E il treno passò!

Up Cloth per Azz!

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    Evento:E il treno passò!
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    Bene Azz, direi che mettere già una traccia abbia poco senso. Riprendiamo pure da dove aveva interrotto: dallo scontro con Esmeralda.

    Lei si è rialzata e con molta fatica è andata via.
    Ora gestisci te la situazione, se ti sei riposato per settimane o riparti subito dimmelo tu e incamminati verso lo Jamir, non dovrebbe mancare molto.

    A te la palla <3

     
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    POST 1 - LA SALITA





    Narrato; "parlato"; °pensato°; "parlato altrui"; <<monologhi>>; flashback

    Il guerriero si appoggiò alla parete rocciosa e guardò giù.
    Di norma ti ammoniscono di non farlo: qualsiasi altra cosa, anche se sei soltanto su una scala a pioli alta un paio di metri, ma soprattutto se ti trovi a quasi seimila metri di quota su un sentiero di montagna che metterebbe a dura prova anche una capra... non guardare giù.
    Nel suo villaggio gli avevano spiegato che fa passare la paura. Se lo fai subito, quando puoi muovere i primi passi e già a due o tre anni rischi di cadere da un'altezza tale da impiegarci giorni interi prima di toccare terra.
    Certe vaccinazioni bisogna farle quando si è troppo piccoli per pensare, altrimenti è finita.

    Ciò che lo sconcertava era che si sentiva a corto di fiato. Vivendo a una quota non molto inferiore, e allenandosi di continuo, avrebbe dovuto risentirne molto meno, ma ora, su quel particolare monte, si trovava nelle identiche condizioni di chiunque lo avesse preceduto, cavaliere o meno.

    <<e' un trucco? Mi avevano avvertito che non sarebbe stato facile.>>

    Il sospetto che fosse opera di Gazka, l'ineffabile saint che da anni viveva in relativo isolamento riparando corazze, era forte. Quell'uomo era avvolto da un alone che sfiorava il mito, e le voci che si rincorrevano per le impervie gole e gli inviolati altopiani del Jamir non facevano che accrescere quel mito. Ma Pai Mei era deciso e non aveva paura.

    <<fa niente. Anche se fosse, vorrà dire che è solo la prima prova. Facciamoci coraggio.>>

    Non gli capitava spesso di parlare da solo. Quella montagna, uguale alle altre sul suo suolo natale eppure in qualcosa anche diversa, gli faceva provare un disagio che si infilava sotto i vestiti e gli prudeva. Il dolore alle ossa, quello provato durante il duello con Esmeralda, perlomeno se n'era quasi andato.

    Erano trascorsi quasi sei giorni. La nipote di Gazka aveva detto che per raggiungere l'eremo ce ne sarebbero voluti due, ma il giovane aveva passato gli altri quattro a riprendersi dalle conseguenze dello scontro. Il braccio destro gli era stato quasi disarticolato dalla spalle, aveva un sospetto di trauma toracico -roba da nulla- e soprattutto non era facile riabituarsi a disporre del proprio cosmo. Si era preso un bello spavento, anche se era durato pochi minuti. Metà del suo corpo non rispondeva ai comandi e la darian era diventata un'inutile zavorra. Se lì per lì si era sentito disposto a continuare la pugna, pensandoci su a freddo aveva provato la sensazione di venire violato e di perdere il proprio potere, quella cosa che lo aveva elevato dalla sua precedente anonima condizione per porlo al servizio di una divinità ancestrale.

    °Ella è sempre con me, anche quassù. Anche qui dove l'influenza di un'altra dea, minore e meno antica, trasforma questo posto in un castello.°

    In effetti il potere di Gea sembrava -incredibile!- passare in secondo piano rispetto al cosmo di Athena. La località dove viveva il riparatore di armature era circonfusa della sua forza, che ne faceva a tutti gli effetti una piazzaforte solo in apparenza lontana dal Santuario.

    °Ebbene, ora scopriremo se le favole sono vere. Finalmente vedrò cosa c'è lassù.°

    Stando ai suoi calcoli, era quasi arrivato.


    CITAZIONE
    Pg: Pai Mei
    Stato fisico: abbastanza buono, un po' affannato
    Stato psicologico: risoluto
    Armatura: darian della Tigre (liv. 3, integra eccetto una crepa poco profonda dietro al coprispalla destro)

    Note: si sale! Vediamo un po' questo famoso "nonno", non so perché ma pensando a Gazka e Esmeralda mi vengono in mente Goku e Pan XDD

     
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    Evento:E il treno passò!
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    Uno strano sorriso fece capolino sul volto di Gaz, aveva sentito molto bene le parole dette dal suo antico rivale s quasi si fece scappare una grassa risata. Non era di scherno ma quanto più di compassione: a quell'uomo era sempre mancata una cosa.

    "Hai sempre avuto un limite: non sei mai riuscito a scorgere la verità, ti limitavi a fare progetti che non durassero più di qualche secolo amico mio. Quella che tu definisci indolenza è semplicemente lungimiranza: la profezia si sta per avverare e solo allora comprenderai appieno le mie azioni"

    Si, quelle parole sarebbero giunte molto chiaramente al suo antico rivale: egli era allo scuro di eventi che agli occhi di Gaz erano sempre stati molto chiari e palesi; inevitabilmente il suo pensiero volò ad Ismael ed a ciò che ben presto anche lui avrebbe scoperto. Il sacrificio, l'isolamento del vello dorato erano cose che pochi potevano comprendere e solo innalzando il suo cosmo al livello ultimo, solo raggiungendo il nono senso sarebbe riuscito a concretizzarli ma questi erano discorsi che non potevano essere detti, pensieri che dovevano rimanere tali: gli uomini e gli dei avrebbero compreso le sue azioni solo al momento giusto e quel momento non era ancora arrivato.

    Alle sue spalle si ergeva il tempio dello Jamir mentre davanti a se la figura di Pai Mei, affaticata e stanca stava diventando tangibile. Gaz era li, fiero ed austero come sempre, nonostante la sua età: una figura molto differente da quella del maestro del giovane che stava giungendo.

     
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    POST 2 - IL VECCHIO




    Narrato; "parlato"; °pensato°; "parlato altrui"; <<monologhi>>; flashback

    L'altopiano che segnava l'arrivo del ragazzo era il tetto del mondo. Come altro definirlo? Stava sulla sommità del monte più alto della zona, e per quanto si guardasse intorno Pai Mei non scorgeva cime più alte.
    Una cosa lo impressionava: al contrario del Towat Tieng, quel luogo era pura luce. Attraverso l'aria rarefatta si poteva vedere per chilometri, come se un simile luogo dichiarasse che non c'era nulla da nascondere. si guardasse pure dove si voleva.

    Al di là di uno stretto passaggio di pietra, che attraversava una gola profonda diverse decine di metri e il cui fondo, unica eccezione in tanta luminosità, rimaneva quasi celato alla vista da densi banchi di vapore acqueo, vi era la meta. Il tempio era proprio come le storie lo descrivevano, un edificio a più piani alto e slanciato che pareva superare i limiti fisici per bucare il cielo e raggiungere gli dei. E, cosa ancor più importante, dinanzi all'entrata vi era una persona.

    Con un moto di sgomento Pai Mei si rese conto di chi si trovava di fronte nel bel mezzo dell'esile ponticello in pietra: nonostante tutta l'attenzione nell'attraversarlo, a momenti finì di sotto, a esplorare il fondo della gola. Non poteva essere altri che l'uomo che andava cercando, anche se aveva qualcosa di... come poteva definirlo? Strano? Insolito?

    Finito di attraversare, capì: era semplicemente diverso da come se l'era aspettato. Essendo un uomo di potere, uno dei capi più anziani e rispettati del paese (per quanto si contassero sulle dita di una mano le persone che poteva affermare di avergli parlato), il giovane aveva pensato a lui come a una specie di santone, un monaco la cui spiritualità fosse ben manifesta a chiunque attraverso un'apparenza ascetica. Invece chi gli stava davanti, pur se carismatico e in possesso di un cosmo molto vasto, non aveva l'aria di uno che ha passato gli ultimi anni in isolamento. Lo sguardo bucava come un pugnale e il fissarlo troppo a lungo risultò impossibile a Pai Mei: quell'uomo sembrava sapere e comprendere in una maniera diversa da chiunque altro, come se passato, presente e futuro di uomini e dei gli fossero noti come un libro che potesse consultare quando ne aveva voglia.
    Per fortuna l'abitudine a portare deferenza era connaturata nel giovane, e a dispetto dello stupore le ginocchia gli si piegarono quasi da sole, ricordandogli che era bene inchinarsi.

