The Earth and the Mountain

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    THE EARTH AND THE MOUNTAIN Giatz per Hercules

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    I


    Benvenuto nel tuo addestramento. Da quanto ho letto nel tuo background, hai sostanzialmente raccontato cosa è successo prima e durante l'Armageddon, ma quanto al dopo... vedo solo un riferimento all'arrivo ad Atene, quindi direi che possiamo cominciare a sviluppare un po' questo aspetto del tuo background. Stiamo parlando dell'intero periodo dall'arrivo in Grecia durante/post Armageddon e degli anni successivi, vorrei che mi raccontassi un po' tutto. Buon divertimento :zizi:

    4AGMAvR

    Preciso che sarebbe anche interessante capire in che modo Rich ha cercato "il suo posto" nel periodo in Grecia. Che so, ad esempio potrebbe già aver manifestato di suo l'interesse nel diventare Cavaliere dopo aver scoperto l'esistenza dei Saints, oppure qualsiasi altra cosa. Vedi tu, su queste cose hai carta bianca. Per eventuali necessità/chiarimenti, mandami un mp :zizi:

     
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    Il sangue sgorgava ancora dal possente corpo di Rich quando si alzò da terra. Lo avevano creduto morto, ma la sua scorza era troppo dura, forse. Essere vivo in quel momento non fu un dono, ma un supplizio. Le sue braccia martoriate reggevano ancora il corpo inerte di suo fratello Alessandro, che giammai avrebbe lasciato tra la polvere. Della maestosa arena di Berlino, ove era atteso per essere incoronato come nuovo campione di pugilato, rimanevano solo macerie. Tutto intorno cadaveri e latrati di strane creature, le stesse che avevano compiuto il massacro. In un attimo era passato dall'ebrezza della gloria alla disperazione più profonda. Rich s'incamminò trascinando i suoi passi, con le lacrime che gli bagnavano il viso. Odiò se stesso per non essere riuscito a proteggerlo e maledì il destino perché non aveva invertito i ruoli.
    Non era ancora tempo di separarsi dal suo amato fratello. Se ne avesse avuto la forza lo avrebbe portato in capo al mondo, come da sempre era accaduto, ma i loro viaggi insieme erano finiti. Le forze stavano sciamando, i suoi lenti passi riecheggiavano nella notte buia. Il distacco era un dolore a cui non si era preparato e in quell'attimo si rese conto di come la sua vita avesse perso ogni significato.

    Insieme fino alla fine...

    Si accasciò volgendo lo sguardo verso la luna che ricambiava ammiccando sinistramente. Appoggiò il capo sulla fronte ora gelida del fratello e chiuse gli occhi, attendendo con sollievo la fine ormai prossima. Invece no... Nell'oscurità che lo avvolgeva, un richiamo perentorio giunse alla sua mente, che lo ridestò. Una soave voce aveva pronunciato il suo nome dandogli una meta e una missione, e con esse nuovo vigore con cui rialzarsi in piedi. Con la forza ritrovata e con le ferite misteriosamente lenite, Rich scavò una fossa a mani nude, talmente profonda che nessuno avrebbe potuto profanare il riposo del fratello. Non gli dedicò una semplice lapide: usando tutta la forza di cui era capace decise di coprire l'ultimo strato con un enorme masso che solo lui sarebbe riuscito a spostare un domani. Si assicurò di aver prelevato la sterlina che usavano come testa e croce per le decisioni più complicate, poiché una gioventù precaria come era stata la loro aveva richiesto talvolta scelte scellerate per sopravvivere. Quello fu l'oggetto che Rich si tenne in ricordo del fratello, attraverso cui in entrambe le facce riusciva a scorgere lo splendido sorriso di Alessandro. Pianse un'ultima volta quando l'alba era giunta e digrignando i denti giurò che si sarebbe vendicato.

    Fu tempo di seguire la voce, la quale lo condusse ad Atene in un lungo viaggio irto di pericoli. Più volte si chiese se il seme della pazzia stesse germogliando in lui, ma più andava avanti, più i suoi dubbi vacillavano. Il mondo era caduto in disgrazia e Rich poté constatare la miseria che la Corruzione aveva diffuso, spargendosi come un cancro sulla terra piagata. Solo pochi baluardi parevano essere rimasti in piedi, ove gli uomini resistevano strenuamente. Riuscì a farsi strada con la forza delle braccia o utilizzando armi improvvisate, assalito da belve e uomini degenerati. Tra le creature che abbatteva sperava ci fossero quelle che avevano ucciso Alessandro, ma i suoi auspici vennero infranti. Tante le notti insonne e altrettante le volte in cui era certo che sarebbe morto, cosa che avrebbe anche accettato se non fosse che doveva ancora adempiere al suo giuramento. Eppure nel momento più disperato, la candida voce insinuata nella sua mente gli ridava coraggio e lo spirito del fratello guidava i suoi possenti pugni. Col tempo, dei sopravvissuti si unirono a lui, che lo videro come una guida mandato dalla provvidenza. Il timore di tradire la loro fiducia moltiplicò i suoi sforzi, la forza di Alessandro si aggiunse alla sua, sicché, dopo svariate settimane e dopo una scia di sangue lasciatosi alle spalle, le porte di Atene si spalancarono davanti a lui.
    La voce lo aveva condotto fin lì, al cospetto di una città millenaria dove la vita ancora proliferava. Rich venne accolto come se il suo arrivo fosse in qualche modo atteso. Saggi uomini gli dissero che quella che aveva finora udito era la voce della dea Atena, la dea protettrice del genere umano. Gli abbracci di gratitudine che ricevette da color che avevano creduto in lui e le pacche sulle spalle, bastarono per far tornare un leggero sorriso su quel volto da troppo tempo rimasto afflitto dal dolore. Ognuno di quelle persone avevano subito un lutto e ognuno trovava conforto nell'altro. E fu così che Riccardo decise di mettere la sua forza al servizio della giustizia e dei deboli, solo in questo modo avrebbe potuto mitigare i suoi sensi di colpa, aiutando il prossimo.
    La Corruzione aveva azzerato gran parte delle tecnologie costringendo gli uomini a tornare a vivere di istinti primordiali e a liberarsi di tutti quegli stupidi orpelli e comodità che avevano accumulato in nome del progresso e del consumismo. E Riccardo vi si abituò ben presto, andando a caccia e a pesca, istruendosi con gli eruditi e lavorando duro nella ricostruzione edile, attività che metteva in risalto la sua esuberanza fisica. Fanciulli e donne osservavano stupefatti quella montagna vivente ergersi sorreggendo enormi rocce sopra la testa, le quali erano utili per creare dighe e barriere naturali in difesa della città. Non di rado qualche bambino si divertiva ad aggrapparsi sulle sue gambe o sulla schiena, che lui invano cercava di allontanare con un sorriso.

    «Toglietevi di dosso, maledetti marmocchi! Non vedete che sto lavorando?»

    Ritto sopra un colle, con un piede appoggiato su una roccia e le braccia conserte, osservò le mura che si stavano innalzando. Il debole sole del crepuscolo illuminava la sua statuaria figura, mentre un refolo di vento scompigliava la sua lunga capigliatura nera. Era un vento di libertà e pace quello che lo accarezzava. Drappelli di donne preparavano i banchetti della sera e i mastri birrai aprivano le taverne. E dopo tanto tempo, Rich La montagna pensò che la vita avesse ancora un senso.

    chiedo scusa per la lunghezza del post. Non so se devo distinguere in colori diversi i dialoghi e i pensieri
     
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    II


    Passano gli anni. La messa in sicurezza del Santuario è stata completata, nonostante le battaglie che ci sono comunque state fino ad oggi; corre voce che il Gran Sacerdote, un guerriero senza pari, sia tornato dopo una battaglia campale ad Asgard contro la Corruzione, e che il popolo del Nord rafforzerà la propria alleanza con la Grecia ed altri formando reciprocamente degli avamposti di difesa. Rich ha sempre avuto una discreta abilità nel combattimento, facilitato dalle proprie dimensioni; che questa sia una occasione per riuscire a dare al senso della vita già ritrovato un valore ancora maggiore?

    4AGMAvR

    Direi che quanto scritto descrive bene il tuo arrivo al Grande Tempio, ormai non si parla più di tanto di Atene perchè la città è stata praticamente distrutta all'epoca e i sopravvissuti sono andati verso Rodorio e il Santuario. Tieni conto anche che parlare di banchetti e mastri birrai al momento è un po' eccessivo, dato che anche le risorse di sostentamento non sono più così facili da trovare. Ora, dato che temporalmente possiamo agire in più modi, vorrei che nel secondo post scrivessi com'è stata la vita di Riccardo (che poi perdonami la curiosità... ma proprio Rich? Non è che volevi dire Rick? Nulla di male, eh, ma a me suona strano XD) negli anni seguenti fino ad oggi. Ci vedrei bene una parentesi nell'esercito regolare, che però ad un certo punto lasci per stare più vicino ai civili per difenderli. Ho messo un riferimento alla quest di Asgard terminata da poco per contestualizzare il momento del tuo addestramento. Ho pensato anche che, pur vivendo al Grande Tempio, il tuo pg non sappia quasi nulla dei Cavalieri, non avendone finora mai incontrati: lo vedo un tipo molto pratico e che non bada troppo a cose che gli sembrano "lontane". Chiaramente sono a disposizione per ogni dubbio, soprattutto se quello che ti ho scritto va a cozzare con la tua idea di giocare il personaggio :zizi: Ah dimenticavo, per i colori diversi nei dialoghi è una cosa utile perchè facilita la distinzione dei personaggi coinvolti, ma non è una cosa obbligatoria.

