There to Meet With Axel

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    There to Meet With Axel




    Sei stanco. Ma ne è valsa la pena. Anche questa volta hai portato a termine il tuo dovere.
    Ancora lontano dalla sicurezza dei confini della Grecia liberata, ti fermi a riposare in una pianura sconfinata. Il luogo è pervaso da una pace quasi irreale, in netto contrasto con gli scontri e le battaglie che sempre più fanno parte della tua vita quotidiana.
    Una lieve foschia sale rapidamente ammantando la piana, donando all'ambiente un aspetto quasi etereo, di un bianco perlaceo.

    Un rombo di tuono apparentemente lontano ti fa voltare. Nella nebbia, ormai fitta, noti una figura indistinta, dapprima solo un'ombra. E dei passi di sandali sull'erba secca.

    Salve.

    Davanti a te c'è una giovane donna fine e bellissima, dal fascino magnetico. Gli occhi scuri e intelligenti sono fissi su di te. I capelli castani si muovono come mossi da una brezza, anche se l'aria sulla pianura pare immobile.

    Salve, Cavaliere. Salve a te che sei servo dei re e della dea.

    Sembra cantare, tanto è melodioso il suo modo di scandire le parole. E quel suono sembra infonderti calma. Anzi, più la ascolti e meno riesci a reagire.
    Non esprime alcuna minaccia, per quanto tu non sappia riconoscere la forza che emana. Ovviamente è cosmo, ma è neutro, tanto che puoi accomunarlo solo a quello degli addestrandi che non hanno ancora conquistato una cloth.
    Ti guarda, divertita. Qualcosa nella sua stessa presenza ti intima di ascoltare ogni sua parola.

    Non ti allarmare, ti stavo cercando. Sono qui per farti un regalo.
    Non ti hanno mai letto la mano? Sembra divertente e fa molta scena, credimi. Ma quelle vere non ne hanno bisogno.


    Ha un atteggiamento molto rilassato. Dopo quel saluto così strano e formale sembra diventata un'altra persona.
    Infila una mano nella tracolla tira fuori una manciata di caldarroste, iniziando a sgranocchiarle con gusto. Se non fosse per il fatto che ti tratta come un bambino, sarebbe quasi simpatica.

    Dunque, diciamo che sono qui su commissione, ma non ti ci arrovellare troppo.
    E ora che ti vedo, capisco il senso di tutto questo.
    Tu sei giovane. Non che io sia vecchia, ma concedimi qualche vezzo di saggezza.
    Come dirla nella maniera migliore? Tanti guerrieri si sono trovati al tuo stesso posto. Molti hanno ceduto e molti hanno resistito. Tu sei... sulla buona strada, diciamo.

    Ma se pensi di avere già combattuto le vere battaglie della tua vita, beh, ti sbagli.
    Fine.
    Questo è il tuo futuro: una battaglia dietro l'altra, finché finirai per fallire.


    Malgrado il discorso, puoi notare che il suo tono non si sia fatto grave, anzi, pare sempre allegra.

    Però, biondino, lascia che ti dica un'altra cosa. Il piccolo regalo che mi è stato chiesto di consegnarti, è una briciola di consapevolezza e realtà. Combatterai per tutta la vita, finché ti arrenderai o morirai. Ma! - alza un dito prolungando la pausa scenica - Così è per tutti noi. Viviamo per combattere, ormai, ciascuno secondo le proprie capacità.

    Se proprio non ce la fai, pensa allo scopo della tua missione.
    Non ti curare se le risposte tarderanno ad arrivare. Purtroppo, le divinità non sembrano comprenderci mai come vorremmo. E se anche quello non basta, ricordati che la vera fede non ha bisogno di conferme.
    Abbi fede, tu che puoi.