    "So... sono un cavaliere. E..."

    No. Non funzionava. Poteva anche spremersi un po' di più e presentarsi meglio. Prese un rapido respiro, ricacciò indietro la stanchezza e si sforzò di guardarlo in faccia. Faceva meno paura di quanto avesse pensato.

    "Mi chiamo Pai Mei. Vengo dal monastero sul monte Towat Tieng, dove sono stato istruito nelle arti marziali del Loto Bianco. Sono qui per chiederVi umilmente aiuto, se come credo siete il sommo Gazka. Sebbene non appartenga ad Athena, il mio più grande desiderio è proteggere queste terre, e per poterlo fare al meglio..."

    Con la sola forza del cosmo richiamò a sé la darian, che si compose in forma di totem tra lui e il vecchio. Le piastre, leggere e non molto ampie, formavano a dire il vero più un abbozzo di tigre che non la belva vera e propria, suggerendone la figura, ed erano un po' appannate, quasi come se fossero stanche per essere giunte sin lì, al pari del loro possessore.

    "Sommo Gazka, ho sentito che siete il solo a conoscere l'arcana arte della riparazione delle armature. Vi chiedo di aiutare me e la mia corazza a superare i nostri attuali limiti."

    Tutto sommato, superare la soggezione e mettere insieme parole di senso compiuto era stato più facile del previsto.
    Ricevere e accettare la risposta, forse, si sarebbe rivelato ben altro paio di maniche.



    CITAZIONE
    Pg: Pai Mei
    Stato fisico: stanco per la salita
    Stato psicologico: in soggezione
    Armatura: darian della Tigre (liv. 3, integra eccetto una crepa poco profonda dietro al coprispalla destro

    Note: il buon Pai Mei si sente come un alunno che, nonostante abbia studiato tutta la notte, davanti al più tosto dei prof. dimentica ogni cosa e si raccomanda agli dei XD

     
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    Evento:E il treno passò!
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    «Il mio ruolo mi impone di andare oltre ciò che sono le appartenenze di casta giovane Pai Mei» rispose con tono pacato Gaz.

    «Ad ogni modo preferisco parlarne seduti attorno ad un tavolo con un buon bicchiere di saké a scaldare i nostri freddi corpi!» Dicendo quelle frasi le Darian parve scomparire dal corpo del giovane mostrando il guerriero in abiti pressoché civili. Gaz invitò il suo ospite a seguirlo: si lui era molto diverso dal suo maestro, diverso da tante altre persone. Non era il tipico saggio ma un uomo di quest'epoca, un uomo che nascondeva dietro una leggerezza quasi disarmante un potere ed una conoscenza infinita.


    Oh beh, diciamo che prima di tutto devi convincere il buon Gaz a collaborare. Lui non nega una mano a nessuno, di nessuna casta ma vuole conoscere a fondo le tue motivazioni. Una volta entrati dentro lui comincerà a farti alcune domande sul Loto bianco, sul tuo maestro e sulla ragione che ti ha spinto a venire da lui.

    Cerca di impostare la conversazione nel migliore dei modi scrivendomi solo le risposte di Pai Mei; entrato nel tempio vedrai una moltitudine di armature rotte e frammenti di oiralco prima di accedere ad una saletta dove un tavolino basso troneggia al centro di una stanza accogliente ma priva di fronzoli e lusso. La cosa che noti subito è come lui - nonostante la sua sete di conoscenza - cerca di metterti a tuo agio.

     
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    POST 3 - LA STORIA





    Narrato; "parlato"; °pensato°; "parlato altrui"; <<monologhi>>; flashback

    Saké. Ci voleva.
    Mentre l'anziano gli volgeva le spalle in un tacito invito a seguirlo, Pai Mei scrollò la testa: forse il poco ossigeno gli stava provocando allucinazioni uditive? O aveva sentito davvero parlare di saké?

    °Ma non doveva essere un'impresa ardua? Sicuri che è tutto qui?°

    C'era poco da riflettere: seguì il padrone di casa all'interno dell'edificio, che non sembrava essere stato costruito da molto, tanto era ben tenuto. La realtà era diversa, ma Pai Mei era troppo stupefatto per attardarsi in sterili congetture a carattere architettonico. Si decise a tenere la mente più aperta che poté, e attraversò insieme a Gazka un certo numero di sale, né grandi né ricche, ma in tutto e per tutto funzionali allo scopo per cui erano state allestite.

    A terra, in vari gradi di deterioramento, vi erano le armature.
    Appartenevano a saints o altri tipi di guerrieri che non riconosceva, pur vantando una conoscenza considerevole dei vari schieramenti dovuta ad un assiduo studio della storia. Erano veritiere le parole di Gazka: il suo ruolo gli imponeva di non stare a guardare tanto se si combatteva sotto quello e questo stendardo, l'importante era... che cosa? Doveva esserci un limite, un motivo per cui egli aiutava chi glielo chiedeva oppure no: ma il ragazzo era ancora troppo intimidito per chiederglielo.
    Al contrario, fu Gazka a chiedere e non si risparmiò di certo: una dopo l'altra, questioni sulla provenienza di Pai Mei, sul luogo dove viveva e naturalmente sul suo clan furono poste. Rispondendo, non poté fare a meno di notare che la curiosità mostrata dal vecchio era, o almeno sembrava, autentica. Il suo interesse appariva reale.

    "Sono nato qui, a non molta distanza dalla catena montuosa dove ci troviamo. Fui ammesso al monastero sul monte Towat Tieng all'età di tredici anni, ma prima di allora non avevo idea di che cosa fosse il Loto Bianco. I primi a parlarmene furono i miei maestri, quando... quando mi scartarono."

    Dovette fare una pausa per ingoiare un rospo, e attese una domanda che appariva ovvia ai suoi occhi: E perché ti scartarono? Ma il quesito, che era una curiosità forse legittima, aveva il difetto di essere scortese e indiscreto: forse fu per questo che non lo udì. La cosa in un certo senso gli diede il coraggio di continuare, mentre procedevano all'interno del palazzo e i ferri del mestiere di Gazka sfilavano sotto i suoi occhi, insieme a un buon numero di blocchi di oricalco grezzo di varie dimensioni.

    "Io all'inizio volevo diventare un saint. Saprete che il Jamir ha sempre dato un buon numero di guerrieri molto forti alla dea Athena, e che alcuni di essi hanno svolto ruoli fondamentali nelle passate guerre sante. Be', io sono cresciuto con quelle storie, e ogni notte mi addormentavo sognando di ripetere le gesta del mio eroe, Shion. Ma non possiedo alcuna capacità psicocinetica -quello che al mio villaggio chiamano il Potere- e anche nelle prove fisiche risultavo inferiore ai miei compagni."

    Giunsero frattanto ad un piccolo salotto, o sala da pranzo, o forse entrambe le cose. Lo stile del palazzo si sublimava in quell'ambiente deputato di certo ad accogliere, ma senza indulgere in frivolezze che avrebbero stonato con la personalità del padrone di casa.

    "Non so se fu per intercessione di mio padre, che è a capo di una famiglia influente, o per una decisione autonoma degli anziani. Ma mi parlarono di un luogo ove chi non ha passato le selezioni per l'addestramento può tentare di riscattarsi, se ha sufficiente determinazione e se l'onta gli brucia a sufficienza. Con il tempo ho imparato che queste sono le uniche molle che permettono di venire ammesso, e poi di sopravvivere all'interno del Loto Bianco. La scalata del Towat Tieng, il Monte delle Tempeste, è solo la prima prova. Una volta raggiunto il monastero, se anche si riesce a farsi ammettere come novizio, bisogna vivere come se la tua vita fosse in costante pericolo. E' così, in effetti: pur di temprarti non ti lasciano in pace un attimo. Per fare un esempio, dormiamo in stanze non riscaldate e le prime notti non ti danno neppure uno straccio di coperta. Devi aspettarti di venire attaccato in ogni momento dai tuoi confratelli più anziani, che fanno sempre sul serio, badando solo a non ammazzarti troppo in fretta. Impari ad avere occhi anche dietro la testa, a non rilassarti neppure mentre mangi, ad avvertire il pericolo quando dormi. Le tue membra vengono slogate e stirate per divenire in seguito abbastanza flessibili da eseguire gli esercizi che ti insegnano. Devi mostrare una totale abnegazione e superarti ad ogni prova. Se sopravvivi, e se impari ciò che hanno da insegnarti, ne esci... cambiato."

