risultata fin troppo semplice.

    Perché quella non era vita, vero? Non lo era più.

    Non resistette dal cercare quella conferma, per un bisogno personale di darsi pace. Era convinto che quel mostro avesse utilizzato forme umane come sua base, ma necessitava di sapere che le sue parole non fossero altro che menzogne, una patetica imitazione di ciò che le loro menti pensanti erano.

    Spero ti basti come risposta.

    Concluse, con un altro sospiro. Solo in quel momento tornò davvero a guardare l'uomo ispanico negli occhi.

    Ora, però. Innanzitutto voglio sapere come hanno fatto i corrotti ad entrare. L’’operazione era pericolosa fin dall’inizio, vero? E’ per quello che sei qua. Se non sei un Cavaliere di Atena, chi sei?

    Lui sosteneva di non essere un Saint, poteva anche credergli, ma era chiaro che fosse lì per tenerli d’occhio. Se fosse una sua iniziativa o meno, questo ancora non lo aveva capito, ma non stentava troppo a credere che il Grande Tempio avesse semplicemente risparmiato sulle risorse da inviare in quella missione. Erano i loro difensori, ma anche se si chiamavano Santi sapevano essere spietati.

    Perché mi state tenendo qui? Non è solo per osservarmi, no lo creo.

    E poteva anche immaginare cosa, in realtà. Il potere che aveva risvegliato era prezioso, voleva sentire ciò che Miguel aveva da dire su di ciò. Sembrava più un alleato che un pericolo per lui, sembrava dalla sua parte. Ma non voleva abbassare la guardia.
    Titubò prima di aprire ancora una volta bocca, aggiungendo un ultimo tassello alle sue domande. Tanto valeva parlarne.

    Ho sognato qualcosa mentre dormivo. Forse è stata la stanchezza, ma era fin troppo reale. Ho sognato degli occhi che mi guardavano, tutto il tempo. Occhi o… forse stelle.

    Quella memoria era ancora vivida e presente in lui, ripensarci gli lasciava una sensazione strana addosso. Non più di disgusto, però, quanto di familiarità. Quelle forme e quei colori, erano simili alle piume che aveva intravisto durante lo scontro, soltanto ora lo realizzava. E il modo in cui lo guardavano... lo aveva compreso, alla fine. Uno sguardo vigile, ma non giudicante.
    Odiava essere visto nelle sue fragilità, fuori dallo spettacolo che si impegnava tanto ad impostare ogni volta. Ma quegli occhi potevano vedere tutto di lui. E avrebbero accettato tutto.
    Tenne lo sguardo su Miguel, serio per una buona volta, in attesa di un qualsiasi tipo di spiegazione.

    ILWbFjV

    narrato ◈ parlatopensatoparlato altrui
    NOME Cibràn Toledo Arubal
    CLOTH Silver Pavus {IV}
    ENERGIA Verde
    CASTA Saint di Athena
    FISICAMENTE Spossato, ma illeso
    MENTALMENTE In allerta, spaesato su ciò che lo attenderà
    STATUS CLOTH //
    RIASSUNTO AZIONI Cibràn sogna, Cibràn si sveglia, tante risposte e tante domande, tutto qua. Nuovo layout e finalmente sonobello, grazie infinite Six!

    Psicocinesi
    Grazie alle potenti facoltà mentali di cui la Cloth del Pavone lo rende capace, Cibràn è in grado di esercitare un controllo fisico sull’ambiente circostante a lui. Questo si traduce in abilità psicocinetiche di vario genere, per esempio il manipolare oggetti senza toccarli, potendoli lanciare da una parte all’altra o muovere dalla distanza, oppure l’ostacolare il libero movimento di altre persone, per esempio bloccando i loro arti in una morsa psicocinetica o rallentando i loro movimenti. Inoltre, è capace di usare tali poteri a scopo difensivo per deviare le traiettorie dei colpi rivolti verso di lui e ad un certo divario di energie sarebbe persino capace di rispedire tali colpi al mittente tramite pura forza mentale [Il proprio livello energetico deve essere superiore a quello avversario]. In ultimo è anche capace di muovere l’aria stessa, generando delle onde di pura forza cinetica che possono scagliare via gli avversari e causare danni fisici all’impatto. La competenza che dimostra con queste capacità, così come la loro portata o raggio di influenza, è determinata dal grado di energia e di controllo sul suo Cosmo che ha raggiunto.
    Il modo in cui Cibràn visualizza mentalmente questa parte del suo potere, così da renderlo più concreto e facilmente interpretabile anche per lui stesso, sono delle piume di pavone che si estendono dal suo corpo e vanno a ghermire oggetti o avversari al posto suo, permettendo queste interazioni a distanza.
    Il secondo modo in cui il Cavaliere del Pavone può utilizzare la sua energia mentale è poi rivolgendola verso il suo stesso corpo donandogli un'ulteriore spinta cinetica laddove necessario. Infatti, tramite il controllo della materia è in grado di accelerare la velocità dei suoi colpi, siano essi condotti con braccia o gambe, potenziando di fatto il loro impatto e i danni che sono capaci di causare. E’ anche capace di accelerare i suoi movimenti, sempre andando a migliorare in maniera diretta le sue prestazioni fisiche tramite l’accelerazione imposta dal suo potere mentale.
    Infine sebbene gli richieda un notevole sforzo in termini di energie, Cibràn è tecnicamente in grado di sollevare il suo intero corpo tramite il controllo psicocinetico e spostarlo nell’aria, ottenendo una grezza ed imprecisa forma di levitazione. Una sgraziata danza che non si addice ad un elegante Pavone, ma che è intenzionato a raffinare.