    Lo dice con una tale leggerezza da non poterla prendere sul serio.
    Oppure no?
    Fa per avvicinarsi e il suo movimento è tanto rapido da non poterlo seguire. Praticamente istantaneo.
    Il suo viso è a pochi centimetri dal tuo. Ti fissa, all'apice del divertimento, che fa trasparire una certa malizia.
    Quando la sua mano si alza a sfiorare la tua guancia, le dita ti attraversano, incorporee, provocando solo un lieve sfarfallio di luce e una sensazione di placido torpore nel tuo petto.

    Sei davvero carino.

    E sparisce, letteralmente, lasciandoti solo sulla via di casa.
    Stranamente ti pare di essere pieno di energia.

    La nebbia si dirada, mostrando un sole ormai basso sull'orizzonte, che infuoca il cielo.











    Note Master:

    Ecco a te.
    In pratica, come ti avevo anticipato, hai piena libertà di ampliare il contesto (la missione, il tuo ritorno al GT e la vita di tutti i giorni di un cavaliere quando non è in missione (o quando si prepara etc..).
    Come avrai forse capito, la strega non è fisicamente accanto a te, ma tutto ti fa pensare che sia reale al 100%. La tua stessa difficoltà a reagire sembra frutto delle sue parole musicali.
    Hai l'occasione, o meglio una "scusa" per far riflettere Axel a 360° sulla sua situazione, su quello che ha ottenuto da sé e con gli altri cavalieri. Ma soprattutto c'è anche la cara Athena di cui tenere conto.
    Buon divertimento.




    Edited by Him3ros - 22/12/2020, 14:04
     
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    Axel era esausto. Aveva appena portato a termine l’ennesima missione. Indossava la sua armatura, ormai sua inseparabile compagna. Era sporca, satura di sfumature scarlatte. Sfumature che erano ombre sul metallo violaceo, e fantasmi sulla sua coscienza di chi la indossava. La prassi era chiara, e gli era stata chiara fin dal primo giorno che Unicorno aveva riposto la sua fiducia in lui:

    Uccidi, per non essere ucciso.

    Si trovava a diverse miglia dal luogo dello scontro. Aveva camminato per un paio d’ore, senza fretta, con un passo alquanto ciondolante e per certi versi goffo. Stanco. Non guardava davanti a sé, le spalle erano curve e lo sguardo piantato del terreno, un po’ perso e un po’ assorto, nei suoi pensieri.

    Lawrence non aveva fatto ritorno dal Giappone. Le sue preghiere non erano servite a nulla. Era morto. Morto. Lo aveva saputo per vie indirette, poi era arrivata la comunicazione ufficiale. Non aveva indagato oltre. Sapere il perché e il per come non avrebbero fatto altro che portare a livelli insostenibili la sensazione di rabbia e di disgusto che provava. Non voleva saperlo e non voleva che nessuno glielo raccontasse. Voleva ricordare il suo amico da vivo, da valoroso guerriero quale era stato e che aveva dimostrato di essere, combattendo al suo fianco, in Grecia, e al fianco dei loro compagni, in Giappone, in quell’ultima missione suicida.

    Il rischio faceva infatti parte di quel mestiere. Poteva andargli bene cento volte, ma bastava quella singola volta, quel minimo errore, e poteva essere la fine. In pochi morivano di vecchiaia. E forse, per guerrieri come loro, c’era più onore a cadere in battaglia, come dei martiri. Vittime dei loro stessi ideali, modelli per le generazioni future.

    Ma per quanto immensa, la gloria mai avrebbe potuto rimpiazzare il vuoto ed il dolore lasciati dal lutto. Axel sentiva non solo di aver perso un audace compagno d’armi, aveva perso anche un amico. E lo aveva perso a causa di quegli stessi ideali per i quali lui stesso si svegliava tutte le mattine, indossando un’armatura in nome di Atena. E non riusciva a far valere la ragione sulle sue emozioni. Provava rabbia, dolore e tristezza, e odiava sé stesso e i suoi compagni. Lo avevano lasciato partire, l’unico Cavaliere d’Argento in mezzo a tante armature dorate. Nessuno lo aveva costretto, Lawrence aveva preso la sua decisione da solo. E tutti loro lo avevano appoggiato, quando forse avrebbero dovuto fermarlo.

