TOTAL WAR TOURNAMENT

Prologo

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  1. Lance.
     
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    [TOTAL WAR] TOURNAMENT
    LANCE H. VAN HANDEROT • ENERGIA VERDE • CHIMERA IV

    POST I
    status fisico • normale
    status mentale • bo', è esploso.
    adamas • integra, indossata

    Riaprì gli occhi al buio, circondato da un'oscurità talmente papabile e viva da togliere la vista anche al più acuto dodici-decimi dell'universo; tuttavia, il ragazzo notò subito che la vista non fosse l'unico senso che gli desse problemi: un sibilo divenne presto un fischio, o meglio il ricordo di esso, ma era talmente ben radicato nel suo cervello che faceva ancora un male cane. Fu portandosi le mani negli orifizi delle orecchie cercando di coprirli, di stapparseli, di compiere tutte le azioni in suo potere per togliersi di dosso quel fastidioso dolore che si accorse di essere all'interno dell'Adamas: sotto ed attorno a sé si muoveva placido ma presente il liquido color arancione che fluiva come aria nei suoi polmoni, mentre ai polsi, alle caviglie ed attorno alla vita aveva le estroflessioni metalliche tipiche della modalità di combattimento del mecha. Catturato dalla sorpresa e da anche un po' di panico com'era non si era accorto in tutto quel tempo di come i suoi movimenti fossero ben mimati dal suo robot. Capitalizzò avido su quella splendida scoperta e per prima cosa accese sulla sua mano destra un fuoco non troppo modesto per capire e comprendere dove si trovasse: non era stupido e, ben consapevole del fatto che uscire dal Labirinto fosse praticamente un offrirsi spontaneo alle bocche di certi leoni dalle più svariate abilità, la prima cosa che gli passò per la testa fu di essere finito in una trappola mentale di qualche avversario ben più forte di lui. Fu in quel momento che gli si formò in testa il ricordo di essere andato in missione per cercare superstiti, ma dopo aver messo uno o due piedi fuori da quella che da qualche anno era diventata la sua nuova casa era come sparito e l'unica cosa che rimaneva di lui era solo un singolo, regolare ed assordante fischio.
    Tra i suoi pensieri notò intanto grazie al fuoco le dimensioni e la forma di quella stanza, un cubo senza uscite parecchio grande, talmente tanto che l'Adamas sembrava un semplice uomo in una stanza come un'altra se rapportato alle dimensioni delle pareti. Prova a distruggere la struttura all'interno dando fondo all'imponente forza fisica che le sue dimensioni gli davano, ma ogni pugno non aveva altro effetto se non accarezzare la parete; in cinque minuti circa provò di tutto, ma per quanto provasse a tagliare, sfondare o bruciare i muri rimanevano ben eretti, solidi nella loro ironia. Se non altro, pensò rapidamente per consolarsi, non è più buio.