     
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    Gli audaci architetti della città videro in Riccardo una bestia da soma che bisognava sfruttare. E in questo il giovane non fece mancare il suo apporto alla ricostruzione, finché pasti e alloggio gli fossero garantiti. La fiducia in lui riposta andava contraccambiata. Si viveva con poco, i raccolti erano difficili e la caccia era divenuta un'attività pericolosa, in quanto la fauna locale spesso mutava in creature aberranti e ostili. La Corruzione aveva seminato radici profonde nella madre terra, mettendo a durissima prova la sopravvivenza del genere umano... che tuttavia non mollava.
    Rich cercava di dare l'esempio, anche perché in lui si era instaurata la convinzione che suo fratello lo stesse guardando e non voleva deluderlo. Gli agi e le comodità di un tempo divennero presto un lontano ricordo di cui non avvertiva più nostalgia. Ora la vita era sì dura e spietata, ma in un certo aveva assunto un fascino brutale: ora ognuno era costretto a mettersi in gioco per la propria salvezza e non c'erano più classi privilegiate. E soprattutto ogni momento andava assaporato. L'ozio non poteva essere contemplato e quindi ogni singolo minuto era reso proficuo per il bene comune. Dall'alba al tramonto la schiena era piegata e dedita al lavoro, i pasti erano forse troppo magri per ritemprare il corpo da una giornata di fatiche e solo alla sera ci si rilassava godendo del calore di una donna. Come spesso accadeva, dopo aver esaudito il piacere carnale, Rich si trovava supino sul suo giaciglio a contemplare assorto il soffitto, con le mani giunte dietro la testa. Al suo fianco, una donna dormiva con il capo appoggiato sul suo petto. E Rich non riusciva a chiudere occhio, le immagini ricorrenti della strage e dell'uccisione del suo amato fratello si susseguivano una dietro l'altra facendo raffiorare il pentimento e i sensi di colpa per non essere riuscito a salvarlo. Il fatto che non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo non lo confortava affatto, anzi: accusava se stesso per essere troppo debole ed esserlo tutt'ora.

    Non ho dimenticato la mia promessa, verrà il giorno in cui ti vendicherò...

    Solo l'avvento dell'alba poneva fine ai suoi incubi, perché il lavoro in arrivo lo distraeva ed era ben lieto di lasciarsi contagiare dal sorriso delle persone. Quando era arrivato, di Atene era rimasto poco o nulla. Una nuova città era sorta di cui il Grande Tempio era epicentro, e Rich era orgoglioso di aver contribuito coi suoi muscoli all'innalzamento della cinta muraria. Mai tanta fierezza aveva investito il suo animo, nemmeno quando, in un tempo che ormai a stento ricordava, aveva messo il piede sul ring per sfidare il campione dei pesi massimi attorniato da spalti gremiti.
    Ma presto un nuovo compito gli venne assegnato: la chiamata dell'esercito regolare a cui rispose senza indugio. Grandi minacce si radunavano soventi alle porte di Rodorio, il villaggio ai piedi del Grande Tempio, dove lui ormai viveva da anni. Piccone e martello erano stati sostituiti da lancia e scudo, e bastarono per far sì che si gettasse nella mischia, interponendo la propria stazza tra i soldati e la schiera infernale nemica. Pur esaltando la propria potenza fisica, obbediva agli ordini senza mai prevaricare i superiori, che erano ben più esperti di lui, anche se talvolta dovette reprimere a fatica la sua furia guerriera. L'autocontrollo era una di quelle cose che gli aveva insegnato il fratello, dono che si rivelò prezioso per non morire anzitempo. Purtroppo o no, Rich aveva l'attitudine di prodigarsi per gli altri mostrando il fianco al nemico pur di mettere in salvo i feriti. I ringraziamenti ricevuti al calar delle tenebre quando passava insieme ai cerusici, valevano ogni goccia di sangue versata. Una lezione che aveva imparato da solo, invece, da quando il mondo era decaduto, era che la pietà verso un simile nemico era un sentimento proibito. Aveva infatti dovuto assistere alla caduta dei compagni, smembrati senza esitazioni da esseri che erano stati concepiti solo per uccidere. E quando questo accadeva, nessuna donna avrebbe potuto consolarlo perché il cordoglio per gli amici persi era troppo grande.
    Passarono mesi relativamente tranquilli. Cresciute nuove leve, Riccardo non ritenne più necessario sfoderare le armi e chiese umilmente di ritornare tra i civili, ad aiutare chi ne aveva bisogno, ma in verità era lui che ne abbisognava... per capire se ciò che si raccontava in giro fosse vero o leggenda. Sapeva che il Grande Tempio, posto da tempi immemori sulla sommità per sovrastare il circondario, era diventato il simbolo di luce su cui si aggrappavano le speranze degli uomini. Si diceva che lì risiedeva un'entità suprema nella guisa di Gran Sacerdote dai poteri inimmaginabili, che aveva il ruolo di diffondere il volere di Atena sulla terra. Erano giunte notizie che fosse partito per le lontane e gelide terre asgardiane per combattere di persona e stabilire un'alleanza con quel fiero popolo contro il nemico comune. Rich volle approfondire, con la stessa curiosità e meraviglia di un bambino che ascolta le gesta degli eroi, e così alla sera, seduto intorno al fuoco, il vecchio saggio Dimitri dispensò i suoi racconti. Il giovane milanese ascoltava tutto questo con un certo scetticismo, credendo che il vecchio stesse calcando la mano con storie di folclore e vetuste epopee, eppure il silenzio riverente degli astanti riuniti cominciò a smontare i suoi dubbi. Dimitri narrò di cavalieri ammantati di armature dai poteri che rasentavano il divino. Indicò la prima casa, quella dell'ariete, per poi puntare col dito le altre undici fino a salire a quella del Grande Tempio. Narrò dell'esistenza dei custodi dorati, dei cavalieri d'argento e di bronzo, di giovani eroi che avevano imparato ad attingere alla forza più autentica del cosmo, quella che deriva dalle stelle. Quella sera, il vecchio concluse il racconto con l'amaro in bocca, adducendo che in realtà nessuno sapeva quanti cavalieri fossero rimasti, poiché è molto raro incontrarli e ben poco trapela dai palazzi alti. Poi il suo sguardo si fissò su Rich, il quale era rimasto attonito con la bocca aperta.

    «Ebbene sì, caro Riccardo, questi sono più forti... persino di te!»

    Sentitosi pungolato sul proprio orgoglio, La montagna inarcò il sopracciglio con fare beffardo:

    «Beh... direi che è una buona notizia. Questo vuol dire che non devo fare tutto io e posso prendermi una vacanza!» disse alzandosi in piedi, ridendo.

    Il gruppo si unì alle sue risate, mentre una donna dalle belle forme gli sussurrava all'orecchio ricordandogli i suoi doveri di maschio.
    Il gruppo si sciolse augurandosi la buona notte, ma Riccardo rimase in silenzio e serioso per alcuni istanti. Gli sovvenne la voce della dea Atena che non aveva più udito, precisamente da quando era arrivato nel luogo in cui si trovava. Ne dedusse che avesse compiuto la missione che la dea gli aveva indicato. Volgendo lo sguardo verso il cielo stellato, capì.
    Quello era solo il punto di partenza... da quel momento avrebbe dovuto forgiare da solo il proprio destino.

    mi sono dilungato ancora una volta, chiedo venia. Riguardo il soprannome: in verità credo di averlo scritto e riscritto in modo errato. La pronuncia esatta è simile alla parola inglese "Bridge", senza la B e con la pronuncia della C più marcata. Tipo come dire "riccio" ma a metà. Non so se mi son spiegato :=/:
     
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    III


    Anche se non regolarmente nell'esercito, Riccardo deve comunque tenersi in forma se vuole continuare a fare il protettore... il modo migliore è continuare a farlo nei campi di addestramento, con i suoi ex-compagni soldati. Le ore trascorrono relativamente tranquille, ogni tanto ci scappa la zuffa tra commilitoni, ma c'è qualcosa di strano nell'aria che l'uomo non riesce ad identificare. Si fa sera, tutti rientrano alle camerate e lui rimane solo. Se si fa eccezione per un giovane che sta seduto sulle gradinate più alte, a distanza, e che sembrerebbe essere stato lì tutto il giorno. Ma... era un'impressione, o stava osservando lui?

