INCIDENT 00245-1-b

File #07

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    Protogenos of Death

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    Date·····13/04/2021
    Place···Mbombela (Mpumalanga), Sud Africa

    Subject·· ???



    Themba ripeteva nervosamente tra sé quello che avrebbe dovuto dire. Il biglietto era chiaro, come tutti gli altri ricevuti finora. Tuttavia, nessuno conteneva un incarico di questa portata: compra questo, portalo là, parla con quello, consegnagli quello e così via. Pagavano bene e lui non faceva domande. Non aveva mai visto chi gli scriveva quei biglietti, ma era uno dei pochi a poter dire di avere un lavoro lontano dai signori della guerra locali.

    Il problema era che ora doveva andare a parlare proprio con uno di questi signori, il peggiore di tutti.

    Sizwe Mkhize dominava su Mpumalanga e tutti gli altri guerriglieri erano – volenti o nolenti – sotto il suo controllo. Da quando aveva catturato Koos van der Merwe, era riuscito a rastrellare armi, carburante, mezzi e materiali preziosi in quantità incredibili.

    Ora, secondo l’ultimo biglietto, Themba doveva chiedere a Sizwe Mkhize non solo di stipulare un accordo di fornitura d’armi da parte del suo misterioso datore di lavoro, ma anche il prezzo per il riscatto di Koos. Era una richiesta folle, dato che tutto il potere di Sizwe si basava su Koos. Probabilmente, sarebbe stato l’ultimo incarico per Themba; lo avrebbero sicuramente ucciso.

    Ciò che lo tormentava davvero era la possibilità di rivedere van der Merwe. Era il vero capo della vecchia rete mineraria della regione, prima di tutto il caos scoppiato nove anni fa... ed era suo padre. Quell’uomo aveva un numero imprecisato di figli, avuti con le numerose donne che sostanzialmente teneva come schiave. I suoi figli non erano altro che una particolare categoria di schiavi. Per fortuna, il caos era scoppiato quando lui aveva solo cinque anni, quindi non ricordava quasi nulla, ma le storie che gli avevano raccontato lo terrorizzavano. Si era salvato grazie a sua madre, che quel giorno lo aveva portato con sé al mercato.

    Durante il caos di morte e massacro che seguì, pochi sopravvissuti riuscirono a fuggire, portando con loro Themba. Sua madre sparì, non la rivide mai più. Nemmeno i suoi numerosi fratelli. Koos invece si salvò grazie a un bunker, finché Sizwe Mkhize non lo catturò, promettendogli prima protezione, poi rendendolo suo prigioniero.

    Ci avrebbe pensato domani, ora voleva solo dormire. Viveva in una piccola capanna ricavata da lamiere e altri detriti. Grazie ai suoi lavoretti era riuscito a procurarsi un generatore e altre comodità.

    Quella sera, però, sentì nuovamente qualche animale muoversi in lontananza. Stavano tornando, forse il caos stava finendo? Le grida dei mostri erano sempre più lontane, mentre il suono degli uccelli e di altre bestie stava ricominciando a sentirsi. Il primo che tornò a sentire fu l’ululato dei cani randagi, anche se vivevano poco. Le mutazioni li uccidevano rapidamente e gli dispiaceva. Amava i cani; fu proprio grazie a uno strano cane randagio che trovò il primo biglietto, mentre cercava di inseguirlo per giocare con lui. Non lo rivide mai più, sperava almeno che non l'avessero mangiato gli altri abitanti di Mbombela.

    Page 1

    narrato ··· "parlato" ··· pensato ··· °telepatia°

    Addendum #1
    alias Baskerville
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    armatura Segugio Nero
    casta Black Saint
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    Edited by Gorthaur - 4/5/2024, 22:42
     
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    Place···Mbombela (Mpumalanga), Sud Africa

    Subject·· ???



