Armageddon: La distruzione degli inferi

A tutti gli spectre

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    Requiem for a dream
    LA DISTRUZIONE DEGLI INFERI

    PUNTO

    Siamo stati giudicati al cospetto di Dio
    e condannati per le nostre colpe.
    Morte ci aspetta,
    proprio come annunciato nell'apocalisse.
    E udii uno dei quattro esseri viventi che diceva con una voce di tuono: "Vieni e vedi". E io vidi, ed ecco un cavallo giallastro; e colui che lo cavalcava aveva nome Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Ed ecco, si fece un grande terremoto ed il sole divenne nero, perché è venuto il gran giorno della Sua ira.




    Il male senza nome ha contagiato il mondo intero.
Non ha intaccato solo il mondo dei vivi, ma si è insinuato con violenza anche nelle anime di chi, in vita, aveva commesso i crimini più disparati.
Ma voi non sapete cosa diventa un'anima, già corrotta in passato, quando viene infettata dal male.
Oscurità. Nera, viscida, assoluta.
    Questo è il vero inferno.

    
***
    La prima che tenta disperata di lottare è Pandora. Le anime dei dannati vengono contagiate una ad una, riacquistando una nuova vita sotto le sembianze di esseri immondi che hanno le caratteristiche della loro punizione degli inferi, quasi fosse uno scherzo ironico della sorte. I lussuriosi hanno assunto le sembianze di oscuri uccelli dalle grandi ali, capaci di emettere urla assordanti; i golosi altro non sono che un ammasso di putridume velenoso, lenti ma dall'altra tossicità; gli avari e i prodighi sono ora dei grossi giganti di pietra oscura; gli iracondi si sono trasformati in delle belve forti e muscolose, simili a felini ma con sette file di denti aguzzi che si mimetizzano nell'oscurità; gli eretici sono umanoidi in fiamme, talmente disperati che si lanciano gli uni addosso agli altri ed esplodono; i violenti sono dei grossi ed agili serpenti che nuotano nel sangue e sputano sangue rovente dal viscido e disgustoso corpo coperto di squame; i suicidi si mimetizzano nella selva, mutati come sono in alberi animati i quali rami e radici si stringono attorno a chiunque passi per quei luoghi; i fraudolenti, i ladri, i truffatori di ogni genere sono i peggiori, poiché il Male ha donato a loro una forza senza pari dandogli fattezze di grossi demoni armati che hanno fatto scempio dei propri aguzzini; i dannati del cocito si sono liberati dalla propria prigione trasformandosi in grossi giganti di ghiaccio capaci di controllare l'elemento stesso.
    Non c'è lotta per Pandora. Hades non si trova e schierare gli spectre sarebbe un suicidio; L'Ade viene gradualmente invaso da queste creature che mutano sotto i vostri occhi. Vi è una sola soluzione:

    Fuggire.

    Ho aperto un varco nella Giudecca che vi condurrà all'entrata dei cieli..Difendetela ad ogni costo prima che sia troppo tardi!

    Un messaggio telepatico da Pandora che rischia il tutto per tutto per tenere quell'unica possibilità di salvezza aperta.

    Chi riuscirà a sopravvivere?



    Bene ragazzi. L'Ade, i gironi infernali, così come li conosciamo, sono completamente occupate dalle creature descritte sopra, che altri non sono che i dannati tornati a nuova vita e nuova forma. Pandora e difende il varco: nel prossimo post dovete fare l'impossibile per raggiungerla e passare oltre.
    Il contagio del male avviene come una malattia che si diffonde a macchia d'olio; tutti gli esseri del male vi seguiranno per distruggervi, cercate di rendere al meglio la cosa e badate che non voglio che facciate semplicemente i fighi della situazione, qui si sta parlando di pandemia, di fine del mondo. Tutti riceveranno il messaggio telepatico di Gaz che li aggiorna sul proprio destino e lo potete trovare a questo link:

    https://saintseiyafinal.forumfree.it/?t=64331766

    Per Shen: sei già fuori dalla porta dei cieli, nel cuore dell'Everest in una cavità nascosta. Percepisci una minaccia e il grido disperato di Pandora, ma quando ti recherai a vedere cosa accade, lì dove la porta dei cieli si congiunge con la terra avvisterai un grande esercito alato provenire dal cielo: è il male che viene a prendere il resto dell'Ade.
    Naima non si trova, così come Druj e Aizen. Neanche Hades ha risposto alla chiamata. Sei solo.



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    Demonio di uno stregone oscuro

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    CITAZIONE
    Legenda:
    Narrazione
    Parlato
    § Pensato §

    Prologo

    CITAZIONE
    Nella cultura popolare, l'espressione "Fine del Mondo" viene usata in senso generico per indicare un possibile evento (o una serie di eventi) con conseguenze catastrofiche a livello mondiale, tali da causare per esempio la distruzione della Terra, della biosfera o della specie umana. Il tema della "Fine del Mondo è presente in molte mitologie e religioni ed è ricorrente nella narrativa fantastica e fantascientifica.

    Quante volte, nel corso della lunga storia dell'umanità, si era provato a stabilire una possibile data per la "Fine del Mondo"? Singoli uomini di chiara fama, presunti visionari, piccole comunità e interi gruppi religiosi vi si erano cimentati sia in epoca recente sia nei lontani tempi del mito. Tale tema era sempre stato ricorrente, destando paura e sgomento nelle menti dei soggetti maggiormente influenzabili, mentre lasciava del tutto indifferente gli scettici. Fino ad oggi, erano sempre stati i secondi a deridere gli altri. Come gli si poteva dare torto?
    Con il senno di poi, la razza umana aveva attraversato indenne molti dei quei presunti "momenti critici". Come non ricordarsi ad esempio del fatidico anno mille tanto paventato dai cristiani, a causa di uno dei versi dell'Apocalisse che recitava le parole "mille e non più di mille"? Invece il mondo era sempre li, pronto a continuare ad ospitare tutta la popolazione animale e vegetale presenti in natura, come se niente fosse successo. Chi mai avrebbe dunque scommesso sul serio sulla data del 21/12/2012 per stabilire la "fine di ogni cosa"?
    Invece, questa volta, era accaduto il peggio... erano stati i "catastrofisti" ad avere ragione. Non che avessero qualcosa da festeggiare, sia ben chiaro. Qual'era stata la precisa causa della "Fine del Mondo"? A dispetto di quanto si potesse pensare, l'Apocalisse non venne condotta da nessuna divinità (famigerata o meno che fosse), così come non ne fu responsabile alcun fenomeno celeste o perfino la sconsideratezza di un uso improprio delle armi nucleari detenute dagli uomini. Era semplicemente il Male allo "stato puro" a reclamare la sua partecipazione a questo evento.
    Il cielo si fece improvvisamente nero come la pece. Mai più i caldi quanto lucenti raggi solari avrebbero raggiunto la superficie del pianeta Terra. A causa di ciò, sarebbe presto seguita una brusca diminuzione delle temperature. Tutte le specie viventi del mondo (vegetali o animali che fossero) si sarebbero dovute preoccupare di ben altro che questo. Difatti, la loro triste sorte consisteva nel venire inesorabilmente corrotte e mutate nella propria essenza, in favore di qualcosa di "aberrante" come mai se ne erano viste fin dalle origini dell'universo. Gli umani non facevano eccezione.
    L'intero globo era diventato un luogo irriconoscibile, perfino peggiore degli inferi. Eppure, c'era da dire che nemmeno l'Oltretomba sarebbe stata risparmiata dalla "Fine del Mondo". Per quanto sembrasse un territorio eterno ed immutabile, anche in esso si stavano svolgendo dei radicali cambiamenti. Le anime dei defunti avevano assunto una nuova quanto terribile identità mortale, la quale andava a rispecchiare ironicamente ciò che era la pena che stavano scontando sotto il volere del re degli inferi. La corruzione degli spiriti trapassati si stava diffondendo come un aggressivo morbo sempre di più.
    Presto le povere vittime si sarebbero trasformati in carnefici ribaltando completamente l'ordine naturale delle cose. Nessuno poteva opporvisi, poiché anche i temibili specter dell'esercito di Hades dovevano lottare strenuamente contro la propria coscienza, se non volevano diventare strumenti del "Male" a loro volta. Comunque sia, era solo una questione di tempo. Proprio come recitava a chiare lettere la porta d'ingresso degli inferi, non vi era alcuna “speranza”. Eppure, proprio quando la rassegnazione stava prendendo il sopravvento sulla massa dei guerrieri infernali, accadde un vero "miracolo".

    Settima Prigione - Terzo Girone

    CITAZIONE
    Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento,
    piovean di foco dilatate falde,
    come di neve in alpe sanza vento.

    Questa settima prigione si presentava come una sterile quanto incandescente landa sabbiosa, la quale si estendeva a perdita d'occhio in ogni possibile direzione. Una continua pioggia di fuoco ad elevata temperatura flagellava questo posto, abbattendosi sulle povere anime dannate senza la benché minima traccia di pietà. In questo specifico luogo degli inferi venivano puniti i bestemmiatori, i sodomiti e gli usurai. I primi erano costretti a rimanere distesi ed immobili sopra il terreno riarso, i secondi correvano sotto la pioggia infuocata ed i terzi restavano seduti sulla pietra incandescente. Erano uno spettacolo assai crudo nel suo complesso, ma non peggiore di molte altre zone di cui era composto l'averno.
    A causa della struttura stessa della prigione, uno specter in particolare aveva deciso di stabilire qui la propria residenza. Geb, un ex dio della terra egizio, aveva un forte legame con la sabbia. Pertanto, egli era capace di manipolare la suddetta sostanza a proprio uso e consumo. Solo la sua fiorente fantasia poteva pensare di limitarlo. Il guerriero dell'averno aveva dunque trovato in questo luogo un ambiente perfetto per i suoi scopi. Erano passati solamente pochi giorni da quando lo specter della Terra Obbligata era stato investito a cavaliere, ma in quella landa arroventata troneggiava già una piccola piramide, eretta a tempo di record dai poteri sovrannaturali del dio e dagli sforzi congiunti di una moltitudine di skelton. Di certo non mancava la materia prima per riuscire in questa ardua impresa.
    Il cosmo di Fate (perché così preferiva essere chiamato dagli altri, con le eccezioni di Hades o la sua celebrante Pandora) aveva subito un notevole incremento di potenza da quando era risorto con questo nuovo involucro di carne, sangue ed ossa mortali. Se il giovane albino avesse dovuto affrontare una seconda volte le stesse prove a cui era stato sottoposto per l’evasione dalla cripta, era certo che avrebbe saputo spazzar via ogni ostacolo sul suo cammino con il minimo dell'impegno. La sua consapevolezza del potere delle stelle era accresciuta così tanto da garantirgli questo indiscutibile privilegio. Eppure, questa grande forza non era che un "granello di sabbia nel deserto" di fronte al “Male” che stava avanzando minacciosamente sull'intero pianeta.
    Fate avvertì i primi decisi segnali del cambiamento all'interno della propria anima. Seduto sul suo alto seggio, posto nella vasta sala presente nella cima della sua dimora, egli si dimenava irrequieto. Nulla sembrava in grado di restituirgli la tranquillità, nemmeno la visione panoramica della prigione su cui regnava come sovrano indiscusso. La camera del trono era concepita in modo tale da potersi aprire su tutti e quattro i lati, mediante il sollevamento in avanti di una sola mano dello specter. Questo gesto era sicuramente accompagnato dal lancio di particelle di cosmo che attecchivano sulle pareti erette con la sabbia indurita, così da poter essere manipolata da Fate senza il minimo problema. Le pesanti paratie interne del salone si alzavano a sufficienza da permettergli di spaziare la sua acuta vista in direzione di ogni punto cardinale.

    § Che cosa mi sta succedendo? §

    Il combattente degli inferi era profondamente perplesso. Nonostante in un remoto passato avesse vissuto come una creatura sovrannaturale, tanto da poter essere definito con l'appellativo di "divino Geb" dal popolo egizio in adorazione, questa era davvero la prima volta che gli capitava un qualcosa a cui non sapeva dare una valida spiegazione. Più il tempo trascorreva, più Fate sembrava mostrare segni di estrema sofferenza. Il suo volto, quasi sempre inespressivo in genere, si contorceva nel sostenere quell'atroce dolore persistente nel suo animo. Egli pensò erroneamente che fosse dovuto ai postumi di una "sincronizzazione imperfetta" con il "contenitore umano" che aveva accolto il suo spirito demoniaco.
    Magari la motivazione fosse stata solo questa. In realtà, ciò che lo aveva colpito, si stava manifestando in ogni essere vivente del creato. Sembrava come una sorta di inarrestabile morbo capace di infettare rapidamente per via aerea tutti coloro posti nelle immediate vicinanze del "primo vettore". Perfino i morti ne venivano colpiti, mutando in qualcosa di estremamente fastidioso e sgradevole l'uno dopo l'altro. Tuttavia, non vi era alcuna forma di contagio, perché ognuno di loro era a conti fatti un "portatore sano". Poco importava se, pur di tentare di scappare da questo triste destino, ci si era frettolosamente isolati in qualche luogo remoto del mondo; presto o tardi, se ne sarebbero subite ugualmente tutte le conseguenze del caso.
    Il “Male” era da ricercare solo dentro se stessi e non altrove. Fate imparò alla svelta che nemmeno il Duat (gli inferi) era più un luogo sicuro. Sgranò i suoi occhi celesti di fronte alle anime dei violenti che, corrotti nella loro più intima essenza, si mutavano in enormi “creature rettiloidi” all'apparenza molto pericolose. Oltre ad avere la capacità di strangolare con forza le vittime, potevano essere dotati di un veleno mortale sito nelle affilate zanne della bocca. Allo specter non era ancora chiaro cosa stesse accadendo, ma era indubbio che non fosse nulla di buono. Ritenne inoltre che sarebbe maggiormente saggio da parte sua ripiegare in un luogo facile da difendere e ricercare l'aiuto dei colleghi; ma come poteva agire liberamente, se la sua medesima anima era in procinto di degradarsi?

    Fu propria allora, che arrivò un provvidenziale messaggio telepatico da parte di una persona sconosciuta.

    CITAZIONE
    * Amici miei, alcuni mi conoscono e alcuni no: sono Gaz. Quello che sto per dirvi è molto importante. Questo nemico che - tutti - stiamo affrontando non può essere sconfitto e le vittorie riportate nell'Olimpo, a Città del Messico e a Bangkok sono fallaci. Questo male non è una forza esterna o un Dio che vuole conquistare il mondo ma è parte di noi.

    Per millenni gli uomini e gli Olimpici hanno violentato e stuprato l'essenza stessa di questo pianeta, facendo si che una forza oscura e maligna si accumulasse nel cuore di ogni uomo, di ogni essere vivente. Questa forza doveva essere sconfitta grazie al Ragnarok ma ciò non accadde e anzi, in quell'occasione il suo potere aumentò a dismisura. Non so spiegarvi cosa sia, come possiamo abbatterla ma una cosa è chiara: essa intacca e corrompe la natura stessa del cosmo che risiede in ogni cosa. Gli Olimpici possono continuare ad esistere solo come entità incarnate tornando ad essere 'mortali', per tale ragione ultimamente sono ritornati in massa sulla terra e tutti gli uomini che non sono in grado di contrastare il male verranno corrotti e subiranno mutazioni di forza e di aspetto importami, divenendo esseri vuoti privi di un'anima e di una proprio coscienza, diventando parte integrante di questa forza oscura.

    Per tale ragione io che rappresento la nuova generazione e il caro Ismael - ormai Prometeo - abbiamo dato via a un qualcosa in grado di preservare la vostra coscienza. Questa che è la fiamma della Conoscenza vi permetterà di respingere la corruzione e di poter usare i vostri poteri.

    É stata concessa questa possibilità, vi è stato dato modo di poter vivere ma agite in fretta. Il male si sta espandendo e corrompendo ogni essere vivente, il cielo si oscurerà per sempre e mai più la luce carezzerà le vostre membra. Asgard, Death Queen Island, il Grande Tempio, il Lost Canvas, il Bosco Sacro, Atlantide, il Labirinto di Crono saranno le uniche roccaforti umane dove sarà possibile vivere da uomini liberi. Ma il male non desisterà, il male cercherà di distruggere ogni cosa fino a quando il vuoto non prenderà tutti.

    Salvate i vostri cari, accogliete uomini e donne ancora non infettati dal male e lottiamo tutti insieme per trovare - un giorno - una soluzione a quest'oscurità che ci ha assalito.*

    Fate ora aveva un quadro più completo della situazione. Questo messaggio telepatico non sembrava una trappola o una mera presa in giro, anche perché lo specter della Terra Obbligata si stava accorgendo da solo di come il “Male” stesse tentando di avere ragione della sua coscienza e di come avesse già raggiunto le anime dei morti della sua prigione di competenza. Il guerriero avernale non sapeva nulla a riguardo degli scontri citati da tale Gaz. Non aveva nemmeno la più pallida idea degli eventi collegati al Ragnarok. Il divino Geb era risorto alla vita da pochissimi giorni, gli serviva ancora del tempo per diventare un perfetto ingranaggio in seno all'esercito degli inferi. Il pensiero che ogni dio esistente in questo angolo di universo fosse tornato a calcare la terra sottoforma di "mortale", lo aveva però interessato parecchio.
    Anubi, Horus e gli altri esponenti del vasto phanteon egizio a che sorte erano andati incontro? Non appartenevano alla schiera degli Olimpici, ma erano pur sempre entità sovrannaturali di pari levatura. Forse avevano anch'essi acquisito fattezze mortali? Se la risposta era si, il giovane dai capelli bianchi li avrebbe trovati in Egitto in procinto di sostenere questa disperata battaglia per la propria sopravvivenza? Fate indugiò per un momento su tali gravi pensieri, ma scosse la testa deciso... non vi era tempo da perdere. Egli doveva innanzitutto salvare la propria di pellaccia, visto che la piramide dove si era insediato, stava per essere presa d'assalto dalle innumerevoli forze del “Male”. Grazie agli sforzi di Prometeo, il corpo dello specter ora riluceva di una vivida fiamma scarlatta, la quale sembrava avere il potere di purificare la sua anima torturata, donandogli un immediato sollievo.
    Invece, la candida pelle del giovane umano non ne era stata minimamente intaccata dal quel fuoco arcano. Il fenomeno si sviluppò nell'arco di qualche decina di secondi appena. Tuttavia, anche quando quella strana fiamma finì con lo spegnersi, Fate avvertì che la corruzione della sua essenza vitale non si sarebbe mai più verificata una seconda volta. Gli era stato fatto davvero un bel regalo da parte di Prometeo ed esso non doveva andare sprecato… per nessuna ragione al mondo. Sarebbe stato assai seccante risorgere come guerriero al servizio del dio degli inferi, solo per assistere impotente alla "Fine di ogni cosa". Fate era ora in grado di combattere ed opporsi a quel destino infausto. Altri come lui erano sicuramente pronti a passare alla controffensiva.

    CITAZIONE
    Ho aperto un varco nella Giudecca che vi condurrà all'entrata dei cieli… Difendetela ad ogni costo, prima che sia troppo tardi!

    Il messaggio telepatico seguente, arrivava da una persona conosciuta. Pandora, la celebrante del divino Hades, si era lanciata in un corto e disperato appello rivolto a tutta la schiera degli specter. Li esortava a raggiungere quanto prima la Giudecca, fintanto che ella riusciva a tenere aperto il varco dimensionale che avrebbe condotto l’esercito degli inferi sul Lost Canvas. A quanto pareva, la situazione precipitava in ogni recesso dello sterminato Duat, esattamente come si era immaginato Fate. Era chiaro che le anime dei morti corrotte dal potere del “Male”, si stessero ribellando all’autorità del re degli inferi. Il territorio avernale era troppo esteso e ricolmo di nemici per pensare di salvaguardarlo.
    Lo specter della Terra Obbligata trovava quindi corretta la decisione operata da Pandora. Era meglio ripiegare in forze sul Lost Canvas, cercando di arginare da quella posizione privilegiata il flusso di entità immonde che solcavano ormai l’intero globo terrestre. Tuttavia, si poneva un altro pressante problema: ogni singolo guerriero in corazza violacea doveva aprirsi da solo la strada fino alla Giudecca, cercando di sfuggire alle grinfie di un numero praticamente illimitato di avversari che andavano da un livello di pericolosità insignificante fino a quelli capaci di rivaleggiare con i più potenti cavalieri attualmente esistenti in ogni casta divina e non. Perfino Fate, per quanto avesse acquisito una consapevolezza cosmica di media rilevanza, non poteva sperare di falcidiare quella massa di nemici senza l’intervento dei suoi compagni di schieramento.

    Geb deve abbandonare questo posto al più presto possibile.

    Fate si alzò finalmente in piedi dal suo alto seggio. La surplice d'ordinanza tintinnava lievemente, mentre il dio egizio si spostava a passo misurato in direzione di una delle quattro paratie aperte, così da poter vedere più da vicino le forze dell'oscurità. Queste si stavano nel frattempo ammassando verso l'ingresso della piramide come fossero un unico nero fiume in piena. La spessa porta di sabbia indurita, seppur prontamente sbarrata dagli skelton sopravvissuti, non sarebbe durata ancora a lungo. La residenza dello specter della Terra Obbligata era un dedalo ricolmo di trappole e trabocchetti di ogni sorta. Il giovane aveva preso in parte spunto dalla cripta da cui era evaso poco tempo prima. Questi espedienti avrebbero ulteriormente ritardato la conquista di quella fortezza.
    Per le emergenze, ed era ironico pensare che gli sarebbe servito immediatamente, Fate aveva allestito un passaggio segreto sotterraneo che lo avrebbe condotto in sicurezza fino ai margini più esterni della settima prigione infernale. Da li in avanti sarebbe stato esposto, ma era già qualcosa arrivare vivo e vegeto fino a quel punto e senza dover sprecare nemmeno un goccio delle sue risorse cosmiche in futili combattimenti. Abbassando infine lo sguardo su quelle dannate esistenze rettiloidi, Fate si concesse di compatire quei poveri disgraziati, che avevano perduto per sempre le loro originali fattezze umane. Si chiese se anche gli abitanti della superficie fossero tutti mutati a quella stessa maniera o meno.

    § Fate se tu fossi ancora qui... dentro questo corpo mortale, che cosa penseresti mai di tutto questo? Si tratta sicuramente di un qualcosa che va ben oltre la semplice epurazione selettiva dell'umanità. Questo è un chiaro tentativo di sterminio totale di ogni forma di vita esistente sul pianeta. Non l'apprezzeresti, ne sono convinto. Nemmeno io, il divino Geb, sono in grado di sopportare questa vista senza versare una lacrima di tristezza. Mi farò carico di vendicare ogni singolo "spirito puro", annienterò questa blasfemia un giorno o l'altro... questa è una promessa che ti faccio, quanto è vero che il mio nome è Geb. §

    Lo specter della Terra Obbligata diede il suo ultimo commiato alla razza umana, alle fertili terre bagnate dal fiume Nilo, ai valorosi skelton che vennero trucidati all’ingresso della piramide e alla sua meravigliosa dimora negli inferi ormai violata dai nemici. Sventolò dietro di sé il suo lungo manto scuro, prendendo a camminare rapidamente in direzione dei sotterranei. I suoi stivali metallici picchiettarono a ritmo sulla dura superficie di sabbia indurita, scendendo la ripida quanto stretta scalinata segreta che lo avrebbe condotto verso il corridoio di fuga. Vi erano due possibili direzioni da intraprendere, ma Fate ignorò quello che lo avrebbe condotto verso l'inizio del terzo girone della settima prigione, imboccando la direzione opposta. La sua meta ultima era la Giudecca, nel cuore stesso dell'averno. Pandora non avrebbe resistito in eterno, così corse quanto più velocemente possibile. Egli era il detentore di cinque volte la velocità del suono.
    La sua mano destra stringeva un telecomando a lungo raggio. Una volta raggiunto il fondo del passaggio segreto, prima ancora di provare a riemergere alla superficie per controllare la sua posizione, il ragazzo dalla carnagione pallida azionò il bottone rosso impresso su di esso. Rinascendo a nuova vita in questa epoca (o forse erano dei frammenti di ricordi appartenenti a Fate?), gli erano state anche inculcate nella mente tutte le nozioni basilari per muoversi con nonchalance nella società umana moderna. L'antico dio egizio trovava che le "bombe al plastico" fossero uno strumento particolarmente interessante di cui servirsi. Ne aveva disseminato grandi quantità in tutta la struttura della piramide, così da poterla fare saltare in aria insieme a coloro che avessero mai tentato di invaderla, costringendo dunque il suo legittimo proprietario alla ritirata. Inoltre, avrebbe fatto crollare anche il tunnel sotterraneo segreto, così da far perdere momentaneamente le sue tracce al nemico.
    Non aveva molta importanza il numero dei demoni annientati con quell'astuto stratagemma, di certo "non ortodosso" per un cavaliere; sapeva che erano comunque sia un esercito infinito che non si poteva sperare di sconfiggere. Il giovane dalla chioma bianca salì le scalette di pietra e scostò con attenzione la finta pietra mimetizzata con il resto del panorama circostante che bloccava l'accesso al corridoio di fuga. Si guardò attorno circospetto, sperando che non vi fossero nemici nei dintorni. Così fu... con suo grande sollievo interiore. Probabilmente, i morti che erano stati corrotti dal "Male", persistevano a rimanere all'interno della prigione di loro competenza, evitando di sconfinare in quelle adiacenti, ma poteva anche darsi che il boato della deflagrazione della piramide li avesse attirati in massa da quella parte, lasciando sguarnita questa zona dell'averno. Fate si diresse verso le dieci Malebolge, facendosi ben avvolgere dalla sua cappa scura e tirando sopra la testa il relativo cappuccio, così da provare a passare maggiormente inosservato in quel brullo paesaggio.

