MINDKILLER

PAN vs Lisan al Gaib

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    AH CAZZO FREDDA FREDDA FREDDAAAAAaaaa ora va bene

    Pan era sotto la doccia esterna. Il soffione era così incrostato di calcare che i getti d’acqua erano quasi tutti deviati, costringendolo a rendere quell’operazione più lunga di quanto avrebbe dovuto essere. Fuori dal divisorio, con le spalle poggiate al muro, il suo interlocutore poggiava le spalle al muro e continuava la conversazione.

    Allenarsi ore e ore in una stanza vuota non fa bene al cervello. Non hai neanche una finestra lì sotto, c’è gente che ha paura di trovarti morto soffocato in quel bunker.

    Ci ho un sistema di aerazione non sono mica scemo.

    Hai un paio di tubi di plastica con due ventilatori attaccati alle estremità, e non voglio neanche parlare delle macchie nere sul soffi-

    Cos’è questo odore?

    Shampoo al miele.

    Ma che, stai davvero usando quella fatta a mano da quelle milfone pazzoidi? Quelle con le corone di fiori che bruciano incenso fatto con il rosmarino e la salvia?

    Chi CAZZO se ne frega chi lo fa, se funziona, funziona. E poi a Jo piace.

    Un’altra delle prove che Johanna di Atlantide ha dei gusti orribili.

    Vaffanculo.

    Pan chiuse l’acqua, e afferrò l’asciugamano appeso alla porta, uscendo dopo qualche secondo dal box doccia indossandolo all’altezza della cintura. Scosse la testa velocemente a destra e sinistra, rinfrescato e rinvigorito nel corpo ma non nello spirito.

    Tornando seri per un momento…
    Non puoi ignorare il fatto che ti stai isolando più del solito in questo periodo. La tua ultima sessione di allenamento ti ha fatto svenire per tre ore. Quella luce alogena, quell’aria viziata, e quel maledetto ronzio delle luci al neon! Riesco a stento a sopportarlo quando scendo giù a chiamarti e-


    Senti.

    Pan interruppe la conversazione con un tono senza giovialità. Quel “senti” era stato pronunciato come un ordine, un ordine del re delle Bestie.

    Devo chiederti una cortesia…
    Pan sospirò profondamente, prima di continuare con il suo discorso.
    Ho bisogno che tu smetta di cercare di essermi amico.

    Al suono di quelle parole, la creatura che stava conversando con Pan ebbe un sussulto al cuore. Cosa estremamente difficile, visto che un cuore non ce l’aveva, ne aveva pelle, ossa o carne. Ciò che Pan aveva davanti era una sfera di luce pulsante, dalla leggera sfumatura bluastra. Una creatura che in quel momento sentiva come se la luce che lo formava si fosse cristallizzata in dolorose schegge di ghiaccio secco.

    Non che tu mi dia fastidio o mi sei antipatico o altre ragioni da ragazzini quindicenni. Ho solo… ho solo bisogno… Pan si passò la mano sui capelli umidi, chiudendo gli occhi e scegliendo con cura le parole.
    Ho solo bisogno di più, diciamo…professionalità


    Professionalità? Di che cosa stai parlando? Ho solo espresso la mia preoccupazione!
    E non pensare che non lo apprezzi, è solo-
    Vedo un pilastro della creazione isolarsi in una stanza come fosse un ergastolano, uscire solo per il proprio dovere, e quando cerco di comportarmi decentemente nei suoi confronti lui mi dice che non vuole avermi tra i piedi.
    Non ho detto questo. Lasciami finire prima di-
    O è forse il fatto che tu sei a tutti gli effetti un Re, e non vuoi che un Fuoco Fatuo si rivolga a vossignoria senza inginocchiarsi? Mi dispiace dirtelo, ma io le ginocchia non le ho.
    Il cosmo di Pan sussultò leggermente, ma con abbastanza intensità da asciugarlo completamente. L’era e le piante vennero scosse da una folata d’aria calda, ed il Wisp smise di parlare, incontrando lo sguardo triste e serio del Re del Rosso

    Pensi che non sappia che ti ha mandato il reparto psichiatrico?
    Pensi davvero che non sappia che tutto quello che hai detto fino ad ora non sono state parole tue, ma di chi mi prescrive bromuro e mi fa due tomografie al mese per vedere se ho pezzetti d’osso nel cervello? Pensi…Pensi che non sappia che non vuoi stare qui?


