conflitti e confidenze

nadia e erika

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    Il cielo era un groviglio di nubi tenebrose, un perpetuo crepuscolo sospeso sopra un mondo devastato. Nadia si era avventurata fuori dai confini protettivi del Santuario di Atena, lasciandosi alle spalle le ultime rovine di quella che un tempo era stata una città florida. Ora, era solo un eco debole, unico baluardo della penisola contro la Corruzione.

    La zona in cui si trovava era chiamata la Nebbia delle Anime, un luogo dove la corruzione si materializzava in forme quasi palpabili. Creature vagavano tra i detriti, ombre distorte di ciò che una volta erano stati gli abitanti di quel mondo. Alcuni erano riconoscibili solo per i contorni umani, altri avevano preso forme più orrende, esseri corrotti dalla disperazione e dalla follia.

    Nadia, una volta a capo delle operazioni di raccolta informazioni, ora si trovava in quella landa desolata per un compito che solo lei poteva svolgere.
    Quale compito? E come mai proprio lì?

    Stava scrutando il tramonto dalla Torre Nera quando il suo vecchio comunicatore criptato squillò, rompendo il silenzio che aveva avvolto la giornata. Non era abituata a ricevere nuovamente comunicazioni da quel dispositivo, data la piega che aveva preso la sua vita dopo Nadym. Aveva però conservato tutti i suoi attrezzi del mestiere, e aveva mantenuto le vecchie amicizie per quanto possibile, e con gran nostalgia. Esitò un istante prima di rispondere, sapendo che qualsiasi chiamata in arrivo doveva essere di vitale importanza.

    « Eagle? » la sua voce tradiva una sorpresa cauta.

    « Nadia, mi spiace disturbarti, » rispose Eagle, la sua voce era tesa, urgente. « Ho un incarico per te, e solo tu puoi gestirlo. Si erano proposti i gemelli, ma sai… davvero non avrei voluto disturbarti, immagino i tuoi impegni da Gigante o insomma quel che sei, però è un cas- » Prima di interrompere l’uomo, Nadia non poté trattenere una sincera risata, seppur silenziosa. Eagle non sarebbe mai stato fonte di disturbo, e gli aveva già detto più di una volta che per lui, e per tutti gli altri, non solo ci sarebbe sempre stata (ora più che mai), ma che potevano anzi, dovevano approcciare a lei come sempre, senza timori o riserve mentali di alcun tipo.

    « Che cosa è successo? Smettila di fare il finto intimorito, ero la tua Regina anche prima di Nadym ahahahah » Tentò di smorzare gli animi palesemente tesi di entrambi. Si ricompose per non divagare troppo.

    « Cretina… comunque c’è un informatore in Tessaglia, uno che afferma di avere informazioni cruciali sulla diffusione della corruzione in quella regione. Siamo troppo esposti qui, e tu sei l'unica abbastanza veloce e con le capacità giuste per gestire questa situazione. »

    « Capisco. » rispose Nadia, già mentalmente preparata a ciò che ciò avrebbe comportato. Non chiese all’uomo se avesse verificato le informazioni, o se avesse triangolato le comunicazioni per stabilire quali protocolli di sicurezza adottare, dopotutto era il suo erede. « Hai dettagli sull'informatore? Come posso riconoscerlo? »

    « Non molto, purtroppo. Sarà lui a trovarti. Ti aspetta nei pressi dell'antica Larissa, a sud delle montagne della Tessaglia. Sta usando il nome in codice 'Argo'. Sii prudente, Nadia. Non sappiamo chi altro potrebbe essere sulle tracce di queste informazioni. »

    Si preparò dunque per raggiungere Larissa.
    E dopo giorni di viaggio, finalmente raggiunse le sue rovine. La città, un tempo vivace e prospera, era ora poco più di un labirinto di pietre e vegetazione selvaggia. Il luogo dell’incontro era nei pressi di un antico teatro, una struttura che, nonostante le rovine, manteneva ancora la sua maestosa presenza, data la sua posizione strategicamente elevata rispetto al resto della città. Sentiva la presenza di secoli di storia, intrecciata alla terra stessa, una terra che ora, nonostante la devastazione, continuava a lottare per esistere.

    E mentre attendeva nell'ombra del teatro, i suoi occhi scorrevano sulle rovine che un tempo erano state testimoni di drammatiche rappresentazioni artistiche. Ora, la natura aveva ripreso i suoi diritti, intrecciando radici e edera tra le pietre cadute. In quell'istante, un ricordo antico risalì alla sua mente, uno dei racconti preferiti del Gigante che albergava in lei.

    Agli albori dei tempi, Grazione aveva camminato per queste terre, quando la Grecia era selvaggia e immutata. Il gigante, possente e risoluto, aveva attraversato la Tessaglia con passi che facevano tremare la terra, lasciando dietro di sé impronte profonde che si trasformavano in laghetti e valli.
    Una ricordo in particolare riviveva un momento in cui questi, attraversando la regione che un giorno sarebbe stata Larissa, si era fermato per riposarsi dopo una lunga marcia. Sedutosi per riflettere sulle montagne che ammirava in lontananza, il gigante appoggiò la mano sulla terra, formando una grande depressione nel terreno. Con il passare del tempo e l'accumularsi delle acque piovane, quella depressione si era trasformata in un piccolo lago, riflettendo il cielo come uno specchio.

    Quel luogo era diventato un punto di ritrovo per i popoli antichi, che vi si radunavano per condividere storie, commerciare e, infine, per celebrare. E il bello era che il teatro di Larissa era stato costruito proprio sopra il sito di quel lago asciugato, scelto per la sua naturale acustica, un dono lasciato dalla mano di Grazione.

    Questo aneddoto, che nella mente di Nadia riecheggiava come se l’avesse vissuto in prima persona, ora le tornava in mente mentre si trovava nel cuore di quello stesso teatro. Sentiva la presenza di Grazione, il suo spirito vivo nella forza della terra che lo aveva visto camminare. Quel pensiero le infuse coraggio e determinazione, un promemoria del potere e della resistenza insiti nel suo sangue. In quel momento, non era solo Nadia a nascondersi tra le rovine in attesa di un informatore; la sensazione era come sempre fantastica nella sua totale stranezza.

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    Fisico ● Perfetto
    Mente ● Perfetta
    Cloth ● Adamas di Grazione, IV ● Non Indossata
    In Breve ● La missione è un pretesto (mio di player per intenderci) per essere lì dalle tue parti, vieni ad abbracciare zia Nadia :kuku:


     
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    Da che era diventata saint a tutti gli effetti, Erika aveva fatto svariate ronde e turni di guardia nei dintorni del Santuario per garantire la sicurezza e l’incolumità dei civili. Non si era mai allontanata troppo dai confini del Grande Tempio, un po’ per mancanza di esperienza e un po’ anche per mancanza di una valida motivazione per farlo. Nonostante l’accortezza che metteva nello svolgere il suo dovere di saint, non filava sempre tutto liscio e c’erano sempre problemi.
    Uno di questi, in particolare, aveva un nome e un cognome: Ethan Robins. Unico figlio di Leah e Jack Whitemill, la famigliola era arrivata nel 2013, in fuga da una Edinburgo devastata dai Corrotti e dalla distruzione, lei ormai al termine di una gravidanza tanto attesa e desiderata. Dopo qualche mese era nato Ethan e il padre, volendo fare qualcosa per garantire sicurezza e protezione alla sua neonata famiglia, decise di arruolarsi come soldato semplice nelle file dell’esercito del Santuario. Purtroppo, dopo qualche anno di servizio, Jack fu dichiarato disperso in azione in una spedizione che aveva come scopo la messa in sicurezza di alcuni profughi bloccati nella piccola città di Psatha. A undici anni, in piena crisi puberale e cresciuto col mito del padre morto nel tentativo di aiutare gente in difficoltà, Ethan era diventato ingestibile per la madre: ormai i vicini avevano perso il conto delle volte in cui soldati o saint si erano presentati all’uscio di casa Whitemill per riportare il ragazzino dopo averlo scoperto a cercare di uscire dalla zona protetta del Grande Tempio - come riuscisse ogni volta a trovare una breccia nella sicurezza, era quasi un mistero.
    Nonostante i continui rimproveri, il ragazzino non voleva proprio saperne di starsene tranquillo: l’unico suo obiettivo era riuscire a ritrovare il padre perduto e riunire la sua famiglia. In quelle poche volte che Erika aveva involontariamente assistito al confronto fra madre e figlio sulla questione, non aveva potuto non empatizzare per il piccolo Ethan. Capiva perfettamente il desiderio del piccolo di ritrovare il padre, provava lo stesso pensando a suo fratello ma avevano due età, due caratteri e soprattutto due esperienze diverse. Erika aveva vissuto sulla propria pelle gli orrori dell’Armageddon, sapeva benissimo che avventurarsi era estremamente pericoloso se non si era in grado di difendersi, o meglio, non si era dotati di un cosmo come lo erano i Saint. Aveva cercato, a suo modo, di aiutare il piccolo a capire la pericolosità delle sue azioni, distraendolo con delle attività nei campi e, nel tempo libero, giocando con lui e aiutandolo con i compiti di scuola. I suoi sforzi parevano aver dato anche i loro frutti: il piccolo era più tranquillo, sembrava aver finalmente accettato la situazione e i tentativi di fuga da casa per uscire a cercare il padre si erano ridotti notevolmente, fin quasi a cessare completamente… Per lo meno, finché la madre di Erika non era morta e la ragazza, in reazione, aveva cominciato ad addestrarsi per poi diventare a tutti gli effetti una Saint di Athena. L’assenza della giovane aveva lasciato un grande vuoto nella vita di Ethan che ormai la considerava una sorta di sorella maggiore. Il ragazzino aveva ricominciato coi suoi colpi di testa, preoccupando la madre e tutti quelli che avevano a cuore la sua incolumità.
    Era una sera di pioggia quando era stata proprio Erika a intercettare l’ennesima fuga del ragazzino, questa volta organizzata in modo più elaborato del solito. Era stata la catena di difesa ad avvertirla della presenza del bambino, muovendosi nervosamente sul terreno fino a formare la scritta “Ethan” seguita da quella di attacco che puntava con una certa urgenza proprio nella direzione in cui il piccolo si trovava. Si era precipitata verso il punto indicato e lo aveva trovato nascosto dentro un tronco d’albero nel tentativo di sfuggire a un corrotto, paralizzato dalla paura ma, tutto sommato, incolume. Si era occupata del Corrotto e si era poi avvicinata al ragazzino, notando per la prima volta l’enorme zaino che portava sulle spalle. Aveva cercato di capire cosa gli fosse passato in mente quella volta e, fra i singhiozzi, Ethan le aveva risposto, dandole un’informazione molto curiosa.
    «... Ho sentito il vecchio Jan che parlava con Vincenzo, l’altro giorno. Dicevano di aver sentito da alcuni soldati che c’è qualcuno a Larissa che ha informazioni molto importanti… Magari poteva anche aiutarmi a ritrovare il mio papà…»
    Erika aveva bonariamente alzato gli occhi al cielo, intenerita dall’ingenuità infantile e dalla determinazione di quella piccola peste. Dopo averlo consolato e cercato di calmarlo, Erika lo aveva, ovviamente, rimproverato fermamente. Jan e Vincenzo di cose ne dicevano, a volte anche troppe e molto volte ben poco attendibili, non c’era nulla per cui essere troppo entusiasti o allarmati. Le informazioni, di quei tempi, erano più che altro nozioni che o arrivavano troppo tardi o che si rivelavano, presto o tardi, pure fuffa. Nonostante questa consapevolezza, Erika non riusciva a fare a meno di pensarci: una persona a Larissa che aveva informazioni… E se avesse saputo qualcosa sebbene di poco conto, prezioso? Magari informazioni riguardo insediamenti di superstiti in altri paesi? Non riusciva proprio a smettere di sperare di sapere qualcosa in più sul mondo esterno, magari proprio sulla sua terra natale… Magari proprio su suo fratello Aiden. Poteva essere una pista come poteva non esserlo. Di una cosa però era certa: non poteva ignorare quell’episodio, doveva in qualche modo tentare, o il rimorso le avrebbe mangiato il fegato per i mesi a venire.