    ...

    Le Malebolge nel loro insieme costituivano l'ottavo prigione infernale, l'unica a possedere un nome proprio. Il territorio era formato da dieci distinte fosse concentriche, cerchiati da mura e scavalcati da ponti di roccia, simili alle fortificazioni esterne di un castello. In ognuna di esse venivano puniti un diverso tipo di anime dannate che si erano macchiati in vita del crimine della fraudolenza. Ruffiani e seduttori, adulatori e lusingatori, simoniaci, maghi e indovini, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri e fraudolenti, scismatici e seminatori di discordia, infine falsari... questo era l'elenco completo dei morti qui alloggiati. Tuttavia, Fate si accorse con i propri profondi occhi celesti che i trapassati erano mutati anche in questa prigione in qualcosa di orribile. Al posto dei nudi peccatori, vi erano demoni giganteschi armati di spade, asce ed ogni altra sorta di arma antica.
    Fortuna volle che lo specter della Terra Obbligata poteva evitare di passare all'interno delle Malebolge piene zeppe di creature maligne, sfruttando la presenza dei ponti sospesi. Incontrò lungo il tragitto solo un paio di questi esseri errabondi, ma riuscì a disfarsene rapidamente con il suo terrificante attacco denominato Funeral Desert, soffocandoli a morte con la sua sabbia prima che essi potessero chiamare dei rinforzi. Dovette invece evitare con molta attenzione un gigante che sprigionava una grande quantità di energia maligna, che trasportava sulle sue ampie spalle una enorme ascia a due mani seghettata capace di sprigionare fiamme nere. Il mostro si trovava in prossimità del passaggio crollato della sesta fossa concentrica. Il ponte di collegamento era franato in tempi remoti a causa di un terremoto verificatosi in concomitanza con la morte di Gesù Cristo, così da costringere perfino il sommo poeta Dante Alighieri ad inoltrarsi all'interno della quinta voragine.
    Fate però non aveva alcuna intenzione di rischiare la propria esistenza perseguendo una via tanto pericolosa, poiché sorvegliata da innumerevoli creature immonde pronte a gettarsi su di lui. Sfruttò quindi la maledizione del Curse of the Clones per tenere sufficientemente impegnato il demone dalle ragguardevoli dimensioni contro un suo doppione in realtà inesistente. Nel mentre che accadeva ciò, il guerriero avernale utilizzava il suo perfetto controllo sulla sabbia per riparare il ponte crollato e passare velocemente sopra di esso. Eppure, il deforme mostro disponeva di una forza di volontà così potente, che riuscì a spazzar via la tecnica illusoria dello specter dalla sua mente. Si accorse quindi della presenza del vero giovane dai capelli bianchi e lo rincorse lungo il passaggio sospeso a diverse centinaia di metri di altezza. Fate esibì un lieve sorriso compiaciuto, perché non appena il nemico mise piede sopra la parte ricostituita con la propria sabbia grigia, levò una mano in quella direzione per fargli mancare la terra da sotto i piedi... nel vero senso del termine.
    Inevitabilmente, il gigante armato lanciò un acuto grido che riecheggiò in tutta la zona circostante per poi finire con lo sfracellarsi a morte sulle dure quanto affilate rocce sottostanti. Fate corse quanto più velocemente possibile le proprie gambe potessero mai sperare di sostenere. Era indubbio che molto altri giganti si sarebbero presto raggruppati in quel luogo per verificare cosa fosse accaduto. L'ex dio egizio percorse i restanti ponti sospesi della settima prigione in tutta fretta, prima che essi venissero invasi dalle forze del "Male", rendendogli dunque "impossibile" ogni tentativo di salvezza. Superato i dieci fossati concentrici, la temperatura si abbassò notevolmente, sintomo che lo specter della Terra Obbligata aveva raggiunto il lago ghiacciato del Cocito. Quest'ultimo era suddiviso in quattro distinte parti: Caina, Antenora, Tolomea e Giudecca. La sua meta era proprio l'ultima. Li lo attendeva Pandora per fargli varcare la porta dimensionale.

    § Sono quasi arrivato... ancora un piccolo sforzo Fate, coraggio. §

    Fate si avvide che i dannati qui avevano assunto l'aspetto di imponenti giganti di ghiaccio. Era molto probabile che costoro fossero in grado di sfruttare qualche potere legato al loro elemento, pur di avere la meglio su eventuali avversari. I traditori dovevano costituire l'armata più potente e pericolosa a disposizione del "Male". Bastava tentare di percepire la loro energia vitale per rendersi conto di questa verità assodata. Il percorso da intraprendere per attraversare la nona prigione avernale sarebbe stato molto più arduo del precedente. Qui non vi era alcun modo per aggirare i mostri. Bisognava sfruttare le rocce e le stalagmiti di ghiaccio per nascondersi alla vista degli avversari, cercando di guadagnare in questa maniera preziosi metri su metri. Ci sarebbe voluto un cospicuo ammontare di tempo e di fortuna per riuscire in tale impresa. Fino adesso, il ragazzo dalla carnagione pallida era sempre riuscita a cavarsela.
    Il guerriero avernale sfruttò continuamente dei diversivi per cercare di oltrepassare i punti maggiormente "critici". Prese piccoli pezzi di ghiaccio e li scagliò in punti lontani da quelli dove intendeva passare. Otteneva così di attirare l'attenzione dei demoni altrove, mentre lui provvedeva a spostarsi di nascondiglio in nascondiglio senza emettere il benché minimo rumore. Pur se in apparenza pareva tutto così semplice, in realtà l'ex dio egizio si stava appellando ad una grande concentrazione interiore per riuscire a mantenersi lucido di mente. Singole gocce di sudore, che si congelavano all'istante data la bassa temperatura del luogo, facevano capolino sulla sua fronte. Il respiro era mozzo, i polmoni dolevano nell'inspirare aria tanta gelida. Fate non poteva cedere ad un passo dalla propria sopravvivenza, così annientò un mostro che gli dava le spalle, trafiggendolo al cuore (il suo nucleo vitale) da parte a parte con un pugno ammantato di cosmo purpureo e scavalcò il suo cadavere ridotto in frantumi, determinato a raggiungere la celebrante del divino Hades ad ogni costo.

    § Il mio lungo viaggio termina qui... §

    Lo specter raggiunse dopo tante peripezie la struttura della Giudecca. Essa era invasa letteralmente da una folla di nemici, che volevano irrompere con la forza bruta al suo interno ed eliminare l'ultima resistenza offerta da Pandora. Di fronte ad una vista tanto orripilante, per un breve frangente perfino il dio delle terra egizio si sentì tremendamente scoraggiato. Aveva fatto tanta strada e adesso non vedeva alcun modo plausibile per superare quell'orda demoniaca. In mezzo ad essi, vi erano una moltitudine di individui troppo potenti per riuscire ad averne ragione. Cosa poteva inventarsi il manipolatore della sabbia? Il pesante portone d'ingresso principale era "off limits", resisteva a fatica alla scarica di ghiaccio riservata dalle fauci spalancate dei giganti del ghiaccio. Fate provò dunque un ulteriore escamotage. Si era conservato parecchie risorse cosmiche nel disgraziato caso in cui fosse stato catturato dagli antagonisti e non volesse dal loro l'opportunità di divertirsi a spese del suo "involucro umano" prima di ucciderlo in via definitiva.
    Il guerriero degli inferi si mosse con attenzione, in modo da cercare di arrivare a lato dell'edificio della Giudecca. Anche questa zona era presidiata da un nutrito numero di mostri delle forze del "Male". Da dove si trovava ora Fate fino allo spesso muro di quella struttura, vi erano circa quindici metri di distanza ed una rampa di scale senza alcuna copertura. Se si fosse lanciato in avanti a testa bassa privo di una qualsiasi strategia ben definita, lo specter della Terra Obbligata non sarebbe mai arrivato vivo fino li. Il dio egizio caricò in ambo i suoi arti superiori un quantitativo pazzesco di potere delle stelle e scagliò veros un punto distante una raffica di proiettili di sabbia intrisa di cosmo, ossia la Dark Rays, con l'obiettivo di far crollare giù tutta una enorme parete di ghiaccio sita frontalmente alla Giudecca. Quando il corposo lastrone congelato impattò al suolo, generando un rombo fragoroso di accompagnamento, detriti e macigni si sparsero in ogni possibile direzione. Si scatenò un indicibile pandemonio fra le fila avversarie colte di sorpresa.
    I demoni in rotta si sparpagliarono disordinatamente... almeno quelli che erano in condizione di farlo. In seguito, la gran parte di essi andò a verificare cosa avesse prodotto quell'anomalo fenomeno, sospettando la presenza di specter o skelton superstiti che avevano coraggiosamente l'intenzione di attaccarli da dietro. I mostri siti lateralmente rispetto alla Giudecca si mossero a raggiungere i propri compagni per capire cosa stesse accadendo, lasciando dunque totalmente sguarnita la loro postazione. Era il momento giusto per agire. L'antica ex divinità egizia si gettò disperatamente in avanti, appoggiò ambo i palmi delle mani contro il muro esterno dell'edificio ed esercitò tutto il suo potere residuo per eroderlo rapidamente in fine sabbia grigiastra. Stava dunque tentando di aprirsi un piccolo cunicolo che gli consentisse di passare oltre, ma non troppo grande per permettere ad un gigante di ghiaccio di sfruttare il medesimo espediente. Passarono brevi istanti che parevano eterni per il giovane dalla chioma bianca.
    Fate temeva seriamente di essere catturato da un momento all'altro dai nemici, perché troppo lento nell'aprirsi un buco in quella solida parete. Fortunatamente, non si stava di certo parlando del famoso Muro del Pianto, il quale risultava del tutto inattaccabile tranne che dalla luce diretta del Sole. Così il combattente avernale venne infine ripagato per i suoi intensi sforzi. Lo specter della Terra Obbligata si gettò di testa dentro lo stretto pertugio, appena prima di venire afferrato per una gamba da un demone di ghiaccio ritornato alla sua postazione d'origine. L'umano camminò per diverso tempo all'interno dell'edificio privo di una chiara forma di illuminazione. Solo occasionali torce appese al muro gli mostravano la via. Fu comunque sia grato di potersi godere un momento di relax in quella placida penombra. Il guerriero avernale giunse alla sala del trono in capo a qualche minuto, trovando ad accoglierlo una bella donna vestita di nero che sorreggeva fra le mani un grande tridente. Tramite l'ausilio di tale strumento, ella si stava adoperando con molto sforzo fisico/cosmico a tenere aperto un rilucente varco. L'unico sistema per abbandonare in sicurezza gli inferi. La fanciulla dai lunghi capelli corvini si sarebbe accorta della presenza di un altro individuo nei paraggi, ma si sarebbe rilassata l'istante seguente comprendendo bene che il giovane che aveva di fronte a sé, era uno dei suoi fidati uomini.

    Geb, specter della Terra Obbligata a rapporto.

    Il guerriero avernale dimostrò il dovuto rispetto alla celebrante del divino Hades, esibendosi in un leggero quanto elegante inchino. Dopotutto, Pandora se lo meritava per l'impegno che aveva profuso fino a quel frangente. Terminato quel breve convenevole, il giovane dalla carnagione pallida si avviò in direzione del portale dimensionale. Ben sapeva che una dura lotta lo attendeva al di la di esso. Se la fazione degli specter non fosse riuscita a difendere efficacemente il Lost Canvas, per loro, tutto sarebbe stato perduto. Fate non avrebbe atteso l'arrivo degli altri suoi colleghi. Se questi non fossero stati in grado di cavarsela da soli in mezzo a questo disastro, significava che non disponevano dei requisiti necessari per sfoggiare le corazze violacee di cui tanto andavano fieri.

    jUeR9

    Nome ☥ Fate Averruncus
    Energia ☥ Rossa
    Casta ☥ Specter
    Cloth ☥ Surplice della Terra Obbligata [Grado IV]
    Status Cloth ☥ Integra
    Status Fisico ☥ Sfinito dal lungo viaggio per la propria sopravvivenza
    Status Psicologico ☥ Sfinito per la continua concentrazione esercitata

    Abilità Utilizzate

    Sand Control (a più riprese lungo il tragitto)

    Tecniche Utilizzate

    (diverse lungo tutto il tragitto)


    Edited by ShinAnslasax - 5/6/2013, 17:55
     
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    LA DISTRUZIONE DEGLI INFERI
    armageddon: ade

    I
    ~

    Vivere per tanto tempo a stretto contatto con i morti e le loro anime stavano radicalmente mutando il carattere di Ramal e della stella.
    Se prima si trovava a suo agio nel dispensare morte e distruzione ovunque, adesso quel ruolo gli stava in un certo senso stretto e preferiva rimanersene a meditare in una delle prigioni degli inferi: per la comunione con gli alberi la settima prigione, per la vista la quinta mentre per il clima la quarta.
    Proprio in quest'ultima aveva trovato un buon posto, dove rilassarsi, attorniato dalle innumerevoli grida di dolore e sofferenza dei peccaminosi costretti a spingere massi per l'eternità, mentre un tepore caldo rinvigoriva i muscoli dello Spectre.
    C'era solo una prigione che evitava sempre, anche se non aveva mai rivelato il perché, ed era l'Ottava Prigione e le relative malebolge.

    Improvvisamente, un sommesso ruggito lo scosse fortemente e una voce sconosciuta s’insediò nella sua mente, inviandogli un messaggio urgente e della massima importanza.
    Diceva di chiamarsi Gaz e parlava di un nemico misterioso: non una semplice divinità o qualche invasore ultraterreno, bensì un male radicato così a fondo che era parte stessa di loro.
    Parlò degli Olimpici e di un certo Ragnarok, di cui però Ramal non sapeva praticamente nulla eccetto che quel poco appreso dagli appunti dal giudice degli inferi, Fedor di Garuda, su diretto superiore.
    Parlò anche di un certo Ismael, divenuto Prometeo, di una fiamma della Conoscenza e di uno dei pochi luoghi sicuri in cui nascondersi per sfuggire a quella minaccia: il Lost Canvas.

    Ramal non comprendeva il senso di quelle parole, giacché era certo che nulla avrebbe potuto minacciare gli inferi, l'abisso stesso e il luogo ultimo dove ogni essere vivente avrebbe dovuto dimorare una volta giunta la sua fine.
    Il ripetersi insistente di quel ruggito sommesso mise in allerta il giovane Spectre che rapido abbandonò la posizione meditativa e si voltò nella direzione da cui proveniva quel ringhio gutturale e oscuro.
    Quello che si presentò di fronte ai suoi occhi era qualcosa di osceno e indescrivibile: un'orda di essere rocciosi s’innalzava, occupando il posto dei peccaminosi che pochi istanti prima scontavano la propria pena, pronti ad affrontarlo.
    Nei loro occhi, vuoti e coperti da un alone rossastro, non rimaneva nulla della loro vita precedente e, anzi, sembravano posseduti da qualcosa di ripugnante e indescrivibile.
    Si muovevano in gruppo e dopo pochi istanti giunsero a portata di Ramal, pronti a sferrargli un possente pugno capace di frantumargli tutte le ossa: uno scatto fulmineo e l'evocazione di parete lignea gli consentì di sfuggire all'attacco avversario e allontanarsi abbastanza da non farsi più cogliere impreparato.
    Si guardò attorno e notò come ogni singolo dannato si trasformasse lentamente in quelle enormi bestie, dotate di capacità fuori dal normale, quando un messaggio giunse da Lady Pandora stessa.

    Ho aperto un varco nella Giudecca che vi condurrà all'entrata dei cieli..Difendetela ad ogni costo prima che sia troppo tardi!

    Fuggire.
    L'unica cosa rimasta da fare al grande esercito di Lord Hades era fuggire, come cani bastonati; ratti in cerca di un angolo abbastanza buio da nascondere i tremiti impauriti.
    Strinse i pugni ed evocò giusto un paio di arbusti che avrebbero rallentato quei golia neri e facilitato la sua fuga.

    « Odio essere messo alle strette, ma se Lady Pandora ha aperto addirittura una via di fuga poco dopo l'assalto significa che non abbiamo molte possibilità di sconfiggerli ora! »

    Si girò dando le spalle agli orrendi abomini scuri, intrappolati dalle enormi spire grigiastre che spuntava dal terreno come fiori, ma si rivelarono essere poco più di un mero fastidio che un vero impedimento.
    Così abbandonò la Quarta prigione usando alcuni sentieri che lo avrebbero tenuto lontano dai dannati della Quinta e la Sesta prigione, per poi raggiungere la Settima e trovare forse alcuni alleati.
    _ _______________ _

    Non aveva ancora superato del tutto la sesta prigione che già le fronde degli alberi marci e bitorzoluti della settima si stagliavano all'orizzonte, coprendo il cielo stranamente più scuro e cupo del solito.
    In quel luogo Ramal sperava di trovare degli alleati fedeli che lo avrebbero aiutato a raggiungere la Giudecca sano e salvo, sperava che i violenti trasformati in alberi non avessero subito mutazioni di sorta e fossero ancora sotto il suo comando.
    Visivamente il bosco non presentava grosse differenze, anche se sembrava più silenzioso del solito: nessun urlo o gemito di dolore impregnava l'aria, così com’era assente lo starnazzare continuo delle arpie.
    Superò la collina e giunse nella prigione, al limitare del bosco, ma ad attenderlo non vi erano gli alleati che tanto sperava, bensì una sgradita sorpresa che lo pietrificò all'istante.


    « No, non voi! Non posso crederci! »

    Un tappeto di cadaveri spolpati e martoriati lo invitava a proseguire nella foresta proibita: i corpi di tutte le arpie erano stati ammassati all'esterno per far comprendere cosa sarebbe accaduto a chiunque avesse osato entrare nel bosco.
    Strinse i pugni celando la sua ira nei confronti di quello scempio, del torto fattogli e che avrebbe sicuramente vendicato appena la possibilità si fosse presentata.

    Alzò la destra e cercò di comandare agli alberi limitrofi di creare varco abbastanza ampio da farlo passare ma sembrava del tutto inutile, l'influenza malefica era fin troppo radicata nel profondo e gli impediva di esercitare il suo pieno controllo.
    Eppure non poteva rimanere lì, così rivestì il proprio corpo di una spessa patina di cosmo e si gettò fra gli arbusti, facendosi scudo con la patina purpurea e la possente surplice, capace di difenderlo adeguatamente dagli assalti delle piante.
    Spezzò ogni singolo ramoscello che cercasse di bloccarlo e dovette sfruttare appieno la sua velocità per riuscire a sfuggirgli e trovare un sentiero battuto abbastanza ampio era pressoché impossibile, anche se saltare da una radice esposta all'altra, sembrava funzionare bene.
    Impiegò qualche minuto a uscire dalla foresta, anche grazie alla sua profonda conoscenza di quella prigione che gli aveva fatto da dimora in più occasioni, ma nemmeno l'esperienza o il cosmo riuscì a salvarlo dalle numerose ferite riscontrate durante quel breve tragitto.
    Si voltò indietro per un secondo, mentre con la destra si ripuliva dal sangue sul volto; doveva abbandonare quel luogo e raggiungere la Giudecca, non c'era tempo per commemorare antichi fratelli, ma sapeva che la vendetta sarebbe giunta alla fine.
    Adesso era tempo di superare le ultime due prigioni: le malebolge e il cocito.
    Non osava nemmeno pensare che cosa dimorasse adesso in quelle zone già spaventose che ora dovevano pullulare di orrendi mostri e aberrazioni, ma mentre per il Cocito conosceva una strada secondaria per evitare i ghiacci perenni e giungere alla Giudecca, per le malebolge non c'era scampo ed erano un crocevia obbligatorio per chiunque volesse proseguire.
    Si fece forza e continuò il suo lungo cammino per giungere, infine, al Lost Canvas e ascendere con i suoi compagni verso l'unica via di salvezza.
    _ _______________ _

    L'Ottava Prigione era tra le più temute e caratteristiche, si trattava di un enorme pozzo al cui interno si trovavano le malebolge: un’unica via per una moltitudine di peccati.
    Le urla e i gemiti che provenivano da là sotto facevano raggelare il sangue a chiunque e giungevano alle orecchie degli ascoltatori come una cacofonia sommessa e terrificante, amplificata dalla particolare conformazione della prigione.
    Se era possibile Ramal cercava sempre di eluderla, non tanto per il tanfo ripugnante e malsano che usciva dall'infernale buca conica, bensì per chi vi dimorava lì dentro.
    Avvenne in uno dei suoi primi giorni da Spectre, stava visitando l'intero inferno quando giunse alla penultima prigione, si accostò al bordo del pozzo e improvvisamente una disperata richiesta d'aiuto gli giunse nitida e chiara.
    Non poteva sbagliarsi, quel tono di voce era solo di una persona, un suo vecchio amico che lo aveva tradito condannandolo a servire il signore dei morti e far dimorare la stella nel suo corpo: Ryu.
    In preda al delirio e al terrore, il monaco era fuggito da quel luogo e aveva giurato di non tornarci mai più, ma in quell'occasione così disperata non poteva fare diversamente e sperava solo che niente fosse sputato dalla bocca oscura.

    Si avvicinò al pozzo con cautela ma gli fu subito chiaro che qualcosa era cambiato poiché non erano dei dannati le urla che sentiva, bensì dei loro aguzzini infernali incaricati di dispensare dolore e sofferenza.
    Un chiaro segno che anche lì i peccatori erano mutati, ora restava solo capire in cosa.
    Ancora qualche passo e Ramal fu sul ciglio del burrone circolare, gettò un'occhiata al fondo ma non vide niente se non un enorme globo nero; in quell'istante le urla cessarono e un inquietante silenzio prese il sopravvento.
    Le creature giunsero dal fondo come uno stormo di orrendi rapaci urlanti, ricoperti da uno spesso manto nero, armati di forconi rubati ai loro aguzzini, agitando ali draconiche e planando su orrende correnti ascensionali; un tripudio di terrore e paura che costrinsero il giovane Ramal a indietreggiare e cadere a terra.
    Paralizzato da quella vista così orribile, gli sembrò che la fine fosse così vicina da sentire il fiato nauseante e il tocco freddo della morte su di lui.
    Due di essi si staccarono dallo stormo e si soffermarono alcuni secondi su Ramal e in quell'istante ebbe modo di notare che del vecchio volto mantenevano appena qualche lineamento fugace, mentre il resto era nascosto dalla più semplice e terrificante oscurità.
    Le orrende caricature di esseri viventi si avvicinarono al corpo immobile del monaco, lo studiarono e subito dopo proferirono alcune parole che lasciarono sbalordito lo Spectre.

    « Ra... mal! »

    Non c'erano dubbi, nonostante il timbro vocale fosse più rauco e sommesso, era chiaro che l'essere un tempo era il suo vecchio amico Ryu.
    Vederlo ridotto in quello stato, gettò la sanità mentale dello Spectre direttamente in una centrifuga di paura e nausea, impedendogli di ragionare o reagire, lasciandolo in balia del proprio nemico.
    Improvvisamente uno dei due mostri tornò nello stormo e scomparve tra le nuvole nere, mentre l'altro afferrò per la gola il giovane Ramal; gli occhi dello Spectre fissarono intensamente il vuoto cosmico racchiuso in quel volto e per un istante, avvertì tutto lo sconforto che provava.
    La presa si strinse sempre di più fino a giungere in una vera e propria stretta mortale, che avrebbe potuto spaccargli il collo in qualsiasi momento; a quel punto Ramal era spacciato e fu quasi per istinto che richiamò una liana a salvarlo.
    L'arbusto grigiastro afferrò il piede del mostro costringendolo a lasciare la presa ma quest'ultimo era determinato al punto che pur di ferire lo Spectre lo gettò all'interno dell'Ottava Prigione e diretto nel Cocito.

    « Vendetta... presto! »

    Caricò quelle ultime parole con un odio incredibile, derivante dal profondo del suo cuore corrotto, mentre il corpo di Ramal giaceva inerme tra le nevi eterne della Nona Prigione, quindi scomparve anche lui tra le nuvole oscure.


    Era passata appena un'ora, Ramal riuscì a riprendersi a fatica, si guardò attorno e cercò di rialzarsi sfidando il ghiaccio accumulatosi sul suo corpo.
    Una volta in piedi, anche se ciondolante e privo di forze, usando quel briciolo di volontà che gli rimaneva, decise che stare in un luogo simile equivaleva morire.
    Doveva raggiungere la Giudecca il più velocemente possibile e usando alcuni passaggi secondari poteva evitare i condannati lungo la strada.
    Dovette farsi strada attraverso diversi metri di neve e nascondersi dagli enormi giganti di ghiaccio che ora governavano quel luogo, ma alla fine raggiunse le enormi gradinate.
    Alzò lo sguardo stanco e la vide, si stagliava sulle fiamme avernali in tutta la sua maestosa bellezza e imponenza: la Giudecca, la sua meta ultima e unico modo per raggiungere il Lost Canvas.
    Ferito, stanco e infreddolito salì un gradino dopo l'altro per infine giungere agli enormi portoni di pietra, li scansò con forza e finalmente raggiunse Pandora, che gli apparve come una divinità illuminata dal varco per il Lost Canvas.
    Si raccontavano tante storie su quel luogo negli inferi da quando era apparso, secondo alcuni era una specie di paradiso negli inferi, secondo altri un passaggio per un'altra dimensione; lui non aveva mai creduto a simili fandonie, ma era chiaro che qualcosa di divino dovesse nascondersi là dentro.