    "Fu allora che venni mandato a Goro Ho, per terminare l'addestramento sotto la guida di Suikyo di Crateris, ironia della sorte un altro saint. Sembrava che il destino a me precluso si divertisse a tormentarmi danzandomi davanti agli occhi tutto il tempo. Ma una volta risvegliato il mio cosmo latente mi fu chiaro che la mia strada sarebbe stata non meno gloriosa: e mi ritrovai a ereditare la darian, che per me è quanto di più prezioso. Sento che se riuscissi a farla evolvere mi permetterebbe di assolvere al meglio ai miei compiti e di portare a termine la mia missione. Per questo sono salito fin qui."

    Come mai parlava con tale trasporto, tutto ad un tratto? Si accorse solo allora di quanto accorate erano divenute le sue parole, e si trattenne preso da subitanea vergogna per l'atteggiamento così poco decoroso. La disciplina che aveva introiettato nel corso della sua giovane vita si faceva sentire come un laccio che si stringe non appena ci si allontana più del dovuto dal punto in cui si è stati legati... anche se la sola presenza di Gazka bastava a farlo apparire molto meno stretto. Era forse un dono naturale? Era sempre stato così, quell'uomo ammantato di mistero? O era un effetto secondario del suo cosmo, limpido come cristallo e lucente al pari degli astri da cui traeva forza? Per la prima volta a Pai Mei parve che si potesse vivere in modo degno, onorevole e non privo di forza d'animo anche senza camminare come se si avesse un palo fissato alla colonna vertebrale.

     
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    «Molto bene» disse sorridendo Gaz.

    «Le motivazioni che spingono le tue azioni sono lodevoli» poi incalzò «anche se vedo una macchia nel tuo animo, un'ombra che aleggia dentro di te ma non sei venuto certo da me per essere analizzato»

    A quel punto Gaz si alzò e cominciò a girare nervosamente per la stanza pensando a cosa doveva far fare al giovane. «Posso rendere la tua armatura più resistente e farla evolvere ma devi fare una cosa per me»

    Disse sorridendo. «Vorrei che disattivassi un congegno che sta alterando il continium spazio-temporale in un luogo molto lontano»


    Nel complesso Gaz è soddisfatto di quanto gli hai detto quindi ti affida una missione. Se accetterai la missione uscirete dal tempio avviandovi verso una zona all'apparenza inesplorata. Giunti vicino ad una parete rocciosa egli con un semplice gesto della mano aprirà un portale verso un luogo sconosciuto.

    Se accetti gettati dentro. Ah, sei senza armatura al momento :ehsi:

     
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    POST 4 - IL PORTALE




    Narrato; "parlato"; "parlato altrui"; °pensato°


    Con poche, concise parole l'anziano, ma tutt'altro che andato Gaz espresse soddisfazione: è noto infatti che la sintesi è dono dei grandi uomini, che fanno della semplicità nell'esprimersi lo strumento per farsi comprendere dal mondo.

    Fece anche sapere che non sarebbe stato un problema mettere mano alla darian, e qui Pai Mei fu rincuorato dal fatto che forse aveva già riparato armature come la sua in precedenza, anche se non era certo: non era infatti da escludersi che tutte le armature avessero un sostrato comune, e che una volta imparato a lavorare su una di esse si conoscano i segreti per agire sulle altre. Poco importava, comunque. Vi era altro nel discorso del vecchio.

    Aveva parlato di un'ombra. Sì, subito aveva glissato, asserendo con modestia e imparzialità che non era suo compito o interesse ergersi a giudice dell'animo umano, figuriamoci di quello di un giovane ben intenzionato che aveva avuto il fegato e il cuore di inerpicarsi fin lì.
    Ma come una goccia d'acqua, per quanto lieve, rompe l'assoluta calma che regna in un piccolo stagno limaccioso, allo stesso modo le sue limpide parole avevano squassato la coscienza del ragazzo in modo impossibile da ignorare. Quale ombra? Quale tenebra oscurava intenzioni che si sarebbero altrimenti definite lodevoli?

    °Posso anche illudermi che si sbagli, ma per tutti i miei antenati, riconosco che quest'uomo ha ragione.°

    Pai Mei fin da piccolo odiava ipocrisie e menzogne, e aveva l'abitudine di guardarsi dentro con attenzione per osservare tutto ciò che valesse la pena di essere visto e adottare le dovute contromisure. Ora non riusciva a cancellare la tenebra che sapeva esistere in lui, ma ciò significava solo che non era in grado di discernerla. L'esperienza del cavaliere dell'Ariete era notevole e si faceva sentire. Pai mei avvertiva in sé qualcosa di estraneo, come un cancro che in qualche modo pareva nutrirsi dei suoi buoni propositi per guidarlo verso una conclusione che in cuor suo non desiderava, e che pure percepiva come inevitabile.

    Anni dopo, con la necessaria pratica di vita e dopo avere incontrato altre persone esperte e avvedute, sarebbe stato in grado di metterla giù con questa serenità di giudizio, ma per il momento faticava ad afferrare ciò che gli accadeva. Non restava che sottostare alla prova di Gaz.

    "Vorrei che disattivassi un congegno che sta alterando il continuum spazio-temporale in un luogo molto lontano."

    Dopo avere fatto la sua richiesta, tutt'altro che semplice invero, l'uomo lo condusse fuori dal tempio, di nuovo nell'immacolata e selvaggia natura dei monti circostanti. I suoi passi lo guidarono oltre lo spazio che abitava -probabilmente da solo- per portarlo in una zona pervasa da un senso di non contaminazione se possibile ancora maggiore. Gli alberi che ancora crescevano a quell'altitudine, pochi a dire il vero, insieme con i fili d'erba, le stesse pareti rocciose, il ghiaccio che le contornava sembravano racchiudere in sé un qualche segreto che aveva a che fare con l'essenza stessa della Terra, qualcosa che ne rendeva i colori più vividi, meno alterati, più autentici. Tutto ciò sgomentava e rasserenava Pai Mei al medesimo tempo. Era evidente che la mano dell'uomo non si era mai messa all'opera per modificare, sia pure di poco e con il massimo rispetto, quel lembo di terra a pochi passi dal cielo.

    Gaz mosse la mano come a scacciare un insetto, ma l'effetto del suo gesto fu quello di spalancare, in un bagliore di luce che subito disparve, un'apertura oltre la quale non si scorgeva nulla, solo una distorsione, come se le leggi che regolano lo spazio non valessero più al suo interno: i colori si mescolavano in un turbine che li fondeva, e le geometrie si perdevano in un guazzabuglio inestricabile.

    °Pazzesco. Con un piccolo gesto ha squarciato il continuum spaziale.°

    Oltre al comprensibile stupore per l'ampiezza di quel cosmo, nella mente di Pai Mei si formò un ragionamento: se Gaz gli chiedeva di compiere una simile missione, poteva voler dire o che lui stesso non poteva farlo, non certo per mancanza di risorse ma per qualche vincolo a cui il giovane non era soggetto; o per metterlo soltanto alla prova. Il che voleva a sua volta dire che forse l'ombra di cui aveva parlato poc'anzi, se non si fosse mostrato all'altezza, lo avrebbe frenato e allora tanto valeva non aiutarlo proprio, ma lasciarlo correre incontro a pericoli sconosciuti.

    Sembrava proprio che la darian dovesse restare lì dove si trovava.

    "Spero di rivederla io stesso"

    si congedò Pai Mei, guardando un'ultima volta l'anziano,

    "ma nel caso capitasse a voi prima che a me, dite pure a vostra nipote Esmeralda che combatte bene."