    Era partita così alla volta di Larissa, in Tessaglia, con il pretesto di una perlustrazione. Sulla mappa la città distava 352 chilometri, a piedi ci sarebbero voluti tre giorni. Grazie al suo cosmo, ci erano volute soltanto poche ore - una o due di troppo visto il suo impeccabilissimo senso dell'orientamento -, facendo delle tappe per riposarsi e riprendere fiato.
    Arrivata a destinazione, si era fermata per qualche minuto ad ammirare il meraviglioso panorama che la Tessaglia le stava regalando. Nonostante le montagne fossero più verdi, lussureggianti come aveva visto nei depliant della crociera intrapresa ormai 12 anni prima, la natura, ora selvaggia e incontaminata per l’assenza dell’uomo e il decadimento delle infrastrutture, conservava un antico e solenne fascino, quasi magico.
    L’antica città di Larissa, a differenza, era esattamente come l’aveva immaginata: un tempo probabilmente prospera e piena di vita, ora era solo l’ennesimo luogo deserto, scenario di desolazione e abbandono dove si respirava nient’altro che morte e decadimento. Nel silenzio e nella solitudine, accadde qualcosa di completamente insperato e imprevisto. Una voce maschile la chiamò da lontano, facendole un cenno con la mano. Paradossalmente, chi stava cercando venne da lei senza tanti complimenti. L’aveva notata subito, vestita di tutto punto con la cloth era difficile non farlo, del resto. L’uomo si avvicinò senza pensarci troppo, i modi incredibilmente viscidi ed vergognosamente lusinghieri tant’è che Erika rabbrividì a disagio per quelle attenzioni. L’uomo parve non notarlo così preso dal raccontarle le sue preziose “informazioni”.
    Dopo pochi - che le erano parsi interminabili - minuti, Erika comprese che quel bizzarro individuo non poteva esserle di alcuna utilità: non era che un fanatico, fissato con una certa “Gold Throat” che “di recente si era unita alle schiere dei Giganti” e l’unico motivo per cui aveva messo in giro la voce che avesse informazioni utili e fondamentali era attirarla dalle sue parti per conoscerla ed esprimerle tutta la sua ammirazione.
    Erika inarcò un sopracciglio all’ennesima, assurda e completamente fuori luogo dimostrazione di ammirazione per questa sconosciuta, il suo stato d’animo vacillava fra l’incredulo e lo scocciato. Aveva fatto tutta quella strada per nulla, per fan che cercava di entrare in contatto con il suo idolo. Si massaggiò le tempie, stanca di stare a sentire quegli sproloqui, così stanca che si mise a ridacchiare nervosamente.
    «Senti, mi spiace ma non la benché minima idea di chi sia questo Gold Throat, non l’ho mai sentito nominare e, onestamente, non sono interessata… E poi, non è sicuro qui, potrebbero apparire dei Corrotti da un momento all’altro e per un umano privo di cosmo è troppo pericoloso...» gli disse, cercando in tutti i modi di non dare a vedere il suo fastidio e di essere il più diplomatica possibile. Tentativo che fallì miseramente quando l’uomo le propose, se possibile più viscido di prima, di accompagnarlo e proteggerlo.
    L’essere stata completamente ignorata e aver ricevuto attenzioni indesiderate, al limite della dignità e della decenza umana fu l’ultima goccia. Lo sguardo chiaro si fece tagliente e la ragazza gli afferrò malamente il braccio che l’uomo aveva allungato verso di lei, andando a sfiorarle il seno. Un brivido la colse lungo la schiena e in tutta risposta, con un rapido movimento, Erika gli piegò il polso e portò il braccio dell’uomo dietro la sua schiena, mettendo in leva la spalla. Tutto accadde così velocemente che l’uomo non riuscì a reagire in tempo e si sentì distintamente il rumore sordo delle ossa che scrocchiavano.
    «Senti, hai le informazioni che dici di avere? Se non sai nulla, ti conviene andartene da qui, è pericoloso…» ribadì fredda, nervosa per essere stata trattata con così poco rispetto. L’uomo, da tanto spavaldo e arrogante che era, si mise a piagnucolare come un bambino, chiedendo ripetutamente scusa e implorando la ragazza di lasciarlo andare. Dal canto suo, Erika non si fece pregare a lungo: senza aggiungere nulla, mollò la presa e lo lasciò andare.
    «Ma tu pensa che razza di gente…» sbuffò, rabbrividendo per il contatto indesiderato. Odiava profondamente ricorrere alla violenza in una situazione del genere ma quando la gente si prendeva certe libertà, non c’era altro modo per fargliela capire.
    Sospirò sconsolata e socchiuse gli occhi, cercando di calmarsi. Nel silenzio della natura, improvvisamente, Erika percepì una presenza cosmica che mai prima aveva avvertito. Era strana, diversa da quelle che aveva percepito al Santuario, era quasi certa che non appartenesse a un Saint. Incuriosita da quella percezione, si addentrò fra le rovine giungendo fino a quello che un tempo era sicuramente stato il punto nevralgico della città. Il teatro era al centro esatto della città ed Erika non potè non rimanere a bocca aperta entrando nella struttura: sebbene fosse piuttosto decadente, quel luogo aveva un fascino straordinario. Non potè non immaginare le tribune piene di gente, tutta intenta ad assistere allo spettacolo: sul palco gli attori si muovevano armoniosi, intrecciando trame e relazioni complesse e intriganti, in grado di magnetizzare ogni attenzione sui corpi travestiti con pittoreschi costumi e bizzarre maschere. Una figura in particolare catturò il suo sguardo, l’unica che realmente esisteva in quel momento. Una donna dai capelli biondi sedeva tranquilla all’ombra del teatro, sembrava incredibilmente rilassata, come se stesse sognando anche lei ad occhi aperti. Il cosmo che aveva percepito proveniva senza dubbio da lei, che fosse la famosa Gold Throat, la stessa persona che quel farabutto stava cercando di incontrare?
    Erika esitò qualche istante, studiando la situazione. Non le sembrava ostile, anzi, la sensazione che percepiva dal cosmo era piuttosto placida, come se stesse indugiando nei ricordi di tempi migliori, tempi di pace e di serenità. Si avvicinò, facendosi coraggio, mentre gli anelli delle catene tintinnavano cristallini nell’aria con i passi della giovane saint. Arrivò a qualche metro dalla donna, dove si fermò osservandola meglio.
    «Salve, tu sei Gold Throat, per caso?» le chiese cortesemente, facendole intendere di non avere cattive intenzioni. Le avevano detto i rapporti coi Giganti e i Titani erano abbastanza cortesi sebbene tendessero più che altro alla neutralità, in ogni caso era sempre meglio essere cauti.


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    narrato • parlatopensatoparlato altrui
    CASTA • Athena | Bronze Saint di Andromeda
    STATO CLOTH • Indossata tutta tranne l'elmo, integra.
    FISICAMENTE • ///
    MENTALMENTE • ///
    RIASSUNTO AZIONI • giungemmo alla fine, ho portato lo smalto e le maschere per la skin care

    Nebula Chain
    (Abilità doppia) Fin dai tempi del mito la Catena di Andromeda è sempre stata lodata come una delle armi più formidabili a disposizione delle armature dei Santi di Atena. Si presentano come due lunghe file di anelli metallici, culminate una con un piccolo triangolo, rendendola l'arma offensiva (agganciata al bracciale destro), mentre l'altra con una piccola sfera, identificandola come difensiva (agganciata al bracciale sinistro).
    Le catene sono in grado di allungarsi tanto quanto è vasto il cosmo del loro portatore.
    Solo il loro Saint è in grado di maneggiarle: chiunque non venga riconosciuto dalle catene come proprio padrone, toccandole, avvertirà una forte scossa elettrica che gli impedirà di usarle.
    Oltre ad essere un'arma fisica attivamente impegnata nel combattimento, la catena è dotata di una volontà propria. Oltre all'abilità di muoversi a suo piacimento, la catena è in grado di percepire illusioni e minacce incombenti sul proprio possessore e sui suoi alleati, semplicemente muovendosi, puntando verso una direzione precisa o creando scritte/disegni sul terreno.
    Tuttavia, questa percezione è propria delle catene, completamente slegata da quella del saint che le impugna, ergo Erika deve tenere d'occhio le catene quando cercano di dirle qualcosa.
    Le catene hanno infine una capacità rigenerativa molto rapida, è tuttavia debole al ghiaccio e alle temperature artiche.


