Saint Seiya Final  - I Cavalieri dello Zodiaco - Full Professional RpG by Forum

Posts written by - Andrew -

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    La sangre sin fuego hierve 8

    Avrebbe voluto dirgli che sì, il fumo di sigaretta non era la sua cosa preferita da respirare, ma Miguel non sembrava davvero interessato alla sua risposta mentre estraeva pacchetto ed accendino. Si ricordò in quel momento lì che aveva ancora il pacchetto di Miguel in tasca... c'era ancora, vero? Lo avrebbe tirato fuori e gli avrebbe offerto una sigaretta direttamente da quello, dubitava che ne avrebbe mai fatto uso.

    Da dove hai detto che vieni?

    Non l'aveva detto, ma era una domanda che gli era rimasta sulla punta della lingua da troppo tempo per non porla adesso che era riuscito a sputarla fuori.

    Poi ascoltò tutto il discorso di Miguel, con la dovuta attenzione da dedicare ad una persona che, per quanto misteriosa e un poco invadente nei suoi confronti, sembrava avere il compasso morale che puntava nella direzione corretta.

    Lo capisco, ma ci hanno preso con la forza. E non parlo solo di me, ma di tanti altri civili che non avrebbero altrimenti partecipato a tutto questo se non costretti. Quello che ci hanno fatto, a me e ad altri, es terrible. Nessuna causa può valere il violare la libertà di scegliere delle persone.

    Lo disse con tono davvero serio, lo sguardo accigliato e i pugni stretti sulle gambe. Per lui, il modo in cui era stato condotto lì era gravissimo. Non c'era storia che teneva: invadere la vita di un altro individuo in una maniera così prepotente era disprezzabile, a maggior ragione se lo scopo era mandarli in un luogo da cui sarebbero potuti non tornare mai.
    E quando Miguel fece la sua constatazione, si limitò ad annuire. Lo sapeva bene, che quel mondo era triste. Era per quello che cercava di renderlo più felice, nei modi che conosceva. Ne aveva fatto un po' la sua missione di vita, anche se non la riteneva davvero tale, piuttosto la pensava come la sua inclinazione naturale. Ma quel posto era oltre ogni illusione, tutto tranne che felice. Forse era anche per quello che lo disprezzava tanto: lì era stato brutalmente posto davanti alla realtà, una realtà inevitabile.

    E poi... Miguel lo spiazzò. Fin dal primo istante in cui aveva realizzato cosa gli stesse succedendo, Cibràn aveva iniziato a percepire una metaforica gabbia farsi reale attorno a lui. Aveva iniziato d'istinto a pensare ai poteri che stava manifestando come una trappola, qualcosa che lo avrebbe costretto su un preciso percorso. Qualcosa che avrebbe creato aspettativa, oneri e doveri. Che gli avrebbe impedito di essere sé stesso da quel momento in poi.
    Nulla di tutto ciò lo raggiunse.

    Ovviamente, c'erano delle implicazioni. Il Cosmo era una forza straordinaria, lo sapeva, e sapeva quanto fosse raro incrociarla nel proprio cammino.
    Ma non trovò nessun muro di gomma in Miguel. Nessun obbligo, nessun uso della forza, nessuna imposizione dall'alto. Laddove quei soldati lo avevano semplicemente strappato via dal suo posto e condotto lì, adesso il veterano che aveva di fronte gli stava spiegando come la scelta fosse, infine, soltanto sua.
    Il suo sguardo si fece più morbido mentre l'uomo elencava ciò che gli era più caro. Era quasi frustrante, quanto fosse capace di arrivare a comprendere il suo punto di vista in maniera così profonda. Teneva alla sua libertà, alla sua spensieratezza, alla vita che si era creato ad Atene.

    Eppure la vedeva, quell'altra scelta.
    L'aveva assaggiata poco fa, tastata da vicino. Era stato terrificante e stupefacente allo stesso tempo. Aveva provato emozioni che mai lo avevano raggiunto con tanta intensità. E aveva avuto la prova tangibile di un'altra maniera in cui avrebbe potuto aiutare il prossimo, brillare. Non più limitandosi a regalare spensieratezza in un mondo muy triste, ma lavorando attivamente per trasformarlo in un posto migliore.
    Era davvero capace di fare una differenza simile?

    Non si era mai sentito in grado di poter fare una cosa del genere. Così grande e così importante. Sua sorella Nevia, lei sì che se lo meritava per tutto l'impegno che ci stava mettendo. Ma lui? Aveva fatto qualcosa per guadagnarsi quell'onore e quel fardello?
    Eppure lo aveva fatto, aveva dimostrato a sé stesso di esserne in grado. Aveva tenuto testa a quel mostro, fino alla fine.
    Era un cammino che sarebbe stato in grado di percorrere, per quanto non lo avrebbe mai potuto immaginare fino a poco prima.