    « Ramal di Driade, Stella del Cielo della Costanza Celeste! » Si inchinò proferendo quelle parole e terminò il tutto con una frase che solo un sottoposto fedele potrebbe pronunciare, pronto anche a morire per i suoi superiori.
    « Ai suoi ordini, Lady Pandora! »


      Energia ~ Verde.
      Cloth ~ Spectre di Driade, grado IV.
      Condizioni ~ Ferite su parti esposte del cloth, emorragie in più punti.

    Finalmente riesco a postare e a salvarmi la pellaccia (forse!).
    Parto dalla quarta prigione (avari e prodighi) per raggiungere la settima (suicidi), l'ottava (truffatori) e infine raggiungo la Giudecca.
    I demoni dell'ottava prigione li ho descritti in modo generale così da non cozzare con altre descrizioni.
    Penso sia tutto e questo evento mi sta dando un sacco di ottimi spunti per il pg. :zizi:
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    Armageddon: La distruzione degli inferi - Post 1

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    Marilyn di Papillon, Stella della Terra Misteriosa
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    Marilyn sentì l'ennesimo boato provenire dalla sua sinistra. Ormai aveva smesso di contarli. Era arrivato fino a 15 e poi aveva deciso che era meglio continuare a correre senza distrarsi più di tanto. Il primo boato l'aveva udito mentre parlava con Ponzio Pilato nelle vicinanze della Porta dell'Inferno confermando che "colui che fece per viltade il gran rifiuto" fu proprio il giudice che sentenziò la condanna a morte del Messia Gesù Cristo.
    Marilyn correva verso la sua dimora sita presso il secondo cerchio dei lussuriosi. Non era molto distante dalla Porta dell'Inferno, ma c'era l'Acheronte da attraversare prima di entrare nel vero e proprio Inferno. Ma ovviamente Caron di Acheronte non si trovava da nessuna parte.

    *Maledetto marinaio da strapazzo! Quando serve non c'è mai! Meno male che me la posso cavare da me.*

    Marilyn alludeva ovviamente alla sue capacità telecinetiche ed alle sgargianti ali colorate della Surplice di Papillon che indossava. In questo modo avrebbe potuto attraversare l'Acheronte volando ma in realtà sapeva che solo Caron sarebbe riuscito a portarlo sano e salvo sino all'altra sponda. Da solo si sarebbe quasi sicuramente perso tra la nebbia ed i lamenti del primo fiume dell'Averno.
    Non appena si librò in aria la fortuna gli sorrise: vide in lontananza Caron avvicinarsi a lui cercando di non far ribaltare la barca che era finita in balìa di onde alte anche quattro o cinque metri.
    Marilyn gli volò incontro e subito si mise a sedere sulla barca.

    Credo che non ci sia nessun'altro da traghettare. Venendo in qua non mi sono imbattuto in nessuno. Dai, fai muovere questa carretta!!

    Piano con le parole, Papillon! Ci impiego poco a buttarci giù da questa "carretta"! E poi vediamo come arrivi dall'altra parte! Mi devi un pedaggio, sappilo!
    disse Caron mentre voltava la barca e la dirigeva verso il limbo.

    Con tutto quello che mi devi tu dopo che il mese scorso ti ho spennato a poker come un pollo mi sa che sono ancora in credito di una crociera cinque stelle con cabina vista fiume, cesto di frutta e spumante in camera! Altro che questa carretta!

    Marilyn si girò ad osservare la riva del fiume. Non c'era neanche un'anima in attesa del traghettatore infernale e questo era molto strano. Così come era molto strano il cielo diventato molto più scuro del solito ed i boati immensi che si sentivano in lontananza. Un'atmosfera molto più tetra e lugubre aveva ricoperto interamente l'Inferno. Era come se il male in persona fosse sceso in Terra. Un male ancora più potente del Dio dell'Oltretomba Hades.
    Marilyn aveva notato questo cambiamento anche sulla Terra. Era come se fosse arrivato il giorno del giudizio universale. Vulcani che eruttavano, animali che morivano oppure si tramutavano in bestie immonde oppure morivano e poi si trasformavano in bestie immonde non-morte.
    Anche Caron aveva notato questo cambiamento ed i due ne parlavano mentre la barca si solleva ed ondeggiava in mezzo ad un'Acheronte molto mosso. Caron aveva anche notato che erano sparite le anime che in passato erano cadute dalla barca e che nuotavano per l'eternità nel fiume. Molto probabilmente anche loro si erano tramutate in qualche bestia immonda.
    Nonostante il fiume mosso, in dieci minuti circa i due arrivarono alle sponde del Limbo. Marilyn scese a riva e salutò Caron. Nell'istante in cui Caron voltò l'imbarcazione, un grosso pesce saltò fuori dalle acque, acchiappò al volo Caron nelle sue fauci e se lo portò in acqua. Marilyn sgranò gli occhi ed imprecò. Vide un mulinello d'acqua e poi niente più.

    *Se la caverà. È il suo ambiente, nulla può batterlo quaggiù.*

    Sentì il cosmo di Caron esplodere e creare un vortice d'acqua. Il gigantesco pesce volò in aria, tutto a brandelli. Caron riemerse dopo qualche secondo aggrappandosi al bordo della barca. Marilyn gli sorrise e si mise a correre verso il limbo.
    Anche lì non c'erano anime. Erano tutte scomparse, volatilizzate. Correndo verso il secondo cerchio notò degli strani uccelli nell'aria. Erano enormi ed erano moltissimi. Marilyn raggiunse casa sua e vide che era ancora integra. Era una villetta dotata di tutti i comfort che si era costruito grazie alla telecinesi e reggeva bene al vento incessante che travolgeva i lussuriosi. Entrò dalla porta sul retro e subito si chiuse dentro. Iniziò a frugare nei cassetti e nelle antine alla ricerca di qualcosa che solo lui sapeva.

    *Dove diavolo ho messo l'elmo della mia Surplice!!*

    Una botta sulla porta gli fece interrompere la ricerca per un attimo. Dalla finestra vide che uno di quei giganteschi volatili stava cercando di abbattere la porta d'ingresso. Le urla strazianti che lanciava quella strana bestia per poco non spaccavano i vetri.

    *Porca di quella.......*

    Non fece in tempo a finire di imprecare che una voce gli entrò nella testa. Era un messaggio telepatico di un certo Gaz che confermava l'imminente Apocalisse. C'erano stati degli scontri sulla Terra ma non erano bastati a fermare il dilagare del male.
    Marilyn capì che c'era una cosa soltanto da fare: sopravvivere e cercare gli altri Specter per stare in gruppo e quindi avere più chance di sopravvivenza.
    Subito dopo il messaggio telepatico di Gaz, Marilyn sentì una strana forza dentro di sè e vide che la sua aura da viola era diventata azzurra. Si sentiva più libero e meno oppresso da ciò che lo circondava. Dopo qualche secondo questa forza svanì e la sua aura tornò viola come sempre.
    Guardò la porta d'ingresso e notò che avrebbe resistito ancora per poco. Ovviamente l'elmo era nell'ultima antina che andò a rovistare. Lo indossò, si concentrò sulla porta e la buttò giù con la forza del pensiero. Il grosso volatile volò via anche lui a qualche metro di distanza ma subito si rimise in posizione d'attacco urlando come un forsennato.
    Marilyn caricò il cosmo nel proprio pugno ed una volta uscito da casa lasciò partire il Papillon Lightnings. Decine di fulmini di cosmo si abbatterono sull'uccello e lo fecero cadere a terra. Era ancora vivo, però. Si muoveva e si lamentava ma la cosa peggiore era che le sue grida di prima avevano attirato altre bestie.
    Un'altra voce si insinuò nella mente dello Specter. Questa volta la riconobbe subito: era Pandora che diceva a tutti gli Specter di recarsi nella Giudecca per proteggere un varco aperto verso il Lost Canvas.
    Marilyn guardò gli uccelli che volavano sopra la sua testa come un branco di avvoltoi. Erano quattro e tutti insieme si buttarono in picchiata per tentare di nutrirsi a spese dello Specter. Marilyn sorrise ed aspettò che fossero abbastanza vicini per alzare della sabbia tutt'intorno a sè e teletrasportarsi via. Lontano una ventina di metri sentì un gran frastuono e vide casa sua crollare. Gli uccelli, una volta entrati nel poverone, non riuscirono più a vedere nulla ed erano andati a sbattere contro le pareti della villetta.
    Marilyn imprecò nel vedere la sua costruzione andare in frantumi e partì alla volta del terzo cerchio.
    Cerbero era sparito. Probabilmente lo Specter di Sphinx se l'era portato dietro. I golosi erano diventati delle masse informe che ricordavano molto la prima trasformazione dello Specter di Papillon. Anche loro sparavano un liquido scuro che sicuramente era tossico o corrodente o entrambe le cose. Marilyn non ci teneva a saperlo e cercare di evitare il più possibile lo scontro. Distruggeva solo le masse più piccole che si frapponevano tra lui ed il quarto cerchio. Come vedeva quelle più grandi decideva di cambiare strada o di nascondersi dietro qualche riparo. Erano tante, troppe. Doveva muoversi in fretta e cercare di essere il meno prevedibile possibile. Fortunatamente il suo stile dicombattimento ricordava i movimenti di una farfalla. Era quindi scattante, veloce ed aggraziato mentre i golosi si erano tramutati in esseri lenti e Marilyn tra salti, teletrasporti e voli a quote elevate era riuscito a passare indenne il terzo cerchio.
    Il quarto cerchio degli avari era pieno di giganti di pietra. Anche loro erano lenti ma erano molto più grossi di Marilyn. Lo Specter si trovò subito accerchiato da quattro giganti. Anche qui la tattica usata in precedenza funzionò egregiamente: quando i giganti cercarono tutti di colpire Marilyn con un pugno, lo Specter si teletrasportò all'altezza del viso del gigante che aveva di fronte a sè e con il Papillon Beam gli trapassò il cranio. Il gigante cadde a terra ma anche Marilyn fu colpito da uno degli altri tre giganti che si era mosso ad una velocità inaspettata. L'impatto col terreno e l'ammaccatura sul fianco sinistro della Surplice gli fece capire chiaramente che non avrebbe più dovuto distrarsi. I giganti non si erano di certo fermati o stancati e subito cercarono di schiacciare Marilyn. Il teletrasporto lo salvò per l'ennesima volta ma tutto questo dispendio di cosmo iniziava a stancarlo. Pensò che mancava ancora molto alla Giudecca ed imprecò per l'ennesima volta.
    Il quinto cerchio degli iracondi riservò uno spettacolo speciale per Marilyn: le anime dei dannati assomigliavano a lupi mannari ed avevano lunghe zanne ed artigli affilati. In più riuscivano a nascondersi nell'oscurità e sbucavano fuori dal nulla quando nessuno se l'aspettava. Il cercare l'elmo in casa risultò solo una perdita di tempo: un'anima glielo strappò dalla testa con un'unghiata che gli ferì anche il viso. L'elmo fu poi schiacciato e distrutto da un lupo particolarmente grosso e feroce, con la bava alla bocca e gli occhi rosso fuoco. Marilyn concentrò il cosmo nelle braccia e rilasciò il suo colpo più potente: il Fairy Thronging. Due muri di cosmo dai colori dell'arcobaleno investirono in pieno il gigantesco meta-lupo che sparì dall'Inferno. La sua anima si era frantumata e aveva nutrito le piccole Fairies che seguono Marilyn. Alla vista della sconfitta del loro capobranco anche gli altri lupi sparirono dalla circolazione.
    Il sesto cerchio era più luminoso degli altri a causa delle fiamme che avvolgevano gli eretici. Le anime erano così sofferenti che preferivano scontrarsi le une con le altre ed esplodere piuttosto che continuare a bruciare. Marilyn dovette subito affrontarne due: il Papillon Typhoon però le spedì in alto e le fece esplodere a venti metri di altezza. Una pioggia di fuoco e sangue si riversò sul terreno.

    *Non è stata una buona idea*
    pensò mentre cercava di togliersi brandelli di carne da dosso.

    Marilyn si era bruciato con qualche brandello infiammato che aveva colpito le parti scoperte dalla protezione del Surplice. Fortunatamente non erano ustioni gravi ma erano lo stesso fastidiose e dolorose. Le varie anime che affollavano il sesto cerchio ogni volta che vedevano una presenza diversa dalla loro cercavano di andarci contro per distruggerlo e bruciarlo e questo non favoriva Marilyn visto che era l'unico nel raggio di centinaia di metri a non essere una torcia umana. Visto che le anime erano molto esplodibili, Marilyn ne approfittò per sacrificare un po' di Fairies: le piccole Farfalle del Regno degli Inferi erano ai completi comandi dello Specter di Papillon e avrebbero fatto qualsiasi cosa Marilyn gli avesse ordinato. Anche avvicinarsi alle anime e lasciarsi esplodere in modo da sgomberare il tragitto. In questo modo Marilyn riusciva ad avere un po' di libertà e di spazio d'azione. Il volo ed il teletrasporto fecero il resto e lo portarono al settimo cerchio.
    I violenti del primo girone del settimo cerchio si erano tramutati in serpenti e sputavano lo stesso sangue nel quale nuotavano. Marilyn era strasicuro che sarebbe stata la sua fine se fosse caduto in quel lago infernale. Doveva cercare di rimanere sospeso in aria e di sfruttare le rocce che gli permettavano di saltare da un punto all'altro, il tutto cercando di evitare di finire nelle grinfie squamose dei serpenti. I rettili erano però molto astuti e lo aspettavano vicino alle isole roccose e cercavano di azzannarlo quando era in volo. Un passo falso effettuato nell'atterrare su una piattoforma gli fece perdere l'equilibrio. Il serpente più vicino gli si gettò addosso e lo strinse nelle sue fauci. Marilyn d'istinto mise le mani avanti e lasciò partire una sfera di cosmo che finì nella gola del serpente e gli fece saltare le budella. Questo però non aveva fermato nè scoraggiato gli altri serpenti. Uno di loro sputò del sangue rovente verso Marilyn e lo Specter si proteggè con il Papillon Shield. Il colpo fu però molto forte e Marilyn fu sbalzato nel lago di sangue. Mantenne la barriera attiva ma capì che doveva subito andarsene via da lì. Grazie alla telecinesi uscì dal sangue ma un gigantesco serpente ne approfittò per ingoiarlo integralmente e ancora vivo. Marilyn iniziava a stufarsi di tutto questo trambusto. Era stanco di dover scappare e fuggire e per un attimo pensò di lasciarsi andare, ma questo pensiero durò pochi secondi. Caricò il cosmo nelle mani e lasciò partire nuovamente il Papillon Lightnings. I fulmini di cosmo fecero a fette il mega-serpente liberandolo all'istante. Marilyn atterrò sulla terraferma e sputò sangue dalla bocca. Non riusciva a capire se fosse il suo sangue o quello del lago. Si rimise in piedi a fatica a guardare quello spettacolo immondo. Nel frattempo, era arrivato al secondo girone del settimo cerchio.
    I suicidi erano spariti. Al loro posto c'era un bosco molto strano e tetro. Marilyn non si fidava molto di quel posto nuovo in cui stava per avventurarsi. Soprattutto non capiva perchè questi alberi ed arbusti erano comparsi dal nulla. Lo scoprì presto visto che un albero si animò improvvisamente e cominciò a stringerlo con i suoi rami e le sue radici. Marilyn soffocava mentre un ramo gli si stringeva il collo. La presa dell'albero era molto forte e Marilyn non riusciva a svincolarsi. Altri rami comprimevano il petto, le braccia e le gambe. La forza con cui veniva stritolato era molto superiore a quanto potesse immaginarsi. La Surplice iniziò a creparsi sia sugli schinieri che sui bracciali. L'unica cosa che avrebbe potuto salvarlo era ricorrere per l'ennesima volta al teletrasporto. Questa speciale tecnica aveva letteralmente salvato la pelle dello Specter in moltissime occasioni. Marilyn era molto stanco. Aveva attraversato più di metà Inferno e gli sembrava di aver preso parte ad una guerra contro i mulini a vento. Aveva sprecato molte energie e non gliene rimanevano molte, ma doveva proseguire. Doveva arrivare alla Giudecca. Doveva salvarsi e doveva aiutare Pandora e gli altri Specter a non perdere il controllo del Lost Canvas. Marilyn caricò il proprio cosmo nel pugno destro e colpì il terreno. Il Papillon Geyser creò molte spaccature nel terreno. Gli arbusti e le piante più piccole furono spedite in aria e distrutte. Le sequoie californiane invece non vennero nemmeno scalfite dal cosmo del servo di Hades. Il bosco era leggermente meno fitto e quindi meno pericoloso. Marilyn decise di attraversarlo in alto, volando. Lassù, a 30 metri di altezza solo gli alberi più grandi ed i rami più lunghi avrebbero potuto raggiungerlo e quindi sarebbe stato più facile difendersi. Procedendo a zig-zag ed usando piccoli colpi cosmici per cercare di deviare i rami in arrivo, Marilyn riuscì ad oltrepassare quel bosco infernale. Non appena rimise piede a terra si voltò a guardare il bosco incantato e maledetto. Scosse la testa pensando che questa volta dovevano averla fatta grossa se era sceso in campo l'Apocalisse e non un semplice Diluvio Universale o un'invasione di cavallette. Una radice spuntò dalla sabbia a tradimento e si legò alla caviglia sinistra dello Specter. Marilyn cadde a terra ed iniziò ad essere trascinato. Cercò di tagliare la radice con il Papillon Beam ma non era facile farlo in movimento e dopo essere stato preso alla sprovvista. Era già con gli stinchi dentro nel terreno quando vide che 5 metri avanti a lui un albero si muoveva in modo strano ed una delle sue radici che si attaccavano al tronco puntava proprio quella direzione. Presa la mira e sparò il Papillon Beam in direzione del tronco riuscendo miracolosamente a troncare la radice. Subito notò che la forza che lo tirava dentro al terreno cessò. Si tirò fuori dalla sabbia e si allontanò di corsa asciugandosi il sudore dalla fronte.
    L'ottavo cerchio gli mostrò lo spettacolo più disarmante di tutti. Demoni armati fino ai denti con ogni tipo di arma bianca si aggiravano per le dieci bolge trucidandosi tra loro ed inseguendo gli Specter che cercavano di andare verso il Cocito. Marilyn era molto stanco. Il teletrasporto poteva salvarlo ancora così come il suo cosmo infinito ma la stanchezza generale iniziava ad opprimerlo. Decise che era ora di risfruttare le sue Fairies. Ne sguinzagliò a centinaia con l'intento di distrarre i demoni armati con delle esplosioni che avrebbero distolto l'attenzione dallo Specter. Riparandosi dietro rocce giganti e usando sapientemente il teletrasporto e la psicocinesi riuscì ad evitare lo scontro con i demoni armati. Forse era la prima volta che riuscì ad attraversare un cerchio senza dover combattere.
    L'ultimo cerchio era quello dove risiedevano le anime dei peggiori: i traditori. Il cocito ne era pieno ma non erano più anime imprigionate nel lago ghiacciato, erano diventati giganti di ghiaccio simili agli avari ma con la capacità di plasmare acqua solida a loro piacimento. Marilyn subito dovette recuperare gli scontri che era riuscito ad evitare nel cerchio precedente: due giganti dal cosmo molto potente lo attaccarono con una folata di vento ghiacciato che gli congelò le gambe al terreno impedendogli di muoversi. Marilyn fu letteralmente scaraventato via da un calcio ben assestato di un gigante. Il pettorale della Surplice si incrinò solo per quel colpo fisico. Stranamente Marilyn dovette usare il teletrasporto per salvarsi da una "zampata" dell'altro gigante che tentava di schiacciarlo come una formica. Ormai anche un semplice umano senza la capacità di manipolare il cosmo l'avrebbe potuto uccidere di nuovo. Figurarsi uno o più giganti di ghiaccio dal potere superiore al suo. Si era nascosto per l'ennesima volta. Non sapeva più cos'altro fare se non nascondersi per rimanere in vita. I giganti erano forti ma lenti, esattamente come gli avari. Marilyn ne approfittò per sfruttare tutta la sua elusività che le poche forze rimaste gli permettavano di usare.
    La Giudecca era lì davanti a lui. Pandora, bella e formosa come sempre, era vicino al varco che aveva lei stesso aperto.

    Finalmente sono arrivato anch'io. Marilyn di Papillon, Stella della Terra Misteriosa per servirla, lady Pandora.

    Liberazione. Era questo che Marilyn sentiva dentro di sè. Vide altri Specter sia prima che oltre il varco e fu contento di non essere rimasto l'ultimo. C'era un Regno da difendere, nemici da abbattere. In nome di Hades.



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    ~ Note: per le descrizioni delle varie tecniche guardate la SCHEDA
    ~ Status Fisico: stanchezza generale, ferita al volto, bruciature sparse sulle parti non coperte dal Surplice, dolori agli arti ed al collo dovuti a stritolamento.
    ~ Status Cloth: ammaccatura lato sinistro, elmo distrutto, schinieri, bracciali e pettorale crepati.

     
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    THE ARMAGEDDON

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    A
    nche l’ossigeno stava diventando estremamente pesante. Nell’ombra della caverna, circondato soltanto dalle fredde e nude pareti di roccia, Fedor sentiva il peso degli eventi che si stavano avvicinando. Non importava quanto remoto fosse l’Himalaya, quanto perso all’occhio dell’uomo fosse quel luogo, oltre il pensiero e le idee. Venne quel giorno, quel giorno di cui egli aveva sentito parlare; e non furono voci esterne a raccontargli di quanto avrebbe visto, fu la sua stessa coscienza a suggerirgli che, con lo scorrere incessante del tempo, quel momento sarebbe arrivato.
    Lo sguardo basso, il lento susseguirsi dei respiri all’interno dell’oscurità, i muscoli che si contraevano spasmodici come se lo avesse colto una febbre improvvisa, ed il martellante richiamo che strattonava la sua anima. Una natura nascosta, recondita all’interno delle sue viscere, sembrava premere per uscire fuori, perché finalmente era giunto il momento che l’uomo di Hades facesse i conti con la stessa entità che la sua mano aveva servito.

    Anche l’ultima fiamma del braciere si estinse, portando con sé la traccia finale della luce del mondo degli uomini. Quanto venne profetizzato dalle scritture, ed in tanti si erano prodigati a divulgare a costo della loro stessa vita, non era nemmeno lontanamente vicino al terrore che l’incombente pericolo avrebbe disseminato, oltre alla morte ed alla caduta di ogni forma di vita. Pur non vedendolo, il Garuda Infernale riusciva ad assorbire la tensione vibrante del mondo che supplicava pietà, percepiva il nitido orrore degli uomini che si piegavano alla volontà di una forza troppo potente e brutale per poter essere contrastata. Non v’era ragione di lottare, non v’era ragione di esistere; ciò che doveva essere era il nulla, ed il nulla sarebbe stato. Tanto valeva rassegnarsi.
    Ed un uomo, forse un dio, lontano oltre gli orizzonti, e che oltre gli orizzonti aveva deposto la propria conoscenza infinita, era stato il latore del messaggio finale con cui era letta agli uomini la propria condanna. Gazka, questo era il suo nome, aveva preso contatto con la mente di tutti coloro che erano dotati di un cosmo, riponendo il loro le speranze di poter resistere ad una tale, immane, forza corrotta. Dalle sue parole non traspariva alcuna fiducia nella riuscita di una tale, disperata, operazione; tuttavia aveva concesso ai guerrieri degli dei una possibilità, un filo a cui aggrappare le loro vite, prime di spegnersi in un oblio colmo di disperazione. L’imperativo era soltanto uno: difendere le incarnazioni mortali degli dei, proteggere i baluardi nei quali loro avrebbero dovuto rifugiarsi, evitare ad ogni costo che il dilagare della forza corrotta raggiungesse e annientasse le entità divine.

    La missione degli Spectre, l’epurazione della razza umana, aveva fallito. Non v’era rimpianto nella costatazione di una simile eventualità, soltanto un’apatica, distaccata rassegnazione. La purificazione della Terra non sarebbe mai accaduta, perché il seme della depravazione aveva intaccato molto più a fondo di quanto Fedor avesse potuto mai immaginare, ed ormai la pianta era divenuta troppo robusta per poter essere eradicata. Non restava che sopravvivere.

    -Una soluzione a questo male? Non ho bisogno di una soluzione. Ciò che resta è far sì che il regno dei nove Cieli non venga inficiato, non mi importa nulla degli uomini.-

    La voce del guerriero infernale era lontana dalle emozioni, lontana dalla catastrofe. Si muoveva a passi lenti, cadenzati, verso l’uscita della grotta, là dove un fievole barlume di luce illuminava l’enorme struttura che ospitava l’ingresso terreno al Lost Canvas. Un immenso cancello incastrato nella parete rocciosa, con incisa sulle ante un’unica stella, simbolo del potere del Re dei morti. Quello era l’unico accesso ai domini celesti di Hades, l’unico punto di contatto tra l’enorme distruzione dell’umanità e la salvezza del dio.
    In un lampo violaceo l’armatura di Garuda fu sul suo corpo, calda come la lava nella quale riposava. Alle sue orecchie, anche se non udibile, arrivò lontano l’urlo disperato di Pandora, la cui voce straziata dal dolore insinuò l’atroce dubbio che, seppur in una dimensione diversa rispetto a quella reale, anche l’Ade fosse caduto.