    Pensò a Nestore. Nestore aveva persuaso Axel a non partire. E ora capiva perché lo avesse fatto. Già una volta gli era successo, moglie e figlio. Li aveva persi entrambi. Entrambi due soldati, devoti servitori della Giustizia, coraggiosi al punto di sacrificare la loro stessa vita pur di adempiere alla loro causa. Nestore li aveva persi così come tutti loro avevano perso Lawrence.

    Ogni tanto Axel si chiedeva come Nestore facesse a non odiare il Grande Tempio, e anzi, come facesse a continuare a viverci e a collaborarci. Dopotutto, se Doukas e Menodora non fossero stati dei soldati, forse sarebbero ancora stati in vita. Ma sapeva che non era così semplice.

    O forse non erano stati abbastanza forti, all’altezza.

    Non appena questo pensiero gli affiorò nella mente, subito cercò di ricacciarlo da dove era venuto. Non poteva permettersi di pensare una cosa del genere e si vergognò di sé stesso per averlo anche solo immaginato per un secondo. Era un insulto. Era un pensiero profano, irrispettoso nei confronti di Menodora, di Doukas, di Lawrence e di tutti i suoi compagni caduti. Come poteva permettersi di giudicare questi soldati che avevano dato il loro sangue, sacrificato la loro stessa vita, in nome di ciò in cui credevano?! Per fare da scudo ad un’umanità debole ed indifesa, per proteggere oltre che ai loro cari degli sconosciuti che forse nemmeno avrebbero conosciuto e riconosciuto il loro sacrificio?!

    Era presuntuoso pensare una cosa del genere. E se ne vergognava. Sapeva che nessuno di loro combatteva per sentirsi dire grazie. Combattevano perché per loro quella era la cosa giusta da fare, e si sentiva uno sciocco per aver anche solo osato pensare una cosa del genere.

    Uccidi per non essere ucciso.

    Strinse i pugni.






    No.







    Loro non erano stati deboli. Quella era la logica dei codardi. Quello veramente debole forse era proprio lui. Presuntuoso, arrogante, insicuro, egocentrico ed egoista. Forse sarebbe dovuto partire anche lui con loro. Aveva dato retta ad un disertore, ma poteva Nestore essere considerato un disertore?

    No, non poteva considerarlo tale. Nestore aveva smesso di indossare un'armatura, ma sapeva che nel suo cuore non aveva mai abbandonato la sua causa. Non lo aveva mai visto voltargli le spalle, e mai lo aveva visto voltarle a nessuno. Perché forse, per essere Cavalieri non bastava indossare un'armatura. E forse finalmente, se ne stava davvero rendendo conto.

    Giunse in un’ampia pianura e sollevò lo sguardo per rendersi conto dei dintorni. Una leggera foschia si innalzava dalla terra fredda dei campi, mentre gli ultimi e fiochi raggi solari della sera illuminavano l’erba secca e sciupata. Stasi. Non c’era niente e nessuno. Nemmeno il vento.

    Trovò un sentiero, fatto di sassi e cocci dalle sfumature bluastre. I suoi stivali martellavano contro quelle rocce, producendo un continuo picchiettio di passi. Pietra contro metallo, pietra contro metallo.

    Avanzava e quel ritmo serrato gli faceva compagnia, cullandolo, mentre l’aria si faceva sempre più umida e fredda. La nebbia si era invece man mano infittita, fino ad inghiottire quegli ultimi raggi di sole, quel fievole barlume di speranza e di calore. Era tutto bianco. Il cielo si mescolava ai confini della terra, e la terra era il cielo, una scatola chiusa ricolma di candido vapore acqueo, come dentro a una nuvola.

    fog


    «Salve.»

    Il respiro di Axel si arrestò, come i suoi passi, in allerta e in ascolto. I suoi occhi si spalancarono nervosamente, incapaci di vedere attraverso alla nebbia. Solo un’ombra riuscì a cogliere, solo una finissima sagoma.