    Teletrasporto
    La straordinaria energia psichica della Cloth del Pavone consente a Cibràn di effettuare uno spostamento nello spazio quasi istantaneo, utilizzando la Psicocinesi per spostare sé stesso da un punto all’altro dell’esistenza senza dover compiere movimento alcuno. Tale traslazione nello spazio può essere estesa anche ad altre persone e ad oggetti purché consenzienti (o inanimati) e la distanza a cui è possibile spostarsi dipende dal livello di energia raggiunta.
    Questa abilità consente quindi a Cibràn di cogliere di sorpresa i suoi avversari, o di evitare interi attacchi nel caso gli sia possibile teletrasportarsi abbastanza lontano da uscire dalla loro area di influenza. Inoltre, ad energie più elevate diverrà possibile viaggiare tra le dimensioni.
    L'impiego energetico di questa abilità non è nullo, ma è comunque meno dispendioso di abilità che implicano altri metodi di spostamento.


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    Miguel ti ascolta con pazienza, giocherellando con la fede al dito.
    Un paio di volte tira fuori il pacchetto di sigarette, per poi rimetterlo via, accorgendosi che siete tecnicamente al chiuso.
    «Risvegliare il cosmo non è fortuna. È casualità.» Commenta, alla fine, come se quelle parole gli fossero rimaste particolarmente impresse. È un ascoltatore molto espressivo, per cui mentre parlavi non ha potuto fare a meno di annuire in alcuni punti, come quando parlavi di bivi.
    «Ma il caso non ti ha schiacciato. Hai saputo reagire e sei stato veloce a capire ciò che ti è successo. Per questo, chico, non te la prendere se mi complimento con te.» Ti sorride, come per scusarsi se ti sei sentito offeso dalle sue parole. Poi si fa di nuovo serio.
    «Ma non fraintendermi, non ci sarebbe stata onta nel fuggire.» Ti fissa negli occhi, non sta mentendo.
    «Non esiste una scelta corretta. Ma sono felice tu abbia fatto quella che non ti farà vivere nel rimpianto.» Ti fa un occhiolino, si guarda intorno, constatando che nel tendone non c'è nessun altro.
    «Ti spiace se fumo? Per certi discorsi ho bisogno di una mano.» Poi, senza aspettare la tua risposta, si accende una sigaretta.

    Si sposta ai piedi del tuo letto, per non starti direttamente di fianco.
    «Comunque ti ringrazio di avermi risposto. Soy un hombre de palabra. Lo farò anche io.» Cerca tra i lettini vuoti qualcosa che possa usare come posacenere, fino a quando non trova una vaschetta di metallo che fa al caso suo. Adesso è pronto a dedicarti tutte le sue attenzioni.
    «Per quanto riguarda Delfi comprendo la tua rabbia. Anche per me era troppo presto, ma Delfi è un luogo strategico e va ricostruito.» Non c'è dubbio nelle sue parole; anche se ha lottato per mandare via i civili comunque capisce l'importanza di un'operazione del genere.
    «Non credere che rendere sicure Rodorio o Atene sia stato senza rischi; difenderle costa ancora dei morti. Hai avuto solo un assaggio della realtà oltre ai confini ben protetti dal Santuario, gli stessi confini che ora stanno provando a costruire anche qui.» L'atmosfera si sta facendo cupa. Siete da soli, e gli unici rumori sono le macchine che ronzano di fianco ai lettini.
    «Purtroppo viviamo in un mondo muy triste.» Si stringe nelle spalle, come se si scusasse di doverti dire una verità del genere.