    E si buttò dentro.


    Sperando se possibile di non atterrare di testa XDD
     
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    "Lo farò" disse sorridendo.

    Quello che accadde qualche istante dopo ebbe dell'incredibile. Appena varcata la soglia di quello strano varco, lo stesso si richiuse alle spalle di Pai Mei mostrando al guerriero un mondo in rovina: un luogo dove le tenebre e le ombre dominavano quella terra, ormai priva di vita.

    Oscurità e costruzioni tetre e oscure dominavano l'ambiente. Davanti al guerriero un grosso ponte fatta di pietra, sotto al quale calda lava scorreava come se fosse un fiume fiammeggiante.

    Un grosso cancello sembrava separare l'Earth Saint da ciò che doveva essere la sua missione: una grossa torre. Non gli erano state date molte informazioni in merito ma era abbastanza chiaro che doveva entrare in quella torre.

    Una vibrazione nell'aria, come una moltitudine di cosmi - non molto potenti a dire il vero - che si agitavano bramosi di sangue e vite.


    Niente di che, arrivi in questo nuovo mondo e ti trovi in un ambiente abbastanza lugubre. Le entità che senti sono piccoli esseri simili a lucertole che appena ti muovi ti assaltano, liberati di loro in maniera autoconclusiva. Concludi il post con te che varchi il cancello.

     
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    POST 5 - TERRE DESOLATE




    Narrato; "parlato"; "parlato altrui"; °pensato°


    Pai Mei attraaversò il portale e piombò nel buio. Batté le palpebre alcune volte, per abituarsi al cambiamento: dal terso cielo del Jamir all'oscurità quasi completa, attraverso la quale era tuttavia possibile scorgere alcune forme, profili, sagome.
    Dov'era finito? Difficile dirlo con così pochi elementi a disposizione. Si era aspettato un grande spostamento nello spazio, ma gli venne il subitaneo dubbio di avere anche cambiato dimensione, o perlomeno epoca. Il paesaggio che lo circondava non aveva niente di noto.
    La tenebra era data dall'assenza di sole, luna, o di qualunque astro che normalmente illumina il pianeta Terra. Questo da solo bastò a infastidirlo: il forte legame che aveva sviluppato con il pianeta qui veniva a mancare. Non era certo di essere finito su un altro mondo, ma se anche questa era la sua Terra, gli risultava irriconoscibile.
    Era malata. Il suolo brullo, privo di forme di vita come piante, anche semplici erbacce emanava un odore di bruciato e di abbandono. Non c'era anima viva e se anche ci fosse stata sarebbe stato lecito chiedersi come poteva sopravvivere in una landa così inospitale. Le forme che aveva iniziato ad intravvedere gli si rivelarono dopo alcuni minuti, quando le sue pupille ebbero imparato a dilatarsi a sufficienza per catturare i pochi bagliori disponibili. Si trattava di case, edifici di varia foggia e tipologia, magazzini, alcuni grossi palazzi che potevano avere ospitato uffici e centri commerciali. Non vi era nulla che fosse perfettamente intatto: si andava dall'incuria dei vetri rotti e dello sporco non lavato alla rovina più completa, come dopo un sisma di grandi proporzioni. L'aria era densa di cenere e pizzicava la gola. Si trovava su una grande arteria stradale, resa ancora più grande dall'assenza di traffico, pedoni, automobili. Camminando attraverso lo spettrale paesaggio provò a dedurre quando era successo ciò che era successo.

    °Una città, un tempo. Ora un cumulo di rovine decadenti. Di norma questo proverebbe che le mie idee sul progresso sono giuste, ma...°

    Non era possibile rallegrarsi per il ritorno dell'uomo alla Natura, della sua liberazione dal giogo oppressivo del consumismo, perché non vi erano né uomini né Natura e il consumismo sarebbe stato l'ultimo dei loro problemi.

    Andò avanti per un po', fino a che il tetro orizzonte non gli rivelò un grosso ponte, alla fine della città. Era una costruzione arcaica, grossolana e ingombrante, edificata senza nessuna cura apparente, solo pietre appena sbozzate messe una sull'altra. Riusciva a distinguerne bene i tratti perché da sotto proveniva una luce.

    "Oh, Dei"

    La luce proveniva dal fiume, che non era fatto d'acqua bensì di magma ribollente, una Geenna che si muoveva lenta, come un serpente che ha appena terminato la digestione. Era largo una trentina di metri, e fissarlo troppo a lungo provocava un fastidio agli occhi che si concretizzava in macchie,illusioni ottiche, parziale cecità. Dunque era meglio guardare oltre.
    Oltre c'era la torre. Anch'essa grezza, solida, costruita per durare millenni. Condivideva la cupa oscurità del paesaggio, ma al contrario di esso non appariva morta. Non a chi sapeva percepire.
    Pai Mei mise il primo piede sul ponte, poi il secondo. Si muoveva con circospezione, nonostante la costruzione sembrasse solida. Non si poteva mai sapere. Ma una volta avuta conferma di quell'impressione non esitò e si diresse senz'altro dall'altra parte, perché sebbene Gaz non fosse stato prodigo di dettagli, dove altro poteva celarsi il nocciolo della sua missione se non in quell'abominio senza grazia?

    Giunto a metà del ponte si fermò. Oltre la seconda semiarcata riusciva ora a vedere un cancello, in ferro battuto e, al contrario dell'edificio e del ponte, lavorato con una certa rude maestria, con ghirigori e spuntoni sulla cima delle sbarre. L'altezza non era insormontabile, ma sembrava inutile tentare di scavalcarlo dato che i battenti erano appena accostati. Prima però si rese conto di avere un piccolo problema da risolvere.

    I primi segni di vita da quando era giunto in quell'angolo di creazione di cui qualunque dio sarebbe stato bene lieto di scordarsi, e non era da escludere che fosse andata proprio così. Infatti le piccole vite che strisciavano da qualche parte sotto di lui -aggrappate alle pareti esterne del ponte? Ai pilastri? O addirittura dentro al fiume?- non erano state partorite dalla Madre Terra: Essa, che pure spesso genera creature alquanto bizzarre, non poteva avere commesso un errore così grottesco.
    Risultò che i piccoli cosmi che percepiva appartenevano ad altrettanti esseri di circa mezzo metro di lunghezza, dai tratti rettiliani. La pelle squamosa restituiva la luce della lava in riflessi rossastri, e le teste, decorate da escrescenze simili a corna, dondolavano a destra e a sinistra con aria indolente. Le lucertole si muovevano piano, gli occhi ciechi, come se lo stessero spiando con altri sensi. Diventavano sempre di più e ben presto raggiunsero la ventina.
    Pai Mei strinse le mani a pungo, poi le aprì a guisa di lame. L'aria intorno a lui vibrò.
    Le lucertole si fermarono: le teste scattarono sull'attenti, il naso verso il Custode della Terra.

    "Non penso abbiate intenzioni amichevoli, ma se anche fosse credo che vi sterminerei comunque. Mi intralciate il passo e la vostra esistenza offende la vista. Sarò io a porle termine."

    "Hiiissssssshhh!!!"

    I cosmi degli animali, per quanto piccoli, si impennarono quanto più poterono e i loro possessori scattarono in avanti con una velocità fino a poco prima impensabile. Le mascelle erano irte di denti incredibilmente lunghi, che luccicarono per un istante prima di serrarsi su Pai Mei. Il quale disse solo due parole prima di iniziare a segare i lunghi colli scagliosi.

    "Mighty Claw."

    Man mano che gli arrivavano addosso le lucertole, forse consce del pericolo ma ormai incapaci di arrestarsi, perdevano le teste e diventavano così tronchetti che si agitavano ancora per qualche minuto, talvolta riuscendo a muovere alcuni passi prima di stramazzare. Le mani di Pai Mei si spostavano veloci e quasi invisibili, con piccoli sibili precisi e tagliando nettamente, senza sprecare un movimento. Il tutto durò pochi attimi.