    4AGMAvR

    Bene così. Adesso mi fai una descrizione della giornata-tipo di allenamento, poi come detto a fine giornata sei solo e ti accorgi del solitario osservatore. Non ne cogli l'aspetto perchè è seduto abbastanza lontano. Chiudi il post con lui che si alza dal posto e comincia a scendere verso di te, così al prossimo giro cominciamo a fare due chiacchiere serie ;)

     
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    Per quanto dedicasse esagerato impegno nelle opere edili e nell'assistenza della comunità, Riccardo non poteva resistere troppo a lungo dal combattimento. La sua indole guerriera necessitava di assaporare il brivido e l'adrenalina della lotta. Era un richiamo a cui non poteva sottrarsi e pertanto fu ben lieto, nei pomeriggi, di svestire i panni da operaio per indossare le vestigia da soldato. Il campo di addestramento di Rodorio era stato allargato negli ultimi tempi, dando la possibilità alle nuove reclute di addestrarsi con i veterani in un battaglione unico. Siccome solo di rado venivano effettuate incursioni fuori dalle mura, le truppe venivano addestrate per la massima efficienza difensiva. Gli strateghi avevano adottato la dottrina dello scudo e della lancia nello stile macedone, serrando i ranghi in falangi impenetrabili per reggere le cariche e avanzare a passo lento con le lance spianate. Gli individui meno prestanti, invece, sarebbero diventati arcieri o frombolieri. L'equipaggiamento era un bene prezioso. Il soldato, già da recluta, aveva il dovere di forgiare da sé il proprio arsenale e sapeva che perderlo in battaglia poteva essere motivo di disonore.
    Sulle lame e sul retro degli scudi veniva inciso il proprio nome, poiché le armi avrebbero accompagnato il soldato anche nella sepoltura.
    Rich dava il massimo di sé, la sua possanza svettava sugli altri e questo per natura lo avvantaggiava. I duri allenamenti, fatti di sollevamento pesi e prove di resistenza, insieme al consumo di pasti frugali, avevano prosciugato ogni residua traccia di grasso e reso il suo corpo scultoreo. Non a caso aveva perso dieci chili da quando era arrivato. Non essendoci più steroidi e integratori, quelli che ora sfoggiava erano muscoli veri e duri come l'acciaio.
    Solitamente non discuteva gli ordini e la dottrina militare, il cui dogma era affinare il soldato all'uso delle armi affinché esse diventassero un'estensione naturale delle braccia. Tuttavia, per lui non era del tutto così: preferiva combattere a mani nude per soddisfare quell'insano desiderio di sentire le ossa spezzarsi sotto i suoi poderosi pugni. Infatti, spesso capitava che nel clangore del corpo a corpo, quando le schiere si erano infrante, egli abbandonasse temporaneamente le armi per sfogare il suo istinto, per poi recuperarle a battaglia conclusa.
    Ma il servizio militare non era solo addestramento... era un lasso di tempo durante il quale colui che non avresti mai conosciuto, e forse nemmeno degnato di uno sguardo, diventava non solo un tuo compagno d'arme, bensì un fraterno amico con cui condividere le gioie e i dolori. Ogni cicatrice era un doloroso ricordo che accresceva la stima reciproca. Accadeva a volte che la disciplina venisse meno come succede quando troppi uomini focosi sono riuniti in uno spazio troppo stretto. Scappava così qualche baruffa condita da cazzotti e calci. Rich, sebbene spesso fosse lui ad aizzare gli animi, si metteva in disparte e si godeva lo spettacolo ridendo sotto i baffi, e in quei momenti non poté evitare di pensare al fratello immaginando quanto si sarebbe divertito se fosse stato lì presente. Allora tirava fuori la sterlina e la lanciava in aria scommettendo su chi ne sarebbe uscito vincitore, anche se poi, sul più bello, doveva eseguire gli ordini e fare da pacere.

    Nonostante fosse osannato dai suoi compagnia, Rich La montagna sapeva però di non essere un guerriero perfetto: come prevedibile da un uomo di una così elevata imponenza, difettava nell'agilità. Per colmare questa lacuna supplicava che combattesse senza protezioni e armi contro due compagni armati a dovere. Cercare di evitare le lame avrebbe migliorato i suoi riflessi, pensava. Ma il cameratismo che lo univa coi compagni non rendeva il combattimento reale e per questo non percepiva il pericolo necessario per acuire i sensi e dare il massimo. La follia in taluni casi lo spingeva a incaute decisioni spronandolo a uscire di soppiatto dalla città e andare a caccia di bestie agili e feroci. Esponeva i suoi muscoli e la sua carne alla mercé di zanne e fauci sbavanti. Sapendo che ogni assalto poteva essere letale, nasceva in lui un istinto di sopravvivenza derivato dall'odore del sangue. Avere in faccia la morte, per assurdo, lo rendeva sprezzante del pericolo imminente. Sentiva nel suo animo che non c'era altro mezzo per diventare più forte ed essere in grado finalmente di vendicare Alessandro.
    Ricoperto di sangue e di ferite profonde, ritornava la villaggio con un ghigno soddisfatto. Ogni danno subito era una lezione imparata che avvalorava la sua dedizione, ma non per questo era esentato dalle dieci vergate di punizione previste per chi esce senza permesso.

    Ci fu un un giorno che non era destinato a essere come gli altri. Rich si allenava come di consueto, eppure non riusciva a concentrarsi. Ebbe la percezione di essere osservato da qualcuno di estraneo. La sua stazza di per sé attirava molti sguardi, ma quel pomeriggio era diverso. Cercò di non farci caso ma persino l'aria che respirava sembrava indicargli qualcosa di anomalo. Arrivò sera, una timida luna cercava di comparire nel cielo bruno. Il silenzio si era fatto pesante, percepibile come un sudario appena calato sull'arena. Rich era rimasto solo, i suoi compagni già si erano ritirati, poi finalmente lo vide: un individuo lo stava osservando da lontano, dalla cima di una gradinata, e ora lo stava raggiungendo.
     
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    -POST IV-



    ...ancora mi devi spiegare che ci facciamo qui.

    Non te l'ho spiegato perchè lo sai già, dato che sai sempre tutto.

    Sì, sei qui per tenere d'occhio quel tipo. Ma non mi sembra nulla di speciale. Non che tu lo fossi, senza di me a farti da balia.

    Rigel scosse la testa e sorrise. Methos era sempre il solito, nonostante adesso non ci fossero più segreti tra loro. Sempre schietto, provocatore, e soprattutto sempre a lamentarsi di qualcosa. Ora lui stava sugli spalti del campo di addestramento, come più volte era capitato, a meditare sulla situazione del Santuario. Erano rimasti due Cavalieri d'Oro. Uno era il Gran Sacerdote, e l'altro era lui stesso. La guerra faceva vittime, e ogni tanto qualcuno spariva nel nulla per un qualche compito che solo gli dei potevano comprendere... e a metterci la proverbiale pezza rimanevano sempre in pochi, anche se buoni.

    Me l'ha chiesto Bart, e sai che non posso rifiutarmi quando lui chiede un favore.

    Ah, certo. Lui è un gran simpaticone, ma intanto ti piantato in asso per andare ad Asgard a rischiare di farsi ammazzare. Per fortuna la sua guardia d'onore ha pensato bene di venire a dirtelo, così li hai potuti mandare da lui. E mentre si divertiva con i Corrotti, noi siamo ancora fermi al palo. Caspian e Kronos sono ancora a piede libero.

    Già, gli altri due spiriti appartenenti ai Quattro Cavalieri. Una volta fermato Sylas sembrava che tutto sarebbe diventato più semplice; invece la loro ricerca si era fermata, ed in parte era dovuto al fatto di non poter lasciare sguarnito il Grande Tempio.

    Però devo dire che quello lì in basso un po' mi ricorda Sylas. Solo che il gigante era il doppio di lui... in ogni caso, immagino che vorrai andare a parlargli. Che gli dirai?

    Rigel si alzò in piedi.

    Vedremo.

    La sera ormai era scesa da un po', e la "montagna" era rimasto per ultimo nel campo. Non sembrava troppo stanco, ma doveva essere avvezzo alla fatica fisica. Ma era uno spirito un po' ribelle, e qualcuno dei suoi vecchi amici tra i soldati aveva parlato a Rigel di lui: uno spirito indipendente, magari di poche parole, ma che ogni tanto andava fuori le righe. La cosa strana era che Bart lo avesse spedito a raddrizzarlo e a vedere che tipo fosse. Magari ci vedeva sè stesso da giovane, chissà. Quando l'altro lo vide, il ragazzo abbozzò un sorriso tra sè e sè ed iniziò a scendere lentamente la gradinata.

    Senza fretta, misurando i passi, arrivò infine a pochi metri dall'altro. Era di qualche anno più grande di lui in termini di età, mentre fisicamente la differenza era ancora maggiore.

    Il Custode della Quarta Casa lo guardò dritto negli occhi, mantenendo il sorriso appena accennato.

    E così, tu sei quello che fa smettere di litigare i soldati ma che poi di notte va a farsi passeggiate pericolose, eh? Sentiamo, ti piace cercare guai oppure è qualche forma balorda di cercare di dimostrare qualcosa?

    Quasi gli veniva da ridere: lui che faceva la predica a qualcuno. Se l'avesse visto la sua amica Dhawyth, si sarebbe senza dubbio messa a sghignazzare. Invece davanti a lui si trovava un omaccione grande e grosso che, in condizioni normali, lo avrebbe buttato nel fiume più vicino. Peccato che quelle non fossero condizioni normali, o per meglio dire... non sarebbe stato Rigel a finire in acqua, nel peggiore dei casi.