    Tecniche Nebulosa
    Le catene in dotazione dell'armatura non sono l'unica particolarità che contraddistingue il saint di Andromeda. Nelle stelle che vegliano sul suo cavaliere vi è una temibile forza latente, che in pochi hanno potuto esserne testimoni. Dalle profondità del cosmo, Andromeda è in grado di attingere alla forza del vento cosmico che caratterizza l'omonima nebulosa per eseguire le proprie tecniche offensive e difensive. Il vento proveniente dalla nebulosa è caratterizzato da correnti d'aria che il cavaliere direziona a suo piacimento verso il bersaglio del proprio attacco o plasmandolo intorno al proprio corpo. A seconda della potenza del nemico, esse sono in grado di ostacolare i movimenti dei propri avversari, fino addirittura, con la tecnica del Nebula Stream, a immobilizzarli. In modalità difensiva, questo vento elettrico è in grado di attutire i colpi che vengono ricevuti ed, eventualmente, l'elettricità insita nelle proprie raffiche può trasformarsi in un potenziale attacco.
    Come per le catene, anche questo vento è carico di energia elettrica che è in grado di infliggere danni di tipo elettrico. Queste tecniche sono lanciate a Cosmo Poderoso (aura soverchiante), ossia gli effetti di queste tecniche superano in efficacia quelli di tecniche o abilità simili, raggiungendo con facilità e un ridotto impiego di energia cosmica il miglior risultato possibile.


    Tecniche

    ///


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    Edited by cloudjumper89 - 22/4/2024, 08:40
     
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    La brezza crepuscolare della Tessaglia era una presenza lieve e costante intorno a Nadia, un sottile velo di movimento in un mondo altrimenti immobile. Ma quel vento era cambiato, si era fatto portatore di una presenza, di un'aura che sembrava nata dal firmamento stesso, ma che adesso si materializzava tra le rovine del teatro di Larissa. Un'aura che non apparteneva alle ombre della Tessaglia né alle creature che vi si nascondevano. Non era minacciosa, ma era sicuramente fuori luogo.

    Apri gli occhi lentamente, tornando al presente con una calma forzata. Di fronte a lei stava una figura di inesplicabile grazia, una ragazza con capelli argentei che scendevano morbidi sulle spalle, incorniciando un viso sereno. Indossava un'armatura rosa dalle linee fluide e armoniose, adornata di catene che catturavano la tenue luce, un chiaro simbolo che la identificava come un Santo di Andromeda, un guerriero dall'aspetto ingannevolmente delicato.

    Con occhi ampi e scrutatori, la ragazza pose a Nadia una domanda inaspettata, « Salve, tu sei Gold Throat, per caso? » La voce era melodica, ma portava un peso che non corrispondeva alla sua giovane età. Nadia, colta di sorpresa da quella domanda, si irrigidì. Era possibile che fosse stata scoperta? O peggio, che qualcuno avesse intercettato Eagle e il suo piano? I suoi pensieri correvano veloci, ma sapeva che ogni gesto poteva rivelare più di quanto desiderasse.

    Il suo istinto le suggeriva di fuggire, ma qualcosa in quella figura la fermava. C'era una sincerità nell'intonazione, un genuino desiderio di scoprire la verità che non poteva essere ignorato. « Un soprannome interessante, » rispose Nadia, tenendo lo sguardo fisso sulle pupille azzurre della ragazza. « Ma non quanto la persona che lo porta, presumo. Che venti ti hanno portato qui, lontana dal Santuario? » La sua risposta era un gioco, una parata verbale che le permettesse di guadagnare tempo e sondare le vere intenzioni della ragazza.

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    Osservò con attenzione la donna, cercando di carpire la sua reazione. Vide sorpresa nel suo sguardo, fattosi quasi ansioso all’improvviso, come se avesse paura di essere stata scoperta, messa a nudo. Erika corrugò la fronte, sinceramente preoccupata per la risposta emotiva che aveva letto nel comportamento della sconosciuta. Che avesse detto qualcosa di male? Le sue intenzioni erano delle più sincere, non voleva assolutamente allarmarla, o peggio, risultare ostile nei suoi confronti, eppure ebbe la forte impressione di essere stata fraintesa, confermata poi dalle seguenti parole della donna.
    «Un soprannome interessante» replicò lei, senza interrompere il contatto visivo, cosa che nemmeno Erika fece. Aveva tutta l’intenzione di farle capire che non rappresentava un pericolo per lei e che si era spinta fino a quel luogo alla ricerca di informazioni.
    Più che interessante, avrei detto… Pittoresco. rifletté, inarcando appena un sopracciglio, ma tenne per sé quella riflessione.
    «Ma non quanto la persona che lo porta, presumo. Che venti ti hanno portato qui, lontana dal Santuario?»
    Sorrise appena, per nulla meravigliata dall’iniziale affermazione della donna, confermata successivamente dalla sua domanda. Di certo, non vi era nulla di strano, né tanto meno interessante nell’incontrare un santo di Athena sul suolo greco. I sacri guerrieri erano costantemente mandati in ricognizione, per assicurare protezione e sicurezza alle genti nella loro terra natia e, in futuro possibilmente, cercare di liberarla definitivamente dalla Corruzione. Lei, tuttavia, era lì per altri motivi, personali, forse agli occhi della donna più interessanti se le sue intuizioni si fossero rivelate corrette.
    «Mi è giunta voce che da queste parti vi fosse qualcuno che poteva avere delle informazioni potenzialmente preziose per me… Ma non è stato così, sfortunatamente.» ammise limpidamente, cercando di fare capire alla donna che non aveva motivo di temerla e che voleva essere sincera con lei.
    «Chi diceva di averne, era solo un vile e schifoso verme che cercava solo un attimo di gloria, a discapito di chi sperava solo di ritrovare qualcosa di prezioso…» continuò e i lineamenti dolci si distorsero in una smorfia di puro disprezzo ripensando all’uomo incontrato pochi minuti prima. L’espressione si rilassò quasi subito, cercando di non dare una cattiva impressione alla propria interlocutrice. Tornò a rivolgersi a lei, candidamente curiosa.
    «Sono arrivata fin qui dopo aver percepito un cosmo… E ho trovato te ma vedo che non indossi le sacre vestigia di Athena…» esordì, glissando sulla parte che il fantomatico “Gold Throat” era da poco entrato a far parte delle schiere dei Giganti e lasciando che la donna cogliesse la domanda implicita nelle sue affermazioni.
    «Io mi chiamo Erika e non sono venuta qui per cercare Gold Throat, onestamente non avevo mai sentito quel nome prima di oggi.» continuò, sistemandosi distrattamente i capelli in viso e alzando appena le spalle, rilassandosi definitivamente.
    «E tu? Come ti chiami? Come mai da queste parti? Non mi è mai capitato di incontrare qualcuno dotato di cosmo che non abbia giurato fedeltà ad Athena.» concluse, sorridendo e allungando verso di lei la mano destra in segno di saluto.


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    narrato presente • parlatopensato
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    (Abilità doppia) Fin dai tempi del mito la Catena di Andromeda è sempre stata lodata come una delle armi più formidabili a disposizione delle armature dei Santi di Atena. Si presentano come due lunghe file di anelli metallici, culminate una con un piccolo triangolo, rendendola l'arma offensiva (agganciata al bracciale destro), mentre l'altra con una piccola sfera, identificandola come difensiva (agganciata al bracciale sinistro).
    Le catene sono in grado di allungarsi tanto quanto è vasto il cosmo del loro portatore.
    Solo il loro Saint è in grado di maneggiarle: chiunque non venga riconosciuto dalle catene come proprio padrone, toccandole, avvertirà una forte scossa elettrica che gli impedirà di usarle.
    Oltre ad essere un'arma fisica attivamente impegnata nel combattimento, la catena è dotata di una volontà propria. Oltre all'abilità di muoversi a suo piacimento, la catena è in grado di percepire illusioni e minacce incombenti sul proprio possessore e sui suoi alleati, semplicemente muovendosi, puntando verso una direzione precisa o creando scritte/disegni sul terreno.
    Tuttavia, questa percezione è propria delle catene, completamente slegata da quella del saint che le impugna, ergo Erika deve tenere d'occhio le catene quando cercano di dirle qualcosa.
    Le catene hanno infine una capacità rigenerativa molto rapida, è tuttavia debole al ghiaccio e alle temperature artiche.


    Tecniche Nebulosa
    Le catene in dotazione dell'armatura non sono l'unica particolarità che contraddistingue il saint di Andromeda. Nelle stelle che vegliano sul suo cavaliere vi è una temibile forza latente, che in pochi hanno potuto esserne testimoni. Dalle profondità del cosmo, Andromeda è in grado di attingere alla forza del vento cosmico che caratterizza l'omonima nebulosa per eseguire le proprie tecniche offensive e difensive. Il vento proveniente dalla nebulosa è caratterizzato da correnti d'aria che il cavaliere direziona a suo piacimento verso il bersaglio del proprio attacco o plasmandolo intorno al proprio corpo. A seconda della potenza del nemico, esse sono in grado di ostacolare i movimenti dei propri avversari, fino addirittura, con la tecnica del Nebula Stream, a immobilizzarli. In modalità difensiva, questo vento elettrico è in grado di attutire i colpi che vengono ricevuti ed, eventualmente, l'elettricità insita nelle proprie raffiche può trasformarsi in un potenziale attacco.
    Come per le catene, anche questo vento è carico di energia elettrica che è in grado di infliggere danni di tipo elettrico. Queste tecniche sono lanciate a Cosmo Poderoso (aura soverchiante), ossia gli effetti di queste tecniche superano in efficacia quelli di tecniche o abilità simili, raggiungendo con facilità e un ridotto impiego di energia cosmica il miglior risultato possibile.


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    Edited by cloudjumper89 - 17/4/2024, 12:11
     
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    Nadia osservò con attenzione la mano che Erika le aveva teso. C'era una sorta di fiducia implicita in quel gesto, un'apertura che andava oltre la semplice cortesia. Nadia, dopo un attimo di esitazione, accettò la stretta di mano, sentendo la forza e la determinazione celate nell'impugnatura dell'armatura raffinata.