    Un sottile strato cosmico circondò il suo corpo, liberando nell'aria granuli di G A C T A che si dissolsero all'aria, sublimando nella non esistenza.

    Si, ti ho chiesto professionalità. Ti ho chiesto di smetterla di comportarti come un dannato pediatra e di dirmi chiaramente CHE COSA VOLETE DA ME!

    Il fuoco Fatuo non rispose, limitandosi a fluttuare ad un metro dal suolo, brillando ad intensità altalenanti. Pan accolse il suo silenzio come una risposta, e coprì il suo corpo con la Darian, modellata intorno alle sue forme come mercurio liquido e scuro. Si incamminò verso l’esterno della sezione docce, lasciando il Fuoco alle spalle, ma non prima di fermarsi un momento.

    Tuttavia, hai…Avete ragione…la reclusione volontaria non va bene. Penso che andrò a farmi una passeggiata. Di ai dottori che torno presto, non voglio mica che si arrabbino…








    Pilastro della realtà ed ho il coprifuoco...


    Le Api dorate lo avvolsero, ed in una manciata di minuti lo portarono in un luogo estremamente isolato, un antico rifugio di montagna, o almeno quello che ne rimaneva. Nessun tetto, nessuna porta, nessuna finestra. Solo le mura di pietra erano ancora in piedi, e l’interno era stato preso d’assalto dalla vegetazione.
    A Dennis non importava, a stento si era accorto di essere sul fianco di una montagna, e del freddo pungente che lo circondava.
    Si sedette per terra, con la schiena contro un muro fatiscente, e si mise le mani sul viso respirando lentamente, affetto da una stanchezza che sarebbe passata dormendo.



    Su4sahH

    B.F.G | ENERGIA NERA | PAN [VII]
    FISICAMENTE - ///
    MENTALMENTE - ///
    STATUS DARIAN - Indossata

    RIASSUNTO AZIONI -
    ABILITÀ -



    TECNICHE - ///
    NARRATO | PARLATO | PENSATO | °TELEPATIA°
    GEA IS A SYSTEMS ARCHITECT AND THE MULTIVERSE IS AN INFINITELY RECURSIVE ARCHITECTURAL SIMULATOR
     
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    Specter di Hades
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    Quella notte, non avevo dubbi sulla mia meta, ma forse avrei dovuto. La scelta di esplorare quella montagna, un luogo tanto isolato quanto insignificante, non era stata dettata da una particolare strategia o da un desiderio ardente. Era più un capriccio, un impulso nato dal bisogno di sfuggire ai limiti imposti dalla mia natura, dai sigilli che confinavano il mio essere e annebbiavano le mie percezioni. Mentre camminavo sul sentiero roccioso, il cielo sopra di me era un manto di stelle, unico spettacolo in quella solitudine. Sentivo il freddo pungente dell'aria di montagna penetrare nelle mie ossa, un promemoria fisico della mia vulnerabilità in quel momento di esplorazione. Non c'era nulla di particolare da vedere, solo rocce, qualche sparuto arbusto e il vasto silenzio che sembrava inghiottire ogni suono.

    Non sempre la scelta è giusta, pensai, osservando l'ombra della montagna che si allungava sotto il chiaro di luna. E non sempre bisogna essere nel posto giusto per trovare ciò che si cerca. Forse Hades, nelle sue infinite macchinazioni, aveva qualcosa in mente anche per me, anche in quella notte, su quella montagna senza nome. Man mano che mi avvicinavo alla cima della montagna, ogni passo mi avvolgeva sempre più in una sensazione straniante. Percepivo un cosmo di potere sconfinato e inumano, un qualcosa che andava oltre la mia comprensione. Non era uno spectre come me, ne ero certo, eppure non riuscivo a discernere la sua vera natura. L'energia che emanava era devastante, un'aura che avrebbe fatto indietreggiare chiunque altro. Ma io, spinto da un impulso profondo, non potevo fermarmi.