    Probabilmente ti starai chiedendo chi sia io e che sono venuto a fare qui, vero? Beh, che dire... qualcuno che sta in alto mi ha chiesto di venire a fare due chiacchiere con te, pare che le tue gite fuori dalle mura non siano passate inosservate.

    pjDBCQR

    narrato » parlato » pensato » telepatia » Methos » Cassandra

    nome » Rigel Sephdar
    energia » Energia Nera
    casta » Saint di Atena
    cloth » Gold Cancer [grado VIII]
    status fisico »
    status mentale »
    status armatura » Integra, non indossata.
    note » Orbene, passiamo a fare un po' di interazione. Tu ovviamente non sai chi sia il mio pg, nè lo hai mai incontrato. Non mi sono volutamente presentato perchè in teoria Riccardo potrebbe aver già sentito il nome Rigel e associarlo ai Cavalieri d'Oro. Facciamo un po' di interazione a chiacchiere, dai, e vediamo dove ci portano le parole. A meno che tu non voglia già provare a prendermi a schiaffi :asd:
    abilità »

    SEKISHIKI
    Il cosmo del cavaliere del Cancro, nonostante il suo ruolo di protettore del Grande Tempio, costituisce una delle forme di attacco più pericolose per qualsiasi guerriero. Gli attacchi effettuati mediante l’uso di questo potere incidono direttamente sull’anima dell’avversario, rendendo molto difficile una difesa valida contro qualcosa di totalmente immateriale; il corpo non viene dunque colpito direttamente, ma su di esso si riflettono i danni che l’anima subisce in termini di spossatezza o di esaurimento di energia, che si manifestano comunque dolorosamente. È inoltre possibile riuscire a separare l’anima dal corpo della vittima facendola viaggiare verso il mondo dei morti, e a seconda del potere di chi scaglia l’attacco, l’anima può arrivare ad essere distrutta, o confinata per sempre nell’aldilà, o ancora scagliata nella bocca di Ade provocando la morte “definitiva” della vittima. È infatti possibile per il Cavaliere del Cancro richiamare le anime che ancora vagano nello Yomotsu Hirasaka, come è possibile danneggiarle attraverso la generazione di fuochi fatui. Il fuoco fatuo è una fiamma spirituale che non consuma i corpi né è possibile percepire un riscaldamento o una combustione dovuti alla sua presenza: il suo scopo è quello di bruciare le anime di qualsiasi creatura vivente con cui vengano a contatto, fino a farle esplodere. Per quanto sia facile immaginare queste facoltà come prettamente offensive, un combattente esperto può essere in grado di utilizzarle anche per difendersi da ogni avversario. Nel momento in cui lo scontro con il Cavaliere del Cancro si spostasse nello Yomotsu Hirasaka, le tecniche che sfruttano questo potere diverrebbero ancor più micidiali: similmente alla normale disintegrazione della sostanza nel piano materiale, nel piano spirituale si ha un effetto simile ma volto all’essenza astrale di chi subisce la tecnica. In altre parole, un’anima rischia di essere in qualche modo obliterata da questo tipo di tecniche, portando alla morte del corpo anche sul piano materiale e impedendone un passaggio in qualsiasi piano di esistenza spirituale post-mortem come l’Averno o i Campi Elisi.

    TOCCO DELL'OLTRETOMBA
    Il cosmo del Custode della Quarta Casa ha una peculiarità unica nel suo genere: la capacità di privare dell’energia vitale qualsiasi essere vivente ne venga a contatto. A causa di questa caratteristica ogni attacco del guerriero, di natura fisica come in un normale corpo a corpo oppure nel caso in cui sia coinvolto il cosmo del guerriero, causerà più dolore del normale all’avversario, che si sentirà via via sempre più debole e spossato con il procedere del combattimento; questo significa che, anche in fase difensiva, qualora un avversario cercasse di immobilizzare il Cavaliere ricorrendo al contatto fisico, ne risentirebbe degli effetti. Va precisato che il Tocco dell’Oltretomba influenza solamente la forza vitale dell’avversario, ma non può ridurre in modo diretto la sua emanazione cosmica.

    TELECINESI
    I Cavalieri dell’Altare e del Cancro sono in grado di usare la mente a livelli superiori rispetto a qualsiasi normale essere umano. Con la sua forza mentale, il telecineta è in grado di spostare molto facilmente gli oggetti inanimati, dovendo ovviamente mantenere la giusta concentrazione; naturalmente le cose possono diventare più impegnative quando tale abilità viene applicata agli esseri viventi, ma ciò significa che con le giuste accortezze tale abilità può diventare una temibile arma offensiva (o difensiva) che è in grado di colpire direttamente o indirettamente sia un avversario che tutto l’ambiente circostante, portando al telecineta grandi vantaggi nell’adattamento al campo di battaglia, fornendo spesso la possibilità di sfruttare l’effetto sorpresa in tempi molto ridotti. Anche in questo caso si tratta di qualcosa di invisibile e di difficilmente prevedibile, in modo particolare quando tale abilità viene combinata con il cosmo permettendo l’emissione di colpi di natura psichica.

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    La fioca luce del tramonto illuminava ancora Rich al centro dell'arena. Rimasto solo, attese lo strano figuro che avanzava verso di lui. La penombra non aiutava a riconoscerne l'identità e dovette aspettare fino a che gli fosse di fronte. Di solito gli bastava un'occhiata per capire se fosse un volto a lui famigliare, invece constatò di non avere la più pallida idea di chi si trattasse. Però costui sapeva chi era Rich La montagna e delle sue spericolate sortite. La stazza torreggiante dell'italiano spesso incuteva timore a chi lo incontrava per la prima volta, eppure l'individuo, pur essendo minuto ai suoi occhi, dimostrava grande sicumera e spavalderia. Tipico atteggiamento di chi sapeva il fatto suo e per questo Rich non sapeva se stimarlo o metterne a dura prova la tempra.
    Non rispose subito alle sue parole. Rich fece passare alcuni secondi nei quali cercò di soppesarlo con uno sguardo indagatore, cercando di capire come comportarsi. C'era un qualcosa, forse un fugace balenio negli occhi, che suscitò meraviglia e ansia allo stesso tempo. Il fatto che l'individuo non si fosse presentato fece supporre che doveva godere di una certa rilevanza, come se il suo nome fosse già conosciuto da tutti. Invece, di primo acchito, il nulla assoluto. Gli sovvennero quindi le parole di Dimitri e dei suoi lunghi racconti inerenti ai cavalieri d'oro, di superbi guerrieri i cui nomi erano destinati a essere tramandati nella storia. Se la memoria annebbiata dal vino quella volta non lo aveva ingannato, aveva sentito il vecchio menzionare il nome "Rigel".

    Possibile che sia uno di quei leggendari cavalieri? si domandò.

    Rich si chinò verso di lui in modo serioso per imporre la sua altezza, ancora indeciso se dargli un cazzotto in testa per metterlo in riga o invece dar retta al proprio istinto, il quale, stranamente, gli suggeriva di tenere un profilo più basso. Poteva essere uno di quei casi in cui le apparenze ingannano e che l'uomo dinanzi, visto l'atteggiamento e le parole pronunciate, fosse davvero un suo diretto superiore... così come poteva essere un semplice ficcanaso. Ma in ogni caso non percepiva pericolo. Il buon animo del gigante aveva già preso il sopravvento.
    Tornò ritto e appoggiò i pugni sui fianchi, e d'improvviso la sua fragorosa risata ruppe il silenzio.

    «Esatto, sono io, i tuoi occhi non ti ingannano! Ormai le mie scappatelle sono risapute, purtroppo, però dovete ammettere che sono bravo, perché poi torno sempre indietro... più o meno integro, s'intende.»

    Mentre la città cominciava ad assopirsi, Rich ostentò il suo gagliardo sorriso allungando una mano verso il suo misterioso interlocutore.

    «Riccardo è il mio nome, o Rich, se preferisci. Sei stato paziente ad aspettarmi, neanche fossi una bella donna e non so se esserne lusingato, ma se sei qui per cercare di convincermi ad andare a bere, ti dico subito che ci sei già riuscito!»

    Ma solo gli amici più intimi sapevano che quella allegra spensieratezza, non era nient'altro che una mera maschera dietro cui il gigante cercava invano di nascondere il lutto che dilaniava il suo cuore.
     
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    Abbiamo un simpaticone, eh? Con il vecchio ci andrebbe di certo d'accordo.

    Effettivamente l'allegria di Rich aveva una certa somiglianza con il carattere del Gran Sacerdote, ma per essere un tipo tanto gioviale era strano che rimanesse ad allenarsi anche da solo, piuttosto che rimanere in compagnia degli altri soldati. O magari era solo troppo zelante nel suo dovere, anche se questa era stata una caratteristica dello stesso Rigel piuttosto che del Custode della Seconda Casa. Ascoltò le parole dell'altro, poi incrociò le braccia dietro la testa e sospirò, continuando a recitare il suo copione.

    Quindi, per rispondere alla mia domanda, sei solo uno che cerca guai... peccato, avrei preferito l'altra possibilità. Quanto al fatto che io ti abbia aspettato, "neanche fossi una bella donna"...

    Lo squadrò da capo a piedi per un paio di secondi, con palese fare esaminatorio.

    ...mi spiace per te, ma decisamente non sei il mio tipo.