    L’impero di Hades non esisteva più, e con lui era crollato l’equilibrio tra la vita e la morte; tutto era destinato a divenire un’incessante e perpetua agonia, nulla avrebbe più avuto un inizio o una fine. Un quadro così catastrofico da inquietare lo stesso Fedor, il quale non poté far a meno di manifestare la propria incredulità dinanzi alle notizie che aveva appena appreso. Ma se Pandora era stata sconfitta, e con lei probabilmente buona parte dell’esercito Spectre, dove erano finiti gli altri campioni dell’Ade?

    Chiuse gli occhi Garuda, aprì la sua mente alla ricerca del cosmo di chi aveva conosciuto. Aizen, Eddard, Naima, Gorthaur, nessuno di coloro che si fregiavano di essere i più potenti soldati infernali era più rintracciabile, come se le loro anime fossero state risucchiate nel nulla che avanzava. Era così giunta la loro fine? Perfino i più forti erano caduti, e presumibilmente l’unico rimasto ad opporsi all’annientamento di Hades era lui. Solo, come lo era sempre stato, solo, come avrebbe voluto essere.

    Il Male stava venendo a prenderlo.

    Era dinnanzi al cancello del Lost Canvas quando i suoi occhi scrutarono il cielo; ciò che vide lo inorridì al punto da lasciarlo senza fiato: le montagne in lontananza erano divenute un’accozzaglia di materia putrescente, non esisteva più natura né colore, né vita e né alcun tipo di calore. Tutto era freddo, come paralizzato nel tempo, e la macchia di quella malattia si espandeva rapidamente, ricoprendo senza essere ostacolata ogni anfratto del territorio indiano. Le nubi erano assenti, tuttavia il cielo aveva assunto una strana tinta violacea e l’aria, fetida di corruzione, appariva densa e grave. Una fitta striscia nera, là dove un tempo era noto l’orizzonte, si avvicinava come un manto che copriva il mondo, eclissando il sole fino a ricreare una notte fittizia. Ma ciò che più di ogni altra cosa in quel momento scosse il Giudice degli Inferi fu capire che quella strana visione non era frutto di un delirio o di una stregoneria, bensì si trattava di un immenso sciame di creature alate, un esercito così grande come non era mai stato visto nella storia dell’umanità.
    Eccolo il Male, giunto per porre fine all’esistenza dell’ultimo Generale degli Inferi.

    -Voi non passerete.-

    Autoritario, cosciente del fatto che quanto aveva detto era più vicino all’irrealtà che il contrario, ma sicuro che per nessun motivo neanche un soldato di quell’orda avrebbe varcato i cancelli. L’Apocalisse era lì, lo attendeva a braccia aperte, una madre cruenta che richiama i propri figli a perdersi in essa.
    Richiamò una parte del cosmo, sufficiente a permettergli di camminare sull’aria, fino a raggiungere l’altezza dal suolo necessaria a trovarsi sul piano delle creature alate. Era impossibile quantificare la vastezza dell’armata, così come altrettanto irrealizzabile era qualificare i guerrieri con cui avrebbe avuto a che fare. Soltanto le prime file erano chiaramente visibili, e ciò che apparivano quei corpi martoriati dal degrado era una giusta manifestazione della causa che li aveva partoriti. Creature anomale, dal corpo contorto e squamoso, dalla cui pelle emergevano escrescenze di carne putrescente. I lineamenti del volto erano irriconoscibili, martoriati e disomogenei, e per quanto fosse difficile esserne certi sembrava che avessero una sorta di becco aguzzo al posto delle labbra. Gli occhi non erano altro che due pietre nere all’interno di orbite scavate, le braccia solo lunghi e nodosi rami dai quali emergevano lame affilate. Ad ognuno di quegli abomini era stato concesso un paio di ali draconiche, più simili a vele stracciate che a strumenti per librarsi in volo. L’odore che emanavano era indescrivibile, lontano anche dal più mefitico lezzo di morte.
    Non parlavano quelle creature, eppure nei loro respiri c’erano rumori sinistri, atipici, cupi e metallici come se nella gola avessero delle spade che strusciavano l’una sull’altra. Quale razza di genesi avevano mai potuto avere delle simili brutture? Ma se ciò che ai suoi occhi sembrava orribile, Fedor sospettò chiaramente che la prima linea poteva essere solo il minore dei mali, poiché tra le fitte schiere di soldati si intravedevano distanti delle forme diverse, non chiare e di certo non meno feroci. Lo attendeva la fine, e la fine era brutta oltre ogni immaginazione.

    Qualcuno sarebbe scappato di fronte alla certezza di una morte cruenta, inesorabile. Qualcuno avrebbe abbassato le armi, perché anche la più flebile delle speranze, quella che alimenta la volontà di rivalsa, dinanzi ad un simile esercito era annichilita, annientata, divorata. Il Giudice Infernale osservò il palmo delle proprie mani, era vuoto. Nulla gli restava, avrebbe combattuto e sarebbe morto, questo lo sapeva, ma per cosa? Per nulla?
    Pensò al proprio compito, a ciò che lo aveva portato a servire il Re dell’aldilà. Aveva amato la morte, perché con quell’arma era riuscito a sopprimere il rimorso che divorava la sua anima, l’aver perso tutto senza aver fatto niente. Ma ora che non c’era più la possibilità di cancellare gli esseri umani e di depurare la terra, ora che il Male aveva reso vani gli sforzi e le ambizioni dell’armata dell’Ade, cosa restava? Non c’era più un punto da cui ripartire, non esisteva più guerre da combattere, né l’eterna lotta tra la Giustizia di Athena e quella di Hades. Restava il nulla, e quel nulla lo aveva di fronte. Quel nulla lo aveva lasciato a mani vuote, e per l’ennesima volta aveva perso tutto.

    Una delle creature, più grossa rispetto alle altre e con indosso un’armatura a piastre corvine, si distaccò dalla compagine per dirigersi verso lo Spectre, stringendo nella mano destra una lunga ascia dalla lama d’ebano. Il suo sguardo era vacuo, inanimato, carico di tutto il terrore che mai si sarebbe immaginato, così intenso e permeante da distorcere l’ossigeno nel suo campo visivo, rendendo la sua figura quasi evanescente. Quando si trovò a circa dieci metri dallo Spectre, l’essere iniziò a parlare in un linguaggio sconosciuto, che però Fedor interpretò senza alcuna difficoltà. I suoni metallici e stordenti che si amplificavano dalle fauci della bestia annunciavano la distruzione ormai ultimata del regno degli uomini e dell’olimpo, e preannunciava quella ventura del regno di Hades e dei suoi cieli. Non v’era possibilità di resa ne di opposizione, tutto era una statica constatazione di quanto era successo e di quanto sicuramente sarebbe accaduto.
    Fedor rise, ed i suoi occhi vennero adombrati da un velo di sadica follia.

    -Ishishishi, io amo la guerra. Amo sentire le urla strazianti di coloro che soccombono alla logica del più forte, alla fredda realtà di chi sa imporsi sugli altri col corpo e la mente. Non esiste pietà per chi si abbassa.-

    Il suo viso puntò verso il cielo ancora una volta, come a ribadire la superiorità della carica che egli ricopriva nei confronti di quella marmaglia di aberrazioni che a breve gli avrebbero strappato l’esistenza. Le sue labbra si allungarono in un sottile sorriso, le braccia si allargarono, comprendo la sagoma distante del portale verso il Lost Canvas.

    -IO AMO LA GUERRA. E se volete prendervi il Lost Canvas, ebbene DATEMI LA MIGLIORE GUERRA CHE IO ABBIA MAI COMBATTUTO. KAR’HUM!-

    Quell’ultima parola, urlata con una tale potenza da creare un eco assordante che percorse l’intera vallata ai suoi piedi, era un comando pronunciato in una linguaggio talmente antico che nemmeno il tempo ne avrebbe avuto memoria. Ma alla semplice invocazione del Kar’Hum le porte dei Cieli vibrarono, e pesanti e tremanti si aprirono, scuotendo il terreno che si frantumava per kilometri in lontananza, generando un’estesa vallata artificiale. La vastità di ciò che attraversò il portale era quanto di più avanzato la scienza di Fedor fosse riuscito a creare; ed al suono dell’ancestrale linguaggio di Mercurio l’enorme armata comandata dal Generale della II Legione fece la sua comparsa sul campo di battaglia, pronto a dar vita alla più efferata delle guerre a cui la Terra avrebbe mai assistito.

    Il primo schieramento ad uscire fu quello costituito dai guerrieri delle Fiamme, della tribù dei Rai’khan, dominatori del continente occidentale delle Wastelands. I Genodroidi che combattevano in queste schiere, ricreati dai fossili delle prime popolazioni che abitavano i vulcani attivi di Mercurio, erano bardato da un’armatura pesante integrale, del colore della cenere, forgiata secondo l’usanza della fusione metallica di più leghe, così da ricreare un materiale coriaceo e resistente. Ognuno dei soldati, disposti in un’ordinata struttura rettangolare, era dotato di una spada infuocata e di uno scudo, al cui centro era inciso il simbolo della fiamma nera di Mercurio. Le sembianze rettiliane dei Rai’khan ben spiegavano il perché si narrasse che loro fossero in grado di dimorare nella lava; dalla scaglie ambrate evaporavano gas sulfurei, ed al loro passo il terreno sembrava ribollire e sciogliersi. Tra le loro fila, nella retroguardia, si muovevano esseri della medesima razza ma più snelli ed alti, vestiti di un’armatura leggera anch’essa di lega e armati di lunghe picche dalla lama intagliata nel diamante.

    Il secondo schieramento a fare la propria comparsa fu quello dei guerrieri del Vento, della tribù dei Kri’mei’hin, dominatori del continente settentrionale delle Wastelands. Anche loro frutto dell’ingegneria genetica, questi guerrieri erano stati creati per sopravvivere ai potenti venti incandescenti che soffiavano alle basi dei monti metallici, oltre i quali si stagliava la Piramide di Mercurio. Abili combattimento a cavallo, i loro eserciti erano disposti su tre file, ognuna delle quali cavalcava mastodontici stalloni bardati di spesse coperture metalliche, del cui peso non sembravano risentire. Ad ogni soldato era fornita un’armatura leggera semi-completa, forgiata con l’uso dell’Harkrum, la roccia lavica del sottosuolo di Mercurio, ed armati di una spada lunga ed una corta. Le loro fattezze erano più simili a quelle degli uomini, e su tutto il corpo erano disegnati tatuaggi rappresentanti le sacre scritture degli dei che essi veneravano. Sulla fronte avevano incisa a fuoco la stella di Nyal, simbolo della potenza distruttrice dei venti.

    Fu poi il momento degli assassini silenziosi, agili armigeri della tribù dei Kajiiti, padroni della furtività e dell’uso delle armi a breve raggio, padroni del settore orientale delle Wastelands. Simili a felini, con corpi esili e filiformi, non seguivano uno schieramento di battaglia preciso, piuttosto si disperdevano nell’ambiente circostante, approfittando dei nascondigli naturali che le catene montuose fornivano per poter tendere agguati all’interno delle linee nemiche. Non indossavano armatura, preferendo equipaggiarsi dei loro soli artigli e dei coltelli letali che tramandavano all’interno dei sottogruppi; avevano incastonata nel petto una sorta di pietra esagonale, di colore blu scuro, sulla quale era incisa una mezzaluna, simbolo della loro devozione alle tenebre.

    Ognuno dei tre gruppi armati uscì nel clamore dei tamburi di guerra e nella caotica sinfonia di richiami alla supremazia della morte ed alla rinascita che egli portava, rinascita che ognuno di loro riconduceva all’opera purificatrice del loro generale, Fedor di Garuda. Quando l’intero esercito di Mercurio si fu disposto sul campo di guerra, parve chiaro che nonostante l’unione delle tre tribù costituisse un formidabile strumento di distruzione, il rapporto numerico tra gli schieramenti restava comunque a loro netto sfavore.

    -Hel’ahk mar tuuhm.-

    Fedor si rivolse alla sua armata, parlando ancora il linguaggio che soltanto loro avrebbero compreso. All’udire quelle parole, ogni mercuriano dotato d’armi rispose battendole l’una contro l’altra, oppure sugli scudi, ritmando una melodia tribale alla quale fece seguito un’invocazione di risposta. “AHK TUUHM MOPHATI!”, questo gridavano, con intensità sempre crescente, fino a far vibrare nuovamente il terreno, fino a che non fu il loro capo ad ordinargli di smettere.
    Lo sguardo con cui il Garuda osservava le sue truppe era di gelida autorevolezza, cosa che incuteva un reverenziale timore. Ognuno di loro sapeva di dover servire, di dover obbedire e di dover utilizzare ogni mezzo, anche la loro stessa vita, pur di concorrere allo scopo dell’epurazione. Molti uomini avevano determinazione per combattere, molti si riproponevano di farlo fino alla fine, ad ogni costo, ma dinanzi alla morte ognuno di loro aveva un minimo di remore, perché l’istinto di sopravvivenza riusciva a prevalere sopra ogni ideale; questo però non valeva per le popolazioni delle Wastelands. Erano stati creati privi di alcun attaccamento alla vita, ciò che per loro contava era l’ambizione di riuscire a raggiungere quell’unico scopo, e per tale si addestravano senza mai fermarsi. Erano preparati alla battaglia, erano preparati alla morte e non contava quanto fossero in minoranza rispetto al nemico. Avrebbero affondato le loro lame fino a che le loro gambe avessero avuto la forza di andare avanti, finché fossero stati in grado di poter servire.

    -Soldati, ci è stata tolta dalle mani la nostra ambizione. Il Male è sorto, ed è qui per farsi beffe di noi, delle nostre armi, quelle con cui abbiamo più volta punito l’ignoranza degli uomini. Ci ha tolto ciò che era nostro di diritto, ha ulteriormente corrotto le vite che avremmo dovuto epurare, ci ha sottratto quel mondo che avremmo dovuto consegnare in dono ad Hades per poterlo riportare ad una nuova esistenza più pura. Le nostre mani ora sono vuote, e questo è ormai immutabile. Tuttavia, non moriremo a mani vuote, c’è ancora una cosa che vi ordino: lordate le vostre mani col sangue di questi abietti esseri.-

    Un movimento improvviso della mano destra, una lama di aria compressa si avventò verso la gola dell’essere che poco prima aveva pronunciato la condanna, e non lasciandogli il tempo di opporsi alla cosa gliela tranciò di netto. Con altrettanta agilità, prima ancora che il cranio decapitato potesse cadere al suolo, Fedor lo afferrò per i capelli stopposi, rivolgendo il macabro trofeo ai guerrieri trepidanti. Il tono della sua voce ora era corrotto dalla furia, sul suo volto un’espressione distorta fece intendere che il momento era giunto:

    -PORTATEMI LE LORO TESTE, KAR’HUM!-

    Gettò il cranio del nemico nel vuoto, ed a quel gesto seguì la risposta fervente delle sue truppe, pronte alla carica. Dallo schieramento opposto partì un gemito d’ira incontrollabile, a cui fece seguito l’enorme frastuono che seguiva il movimento delle truppe d’assalto.
    La battaglia era iniziata.

    -RAI’KHAN, IMAR UR KHAL AHMENI! KRI’MEI’HIN, KENERU DREl AHMENI!-

    Venne ordinato alla prima tribù di disporsi in formazione d’attacco frontale. I picchieri corsero avanti, coordinati dal khal delle tribù; gli armati di spada e scudo si disposero alle loro spalle, la protezione di metallo posta di fronte al loro petto e la lama protesa all’esterno. Il primo muro di soldati era abbastanza spesso da poter resistere alla prima offensiva, coprendo totalmente il perimetro d’accesso al portale, me ciò non sarebbe stato sufficiente per molto, poiché ad un primo assalto ne sarebbero seguiti di certo altri. Fedor dovette quindi ordinare alla tribù del Vento di far crollare enormi massi dai resti delle alture circostanti, così da creare una strettoia alle spalle del primo fronte entro la quale incanalare l’avanguardia nemica. Il frastuono dei massi che si sgretolavano al suolo, accalcandosi nei luoghi scelti, era talmente assordante da coprire le direttive di battaglia che intanto i capotribù. L’impatto tra i due eserciti si risolse in una spettacolare pioggia di crani che volavano da entrambe le parti; le picche avevano sortito il loro effetto, e per ogni soldato che ne possedeva una, al suo cadavere si accostava una fila di tre nemici strettamente infilzati l’uno dietro l’altro.
    Fedor osservò ancora una volta le sue mani. Erano ancora vuote, ci voleva altro sangue per colmarle. Con una discesa a picco, accelerata dalla propulsione del vento che egli stesso manipolava, il Garuda si infilò nelle schiere avversarie. Cinque avversari, armati di alabarde, si disposero attorno a lui a cerchio; il primo tentò l’affondo, deviato elegantemente sulla sinistra con un calcio che poi gli si andò ad imprimere sul viso, sfondandoglielo. Fu poi il turno di altri tre di loro, i quali attaccarono all’unisono, chiudendo le possibili vie d’uscita al Gigante dell’Ade, il quale fu costretto a bloccare due delle lame con le mani e la terza stringendola al fianco. Profondi tagli lacerarono i palmi, rigagnoli di sangue scuro attraversarono le dita, gocciolando fino al terreno. Era quello il momento adatto.

    Surendra Jit.

    Il cosmo avvampò, le iridi dello Spectre si trasformarono in minuscoli puntini mentre sbuffi di fumo grigio uscivano dai denti serrati. In un attimo il fuoco più violento avvampò dal suo corpo, incendiando prima le aste, poi i corpi che vi erano attaccati; ma non era finita: come proiettili le tre vittime vennero sparate in direzioni opposte, portando con loro tutti gli altri esseri aberranti che incontravano sulla traiettoria di lancio, concludendo poi lo spettacolo in una fragorosa esplosione da cui dipanarono frammenti e viscere infuocate.
    Il dolore acuto alle mani seguì inesorabile, rivelando quanto il taglio avesse scavato le carni in profondità. Seguì poi un dolore diverso, sordo, alla schiena; il Giudice sentì il respiro venirgli meno per un secondo, i polmoni vibrare all’interno della cassa toracica, si voltò. Uno degli abomini, più grosso degli altri, si ergeva dietro di lui, il corpo sfigurato gonfio di muscoli e traboccante di potere. La vista, per qualche attimo annebbiata, non gli permise di delineare perfettamente la strana figura che l’essere portava incisa sulla fronte, tuttavia questo non fu necessario a capire che egli era diverso dagli altri, decisamente più potente. Veloce arrivò il secondo pugno, stavolta diretto al volto; Fedor fece appena in tempo ad inarcare la schiena all’indietro prima di vedere l’enorme mano passargli a pochi centimetri dalla faccia, rilasciando scariche di pura energia che gli ferirono la guancia.

    “Non tutti sono degli esseri privi di intelligenza”

    L’amara considerazione che esistevano creature in grado di elaborare anche strategie di combattimento complesse dovette costringerlo a reagire di conseguenza, ricercando subito di riacquistare l’equilibrio per poter contrattaccare prima di subire nuovamente una carica. Con un calcio in pieno viso, potenziato all’impatto da un’emissione di aria compressa, il Gigante riuscì a rimandare indietro la creatura, ricreandosi lo spazio necessario a riprendere una posizione adeguata all’offensiva. Trascorsero pochi secondi prima che il bestione tornasse all’attacco, stavolta gettandosi con estrema velocità verso l’avversario e caricando entrambi i pugni; tentare di parare una simile esplosione di forza bruta sarebbe stato come condannarsi da solo, per cui Fedor optò per una conclusione più pratica ai suoi fini. Caricò ancora una volta il cosmo, liberando una corrente improvvisa che travolse la grottesca creatura con una tale intensità da deviarne il cammino a sinistra, non potendo altresì fermarne la carica; si spostò quindi a destra, in maniera tale da ritrovarsi al suo fianco a metà del cammino e lì finirlo con una bordata infiammata. Riuscì ad arrivare nel punto dove le difese dell’avversario erano scoperte, quindi accumulò in fretta il potere distruttivo sui palmi tumefatti, li protese e…sentì qualcosa avvinghiarlo su ogni giuntura del corpo, bloccando i suoi movimenti ed interrompendolo nel momento in cui avrebbe terminato lo scontro.
    Cinque esseri lo avevano paralizzato, chiudendolo in una trappola in cui era impossibile muoversi. Il Garuda cercò ad ogni modo di districarsi, tuttavia ogni suo tentativo era miseramente vano. Si aggiunsero altri due abomini, il suo corpo era completamente invaso da quelle creature orripilanti; un’espressione di disgusto di dipinse sul suo volto, ma evidentemente non era quella l’unica cosa di cui avrebbe dovuto preoccuparsi. L’enorme scimmione aveva ripreso l’equilibrio, aveva nuovamente caricato l’attacco e l’aveva scaricato tutto dritto nel suo stomaco.

    Mai come in quel momento Fedor sentì la vita sfilargli via dalle viscere sotto forma di vomito e sangue. Il suo cuore saltò probabilmente qualche battito, la sua armatura si incrinò, alcune costole si ruppero e nella mente per alcuni interminabili secondi non ci fu che buio e silenzio. Ogni respiro era doloroso, lo stomaco sembrava attorcigliarsi su sé stesso fino a creare un nodo, la vista era ancora sfocata ed i grumi di sangue sulle mani, ormai freddi, avevano ovattato la percezione del tatto. Ma di una cosa era certo, quelle mani erano ancora vuote, quindi non era tempo di morire.
    Un rigagnolo di liquido rosso gli colava dall’angolo della bocca quando il Giudice Infernale alzò nuovamente il capo, rivolgendo un beffardo sorriso di sfida al suo avversario. Era infuriato, come mai lo era stato, e l’affronto che quel manipolo di abietti gli aveva lanciato non avrebbe subito alcuna pietà. Il cosmo avvampò e arse tutto ciò che era vicino a lui, dopodiché iniziò ad assumere una forma più eterea e vorticò, con tale violenza da respingere perfino l’ammasso di muscoli che lo aveva colpito.

    Garuda Flap.

    Nel raggio di cinquanta metri ogni essere movente era stato scaraventato in aria oltre la fitta nube di aria corrotta. Esatti tre secondi trascorsero, prima che il vuoto creato nella marmaglia venne ricolmato da un’accozzaglia di materia scaraventata al suolo sotto forma di brandelli sanguinolenti. La devastazione fu totale. Fedor, annaspando, si guardò intorno, per scoprire che sul fronte lo schieramento dei Rai’Khan era ormai stato ridotto in polvere, soverchiato dalla supremazia numerica dei nemici. Molte delle creature corrotte erano state annientate, ridotte a cadaveri che andavano ad alimentare i bordi rocciosi del canale in cui gli eserciti si stavano incanalando, combattendo centimetro dopo centimetro in una rossa fiumana di interiora.
    Un nuovo esponente del Male si avvicinò a Fedor, anch’egli appariva essere notevolmente superiore agli altri per forza ed intelligenza, seppur non dissimile nell’aspetto eccetto che per l’armatura arrugginita che indossava. Avanzava con tracotanza, quasi sembrasse compiaciuto delle scene a cui stava assistendo. Quando fu a circa un metro dal Giudice Infernale, rivolgendo i suoi occhi corvini in quelli bicromatici dell’altro, prese a parlare nella lingua comune degli uomini:

    -Non c’è speranza per voi. Fatti da parte e lascia che la tua vita cessi di essere.-

    Non c’era speranza per nessuno di loro, questo era certo. Non c’era speranza per i suoi soldati, non c’era speranza probabilmente nemmeno per sé stesso, ma Fedor questo lo aveva preventivato molto tempo prima. Sputò del sangue aggrumito, si asciugò la bocca con l’avambraccio ed infine tornò ad assumere la posizione eretta, degna di un generale quale lui era. Avrebbe comunque guardato il suo avversario per quel che era, un orrendo abominio che non meritava di esistere ancora.

    -Tutto si estingue nella morte, perfino i terrori. KAJIITI, VALAR DOHAERIS!-

    Silenzio, con quelle parole i combattimenti sembrarono cessare per qualche istante. Nella strettoia creata dai Kri’Mei’Hin si era riversata l’intera avanguardia gli invasori, alle cui spalle si verificò un crollo progettato per chiudere ogni via di fuga. I pochi superstiti dei Rai’Khan che ancora tenevano il fronte sembravano ormai consci di quello che stava per accadere, per cui con un colpo secco spaccarono all’unisono le pettorine, rivelando la pietra rossa incastonata nel petto dei Genodroidi. Dalle fenditure della roccia delle pareti emersero a migliaia i Kajiiti, privi di ogni armatura, che con agilità si infiltrarono all’interno delle fila nemiche, mischiandosi ad esse fino a coprire ogni punto.
    Tutti guardarono al cielo, quasi in segno di riconoscenza per il sangue che gli era appena stato concesso di versare, dopodiché risposero al Valar Dohaeris con un inchino, poggiarono le mani al petto, e come un cielo stellato iniziarono a brillare di un rosso intenso. In sincrono esplosero, uno dopo l’altro, infrangendo le linee avversarie e uccidendo ogni singolo soldato che era stato imprigionato nella trappola del Garuda.
    Il rumore che seguì fece vibrare l’aria e l’onda d’urto rase al suolo quel che rimaneva del lato settentrionale della catena Himalayana, preservando strategicamente il lato in cui era sito il cancello dei Cieli.
    Coloro che erano nati per servire avevano servito.