    « Mi chiamo Nadia, » disse, i suoi occhi non tradivano nulla della sorpresa che aveva provato solo istanti prima. Si presentò con una calma studiata, nascondendo la marea di domande che si agitava nella sua mente. « e sì, sono io Gold Throat. Devo ringraziarti per aver intercettato quello che avrebbe potuto essere un fanatico un po' troppo zelante nel seguire le mie tracce. »

    Mentre Erika annuiva, un sorriso fugace le solcò il viso: Nadia rifletteva sulla situazione. Aveva perso tempo prezioso con questo incontro inaspettato, ma la presenza di Erika qui non era un caso; era evidente che cercava qualcosa, o qualcuno. La prospettiva di essere stata scoperta le aveva inizialmente mandato un'ondata di panico, ma ora, il comportamento aperto e genuino di Erika aveva parzialmente placato le sue apprensioni.

    « Tuttavia, » proseguì Nadia, mantenendo un tono composto e sicuro,
    « sembra che sia stata una deviazione fortuita del destino. Anche io, come ormai hai intuito, ero qui per incontrare un informatore. E a quanto pare, abbiamo incrociato i nostri cammini a causa di un impostore comune. » Guardò Erika negli occhi, cercando di leggere la sua reazione.

    « Ma questo porta a un quesito interessante, » Tornò a sedersi su di una roccia, invitando la ragazza a prender posto accanto a lei, sui resti di quello che doveva essere una colonna propria del teatro che fu. « cosa potrebbe mai voler sapere un Santo di Atena come te, da Gold Throat? » Era una domanda diretta, ma posta con la stessa flemma con cui aveva accolto la giovane guerriera. Nadia aveva bisogno di comprendere la situazione prima di poter decidere i suoi prossimi passi, e l'intelligenza che brillava nei suoi occhi era un chiaro segno che non si sarebbe fermata fino a trovare le risposte di cui aveva bisogno.

    « Chi è che ha bisogno di Gold Throat: il Santo di Atena o Erika? »

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    «Mi chiamo Nadia e sì, sono io Gold Throat. Devo ringraziarti per aver intercettato quello che avrebbe potuto essere un fanatico un po' troppo zelante nel seguire le mie tracce.»
    Erika sgranò gli occhi, sorpresa di averci effettivamente preso, per poi sorridere alla donna. La stretta le lasciò una bella impressione di Nadia: sembrava una persona decisa, che sapeva il fatto suo, aveva un bel presentimento nei suoi confronti.
    Nonostante quel piacevole e incontro, tuttavia, Erika non poté fare a meno di pensare al principale motivo per cui aveva deciso di avventurarsi così lontana dal luogo che ormai aveva imparato a considerare casa. Alla fine, non era riuscita a trovare nessuna informazione su suo fratello o su cosa fosse succedendo in Irlanda dopo l’avvento dell’Armageddon.
    Aiden… sospirò, abbassando lo sguardo e lanciando uno sguardo alla bisaccia che pendeva sul suo fianco destro. Non si era portata dietro molto in quella spedizione, giusto il necessario: acqua, qualche barretta energetica per scongiurare la fame nel caso si fosse presentata, un kit di primo soccorso e il cellulare che le aveva regalato suo fratello. Era più forte di lei, non riusciva proprio a separarsene, nonostante sapesse che senza una linea telefonica attiva o una rete internet, era completamente inutile per ciò che voleva farne. La mano libera andò a sfiorare la borsa, in particolare la cerniera della tasca anteriore dove il vecchio Iphone 5s era stato riposto alla sua partenza, spento. Socchiuse gli occhi per qualche istante, riportando alla mente il momento in cui il fratello glielo aveva affidato, all’ingresso della zona dei controlli di sicurezza dell’Aeroporto Internazionale di Dublino.
    La scena era alquanto confusa, i colori del ricordo erano sfocati e mischiati fra loro creando mille sfumature, come fossero rimasti annacquati dalle lacrime che le avevano riempito gli occhi in quegli istanti. Quell’addio, forse, era stata la cosa più triste che le era mai capitata, per lo meno prima dell’Armageddon: Erika aveva vissuto una vita piuttosto semplice, tranquilla, senza particolari problematiche se non quelle sorte per le grosse differenze di carattere fra suo padre e suo fratello quando questi era divenuto ormai adulto. Un dramma che aveva portato a uno scisma piuttosto deleterio fra gli O’Shea. Sebbene le immagini fossero confuse, i contorni indefiniti, Erika non poteva dimenticare la sensazione provata allora: aveva sentito la terra mancargli improvvisamente da sotto i piedi e tutto era come rallentato all’improvviso. Le ultime parole di Aiden, udite con le sue stesse orecchie, erano arrivate ovattate, la sua mente era altrove, persa nei meandri dei ricordi felici trascorsi con la sua famiglia. Non ricordava nulla delle parole dette dal fratello se non quelle legate al cellulare che le aveva posto fra le mani, la promessa di rispondere sempre ad ogni sua chiamata, ad ogni suo messaggio. Il suo sguardo si era abbassato sul dispositivo, l’ultima sensazione che aveva avuto della presenza fisica di suo fratello era stata la carezza che le aveva dato sul capo, scompigliandole giocosamente i capelli. Quando aveva alzato lo sguardo per rimproverare il fratello, questi le dava già la schiena, il trench scuro delineava la sua figura che si faceva sempre più lontana, più piccola, finché non sparì completamente fra la folla e il caos della barriera predisposta per i controlli di sicurezza.
    «Tuttavia,» Erika ebbe un sussultò e riaprì gli occhi, spalancandoli completamente. La voce di Nadia la riportò al presente, suo malgrado. Cercò di scacciare via la malinconia e la tristezza dal suo volto, cercando di concentrarsi sul presente: aveva già perso troppi anni a rimuginare sul passato, a cercarlo nei messaggi che aveva continuato a mandare al numero del fratello, una volta riuscita finalmente a ricaricare il telefono con l’energia elettrica fornita dal campo profughi. Non aveva mai ricevuto alcuna risposta, erano semplicemente rimasti lì, pallidi pixel su display, echi di un dramma infinito e condiviso da molte persone insieme a lei nei mesi, anni a venire.
    «Sembra che sia stata una deviazione fortuita del destino. Anche io, come ormai hai intuito, ero qui per incontrare un informatore. E a quanto pare, abbiamo incrociato i nostri cammini a causa di un impostore comune.»
    Erika lanciò uno sguardo interrogativo alla donna, confusa su quelle parole. Nadia cercava informazioni? Per quale motivo? Forse anche lei aveva perduto qualcuno di caro come era successo a lei?
    «Ma questo porta a un quesito interessante,» Erika, sempre più intrigata dalla misteriosa figura di Nadia, la seguì attenta, scrutando ogni suo movimento come meglio poteva. Fece, inconsciamente qualche passo verso di lei, fermandosi proprio di fronte alla donna quando questa si rimise a sedere. Intuì l’invito ma era prima curiosa di sapere il resto, prima di accettarlo.
    «Cosa potrebbe mai voler sapere un Santo di Atena come te, da Gold Throat?»
    Erika corrugò la fronte. Era un santo di Athena, era venuta in quei luoghi principalmente per svolgere il suo dovere in quanto tale ma, quasi inconsciamente, quel motivo era passato irrimediabilmente in secondo piano nel momento in cui aveva messo piede fra le rovine di Larissa, sapendo di poter trovare finalmente ciò che cercava da anni. Di questo, un po’, Erika se ne era vergognata: proteggere i deboli e salvare gli innocenti, donando loro sicurezza e libertà era la vocazione di ogni cavaliere ma come poteva portare avanti il suo sacro compito se prima non riusciva nemmeno a ritrovare e portare in salvo chi per lei era più importante? Aveva visto Aiden nei molti visi ma non era riuscito a trovarlo, non ancora, e la cosa era per lei devastante, insuperabile. Doveva sapere per capire e per poter andare avanti in completa serenità. Aver trovato la sua via nelle stelle, a quanto pare, non era stato sufficiente, non del tutto per lo meno.
    «Chi è che ha bisogno di Gold Throat: il Santo di Atena o Erika?»
    Senza risponderle, Erika prese posto sulla colonna vicino a Nadia e per qualche istante non riuscì a non staccare il viso dal terreno, dai propri piedi. Prese dei respiri profondi e poi prese fuori l’Iphone dalla bisaccia, rigirandoselo fra le mani, titubante. Non aveva idea di cosa si occupasse Nadia, Gold Throat, si sentiva un po’ una stupida ad ammettere quella sua ignoranza. Lei era giunta fin lì sapendo di avere la possibilità di trovare informazioni, non Gold Throat. Dirlo forse l’avrebbe fatta sembrare stupida agli occhi di Nadia, meno interessante ma bluffare e rischiare di fare una gaffe ancora più grande sarebbe stato sicuramente peggio. Prese coraggio, un respiro profondo e poi si rivolse a lei, guardandola negli occhi con afflizione.
    «... Come Santo di Athena, sarei qui solo ed esclusivamente per capire se vi fosse qualche sopravvissuto, qualcuno che potesse aver bisogno di aiuto. Non ero alla ricerca di Gold Throat,» esordì, il tono era fermo e deciso, «In quanto Erika, mi sono spinta fin qui alla ricerca di informazioni su cosa fosse successo al di fuori della Grecia. Sono nata in Irlanda e non vedo casa mia da molti anni ormai.» continuò, facendosi più leggera, intima quasi. Seguirono lunghi secondi di silenzio, in cui il respiro di Erika si fece frammentato e le lacrime pizzicarono le lunghe ciglia scure.
    «... Ma a quanto pare è stato tutto inutile. Era solo un ciarlatano, avrei dovuto capirlo subito… Sono stata così ingenua a credere di trovare ciò che cercavo.» disse, quasi rabbiosa. Non ce l’aveva con Nadia, assolutamente, solo con sé stessa.
    «Mi spiace ma non so bene cosa tu faccia, Nadia… Non avevo mai sentito nominare Gold Throat prima di incontrare quel brutto…» si morse le labbra, soffocando un insulto e battendo il pugno sulla roccia della colonna.
    «Io sto solo cercando di ritrovare la mia famiglia, mio fratello… Aiden…» disse, infine, mentre le lacrime cominciarono a rigarle il viso. «Mi sono ripromessa di ritrovarlo… E come santo, di aiutare chiunque potesse essere nella mia stessa situazione.» continuò, mostrandole la schermata dei messaggi che aveva mandato al fratello ormai dieci anni prima. Aveva continuato a scrivergli per due anni e non aveva mai ricevuto alcuna risposta.