    Poi sorrise alla sua stessa battuta, immaginando che anche l'altro avrebbe apprezzato lo spirito scherzoso con cui lui gli si era rivolto. Poi si ricompose, poggiando le mani sui fianchi, e continuò.

    Purtroppo no, non sono qui per andarci a fare una bevuta. In realtà volevo proporti quattro passi... all'esterno, naturalmente.

    Non erano troppo lontani da una delle porte delle mura che conduceva all'esterno, quindi il ragazzo si voltò in quella direzione ed iniziò ad avviarsi, non sapendo se l'altro si sarebbe mosso subito. Nel frattempo era tramontato il sole, quindi non sarebbe di certo stata una tranquilla gita nei boschi. Senza voltarsi indietro, alzò la voce in modo che l'altro potesse sentirlo.

    Su, andiamo... sono curioso di vedere se sei davvero bravo come dici.

    In poco tempo i due raggiunsero la porta, e stranamente le sentinelle di guardia non fecero domande e li lasciarono passare. Camminarono fuori dalle mura per circa un'ora, raggiungendo un certo luogo... un luogo dove c'erano delle macerie annerite dal tempo, e dove forse si era svolta qualche battaglia. Methos era silenzioso nella sua mente, e sentiva anche la non usuale presenza di Sylas: forse lo spirito era incuriosito dalla faccenda.

    Rigel si sedette su una roccia, aspettando che l'altro lo raggiungesse.

    Bene, eccoci qua. Eri mai stato in questo posto?

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    status fisico »
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    note » Rigel risponde a tono tenendola sullo scherzo, poi si fa serio e ti propone la passeggiata. Sto dando per scontato che tu lo segua, descrivi tu le motivazioni per cui effettivamente lo fai. ti suona strano il fatto di essere passato così facilmente all'esterno, e durante la passeggiata ti poni molte domande sul tuo nuovo amico, anche se passi più tempo a mantenerti all'erta; se gli chiederai il suo nome, la sua risposta sarà "per adesso il mio nome può aspettare", per altre domande ti dirà "che ogni cosa a suo tempo, prima devo farti vedere una cosa". Il posto in cui arrivate è una sorta di spianata in cui ancora sono presenti delle tracce di costruzioni annerite; decidi tu se ci fossi mai stato o meno, in caso affermativo puoi dire che Dimitri ti ha raccontato qualcosa in merito ad uno scontro tra Cavalieri e Corruzione. Alle eventuali domande che farai mi riservo di rispondere nel prossimo post. Buon lavoro^^
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    Il cosmo del cavaliere del Cancro, nonostante il suo ruolo di protettore del Grande Tempio, costituisce una delle forme di attacco più pericolose per qualsiasi guerriero. Gli attacchi effettuati mediante l’uso di questo potere incidono direttamente sull’anima dell’avversario, rendendo molto difficile una difesa valida contro qualcosa di totalmente immateriale; il corpo non viene dunque colpito direttamente, ma su di esso si riflettono i danni che l’anima subisce in termini di spossatezza o di esaurimento di energia, che si manifestano comunque dolorosamente. È inoltre possibile riuscire a separare l’anima dal corpo della vittima facendola viaggiare verso il mondo dei morti, e a seconda del potere di chi scaglia l’attacco, l’anima può arrivare ad essere distrutta, o confinata per sempre nell’aldilà, o ancora scagliata nella bocca di Ade provocando la morte “definitiva” della vittima. È infatti possibile per il Cavaliere del Cancro richiamare le anime che ancora vagano nello Yomotsu Hirasaka, come è possibile danneggiarle attraverso la generazione di fuochi fatui. Il fuoco fatuo è una fiamma spirituale che non consuma i corpi né è possibile percepire un riscaldamento o una combustione dovuti alla sua presenza: il suo scopo è quello di bruciare le anime di qualsiasi creatura vivente con cui vengano a contatto, fino a farle esplodere. Per quanto sia facile immaginare queste facoltà come prettamente offensive, un combattente esperto può essere in grado di utilizzarle anche per difendersi da ogni avversario. Nel momento in cui lo scontro con il Cavaliere del Cancro si spostasse nello Yomotsu Hirasaka, le tecniche che sfruttano questo potere diverrebbero ancor più micidiali: similmente alla normale disintegrazione della sostanza nel piano materiale, nel piano spirituale si ha un effetto simile ma volto all’essenza astrale di chi subisce la tecnica. In altre parole, un’anima rischia di essere in qualche modo obliterata da questo tipo di tecniche, portando alla morte del corpo anche sul piano materiale e impedendone un passaggio in qualsiasi piano di esistenza spirituale post-mortem come l’Averno o i Campi Elisi.

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    Il cosmo del Custode della Quarta Casa ha una peculiarità unica nel suo genere: la capacità di privare dell’energia vitale qualsiasi essere vivente ne venga a contatto. A causa di questa caratteristica ogni attacco del guerriero, di natura fisica come in un normale corpo a corpo oppure nel caso in cui sia coinvolto il cosmo del guerriero, causerà più dolore del normale all’avversario, che si sentirà via via sempre più debole e spossato con il procedere del combattimento; questo significa che, anche in fase difensiva, qualora un avversario cercasse di immobilizzare il Cavaliere ricorrendo al contatto fisico, ne risentirebbe degli effetti. Va precisato che il Tocco dell’Oltretomba influenza solamente la forza vitale dell’avversario, ma non può ridurre in modo diretto la sua emanazione cosmica.

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    L'oscurità sopraggiungeva e l'identità dell'uomo restò ancora avvolta nel mistero.
    Rich fu lieto di scambiare due risate dopo una giornata di pesante addestramento e ancor più lo sarebbe stato se il suo interlocutore fosse stato propenso a concludere la serata in una locanda, davanti a una brocca di idromele. Ma non fu così. Invece erano altri i suoi piani e La montagna rimase incredulo alla proposta di varcare la soglia delle mura, soprattutto con la notte ormai vicina. Stava per scoppiare a ridere, pensando fosse una battuta, invece l'uomo gli aveva dato le spalle si era già incamminato. La terra malsana che si estendeva oltre si era già nutrita del sangue dell'italiano. Nascoste nel buio, immonde creature corrotte attendevano in agguato l'incauto viaggiatore. Rich lo sapeva, le cercava apposta per combatterle e migliorare le sue arti guerriere, ma erano sempre state vittorie sanguinose le sue, ove era solo per beneamata sorte se era sopravvissuto. Ora il suo nuovo compagno si appropinquava ad uscire come se niente fosse e la sorpresa fu tale che il gigante era rimasto indietro di diversi metri. Conoscendo gli immensi pericoli che pullulavano lì fuori, non era affatto certo che sarebbe stato in grado di proteggerlo. Poi sogghignò, certo che le guardie che sbarravano il cancello avrebbero rispedito indietro quello svitato, come facevano sempre con lui, costringendolo a stordirle o a scalare le mura come un lestofante con i rampini che si era costruito.

    Un'espressione di puro sbigottimento si dipinse sul suo volto quando invece vide le guardie spalancare il cancello alla sola vista di quell'uomo. Numerose congetture gli affollarono la mente, destinate a rimanere in sospeso perché a quel punto fu costretto ad allungare il passo.

    Ma chi diavolo è quello? Prima o poi dovrò fargli sputare il rospo, a suon di pugni o di calici di vino! pensò volgendo uno sguardo truce alle guardie con cui alludeva a una resa dei conti più tardi.

    Dovette escludere di avere a che fare con un pazzo, anzi tutt'altro: il fatto che le severe guardie gli avessero sgombrato il cammino senza che nemmeno egli fiatasse, annoverava quel misterioso individuo a un ruolo di primaria importanza nel regno. Rich ebbe addirittura la sensazione che costui sarebbe potuto andare in capo al mondo senza dover rendere conto di niente a nessuno. Appena messo fuori il piede dalle mura, la testa smise di formulare domande incompiute per far posto all'istinto di sopravvivenza. La notte era calata risvegliando temibili mostruosità, latrati da incubo echeggiavano. Ciononostante l'uomo procedeva a passo spedito, con la sicurezza di chi aveva già battuto quella pista. Rich, riusciva a stare al passo con le sue lunghe leve, ma il suo procedere era circospetto, specialmente quando cominciarono a intraprendere un percorso a lui del tutto ignoto. Doveva tenersi pronto, le creature avrebbero potuto attaccare in qualsiasi momento e in tal caso sarebbe stato suo dovere proteggere chiunque fosse al suo fianco. Questo era il modo con cui espiava le colpe per non essere riuscito a salvare il suo caro fratello. Il suo nuovo amico sembrava però imperturbabile e Rich si domandava se questo comportamento fosse dovuto alla consapevolezza della propria forza o se ignorasse di proposito le conclamate pericolosità del luogo. O forse confidava nel gigante un così valido difensore?

    Il sentiero gli condusse a uno spiazzo, dove un tempo doveva esserci stata una costruzione. Era intuibile dalle rovine rimaste e annerite: il memento di una civiltà che la Corruzione aveva distrutto. Si chiese se questo fosse lo stesso luogo che Dimitri gli aveva raccontato, in cui era avvenuta una grande battaglia tra i cavalieri e le forze corrotte, e forse era proprio per questo che il suo inconscio aveva fatto sì che finora lo evitasse. Non ne era certo, ma un sentore di autentica malvagità pareva trasudare da quelle rovine. Alla domanda rivoltagli se conosceva quel posto, si limitò ad un cenno di diniego con la testa. In qualche modo temeva la risposta, ma in ogni caso La montagna non avrebbe indietreggiato di un passo.
     