    Sizwe Mkhize osservava la pistola con estrema attenzione. I suoi ogni tanto gli chiedevano qualcosa sottovoce e lui annuiva, qualcosa riguardo a termini tecnici che il bambino ignorava completamente.

    Per lui la cosa importante era uscire di lì vivo. Aveva consegnato un biglietto ed un piccolo pacco alle guardie. Il pacco conteneva una pistola e dei piccoli lingotti d’oro. Themba si chiedeva a cosa servisse l’oro, visto che non si poteva mangiare e non si poteva bruciare, ma l’avevano accolto bene, quindi ottimo.

    Si trovava all’interno dello stadio della città che ora fungeva da mercato, dove i supplicanti si presentavano al signore della guerra per portargli cibo, carburante, vestiti in cambio di protezione. Dietro Themba c’era una fila di gente impaziente del proprio turno, probabilmente rifugiati inseguiti da un signore della guerra rivale.

    Si perse a guardare gli strani uccelli che avevano da poco ripreso a volare su quel cielo rosso, quando il colpo della pistola lo terrorizzò

    *Di a chi ti manda che mi piace, ma non faccio affari con stranieri che non hanno una faccia. Per quello che ne so possono essere amici di Koos o gentaglia che cerca di tornare qua a governarci. Digli che se li trovo qua in giro li ammazzo e che se mandano un altro a chiedermi di vendergli Van der Merwe, lo faccio a pezzi lo do da mangiare allo stronzo… CAPITO!?*

    Themba balbettò qualcosa ed annuì terrificato.

    L’ultimo biglietto gli aveva detto di non preoccuparsi, di portare solo il messaggio ed andare via. Così fece.
    Non si accorse di essere già arrivato a casa. Si infilò nel letto e si mise a piangere dalla paura e dalla rabbia. Odiava Sizwe, odiava Koos e tutti gli altri bastardi che spadroneggiavano sui suoi amici. Non poteva farci nulla, poteva solo aspettare biglietti, obbedire, prendere da mangiare e via così.
    Rigirandosi nel letto si accorse che c’era un biglietto sul cuscino. Dovevano averlo messo prima del suo ritorno.

    ‘Ottimo lavoro Themba. Domani porta la busta che troverai al tuo risveglio a Jabulani Nkosi, gregario di Sizwe. Nel pacchetto verde che contiene la lettera c’è la sua foto e l’indicazione di dove si trova. È un piccolo locale dedicato al passatempo delle milizie, sulla destra dell’ingresso dello stadio. Mi raccomando, non aprire la busta. Devi incontrarlo prima delle 11:00. Non preoccuparti, non sei mai solo.’

    Un po’ era contento, qualcuno lo controllava e lo proteggeva… ma lo controllava, appunto. Dov’era? Come faceva a vederlo? Le domande iniziarono a distorcersi in strani sogni ed il sonno giunse.


    Si era svegliato presto, voleva farla finita velocemente con questa cosa. Come previsto trovò il pacchetto ai piedi del letto, si preparò e si incamminò. Gironzolò un po’ attorno allo stadio per far passare il tempo. Da circa un anno gli attacchi dei mostri si erano ridotti e la speranza stava tornando. Bambini giocavano per strada, ma non stavano mai più di un’ora nello stesso posto, avevano imparato a riconoscere l’arrivo dei mostri e a trovare rifugio.

    Mercanti dicevano a che a sud era pieno di cose orribili, che qua da noi tutto sommato si stava bene. Effettivamente erano stati pochi i morti dopo i primi anni del casino. Chissà, magari anche lui un giorno avrebbe fatto il mercante.

    Verso le 10:30, c’era un grosso orologio fuori dallo stadio, entrò nell’edificio più chiassoso. I soldati ballavano, bevevano e giocavano. Era l’unica vera occupazione, oltre l’ammazzarsi con le bande rivali. Le poche prostitute erano più preziose della benzina e della carne, quindi Themba doveva muoversi velocemente senza attirare l’attenzione di quelle bestie.