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    narrato presente • parlatopensato
    CASTA • Athena | Bronze Saint di Andromeda
    STATO CLOTH • Indossata tutta tranne l'elmo, integra.
    FISICAMENTE • ///
    MENTALMENTE • ///
    RIASSUNTO AZIONI • ///

    Nebula Chain
    (Abilità doppia) Fin dai tempi del mito la Catena di Andromeda è sempre stata lodata come una delle armi più formidabili a disposizione delle armature dei Santi di Atena. Si presentano come due lunghe file di anelli metallici, culminate una con un piccolo triangolo, rendendola l'arma offensiva (agganciata al bracciale destro), mentre l'altra con una piccola sfera, identificandola come difensiva (agganciata al bracciale sinistro).
    Le catene sono in grado di allungarsi tanto quanto è vasto il cosmo del loro portatore.
    Solo il loro Saint è in grado di maneggiarle: chiunque non venga riconosciuto dalle catene come proprio padrone, toccandole, avvertirà una forte scossa elettrica che gli impedirà di usarle.
    Oltre ad essere un'arma fisica attivamente impegnata nel combattimento, la catena è dotata di una volontà propria. Oltre all'abilità di muoversi a suo piacimento, la catena è in grado di percepire illusioni e minacce incombenti sul proprio possessore e sui suoi alleati, semplicemente muovendosi, puntando verso una direzione precisa o creando scritte/disegni sul terreno.
    Tuttavia, questa percezione è propria delle catene, completamente slegata da quella del saint che le impugna, ergo Erika deve tenere d'occhio le catene quando cercano di dirle qualcosa.
    Le catene hanno infine una capacità rigenerativa molto rapida, è tuttavia debole al ghiaccio e alle temperature artiche.


    Tecniche Nebulosa
    Le catene in dotazione dell'armatura non sono l'unica particolarità che contraddistingue il saint di Andromeda. Nelle stelle che vegliano sul suo cavaliere vi è una temibile forza latente, che in pochi hanno potuto esserne testimoni. Dalle profondità del cosmo, Andromeda è in grado di attingere alla forza del vento cosmico che caratterizza l'omonima nebulosa per eseguire le proprie tecniche offensive e difensive. Il vento proveniente dalla nebulosa è caratterizzato da correnti d'aria che il cavaliere direziona a suo piacimento verso il bersaglio del proprio attacco o plasmandolo intorno al proprio corpo. A seconda della potenza del nemico, esse sono in grado di ostacolare i movimenti dei propri avversari, fino addirittura, con la tecnica del Nebula Stream, a immobilizzarli. In modalità difensiva, questo vento elettrico è in grado di attutire i colpi che vengono ricevuti ed, eventualmente, l'elettricità insita nelle proprie raffiche può trasformarsi in un potenziale attacco.
    Come per le catene, anche questo vento è carico di energia elettrica che è in grado di infliggere danni di tipo elettrico. Queste tecniche sono lanciate a Cosmo Poderoso (aura soverchiante), ossia gli effetti di queste tecniche superano in efficacia quelli di tecniche o abilità simili, raggiungendo con facilità e un ridotto impiego di energia cosmica il miglior risultato possibile.


    Tecniche

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    « parlato » pensato « parlato altri »
    Mentre il vento della Tessaglia sussurrava tra le rovine, portando con sé l'eco di un mondo perduto, Nadia ascoltava attentamente Erika. La giovane guerriera parlava delle sue origini irlandesi, una terra di verdi colline e di coste battute dal vento che ora sembrava così distante. Con una tristezza velata nella voce, descriveva la sua nostalgia per quella casa lontana, per il profumo dell'oceano e per i campi infiniti di verde che si perdevano all'orizzonte. Nadia, ascoltando, non poté fare a meno di ricordare con piacere il tempo trascorso a Galway, una città di pescatori baluardo di quella verde isola. Ricordava le passeggiate lungo il corso d'acqua che tagliava la città, i colori vivaci delle case che si riflettevano nelle acque tranquille, le risate dei bambini che giocavano nei vicoli e i volti amichevoli degli abitanti che salutavano senza conoscere ma con una calore che parlava di comunità e di appartenenza.

    La voce di Erika si interruppe, e un silenzio pesante cadde tra di loro. Nadia vide una lacrima scivolare giù dal viso della ragazza, tracciando un solco luminoso sulla sua guancia prima di perdersi nell'armatura rosa. Con un gesto delicato, ma significativo, posò una mano sulla spalla corazzata di Erika, un gesto di conforto e comprensione. Lasciò che la ragazza prendesse il tempo di cui aveva bisogno, rispettando il suo dolore ma rimanendo presente e solidale. Quando Erika riprese a parlare, la sua voce era carica di un dolore palpabile. Con voce rotta, la ragazza parlò di suo fratello, Aiden, l'ancora che l'aveva tenuta legata alla sua terra natia e che ora era disperso, forse perso per sempre nelle nebbie del tempo e della distruzione che avevano seguito l'Armageddon. Estrasse dal suo zaino un vecchio smartphone, il suo schermo incrinato ancora un portale verso i ricordi di un tempo più felice. Nadia osservò mentre Erika accendeva il dispositivo e scorse i messaggi inviati, un monologo digitale di speranza e disperazione che si estendeva per oltre due anni.

    Nadia sentì il peso di quel dolore, un peso che conosceva bene. Anche lei aveva perso persone care più di venticinque anni fa, prima ancora che l'Armageddon stravolgesse anche la sua esistenza. Prima di scoprire di essere compatibile con un Gigante, era stata una giornalista, specializzata nella raccolta di informazioni, a capo di un'agenzia formata da altri sopravvissuti. L'agenzia era ancora attiva, sotto la protezione dei suoi signori, i Titani, una rete che continuava a operare nonostante il caos che aveva inghiottito il mondo.

    Con un senso di scopo rinnovato, Nadia fece segno ad Erika di passarle lo smartphone, i suoi gesti morbidi e sinceri. « Permettimi di aiutarti. » Disse con fermezza, i suoi occhi riflettendo la determinazione di chi ha affrontato il caos e ne è uscito con la volontà di fare la differenza.
    « Utilizzerò la mia agenzia per indagare la situazione in Irlanda. Non posso prometterti che troveremo tuo fratello, o che le notizie saranno positive, ma ti prometto che faremo tutto il possibile per darti qualche risposta. »

    Nadia proseguì, sottolineando la necessità di discrezione e sicurezza.
    « Sarò il tuo unico punto di contatto. Questo deve rimanere tra noi per proteggere la sicurezza di tutti, compresa la mia famiglia. » In quella promessa, non c'era solo un impegno professionale; c'era l'offerta di un legame, un patto sigillato nell'ombra delle rovine antiche, testimoni silenziose di un mondo una volta vibrante di vita. « Consideralo un favore reciproco » aggiunse Nadia, « per il rischio che hai corso venendo qui e per aver gestito quella situazione con l'impostore. È il minimo che posso fare per ringraziarti. »

    Il volto di Erika pareva riflettere una mescolanza di emozioni: speranza, gratitudine, e un filo di ansia per l'incerto futuro. Nelle sue parole e nei suoi gesti, Nadia aveva offerto non solo assistenza, ma anche un'anima gemella in questo oscuro capitolo della loro esistenza. Il legame tra loro, forgiato in quel breve incontro, era diventato qualcosa di più significativo; un accordo tacito di sostegno e comprensione, che prescindeva ed escludeva i rispettivi schieramenti.

    Le rovine intorno a loro, testimoni mute di tante epoche passate, ora custodivano anche il segreto di questa nuova alleanza. Con il calare della notte, il cielo stellato sopra di loro sembrava osservarle, antico e immutabile, mentre discutevano i dettagli pratici di come procedere. Nadia delineò come avrebbe raccolto informazioni attraverso i canali dell'agenzia, utilizzando le sue risorse per monitorare ogni possibile traccia che potesse condurre ad Aiden.

    « Metterò in moto la rete domani stesso » promise Nadia. « E ti terrò aggiornata con qualsiasi sviluppo, direttamente su questo smartphone. Qualsiasi cosa emerga, sarai la prima a saperlo. »

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    Mentre il vento della Tessaglia sussurrava tra le rovine, portando con sé l'eco di un mondo perduto, Nadia ascoltava attentamente Erika. La giovane guerriera parlava delle sue origini irlandesi, una terra di verdi colline e di coste battute dal vento che ora sembrava così distante. Con una tristezza velata nella voce, descriveva la sua nostalgia per quella casa lontana, per il profumo dell'oceano e per i campi infiniti di verde che si perdevano all'orizzonte. Nadia, ascoltando, non poté fare a meno di ricordare con piacere il tempo trascorso a Galway, una città di pescatori baluardo di quella verde isola. Ricordava le passeggiate lungo il corso d'acqua che tagliava la città, i colori vivaci delle case che si riflettevano nelle acque tranquille, le risate dei bambini che giocavano nei vicoli e i volti amichevoli degli abitanti che salutavano senza conoscere ma con una calore che parlava di comunità e di appartenenza.

    La voce di Erika si interruppe, e un silenzio pesante cadde tra di loro. Nadia vide una lacrima scivolare giù dal viso della ragazza, tracciando un solco luminoso sulla sua guancia prima di perdersi nell'armatura rosa. Con un gesto delicato, ma significativo, posò una mano sulla spalla corazzata di Erika, un gesto di conforto e comprensione. Lasciò che la ragazza prendesse il tempo di cui aveva bisogno, rispettando il suo dolore ma rimanendo presente e solidale. Quando Erika riprese a parlare, la sua voce era carica di un dolore palpabile. Con voce rotta, la ragazza parlò di suo fratello, Aiden, l'ancora che l'aveva tenuta legata alla sua terra natia e che ora era disperso, forse perso per sempre nelle nebbie del tempo e della distruzione che avevano seguito l'Armageddon. Estrasse dal suo zaino un vecchio smartphone, il suo schermo incrinato ancora un portale verso i ricordi di un tempo più felice. Nadia osservò mentre Erika accendeva il dispositivo e scorse i messaggi inviati, un monologo digitale di speranza e disperazione che si estendeva per oltre due anni.