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    L'altro scosse la testa, dunque le sue scorribande notturne erano state casuali. Certo non si poteva pensare più di tanto al turismo, in periodi storici come quello... eppure anche in quel luogo, tempo prima, era stata fatta la storia.

    Più o meno in quest'area, un paio d'anni fa, c'era un castello. E non era neanche l'unico, ce n'erano altri sei. La Corruzione quella volta è arrivata molto vicina a sfondare la difesa al Grande Tempio, ma per fortuna - e grazie agli dei e ai cavalieri che hanno combattuto - così non è stato.

    Rigel passò lo sguardo sul suo ascoltatore, poi nuovamente su ciò che era rimasto di quelle rovine annerite. In parte erano stati gli stessi cavalieri a ripulire il luogo, la natura aveva fatto il resto mentre cercava di riconquistare il proprio posto fuori dal Santuario. Poi riprese:

    Si è svolto tutto nell'arco di una notte, avevamo sette ore di tempo. Ma quella non era una scadenza dovuta a qualche gioco macabro... se non fossimo riusciti a svolgere il nostro compito, oggi nessuno di noi sarebbe qui. La Grecia sarebbe perduta. Saremmo tutti morti. E credimi, i guardiani dei castelli non erano nulla di lontanamente simile a quei pochi mostriciattoli che hai deciso di cacciare, magari per divertimento. Uno solo di loro poteva sterminare un esercito di regolari come te.

    Passò la mano destra tra i capelli, e poi sul collo per massaggiarselo come se avesse ricevuto un colpo.

    Siamo sopravvissuti per continuare a combattere, e combattiamo perchè è necessario. Ma se chi è in grado di difendere gli altri si facesse uccidere inutilmente, quali sarebbero le conseguenze? Gente indifesa. Vite perse. Fece una pausa, e poi per la prima volta lo chiamò per nome. Rich, tu perchè combatti?

    Era una domanda semplice, forse scontata. Ma in quella domanda c'era un chiaro significato: la Montagna avrebbe dovuto dire la verità, senza doppi sensi o parole banali.

    Bel discorsetto, ragazzino. Cosa speri di ottenere, oltre alla sua attenzione?

    Una motivazione. Uno scopo che non sia la vendetta o la soddisfazione personale. E poi chissà, magari un nuovo combattente. O hai scordato quello che Anita ha fatto con me?

    Senza pensarci, evocò tre fuochi fatui davanti a sè, sopra il palmo della mano sinistra. Li guardò mentre si muovevano descrivendo un cerchio, come orbitassero attorno a qualcosa. Le fiammelle azzurre scintillavano nel buio.

    Pensi davvero che non esistano corrotti molto più potenti di quelli che hai già incontrato? E quando li incontrerai, cosa cercherai di fare?

    Tante belle domande. Chissà se le risposte sarebbero state dello stesso livello.

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    note » E tu mi provochi sul turbo-posting, io sono sensibile a queste cose :asd: ok, adesso lezioncina di storia: Rigel si riferisce a QUESTI FATTI QUA. Ti chiedo di continuare a descrivere tutte le sensazioni che Rich potrebbe provare davanti a quel luogo, durante il racconto di Rigel e le reazioni alle sue parole. E anche un po' di dialogo diretto, non possiamo far fare a Rich la parte del muto. Tra parentesi, secondo me per il discorso famoso FORSE sarebbe accettabile Ritch. Sempre meglio di Ridge, almeno :asd:
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    Se fosse stata una notte normale di altri tempi, in un luogo come quello vi sarebbero state coppie di giovani innamorati baciarsi sotto il chiarore delle stelle, il riverbero cadenzato dei grilli e la danza delle lucciole nella forma di minuscoli astri luminosi. Ma la realtà era un'altra ed era tinta di tenebre e disgrazia. L'aria ne era pregna. Chissà quanti spiriti erravano in cerca di pace per una fine sopraggiunta con violenza. Ritch non si era mai fermato a contemplare per più di qualche secondo zone così dense di pericolo e, ora che lo stava facendo per la prima volta, gli parve di percepire tutto il dolore e la sofferenza emanati dalla terra in rovina. Si domandò se un giorno la vita sarebbe ricresciuta su quelle lande ormai desolate e se il comune mortale sarebbe stato in grado di ricalcarle serenamente, come una volta. Per quanto potesse essere ottimista, la risposta che trovò fu amara: con tutta probabilità non avrebbe vissuto abbastanza per vedere quel giorno, né lui, né i suoi eventuali figli. E la cosa più assurda era che lui non stava facendo nulla per invertire quel processo di deterioramento. Nelle sue sortite anche lui contribuiva a impregnare la terra di sangue e lo faceva per appagare il suo spirito guerriero.

    È forse per questo che non sento più la voce di Atena? Sto forse perdendo la via che lei mi aveva tracciato?

    Chinò la testa per guardarsi le mani e, sebbene fossero pulite, le osservava con la ripugnanza di chi le ha sporche di sangue.
    Ascoltò in silenzio il racconto dell'uomo, ora loquace, rivolgendosi a lui chiamandolo per nome, ma era un dettaglio superfluo rispetto alla potenza delle sue parole. Ritch, con sgomento, apprese di ritrovarsi nello stesso luogo dove due anni prima era avvenuta la battaglia che aveva deciso le sorti del mondo, i cui strascichi erano ancora evidenti e dilaniavano la terra come ferite purulente. Dunque non erano chiacchiere quelle di Dimitri, ma c'era una differenza sostanziale tra i due: per veneranda età il vecchio raccontava con gli occhi e la memoria di chi ha vissuto quel dramma, mentre l'uomo senza nome le trasmetteva con la gravità di chi ha combattuto.
    La Montagna poté solo immaginare quali orrori venivano scatenati dagli empi Castelli che la Corruzione aveva innalzato per travolgere i baluardi del genere umano, e fu solo al sacrificio di prodi cavalieri se c'era ancora speranza. Speranza che però doveva essere alimentata combattendo nel giusto e per cause giuste. Questo fu il messaggio che il presunto cavaliere, e di questo ne era sempre più convinto, insinuò nella mente di Ritch.

    «Perché combatto, mi chiedi?» disse stringendo un pugno.

    Non rivelò che agognava vendetta, non perché non fosse vero, bensì non voleva ricevere compassione da nessuno, anche se era certo che mai ne avrebbe avuta da un uomo come quello che aveva di fronte, probabilmente già assuefatto alla morte e alle perdite dolorose. Disse un'altra verità, la più importante e che forse stava dimenticando. E che mai come in quel momento tornò in auge nel suo cuore.

    «La voce di Atena mi ha guidato fino a Rodorio, mi ha sostenuto quando ormai ero perso, mi ha dato forza quando ero a un passo dalla fine e mi ha donato coraggio per andare avanti. E quando finalmente sono giunto, sono stato accolto e amato dalla gente, come se da sempre fossi stato uno di loro, nonostante il mio inconsueto aspetto e fossi uno sconosciuto. Qui ho ritrovato casa e una famiglia, una nuova patria.»

    Gli occhi del gigante si animarono del fuoco dell'ardimento, abbandonando ogni sarcasmo per far posto a un'espressione di ferrea risolutezza, mentre la sua voce echeggiò nella notte:

    «Il minimo che posso fare per ripagare tanto affetto e fiducia, è combattere affinché la mia gente sia al sicuro dando anche la vita se serve e stai pur certo che nulla mi può distogliere da questo scopo. Orbene sì, le mie scorribande mi espongono a guai e rischi, e lo faccio per diventare più forte proprio perché so che ci sono minacce davanti alle quali non posso fare ancora nulla e non voglio trovarmi impotente quando esse giungeranno. Ho già perso persone a me care per colpa della mia inadeguatezza...»

    Poi il suo ardore parve spegnersi, non appena rimembrò il fratello morente tra le sue braccia.

    «In un'epoca come questa, per elevarsi bisogna esporsi al pericolo finché smetti di avere paura. Io sono caduto al tappeto tante volte, ma non ho mai mollato perché ho la testa dura. Me la devono staccare se proprio mi vogliono vedere morto!»

    L'uomo dinanzi, frattanto, aveva creato delle piccole sfere azzurre dal nulla e le faceva roteare sopra la mano, un'ulteriore testimonianza dell'esistenza di poteri che andavano oltre l'umana comprensione. Ora poteva constatarlo pure lui, senza più pendere dalle labbra altrui. Tuttavia il gigante fece finta di non rimanere impressionato, benché in realtà lo fosse eccome, e con voce stentorea concluse il suo discorso.

    «Adesso hai la tua risposta, amico, e se vuoi mettere alla prova la veridicità dei miei propositi, allora non esitare. Ma se non rimarrai deluso, mi dirai finalmente chi diamine sei... o cosa sei! E mi offrirai anche da bere!»

    e Ritch sia :asd:


    Edited by giatz - 18/6/2023, 21:41
     
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    -POST VII-



    Rigel ascoltò in silenzio, soppesando le parole che aveva appena ascoltato ed ignorando deliberatamente l'ennesima battuta sul bere. Methos ovviamente non perse l'occasione di esprimersi, mentre Sylas taceva.