    Jabulani era seduto al bancone, accanto a lui vi era un uomo con capelli grigi ed un abito dello stesso colore. Gli stava facendo vedere dei fogli, stavano parlando di conti, di accordi con altri signori della guerra, ma nel chiasso il bambino non comprese altro. Poi l’altro si voltò a scrutarlo, sembrando sorpreso. A Themba non pareva di conoscerlo bene, anche se sicuramente l’aveva visto. Dopo tutto lì si conoscevano tutti. Sapeva che si chiamava Thulani Dlamini ed era un servitore di Zoos, gli faceva da contabile e tutto fare.

    *Di nuovo tu? Non hai sentito cosa ti ha detto Sizwe?*

    Se Sizwe era un gasso, isterico, pomposo bastardo con la faccia da pesce sudato, Jabulani sembrava un vero guerriero. Era alto, muscoloso, ordinato e con una leggera barba a coprirgli il volto. Dicevano che era stato un vero militare prima del casino, a differenza di Sizwe che era una guardia del corpo di Koos.

    *Nonono, ho capito, devo solo darti questa busta e andarmene.*

    Themba diede la busta all’uomo, che subito lo prese per il braccio, fissandolo come se gli stesse perforando il cranio.
    *Chi ti da questi biglietti? E’ da un po’ che ti controllo e ti faccio seguire, ma questi stronzi sembrano fantasmi.*
    Il soldato fissava il ragazzino terrorizzato in silenzio, non aspettandosi nessuna risposta.

    *Sono professionisti, non ti direbbero mai nulla.*

    Disse sospirando e facendo cenno con la mano destra che l’incontro era finito. I soldati, barcollanti, portarono Themba fuori dall’edificio. Gli diedero qualche caramella che non osò aprire, probabilmente era più vecchia di lui, e qualche patata.
    Si fermò qualche isolato di distanza a giocare a pallone con degli amici. In serata rientrò nella sua abitazione, voleva leggere dei libri che aveva trovato nei ruderi vicino all’ospedale qualche giorno fa. Erano fradici, quindi li aveva lasciati ad asciugare alla finestra, sperando non si fossero completamente distrutti. Chissà com’era quando il mondo era pieno di libri.

    L’atteso momento giunse e qualcosa effettivamente si poteva leggere. Mancavano però varie pagine, sembrava una qualche storia di un mago su di un’isola, qualcosa relativo ad una tempesta. La copertina non c’era più. Doveva indagare, collegare i pezzi, era contentissimo.

    Una serie di tonfi lo svegliarono di colpo. Si era addormentato sul tavolo, con la faccia immersa tra le pagine.
    Chi era? I suoi amici? No, era impossibile. Andò a prendere il piccolo fucile che il suo datore di lavoro gli aveva fatto trovare all’inizio della loro collaborazione e si mise tremante dietro la porta, ad una certa distanza.

    *A… a… avann... nti.*

    Tremante come una foglia vide Jabulani entrare. Accanto a lui vi erano Thulani e vari soldati. Thulani aveva il viso terrificato, come se avesse appena visto la bocca dell’inferno, mentre Jabulani e gli altri erano sporchi di polvere e sangue.

    *Quei bastardi avevano ragione, sono qui per ripagarli.*

    La voce era affaticata ed eccitata, un misto di rabbia e di esaltazione.
    Dietro di lui i soldati stavano strascinando qualcosa… qualcuno che urlava maledicendoli. L’accento non era dei loro, sembrava un bianco.
    Infatti era un bianco, era Koos.

    Con la barba lunga e vestito di stracci bianchi, era magro come uno scheletro. I capelli biondi spenti erano lisci lisci. Come poteva essere suo padre? Sì, Themba aveva la pelle più chiara di quella dei suoi amici, però… era strano.
    Soprattutto era strano che lì ci fosse Jabulani e non Sizwe. Themba cercò di balbettare qualche domanda, ma Jabulani gli mise un dito sulle labbra.