    La sagoma avanzò verso di lui, e mentre il ragazzo si mise sulla difensiva, ella accorciò le distanze sino a svelare il mistero del suo aspetto: si trattava di una donna, una donna molto giovane, forse solo poco più grande di lui, dai capelli lisci e scuri, soffici e danzanti. I suoi occhi erano scuri come dei pozzi, bui e profondi, così neri da rendere indistinguibile l’iride dalla pupilla.

    «Salve, Cavaliere. Salve a te che sei servo dei re e della dea. Ti stavo cercando.»

    A quelle parole Axel reagì facendo un passo indietro, anche se quella figura non sembrava minacciosa. Il suo cosmo era debole, ma non pareva maligno. Non si trattava né di Spectre né di Corruzione.

    «Non ti allarmare, ti stavo cercando. Sono qui per farti un regalo.»

    Continuò lei, accomodante, vista la reazione diffidente di Axel.

    «E che genere di regalo vorresti farmi?»

    Le rispose in tono stizzito, mentre piccole fiammelle di cosmo iniziarono a circondare la sagoma di Axel.

    Lei sorrise, guardando il giovane con un ghigno divertito. E a quel punto Axel se ne accorse. C’era qualcosa di strano nelle sue parole. Era come se più che parlare cantasse, una dolce melodia…

    «Non ti hanno mai letto la mano? Sembra divertente e fa molta scena, credimi. Ma quelle vere non ne hanno bisogno.»

    Axel fu svelto ad intendere: era una strega, o almeno, questo fu ciò che lei volle fargli intendere. E quelle sue parole, così armoniche, erano come cariche di un incantesimo. Anche se avesse voluto, Axel si rese quindi conto che per lui sarebbe stato difficile reagire in maniera aggressiva. Quelle parole erano come soporifere, gli impedivano di utilizzare il proprio cosmo con destrezza, e si sentiva in parte vittima di un particolare stato di ipnosi.

    «E perché mai dovrei farmi leggere la mano da te? Perché vorresti farmi questo… regalo

    «Dunque, diciamo che sono qui su commissione, ma non ti ci arrovellare troppo.» Rispose lei in maniera schiva, infilando una mano nella tracolla e tirando fuori da essa una manciata di quelle che sembrarono essere delle caldarroste. «E ora che ti vedo, capisco il senso di tutto questo.» Concluse, tra un boccone e l’altro, parlando con la bocca piena.

    «Continuo a non capire. Su commissione di ch-»

    «Tu sei giovane.» Lo interruppe bruscamente. «Non che io sia vecchia, ma concedimi qualche vezzo di saggezza. Come dirla nella maniera migliore? Tanti guerrieri si sono trovati al tuo stesso posto. Molti hanno ceduto e molti hanno resistito. Tu sei... sulla buona strada, diciamo.»

    Axel rimase in silenzio. Non sapeva se pensare se la persona che si trovava davanti fosse una specie di veggente o di oracolo, o se fosse semplicemente pazza.

    «Ma se pensi di avere già combattuto le vere battaglie della tua vita, beh, ti sbagli.»

    «Non lo penso. Ribatté subito il biondino, mimando con una smorfia quelle parole sottovoce, subito indispettito, buttando gli occhi al cielo.

    «Questo è il tuo futuro: una battaglia dietro l'altra, finché finirai per fallire.»

    Axel avrebbe voluto smettere di ascoltarla. Cosa ne sapeva lei del suo futuro? Fallire? Perché avrebbe dovuto fallire? Cosa intendeva per fallire? Non portare a termine la sua missione? Non essere abbastanza forte, all’altezza della prova? Doukas, Menodora, Lawrence… loro avevano fallito?

    No, loro non avevano fallito. Loro avevano dato tutto quello che avevano, ne era certo. Combattendo fino all’ultimo respiro. E non riusciva ad immaginarli tristi mentre se ne andavano. Dare la vita per la Dea, per la Giustizia, dovrebbe essere un vero onore per un vero Cavaliere. E non aveva dubbi che loro fossero stati tali, veri Eroi.