    -Tutto si estingue.-

    L’essere corrotto che era dinanzi a Fedor non sembrò colpito dalla perdita di una buona fetta dell’esercito di cui faceva parte; ciò che si limitò a fare fu richiamare il resto dell’armata all’attacco, conscio del fatto che con la perdita di due terzi degli schieramenti opposti la superiorità numerica rimaneva oltremodo marcata. Gli esseri che stavolta scesero in campo erano più complessi rispetto ai precedenti, e tutti montavano su destrieri scheletrici completamente bardati per la guerra. Questo assalto poteva rivelarsi quello decisivo.
    Una strategia come quella utilizzata in precedenza non si sarebbe rivelata nuovamente fruttuosa, quindi il Generale degli Inferi dovette ricorrere ad un nuovo stratagemma, qualcosa che poteva consentirgli di volgere l’inferiorità numerica dei suoi sottoposti a suo vantaggio. Solo allora le porte del Lost Canvas si aprirono di nuovo, e ciò che uscì dal loro interno poteva rappresentare l’ultima speranza di Hades di proteggere la sua dimora.

    -E tutto continuerà ad estinguersi, questo almeno finché avrò vita.-

    Maestosa, enorme, la nave ammiraglia del Gigante di Garuda faceva la sua comparsa. Un veliero corvino costruito interamente di metallo, capeggiato a poppa dal volto famelico del Garuda che oscurò il sole, e circondata ai fianchi da cannoni da guerra carichi e pronti a distruggere. Al suo passaggio, le montagne al di sotto si sgretolavano come sabbia; l’ombra che stendeva sulla terra rendeva più cupa la desolazione che la battaglia aveva portato, così come il sangue sembrava solo nera pece. Sul ponte, intenti a manovrare l’enorme roccaforte volante, c’erano gli armigeri della quarta tribù delle Wastelands, quella degli Yukah, una popolazione di esperti guerrieri noti per esser maestri nell’arte delle illusioni e della persuasione. Il loro potere mentale era in grado, da solo, di alimentare i motori della nave; tuttavia, la sola presenza di quest’ultima era insufficiente a spezzare l’assedio delle creature del Male, per cui il tutto dovette tradursi in una semplice manovra strumentale.
    Quella sarebbe stata l’arma finale, ma prima c’era un’altra grossa fetta dell’esercito nemico di cui occuparsi.
    Fedor respirò lentamente, cercando di raccogliere tutte le energie rimaste per porre in atto quello che sarebbe probabilmente stato l’ultimo della sua guerra. Strinse i pugni, il sangue delle sue ferite tornò a scorrere caldo, ricordandogli ancora una volta che le sue mani erano vuote, e non si sarebbe fermato fino a che non avessero stretto il segno della sua vittoria.

    -KRI’MEI’HIN, VALAR DOHAERIS.-

    Immediati i soldati della tribù del vento si disposero alle spalle del loro generale, anche loro si liberarono della pettorina, per rivelare la pietra che brillava in mezzo al petto. Sui loro volti c’era la consapevolezza di chi stava compiendo il gesto finale per onorare le proprie ambizioni, la riconoscenza di aver potuto servire fino alla fine. Ma lo Spectre si rendeva conto che il solo carburante non era sufficiente a far bruciare nuovamente l’esistenza degli esseri immondi, per cui si rese conto che avrebbe dovuto sacrificare qualcosa di più; e per farlo era necessario che il suo corpo in primis versasse del sangue.

    -Yukah, Valar Dohaeris.-

    Questa volta lo disse serenamente, quasi ne fosse divertito. Gli Yukah non si mossero dalla nave, anzi, dal loro corpo fecero emergere dei fili metallici, i quali sinuosamente si mossero fino al corpo di Fedor, per cingerlo in ogni punto. Solo allora le loro coscienze iniziarono ad amplificarsi, le loro energie a scorrere attraverso le stringhe ed i loro corpi a bruciare.
    Fedor chiuse gli occhi, ed allora l’illusione ebbe inizio.
    Ognuno di quegli esseri avrebbe visto nel corpo di uno dei genodroidi la figura del Generale e, convinti di avere a che fare con lui stesso e di avere quindi l’opportunità di toglierlo di mezzo, si sarebbero buttati incontro alla morte; quando infatti i mostri avrebbero accerchiato i guerrieri della tribù del vento, questi sarebbero esplosi, annientando quel che rimaneva della seconda linea d’attacco dei nemici. Lo sforzo a cui lo Spectre si sottopose per poter mantenere una tale illusione attiva per un perimetro così esteso fu tale da causare danni al suo stesso corpo, e maggiore era il tempo che trascorreva, più le lesioni del sistema nervoso diventavano gravi.
    Rigagnoli di sangue ora scorrevano dai suoi occhi, come lacrime, mentre alle sue spalle le esplosioni dei suoi subordinati sancivano la fine degli schieramenti di Mercurio, così come la fine dell’esercito che aveva dato l’attacco al Lost Canvas. Le mani si intorpidivano, le gambe iniziavano a tremare e si piegavano sotto gli spasmi dei nervi che venivano tesi e lacerati, il dolore martoriava il corpo fino a far perdere il respiro, eppure egli avrebbe resistito, fino alla morte, fino a che fosse stato necessario.
    Non avrebbe più osservato impassibile alla fine, questa volta la fine l’avrebbe decretata lui.
    La sua voce era sforzata, quasi un sibilo, ma sufficientemente decisa da far intendere che stava dando un altro ordine.

    -Kaeredi, lasciate la nave a guardia dell’entrata, per nessun motivo qualcuno deve entrare nel Lost Canvas.-

    Le Kaeredi, fino ad allora nascoste all’interno della nave, emersero sul ponte, prendendo il controllo del veliero al posto dei corpi ormai carbonizzati degli Yukah e sparando cannonate verso quelle zone in cui si ammucchiavano i resti morenti delle forze di assedio. La guerra era giunta al termine, almeno per loro.
    Fedor, ormai privo di ogni energia, calò verso il suolo, dove il suo arrivo era atteso da una creatura, le cui linee apparivano sfocate e lontane. La vista sembrava aver abbandonato il Giudice Infernale, così come l’uso di parte del suo corpo, per cui, nel momento in cui quell’ultimo, imponente, essere lo afferrò per la gola c’era ben poco che egli potesse fare per opporsi. Qualcuno era riuscito a sfuggire ad ognuna delle offensive che lo Spectre aveva approntato, qualcuno era stato in grado di intromettersi nei suoi obiettivi e farsi beffe di lui ancora una volta. Quel qualcuno aveva un’armatura nera come l’oblio, ed una forza come mai avrebbe immaginato.
    Il tempo di un affannoso respiro ed una tremenda scarica di energia gli percorse le membra, trasformandole in un inferno di dolore. Il suo cuore stava cedendo, ma le sue orecchie udirono.

    -Non c’è esercito che possa fermare l’avanzata di ciò che deve essere. Fatti da parte e svanisci nel nulla.-

    Una lama si fece spazio nella sua carne, affondando nella spalla ed uscendo dalla parte opposta, fendendo l’armatura. Quel dolore, a confronto degli altri, sembrava quasi un sollievo per il Garuda, che tuttavia non riuscì a trattenere uno strozzato urlo di dolore. Forse ciò che doveva accadere non poteva davvero essere fermato, ma se la razza umana era ormai incontrovertibilmente asservita a quel potere corrotto, l’unico scopo che ancora restava a Fedor era proteggere il suo signore fino alla fine. Le sue mani erano ancora vuote, ma nella tomba non ci sarebbe andato da solo.

    -Tu non passerai.-

    Il settimo senso, l’essenza del cosmo. Solo allora, nella volontà di onorare fino alla fine se stesso ed il suo signore, Fedor scoprì la natura primaria del potere: non era più un corpo, era soltanto volontà. La sua mano sui mosse veloce, avvinghiò uno degli occhi della creatura corrotta e lo strappò, procurandosi quel trofeo che fiero lo avrebbe condotto alla fine, dopodiché richiamò a sé tutto il potere della Stella Malefica, conducendo il suo spirito fino ai limiti estremi.
    Sentiva il calore del fuoco sulla pelle, il cosmo del Garuda Infernale avvampare come non aveva mai fatto, fondendo la Surplice alla carne, e la mente all’universo. Attorno a se si rese conto di aver creato un piccolo nucleo di stella, una stella nera talmente compattata dalle correnti del vento che sarebbe implosa su se stessa senza creare danni al portale che aveva il compito di preservare.
    Nel momento in cui ogni suono divenne ovattato, in cui il suo cuore trovò la perfetta armonia col potere che strabordava dal suo corpo, decise che il momento era giunto, e lo lasciò implodere, risucchiando e disintegrando l’emissario del Male e tutto ciò che di residuo la battaglia aveva lasciato.

    Da quel momento in poi ci fu solo silenzio. Un anelito di vita, come una fiamma in preda alla tempesta, lottava per conservare l’esistenza del Generale Fedor Czajkowski, Giudice di Garuda e capo della Legio Infera II.


    vaPJX
    narrato; pensato; -parlato-



    Edited by † Shen771 † - 16/1/2013, 21:45
     
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  6. William van Deering
     
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    Legenda:

    'Parlato'
    °Pensato°

    Will di Harpy, energia verde


    Will non vedeva la luce del sole da molti giorni, d preciso da quando aveva saputo della sua nave riapparsa e aveva cercato di riaverla: così si era accampato in Ade e non ne era più uscito. Già da qualche tempo si sentiva apatico, non aveva voglia di fare nulla e passava il tempo guardandosi intorno alla vana ricerca di un nuovo passatempo: ormai giocare a bowling con le teste dei dannati non lo divertiva più anche perchè ormai erano consumate, e anche quella cosa chiamata calcio non aveva molta attrattiva, anche perchè non aveva trovato nessuno con cui provarlo.
    Così dopo vari tentativi si era adagiato nell'ozio in attesa di qualche missione, sempre che Hades fosse disposto ad affidargliene ancora, e sempre che fosse una buona idea poterne avere una. Ultimamente ogni cosa andava male e tutto falliva, anche schiacciare una stupida saint puzzona! Will calciò un pezzo di ghiaccio sempre più infuriato: la missione al Santurio era stata un fallimento su tutta la linea, anche se forse qualcuno era riuscito ad andare avanti. Lui non aveva saputo nulla e doveva riconoscere che in fondo non gli importava neanche, gli sarebbe rimasto il fallimento da ricordare e la cosa proprio non gli piaceva. Del famoso cofanetto si era scordato da un pezzo, avrebbe preferito staccare gli occhi a tutti i saint esistenti che riportare una stupida scatola all'inferno.
    Chissà che conteneva... doveva trattarsi di roba importante. Magari un tesoro nascosto di Hades, una cosa che poteva renderlo potente o, se in mano ai nemici, indebolirlo. Di sicuro non si trattava di una sciocchezza dato che Pandora aveva inviato uno squadrone armato fino ai denti in terra nemica.
    Will rabbrividì: il Cocito era proprio l'ultimo posto in cui avrebbe voluto essere e mentre osservava il luogo si chiedeva se le anime imprigionate potessero davvero patire il gelo in eterno. Non doveva essere piacevole trascorrere anche solo un giorno bloccati lì, figurarsi l'eternità! Neppure a lui piaceva ma era diretto in Giudecca ed era stato costretto ad attraversare tutte le prigioni: per fortuna si era ricordato di mettere l'armatura o avrebbe patito molto di più il freddo assurdo di quella parte dell'inferno.

    °Accidenti al freddo, Marilyn non aveva torto a lamentarsi del Cocito! Pensandoci potrei chiamarlo, magari andiamo a dare la caccia qualche saint, sono sicuro che gli piacerebbe molto.°

    L'idea di andare a chiamare il compagno d'armi era molto buona e lo specter si chiedeva come non gli fosse venuto in mente prima. Per quanto l'avesse incontrato una volta soltanto, a Will era piaciuto il modo di fare dello specter di Papillon, quel suo attaccamento alla causa e al poco interesse verso la sorte degli avversari: gli piaceva l'idea di essere nella stessa Legione, fino a quel momento non aveva incontrato nessuno di sospetto tra quelli scelti da Aizen. Decise così che avrebbe cercato il collega per una simpatica gita nel mondo dei vivi, dove seminare un pò di morte non avrebbe potuto che essere una buona cosa. Certo non sapeva dove trovarlo però poteva cominciare proprio dalla Giudecca visto che non l'aveva notato nelle altre prigioni.
    A fermarlo fu un rumore terribile, che a Will ricordò qualcosa sul punto di esplodere: aveva la curiosa impressione che il ghiaccio che lo circondava stesse per rompersi ma poi rise del suo stupido pensiero. Come poteva il Cocito spaccarsi o sciogliersi? Quello era ghiaccio serio, mica quello che stava ai poli del mondo e che era sempre più in pericolo; fece qualche passo e poi si fermò per guardarsi intorno, sempre con la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Di solito il suo istinto non sbagliava ed era anche per questo che era riuscito a scampare al naufragio e ricostruire la nave per tornare a casa dopo tanti anni. Will non pensava più al passato da molto tempo, ormai tutto era cambiato e persino lui non era più lo stesso ragazzo anche se era rimasto qualcosa in lui e che proprio in quel momento tornò ad emergere con forza.
    C'era qualcosa di sbagliato e Will lo sentì nella pelle: un momento prima si sentiva bene e subito dopo aveva l'impressione di essere morto o almeno gravemente malato. Si appoggiò con le mani a un pezzo di ghiaccio e riprese l'equilibrio.

    'Che diavolo...!'

    Lo specter cominciò a credere di essere impazzito: lui era molto alto ma adesso stava guardando a terra da una altezza davvero spropositata. Tutto attorno il ghiaccio era in movimento, si spaccava e rumori sordi in lontananza gli fecero capire che anche dalle altre prigioni stava succedendo qualcosa ma non aveva il tempo di occuparsene perchè ora capiva che cosa cercava di stritolarlo.
    Non aveva mai visto nulla del genere ma quella cosa che l'aveva sollevato aveva la forma di un gigante di ghiaccio: Will avrebbe voluto sapere da dove fosse arrivato ma guardare in basso gli fornì la soluzione. Quelle cose nascevano proprio dal Cocito, al posto dei dannati a cui aveva riso in faccia poco prima. Forse si erano vendicati, non c'era altra ragione, almeno lo pensò finchè, dopo aver craniato dolorosamente a terra, qualcuno parlò.
    La prima cosa che avrebbe voluto chiedere era chi era Gaz e perchè non aveva scelto un momento più opportuno per parlargli: lui doveva essere disturbato proprio quando cercava di non farsi calpestare dai mostri glaciali! Però lo ascoltò, e dopo aver trovato un temporaneo riparo dietro una montagna di detriti di ghiaccio gli fu più semplice.

    °Il mondo non cambia mai, noi avevamo il Mille non più Mille, ma anche questi non scherzano! Allora non sono nei guai solo qui nel Cocito...°

    A Will non era neppure venuto in mente che fuori da quella dimensione ci fossero milioni di persone in pericolo e per un momento si ricordò di Maria a Parigi: se quello che aveva appena sentito era vero allora anche la sua famiglia era nei guai e lui non poteva proprio muoversi, anche se non era sicuro che l'avrebbe aiutata. Era meglio sperare che fosse morta senza diventare corrotta, si sarebbe sentito meglio visti i guai in cui era finito senza volere.
    Il discorso dello sconosciuto Gaz aveva dei risvolti positivi e Will capì che se avesse voluto salvarsi.... Proprio in quel momento sentì le parole di Pandora nella mente e capì: la situazione era più disperata della prima impressione se perfino l'inferno era perduto. Dove era finito Hades? Era la domanda più logica e avrebbe tanto voluto arrabbiarsi ma decise che non si poteva permettere di perdere tempo: la voce di Pandora gli era sembrata disperata, cosa che non avrebbe mai creduto possibile. Di solito era fredda e autoritaria e anche un pò stronza ma disperata...

    'Ok amici, faremo una riunioncina amichevole la prossima volta! Ora devo... '

    Scappare! Che cosa infame la fuga, un atto da codardi e Will non avrebbe mai voluto farlo ma era la sola scelta che gli restava, solo che i suoi nuovi amici di ghiaccio non sembravano della sua stessa idea, Will schivò un poderoso pugno che frantumò il ghiaccio che lo aveva protetto e gli bastò per capire che lottare gli avrebbe portato via troppo tempo. Senza risultati magari perchè erano tanti e potenti. Si mise in piedi e si girò in direzione della Giudecca ma venne preso per le gambe e fatto volare all'indietro; Will sentì l'elmo scricchiolare pericolosamente e grugnì arrabbiato quando vide un profondo taglio sulla guancia da cui usciva il sangue ma si rimise in piedi, approfittando della sorpresa del mostro.
    Lo specter saltò addosso a uno di quelli più grossi, maledicendo il loro essere completamente di ghiaccio, per poterlo usare come trampolino: per fortuna si allenava molto spesso ed era in grado di pianificare una strategia di fuga. L'idea di utilizzare gli stessi mostri come appoggi e trampolini per guadagnare più in fretta la via della Giudecca non era male ma Will fu costretto a riconoscere che il suo piano non era così brillante come pensava in origine: l'equilibrio era impossibile da ottenere, inoltre poteva ingannarne un paio ma non tutti. Infatti alcuni si spostarono lasciandolo cadere e cercando di calpestarlo visto che erano parecchio più alti e grossi di lui.
    Lo specter utilizzò i suoi poteri per rallentarli il più possibile: le sue arpie di cosmo sorpresero i mostri di ghiaccio, specialmente quando si resero conto che sembravano spuntate dal nulla.Will ne approfittò per guadagnare terreno: le arpie erano solo in apparenza inoffensive ma lui sapeva che avrebbero indebolito quelli più vicini a lui per permettergli di avanzare, e anche se muoversi sul ghiaccio lo rallentava, non cambiò idea. Will schivò vari colpi dalla distanza ma uno di discreta potenza lo costrinse a fermarsi dopo averlo colpito alla schiena.

    °La prossima volta gli stacco quelle stupide braccia di ghiaccio... ma sono vicino alla meta!°

    Si rimise in piedi dopo aver constatato di avere una ferita in faccia e una al braccio, dove un pezzo di armatura si era persino rotto, inoltre la bassa temperatura rallentava i suoi movimenti: imprecò nella sua lingua antica ma non si diede per vinto, ormai il Cocito era finito e già vedeva la figura di Pandora. Per un momento Will pensò che la donna si sarebbe avvicinata per aiutarlo, in fondo era anche suo interesse che gli specter si salvassero, ma subito capì di essere un illuso. Non solo non doveva essere tipico della donna elargire un aiuto, doveva proteggere il varco che aveva aperto per permettere a loro di arrivarci e di certo non si sarebbe mossa solo perchè lui era in difficoltà. La sua salvezza dipendeva solo da lui se mai gli era venuto il dubbio!
    Un'esplosione alle sue spalle gli ricordò la situazione: si girò all'improvviso e caricò il cosmo nel pugno, che lasciò esplodere di fronte. L'esplosione non avrebbe ucciso nessuno e avrebbe fatto solo comparire altri detriti ma lui aveva raggiunto lo scopo: i nemici sarebbero stati rallentati così da permettergli di raggiungere il varco per superarlo. Non restò ad aspettare ma corse il più velocemente possibile senza più guardarsi indietro e pregando che le forze non lo abbandonassero ora!
    Non aveva idea di come avesse guardato Pandora, se con disperazione o gratitudine o supplica, ma quando arrivò si sentì più al sicuro di prima: prese fiato e vide che non era da solo per fortuna. Gli sarebbe seccato essere l'unico e fu contento di riconoscere Marilyn tra i pochi presenti. Ma prima

    'Will di Harpy a rapporto!'

    Il pericolo era ancora alto e Will non sapeva se quel luogo era sicuro, forse ci sarebbe stata una battaglia e dovevano essere pronti.
    sono qui :P al mio pg piace il Cocito e così ho pensato che potesse andare bene visto che è a energia verde :P prendo danni e arrvo
     
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    LA DISTRUZIONE DEGLI INFERI

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    Andiamo, presto!

    Pandora fa passare dall'altro lato gli spectre che sono giunti, tuttavia non chiude il portale immediatamente; deve far passare l'esercito dei Diablos rimasti per dare man forte a quella che sembra una situazione disperata. Con molto stupore infatti non siete finiti nel lost canvas: siete su un'altopiano innevato che dovreste riconoscere come la nuova porta terrena sul di esso, ovvero
    Il centro dell'Himalaya, il tetto del mondo. Il clima è gelido e come se non bastasse, una guerra è già in atto: il Male è arrivato e si sta scatenando più feroce che mai e ha già fatto delle vittime. Il tentativo di Fedor ha rallentato l'avanzata ma di poco: altre bestie nere si intravedono all'orizzonte fra le nebbie.

    Dovete resistere!
    Per l'Ade!


    Pandora pronuncia queste parole allo stremo delle forze mentre con il suo tridente tiene aperto il portale attraverso il quale passano, uno per volta, i grossi demoni cornuti dell'esercito di Pandora.
    L'attacco dall'alto sembrerebbe quasi un diversivo; infatti mentre una miriade di piccoli uccelli dentati e neri si fiondano su di voi, la terra inizia a creparsi e da centinaia, migliaia di buche nel terreno iniziano a sbucare dei luridi serpenti neri dagli occhi rossi. Una nuova scossa , stavolta più forte, annuncia l'arrivo di una bestia mostruosa dal sottosuolo: un grande serpente, un mostro di 12 metri sfonda la roccia e il ghiaccio e vi sibila contro un'unica parola

    ooooooooooooooooooodiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiooooooooooooooooooooooooooooo

    Dalla sua bocca escono delle fiamme che però non bruciano.




    Scusate il ritardo ragazzi ma come alcuni sanno è un periodo un po' difficile per me :) Allora: Siete stati trasportati sull'Himalaya e come vedete l'attacco è molto complesso. Gli uccellini che sono venuti a dare man forte ai fratelloni rimasti di prima sono Gialla, i serpentini invece di energie variabili fra la gialla e la verde, mentre Odio PER ORA è blu e le fiamme verdi che sgorgano dalla sua bocca ininterrottamente sono di natura SPIRITUALE. Ciò non toglie che quel coso con i denti aguzzi e la sua mole POTREBBE essere pericoloso anche a livello fisico, ma per ora non lo sapete.
    Occhio però a stabilire le vostre priorità.
    Non sottovalutate nessun elemento che compare nella traccia.
    Per l'ordine, organizzatevi fra di voi.


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    Edited by † Shen771 † - 13/2/2013, 09:35
     
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  8. † Shen771 †
     
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    HtGqV

    THE ARMAGEDDON

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    -Lord Fedor…si svegli perfavore.-

    Quel suono era ovattato, distante, ma udibile. In una sorta di oblio senza fine, lo spirito di Fedor di Garuda galleggiava incorporeo, privo di appigli, come un’entità puramente irreale frutto del chaos. Egli era il nulla, un nulla che ragiona, un nulla capace di sentire lo scorrere fievole dell’esistenza, quando essa ti abbandona dinanzi ai cancelli dell’oltretomba.
    Un modo come un altro per sentirti a casa.

    -Lord Fedor!-

    Buio, luce. Annaspò come un bambino gettato in un lago ghiacciato, cercò di ingurgitare quanta più aria potesse perché quel ritorno improvviso alla vita lo aveva colto impreparato e confuso. Spalancò gli occhi, ma nulla era definito; gli arti avevano ripreso sensibilità con una tale violenza che gli stimoli nervosi causavano tremiti impossibili da placare. Avvertiva le fauci secche, il cuore che batteva veloce ed un dolore penetrante alla spalla, tanto acuto come poche volte l’aveva provato. Dov’era? Tutto avrebbe dovuto cessare con il salvataggio dei cancelli del Lost Canvas, anche lui.
    Chiuse le palpebre, cercando di analizzare quale fosse la sua condizione fisica attuale: respirava, dalla punta dei piedi alle mani avvertiva la gelida morsa del freddo, i suoi nervi erano intatti e presumibilmente anche i suoi organi. Fedor si sorprese nuovamente, era vivo.

    -D…dove sono?-

    Il mal di testa che lo attanagliava non gli permetteva di costruire chissà quali ragionamenti, tuttavia poteva ben capire tramite l’olfatto che si trovava in una sorta di luogo sterilizzato, una sala chirurgica o qualcosa di simile. L’odore pungente del disinfettante gli permeava i polmoni, scacciando facilmente quello più acre del sangue. Cercò di riprendere lucidità e soprattutto di riuscire a focalizzare la vista, cosa che non gli fu possibile prima di svariati tentativi; quando finalmente l’iride riassunse tutte le sue piene funzioni, nel campo visivo si materializzarono macchine grigie e tubi metallici, alcuni spessi ed altri decisamente sottili, che penetravano la sua pelle in più punti. Era disteso, tutto ciò che copriva il Giudice di Garuda era una sorta di patina traslucida sulla quale erano disposti elettrodi medicali, tutti accuratamente dislocati nelle regioni del corpo dove le funzioni vitali erano più facilmente monitorabili.
    Cercò di voltarsi, aiutato più dai muscoli indolenziti che dalla forza di volontà. Un enorme stanza circolare, completamente avvolta nella penombra ed illuminata a distanza da centinaia di luci ad intermittenza, era ciò che aveva ospitato Fedor per un tempo a lui non chiaro; la grossa lampada alogena posizionata a circa un metro dal suo corpo inerme non consentiva di delineare i perimetri al di fuori del raggio luminoso, ciò nonostante fu chiaramente visibile il movimento frenetico di una decina di individui, i cui passi risuonavano sul pavimento metallico come ticchettii di una goccia d’acqua. Uno di questi, probabilmente colui che lo stava chiamando, si avvicinò.