    *Non vuoi sapere cosa è successo, mi aspetto che domani mattina arrivi il carico che i tuoi padroni mi hanno promesso. Buona notte.*

    Senza tante cerimonie, tutti se ne andarono, lasciando lì Koos, evidentemente in stato confusionale.
    Themba non sapeva che fare, forse doveva dargli da bere come si fa con gli animali feriti? Aveva le mani legate ed una lunga catena, una sorta di collare. Soprattutto, cosa doveva fare?
    Quando andò a recuperare dell’acqua, trovò accanto allo scaffale un nuovo biglettino.

    ‘Ottimo lavoro come sempre, portalo all’ingresso della sua villa, poi ce ne occuperemo noi. Mi raccomando, ricordati che non sei solo. Non avere paura, QUALUNQUE COSA SUCCEDA.’

    Invece di paura ne aveva tantissima, più paura di quanto ne avesse mai provata. La villa di quel bastardo era il posto dove era nato, era attaccata alla sede dell’impresa mineraria e all’ingresso della vecchia miniera. Non ci ritornò mai dopo che sua madre lo portò al mercato nove anni fa, ma da quella miniera erano usciti eserciti di mostri. Solo qualche anno dopo il casino smisero le incursioni, ma nessuno mise più piede in quelle caverne maledette.

    Ok, non doveva entrare nelle caverne, doveva solo portare Koos alla villa. Aveva un piccolo fuori strada che si era comprato con i servizi dati ai suoi datori di lavoro, poteva usarlo per portarlo là e poi sarebbe scappato via velocissimo.
    Una quantità impressionante di pensieri lo travolse, facendolo sedere al suolo con le mani fra i capelli.

    *L…liberami… liberami ragazzino! Ti darò tutto quello che vuoi! Tutto!*

    Koos sembrava aver ripreso coscienza di sé ed iniziò a cercare di liberarsi dalle manette.
    Themba lo fissò per qualche istante, poi riprese il fucile e glielo puntò in faccia.

    *NO! Dobbiamo andare alla tua Villa, poi sarai libero.*

    L’uomo rimase interdetto per qualche istante.

    *SEI PAZZO?!? Hai idea di cosa c’era là? Quando sono scappato c’era l’inferno sulla terra!*

    Themba urlò più di lui, agitando il fucile.

    *Ora non c’è più NESSUNO! Chi ti ha voluto libero ti aspetta là!*

    Koos sembrò tranquillizzarsi, forse pensava in qualche alleato dei vecchi tempi.

    Aspetta, Themba quindi era al servizio di alleati di Koos?! Quel pensiero aveva un sapore orribile. No, non poteva essere. No no no no, non poteva essere.
    Il ragazzino girava per la stanza scuotendo il capo, mentre recuperava le sue cose. Continuò a scuotere la testa anche uscendo e preparando il mezzo di trasporto.

    Lo mise sul sedile accanto a sé, legando la catena alla portiera, e partì. Era stranissimo come il fatto di avere suo padre lì fosse indifferente. Probabilmente quell’uomo non aveva nemmeno idea che lui fosse suo figlio. Chissà quanti ne aveva avuti, chissà se erano vivi, o se erano diventati anche loro dei mostri come sua madre.

    Quando era piccolo piangeva a quel pensiero, ora era diventata una cosa normale. Sua madre non era morta, era un mostro simile ad un grosso serpente. L’ultima volta che l’aveva vista aveva nove anni. Erano riusciti a scacciarla nella foresta e da allora era sparita.
    Koos continuava a proporgli la fuga, ma lui non ascoltava, non si rendeva nemmeno conto che stesse parlando. Seguiva il ritmo delle buche per capire dove stava andando. Non poteva usare luci troppo a lungo e doveva andare molto piano. Un viaggio di mezz’ora di giorno diventava un viaggio di due o tre ore di notte.

    Passò attraverso i posti di blocco senza problemi, con l’adrenalina alle stelle e la sensazione che presto tutto sarebbe finito. Come non lo sapeva, ma sarebbe finito.