    Nadia sentì il peso di quel dolore, un peso che conosceva bene. Anche lei aveva perso persone care più di venticinque anni fa, prima ancora che l'Armageddon stravolgesse anche la sua esistenza. Prima di scoprire di essere compatibile con un Gigante, era stata una giornalista, specializzata nella raccolta di informazioni, a capo di un'agenzia formata da altri sopravvissuti. L'agenzia era ancora attiva, sotto la protezione dei suoi signori, i Titani, una rete che continuava a operare nonostante il caos che aveva inghiottito il mondo.

    Con un senso di scopo rinnovato, Nadia fece segno ad Erika di passarle lo smartphone, i suoi gesti morbidi e sinceri. « Permettimi di aiutarti. » Disse con fermezza, i suoi occhi riflettendo la determinazione di chi ha affrontato il caos e ne è uscito con la volontà di fare la differenza.
    « Utilizzerò la mia agenzia per indagare la situazione in Irlanda. Non posso prometterti che troveremo tuo fratello, o che le notizie saranno positive, ma ti prometto che faremo tutto il possibile per darti qualche risposta. »

    Nadia proseguì, sottolineando la necessità di discrezione e sicurezza.
    « Sarò il tuo unico punto di contatto. Questo deve rimanere tra noi per proteggere la sicurezza di tutti, compresa la mia famiglia. » In quella promessa, non c'era solo un impegno professionale; c'era l'offerta di un legame, un patto sigillato nell'ombra delle rovine antiche, testimoni silenziose di un mondo una volta vibrante di vita. « Consideralo un favore reciproco » aggiunse Nadia, « per il rischio che hai corso venendo qui e per aver gestito quella situazione con l'impostore. È il minimo che posso fare per ringraziarti. »

    Il volto di Erika pareva riflettere una mescolanza di emozioni: speranza, gratitudine, e un filo di ansia per l'incerto futuro. Nelle sue parole e nei suoi gesti, Nadia aveva offerto non solo assistenza, ma anche un'anima gemella in questo oscuro capitolo della loro esistenza. Il legame tra loro, forgiato in quel breve incontro, era diventato qualcosa di più significativo; un accordo tacito di sostegno e comprensione, che prescindeva ed escludeva i rispettivi schieramenti.

    Le rovine intorno a loro, testimoni mute di tante epoche passate, ora custodivano anche il segreto di questa nuova alleanza. Con il calare della notte, il cielo stellato sopra di loro sembrava osservarle, antico e immutabile, mentre discutevano i dettagli pratici di come procedere. Nadia delineò come avrebbe raccolto informazioni attraverso i canali dell'agenzia, utilizzando le sue risorse per monitorare ogni possibile traccia che potesse condurre ad Aiden.

    « Metterò in moto la rete domani stesso » promise Nadia. « E ti terrò aggiornata con qualsiasi sviluppo, direttamente su questo smartphone. Qualsiasi cosa emerga, sarai la prima a saperlo. »


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    Sveglia, sveglia, dormigliona!
    Ma ancora?! Testona, stai eseguendo l’accordo sbagliato! Te l’ho detto anche prima ma, proprio non vuoi capire, eh?
    Non ti preoccupare, Rika… Non hai saltato un allenamento e ti sei sempre impegnata tanto, vedrai che riuscirai a superare la selezione per la squadra di equitazione! Ne sono sicuro!
    Con questo potrai contattarmi ogni volta che vorrai, risponderò sempre. È una promessa.

    Nei pensieri di Erika risuonavano come echi lontani parole pronunciate da Aiden in diversi momenti della sua vita. Le erano tornate in mente all’improvviso, captando qualche parola sparsa qui e là sullo schermo mentre scrollava la chat messaggistica condivisa col fratello. Quanti anni aveva passato a fissare quello schermo, quell’ultimo messaggio inviato, sperando che nell’angolino in basso a destra spuntasse una seconda spunta e che si colorassero di blu? Nemmeno lei ne aveva un’idea precisa.
    Rivedere quei messaggi, dopo così tanto tempo, era strano ma ancora più strano era l’aver mostrato a Nadia, una completa sconosciuta, quei messaggi. Non li aveva mai fatti vedere nemmeno a sua madre ma aveva un presentimento a riguardo. Non riusciva a spiegarselo ma sentiva che poteva fidarsi di Nadia, come se avesse letto qualcosa nei suoi occhi e nelle sue parole che la rendevano incredibilmente affine e profondamente legate.
    Il tocco di Nadia fu inaspettato e riuscì a farle staccare lo sguardo ancora bagnato di lacrime dal display, portandolo sul viso della donna con l’espressione che si fece vagamente interrogativa. Nonostante tutto, però, percepì complicità, un conforto e un sostegno così genuino che era impossibile per Erika da ignorare. Si asciugò in fretta le gote e annuì appena, come a ringraziare della sua vicinanza in quel momento. Osservò sempre con curiosità il gesto che seguì, il silenzioso invito a porgerle quello che era il suo tesoro più grande. Erika esitò in un primo momento: non si era mai separata dal vecchio telefono prima d’ora, né l’aveva mai fatto toccare a nessun’altro.
    «Permettimi di aiutarti.» Vi era una determinazione nei suoi occhi che la colpirono, a tal punto che la sua mano si mosse spontaneamente verso quella di Nadia.
    «Utilizzerò la mia agenzia per indagare la situazione in Irlanda. Non posso prometterti che troveremo tuo fratello, o che le notizie saranno positive, ma ti prometto che faremo tutto il possibile per darti qualche risposta.»
    ... La sua agenzia? corrugò appena la fronte, confusa da quell’affermazione. Esisteva ancora qualche segno di civiltà al di fuori del Santuario? Il mondo non era tutto ridotto a macerie e morte?
    Forse Aiden è ancora là fuori da qualche parte e potrebbe stare bene… pensò, piena di speranza e di fiducia. C’era ancora possibilità di poterlo ritrovare…
    «Sarò il tuo unico punto di contatto. Questo deve rimanere tra noi per proteggere la sicurezza di tutti, compresa la mia famiglia.»
    La serietà nelle sue parole la fecero tornare coi piedi per terra e assunse a sua volta un’espressione posata, attenta a ciò che le stava per dire e, soprattutto, cosa lei avrebbe affermato in seguito. Non erano solo Nadia ed Erika, entrambe rappresentavano un’intera casta per via delle vestigia a cui si erano legate. Nemmeno lei voleva mettere a repentaglio la sicurezza del Santuario, né tantomeno agire in modo che le sue iniziative potessero avere effetti deleteri. Era un accordo innocente del resto, Erika era un semplice cavaliere di bronzo senza nessuna particolare rilevanza nella gerarchia, era sicura che nessuno avrebbe avuto da ridire e che nulla sarebbe andato storto.
    «Ed io sarò il tuo, soltanto Erika e nessun’altro. Non devi preoccuparti, saprò essere discreta. Anche per proteggere la mia famiglia. È una promessa.» annuì decisa, parlando sinceramente.
    «Consideralo un favore reciproco per il rischio che hai corso venendo qui e per aver gestito quella situazione con l'impostore. È il minimo che posso fare per ringraziarti.»
    Era davvero lusingata dalle parole di Nadia, tant’è che l’imbarazzo non tardò a manifestarsi. Le gote della ragazza si tinsero di rosso e le labbra si piegarono in un timido sorriso.
    «Non ho fatto nulla di ché, davvero. E sono io che ti devo ringraziare davvero tanto per l’aiuto che mi stai dando, è davvero prezioso.» replicò, grattandosi la nuca con la mano libera.
    «Anzi, sono contenta di averti risparmiato l’incontro con quel tizio, non era per nulla piacevole come persona e non te lo saresti meritato… Immagino che se ti sei precipitata pure tu fino a qui, contavi molto sulla veridicità di quelle informazioni.» continuò, forse più sciolta e spontanea di prima. Non c’era il santo di Andromeda di fronte a Nadia, soltanto Erika O’Shea.
    La sera scese improvvisamente, così veloce era passato il tempo di quella giornata che Erika a malapena se n’era capacitata. Il tempo passava in fretta in buona compagnia ma non pensava così in fretta. Si guardò attorno, osservando il cielo notturno in cui le stelle risplendevano placide, come ad apprezzare l’incontro fra la santa di Andromeda e Grazione. Mai si sarebbe aspettata di trovare un’amica, una sorta di sorella maggiore fuori dal Santuario.
    Sorrise con dolcezza e chinò il capo in segno di gratitudine per tutto ciò che Nadia stava facendo e avrebbe fatto per lei, per Aiden.
    «Non so davvero come ringraziarti, Nadia.» le disse, porgendole di nuovo la mano. Un moto di affetto le nacque dal cuore: era come se la piccola Erika, quella che aveva tanto aspettato un’occasione come quella, volesse esprimere a sua volta quanto fosse grata per quella possibilità, quell’aiuto. Avrebbe voluto abbracciarla ma non sapeva bene come avrebbe potuto reagire la donna.
    «Anche se non trovassi nulla su Aiden, non farti problemi a cercarmi, mi raccomando. Mi farebbe un sacco piacere rivederti e passare di nuovo del tempo assieme… Magari potresti mostrarmi di cosa è in grado di fare un gigante. Sarei molto curiosa di misurarmi con te, in futuro.» aggiunse, lanciandole uno sguardo d’intesa, pieno di una sana rivalità. Non aveva mai visto combattere un gigante prima di allora e provare a farlo sarebbe stato sicuramente un’esperienza molto interessante.