    Il desiderio di toccare, di riconnettermi con un potere che una volta mi apparteneva, era irresistibile. Il concetto di preservazione, di cautela, mi era estraneo. Dopotutto, ero un'entità immortale. Il rischio, il pericolo, le possibili conseguenze di quell'audace avvicinamento, tutto questo non faceva altro che alimentare la mia curiosità e il mio ardore. Continuai a salire, il terreno sotto i miei piedi diventava più impervio, le rocce più affilate. Il vento sibilava tra le crepe, portando con sé echi di un potere antico e terribile. Eppure, ogni folata di vento gelido, ogni sinistro rumore della notte, non faceva che spingermi più in alto, più vicino a quella fonte misteriosa.

    Quando arrivai in cima alla montagna, lo spettacolo davanti ai miei occhi fu una totale delusione. Mi aspettavo di trovare una fonte di potere immenso, una manifestazione cosmica, qualcosa degno delle energie che avevo avvertito lungo il percorso. Invece, tutto ciò che vidi fu una creatura rannicchiata in un angolo, le mani sul volto, come se stesse cercando di nascondersi dalla realtà. Lo fissai per qualche istante, cercando di capire cosa fosse, mentre un crescente senso di odio e disgusto si accumulava dentro di me.

    « Che delusione, chissà cosa pensavo di trovare. »

    Non m'importava chi fosse o cosa facesse lì. Non avevo paura di lui; Shai-Hulud non teme nulla e nessuno. Quella scena patetica, quella creatura pietosa, non poteva essere la fonte di quel potere che avevo percepito. Così, senza esitazione, mi avventai su di lui, senza un vero piano, solo con la rabbia che mi bruciava dentro. Due dei miei tentacoli si mossero rapidamente per avvolgere il corpo della creatura, con l'intento di immobilizzarlo senza fargli male. Dovevo essere prudente: non sapevo ancora cosa stavo affrontando, e volevo evitare che qualcosa andasse storto. Allo stesso tempo, altri quattro tentacoli si sollevarono, pronti a colpire con violenza, con l'obiettivo di stordire la creatura e farla svenire. L'odio mi guidava, un odio che bruciava più intenso di quanto avessi mai provato. Odiavo quella cosa, odiavo la debolezza che percepivo in me stesso, odiavo i sigilli che limitavano il mio potere.

    In quel momento, la mia unica motivazione era distruggere ciò che mi ostacolava, reclamare il potere che credevo mi appartenesse e liberarmi dai limiti che mi tenevano imprigionato. Ogni colpo era carico di quell'odio, ogni movimento spinto dal disprezzo. Non avevo bisogno di una ragione, solo di una reazione. E quella notte, sulla cima di quella montagna, la reazione era devastante.


    SHAI HULUDIV | terra sottomessa | energia rossa
    fisicamente | ???
    mentalmente | odio puro
    status surplice | intatta

    riassunto azioni | per Lisan sei troppo forte e questo genera in lui un odio profondo, mi sono permesso di attaccare subito per questa motivazione. L'azione è semplice: provo a bloccarti [Supporto] e poi, tiro quattro colpi coi tentacoli alla tua testa [AF]

    tentacoli
    La caratteristica distintiva dell'armatura dello spectre è la presenza di otto tentacoli meccanici telescopici, i quali sono ispirati e modellati a somiglianza di un verme o worm. Ogni tentacolo è composto da segmenti interconnessi che permettono un'estensione telescopica. La forza esercitata da ciascun tentacolo è paragonabile a quella di un essere con forza straordinaria. Worm controlla questi tentacoli con pura volontà, consentendogli una precisione e una velocità sovrumane negli attacchi e nelle manovre difensive (la velocità dipende dal livello energetico dello spectre, e si specifica che non è mai paragonabile a chi possiede agilità straordinaria e non sarà mai preciso quanto chi possiede sensi straordinari). All'estremità di ogni tentacolo si trova una gemma di colore azzurro. Queste gemme non sono solo decorative ma servono come prolungamenti sensoriali di Shai-Hulud. Attraverso queste, può vedere e percepire l'ambiente circostante come se i suoi occhi fossero posizionati su di esse, offrendogli una percezione spaziale a 360 gradi e la capacità di sorvegliare aree multiple contemporaneamente, oltre al fatto che può comunicare attraverso i tentacoli. Il numero, la lunghezza e la potenza dei tentacoli dipendono dal livello energetico di Shai-Hulud. I tentacoli possono essere utilizzati per una varietà di scopi: possono essere impiegati come fruste o lance, con una forza devastante, formare una barriera in grado di proteggerlo da attacchi fisici, tentare di avvolgere e stritolare gli avversari, provando ad immobilizzarli o soffocarli, estendersi nel terreno o attraverso le strutture per esplorare, recuperare oggetti o creare passaggi per poter navigare sotto terra. I tentacoli inoltre, hanno la capacità di rigenerarsi se distrutti, e sono da considerasi di un grado superiore rispetto alla surplice per ciò che riguarda la durezza.