    Fece un lungo respiro.

    «Cosa intendi per fallire?»

    «Biondino, lascia che ti dica un'altra cosa.»

    mouth


    Lo disse prendendosi il suo tempo, continuando a sgranocchiare le caldarroste.

    «Il piccolo regalo che mi è stato chiesto di consegnarti, è una briciola di consapevolezza e realtà. Combatterai per tutta la vita, finché ti arrenderai o morirai.»

    Arrendersi o morire…

    «Ma!» Squittì puntando l’indice verso l’alto come a richiamare la sua attenzione. «Così è per tutti noi. Viviamo per combattere, ormai, ciascuno secondo le proprie capacità. Se proprio non ce la fai, pensa allo scopo della tua missione.»

    Axel aveva rivolto il capo verso destra, lo sguardo duro, perso nel vuoto.

    «Non ti curare se le risposte tarderanno ad arrivare. Purtroppo, le divinità non sembrano comprenderci mai come vorremmo. E se anche quello non basta, ricordati che la vera fede non ha bisogno di conferme.»

    «La vera fede?»

    Si voltò all'improvviso verso la giovane, con tono squillante, inarcando un sopracciglio, così come ci si rivolge nei confronti di chi si teme ci stia prendendo in giro.

    Lui aveva avuto fede. Aveva pregato, aveva pregato a lungo e aveva avuto fede. Ma la fede non era bastata. In Giappone i suoi compagni avevano trionfato, ma la fede non era bastata a proteggerli tutti. E ne era rimasto deluso. Ma quella era la fede vera? Quella che non ha bisogno di conferme?

    Arretrò di un passo, incrociando le braccia e ripensò a Nestore. Lui aveva avuto fede. Eppure gli era stato tolto tutto. Ma nonostante ciò, continuava ad averne.

    E in quell'istante Axel capì.






    Capì che non doveva confondere la fede, con l'ego. La fiducia, con le aspettative. L'amore, con il possesso.







    Scosse la testa di fronte a quella realizzazione, chiedendosi come Nestore, il suo maestro, il suo padre adottivo, riuscisse ad impartirgli delle lezioni senza fare nulla di speciale. Semplicemente esistendo.

    «Abbi fede, tu che puoi.»

    Aggiunse lei, mentre i loro sguardi finalmente tornarono ad incrociarsi. Axel non riusciva a capire se stesse scherzando e se ci fosse dell’ironia nel tono della ragazza. Poi le labbra di lei si incurvarono in una maliziosa smorfia di divertimento.

    La giovane si avvicinò con uno scatto repentino, e Axel si ritrovò il suo viso a pochi centimetri dal suo. Fu un movimento così rapido ed inaspettato che ne fu disarmato, e non seppe come reagire, se non arrossendo, imbarazzato. Vide la mano di lei avvicinarsi lentamente in direzione della sua guancia, ma rimase sorpreso quando anziché percepire il dolce tocco di una carezza, percepì solamente un lieve calore. Notò come le dita della giovane affondarono nella suo viso, incorporee.

    «Sei davvero carino.»

    Aggiunse lei, infine, sorridendogli maliziosamente per un’ultima volta, prima che la sua immagine cominciasse a svanire, sulla scia di un lampo di luce cosmica.

    «Aspetta!»

    Tentò Axel di richiamarla ancora una volta, prima che svanisse definitivamente. Ma fu inutile, e si ritrovò solo, nel bel mezzo del cammin di quella pianura nebbiosa. All’orizzonte la foschia aveva iniziato a diradarsi, e i raggi del tramonto avevano riconquistato la loro tela, dipingendo con mille sfumature di rosso il cielo. E la retta via non era poi più tanto smarrita.




    narrato | - parlato - | "pensato" | °telepatia°
    nome » Axel Torden
    casta » Saint di Atena
    armatura » Bronze Unicorn {III}
    energia » Verde
    mentalmente »
    fisicamente »
    status armatura »
    note » Drip drop, drip drop.

    abilità »
    tecniche »

     
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