    Si siede lettino di fronte a te,
    «Delfi attira periodicamente dei corrotti da quanto è stata liberata. Questa volta erano semplicemente più del solito. Chi è più intelligente di me pensa che abbia qualcosa a che fare con le tracce cosmiche lasciate dallo sforzo bellico.» Hai sentito parlare, ovviamente, della liberazione di Delfi. L'esercito schierato dal Grande Tempio è stato enorme, e ci sono state svariate perdite, comprese, pare, un cavaliere d'argento.
    «Non sono un Saint. Lo ero, oggi ho scelto un'altra vita. Ma mi è stato chiesto di dare una mano qui a Delfi visto che è un periodo difficile per tutti, e le risorse e gli uomini scarseggiano.» Anche a Miguel è stato chiesto di fare la sua parte, le sue parole non lasciano dubbio a riguardo.
    «Proprio per questo non ho l'autorità e non mi interessa tenerti qui a forza.» Si stringe nelle spalle, poi ti indica che di fianco al tuo letto c'è già una borsa con tutti i tuoi vestiti e con quello che avevi portato con te. Visto che il campo civili sta venendo smantellato, Kyle e Viola devono averteli portati.
    «Sei libero di andartene in qualsiasi momento. Domattina dovresti aver ritrovato abbastanza forze e se lo desideri un mezzo sarà pronto per il tuo rientro.» Spegne la sigaretta nel suo posacenere improvvisato.

    Poi torna a guardarti. Ora davvero un adulto che parla a un ragazzino.
    «Certo, dovrai fare attenzione a dosare la tua forza, specie nei primi periodi. E non ti sarà permesso utilizzare i tuoi poteri in nessun caso, perché senza un addestramento saresti un pericolo. Pensa a come hai piegato il metallo.» Le sue parole non hanno traccia di esitazione. Immagini che, se scegliessi di tornare, dovrebbe comunque avvisare il Grande Tempio della tua condizione, e per un po' saresti osservato molto da vicino.
    «Ma è una scelta che puoi fare. Sei giovane, hai degli amici, una vita.» Pone l'accento a tutte e tre le cose che nomina, per dar loro importanza. Di nuovo ti guarda a fondo, per cercare di conoscerti anche da come reagisci alle sue parole. Fa un attimo di pausa.
    «Però devi sapere che esiste un'altra scelta.» La sua fronte si piega, non è felice di pronunciare quelle parole. Ma deve farlo.
    «Puoi scegliere di rimanere qui. Ti insegnerò a utilizzare i tuoi poteri al meglio, per combattere quei mostri - no, non sono vita da tanto, tanto tempo. Potresti fare la differenza, così splendente da diventare un faro per tutti gli altri. Ma dipende da te.» Non riesci a capire che cosa vorrebbe lui, per te; forse è davvero sincero, quando dice che solo tu puoi prendere quella scelta.

    Tamburella con le dita sul suo mento, pensoso.
    «Le stelle ti sono comparse in sogno perché hai una connessione con una costellazione, la fonte del tuo cosmo. Sei, in un certo senso, un prescelto, ma non sarebbe un cammino semplice.» È un eufemismo: hai visto cosa vuol dire affrontare un singolo corrotto. Puoi solo immaginare cosa si prova ad affrontarne un esercito.
    «La tua vita o quella degli altri. Non esiste una risposta corretta. Solo la tua.» Ti aspetteresti si fermi ad ascoltarti, ora. Ma si sta sistemando il cappotto, preparandosi a uscire dal tendone.
    «Non rispondermi ora.» Aggiunge, gettando un'occhiata all'ingresso.
    «Tornerò domattina e ascolterò quello che avrai deciso.» E senza aspettare o ascoltarti ti lascia solo. È la decisione più difficile della tua vita, e non hai nessuno con cui confidarti.
    Non Kyle, non Viola, non tua sorella.
    Sei da solo.

    0qVuOPt


    Bene signor Pavone, siamo davanti a una scelta.
    Hai tutto il giorno, la sera e la notte per pensare, e adesso sei davvero da solo. Sei indebolito ma puoi farti un giro per Delfi, in cui sono rimasti solo i soldati. Altrimenti ti portano il pranzo e la cena.
    Concludi il post comunicando la tua scelta a Miguel, che si presenta nel tendone al mattino portandoti latte in un bicchiere di carta e dei biscotti sfusi.
     
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16 replies since 3/4/2024, 19:37   1050 views
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