    "Nonostante io non riconosca questo mondo oscuro come mio, è mio dovere eliminare ogni traccia di malvagità. Voi turbavate le già straziate linee di equilibrio di queste contrade e offendevate il mio senso delle proporzioni, foggiato sugli esempi di simmetria perfetta forniti da Madre Natura ogni giorno. Perciò io, Pai Mei, farò scempio di ogni avversario con il taglio delle mie mani, così come ho fatto con voi."

    Quando fu sicuro che i corpi mutilati non si rialzavano, procedette e varcò il cancello. Come previsto: i battenti giravano sui cardini senza nemmeno stridere troppo.



    CITAZIONE
    Pg: Pai Mei
    Armatura: darian della Tigre (liv. III, non indossata)
    Stato fisico: ottimale
    Stato psicologico: freddo, con tracce di una certa soddisfazione per il macello appena compiuto
    Tecniche utilizzate:

    Mighty Claw: tecnica versatile, tanto da poter essere usata anche per scopi difensivi, e che necessita di un consumo di cosmo limitato. I colpi fisici, come pugni e calci, vengono rinforzati dall'energia cinetica del vento che li accompagna, risultando così fattivamente più potenti di quanto la reale forza fisica del ragazzo consentirebbe. Addirittura essi possono sortire il loro effetto anche a distanza di alcuni metri (il tutto coerentemente con la distanza raggiungibile a seconda del livello energetico).

     
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    Evento:E il treno passò!
    Tester:Gaz
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    Numero Post:6
    Poco a poco che avanzi per quelle lande desolate ed oscure ti rendi conto che in esse vi è qualcosa di estremamente sbagliato e di folle. La natura stessa è stata piegata da una forza che non puoi comprendere, un potere che va' oltre quello che hai conosciuto fino ad ora ma una luce cremisi sembra brillare in lontananza ed una voce conosciuta si rivolge a te.

    «Pensi di restare li a fissarmi ancora per molto?» dice la ragazza dopo aver sterminato un po' di avversari «è un piacere vedere che l'aiuto che il nonno mi aveva promesso è un volto conosciuto»

    Non puoi sbagliarti, si tratta di Esmeralda.


    La ragazza, dopo aver sistemato gli ultimi mostriciattoli ti spiega un po' la situazione. Quella è una realtà alternativa dove il male ha fatto la sua comparsa uccidendo e devastando ogni cosa e non senza sofferenza ti rivela che quello è il suo mondo, il luogo da dove lei proviene.

    Un futuro non molto lontano. La missione consiste fondamentalmente nel recuperare due chiavi che permetteranno ai due guerrieri di accedere alla torre ed una volta fatto ciò potrete accedere alla stessa e andare avanti nella storia. Cosa voglio da te ora? Facciamo una piccola one-post a testa dove entrambi recuperiamo una chiave a testa.

    Voglio darti libertà di movimento in questa avventura e l'unica cosa che ti dirò è che essa si trova in una galleria ad est, mentre quella di Esme in una galleria ad ovest. Recupera la chiave e ritorna dove hai trovato Esmeralda.

     
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    POST 6 - INTO THE DEEP





    Narrato; "parlato"; "parlato altrui"; °pensato°; <<monologhi>>; flashback; percepito del vermone


    La Torre era più lontana di quanto non fosse sembrata.
    Lo spazio tra Pai Mei e l'edificio dava l'illusione di poter essere superato in un batter di ciglia, guardando meglio si poteva quantificare in almeno un'ora il tempo che sarebbe occorso.
    Se la prese piuttosto comoda: pericoli incombenti non ve n'erano per nessuno, e della sua missione conosceva ancora troppo poco per immaginarne le implicazioni. Ebbe così modo per rendersi completamente conto di quanto poco invitante e vitale quella terra fosse: la polvere rossiccia e riarsa si sollevava in piccole nuvolette ad ogni suo passo, e le tracce di organismi viventi erano ridotte al minimo. I piccoli mostri che aveva ucciso poco prima rappresentavano gli unici animali in vista: l'aria era immobile, priva di insetti e di uccelli, impregnata di un odore stantio e sulfureo.

    °Sembra l'Inferno, come lo descrive la Chiese cattolica.°

    Già, ma se quello era l'Inferno, che ne era dei dannati?
    Un cosmo, più avanti, esplose. O perlomeno si impennò per un attimo, come producendosi in uno sforzo poco impegnativo. Ciò che attrasse l'attenzione del ragazzo, inducendolo ad affrettarsi, poi a correre, fu l'impressione di trovarlo familiare. Era troppo flebile per riconscerlo davvero, quindi era necessario muoversi. Che in quella landa in rovina vi fosse qualcuno che aveva già conosciuto?

    °Il fatto è che sembrava simile a quello di Gaz. Non vi è paragone tra i due, ma...°

    La risposta gli si palesò dinanzi in un turbine di capelli rossi e occhi fiammeggianti: una ragazza, che conosceva eccome, stava dando il fatto loro a diversi piccoli mostri come quelli che lo avevano aggredito. Ne erano rimasti pochi, ma il loro numero era inizialmente superiore poiché i cadaveri coperti di scaglie erano disseminati tutt'intorno alla loro carnefice. Che era poi la nipote del vecchio, la quale si muoveva con sorprendente efficacia considerando che il suo braccio destro doveva essere...

    "Non posso crederci!"

    Gliel'aveva frantumato lui stesso, in un breve ma intenso duello che gli aveva rivelato le doti di guerriera di Esmeralda e soprattutto il suo carattere indomito. Ma ora, eccetto forse un po' di rigidità nei movimenti, le ossa sembravano rinsaldate del tutto. Lei colse il suo sguardo incredulo, che lui non faceva nulla per nascondere, e con un salto piombò sull'osso del collo di un mostro già agonizzante.

    "Pensi di restare lì a fissarmi ancora per molto? E' un piacere vedere che l'aiuto che il nonno mi aveva promesso è un volto conosciuto."

    Pai Mei richiuse la bocca, sin lì spalancata dallo sbalordimento, ed esitò a rispondere. Di norma non chiedeva spiegazioni sulle cose: si limitava a prenderle per quello che erano sulle prime, per poi scandagliarne cause e conseguenze man mano che le vicende di cui era protagonista si sviluppavano. Oppure le accettava senza fiatare, se erano ordini. Ma qui doveva ammettere che aveva troppo poco su cui lavorare, e il punto di partenza era sfuocato.

    "Il piacere è... reciproco, e inatteso. E pensare che a tuo nonno ho detto... prima di venire qui, insomma..."

    "Certo che in Jamir il tuo eloquio era un po' più fluido. E sì che siamo sempre sul pianeta Terra, non su Marte. E io sono sempre la stessa."

    "Sì, ma le cose sono un po' cambiate, se non ti spiace."

    Con un cenno della sinistra indicò genericamente tutto ciò che avevano intorno, il cielo, il suolo, l'assenza di ogni cosa bella. E poi lei, il suo braccio.

    "Oh, questo"

    rispose la ragazza, accarezzando con la sinistra l'avambraccio opposto con un mezzo sorriso.

    "Il nonno nasconde ancora più segreti di quanto non sembri. E sa come sistemare anche una frattura brutta come quella che mi avevi procurato. I tuoi legamenti come stanno?"

    Attese la risposta solo per un attimo, poi sembrò ricordarsi di qualcosa di più importante.

    "Quanto alla seconda questione... spero che il nonno ti abbia detto che avresti dovuto compiere un balzo nel tempo. Questa è sì la Terra, ma nella mia epoca. Benvenuto nel mio quando."

    Se gli avesse detto di potersi librare in volo con un paio di ali nascoste sotto la pelle della schiena, Pai Mei non si sarebbe stupito di più.

    "Mamamama... mi aveva detto che avrei dovuto disattivare un congegno che disturba il continuum spazio-temporale, va bene, però non che avrei dovuto viaggiare nel tempo io stesso! Che storie sono queste? Che cosa dovrei..."