    pMfKQ8R

     
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    I suoi occhi si erano abituati al buio.
    Si era reso conto abbastanza dopo che era buio intorno a se. La luminosità delle Api Dorate lo aveva confuso. Poco male, non si sarebbe disperato per quella situazione: Al buio, al freddo, su una radura di montagna lontana dalla civiltà.

    Ora che ci pensava, quella era una situazione critica. Ringraziò di non essere un escursionista a caso e bofonchiò una risata. Poggiò la testa sul muro dietro di sé, guardando in alto, verso le stelle. Tantissimi punti luminosi guardarono verso il basso, ricambiando il suo sguardo. La cosa lo fece sentire un po’ meglio, ma non abbastanza da dimenticare cosa aveva detto e fatto meno di un’ora prima. Avrebbe voluto davvero parlarne con qualcuno, ma si sentiva in trappola, osservato e studiato in ogni movimento, con la paura negli occhi di chi lo circondava. Era davvero un Re? O era solo un esperimento? Un peso che la sua corte era costretta a portare, a trascinarsi dietro pur di sopravvivere? Sarebbero stati scossi dalla sua perdita, o avrebbero messo in moto la macchina della palingenesi ancora una volta, trovando un altro pilota tra il fondo della marmaglia che viveva in quel mondo?
    Qualcuno di loro avrebbe pianto se si fosse spento combattendo per loro?

    Un pizzicore ai sensi lo portò via da certi pensieri. Qualcosa di mostruoso, qualcosa di maligno si stava avvicinando alla sua posizione. Portò il suo sguardo nel buio che lo circondava, e qualcosa più oscuro dell’oscurità si stava avvicinando a lui.

    Spectre.

    Non riusciva a definire bene i contorni della figura, riusciva solo a percepire quella orribile aura maledetta che gli Spectre si trascinano dientro come un tanfo, una pestilenza che insozzava ogni singola cosa che toccavano o semplicemente approcciavano.

    Udì una voce carica di disprezzo e delusione, una voce che lo portò a provare una varietà di emozioni: Fastidio, rabbia, e stranamente, un senso di familiarità.

    « Che delusione, chissà cosa pensavo di trovare. »

    Alla fine di quella frase, l’essere in armatura si avventò come un animale contro la Palingenesi. Protuberanze filiformi si estesero dall’armatura viola. L’intento era semplice da discernere: fare del male, puro e semplice. Lo Spectre si era avventato spinto dai suoi istinti più bassi contro di lui con l’unico obbiettivo di farlo a pezzi, riguardo al come, era irrilevante.
    Pan notò l’energia compressa in quel metallo viola, e un solo pensiero gli attraversò la mente:

    Ma è scemo?

    Mentre lo Spectre era praticamente a mezz’aria, tentacoli stesi e furia omicida in piena mostra, Pan sfiorò la velocità luminare per mettersi in piedi, e quando riuscì a notare i dettagli dell’elmo avversario, il suo corpo mise in moto un’azione binaria: prima, divenne estremamente “fluido”, estremamente sciolto sulle giunture e sulle articolazioni, poi la sua forza letteralmente esplose in uno schiaffo in piena faccia contro lo Spettro.

    Il suono dell’impatto fu pari a quello di una frusta, solo dieci volte più potente circa.
    Lo Spectre venne sbalzato via, inghiottito dall’oscurità, ma era ancora lì, ancora presente e capace di insudiciare i sensi della Palingenesi.
    Spinto da una malsana, e quasi autolesionistica curiosità, nata dalle parole sentite poco prima, Pan decise di continuare….qualunque cosa fosse quello che stava succedendo in quel momento. Il cosmo del Motore Rosso si espanse, riempiendo l’aria di granuli urlanti, e illuminando intorno Pan come un faro nel fuio. Mise gli occhi sullo Spectre poco lontano da lui, alzò le braccia in una guardia basilare, e fece cenno con due dita verso il suo avversario:

    Ci vuoi riprovare?



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