    -Siamo stati fortunati mio signore, ancora poco e non avremmo potuto far nulla.-

    Una creatura femminea, più precisamente un androide, gli stava ora auscultando con un lungo stetoscopio il battito, concentrando la propria attenzione sulla zona del muscolo cardiaco che era stata danneggiata dalla precedente battaglia. Era una Kaerede, una delle soldatesse d’elité incaricate dallo Spectre di mantenere la posizione della nave di Garuda a guardia dei cancelli sull’Himalaya. Il suo corpo, per metà umano e per metà meccanico, riluceva nella parte inferiore di riflessi violacei, là dove i circuiti elettronici impartivano ai suoi arti i movimenti precisi da compiere.
    Le sue mani, fredde e dure, tastavano il petto del generale alla ricerca di fratture non ancora sanate; ogni pressione produceva un fascio di onde sonore, che scandagliavano le interiora di Fedor come un’ecografia ed elaboravano i dati ottenuti dalla rifrazione rendendoli visibili su uno schermo posto alle spalle del lettino su cui era adagiato.

    -Stiamo lavorando sulla sua coscienza. Questo è il biolink, lei sta sognando. Stiamo valutando che non ci siano danni spirituali.-

    Era dunque stato salvato dall’unica branca delle sue armate a non essere stata sacrificata per alimentare il potere della stella malefica di Garuda. Tutto ciò che i Genodroids avevano costituito durante lo scontro con il Male puro era stato un semplice carburante facilmente rimpiazzabile, esseri potenti ma imperfetti, costruiti in serie da macchine e totalmente adibiti al soddisfacimento delle necessità belliche del Gigante dell’Ade. Ma non le Kaeredi. Quelle erano creature particolari, i migliori tra i prodotti dell’ingegneria genetica, coloro nei quali Fedor aveva impresso tutta la sua conoscenza, le sue abilità tecniche e scientifiche. Quelle erano le sue figlie, e nessuna di loro sarebbe mai stata utilizzata alla stregua di stupida merce di consumo.

    -Capisco...-

    Lentamente, sforzando con gradualità i muscoli appena rattoppati, lo Spectre si mise in piedi. Ad ogni suo passo, una manciata di fili si staccava dalla sua pelle e cadeva al suolo, in breve tutti i macchinari della sala iniziarono a squillare, creando un fastidioso caos che mise tutte le addette in allerta. Non diede spiegazioni, non disse nulla, Fedor si limitò ad abbandonare quel luogo con impressa sul volto un’espressione seria e distaccata che lasciava pochi dubbi: essere sfuggito alla morte non era bastato, l’aura corrotta del Male faceva ancora sentire prepotentemente il suo potere; il preludio di una nuova guerra, cosa che probabilmente non avrebbe avuto mai fine.




    Quando aprì gli occhi, questa volta per davvero, Fedor si rese conto essere materialmente conciato molto male. La sua coscienza era vigile, il suo cervello funzionava, tuttavia il suo corpo era spezzato, provato dai colpi e dalla battaglia che l’aveva visto protagonista. Non riusciva ad avvertire altro che dolore; qualunque pezzo di corpo provasse a muovere, tutto si risolveva in un’accozzaglia sfiancante di gemiti e rumori sinistri.
    Questo non andava affatto bene.
    Respirava a fatica, in bocca gustava ancora l’amaro sapore del sangue.

    -Pandora è qui.-

    Da un portale dimensionale, ridotte a poche unità a causa dei tumulti in atto nell’Ade, giunsero sul campo di combattimento gli Spectre rimasti, alcuni visibilmente provati dall’avanzata inarrestabile delle forze oscure. Un manipolo di soli quattro uomini e dall'altra parte del cancello, decisamente lontana dall’antico splendore che la contraddistingueva, si intravedeva Pandora, la comandante suprema in carica. Il suo corpo sembrava emaciato, ridotto allo scheletro della donna imponente che ergeva il suo scettro al di sopra dei dannati, dei guerrieri e dei generali; qualcosa doveva averla indebolita notevolmente, al punto di non farla quasi reggere in piedi.
    Quelli che vide erano campioni in parte sconosciuti, di sicuro però in grado di fronteggiare una situazione d’emergenza, considerando la loro impresa nello sfuggire ad un tale importante pericolo. Tra questi riconobbe Papillon, Driade ed Arpia, per quanto invece riguardava il quarto individuo, un tizio taciturno e apparentemente poco incline al dialogo, ma che tra i presenti era quello ridotto meglio, doveva presumibilmente essere lo Spectre di Geb, il nuovo arrivato tra le schiere del dio dei morti. Egli era di fianco ai cancelli dai quali stavano entrando e, quando tutti gli furono sufficientemente vicino da poterlo ascoltare, parlò.

    -Signori, a quanto pare siamo rimasti in pochi, e questo avversario è decisamente lontano dai livelli di forza che abbiamo incontrato finora.
    Geb, sembri quello ridotto meglio, non permettere per nessun motivo che entrino nel Lost Canvas o passino il varco per gli Inferi e facciano del male a Pandora. Volente o nolente, è’ la chiave per la nostra vittoria.-


    La sua voce era incrinata, flebile. Nonostante le condizioni critiche, mostrava ancora l’espressione autoritaria e fiera che lo ergeva al di sopra di tutto coloro che egli chiamava “subordinati”. Egli era un comandante, l’unico ancora in grado di poter assicurare la salvezza del baluardo divino dell’aldilà e della sua mano destra. Quando si fu accertato che tutti avessero udito, si rivolse nuovamente a Geb, indicando Pandora che era intenta a tenere aperto il portale e ad assicurare agli ultimi rimasugli di truppe minore di accedere al mondo dei vivi.

    -Geb, ciò che ho affrontato è solo una parte dell’esercito nemico, ciò nonostante era di una grandezza come mai mi è capitato di vedere. Alcuni di loro sono dotati di intelligenza, altri no. Tutto ciò che so è che sono riuscito a tenere sicuro il Lost Canvas fino ad ora…tuttavia, il mio compito non può dirsi ancora concluso.
    Vorrei ancora combattere, se mi è concesso. Ma per farlo, credo di aver bisogno dell'aiuto di Pandora. Sbrigate questa faccenda in modo che possa parlare con lei. Non fallite, è un ordine.-


    Tossì, sputando un grumo di sangue nero. Era ancora intenzionato a far ardere la sua fiamma, ora più di prima. Doveva farlo, era ciò che il suo onore gli imponeva, tutto ciò su cui aveva costruito la sua vita: distruggere ed epurare.
    Con le iridi ancora tremule per la fatica, Fedor riuscì ad osservare il nemico in avvicinamento. La sua presenza si avvertiva nitida già pochi minuti dopo che l'opera di pulizia con la quale aveva spazzato via la prima orda di esseri deformi era terminata; dalla distanza migliaia di piccoli esseri neri e alati avanzavano in direzione dei cancelli, il loro numero era tale da oscurare il cielo e rendere impenetrabile l'orizzonte.
    Ma se questo poteva spaventare, ciò che la terra portava con sé era allora latore di morte certa.
    Un terremoto violento sconvolse il paesaggio Himalayano, e per quanto fosse concesso al Garuda di vedere, ora che con l'ausilio delle poche forze residue era riuscito a poggiarsi con la schiena contro un masso, pareva immediatamente chiaro che qualcosa da sotto terra stava per mettere a dura prova i campioni avernali. Il terreno duro si spaccò, si incavò in più punto e partorì profonde spaccature che arrivavano a crepare addirittura le montagne più imponenti.

    -Questo vi darà del filo da torcere-

    Su di lui l’imponente nave di Garuda sostava in attesa di essere utilizzata, sopra di essa le Kaeredi erano tutte impegnate a preparare il veliero per l’assetto bellico. Un richiamo nella lingua di Mercurio, e dalla grossa imbarcazione una decina di fili quasi trasparenti vennero gettati verso il punto in cui era inerte il Giudice Infernale; i piccoli cavi cibernetici avvolsero lo Spectre là dove potevano assicurare una presa salda, poi iniziarono a sollevarlo, collocandolo infine sul trono di comando alla base dell’albero maestro.
    Lo scranno era duro, reso ancor più scomodo a causa delle ferite, ma quello era al momento l’unico ausilio utile che il guerriero russo poteva dare alle sue truppe. Intanto dalle crepe nella crosta terrestre fuoriuscirono viscidi serpenti assetati di vita, tutti accomunati da occhi di un rosso talmente scuro da aver perso ogni riflesso. Creature orribili, peggiori nell’aspetto dei mostri che prima il Gigante dell’Ade aveva combattuto.
    Ed infine apparve lui, il vero protagonista di questo nuovo attentato al regno di Hades: un enorme serpe squamosa, dalle dimensione spropositate al punto da farlo rassomigliare ad un drago, irruppe dal ghiaccio e dalle rocce e le disintegrò quasi fossero creta. Il potere che quella creature emanava era tanto arcano quanto elevato, e dalla sua bocca fuoriusciva un unico, eloquente, sibilo.

    Odio

    Di qualsiasi cosa si trattasse, di certo era una rappresentazione più che adeguata di ciò che la sua lingua professava. La sua forza, oltre che nella mole mastodontica e nei denti affilati come rasoi ed appuntiti come lance, stava nelle fiamme che generava dalle fauci spalancate, fiamme che, non sciogliendo la neve al contatto, non provocavano alcuna variazione della temperatura. Bisognava stare attenti, quell’essere nascondeva un potenziale ben più devastante delle aspettative.

    -Kaeredi, armate i cannoni. Ripuliamo il cielo da questa feccia.-

    Rumori metallici, roboanti ingranaggi che aprivano i boccaporti della nave e puntavano verso il lato destro, dove la nave si era girata dando il fianco all'avanzata degli uccelli, ventidue cannoni armati alla massima potenza. Non poteva combattere Garuda, non con il corpo, non ancora, ma sapeva comunque far sentire la sua presenza. Coprendo un raggio di centottanta gradi, le armi del veliero avrebbero sparato a raffica per centrare e colpire gli uccelli che si avventavano verso il cancello d’ingresso al Lost Canvas, ponendo l’enorme veicolo proprio a sbarramento della via principale d’accesso. Chiunque avesse voluto varcare la soglia dei Cieli, doveva ucciderlo, ancora una volta.



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    Demonio di uno stregone oscuro

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    CITAZIONE
    Legenda:
    Narrazione
    Parlato
    § Pensato §

    Un vorticante miscuglio di luci e di colori investì Fate, non appena questi varcò con decisione la soglia del portale dimensionale. Tutto durò un istante appena, ma per il giovane dalla pelle diafana sembrava che fossero passate perfino ore intere all'interno di quel "corridoio di trasferimento" generato da Lady Pandora per la loro stessa sopravvivenza. Un leggero senso di nausea colse il guerriero avernale perché non più abituato a questo sistema di viaggio. Appena il piede destro di lui calcò quello che doveva essere un terreno innevato vasto e sconfinato, la gelida aria che spirava in quel luogo riuscì a far passare il malessere del seguace di Hades.
    Fate si fermò un momento sulla piana desolata, sentendosi assai gratificato dalla sensazione di essere ritornato nel "mondo della superficie", eppure... c'era decisamente qualcosa che non gli quadrava. Osservando con maggior attenzione il panorama circostante, l'ex divinità egizia si rese conto che il posto, pur sembrando effettivamente quello "giusto", presentava una notevole differenza nel suo aspetto. Il cielo, il quale doveva essere terso e di una tonalità bluastra da lasciare letteralmente a bocca aperta, era ricoperto da fitte nubi scure che parevano del tutto innaturali per essere solo il frutto di una temporanea condizione climatica avversa.

    § In tutto il pianeta, i caldi raggi solari non sono dunque più capaci di raggiungere noi creature viventi superstiti? §

    L'albino contemplò mestamente che la bellezza che un tempo avvolgeva la Terra nella sua interezza, sarebbe andata molto presto perduta in via definitiva. Il Male aveva già annientato o corrotto ogni creatura vivente, trasfigurandoli in abomini deformi. Gli stupendi paesaggi di questo "mondo della superficie", si sarebbero ridotti a tristi parodie di se stesse. Questo era davvero un brutto colpo da digerire per Fate, ma vi erano adesso problemi più impellenti su cui valeva la pena di soffermarsi. Per quanto quel territorio himalayano apparisse calmo e tranquillo, si percepiva distintamente una grande forza maligna in agguato da qualche parte.
    Non c'era tempo da perdere. Bisognava fuggire immediatamente in direzione delle porte del Lost Canvas, l'ultimo baluardo difensivo rimasto in possesso dell'esercito del divino Hades. Girandosi per la prima volta alle spalle, il giovane dai capelli bianchi contemplò quelli che dovevano essere i suoi compagni di casta scampati come lui all'improvvisa ribellione dei morti. Una alla volta, anch'essi finirono per emergere dal varco dimensionale, raggiungendolo. Il loro numero ammontava a solo tre altre unità. Vi era lo specter della Driade, di Papillon e dell'Arpia. Le effigi presenti sulla loro surplice d'ordinanza (o quantomeno su quello che rimaneva di esse) aiutava il ragazzo dalla carnagione pallida a riconoscerli.
    Fu davvero una vista poco edificante per uno schieramento che poteva fregiarsi di un totale di ben 108 stelle malefiche, più una moltitudine di guerrieri risorti pressoché infinita. Possibile che vi fossero state così tante vittime durante la lunga e disperata corsa verso la Giudecca? Per lo meno, Fate sperava che questi elementi fossero abili a sufficienza per compensare la scarsità del loro numero. Eppure, pareva proprio che nessuno dei tre fosse in grado di sprigionare un cosmo violaceo pari a quello del manipolatore della sabbia grigia. Perfino le condizioni fisiche dei colleghi apparivano assai critiche. Era chiaro che fossero stati costretti a combattere contro un nemico particolarmente ostico. O non erano stati particolarmente fortunati o non erano stati abbastanza astuti da evitare delle inutili lotte.

    Tsk

    Il longilineo ex guardiano della settima prigione avernale schioccò la lingua contro il palato e si girò immediatamente con la testa verso un'altra direzione. Un atteggiamento di frustrazione, questo era lampante anche se dal suo viso inespressivo non traspariva nulla. Non essendoci alcuno dei tre giudici o, comunque sia, uno specter di alto rango fra le loro esili fila, Fate sarebbe stato costretto a prendere il comando di questo manipolo di combattenti. A maggior ragione se si pensava che perfino Lady Pandora, la celebrante del dio Hades, non era in grado di gestire i suoi uomini dopo la dura prova a cui si era sottoposta per tenere incessantemente aperto il portale dimensionale. Oltretutto, la donna pareva ancora intenta nel suo sfiancante operato, perché ella era desiderosa di portare in salvo anche una nutrita schiera di diavoli di élite.
    Ogni aiuto in più sarebbe stato prezioso per affrontare con successo le sconfinate orde del Male. Fate approvò questo suo modo di agire, elogiandone ulteriormente la robusta tempra. La fanciulla dai lunghi capelli corvini era più che degna di essere ricordata al pari di Hatsheptus, l'unica faraone-donna di cui si aveva notizia. Ad un certo punto però, lo specter della Terra Obbligata percepì la presenza di un flebile potere delle stelle posizionato orientativamente davanti alla sua persona, verso le porte del Lost Canvas. Dalla sua natura oscura, Fate dedusse che doveva trattarsi di un altro soldato infernale miracolosamente sopravvissuto. Considerando il luogo in cui si trovavano e le condizioni in cui ogni fazione doveva trovarsi in quel preciso frangente, era chiaro che avesse visto giusto. Chi mai sarebbe stato così sciocco da abbandonare i suoi doveri per continuare a sorvegliare l'esercito di Hades?
    Avvicinandosi ulteriormente a costui, l'albino fu lieto di riscontrare che l'uomo indossava le vestigia di uno dei tre Giganti dell'Ade: quello di Garuda per essere maggiormente precisi. Se Fate si illudeva di demandare al suo superiore in grado gli indesiderati oneri del comando, ben presto si dovette ricredere. Fedor aveva combattuto strenuamente per la difesa dell'avamposto dei cieli. Le forze del Male ne avevano gravemente minato l'integrità fisica, così che non potesse più sostenere ulteriori combattimenti. Per tale motivazione, il giudice impose all'ex divinità egizia di dirigere le manovre a terra. Il ragazzo dalla pelle diafana odiava prendere ordini da altri che non fossero Hades o Pandora stessa, soppresse dunque il suo profondo malcontento interiore dietro una maschera di indifferenza.

    Geb prenderà atto delle tue parole e farà il possibile per guidare tutti sani e salvi verso il Lost Canvas. L'impegno assunto da un dio, verrà rispettato ad ogni costo.

    Le sue parole di risposta risultavano prive di ogni tipo di possibile inflessione, ad eccezione di una punta di orgoglio personale. Fedor aveva ragione, c'era bisogno sia di lui sia delle sue eccellente abilità di stratega. Fare fronte comune al pericolo con una perfetta opera di cooperazioni fra specter, era l'unica possibilità di salvezza e... il pericolo... non tardò a presentarsi sottoforma di un'altra nutrita schiera di creature aberranti. Dapprima, un potente terremoto sconquasso l'intero territorio himalayano, rendendo difficile anche il solo cercare di restare in piedi. Si formarono quindi migliaia di buche sul terreno innevato, dal quale emersero bisce scure dagli inquietanti occhi rossi. Erano esseri devoti al Male, su questo non c'era alcun dubbio, così come lo erano gli stormi di grossi uccelli dal becco dentato che si profilarono all'orizzonte.
    Un spettacolo davvero disarmante. Un'offensiva su larga scala sia via terra sia via aerea. Pareva che non ci fosse alcuna possibilità di spuntarla, che fosse impossibile perfino il semplice pensare di ripiegare lentamente verso i pesanti portoni che delimitavano i confini del Lost Canvas. Tuttavia, il peggio era ancora in agguato. Una nuova scossa di terremoto, la quale non aveva precedenti, si verificò facendo quasi cadere a terra Fate. Un enorme serpente lungo dodici metri sfondò con facilità strati e strati di ghiaccio e dura roccia, impennando la sua grottesca testa nera verso il cielo ricoperto da nubi. Un verso sibilante venne emesso dalle fauci spalancate da questo seguace della distruzione, un richiamo che ricordava molto le parole umane "ODIO". Il tutto era accompagnato dall'emissione costante di fiamme incapaci di bruciare. Da cosa si deduceva questo? La temperatura non variava e la neve non si scioglieva sotto il suo alitare.

    § Se questo fosse uno di quei videogiochi rpg con cui si dilettano (o forse dovrei dire dilettavano?) i comuni mortali di questa era, quel biscione troppo cresciuto sarebbe sicuramente paragonabile ad un boss di fine livello. §

    Fate attinse probabilmente ad alcuni frammenti di memoria appartenenti al proprietario originale di quel corpo, pur di formulare quel pensiero assai moderno. Ciò rendeva alla perfezione lo stato attuale delle cose in cui si ritrovavano invischiati sia lui sia i suoi compagni di casta. Non vi erano possibilità di sorta per tentare di fare l'eroe da solo. Tale atto era fuori discussione. L'albino avrebbe finito solamente per farsi distruggere da quell'essere deforme, il quale sprigionava una energia nettamente superiore alla sua. Chissà poi di quali misteriosi poteri era dotato, specie per quanto concerneva quelle fiamme che gli uscivano dalla bocca munita di zanne aguzze. Lo specter della Terra Obbligata non si trovava in condizioni di salute ottimali, a causa della lunga quanto estenuante traversata dell'intero Duat, quindi a maggior ragione doveva provare a lavorare di squadra con gli altri spiriti demoniaci li riuniti al suo fianco.
    Il giovane dal fisico asciutto si prese il lungo ciuffo bianco che gli penzolava da un lato della testa con le dita della mano dominante. Lo lisciò più e più volte con estrema lentezza, sforzandosi al tempo stesso di escogitare un valido piano d'azione. Il guerriero avernale conservò così la propria sanità mentale intatta, anche di fronte a quell'entità rettiliforme a dir poco spaventosa. Aveva bisogno di pensare in fretta e con freddezza. Quel gesto, un vizio anch'esso ereditato dalla vera persona chiamata Fate, sembrava aiutare molto il dio egizio in tal senso. Infine, con un luccichio sinistro nei suoi occhi azzurri, egli arrivò ad una conclusione che riteneva accettabile. Forse sarebbe riuscito a salvare se stesso, Lady Pandora ed il resto dei suoi compagni di schieramento da un'impietosa disfatta totale. Fedor si era già allontanato con la sua nave volante, quindi si voltò verso la donna dai capelli corvini munita di tridente, prendendo inaspettatamente l'iniziativa per primo.

    Lady Pandora, se non le è di troppo disturbo, Geb vorrebbe prendere temporaneamente il comando di questa compagine di guerrieri infernali. Ritiene infatti di avere trovato un valido sistema che ci permetterà un'adeguata controffensiva.

    Fate accompagnò le sue cortesi parole da un mezzo inchino pieno di deferenza. L'espressione del suo viso restava tuttavia insondabile. Solo gli occhi tradivano l'ex divinità egizia, denotando che costui coltivava nel suo animo un forte sentimento di rivalsa. Dopotutto, aveva dovuto subire l'onta di dover scappare dall'Ade con la coda tra le gambe, perdendo perfino la splendida piramide che si era voluto costruire nella settima prigione avernale come propria residenza personale. Qualcuno l'avrebbe pagata cara, si sarebbe reso protagonista indiscusso dell'ira divina di Geb e... quel qualcuno... sarebbe stato il colossale serpente definito come "Odio". La celebrante di Hades non aveva alcun motivo per rifiutare quella proposta, viste le condizioni di grande affaticamento fisico in cui versava. Se non fosse stata sostenuta dai suoi diavoli di élite, sarebbe crollata a terra esanime già da un bel pezzo.

    Ebbene... voi altri seguaci del divino Hades prestatemi la massima attenzione. Siamo soli in balia di questa calamità, ma Geb ha un piano d'azione da sottoporvi. Se farete come lui vi comanda per filo e per segno, forse vi sarà possibile portare a casa la pelle a dispetto di ogni pronostico sfavorevole.

    Fate appuntò il suo sguardo di ghiaccio su ognuno degli altri tre specter superstiti: Driade, Papillon e Arpia. Si preoccupò che ognuno di loro non avesse la testa fra le nuvole e che invece seguisse il suo discorso dall'inizio fino alla fine. Dopotutto, egli era pur sempre stato una ex entità sovrannaturale al pari di Hades, non avrebbe sprecato il suo fiato per ripetere una seconda volta le sue direttive a quel gruppo di comuni guerrieri. Prese fiato... poi la sua voce, fattasi ora solenne quanto quella di un potente faraone delle sabbie, elencò punto per punto quel che si aspettava da ognuno dei suoi colleghi di casta. Non si sarebbe fermato di fronte ad alcuna obiezione o richiesta di chiarimento da parte loro.

    Siamo stanchi, sfiniti, con il cosmo ridotto ai minimi termini. Prolungare oltremisura questo scontro significa sicuramente la "morte". Probabilmente, altre creature del Male stanno convergendo qui, desiderosi di banchettare con i nostri cadaveri. Dobbiamo abbattere quel colossale biscione subito, possibilmente al primo colpo, prima che abbia il tempo di mostrare il suo vero potenziale. Geb avanzerà per primo, lui ha il potere necessario per bloccare quella mostruosità ed infliggergli severi danni. Driade, usa i tuoi poteri per supportarlo. Se non riesci in questo, almeno preoccupati di tenergli chiusa quella dannata bocca. Arpia, appena vedrai quel serpente immobilizzato, usa tutte le tue energie residue e cerca di decapitarlo. Vedi di non fallire o saremo spacciati. Papillon raggiungi il giudice di Garuda nel suo vascello volante. Occupati di proteggerlo e di usare tutti i tuoi poteri insieme alle tue fairy per sbarazzarti delle forze aree nemiche. Quantomeno non permettere che ci infastidiscano. Voi demoni di élite occupatevi di scortare quanto più velocemente possibile Lady Pandora al sicuro, oltre le porte d'ingresso del Lost Canvas. Basteranno quattro individui per questa operazione. Il resto di voi, deve tassativamente fare di tutto, perfino mettere in gioco le proprie vite, pur di difendere noi guerrieri avernali mentre usiamo le nostre abilità e tecniche su queste amenità del creato. E' chiaro?