    Esmeralda era la stessa che aveva conosciuto nel suo tempo, ma anche diversa. Era più sbrigativa, si muoveva senza aspettarlo: infatti voltò e cominciò a camminare verso la torre, ignorando in apparenza le sue domande. Per diversi minuti, il tempo di arrivare ai piedi dell'edificio, Pai Mei la guardò bene: quello sguardo forte e colmo di urgenza, quella tempra decisa ma malinconica che già aveva notato in Jamir, ora si rivelavano senza veli, per ciò che erano. Di colpo capì il perché di quell'atteggiamento: la risposta si trovava nel panorama dimenticato dagli dei che li circondava. Anche lui, se fosse nato e vissuto in quell'incubo -come le raccontò dopo un po'- sarebbe stato così. Si chiese anzi quanta forza d'animo doveva realmente possedere per essere riuscita a camuffare tanto bene il suo sentire nel corso del loro duello. Ora la sua rabbiosa tristezza era libera di scorrere nelle sue vene e sul suo viso, esposta senza vergogna.
    Qualunque cosa fosse accaduta nel futuro in cui si trovavano, Esmeralda non sembrò volerglielo spiegare se non a tratti grossolani. Disse solo che il Santuario era sparito, i cavalieri d'Oro sconfitti, e il Male imperversava.

    "Se il nonno ti ha mandato qui, significa che ha una parte anche per te. Se vuoi scongiurare l'avvento di questo futuro per la Madre Terra che veneri con tale decisione, aiutami: dobbiamo entrare nella Torre."

    La torre sembrava stata edificata da un gigante, ma per gli uomini: glielo dicevano le proporzioni titaniche delle pietre che ne costituivano i muri esterni, e quelle assolutamente normali di porte e finestre. Dava un'impressione di solidità senza pari, ciò che occorreva per vivere in tempi tanto bui.

    "Non siamo in grado di penetrarvi ora: occorrono infatti due chiavi, che non si trovano qui, ma nemmeno troppo lontano. E' bene che ciascuno dei due ne recuperi una, e poi ci reincontriamo qui appena finito. Se uno dei due arriva e aspetta oltre mezz'ora l'arrivo dell'altro, va a cercarlo. Io mi dirigo di qua, tu di là"

    disse indicando prima l'ovest alle sue spalle, poi la direzione opposta.

    "Ci sono due miniere ormai in disuso da tempo, come quasi tutto ciò che vedi del resto. Le chiavi vennero portate là da chi... oh, insomma: i dettagli storici ora non ti serviranno. Trova la chiave, poi torna qui il più presto possibile. E' tutto ciò che devi sapere. La tua galleria è a mezz'ora di cammino, ma se corri magari fai prima."

    Che carattere: una volta terminato di parlare si volse e si allontanò a grandi falcate, senza dare il tempo di formulare domande o proteste.
    Ma forse aveva guardato bene in volto Pai Mei e intuito che non ce ne sarebbero state: il jamiriano aveva colto nella sua compatriota del futuro accenni di rabbia e urgenza, come una bestia sedata che si risvegliava. Era chiaro che ciò che doveva fare era importante e questo bastava. In un'epoca tanto dura forse per le lunghe chiacchierate non era rimasto neppure tempo.

    Esmeralda era stata precisa: dopo trenta minuti di marcia scorse l'imboccatura di un tunnel. Era delimitato e puntellato da grosse travi di legno, come le miniere di una volta: non era da escludersi che in origine fosse destinato proprio a quell'uso prima che il mondo andasse avanti.
    Per tutto il tragitto non aveva scorto anima viva, né individuato le piste di alcun animale, compresi i simili del suo sgradevole comitato d'accoglienza. Ebbe la medesima impressione sul luogo dove si sarebbe avventurato, ma ciò non significava nulla. Ogni sorta di ospite può celarsi con agio nelle contrade più oscure.
    Il suolo era sgombro, la erano ancora evidenti i segni di due binari che una volta dovevano essere serviti per guidare carrelli colmi di materiali estratti dalle viscere della terra. Dopo pochi minuti l'aria cominciò a farsi più densa, anche se non più umida come si era aspettato, il che significava che l'aridità del nuovo mondo non si limitava alla superficie. Si augurò che da qualche parte fossero rimaste quelle grandi distese di acqua che raramente visitava, ma che ricordavano l'abbraccio di Ponto, il figlio di Gea, che la circondava con le sue braccia possenti e ricolme di vita.

    °Inutile sperare. Tutto ciò che posso fare di utile è cambiare il futuro. Che razza di situazione...°

    Non era certo incline a speculazioni astratte e poco pratiche, ma dato il contesto seguitò a chiedersi, scendendo -la pendenza aumentava e così il buio- se qualcuno aveva mai fatto un viaggio simile. Nelle cronache delle Guerre Sante non vi erano accenni precisi a peripezie simili, e dato che la sua preparazione militare era nata e continuava con la lettura delle stesse, ora si scopriva impreparato. L'unica era proseguire come aveva sempre fatto, provando a dimenticare che era nel quando sbagliato, preparandosi alla lotta contro qualunque cosa si fosse azzardata ad ostacolarlo.

    Cominciò ad avvertire qualcosa. Non più di un sussulto, un lievissimo fruscio appena percettibile, tanto che sulle prime si domandò se non fossero piccoli sgretolamenti del suolo. Ma quando la luce scomparve del tutto cominciò ad ardere il proprio cosmo, che lo avvolse in una patina di brillante luce arancione.

    °Tanto, se qualcuno doveva accorgersi del mio arrivo, lo avrà già fatto.°

    Ai lati della galleria principale si aprivano diversi tunnel secondari, che probabilmente si incrociavano più avanti. Da ciò che sapeva sulle miniere, esse moltiplicano i proprio passaggi man mano che ci si avvicina al fondo, e i passaggi terminano in altrettanti cunicoli, corrispondenti a punti in cui ci scava il materiale desiderato. Con un simile dedalo, un problema piuttosto pressante gli si palesò, e si diede dello stolto per non averci pensato prima:

    <<lei parlava di scendere e prendere la chiave. Ma la faceva facile. Dove diavolo dovrei trovarla?>>

    Era già qualcosa che il suolo fosse regolare e che il passaggio non fosse ostruito da frane, cosa che poteva benissimo accadere in una miniera abbandonata da tempo. L'incuria rende le cose fragili e traballanti, e trovandosi sottoterra -a diverse decine di metri di profondità, oramai- la prospettiva di rimanere sotto una frana non era così remota.

    Poi successe. Dapprima furono i fruscii, che si intensificarono alla sua destra e a sinistra. Fermò i propri passi e rivolse rapide occhiate ad ambo i lati. La scena rivoltante cui assistette gle fece versare una goccia di sudore, ma non di più: era abituato ad avere a che fare con diavolerie di ogni specie, una più una meno...
    Creature anguilliformi, piccole ma in numero impressionante, tappezzavano la pareti della galleria dando l'impressione che quest'ultima si muovesse e pulsasse come un organismo vivente. La cosa che sgomentò Pai Mei fu realizzare che erano davvero molto silenziosi, e che forse avevano scelto di mostrarsi solo adesso, dopo averlo osservato -non necessariamente con gli occhi- da chissà quanto. Le testoline, che in effetti apparivano cieche, si sollevavano ritmicamente e puntavano verso di lui, quasi in una muta forma di saluto.
    Davanti a sé nacque un rombo, che crebbe esponenzialmente. Aumentò lo scintillio del suo cosmo, così come anche i battiti cardiaci, seppure quest'ultima azione fosse involontaria... e illuminò meglio la galleria. Ai suoi piedi, con una certa meraviglia, non vi erano animali, ma non tardò a conoscere la risposta a questa stranezza: non gli stavano tra i piedi perché preparavano il passaggio alla loro regina.
    A cinquanta metri circa, tale era la distanza in linea retta fin dove poteva vedere prima che il tunnel si piegasse, avvistò un colossale vermone anelliforme e viscido che scivolava entro il tunnel riempiendolo quasi per intero. Non emetteva versi, ma lo strofinio dell'epidermide bagnata da chissà quali schifosi umori accompagnava il rombo della roccia che si staccava. Pai Mei preferì agire anziché spaventarsi, quindi portò indietro le mani e cominciò a cantilenare il nome della tecnica di attacco che aveva scelto:


    "Cro-u-ching... ru..."