    Bella storia, certo. Solo che non ha capito che lì fuori ci sono almeno un milione di quei mostri che possono staccargliela senza sforzo, la testa.

    E Rigel, cperente come sempre, ignorò anche Methos e si rivolse a Ritch.

    No, amico. Rialzarsi dopo ogni caduta è quello che ci permette di portare avanti la lotta, certo, ma per "elevarsi", come dici tu, non è sufficiente esporsi al pericolo e perdere la paura. Ho conosciuto guerrieri leggendari, e la paura non li aveva abbandonati: nonostante questo sono stati capaci di compiere grandi imprese. Le battaglie non si vincono solo con i sentimenti. Se è la forza, che cerchi... la VERA forza, la devi trovare in un altro modo.

    Si rimise in piedi con un salto, poi lasciò partire verso il cielo le tre sfere luminose: avrebbero compiuto il loro dovere più avanti. Infine, iniziò a far brillare debolmente il proprio cosmo e un'aura dorata e azzurra avvolse il suo corpo, emettendo un fioco bagliore.

    Ultimamente hai forgiato il corpo, certo. Ma che mi dici della mente e dello spirito? Se vuoi combattere davvero la Corruzione, ti servirà ben altro che i bicipiti d'acciaio.

    L'aura scomparve.

    Andiamo, fatti avanti. Se vuoi che ti offra da bere, almeno un pugno dovrà andare a segno.

    Fu a quel punto che, contrariamente ad ogni logica, anzichè mettersi in guardia Rigel mise le mani dietro la schiena, in attesa.

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    note » Per adesso lascia perdere i fuochi fatui, il loro scopo lo coglierai più avanti. Per il resto mi sembra chiaro che Rigel ti abbia candidamente invitato a colpirlo. Descrivi tutti i tentativi di attacco che fai, e descrivi le schivate che puntualmente riuscirà ad effettuare: è come se lui si spostasse sempre all'ultimo, e ovviamente Ritch non lo colpisce mai. Deve accadere però qualcosa nella descrizione del tuo ultimo attacco: Ritch capisce che continuando allo stesso modo non andrà mai a segno, quindi deve accadere qualcosa che equivale ad un primissimo risveglio del cosmo. A quel punto descrivi l'attacco e lascia l'azione in sospeso, la risposta di Rigel sarà nel mio post.
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    SEKISHIKI
    Il cosmo del cavaliere del Cancro, nonostante il suo ruolo di protettore del Grande Tempio, costituisce una delle forme di attacco più pericolose per qualsiasi guerriero. Gli attacchi effettuati mediante l’uso di questo potere incidono direttamente sull’anima dell’avversario, rendendo molto difficile una difesa valida contro qualcosa di totalmente immateriale; il corpo non viene dunque colpito direttamente, ma su di esso si riflettono i danni che l’anima subisce in termini di spossatezza o di esaurimento di energia, che si manifestano comunque dolorosamente. È inoltre possibile riuscire a separare l’anima dal corpo della vittima facendola viaggiare verso il mondo dei morti, e a seconda del potere di chi scaglia l’attacco, l’anima può arrivare ad essere distrutta, o confinata per sempre nell’aldilà, o ancora scagliata nella bocca di Ade provocando la morte “definitiva” della vittima. È infatti possibile per il Cavaliere del Cancro richiamare le anime che ancora vagano nello Yomotsu Hirasaka, come è possibile danneggiarle attraverso la generazione di fuochi fatui. Il fuoco fatuo è una fiamma spirituale che non consuma i corpi né è possibile percepire un riscaldamento o una combustione dovuti alla sua presenza: il suo scopo è quello di bruciare le anime di qualsiasi creatura vivente con cui vengano a contatto, fino a farle esplodere. Per quanto sia facile immaginare queste facoltà come prettamente offensive, un combattente esperto può essere in grado di utilizzarle anche per difendersi da ogni avversario. Nel momento in cui lo scontro con il Cavaliere del Cancro si spostasse nello Yomotsu Hirasaka, le tecniche che sfruttano questo potere diverrebbero ancor più micidiali: similmente alla normale disintegrazione della sostanza nel piano materiale, nel piano spirituale si ha un effetto simile ma volto all’essenza astrale di chi subisce la tecnica. In altre parole, un’anima rischia di essere in qualche modo obliterata da questo tipo di tecniche, portando alla morte del corpo anche sul piano materiale e impedendone un passaggio in qualsiasi piano di esistenza spirituale post-mortem come l’Averno o i Campi Elisi.

    TOCCO DELL'OLTRETOMBA
    Il cosmo del Custode della Quarta Casa ha una peculiarità unica nel suo genere: la capacità di privare dell’energia vitale qualsiasi essere vivente ne venga a contatto. A causa di questa caratteristica ogni attacco del guerriero, di natura fisica come in un normale corpo a corpo oppure nel caso in cui sia coinvolto il cosmo del guerriero, causerà più dolore del normale all’avversario, che si sentirà via via sempre più debole e spossato con il procedere del combattimento; questo significa che, anche in fase difensiva, qualora un avversario cercasse di immobilizzare il Cavaliere ricorrendo al contatto fisico, ne risentirebbe degli effetti. Va precisato che il Tocco dell’Oltretomba influenza solamente la forza vitale dell’avversario, ma non può ridurre in modo diretto la sua emanazione cosmica.

    TELECINESI
    I Cavalieri dell’Altare e del Cancro sono in grado di usare la mente a livelli superiori rispetto a qualsiasi normale essere umano. Con la sua forza mentale, il telecineta è in grado di spostare molto facilmente gli oggetti inanimati, dovendo ovviamente mantenere la giusta concentrazione; naturalmente le cose possono diventare più impegnative quando tale abilità viene applicata agli esseri viventi, ma ciò significa che con le giuste accortezze tale abilità può diventare una temibile arma offensiva (o difensiva) che è in grado di colpire direttamente o indirettamente sia un avversario che tutto l’ambiente circostante, portando al telecineta grandi vantaggi nell’adattamento al campo di battaglia, fornendo spesso la possibilità di sfruttare l’effetto sorpresa in tempi molto ridotti. Anche in questo caso si tratta di qualcosa di invisibile e di difficilmente prevedibile, in modo particolare quando tale abilità viene combinata con il cosmo permettendo l’emissione di colpi di natura psichica.

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    La prima reazione della Montagna alle parole dell'uomo fu di rabbia repressa. Le tradusse alla stregua di un affronto duro da digerire, un insulto in cui veniva additato come il classico bestione senza cervello, il che bastò per fargli dipingere sul volto un'espressione furiosa e fargli dimenticare il luogo dove si trovava e il momento. Il buio, infatti, imperava e chissà quali esseri belluini si aggiravano fiutando l'odore di carne fresca, mentre loro due si scambiavano sermoni.

    Adesso ti faccio vedere, pidocchio!

    Fece quindi un deciso passo in avanti serrando i pugni, ma poi la ragione lo indusse alle riflessioni. Tra i preziosi insegnamenti del fratello, c'era quello dell'autocontrollo. Lezione imparata a suon di batoste sui ring, occasioni ove suoi avversari lo provocavano esponendolo ai loro audaci attacchi. Gli parve di percepire l'ombra del fratello mitigare la sua collera e allora il suo passo si fece più titubante.

    Dopotutto ha ragione, la sola forza non potrà mai bastare...

    Osservò con smacco l'uomo lanciare in aria come un giocoliere le tre sfere che aveva generato. Ritch le seguì per un attimo con gli occhi finché le vide perdersi nell'oscurità. Ma non fu quello a sorprenderlo maggiormente, semmai il chiaro invito a colpirlo, e lo fece con una tale noncuranza da mettere le mani dietro la schiena. A quel punto un velo di rinnovato furore mosse Ritch. Possibile che costui, dall'aspetto poco più grande di un bambino ai suoi occhi, lo snobbasse a tal punto? Sì... certamente Ritch non aveva combattuto le portentose guerre narrate da Dimitri e dall'uomo di fronte, ma nemmeno pensava di essere tanto debole.
    Si avvicinò battendo un pugno sulla mano facendolo scrocchiare in un chiaro atto intimidatorio.

    «Se è questo che vuoi... ma poi non andare a piangere dalla mammina» proferì implacabile.