    Ogni tanto gli veniva la tentazione di chiedere a Koos se sapesse di essere suo padre, ma si tratteneva ogni volta che stava per farlo. Lui non era suo padre, suo padre erano tutti i sopravvissuti che l’avevano aiutato, che si erano sacrificati per lui, che gli avevano insegnato a guidare, a cacciare, a sparare, a giocare a pallone. Lui non era niente, non era mai stato niente. Fissava la strada farfugliando ed imprecando. Non sembrava però avere paura, sembrava sicuro che qualcosa di vantaggioso sarebbe successo. Themba doveva probabilmente stare più attendo a lui che agli eventuali mostri.

    A un certo punto iniziò a raccontargli cosa era successo, come mai era stato "liberato". Jabulani aveva beccano Sizwe con la sua donna. Li stava aspettando in una casa abbandonata vicino allo stadio, come se sapesse già che si sarebbero incontrati lì. Li aveva ammazzati sul posto e poi aveva fatto partire la rappresaglia sugli uomini fedeli a Sizwe. Fedeli era una parola grossa, erano più che altro mercenari, quindi non ci fu una grossa resistenza.

    Thulani fu risparmiato in quanto memoria storica. Koos fu liberato e consegnato a Themba - così Koos pensava e probabilmente a ragione - in cambio dell'informazione sul luogo dell'incontro galante e di una partita di armi prima rifiutata da Sizwe, che poco capiva della diversa qualità garantita dai fornitori per cui Themba lavorava. Koos sperava ancora fossero suoi alleati, Themba l'esatto opposto.

    La storia a Koos l'aveva spiegata Thulani con cui sembrava ancora in ottimi rapporti.

    Finalmente erano arrivati. Avevano fatto un paio di soste veloci ed in circa tre ore erano arrivati.

    La luce della luna rossa bastava giusto per fargli distinguere il profilo degli oggetti più grandi, ma la villa era ben visibile. Era una grossa costruzione attaccata all’edificio dell’impresa mineraria. Koos non aveva un particolare gusto estetico, solo il desiderio di mostrare a tutti il suo potere ed il suo denaro.

    Lo condusse fuori dal veicolo e lo fece avanzare di qualche decina di metri. L’avrebbe lasciato lì e sarebbe tornato subito in paese. La fretta di finire il tutto gli fece calare l’attenzione e Koos lo colpì, facendogli cadere il fucile e avvolgendogli il collo con la catena delle manette.

    *Piccolo bastardo dove pensi di andare!*

    Il ragazzino iniziò a cercare di prenderlo a calci senza grande risultati. Vedeva il viso dell’uomo illuminato dalla luce rossastra. Sembrava un demone, peggio dei mostri che aveva visto da bambino. Non voleva morire e i suoi capi gli avevano detto di non avere paura, ma dov’erano?

    Gli stava mancando l’aria e le forze gli stavano venendo meno, quando gli sembrò si sentire un latrato. Era il latrato di un cane, come quello dei cani randagi in città, come quello che lo condusse al primo biglietto. Koos si voltò di scatto distraendosi per un istante, giusto il tempo di permettere a Themba di sferrargli un calcio in mezzo alle gambe e a liberarsi.

    L’uomo cadde in ginocchio ma subito si alzò, urlando in direzione del ragazzo che stava correndo verso la macchina. Poi entrambi si fermarono, congelati. Centinaia di occhi dalla varia forma li stavano osservando. Ogni secondo gli occhi aumentavano, attirati dalla loro presenza. Oltre agli occhi riuscirono presto a scorgere fauci e artigli.

    Erano arrivati, i mostri erano arrivati a prenderli. Themba sperava che non fosse troppo doloro. Chissà come sarebbe diventato. Un serpente come sua madre?

    Chiuse gli occhi, poi sentì uno strano sibilo vicino l’orecchio destro…



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