    Gli occhi di Fate si accesero nuovamente di una luce inquietante quanto risoluta. Perfino i tratti del suo volto si erano irrigiditi in una chiara espressione di grande serietà. Se il suo piano fosse fallito, non solo ogni responsabilità sarebbe ricaduta solo sulle spalle (con le evidenti ripercussioni del caso), ma le vite mortali di tutti i presenti sarebbero state bruscamente spezzate dalle orde maligne che si stavano affollando nella regione himalayana. Non poteva permetterlo. Lo specter della Terra Obbligata avanzò a passi risoluti verso Odio, dimostrando un indomito coraggio. La testa del grande serpente lo sovrastava nettamente, proiettando la sua scura ombra su di lui ed incutendogli un reverenziale timore. Il giovane dalla carnagione pallida digrignò i denti e serrò i pugni chiusi, pronto ad affrontare questa incredibile sfida per la sopravvivenza. Alcuni diavoli cornuti lo avrebbero di certo supportato, ingaggiando una disperata lotta contro i biscioni più piccoli che altrimenti si sarebbero impunemente avventati senza difficoltà sull'ex divinità egiziana.
    Fate avrebbe apprezzato il valoroso contributo di quelle creature infernali (insieme al loro eventuale sacrificio) ed impresso a fuoco nella sua mente millenaria questo momento di eroicità. Molto presto, egli avrebbe anche dovuto vedere con la coda dell'occhio una formazione composta da quattro imponenti individui dalle fattezze demoniache, che tentava di aggirare lo schieramento nemico con grande velocità. Sarebbero stati i "prescelti", coloro che avrebbero dovuto trasportare la celebrante di Hades verso un luogo più sicuro, verso l'ultimo baluardo difensivo degli eserciti dell'Ade: il Lost Canvas. Il giovane pronunciò silenziosamente delle antiche parole egiziane per augurargli una sorte propizia. Un mezzo sorriso affiorò poi alle labbra asciutte del ragazzo dalla chioma bianca. Nonostante la situazione fosse disperata, trovava assai esaltante tutto ciò. Solo guardando in faccia alla morte senza paura, si poteva sperare di ottenere un potere maggiore e dare il meglio di se stessi. Fate lo aveva capito da tempo. Non aveva mica vissuto per millenni interi in modo vano. Si stava nuovamente mettendo in gioco, lo faceva anche per acquisire una consapevolezza cosmica superiore.
    L'albino era già un combattente forte e pericoloso di suo, ma ciò non gli bastava affatto. Era ben lungi dal ritrovare i suoi antichi poteri divini. Vedersela con Odio, un biscione troppo cresciuto palesemente molto più potente di lui, era il gradino necessario da superare per portare avanti la sua ambizione. Certo, il suo utopistico progetto era quello di creare un nuovo mondo composto da anime meritevoli di esistere, ma aveva bisogno della forza di imporsi contro tutti coloro che lo avrebbero ostacolato. Fate caricò le sue braccia di cosmo purpureo, bruciò l'energia delle stelle che scorreva dentro di lui. Nonostante la lunga traversata degli inferi lo avesse non poco debilitato, dava l'esatta impressione contraria. Solo un uomo dotato di grandi motivazioni, era in grado di fare tutto questo. Le mani del mortale toccarono poi il suolo, esercitando uno dei suoi poteri più versatili ed efficaci del proprio vasto repertorio di tecniche segrete.
    I serpenti avevano scavato delle profonde buche sotto la superficie del terreno, rendendo possibile accedere alla nuda terra che altrimenti si sarebbe trovata sotto strati e strati di neve e di ghiaccio. Povere entità deformi e stolte che non erano altro. Avevano commesso un inconsapevole quanto fatale errore. Si erano perfettamente prestate a favore del gioco del combattente avernale, dandogli il modo di operare al meglio delle sue possibilità con il proprio elemento naturale. Fate erose la terra in un raggio di trenta metri di raggio tutto intorno alla sua persona e la sottopose successivamente ad una compressione di inaudita potenza. Ogni creatura rettiliforme che non era stata nelle condizioni di strisciare completamente fuori dai buchi presenti sul campo di combattimento, sarebbe stata probabilmente schiantata dalla violenza del Funeral Desert dello specter della Terra Obbligata.
    Lo stesso Odio avrebbe subito una sorte similare o quasi. Difatti, metà del suo massiccio corpo squamoso era sepolto sotto il livello del terreno. Non sarebbe stato abbastanza per ucciderlo, ma la brutale quanto repentina compressione della terra gli avrebbe ottimisticamente arrecato un danno considerevole, oltre che operare con buone probabilità di successo una presa d'acciaio su di lui. La differenza che intercorreva fra il seguace di Hades e il campione del Male non era affatto abissale. Il vero scopo dell'astuto Fate, era comunque sia di cercare di tenere fermo l'avversario principale del suo schieramento, sperando che la Driade lo supportasse nella sua azione (legando strettamente la parte del corpo di Odio emersa dal terreno) e che l'Arpia gli desse il cosiddetto "colpo di grazia". Restava da vedere se i compagni di schieramento dell'ex guardiano della settima prigione avernale, avrebbero puntualmente confermato quello che ci si aspettava da parte loro o se si sarebbero vigliaccamente tirati indietro per paura di farsi uccidere dalla massa di nemici che li stava per travolgere.


    jUeR9

    Nome ☥ Fate Averruncus
    Energia ☥ Rossa
    Casta ☥ Specter
    Cloth ☥ Surplice della Terra Obbligata [Grado IV]
    Status Cloth ☥ Integra
    Status Fisico ☥ Sfinito, anche se ha avuto un momento per riprendersi.
    Status Psicologico ☥ Sfinito, ma sollecitato a dare il meglio di se stesso in queste ultime azioni

    Abilità Utilizzate

    ///

    Tecniche Utilizzate

    Funeral Desert (usata una variante su ampia scala)
    Lo specter di Geb leva una delle sue mani in avanti, trasmettendo impercettibili particelle di cosmo in direzione della sabbia presente sotto i piedi degli avversari. La fine sostanza grigiastra verrà manipolata in modo da tentare di avvolgere gli oppositori con uno spesso strato del medesimo materiale. L’effetto iniziale è dunque quello di cercare di immobilizzare i soggetti in questione, ma la tecnica non termina qui. Difatti, il caster chiuderà a pugno la mano prescelta per innescare la seconda fase della sua offensiva. Essa consiste nel provare ad esercitare una micidiale compressione nei corpi delle potenziali vittime con il chiaro intento di farli implodere. Non ha alcuna importanza se la sabbia riesce solo parzialmente a raggiungere il suo obiettivo; si trattasse anche di un singolo arto dell’avversario a venire intrappolato nella tecnica, questo correrebbe il serio rischio di venire distrutto per compressione. La protezione offerta dall’armatura del bersaglio non avrà la minima valenza se questi sarà "troppo debole" rispetto allo specter di Geb, visto che i fini granelli di sabbia potranno tranquillamente infilarsi attraverso le fessure esistenti in essa (nella giusta quantità necessaria) ed applicare direttamente la compressione sulle membra del nemico. Certo è che se una corazza risulta particolarmente fragile, la compressione può essere in grado di distruggerla assieme a colui che la indossa; altrimenti, continua ad infliggere danni spaventosi da stritolamento finché non ce ne disfa in qualche maniera. Infine, lo specter di Geb potrebbe semplicemente limitarsi a cercare di far morire per soffocamento un antagonista, ponendogli uno spesso strato di materia sabbiosa su bocca e naso.
    *Il caster può liberamente decidere di localizzare la compressione mediante sabbia su un determinato punto del corpo dell’avversario, anziché sul suo intero corpo.



    Edited by ShinAnslasax - 4/6/2013, 15:10
     
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    Armageddon: La distruzione degli inferi - Post 2

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    Marilyn di Papillon, Stella della Terra Misteriosa
    Energia Verde
    Narrato - *Pensato* - Parlato - Parlato di altri




    Finalmente era comparso anche il Giudice di Garuda, una delle poche alte cariche rimaste nel Regno degli Inferi. La sua forza era spaventosa e le bordate di cosmo distruggevano gli invasori come se fossero ramoscelli spinti da un tornado. Qualche demone opponeva una resistenza più marcata, ma non c'era niente fare.
    Anche william di Harpy era arrivato. Marilyn era felice di vedere uno Specter che conosceva personalmente.
    Pandora chiuse il varco ma con grande sorpresa Marilyn e gli altri non si trovarono nel Lost Canvas. Erano sulle montagne, faceva freddissimo e la neve faceva da padrona.
    Anche questo posto inospitale era pieno di bestie alate provenienti da chissà dove che non appena videro gli specter attraversare il portale iniziarono a girar loro sopra la testa come avvoltoi in attesa della preda. Come se non bastasse, anche dalla terra arrivarono delle scosse. Erano serpenti dalle squame nere molto simili a quelli incontrati nel cerchio dei violenti. Il più grande di tutti creò un boato spaventoso. Sbucava parzialmente fuori dal terreno e sibiliva qualcosa che Marilyn sembrò capire: "odio". Dalla bocca sputava fiamme che però non scaldavano l'aria. Era molto strano.
    Fedor di Garuda era stato trasportato sulla sua nave da guerra dalle sue subalterne. Da lì aveva annunciato a tutti gli Specter che dovevano vedersela loro con il biscione visto che lui doveva parlare con Pandora di come gestire al meglio la situazione.
    Lo Specter di Geb prese subito l'iniziativa dicendo a Pandora che aveva in mente una strategia.
    Marilyn lo guardava con una faccia stranita. Non gli capitava molto spesso di sentire parlare di sè in terza persona. Gli sembrava di stare su Facebook e di leggere gli aggiornamenti del profilo di Geb piuttosto che sentirlo parlare in mezzo alla neve ed alle bestie dell'Apocalisse.
    Nonostante tutto, la strategia che il dio egizio aveva proposto agli altri era una buona strategia. In realtà Marilyn avrebbe voluto scortare lui Pandora, ma anche distruggere in mille pezzi i demoni alati non gli sembrava un brutto compito.
    Non appena Geb finì di parlare, Marilyn si teletrasportò sulla nave da guerra di Fedor. I cannoni erano armati ed i seguaci del Giudice di Garuda facevano fuoco contro le bestie alate. Marilyn guardò il cielo. Era scuro, pieno di nuvole cupe e di fulmini.
    Non erano tanti gli uccelli che volavano in cielo, ma Marilyn era contento di non essere il solo ad occuparsene. La piccole Fairy che lo circondano sempre si mossero verso il cielo. Con il loro danzare nell'aria si recarono verso i demoni alati schivando le palle di cannone ed andando ad appoggiarsi a loro. Subito risucchiarono parte della loro energia vitale e poi esplosero. Il cielo si illuminò come una notte di fuochi d'artificio. Alcune bestie alate caddero verso il terreno. Altre che invece erano ancora capaci di volare, furono abbattute dai venti cannoni della nave di Fedor.
    Marilyn si sedette sulla balaustra di babordo e fece appoggiare una Fairy sulla sua mano.

    Brave piccole mie. Siete sempre le migliori.
    le disse.

    Guardò sotto. Odio spuntava ancora per metà dal terreno, ma il cosmo di Geb si era espanso notevolmente e stava provando a stritolare Odio e tutti gli altri serpenti con la sabbia stessa dalla quale erano comparsi.
    Marilyn sorrise. Era circondato da compagni d'arme veramente forti e valorosi e questo sarebbe stato un vantaggio in quel casino infernale.



    fairypiccola1



    ~ Note: per le descrizioni delle varie tecniche guardate la SCHEDA
    ~ Status Fisico: stanchezza generale, ferita al volto, bruciature sparse sulle parti non coperte dal Surplice, dolori agli arti ed al collo dovuti a stritolamento.
    ~ Status Cloth: ammaccatura lato sinistro, elmo distrutto, schinieri, bracciali e pettorale crepati.

     
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    LA DISTRUZIONE DEGLI INFERI
    armageddon: ade

    II
    ~

    Ramal respirò a pieni polmoni quell'aria fresca e rarefatta che gli si presentò una volta varcato il Lost Canvas, scrutando poi con lo sguardo l'intero paesaggio.
    Le pupille ghermirono ogni singolo dettaglio, falciando da un lato all'altro il panorama gelido e terrificante che gli si presentò di fronte.
    Erano tornati sulla terra, ma non assomigliava più a quel globo azzurro di cui ricordava intense giornate di caluria accecante, con la pelle diamantina che brillava esposta ai raggi del sole.
    Ora era più un vero inferno: il terreno era duro, ghiacciato a giudicare dal colore che interessava alcune zone esposte, e il cielo era scuro, impregnato dalla malvagità che dilagava in quegli istanti in ogni luogo.
    Non poteva ancora credere di essere davvero di fronte all'armageddon, la fine del mondo e di ogni cosa.

    Osservò i compagni Spectre che avevano attraversato il varco con lui, ma non riconobbe appieno le stelle a cui facevano riferimento, nemmeno richiamando alla memoria i ricordi dei vecchi spectre della driade.
    Pochi istanti dopo apparve anche Fedor di Garuda, uno dei tre generali degli inferi e suo salvatore in occasione della sua investitura.
    Lo osservò per qualche istante poi tornò a concentrarsi sul gruppo, su Lady Pandora che si sforzava oltre ogni limite umano per tenere aperto il varco e infine sull'arido paesaggio.
    Proprio quest'ultimo venne scosso da un potente terremoto, lentamente dal ghiaccio uscirono una miriade di serpenti dalle pupille color cremisi.
    Strisciarono in ordine e compatti, proprio come un novello esercito, pronti a sferrare la loro offensiva; non era avversari degni per loro, nonostante il numero spropositato, e fu in quell'istante che un gracidio sommesso risuonò nell'aria.
    Ramal volse lo sguardo al cielo e vide immensi stormi di volatili, armati di becchi appuntiti e denti affilati, che come squadroni della morte si accingevano a compiere un secondo attacco dall'altro.

    « Questo è decisamente troppo! »
    Un'impresa difficile gli si presentava davanti, ma non impossibile.
    Avevano la benedizione di Lord Hades dalla loro e i rimasugli dell'esercito avernale non si sarebbero arresi tanto facilmente.
    Una seconda scossa interessa il terreno di fronte al gruppo, una spaccatura si generò dal terreno e ne spuntò un monolite completamente nero.
    Spuntò proprio in quell'istante un aberrazione senza nome, il cui unico pensiero era l'Odio puro e incontrastato: aveva la forma di un enorme serpente nero dalla cui bocca uscivano favelle avernali piuttosto che veleno.
    La sua sola presenza era sufficiente a far demordere chiunque da ogni tentativo di combatterlo, eppure lo spectre di Geb non si arrese e cercò di ideare una strategia.

    Siamo stanchi, sfiniti, con il cosmo ridotto ai minimi termini. Prolungare oltremisura questo scontro significa sicuramente la "morte". Probabilmente, altre creature del Male stanno convergendo qui, desiderosi di banchettare con i nostri cadaveri. Dobbiamo abbattere quel colossale biscione subito, possibilmente al primo colpo, prima che abbia il tempo di mostrare il suo vero potenziale. Geb avanzerà per primo, lui ha il potere necessario per bloccare quella mostruosità ed infliggergli severi danni. Driade, usa i tuoi poteri per supportarlo. Se non riesci in questo, almeno preoccupati di tenergli chiusa quella dannata bocca. Arpia, appena vedrai quel serpente immobilizzato, usa tutte le tue energie residue e cerca di decapitarlo. Vedi di non fallire o saremo spacciati. Papillon raggiungi il giudice di Garuda nel suo vascello volante. Occupati di proteggerlo e di usare tutti i tuoi poteri insieme alle tue fairy per sbarazzarti delle forze aree nemiche. Quantomeno non permettere che ci infastidiscano. Voi demoni di élite occupatevi di scortare quanto più velocemente possibile Lady Pandora al sicuro, oltre le porte d'ingresso del Lost Canvas. Basteranno quattro individui per questa operazione. Il resto di voi, deve tassativamente fare di tutto, perfino mettere in gioco le proprie vite, pur di difendere noi guerrieri avernali mentre usiamo le nostre abilità e tecniche su queste amenità del creato. E' chiaro?

    Ramal non rispose ma comprese appieno il suo ruolo.
    Aveva poche frecce utili al suo arco e sapeva che in questa occasione, per uscirne vivo, avrebbe dovuto usare la stessa tecnica che aveva rischiato di ucciderlo durante lo scontro con la Spectre di Behemoth.
    Un rischio che era pronto a correre, visto che con il tempo era divenuto sicuramente più esperto e abile nel combattere, tanto da padroneggiare qualsiasi arbusto che si trovasse in zona.
    La miriade di serpenti fuggì sottoterra, probabilmente con l'intenzione di attaccare il gruppo da più punti e in modo silenzioso.
    Lo spectre di Geb sembrò quasi divertito dalla loro scelta strategica e ad un suo semplice comando tutto il terreno cominciò a tremare.
    Difficile dire che conseguenze avesse avuto sui rettili nascosti sotto terra, ma non c'era dubbio sulla sorte toccata all'enorme serpente: con ancora mezzo corpo immerso nel terreno, si trovava ora incatenato in una morsa ferrea, pressoché indistruttibile.
    Agitarsi non gli serviva a nulla, poiché l'attacco dello spectre era andato a buon segno.
    Ora toccava a Ramal porre fine al tutto, evocando qualsiasi entità si nascondesse in quelle gelide lande.
    Con la destra tasto il terreno, infondendogli il proprio cosmo pregno di malvagità; ci impiegò qualche secondo ma alla fine trovò qualcosa da usare, un mostro da richiamare al proprio servizio.

    « E' giunta la tua fine, abominio! »
    Il terreno tremò per l'ennesima volta e ai lati del rettile si aggrovigliarono un centinaio di rovi, bitorzoluti e dall'aspetto decadente, quasi putrefatto.
    Assunsero rapidamente la forma di due enormi braccia, grandi quasi quanto il serpenti e pronte a ghermirlo in una presa ferrea.
    Ogni movimento degli arti lignei lasciava cadere enormi pezzi di terra e cristalli di ghiaccio, creando in Ramal una paradossale sensazione di terrore e meraviglia.
    Un mostro simile sembrava disperdere la propria essenza nell'aria, in un ultimo sforzo prima di poter riposare in pace; forse anche lui era stato disturbato dal rettile e ora non chiedeva che vendetta, la possibilità di fare la propria parte anche a costo della vita.
    L'arto destro andò a cingersi attorno al corpo allungato del mostro, mentre il sinistro mirò alla bocca nel tentativo di chiuderla per sempre.
    Compiuto il proprio dovere, non poteva far altro che instillare altro cosmo per mantenere viva quella forma e attendere che anche l'Arpia facesse il proprio dovere mozzando una volta per tutta la testa all'Odio.


      Energia ~ Verde.
      Cloth ~ Spectre di Driade, grado IV.
      Condizioni ~ Ferite su parti esposte del cloth, emorragie in più punti.

    Perdonate il ritardo ma è un periodo di transizione abbastanza duro.
    Ovviamente mi limito ad intrappolare il mostro con entrambe le mani appena create, favorendo così l'attacco finale di Will.
    ---
    CITAZIONE
    dryad's c a t a c l y s m a ~ Espressione massima del dominio del legno, lo spectre con questa tecnica da fondo a buona parte del proprio cosmo e genera due vera e propria mani gigantesche. Pochi istanti di concentrazione saranno lo scotto da pagare per poter creare simili sculture, per poi dirigerla verso l'avversario nel tentativo di schiacciarlo, macinando letteralmente il terreno sottostante. I danni, se catturati dalle enormi mani, sarebbero ingenti e se privi di armatura o cosmo vi è anche la possibilità che le ossa non riescano a reggere la forza a cui vengono sottoposte, rompendosi una dopo l'altra in modo particolarmente doloroso.

     
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  12. William van Deering
     
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    Legenda:

    'Parlato'
    °Pensato°

    Will di Harpy, energia verde


    Will si aspettava tutto tranne che trovarsi di nuovo in un paesaggio gelido: non aveva ancora avuto il piacere di vedere la collocazione di Lost Canvas e quello che vedeva non gli piaceva.

    °Eh no, basta! Ancora neve e freddo! Ma è mai possibile che io debba sempre finire in posti simili?°

    Infatti subito dopo aver attraversato il portale aperto da Pandora si ritrovò in un posto del tutto inospitale che gli ricordava non poco le ultime gite fuori porta che l'Ade gli aveva fatto fare, prima in Siberia e poi ad Asgard. Tutti posti talmente freddi da fargli detestare di cuore quel genere di clima, e quello che lo rendeva furibondo era proprio il fatto di esserci capitato di nuovo. Non avevano forse un'altra collocazione per quei dannati cieli? Sbuffò sonoramente anche se il suo rumore passò inosservato, tutti compreso lui erano impegnati nel cercare un modo per non farsi eliminare facilmente. Will si era aspettato che oltre il varco non ci fossero problemi, invece la scena che gli si presentava davanti non era quello che si aspettava.

    °A meno che... Ma mi sembra impossibile!°

    Will rimase sovrappensiero per alcuni istanti: di chiacchiere riguardanti i cieli ne aveva sentite moltissime in Ade ma nessuno gli aveva mai detto che ci fosse un clima del genere. Però Pandora nel suo messaggio aveva parlato del varco che li avrebbe condotti la, era impossibile pensare che si fosse sbagliata. O invece si? Lo specter non aveva proprio idea di cosa pensare ed era un bene perchè di tempo ne aveva davvero molto poco: la scena della battaglia era tragica e gli ricordava quelle che aveva combattuto nel suo tempo, quello che non riusciva più a raggiungere ma allo stesso tempo sapeva che era molto diversa. Non c'era affatto da scherzare, li la questione non si sarebbe risolta con un colpo di spada o con una lancia piantata nel petto degli avversari.

    °Ma come diavolo parla?!°

    Al ragazzo mancavano le parole: uno degli specter presenti, che pensandoci erano davvero pochi al punto che avrebbe chiesto dov'erano finiti tutti se non avesse avuto poco tempo e timore di ricevere la risposta più ovvia, aveva cominciato a parlare e Will lo trovava parecchio bizzarro, per non dire proprio fuori del tutto. Al contrario dei suoi modi gli piaceva però quello che sentiva dire: avrebbe voluto essere lui a preparare un piano di battaglia, invece era rimasto così sorpreso da non riuscire a pensare in modo lucido.
    Dovevano fare qualcosa alla svelta visto che pure uno dei giudici, che si vociferava fossero tanto potenti, sembrava del tutto fuori uso. Se lui aveva già dato tutto quello che poteva allora la situazione era più seria del previsto. Il piano gli sembrava potenzialmente buono anche se vedeva delle pecche, c'erano molti possibili imprevisti che avrebbero potuto impedire la perfetta riuscita dell'idea, ma non disse niente. Gli piaceva l'idea di combattere anche se il suo ruolo era tanto delicato quanto pericoloso: se non gli fosse riuscito di staccare la testa alla bestia, dubitava di poter vedere altro di quello che sarebbe successo. Sarebbe stato il suo primo pasto e l'idea non gli piaceva per niente.

    'Benissimo, non vedo l'ora che tocchi a me.'

    Will non esitò a rispondere in modo affermativo: il tempo stringeva, loro erano pochi contro qualcosa di cui conoscevano poco. C'erano così tante possibilità di fallire che a Will cominciò a girare la testa sentendola pesante, anche se non aveva nessuna intenzione di farsi sconfiggere dalle suggestioni. Essere l'ultimo non era dovuto alla sua scarsa fama in Ade, questa volta doveva riuscire ad ogni costo e solo al momento giusto.
    Era arrivato il momento che attendeva da tempo ovvero potersi rendere utile concretamente, non come era accaduto finora: l'idea di prendere ordini da un suo compagno di lotta non gli piaceva ma dal momento che non aveva idee migliori da proporre era costretto a fare un passo indietro con il suo ego e scegliere di collaborare. Certo che era davvero un tipo strano ma la cosa lo consolava, almeno non era l'unico a farsi notare, chissà come se la cavava nel mondo dei vivi. L'apparizione improvvisa dei demoni lo aveva convinto che fare l'eroe non gli sarebbe stato utile anzi, se per caso si fossero messi tutti ad attaccarli senza una logica, probabilmente sarebbero stati utili solamente per fare una zuppa di cadaveri.
    Will osservò la situazione cercando di non fare danni: doveva essere certo che il bestione fosse immobilizzato per colpirlo, e non poteva neppure permettersi il lusso di sbagliare visto che l'idea era di decapitarlo. Magari se ci fosse riuscito si sarebbe portato dietro anche quella testa, il suo trofeo più grande in tutti i sensi, e che avrebbe testimoniato la sua utilità alla causa di Hades. Concentrò il cosmo mentre gli altri si servivano dei loro poteri: per una volta Will doveva mirare a concludere direttamente la battaglia o sarebbero stati fregati.
    La scena della lotta era sempre più confusa ma allo specter non interessava, lui aveva il suo obiettivo e attese il momento opportuno: si mosse il più veloce possibile, quel freddo era poco consigliato, per atterrare poco più avanti da dove aveva una visuale perfetta dell'obiettivo. Odio era terribile ma ben presto sarebbe stato solo un ricordo: Will aveva già visto i suoi compagni in azione, tra tutti avevano dei poteri veramente interessanti e distruttivi, e toccava a lui ora.

    °A noi bestione!°

    Il demone sembrava immobilizzato il più possibile e Will vide il suo obiettivo molto chiaramente, ovvero il collo. Mosse le braccia completando quello che stava facendo e dopo averla vista formarsi di fronte a lui, con un balzo la spedì verso il mostro: la sua fedele arpia di cosmo avrebbe provveduto a fare pulizia andando a colpire Odio proprio nel punto dove la sua testa sarebbe saltata. Il balzo era degno di un predatore e lui sapeva di aver messo tutta la sua forza in quel colpo, del resto non c'era il tempo per conservare qualcosa, doveva osare e rischiare il tutto e per tutto e sperare di avere ottenuto una vittoria oppure un buon vantaggio.


    eccomi :P spero che vada bene e che salti la sua testa e non la mia :cry:


    Volo dell'arpia: William concentra il proprio cosmo lasciando che si formi, scenicamente, di fronte a lui la sagoma dell'arpia; questa figura è composta di puro cosmo e, con un balzo verso l'avversario, lo specter la scaglierà proprio contro il nemico con lo scopo di travolgerlo appieno, proprio come se fosse un animale vero che insegue una preda. Non ci sarà modo di modificare la traiettoria del colpo, una volta che questo è stato lanciato.
     
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    Requiem for a dream
    LA DISTRUZIONE DEGLI INFERI

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    Fai quello che devi!