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    narrato • parlatopensatoparlato altrui
    CASTA • Athena | Bronze Saint di Andromeda
    STATO CLOTH • Indossata tutta tranne l'elmo, integra.
    FISICAMENTE • ///
    MENTALMENTE • ///
    RIASSUNTO AZIONI • prossimo giro bbbbbotte senza dubbio sis :riot:

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    (Abilità doppia) Fin dai tempi del mito la Catena di Andromeda è sempre stata lodata come una delle armi più formidabili a disposizione delle armature dei Santi di Atena. Si presentano come due lunghe file di anelli metallici, culminate una con un piccolo triangolo, rendendola l'arma offensiva (agganciata al bracciale destro), mentre l'altra con una piccola sfera, identificandola come difensiva (agganciata al bracciale sinistro).
    Le catene sono in grado di allungarsi tanto quanto è vasto il cosmo del loro portatore. Con l’acquisizione di potenza ed esperienza, le catene sono in grado di estendersi ulteriormente, forti del vasto cosmo del santo di Andromeda, rompendo la barriera della Realtà e raggiungendo altre dimensioni, come ad esempio quelle materiali e spettrali [capacità sbloccabile ad Energia Blu]. Rispetto al resto dell'armatura, la catena risulta più resistente [grado armatura +1].
    Solo il Saint di Andromeda è in grado di maneggiarle: chiunque non venga riconosciuto dalle catene come proprio padrone, toccandole, potrà avvertire una forte scossa elettrica, qualora il Cavaliere di Andromeda decida di irrorare gli anelli metallici di energia elettrica, capacità questa, derivante dal proprio cosmo. Tale scossa tenterebbe di arrecare un danno secondario riconducibile ad una sorta di elettricità, nel momento le catene dovessero interagire con qualsiasi superficie [il danno è sempre dipendente dalla disparità di energie].
    Oltre ad essere un'arma fisica attivamente impegnata nel combattimento, la catena è dotata di una volontà propria. Perdipiù le catene hanno, non solo la capacità di muoversi a loro piacimento, ma anche la capacità di percepire illusioni e minacce incombenti sul proprio possessore e sui suoi alleati, semplicemente muovendosi, puntando verso una direzione precisa o creando scritte/disegni sul terreno [abilità con caratteristiche simili a Sensi Acuti]. Se interrogate dal proprio portatore, le catene possono allo stesso modo fornire simili informazioni sull’ambiente circostante.
    Tuttavia, questa percezione è propria delle catene, completamente slegata da quella del saint che le impugna, ergo Erika deve tenere d'occhio le catene quando cercano di dirle qualcosa. Le catene hanno infine una capacità rigenerativa molto rapida e la loro capacità di movimento non influenza quella del corpo del cavaliere, non potendolo assistere nei movimenti in caso di svantaggio.


    Tecniche Nebulosa
    Le catene in dotazione dell'armatura non sono l'unica particolarità che contraddistingue il saint di Andromeda. Nelle stelle che vegliano sul suo cavaliere vi è una temibile forza latente, che in pochi hanno potuto esserne testimoni. Dalle profondità del cosmo, Andromeda è in grado di attingere alla forza del vento cosmico che caratterizza l'omonima nebulosa per eseguire le proprie tecniche offensive e difensive. Il vento proveniente dalla nebulosa è caratterizzato da correnti d'aria che il cavaliere direziona a suo piacimento verso il bersaglio del proprio attacco o plasmandolo intorno al proprio corpo. A seconda della potenza del nemico, esse sono in grado di ostacolare i movimenti dei propri avversari, fino addirittura, con la tecnica del Nebula Stream, a immobilizzarli. In modalità difensiva, questo vento elettrico è in grado di attutire i colpi che vengono ricevuti ed, eventualmente, l'elettricità insita nelle proprie raffiche può trasformarsi in un potenziale attacco.
    Come per le catene, anche questo vento è carico di energia elettrica che è in grado di infliggere danni di tipo elettrico. Queste tecniche sono lanciate a Cosmo Poderoso (aura soverchiante), ossia gli effetti di queste tecniche superano in efficacia quelli di tecniche o abilità simili, raggiungendo con facilità e un ridotto impiego di energia cosmica il miglior risultato possibile.


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    Mentre il crepuscolo si approfondiva sopra le rovine del teatro di Larissa, l’incontro tra Nadia e Erika aveva creato un’atmosfera carica di emozioni e scoperte reciproche. La conversazione si era spostata da momenti di intensa condivisione emotiva a discussioni pratiche su come procedere. In tutto questo, Erika aveva manifestato una profonda gratitudine per l’offerta di aiuto di Nadia.

    Una sincerità brillava nei suoi occhi azzurri. La lealtà e l’integrità che trasparivano dalle sue parole erano qualità che Nadia aveva imparato a riconoscere e rispettare nei cavalieri di Atena. Non c’era traccia di doppie intenzioni o riserve nelle sue espressioni; solo un sentimento puro e una gratitudine genuina.

    Nadia, a sua volta, si sentiva incredibilmente colpita da quella sincerità. In un mondo spesso oscurato da inganni e tradimenti, trovare una persona così aperta e leale era più unico che raro. — Sono io che devo ringraziarti rispose Nadia con un sorriso. — Incontri come il nostro sono rari e preziosi. Mi hai ricordato che ci sono ancora anime coraggiose e onorevoli là fuori.

    Man mano che il cielo si tingeva di un blu profondo e le prime stelle iniziavano a brillare, entrambe si resero conto di quanto tempo fosse trascorso. La serata era volata, un segno dell’intensità e dell’importanza del loro scambio. Quando fu il momento di congedarsi, Erika porse la mano a Nadia in segno di addio. Ma invece di una stretta di mano, Nadia, mossa da un impulso che non riusciva del tutto a spiegare, la trasse in un abbraccio. — Non so perché, ma sento che devo farlo disse, con una calore fraterno. — In tempi come questi, un abbraccio può significare più di mille parole.

    L’abbraccio tra le due guerriere era un simbolo di solidarietà e comprensione reciproca, un gesto che trascese le parole e rafforzò ulteriormente il legame che avevano creato. Quando si separarono, Nadia sorrise an Erika, il suo spirito combattivo sempre presente.

    E una volta che tutto questo sarà risolto, ti concederò l’onore di uno scontro amichevole propose con un tono scherzoso ma serio. — Senza esclusione di colpi, naturalmente, con l’unica regola di non uccidersi. Sarà un buon modo per testare le nostre abilità e forse imparare l’una dall’altra.

    Con il buio ormai avvolgente, Nadia si offrì di dare un passaggio rapido a Erika verso il Santuario, un gesto che rifletteva il loro nuovo legame di rispetto e mutuo supporto.

    Desideri un passaggio rapido verso il Santuario? chiese Nadia, mantenendo un tono gioioso. — Posso assicurarti che sarà più veloce e sicuro di qualsiasi altro mezzo tu possa trovare in questa zona.
    Se Erika avesse accettato l’offerta di Nadia per un passaggio rapido verso il Santuario, il viaggio si sarebbe trasformato in un’avventura straordinaria che avrebbe superato ogni sua aspettativa. Nadia, dopo aver ricevuto il consenso della giovane guerriera, si sarebbe allontanata con discrezione e per ragioni di sicurezza, cercando un posto meno circondato dalle architetture del luogo. Lì, Nadia avrebbe assunto le maestose sembianze del Gigante, una trasformazione che avrebbe lasciato Erika meravigliata e, forse, un po’ intimidita. La statura di Nadia sarebbe cresciuta esponenzialmente, e la sua figura si sarebbe rivestita di un potere antico e sublime. La pelle di Nadia come pietra antica, e i suoi occhi brillanti di un’intensità che avrebbe riflesso la vastità del cosmo.

    Con un gesto invitante, Nadia avrebbe abbassato uno dei suoi grandi arti, permettendo an Erika di arrampicarsi con agilità sulla sua schiena. Una volta assicurata, Nadia, con un ruggito attraverso le valli e le montagne, avrebbe spiccato il volo, i suoi potenti propulsori scuotendo l’aria e creando un vento potente che avrebbe spazzato via le nubi al loro passaggio.

    Mentre sorvolano la penisola ellenica, Erika avrebbe avuto una vista privilegiata delle lande sconfinante sotto di loro, illuminate dalla luna e dalle stelle che brillano nel cielo notturno. Avrebbero visto le antiche rovine, i villaggi addormentati, e le cime delle montagne che sfidano il tempo con la loro imponente quiete.

    Nadia, con la maestria di chi conosce i cieli come le strade di una città natale, l’avrebbe portata attraverso correnti aeree e strati di nuvole, mostrando a Erika la bellezza del mondo da una prospettiva che pochi possono sperimentare. Il volo sarebbe stato un misto di emozione pura e tranquillità, un momento sospeso fuori dal tempo che Erika non avrebbe mai dimenticato.

    Infine, Nadia avrebbe scelto con cura il luogo per lasciare Erika, un punto isolato vicino al Santuario ma abbastanza distante da non disturbare i residenti con la traccia cosmica del suo passaggio. L’atterraggio sarebbe stato morbido e controllato, e Nadia avrebbe ripreso le sue sembianze umane con un sorriso, felice di aver condiviso un pezzo del suo mondo con una compagna così valorosa.

    Questo viaggio non solo avrebbe rafforzato il legame tra Nadia ed Erika, ma avrebbe lasciato anche un’impronta indelebile nel cuore e nella memoria di Erika, una testimonianza della profondità e della meraviglia che la vita, anche in tempi di oscurità, può offrire.

    IMG_0855



    Energia ~ Rossa.
    Cloth ~ Adamas di Grazione, IV ~ Non indossata
    Condizioni ~ Perfette
    Abilità ~ Manipolazione Luce, Guarigione Spirito/Mente → Scheda.
    Riassunto ~ Già sai <3
    Ah, in spoiler un piccolo bonus per la nostra Erikuccia preferita, se accetti goditi l’esperienza :mke:

    Un grazie a caligola per avermi concesso di usare il suo layout mentre piango senza pc fino a giugno
     