    Accelerò di colpo, spalancò le fauci e inghiottì la Creatura Piccola prima di permettergli di finire: era di una velocità diabolica, e se avesse posseduto un'autocoscienza avrebbe apprezzato questa sua capacità.
    In un mondo dove era il sovrano incontrastato, e dove le infinite e minuscole altre forme di vita si ritraevano al suo passaggio, il vermone, eredità di ere mitologiche dove esistevano ancora predatori a limitare il numero di quelli come lui, era cresciuto a dismisura. Di sopra gli uomini, che credevano di avere dominato il mondo e soggiogato ogni altra creatura senziente, avevano lavorato, danzato, mangiato, si erano riprodotti senza eccessive preoccupazioni, fino a chi il Drago Nero non aveva sconvolto la loro esistenza.
    La loro, non la sua. Aveva seguitato a starsene lì, scavando qualche tunnel ogni tanto, cibandosi, senza novità che lo distraessero dalla sua routine secolare. Dentro le sue viscere, il manufatto che gli conferiva quella straordinaria vitalità, e che rendeva persino il trovare da mangiare un piccolo diversivo più che una necessità vera e propria, produceva calore e potere, e lui, che lo aveva inghiottito tantissimo tempo addietro, se ne sentiva pieno e satollo. I piccoli uomini -questo ovviamente lui non lo sapeva- la chiamavano chiave, serviva ad aprire porte ma la magia che l'aveva forgiata le conferiva anche altri straordinari poteri. Di ciò il vermone avrebbe continuato a beneficiare, poderoso e ignorante, sino a che il mondo non sarebbe finito, e non ci sarebbero stati più tunnel da scavare, o...

    Fermò la propria corsa a trenta metri circa dalla superficie, dove ogni tanto risaliva in modo da catturare qualche piccolo rettile. Che cosa accadeva? Che il suo prezioso talismano, stanco di riposare nel suo intestino tenue, avesse acquisito la capacità di muoversi e volesse uscirsene? Abbandonarlo? Oppure... era la Creatura Piccola che aveva catturato! L'aveva trovata e voleva portargliela via! Eppure era certo che dopo tutto quel tempo fosse stata digerita bene... ciò che era peggio era che non poteva più fargli nulla, avendolo già divorato, e suo apparato digerente non era fatto per rigurgitare!
    La possibilità sconvolse il suo rudimentale sistema nervoso con l'equivalente di ciò che gli uomini chiamano terrore: sentì il tesoro lucente e caldo farsi strada verso l'esofago, che da solo misurava una decina di metri, e per istinto salì in superficue, preso da convulsioni, anelando non sapeva nemmeno lui cosa. Come se fosse la cosa migliore da fare.


    A dire il vero per lui non sarebbe cambiato molto: essendo cieco, morire al buio o alla stentata luce del mondo superiore era lo stesso. Non ebbe neppure modo di apprezzare un'ultima volta gli odori e i piccoli movimenti della superficie, perché i suoi gangli cerebrali furono fatti a pezzi da un'esplosione e il suo corpo fu squarciato in due metà curiosamente simmetriche, come se una lama lo avesse diviso in due. Dalla bocca forzatamente aperta, che andava quasi a combaciare con l'entrata del tunnel, emerse Pai Mei con la mano destra ancora protesa in avanti, la sinistra che stringeva la chiave e tutto il corpo abbondantemente coperto da un liquido acido che a contatto con l'aria, sia lode agli dei, andava disgregandosi in fretta, non tanto per la pericolosità perché per quella la barriera di cosmo che il guerriero aveva prodotto lo teneva al riparo e gli aveva consentito di restare vivo, quanto per la puzza. Solo il fatto di essere digiuno da tempo, eccezion fatta per il té offertogli da Gaz, gli aveva impedito di svuotarsi.
    Cercò di dimenticare la claustrofobia, il terrore autentico che lo aveva colto trovandosi dentro ad un altro essere vivente. Cercò di ricordare solo la scintilla di speranza nel trovare finalmente la chiave, nel modo più ripugnante ma anche più insperato possibile, mentre riprendeva la via della Torre.
    Cercò, ma vi riuscì solo in parte.
     
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    E il treno passò
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    Per lei fu come fare un salto nel passato, ritornare in quel mondo che aveva abbandonato per compiere qualcosa di molto più grande ma non ci si abitua mai alle tenebre; gli uomini sono esseri viventi che necessitano del sole, lo desiderano e lo bramano e solo ora lei se ne stava rendendo conto. Si rendeva conto che non sarebbe stata capace di tornare in quel luogo, senza i suoi legami, senza le emozioni che tutti, amici e nemici le davano. Un conto era combattere contro entità prive di anima, semplici bestie che si cibavano di vita e speranze ed un altro era confrontarsi con altri uomini che per scelta decidevano di combattere. Pai Mei non lo aveva ancora inquadrato e non sapeva se poteva ritenerlo amico o nemico, di fatto dimostrava un valore raro negli esseri viventi, un valore che ella rispettava.

    Ma non c'era tempo per simili sentimentalismi, dovevano trovare la pietra Ovale – come le aveva chiesto il Nonno e senza indugiare oltre si diresse verso la caverna dove risiedeva la seconda chiave. Si muoveva in maniera rapida in quelle terre, conosceva la terra che calpestava e sapeva bene dove poggiare i piedi, come muoversi e le tracce da seguire. Aveva scelto appositamente quella via perché era la più difficoltosa e difficilmente altri vi sarebbero giunto non conoscendo i pericoli che quelle lande nascondevano. Saltava da un punto all'altro, aggrappandosi ad improbabili appigli, per poi darsi improvvisi slanci col corpo. La fluente chioma ondeggiava mossa dai caldi venti rendendo la sua figura una fiammeggiante guerriera mossa da un'irrefrenabile desiderio di rivalsa nei confronti di quel mondo che voleva cambiare, che desiderava far tornare alla normalità.

    «Dovremmo esserci» disse ad alta voce quando giunse all'entrata della caverna ma appena varcò la soglia di quel luogo il suo corpo cadde al suolo, privo di vita – almeno in apparenza.

    «Esme vuoi alzarti?» era la madre che la stava chiamando. Una voce dolce e serena che la stava svegliando dal suo lungo sonno, mostrando un Esmeralda che lei non ricordava. Non era più nel suo mondo ma nemmeno nel mondo in cui l'aveva mandata il padre e si rese conto di esser tornata una bambina di una decina d'anni.

    Scatto sul letto e guardandosi attorno vide che stava in un luogo accogliente ed amorevole: la cameretta che aveva sempre desiderato. Istintivamente corse verso la finestra e quello che apparve davanti ai suoi occhi era un mondo idilliaco dove il sole risplendeva alto nel cielo, i ciliegi in fiore nel parco dietro casa rendeva quel posto un vero incanto. Presa dal panico usci di casa e vide Eleuteria che la accolse sorridente.

    «Ti ho preparato la colazione tesoro, che alle otto dobbiamo essere a scuola»
    «No» rispose Esme «cosa diamine significa tutto ciò? Il mondo in rovina, la conoscenza, la mia missione» era stranita e a tratti impaurita. «ancora quei brutti sogni? Dai non ci pensare piccola»

    No, non erano solo dei sogni e lei lo sapeva bene, sapeva che non poteva essere cosi, che non poteva in alcun modo essere frutto solo della sua fantasia. Ma i giorni in quella realtà passavano e tutto sembrava cosi maledettamente 'normale', esattamente come lei aveva sempre sognato fosse la sua vita. Eleuteria era il rettore di una importante università, mentre il padre un uomo d'affari che gestiva con genialità la sua multinazionale e lei una bambina come tante che viveva nell'agio e nel lusso. Ma in tutto questo c'era un incrinatura: il nonno. Lui no, lui era un vecchio mezzo pazzo che stava tutto il giorno chiuso in camera a fissare il vuoto e ogni tanto si dilettava a fare dei disegni. A volte astratti, a volte di senso compiuto. Lui era l'unica incrinatura in quel mondo cosi bello.