    Solo un paio di metri gli separavano. Come un automa, Riccardo assunse la sua personale postura da combattimento, un misto tra la guardia di un pugile e quella del soldato. Ma nemmeno in quell'occasione il suo avversario si scompose: impenetrabile lo sguardo e immobili le mani dietro la schiena, nonostante il gigante avanzasse in ovvi intenti ostili, torreggiando con la sua sproporzionata stazza.
    Decise di non imprimere tanta forza al suo primo attacco, temendo di infierire troppo. Partì con un pugno che ritenne non forte ma preciso, comunque sufficiente per mettere al tappeto un uomo qualsiasi, ancor più uno che non tentava nemmeno di pararsi. Invece con una velocità impressionante quell'uomo lo aveva evitato con apparente facilità. Ritch non si lasciò suggestionare e ci riprovò, ma ancora una volta senza esito. Fece vari tentativi, questa volta esercitando maggiore forza e rapidità ai suoi pugni, mentre con le gambe saltellava intorno all'avversario in cerca dell'angolo giusto e per cercare di disorientarlo. Per un tempo incalcolabile, i pugni dell'italiano fendettero l'aria immota ma l'insuccesso si mescolava alla furia donandogli nuove energie con cui persistere a combattere, finché gli ultimi colpi furono accompagnati da urla rabbiose... e disperate. Il gigante arretrò, aveva il fiato corto, un coacervo di emozioni albergavano in lui, ma quella predominante era la collera. Quel piccoletto continuava a umiliarlo senza degnarsi non solo di contrattaccare, ma nemmeno a muovere di un millimetro quelle braccia che parevano ammanettate. E si gettò in avanti, esausto, la stanchezza rendeva scoordinati i suoi movimenti come quelli di un ubriaco. Avrebbe di gran lunga preferito finire KO, con tutte le ossa rotte, piuttosto che subire una simile mortificazione. Se suo fratello lo avesse visto in quel momento, avrebbe riso di lui.
    Tuttavia, poco prima della rassegnazione definitiva, si trovò quasi a pregare.

    Alessandro... Atena... vi imploro, datemi la forza di un ultimo slancio per colpire questo formidabile guerriero e dimostrare a lui e a voi che sono meritevole di dare il mio contributo per la difesa di tutte le genti.

    Indietreggiò di un passo, non certo per ritirarsi dal combattimento. Chiuse gli occhi, divaricò le gambe e piegò le ginocchia, mentre i connotati si ammansirono. Era la sua posizione finale, probabilmente bizzarra agli occhi altrui, in cui esercitava la massima concentrazione. Fece scivolare le mani sotto le ginocchia e poi, a ritmo cadenzato, alzava prima una gamba e poi l'altra. La terra intorno vibrò come un tamburo di guerra, sotto il calpestio deciso dei suoi piedi. Ciò che stava facendo era lo shiko, derivato dal sumo giapponese, che lui aveva appreso in forma rudimentale ma essenziale, secondo cui le energie venivano confluite nelle gambe per una maggiore esplosività e resistenza. Secondo la leggenda, colui che ha carpito i segreti dello shiko perfetto può restare immobile anche di fronte alle più gravi calamità naturali, poiché le gambe diventano un tutt'uno con la terra.
    D'un tratto si fermò, pose i pugni sul terreno e le palpebre si alzarono lentamente, rivelando non più occhi deliranti, bensì plasmati da bagliori quasi innaturali. L'espressione era calma e severa al tempo stesso, lo sguardo rivolto dinanzi a sé puntava dritto l'avversario, ma era come se non lo vedesse: che davanti ci fosse il vuoto o un ostacolo, nulla sarebbe cambiato. Aprì leggermente la bocca come se volesse pronunciare qualcosa, ma solo per espirare profondamente. Il suo obiettivo poteva essere ovunque e in ogni caso non si sarebbe spostato di una virgola... o almeno non ancora.

    Fu un filo di vento a spezzare quel profondo stato di trance, durante il quale aveva sentito un'eco lontano nella mente, una voce che gli aveva detto ciò che sapeva da tempo ma che aveva dimenticato: risvegliare quella forza latente rimasta ancora imbrigliata dentro di lui. Doveva crederci, perché solo così si sarebbe elevato.
    Ritch guizzò in avanti verso l'avversario. Il suo attacco sembrava alludere a un pugno sinistro, ma esso non partì e anzi piegò il braccio contro il petto e protese la spalla fingendo di voler travolgere l'avversario come un ariete. Invece nulla di tutto questo. All'ultimo momento, ruotò il busto e tentò un montante col pugno destro. Era un'energia nuova e diversa quella che ora sentiva scorrere nel suo corpo... la forza delle stelle era con lui.
     
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    -POST VIII-



    Una volta qualcuno disse: "Se una montagna viene verso di te, e tu NON ti chiami Maometto... allora corrì, è una frana". Certamente non era quello il caso, la Montagna che adesso cercava di travolgere Rigel era solo un ragazzone italiano che ancora non conosceva le proprie potenzialità. Il Custode della Quarta Casa si limitava a schivare, rimanendo impassibile e senza mutare espressione in viso; era sì superiore all'altro, ma non voleva che Ritch pensasse che il suo scopo fosse solo di metterlo in ridicolo.

    Andiamo, lo so che puoi fare di meglio...

    Il pensiero del ragazzo era genuino, in fondo faceva anche il tifo per l'altro. Poi finalmente vide che qualcosa era cambiata: un minimo accenno di energia cosmica, forse una scintilla, era baluginata negli occhi dell'altro; senza pensare, oppose un dito alla traiettoria del montante e lo fermò. I due rimasero immobili finchè Ritch non si riebbe da quella specie di trance che per un attimo gli aveva fatto perdere la propria cognizione d'essere.

    Bene, forse adesso comincerai a capire di cosa sto parlando.

    Con una lieve pressione telecinetica lo spinse indietro, poi sollevò con la mente il tronco d'albero su cui si era seduto poco prima.

    Vedi, quando parlavo di forgiare la mente intendevo una cosa come questa. Mentre riferendomi allo spirito...

    Il tronco schizzò verso l'alto e poi si allontanò di una trentina di metri orizzontalmente, per poi fermarsi e ritornare indietro a tutta velocità verso il Cavaliere d'Oro, che lo attendeva preparato: già il cosmo lo circondava, e quando il tronco fu a meno di un passo da lui lo colpì con le dita tese dal lato del moncone per poi farlo esplodere in una miriade di schegge.

    Questo è l'obiettivo che devi cercare di raggiungere, se vuoi iniziare a fare la differenza. E anche quando lo avrai raggiunto, dovrai continuare ad alzare l'asticella per diventare sempre più forte. Adesso prova tu, e fallo con quello. Partiamo dalla forza interiore, quella mentale non è detto che tu la possa sviluppare nello stesso modo in cui l'ho fatto io.

    E infine gli indicò qualcosa. Un macigno alto cinque metri e largo altrettanti.

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    note » Si continua a lavorare sul risveglio del cosmo, ovviamente a sfasciare il macigno non ci riuscirai subito. Diciamo che devi nuovamente risvegliare il cosmo e descrivere come inizi a controllarlo.
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    Il cosmo del cavaliere del Cancro, nonostante il suo ruolo di protettore del Grande Tempio, costituisce una delle forme di attacco più pericolose per qualsiasi guerriero. Gli attacchi effettuati mediante l’uso di questo potere incidono direttamente sull’anima dell’avversario, rendendo molto difficile una difesa valida contro qualcosa di totalmente immateriale; il corpo non viene dunque colpito direttamente, ma su di esso si riflettono i danni che l’anima subisce in termini di spossatezza o di esaurimento di energia, che si manifestano comunque dolorosamente. È inoltre possibile riuscire a separare l’anima dal corpo della vittima facendola viaggiare verso il mondo dei morti, e a seconda del potere di chi scaglia l’attacco, l’anima può arrivare ad essere distrutta, o confinata per sempre nell’aldilà, o ancora scagliata nella bocca di Ade provocando la morte “definitiva” della vittima. È infatti possibile per il Cavaliere del Cancro richiamare le anime che ancora vagano nello Yomotsu Hirasaka, come è possibile danneggiarle attraverso la generazione di fuochi fatui. Il fuoco fatuo è una fiamma spirituale che non consuma i corpi né è possibile percepire un riscaldamento o una combustione dovuti alla sua presenza: il suo scopo è quello di bruciare le anime di qualsiasi creatura vivente con cui vengano a contatto, fino a farle esplodere. Per quanto sia facile immaginare queste facoltà come prettamente offensive, un combattente esperto può essere in grado di utilizzarle anche per difendersi da ogni avversario. Nel momento in cui lo scontro con il Cavaliere del Cancro si spostasse nello Yomotsu Hirasaka, le tecniche che sfruttano questo potere diverrebbero ancor più micidiali: similmente alla normale disintegrazione della sostanza nel piano materiale, nel piano spirituale si ha un effetto simile ma volto all’essenza astrale di chi subisce la tecnica. In altre parole, un’anima rischia di essere in qualche modo obliterata da questo tipo di tecniche, portando alla morte del corpo anche sul piano materiale e impedendone un passaggio in qualsiasi piano di esistenza spirituale post-mortem come l’Averno o i Campi Elisi.

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    Il cosmo del Custode della Quarta Casa ha una peculiarità unica nel suo genere: la capacità di privare dell’energia vitale qualsiasi essere vivente ne venga a contatto. A causa di questa caratteristica ogni attacco del guerriero, di natura fisica come in un normale corpo a corpo oppure nel caso in cui sia coinvolto il cosmo del guerriero, causerà più dolore del normale all’avversario, che si sentirà via via sempre più debole e spossato con il procedere del combattimento; questo significa che, anche in fase difensiva, qualora un avversario cercasse di immobilizzare il Cavaliere ricorrendo al contatto fisico, ne risentirebbe degli effetti. Va precisato che il Tocco dell’Oltretomba influenza solamente la forza vitale dell’avversario, ma non può ridurre in modo diretto la sua emanazione cosmica.

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