    Urla una seccata Pandora quando interpellata, presa dall'intento di chiudere il portale sugli Inferi prima che sia troppo tardi. I demoni e l'attacco sotterraneo riescono ad avere la meglio sui serpentelli che vengono spazzati via anche grazie a una potente scarica impiantata nel terreno da Pandora con il suo tridente. La minaccia aerea tuttavia non è ancora debellata : i proiettili sparati in aria creano solo delle esplosioni che non fermano lo stormo, che adesso si dirige verso il gruppo a gran velocità: una parte dello stormo è diretto verso la nave, e un'altro ben nutrito verso Pandora e l'esercito, compreso il biscione; l'attacco per decapitare l'animale mostruoso sembra andare a segno, tuttavia dalla ferita ora provocata si diffonde un fumo nero denso, quasi fosse insito nella bestia al posto del sangue, ma non avete tempo di accorgervi della vasta nebbia nera che ricopre il campo di battaglia che lo stormo si infrange su di voi causando delle esplosioni.

    Attenti!!

    Grida Pandora, espandendo il proprio cosmo a protezione di chi le sta più vicino in quel momento, ossia i demoni, Fate e Will. Gli uccelli s'infrangono sulla barriera di cosmo e sulla nave esplodendo in un attacco kamikaze. Il caos provocato ha distolto Pandora da quello che stava succedendo sul campo, ossia la ferita del mostro ha diffuso un fumo scuro che ha coperto l'intera area avvolgendo tutti da una nebbia scura, mentre la creatura, accasciata al suolo si dissolve sotto ai loro occhi rilasciando ulteriore materia fumogena.
    Pandora si guarda attorno smarrita, così come i trecento diavoli sparsi sul campo.

    NON RESPIRATE!


    Grida allarmata vedendo che il fumo non si dissolve ma al contrario, sembra addensarsi.
    In poco tempo gli occhi dei diavoli, in precedenza rossi, diventano neri.
    E tutti quanti, poco a poco, inizieranno a guardarvi con una sola idea in mente: il massacro.
    Pandora sembra immobile e muta davanti a quello spettacolo. Solo poco dopo vi renderete conto che anche il suo sguardo è completamente oscuro.



    Sempre scusandomi per la lentezza madornale, due cose:
    -Le esplosioni sono a gialla. Nulla di veramente troppo serio, solo che sono molte e in sequenza. Per ragioni logistiche, Pandora protegge solo le persone citate. I diavoli sono armati di armi grezze, come asce, fruste e martelli. Le loro energie vanno da verde a blu.
    -Il fumo. Inalarlo significa che passate automaticamente dal lato del Male, e il vostro pg potrà essere manovrato da me. Cosa che potete lasciar fare ma sta a voi.
    -Pandora al momento non fa nulla ma vi rendete conto che qualcosa sta cambiando. Cosa fare e soprattutto come reagire, sta a voi.
    -Questo post, in dirittura d'arrivo, determinerà molte cose. Comportatevi con lealtà e tenendo a mente più dettagli possibili.



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  14. † Shen771 †
     
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    HtGqV

    THE ARMAGEDDON

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    La potenza di fuoco della nave di Garuda non fu sufficiente ad arrestare l’avanzata dello stormo di demoni alati, e tutto ciò che poterono le batterie di colpi di cannone fu solo un lieve rallentamento della inarrestabile marcia nemica. Seduto sul suo scranno, costantemente aggiornato su ciò che stava accadendo all’infuori della cabina di comando da una serie ben coordinata di monitor, che offrivano una panoramica circolare sull’ambiente esterno, Fedor dovette constatare che la situazione stava volgendo verso una criticità difficile da gestire. Dalle nubi di polvere e sangue che i poteri congiunti degli Spectre avevano sollevato nel tentativo di annientare l’esercito avversario, affiorarono ancora una volta legioni compatte di umanoidi, scagliati inesorabilmente verso il veliero degli inferi.
    Una pioggia di esplosioni dilaniò la nave, senza che nulla potesse essere fatto per evitare la catastrofe.
    Il rumore assordante delle travi che si spezzavano e delle strutture di comando che cedevano sotto la cascata di fiamme corvine fece tremare ogni singolo oggetto nell’abitacolo del comandante; prima il black out dei sistemi gettò nelle tenebre le Kaeredi ed il Giudice Infernale, poi scariche elettriche emanate dai circuiti danneggiati fulminarono con violenza le creature cibernetiche, sbalzandole dalla loro postazione con una forza tale da sbriciolare le pareti su cui impattarono.
    Quasi tutti gli schermi divennero neri, era solo il chaos. Ma nulla di ciò che stavano affrontando era minimamente paragonabile a quanto stava per accadere, perché la portata degli eventi a cui quelle detonazioni avevano fatto da preludio sarebbe stata al di fuori di ogni immaginazione.

    ed il male risorse nella più pura delle sue forme



    L’enorme serpente che i subordinati di Fedor avevano con successo affrontato, si stava ora dissolvendo in una fitta nube oscura, talmente densa da celare sin dai primi istanti la vista di ogni singola creatura che avvolgeva. Un unico monitor ancora attivo indicava al Gigante dell’Ade la situazione in cui versavano i soldati che aveva lasciato a terra, e con sorpresa aveva notato che nessuno di loro era perito a seguito del fitto sciame di esplosioni; alcuni erano usciti dal suo campo visivo, come Papillon, ora impegnato a fronteggiare le armate aeree, il cui cosmo era ancora chiaramente percepibile, e Driade, anch’esso invisibile agli occhi del Garuda ma certamente superstite. Arpia e Geb invece erano stati salvati dall’azione di Pandora in persona, che col suo potere aveva schermato una piccola area attorno a sé inglobandovi i guerrieri che più le erano vicini. Nessuno era morto, non ancora.
    La nave, emettendo un sibilo sinistro, cominciò ad inclinarsi ed a perdere quota. Non c’era tempo.
    Il manto color pece si faceva strada dalla ferita scavata nella gola del rettile, divorando metri con una voracità spaventosa, ma rimanendo incanalato ad un’altezza di poco inferiore ai tre metri, forse ostacolato dalla sua eccessiva densità. Se la nube avesse continuato ad espandersi in due dimensione con una tale velocità, avrebbe raggiunto l’Oraculum ed i due Spectre prima ancora che potessero pensare di fuggire.
    Pandora dovette rendersi conto del pericolo imminente, ed urlò a tutti di farsi da parte. Una scossa avvolse il braccio di Fedor, destandolo dall’orrore che aveva paralizzato la sua mente.

    -Dannazione!-

    Strinse i pugni, digrignò i denti. Il sangue nelle tempie pulsava martellante, così come cresceva in lui la consapevolezza che la guerra volgeva al peggio, una circostanza totalmente inaccettabile. Non si trattava della sua ambizione, né tantomeno dei progetti che avevano mosso la sua curiosità e le sue strategia fino ad allora, ma di mero orgoglio: mai avrebbe accettato di chinare il capo e lasciare che la sua armata perisse senza aver gettato agli inferi anche l’ultima goccia di sangue. Mai avrebbe tradito la fama dei Giudici Infernali e mai avrebbe permesso a forme di vita inferiori di prevalere su coloro che avevano il controllo della vita e della morte.
    Mai.
    Raccolse tutte le forze che gli erano rimaste, contrasse allo spasmo ogni muscolo perché lo sostenessero in quell’occasione e gli permettessero di risollevare le sorti di una battaglia che forse era già finita. Da ogni ferita riportata negli scontri precedenti schizzarono fiotti di sangue caldo, carico di adrenalina e segno che l’esistenza non aveva ancora abbandonato le membra del Garuda Infernale, per tenerlo legato a quel mondo che tanto odiava e consentirgli di compiere un’ultima importantissima missione. Socchiuse gli occhi, facendo attenzione affinché il dolore pungente non annebbiasse la sua mente in una situazione tanto delicata; richiamò attraverso la telepatia l’attenzione di tutti coloro che erano presenti sul campo di battaglia, eccezion fatta per Pandora, a cui avrebbe poi comunicato i dettagli di quanto aveva in mente in seguito.

    -Soldati, sembra che il demonio in persona sia intenzionato a divorare i nostri cuori ancora caldi. Ma se questo essere immondo deve averci, chiunque esso sia, non lo farà prima di aver disintegrato ogni cellula dei nostri corpi, per cui vi ordino di sopravvivere e fare in modo che per nessun motivo a Pandora venga fatto del male.-

    Dal fitto manto di tenebre, là dove sporadicamente il livello della nebbia si abbassava, spuntavano solitari alcuni degli esseri corrotti. Con difficoltà Fedor poté constatare che quelle creature avevano acquisito delle nuove caratteristiche, scoprendo con sgomento che i loro occhi erano passati dal rosso rubino al corvino più intenso. Anche la loro energia, già in precedenza negativa, si era distorta ulteriormente, al punto tale da far collassare e quasi “marcire” le molecole d’aria che li circondavano.
    La nube doveva avere proprietà tossiche estremamente potenti, tali da trasmettere il seme della corruzione che era insito nel serpente a chiunque avesse aspirato i gas.
    Sgranò gli occhi, mentre istintivamente un pugno distrusse la torretta dei comandi che aveva di fianco, ormai inutilizzabile.

    “La nave è diventata ormai inutile, tuttavia è necessario che resti fuori dal livello della nebbia, altrimenti…”

    Altrimenti sarebbe accaduto l’inevitabile. E fu ciò che avvenne, nella più tremenda delle sue versioni.
    Tutto ciò che aveva modificato la struttura fisica e l’energia dei demoni risucchiati dal fumo nero, aveva intaccato anche Pandora, colorando i suoi occhi dello stesso colore di ciò che l’aveva infettata.

    “Pandora…com’è possibile? Non posso credere che una divinità sia caduta così facilmente dinanzi a questo nuovo potere. Che si tratti di una forza a tal punto insuperabile? O c’è qualcosa che sfugge agli occhi?”

    Per qualche assurdo motivo l’Oraculum aveva ceduto alla corruzione ancor prima di affrontarla, divenendo presumibilmente parte di quella schiera di burattini manovrati da un nemico sconosciuto ed estremamente potente. Ma ogni spiegazione che la mente di Fedor potesse pensare vacillava dinanzi alla convinzione che qualcos’altro aveva spinto Pandora verso un così assurdo destino, poiché nulla in quella donna lasciava pensare che si trattasse di un essere volubile ed incline alla sottomissione. Tutto stava diventando macchinoso e complesso, ma una cosa era chiara: Pandora andava portata in salvo.

    -Papillon, usa la tua telecinesi per sostenere la nave! E’ l’unica possibilità che abbiamo per poter combattere al di fuori del manto di nebbia ed evitare di restare coinvolti nell’infezione. Driade, tu prendi il mio posto al timone esterno e cerca di condurre il veliero in posizione parallela al cancello del Lost Canvas, così che possa ostacolare fisicamente ogni tentativo di accesso esterno ai cieli fino a che questa battaglia non sarà finita. Ricopri il ponte di mughetto ed evita a costo della vita che la nube tossica possa raggiungervi.
    Geb, a te il ruolo più importante. Come vedi Pandora è stata infettata, e non possiamo sapere questo cosa comporterà. Potremmo trovarci a combattere contro il nostro stesso comandante, ma in ogni caso voglio che non le venga fatto alcun danno, almeno fino a che non avremo la certezza che sia passata alle forze corrotte.
    Usa i tuoi costrutti di sabbia per contenerla e ripararla da quanto sta per accadere.
    Tutti quei demoni vanno fermati prima che cercheranno di attaccarla, o di attaccare voi.
    Lascio a te il comando, è ora che le fiamme depurino un po’ di questa schifezza immonda.-


    Nel momento in cui pronunciva quelle parole, Fedor Czajkowski aveva già deciso.
    Avvertiva nel suo cuore la vera essenza del potere che la stella malefica gli aveva donato, la fiamma viva ed orgogliosa del Garuda che aveva oscurato il Sole. Sotto i suoi piedi si aprirono, rumorose, le ante inferiori del vascello, oltre il quale si estendeva il mare più nero che fosse mai esistito. A vederla dal vivo, putrescente ma vivida, la massa nera ispirava tanto terrore quanto ribrezzo.
    Lentamente scese verso il suolo, mentre una leggera corrente ascensionale liberava il terreno sottostante dall’influsso della nube. Quando i suoi piedi toccarono terra, il dolore dei muscoli lacerati lo fece quasi piegare, ma resistette, facendo leva su tutta la furia che animava la sua volontà e su quell’orgoglio che non gli avrebbe concesso di flettere le ginocchia se non quando il suo corpo fosse stato freddo. Avanzò qualche passo, mantenendo il portamento fiero che lo aveva contraddistinto, certo della convinzione di voler affrontare quel nemico più grande di lui con l’audacia di chi osserva la morte dritto negli occhi. Il suo corpo era ormai diventato una macchina rotta, ma ancora buona a far guadagnare agli altri soldati quel minimo di tempo necessario a mettere in salvo la dimora di Hades.
    Alle sue spalle, intanto, Pandora veniva inglobata in un muro fatto da granelli di sabbia, nascondendo al suo sguardo la figura dell’ultimo tra i suoi generali ad occupare ancora quella carica.
    Fedor non era fuggito, mai.
    Arrivò nel pieno centro del marasma, lì dove giaceva il cadavere del serpente; il cosmo avvampò, mentre le correnti trascinavano via la mefitica nebbia, rischiarando il terreno di guerra ed i soldati corrotti.

    -Surendra Jit.-

    Il corpo del Garuda si illuminò di un viola intenso, che volse velocemente verso un rosso scuro, triste, eppure abbagliante. Quella era la forma finale del suo cosmo, quando persino l’energia che mantiene in vita un corpo viene tramutata nel potere distruttivo di una stella che muore. La vita stessa che si converte, e come una super nova, prima di spegnersi, esplode.
    Il boato, la grossa sfera di fuoco che si alzò dal palmo del guerriero avernale teso verso l’alto. La temperatura si alzava oltre misura, la pelle dello Spectre iniziò ad annerirsi; ormai il cosmo aveva trasceso dal suo corpo, e come Fedor aveva spesso fatto con le sue marionette, lo usava come carburante per alimentare la sua ultima offensiva.
    Venti sempre più forti cominciarono a spiralizzare, generando turbini che risucchiavano la materia verso il nucleo della sfera, pulsante e carico di energia. Il moto rotatorio delle correnti aumentava l’energia cinetica degli atomi di ossigeno attorno alla formazione incandescente, i legami molecolari si rompevano a causa dell’enorme calore, con conseguente accumulo di energia sotto forma di potenti radiazioni concentriche che si autoalimentavano. La fisica aveva fatto si che fosse la stessa natura a fornirgli gli elementi necessari affinché il Surendra Jit raggiungesse lo stadio di sublimazione energetica, in un succedersi di reazioni che sarebbero terminate nel momento in cui fosse stata varcata la soglia di rottura.
    Ogni singolo essere nel raggio di decine di metri doveva essere risucchiato in direzione del corpo del Giudice Infernale, la sfera poi li avrebbe inghiottiti e dilaniati come stava facendo con lui.
    Non riusciva più a vedere, le sue orecchie erano ovattate, la sua carne insensibile.
    Non aveva rimpianti, si ritrovava a non pensare, dando schiaffi alla morte di cui si era preso beffa ancora una volta.

    Ci fu l’esplosione.

    Una stella si spense.




    vaPJX
    narrato; pensato; -parlato-; -telepatia-



    Edited by † Shen771 † - 27/5/2013, 20:21
     
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    CITAZIONE
    Legenda:
    Narrazione
    Parlato
    § Pensato §

    La battaglia tra le forze specter e quelle del "Male" si trovava nel suo pieno svolgimento. Nonostante i primi fossero in numero esiguo, parevano nelle condizioni di respingere con successo gli assalitori. I serpentelli più piccoli vennero totalmente sterminati per mezzo dell'efficiente "gioco di squadra" operata dal dio egizio, da Pandora e dai demoni di élite. Fate aveva compresso il terreno circostante con una delle sue tecniche più micidiali del suo vasto repertorio, così da frantumare le creature nascoste sottoterra. I diavoli infernali impugnavano le loro rozze armi per avere ragione di quelle sulla superficie. L'affascinante celebrante di Hades, infine, si assumeva il ruolo di "rifinitrice". Ella fece uso del proprio tridente piantandolo a terra e scaricando una corrente elettrica di potenza inaudita.
    In cielo, la questione aveva assunto dei toni maggiormente drammatici. Lo stormo di uccelli neri e deformi era talmente fitto, che i colpi di cannone sparati a ripetizione dal vascello volante di Garuda sembravano inutili. Nemmeno le delicate quanto letali farfalle multicolore provenienti dal "mondo dei morti", furono in grado di sfoltire in maniera significativa il numero delle bestie alate. Quest'ultime, si divisero a sorpresa in due distinti stormi, attaccando simultaneamente sia la nave del giudice dell'Ade sia i guerrieri presenti a terra. Stavano tentando un vero e proprio attacco suicida. Pandora aveva innalzato una cupola protettiva, così da mettere al riparo se stessa, i demoni di élite e gli specter siti nelle vicinanze. Nel conto, vi era anche il guardiano della settima prigione avernale, che quindi poté risparmiare un poco delle sue preziose energie residue.
    L'albino non aveva il tempo materiale per preoccuparsi della sorte degli altri suoi compagni di schieramento. Nel frattempo, il suo piano d’azione era andato avanti con il determinante aiuto di Ramiel, che aveva bloccato Odio con la sua avanzata tecnica di controllo delle piante, consentendo così al valoroso Will di sgozzare il colossale biscione con un solo attacco. Esattamente come da previsione. Il nemico principale di quella formazione di esseri maligni... era caduto, prima ancora che potesse manifestare un qualche strano potere. Un risultato lodevole, ma ben lungi dal mettere in una posizione di sicurezza la fazione del dio dell'Oltretomba. Una delle abilità di Odio, si attivò proprio a seguito della sua rapida dipartita. Chi mai avrebbe potuto prevederlo? Dall'inerme cadavere del mostro, una folta coltre scura si levò minaccioso sul campo di battaglia, minacciando di travolgere tutti quanti.
    I demoni infernali e la celebrante oscura ne furono presto vittime. Pandora ebbe giusto modo di lanciare un ammonimento ai suoi guerrieri, quello di non respirare quella strana sostanza. Non era chiaro al giovane dalla carnagione pallida di che razza di intruglio si potesse trattare, ma una cosa era certa... non si trattava di veleno. Di puro riflessivo istintivo, Fate generò una cupola di sabbia indurita fra se stesso e quell'anomalia misteriosa, pensando in seguito di arretrare quanto più celermente gli fosse possibile. Era un inutile palliativo. Se ne rendeva conto alla perfezione. Trovandosi su di un terreno sfavorevole e con poco cosmo a disposizione, non era nelle condizioni di essere risolutivo come desiderava. Presto l'intera zona sarebbe stata avvinta dalla fitta nebbia nera.

    § Maledizione, che cosa si può fare? §

    Gli unici in grado di salvarsi, sarebbero stati coloro che si trovavano ancora a bordo del vascello volante. Per quanto esso fosse stato seriamente danneggiato dall'attacco kamikaze delle deformi creature alate, non era affatto andato distrutto. Anzi, la nave di Garuda pareva ancora in grado di galleggiare in aria, seppure con notevole sforzo. Vi era anche lo zampino di un potere telecinetico in atto? La scura sostanza della corruzione non la raggiungeva, sintomo che era più pesante dell'aria stessa... ciò offriva un barlume di speranza. In quel frangente, si udirono distintamente la parole pronunciate dall'unico giudice dell'Ade risvegliatosi in questa epoca. Fu un discorso perfino toccante per certi versi, perché era chiaro quali fossero le intenzioni dello specter in questione. Fate rimase imperturbabile nella sua espressione facciale. Egli avrebbe preso il comando delle operazioni in memoria del sacrificio a cui si stava per apprestare il suo superiore in grado.

    ...


    Si, perché di esso si trattava. Fedor discese dal cielo come un angelo portatore dell'Apocalisse sugli uomini. Il suo cosmo violaceo lo faceva brillare come una stella in procinto di dare tutta se stessa prima di estinguersi dal firmamento. La massa nera prese a muoversi. Dapprima era solo una leggera brezza, ma si tramutò presto in un tornado di dimensioni sorprendenti. Il dio egizio non poteva far altro che ammirare con sgomento quel putiferio scatenato da un singolo uomo mortale. Eppure, in un angolo della sua coscienza si rigirava un sentimento di grande rimorso... rammarico per non aver ottenuto il potere sufficiente per venire in aiuto del giudice avernale. Il guardiano della settima prigione scrollò mestamente il capo, facendo l'unica cosa che era in suo potere di svolgere nell’immediato.
    I diavoli di élite erano stati già corrotti dalla nube scura e senza possibilità di appello. Quantomeno, ciò valeva per la maggior parte di essi. Gli sguardi dei demoni infernali si stavano facendo molto minacciosi. Si rivolgevano verso gli specter, che fino a poco tempo prima erano loro compagni di schieramento. Il dio egizio levò una mano in direzione della sacerdotessa di Hades, la quale si trovava in uno stato catatonico. Sembrava che la sua coscienza fosse migrata altrove, abbandonando in via temporanea le sue membra fatte di carne, sangue ed ossa. Sfruttando il Funeral Desert privato della sua componente stritolante, Pandora venne avviluppata da uno spesso strato di sabbia grigia, che andava a ricoprire per intero la sua aggraziata figura. Solo la zona del volto venne risparmiato da quel silenzioso processo, consentendole di respirare. Era stata immobilizzata a dovere.
    Non restava altro da fare che trasportare al più presto la donna dai capelli corvini a bordo della nave volante. Sperare che i mughetti dello specter della Driade potessero avere un effetto "purificante" su di lei. L'albino era intenzionato a tentare di salvare la sua celebrante oscura a prescindere da tutto quello che gli aveva ordinato di svolgere Fedor. Era una questione di principio. Un profondo rispetto verso colei che aveva permesso la fuga dagli inferi a tutti i suoi sottoposti, sacrificando molte delle sue risorse fisiche e cosmiche. Non di meno, Fate si sarebbe occupato di mettere fine alla sua esistenza mortale, nel caso in cui si fosse definitivamente lasciata corrompere dal "Male". Un vero leader doveva essere capace di prendere delle decisioni risolute, senza farsi coinvolgere eccessivamente dai propri sentimenti umani.
    Nel frattempo, una stella demoniaca si spense. Il miasma scuro e diversi demoni corrotti erano stati risucchiati da un tornado ad alta temperatura che raggiungeva dimensioni impensabili. Poi vi fu una poderosa detonazione con un raggio d'azione di diverse decine di metri che tutto avrebbe annientato. Il giudice infernale di Garuda aveva svolto il suo dovere di comandante fino alla fine. Fate avrebbe voluto controllare l'effettiva dipartita del suo comandante, ma aveva altre priorità al momento. L'antico dio della Terra egizio si era salvato dall'ultimo attacco dello specter suo collega, visto che si era ancorato al suolo per mezzo della sabbia grigia di cui era abilissimo manipolatore. Pandora, similarmente a lui, era stata protetta dal guscio solido che l'avvolgeva dalla testa ai piedi. Gli altri si sarebbero di sicuro arrangiati da soli.


    jUeR9

    Nome ☥ Fate Averruncus
    Energia ☥ Rossa
    Casta ☥ Specter
    Cloth ☥ Surplice della Terra Obbligata [Grado IV]
    Status Cloth ☥ Integra
    Status Fisico ☥ Sfinito dal lungo viaggio per la propria sopravvivenza
    Status Psicologico ☥ Sfinito per la continua concentrazione esercitata

    Abilità Utilizzate

    Sand Control

    Tecniche Utilizzate

    Funeral Desert (S) - (senza la componente stritolante)
    Lo specter di Geb leva una delle sue mani in avanti, trasmettendo impercettibili particelle di cosmo in direzione della sabbia presente sotto i piedi degli avversari. La fine sostanza grigiastra verrà manipolata in modo da tentare di avvolgere gli oppositori con uno spesso strato del medesimo materiale. L’effetto iniziale è dunque quello di cercare di immobilizzare i soggetti in questione, ma la tecnica non termina qui. Difatti, il caster chiuderà a pugno la mano prescelta per innescare la seconda fase della sua offensiva. Essa consiste nel provare ad esercitare una micidiale compressione nei corpi delle potenziali vittime con il chiaro intento di farli implodere. Non ha alcuna importanza se la sabbia riesce solo parzialmente a raggiungere il suo obiettivo; si trattasse anche di un singolo arto dell’avversario a venire intrappolato nella tecnica, questo correrebbe il serio rischio di venire distrutto per compressione. La protezione offerta dall’armatura del bersaglio non avrà la minima valenza se questi sarà "troppo debole" rispetto allo specter di Geb, visto che i fini granelli di sabbia potranno tranquillamente infilarsi attraverso le fessure esistenti in essa (nella giusta quantità necessaria) ed applicare direttamente la compressione sulle membra del nemico. Certo è che se una corazza risulta particolarmente fragile, la compressione può essere in grado di distruggerla assieme a colui che la indossa; altrimenti, continua ad infliggere danni spaventosi da stritolamento finché non ce ne disfa in qualche maniera. Infine, lo specter di Geb potrebbe semplicemente limitarsi a cercare di far morire per soffocamento un antagonista, ponendogli uno spesso strato di materia sabbiosa su bocca e naso.
    * Il caster può liberamente decidere di localizzare la compressione mediante sabbia su un determinato punto del corpo dell’avversario, anziché sul suo intero corpo.
    ** Lo specter di Geb può creare una variante ad area di questa stessa spaventosa tecnica. Posizionando ambo le mani al suolo per trasmettere direttamente in esso il proprio cosmo violaceo, tutti i nemici presenti nel sottosuolo e nel raggio d'azione del caster (ponendo se stesso come suo epicentro), subiranno i micidiali effetti del caso già citati in precedenza.



    Edited by ShinAnslasax - 5/6/2013, 19:38
     
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