    «Nonno cosa disegni?» disse la bambina guardando i quadri di Gaz.
    «Niente di che piccola mia, semplicemente quello che mi passa per la mente» rispose sorridendo alla piccola, la quale incuriosita da un simbolo che si ripeteva gli domando' «e quello che cosa rappresenta?» indicando il serpente che si morde la coda «lo devi scoprire da sola piccola mia»

    Istintivamente Esmeralda tocco il simbolo e qualcosa di incredibile accadde: una strana luce avvolse le membra della piccola, come se il sole stesso fosse giunto in terra: una luce accecante che in un solo istante dissolse ogni cosa mostrando la realtà: lei era li in quella caverna con la chiave in mano ed una certezza in più, di essere sempre più vicina alla verità sulla sua natura. Ma prima di ripartire guardò l'entità che aveva innescato tutto ciò: il tarlo della mente. Una creatura capace di alterare la realtà e condurre la vittima in un mondo idilliaco, esso si ciba dei ricordi e dei desideri della vittima, uccidendola e cibandosi di essa ma qualcuno da molto lontano l'aveva salvata.

    AclXC



    Ora andiamo avanti con Esme e Pai Mei che si ritrovano davanti all'entrata della torre, lei sorride e vedi che non solo ha la chiave ma ti ha portato anche un'armatura da indossa :P




     
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    POST 7 - PALLIATIVO




    Narrato; "parlato"; "parlato altrui"; °pensato°; <<monologhi>>; flashback


    Camminò in fretta, ma senza correre. Correre, infatti, significava cedere alla tentazione di scatenare il proprio corpo in un'andatura a rotta di collo, e da lì a perdere anche il controllo della mente il passo era breve.
    Non doveva accadere. Cercava di ricacciare indietro i ricordi di quei minuti terrificanti, che gli erano sembrati ore. Vivere, muoversi, cercare di respirare entro il corpo di quell'abominio mutante, una creatura che solo in partenza era stata figlia della Terra ma che poi doveva avere subito alterazioni innaturali, era stata un'esperienza... traumatica. Il termine risultava eufemistico, ma il suo cervello sottosopra non trovava altre definizioni. Lo schermo cosmico aveva resistito per pura inerzia, oppure per istinto di autoconservazione, il che la diceva lunga della padronanza che aveva raggiunto su quello strano elemento sin da quando aveva scoperto di possederlo, durante il periodo trascorso a Goro Ho con il maestro Suikyo.
    A mantenere la sanità mentale aveva però contribuito qualcosa che aveva avuto origine prima, vale a dire nel monastero. Vivendo così a lungo con degli estremisti psicopatici... che avevano raggiunto vette eccelse nelle arti marziali, ma sempre psicopatici restavano... una punta di fanatismo aveva attecchito persino in lui, e forse a quello doveva la saldezza delle proprie facoltà cognitive, lo riuscire a rintanarsi in un angolo del proprio cervello consegnandosi anima e corpo ad una fede cieca. Fosse nato settecento anni prima, in un altro luogo... che gagliardo inquisitore sarebbe stato.

    Il paesaggio era uguale a prima: non era sorto alcun astro a rischiarare la tenebra, entro la quale però ora vedeva relativamente bene, per via dell'abitudine e della permanenza nella caverna

    (e nel verme gigante).

    O davvero non era passato molto tempo, o le cose in quel mondo sottosopra non cambiavano mai veramente, e i pochi superstiti, come Esmeralda, erano condannati ad un crepuscolo perenne. Pensò che la prima ipotesi fosse esatta, ma ciò non escludeva per forza la seconda.

    La torre fece capolino, e vederla gli fece accelerare il passo: nessun dubbio che Esmeralda lo avrebbe raggiunto. Per quanto poco incline a riporre la propria fiducia nel prossimo, e specialmente nelle donne, vedeva la ragazza per ciò che era, cioè una degna discendente del maestro Gaz: uno dei pochi uomini ad averlo sorpreso in tutto e per tutto per scienza ed intuito.
    Le sue aspettative si rivelarono corrette: la sacerdotessa del Triangolo gli venne incontro, segno che aveva terminato grossomodo simultaneamente a lui. Sperò che ogni traccia del disgustoso umore digestivo della bestia che lo aveva fagocitato fosse scomparsa sulla via del ritorno, perché altrimenti avrebbe dovuto spiegarla e gli incubi tanto faticosamente imprigionati avrebbero potuto scappare ancora. Le mostrò la chiave, e fu lieto di scorgere un oggetto simile nel palmo sinistro della sua compagna. Ma non era l'unica cosa che l'altra portava con sé: nel destro, infatti, stringeva gli orli di un grosso e robusto sacco di iuta con cuciture doppie, portato agevolmente a dispetto di un ingombro notevole.
    Raggiante come se avesse appena scoperto la formula del moto perpetuo, Esmeralda prese il sacco per il fondo e lo vuotò davanti a lui: ne uscirono pezzi metallici di un colore marrone scuro, che caddero con fracasso al suolo. Ad una seconda occhiata, e prese insieme, si rivelarono essere un'armatura.

    "Oh... capisco"

    disse dubbioso. Non avendo con sé la darian, si trovava esposto ad ogni possibile attacco o pericolo, e c'era da giurarci: se Gaz aveva ritenuto che la nipote da sola non bastasse a completare la missione, non sarebbero mancati né i primi né i secondi. Ma non aveva mai indossato niente di diverso dalla darian donatagli dalla Madre Terra, leggera, flessuosa, quasi fatta apposta per assecondare i suoi agili movimenti. Questa era una congerie di schinieri, bracciali, spallacci non troppo dissimile quanto a protezione, eccetto l'elmo che era più voluminoso e copriva quasi tutto il capo, ma anonima, almeno in apparenza priva di identità. Qual'era la sua origine? Avrebbe risposto al suo cosmo, permettendogli di muoversi come voleva? Chiese tutto questo alla giovane.



    CITAZIONE
    Mi sono tenuto sul generico: non avevi specificato nulla sull'armatura e non so se intendevi descrivermela meglio, quindi l'unico dettaglio preciso che ho messo è il colore :zizi:

     
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    E il treno passò - Post n°8
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    «Si tratta di un'armatura particolare» disse la ragazza osservando il suo compagno di avventura «l'ho fatta io e il nonno vi ha infuso un po' di magia, se cosi possiamo definirla» continuò sorridendo «e devo ammettere che ho fatto davvero un gran bel lavoro» concluse quasi sorridendo.

    L'armatura in effetti era stata costruita dalla ragazza forgiando del platino, modellandolo in modo tale da essere resistente ed efficace. L'arte della forgiatura – al giorno d'oggi – non era cosa da tutti ma lei doveva la sua maestria ai duri allenamenti con martello ed incudine quando era in quel mondo dove senza una corazza addosso eri praticamente morto. Ma ora pensare ad eventi che le parevano cosi lontani nel tempo era inutile: avevano una missione e l'avrebbero portata a termine a qualsiasi costo. La ragazza si fece dare da Pai Mei la chiave che aveva appena recuperato e senza indugiare oltre si avviò verso l'immensa porta.

    Inserì prima la sua chiave in una delle fessure aspettando che qualcosa mutasse: una strana luce pervase tutta la torre, quello era il segnale che poteva inserire anche la seconda chiave e quando ciò accadde si udì lo stridere delle immense porte che si aprivano. Quello che si palesò innanzi agli occhi dei due ragazzi fu qualcosa di raccapricciante: orde di demoni ed entità informi pronte ad assalire i due ragazzi.

    «Ora fai quello che ti dico senza obbiettare» disse facendo esplodere il suo cosmo «sali nel punto più alto di questa torre, c'è una pietra che sostiene questo mondo: estraila dal piedistallo e tutto sarà finito» ma la situazione cominciava a degenerare e non vi era più tempo per le parole e le spiegazioni ed urlano – questa volta incalzò Pai Mei «ora VAI»

    Per contro la giovane ragazza mostrò ancora una volta tutto il suo valore, riuscendo non solo a limitare i danni di quelle entità oscure ma anche ad aprire un varco al figlio di Gea. La rapidità in quel frangente era l'unica cosa che contava: lei non avrebbe retto quella situazione per troppo tempo.

    lwCdj


    hXvSG
    Note ed Eventuali

    Niente di che, l'armatura la puoi considerare pari alla tua Darian quindi non hai alcuna menomazione al momento. La scena penso sia abbastanza chiara: te dev recuperare l'oggetto mentre lei tiene occupati i mostri. Incontrerai una serie di scale che terminano in una piccola sala al centro della quale vi è il piedistallo con la pietra. Fermati quando raggiungi la sala.



     
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