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    «Sono io che devo ringraziarti. Incontri come il nostro sono rari e preziosi. Mi hai ricordato che ci sono ancora anime coraggiose e onorevoli là fuori.»
    Erika si sentì profondamente lusingata dalle parole di Nadia. Eppure, il viso della giovane saint non riuscì a non tradire l’imbarazzo che, contemporaneamente, esse avevano provocato in lei: lo gote tornarono a tingersi di scarlatto, essendo Erika del tutto incapace di godersi appieno un complimento senza non riuscire a sentirsi pienamente meritevole di tale. Quel pensiero intrusivo era sempre lì e non riusciva a trattenerlo: del resto, nella realtà dei fatti, Erika riteneva di non aver fatto nulla di particolarmente utile o importante.
    «Non mi sarei mai aspettata di trovare un’amica fuori dalle mura del Santuario, è stata davvero una sorpresa molto bella e gradita.» ammise, cercando di sviare il centro del discorso dai complimenti che Nadia le avevo rivolto.
    L’abbraccio la prese alla sprovvista sebbene fosse stata lei in un primo momento a prendere in considerazione la cosa. Non fu del tutto strano o innaturale, da parte di Erika, ricambiarlo con lo stesso calore e lo stesso trasporto. La strinse forte, come se Nadia in quel momento, con le sue parole e la sua disponibilità, fosse stata l’unica sua speranza di salvezza in mezzo a un mare in burrasca, di un ritorno, seppur minimo, a una realtà che aveva creduto a lungo perduta. Sentiva che c’era molto di più in quell’abbraccio di un semplice modo di suggellare la loro neonata amicizia.
    «Non so perché, ma sento che devo farlo. In tempi come questi, un abbraccio può significare più di mille parole.» confessò la donna ed il cuore di Erika perse un battito nel percepire il calore e l’affetto fraterno di quelle parole. Che anche Nadia avesse perso qualcuno di importante nell’Armageddon? Da come le aveva parlato prima, dell’importanza di salvaguardare la sua famiglia, forse non si riferiva solo al suo ruolo come membro dei Titani, forse le loro esperienze non erano del tutto dissimili. Annuì con gli occhi appena lucidi, commossa dalla dolcezza di quella, che ormai, non era più una completa sconosciuta.
    L’atmosfera si fece poi più leggera, nel momento in cui Nadia accettò il suo invito a un duello.
    «E una volta che tutto questo sarà risolto, ti concederò l’onore di uno scontro amichevole. Senza esclusione di colpi, naturalmente, con l’unica regola di non uccidersi. Sarà un buon modo per testare le nostre abilità e forse imparare l’una dall’altra.»
    «Non vedo l’ora. Ci conto davvero tanto.» replicò, facendosi improvvisamente più combattiva e determinata.
    Le sarebbe piaciuto continuare a parlare, a scambiarsi esperienze, informazioni e opinioni su tutto quello che stava accadendo nel mondo ma la notte era scesa improvvisamente e il silenzio della desolazione era stato rotto dal bagliore delle stelle nel cielo notturno.
    «Desideri un passaggio rapido verso il Santuario? Posso assicurarti che sarà più veloce e sicuro di qualsiasi altro mezzo tu possa trovare in questa zona.»
    Erika rimase spiazzata da quella proposta, principalmente perchè nei dintorni non aveva visto nessun mezzo di trasporto. In effetti, non ci aveva pensato prima ma, come aveva fatto effettivamente Nadia a viaggiare fino a quei luoghi? Era pur vero che col cosmo si potevano raggiungere velocità impensabili ai limiti umani ma la donna non aveva nemmeno indosso un’armatura o qualcosa che potesse somigliare a una sacra vestigia.
    Annuì, seppure incerta di quello che le stava venendo offerto: la curiosità era più forte del ragionevole dubbio, in fin dei conti. Seguì i passi della donna che la portarono lontano dal luogo del loro incontro, Erika era confusa da quella scelta ma non aveva motivo di dubitare di Nadia: le aveva offerto un passaggio per il Santuario e sapeva che non l’avrebbe abbandonata lì nel mezzo del nulla.
    Forse ha parcheggiato il fuoristrada da un’altra parte… Starà andando a recuperarlo. pensò, immaginando il motivo del suo improvviso allontanamento. Mai e poi mai avrebbe immaginato ciò che sarebbe successo di lì a poco.
    Un’ombra improvvisa e inaspettata la inghiottì da dietro le sue spalle ed Erika si voltò di scatto tenendo la guardia alta, pronta a qualsiasi cosa. Le mani le caddero lungo i fianchi quando riconobbe l’autore dell’improvvisa oscurità: Nadia, ora di qualche decina di metri più alta e grande, stava in piedi di fronte a lei. La mascella le cadde ed Erika rimase sbalordita da quella peculiare forma.
    «N-Nadia?!» balbettò sbalordita e anche un po’ intimorita, osservando con un riverente interesse la donna che allungava un braccio verso di lei, invitandola a salire sulla sua mastodontica figura. Osservò la pelle della donna estasiata: brillava di luce propria, come se il cosmo della donna venisse irradiato da essa. Si sistemò sulla schiena, appena dietro il collo e cercò di aggrapparsi alla donna come meglio poté nel momento in cui partì a razzo nel cieo.
    Dopo un iniziale spavento, Erika si ritrovò a osservare il mondo dall’alto ripensando all’ultima occasione in cui aveva avuto modo di farlo. Prima di allora aveva volato soltanto un’altra volta, quando era salita sull’aereo insieme a sua madre e suo padre per raggiungere il porto di Atene per imbarcarsi sulla nave da crociera che li avrebbe portati in giro per il mar Egeo, in una vacanza che sarebbe dovuta essere indimenticabile. E alla fine lo era stata senza dubbio, ma per motivi ben diversi da quelli immaginati.
    Il viaggio la lasciò senza fiato: ricordava vagamente la notte in cui aveva volato per la prima volta, la cosa che le era rimasta più impressa era come il mondo sotto di sé fosse delineato quasi esclusivamente dalla presenza luminosa delle città e dei centri abitati. Ora, libero da tutto l’inquinamento luminoso del mondo ormai ridotto al minimo dei suoi termini, era fantastico notare tutte le formazioni naturali che lo caratterizzavano.
    A cavalcioni del gigante, Erika non poté fare a meno di mettersi a canticchiare una melodia che credeva di aver dimenticato da tempo.

    Reach the stars
    Fly a fantasy
    Dream a dream
    And what you see will be

    Ricordava ancora quando, da piccola, Aiden le aveva fatto vedere “La Storia Infinita”. Tutto dell’esperienza che stava vivendo, sapeva di quella fantasia sebbene fosse strano viverla sulla propria pelle. Era un’esperienza così surreale che Erika, nel momento in cui Nadia la lasciò nuovamente a terra, credeva fosse stato tutto un bellissimo e impossibile sogno. Eppure, quando si congedò dalla donna, rinnovando di nuovo la sua gratitudine e la sua riconoscenza, muovendo i primi passi verso il Grande Tempio, ormai divenuto a tutti gli effetti la sua casa, realizzò che era stato tutto reale quando percepì un’ultima volta la scia cosmica di Nadia prima di sparire completamente.
    Non vedeva l’ora di poter raccontare tutto ad Aiden, una volta che Nadia l’avrebbe aiutata a ritrovarlo.

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    narrato • parlatopensatoparlato altrui
    CASTA • Athena | Bronze Saint di Andromeda
    STATO CLOTH • Indossata tutta tranne l'elmo, integra.
    FISICAMENTE • ///
    MENTALMENTE • ///
    RIASSUNTO AZIONI • grazie ancora per la bella giocata e gli spunti! alla prossima <3 mo vado a farmi il rewatch de La Storia Infinita *piange pensando al povero Artex*

    Nebula Chain
    (Abilità doppia) Fin dai tempi del mito la Catena di Andromeda è sempre stata lodata come una delle armi più formidabili a disposizione delle armature dei Santi di Atena. Si presentano come due lunghe file di anelli metallici, culminate una con un piccolo triangolo, rendendola l'arma offensiva (agganciata al bracciale destro), mentre l'altra con una piccola sfera, identificandola come difensiva (agganciata al bracciale sinistro).
    Le catene sono in grado di allungarsi tanto quanto è vasto il cosmo del loro portatore. Con l’acquisizione di potenza ed esperienza, le catene sono in grado di estendersi ulteriormente, forti del vasto cosmo del santo di Andromeda, rompendo la barriera della Realtà e raggiungendo altre dimensioni, come ad esempio quelle materiali e spettrali [capacità sbloccabile ad Energia Blu]. Rispetto al resto dell'armatura, la catena risulta più resistente [grado armatura +1].
    Solo il Saint di Andromeda è in grado di maneggiarle: chiunque non venga riconosciuto dalle catene come proprio padrone, toccandole, potrà avvertire una forte scossa elettrica, qualora il Cavaliere di Andromeda decida di irrorare gli anelli metallici di energia elettrica, capacità questa, derivante dal proprio cosmo. Tale scossa tenterebbe di arrecare un danno secondario riconducibile ad una sorta di elettricità, nel momento le catene dovessero interagire con qualsiasi superficie [il danno è sempre dipendente dalla disparità di energie].
    Oltre ad essere un'arma fisica attivamente impegnata nel combattimento, la catena è dotata di una volontà propria. Perdipiù le catene hanno, non solo la capacità di muoversi a loro piacimento, ma anche la capacità di percepire illusioni e minacce incombenti sul proprio possessore e sui suoi alleati, semplicemente muovendosi, puntando verso una direzione precisa o creando scritte/disegni sul terreno [abilità con caratteristiche simili a Sensi Acuti]. Se interrogate dal proprio portatore, le catene possono allo stesso modo fornire simili informazioni sull’ambiente circostante.
    Tuttavia, questa percezione è propria delle catene, completamente slegata da quella del saint che le impugna, ergo Erika deve tenere d'occhio le catene quando cercano di dirle qualcosa. Le catene hanno infine una capacità rigenerativa molto rapida e la loro capacità di movimento non influenza quella del corpo del cavaliere, non potendolo assistere nei movimenti in caso di svantaggio.


    Tecniche Nebulosa
    Le catene in dotazione dell'armatura non sono l'unica particolarità che contraddistingue il saint di Andromeda. Nelle stelle che vegliano sul suo cavaliere vi è una temibile forza latente, che in pochi hanno potuto esserne testimoni. Dalle profondità del cosmo, Andromeda è in grado di attingere alla forza del vento cosmico che caratterizza l'omonima nebulosa per eseguire le proprie tecniche offensive e difensive. Il vento proveniente dalla nebulosa è caratterizzato da correnti d'aria che il cavaliere direziona a suo piacimento verso il bersaglio del proprio attacco o plasmandolo intorno al proprio corpo. A seconda della potenza del nemico, esse sono in grado di ostacolare i movimenti dei propri avversari, fino addirittura, con la tecnica del Nebula Stream, a immobilizzarli. In modalità difensiva, questo vento elettrico è in grado di attutire i colpi che vengono ricevuti ed, eventualmente, l'elettricità insita nelle proprie raffiche può trasformarsi in un potenziale attacco.
    Come per le catene, anche questo vento è carico di energia elettrica che è in grado di infliggere danni di tipo elettrico. Queste tecniche sono lanciate a Cosmo Poderoso (aura soverchiante), ossia gli effetti di queste tecniche superano in efficacia quelli di tecniche o abilità simili, raggiungendo con facilità e un ridotto impiego di energia cosmica il miglior risultato possibile.


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