    "Ho divorato il vostro mondo e sconvolto le vostre vite. E nessuno è venuto a cercarmi! Il vostro mondo ha dei paladini molto scarsi. Per questo, vengo io da voi. Consideratelo un dono: vi sto dando la possibilità di incontrarmi, ma devo sincerarmi che ne valga veramente la pena. Per questo voglio darvi...Delle motivazioni. Per cosa combattereste...Fino alla fine?"
    La voce risuonò con la stessa foga di un bassotuba scatenato a cinque millimetri dalle orecchie, la testa improvvisamente vittima di un effetto simile ad una delle tante sbornie che era solito prendersi da qualche settimana a quella parte. Faticò ad ascoltare con attenzione cosa quelle potenti parole stessero articolando, troppo occupato a coprirsi le orecchie, a contenersi la testa per paura che esplodesse, distinguendo sul momento solo alcuni dei suoni immersi in quella marea di sensazioni; il quadro si completò da solo nella sua testa solo dopo qualche secondo, quando la vista gli era stata nuovamente sottratta da un'inondazione improvvisa di luce. Cercò di rispondere alla sua maniera mentre già tentava di proteggere un altro organo con le sue mani.
    "NO GALACTUS, NON LE VOGLIO LE TUE CARAMELLE. ALTRIMENTI POI MAMMA" e con "mamma" intendeva Bibiane "MI SCULACCIA!"
    Si strofinò i bulbi più volte per far sparire le macchioline colorate sfarfallanti comparse dopo quello stupro visivo, ed una volta risolto quell'improvviso disagio si accorse di come una parete fosse un enorme specchio in cui l'Adamas spiccava al centro anche se in maniera modesta. Tuttavia, in un secondo momento si accorse come davanti a lui fosse rimasto ancoro timido una piccolo punto luminoso, come una stella in un cielo notturno. Lance si avvicinò incuriosito alla parete, arrivando talmente vicino da poter toccare quel punto che comunque sembrava lontano chilometri e chilometri; si avvicinava lentamente però quell'oggettino così distante, a poco a poco prendendo sempre più forma, più lineamenti, più colori: nella pura luce si accese una fiammella color rosso sulla sua sommità, e con l'avanzare dell'oggettino le fiammelle divennero due, poi tre e quattro, fino a diventare una folta chioma rossa, fluente e luminosa.
    Qualsiasi uomo direbbe che è impossibile riassumere il proprio mondo in modo tale da farlo stare in una stanza, ma in quell'occasione Lance si sentì come svuotato di ogni pensiero e ricordo, fermandosi ad esistere in quella stanza: la rivedeva di nuovo, finalmente.
    Rivedeva di nuovo la sua Beth, ed il suo mondo tornò a respirare.
    Sorrideva mentre camminava verso di lui con il suo lungo vestito di seta bianco anch'esso illuminato -cosa che le dava un certo aspetto angelico-, i capelli lasciati liberi ed i piedi nudi. Era talmente bella che Lance perse di vista la propria immagine robotica e, istintivamente, allungò un braccio per toccarla, venendo bruscamente bloccato dalla consistenza del muro. Voleva abbracciarla, voleva di nuovo amarla, e preso dall'entusiasmo, dall'eccitazione e da un pizzico di ingenuità si dimenticò che fino a qualche momento fa aveva tentato invano in tutti i modi di uscire da lì, iniziando ad analizzare la superficie del muro per trovare una fessura, una porta, qualcosa che potesse ricondurla a lei.
    Fu in quel momento che un pensiero gli balenò tremendo nella testa: con ora entrambe le mani attaccate al muro in cerca di risposte, si appoggiò alla parete con la consapevolezza che quella donna era stata uccisa, che quel suo amore era morto. Morta. Non poteva essere reale, non poteva esserlo; in fondo, è solo un trucco si disse. Si, è solo un trucco.
    "No..."
    Una voce ormai diventata familiare quando entrava all'interno dell'Adamas lo scosse da quel freddo torpore, riattirandolo involontariamente sull'immagine di Beth davanti a se. Era ancora più vicina al muro, quasi attaccata, il dolce palmo che coincideva con la fredda membra destra del suo fidanzato; cercava di infondere coraggio al suo uomo ed il suo volto sembrava dire che fosse tutto ok, che qualsiasi cosa sarebbe andata per il verso giusto.
    Lance vedeva solo Beth perché non gli importava davvero di altro: uno sano di mente avrebbe desiderato che quel mondo, quell'Apocalisse non fosse mai accaduta, ma non lui; uno un po' più sveglio avrebbe chiesto infinito potere, talmente tanto da poter riportare in vita i morti, ma non lui; avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa, ma quella era l'unica cosa che non tradiva i suoi veri desideri, o meglio il suo vero desiderio.
    Rivedere anche solo un giorno, anche solo un'ora Beth. Per lui quella donna era talmente luminosa da rendere quell'oceano di nero che lo attorniava un'isola felice in cui spendere l'esistenza; forse era amore, forse anche ossessione, ma non gli importava per niente ormai: scivolò nei suoi occhi, il tempo giusto per fargli dimenticare qualsiasi cosa.
    Ma poi ecco un nuovo concorrente in gioco, terribile e maligno, una presenza oscura chiamata Destino: dall'oscurità dietro Beth comparve una gigantesca mano violacea, spinosa, le unghie lunghe, taglienti e giallastre, che con forza prese la ragazza e per qualche secondo la stritolò possente, facendola urlare di dolore.
    "BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA, NON OSARE!"
    Improvvisamente accecato dall'ira cominciò a colpire con sempre più forza lo specchio inscalfibile, ogni suo tentativo sempre più vano.
    Beth scomparve infine nell'oscurità ma non prima di aver guardato a lungo negli occhi dell'Adamas e, quindi, in quelli di Lance: cercava aiuto.
    "L'unico modo per sapere se tutto ciò è vero, e per tornare liberi, è giocare fino alla fine. Non vedo l'ora di conoscere il fortunato..."
    Lo specchio era tornato nuovamente buio, ma Lance non ci diede neanche troppa importanza: era diventato un vero e proprio diavolo pronto a uccidere pur di salvare Beth dalle grinfie di qualsiasi mostro, inferno o dio che quel piano dell'esistenza potesse offrire.
    "YOU'RE GONNA HAVE A BAD MOTHERFUCKING TIME, MOTHERFUCKER."
    post


    Edited by Lance. - 28/1/2017, 18:10
     
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