    Avrebbe voluto chiedere altro al lupo solitario, ma prima che potesse farlo l'uomo si stava già dileguando dalla tenda. Restò in silenzio, annuendo al fatto che avrebbe dovuto avere la sua risposta il giorno seguente.
    E rimase completamente solo, con sé stesso.

    Sospirò profondamente e si lasciò scivolare verso il basso. Portò una mano alla fronte.
    Pensava che la parte difficile fosse finita, invece era appena arrivata.

    Estoy jodido.

    ---

    Non ce l'aveva fatta a rimanere a letto tutto il giorno. Nel tardo pomeriggio aveva deciso di alzarsi, lentamente. Le sue gambe sembravano ancora capaci di reggere il suo peso, anche se gli ci volle qualche istante per recuperare una camminata più o meno sicura e non troppo claudicante.
    Aveva deciso di cambiarsi, i vestiti che aveva addosso erano ancora quelli che usava per lavorare e non ne poteva più di rimanere in quella sorta di divisa. Si rimise alcuni dei suoi abiti che aveva portato da casa e che gli erano stati gentilmente portati da Kyle e Viola. Si legò i capelli, fino a quell'istante sciolti sulle spalle. Indossò i suoi anelli e una delle sue collane. E uscì dalla tenda.
    Era il vespro, il cielo sopra Delfi si era tinto di calde tinte arancioni. Il paesaggio era desolato, più del solito ora che buona parte delle persone se n'erano andate.

    Camminò a tempo perso, passando nei pressi di edifici diroccati e fatiscenti.
    Nonostante qualche traccia del disastro successo il giorno precedente, la città era avvolta da un velo di tranquillità con cui non l'aveva mai potuta osservare prima. Gli era diventata familiare volente o nolente, e vederla in quella tinta gli fece provare una strana nostalgia. Nel piccolo, aveva contribuito a mantenere quel posto salvo, e forse un giorno sarebbe davvero potuto diventare qualcosa di più bello. Forse anche grazie a lui.

    E adesso aveva la possibilità di salutarla per l'ultima volta, di voltare pagina e tornare alla sua normale vita il giorno seguente. Mantenere il segreto, sedare i suoi poteri e non farne più menzione con nessuno. Fingere che non esistessero e rimanere nella sua scintillante mediocrità, nel suo accontentarsi di ciò che aveva fatto fino ad allora. Era bravissimo a chiudere a chiave nel cassetto e non menzionare mai più tutto ciò che non gli andava a genio, sarebbe stato facile anche stavolta se lo avesse voluto.

    Camminò vicino ad un gruppetto di guardie. Aguzzando lo sguardo, ne riconobbe una: la guardia con cui aveva avuto una discussione. Sorrise. Era contento di vederlo vivo e sano nonostante tutto. Ripensò a come avesse convinto anche lui a farsi una risata per una volta. Gli usciva così bene, non poteva semplicemente fare quello per tutta la vita?

    Andava fiero di ciò che faceva per gli altri. Non pensava di farlo per motivi altruisti, ma ne andava fiero in ogni caso.
    Era fiero di chi era, del suo modo di essere, del suo modo di vestirsi. Della tinta ai capelli, del trucco sugli occhi e dei gioielli alle sue dita.
    Ma adesso in lui c'era la consapevolezza che avrebbe potuto fare tanto, tanto di più per gli altri. Per Nevia, per Kyle, per Viola. Per tutti quanti. Avrebbe potuto sacrificare una parte di sé stesso e dedicarla ad aiutare i deboli e i bisognosi, a regalare più sorrisi di quanto aveva mai fatto prima. Poteva andare oltre, diventare qualcosa di più di ciò che era stato fino a quel giorno.
    E non avrebbe dovuto rinnegare sé stesso, perché quella era una parte di lui. L'aveva sentito così forte da fargli male, quando il Cosmo aveva pulsato nelle sue vene come fuoco ancestrale. Ce l'aveva dentro, non poteva negarlo a sé stesso.
    Il mondo era un posto di merda, un posto iniquo. Era ironico, ma adeguato che tra tutti i potenziali eroi della sua famiglia, fosse stato proprio lui a trovarsi in controllo del Cosmo. Forse era quella la sua punizione, per essere stato il peggiore tra loro. Uno strano scherzo del destino che l'aveva portato ad essere "prescelto", come diceva Miguel.
    Non credeva proprio di esserlo, né di meritarlo. Però quella non era una decisione che riguardava soltanto lui.

    "Portare felicità"

    Si fermò sul posto, sentendo di nuovo le lacrime arrivare. Strinse forte i pugni sui fianchi, e fece un profondo e tremante sospiro.
    Poteva portare felicità a quel livello? Sarebbe stato capace di gestire quel peso, di vestire i panni di un eroe? Non sarebbe stato poi tanto diverso da ciò che aveva fatto fino ad oggi: aveva sempre interpretato impeccabilmente la sua parte. Si trattava solo di un altro ruolo, un altro spettacolo. Il più grande che avesse mai messo in scena.
    Doveva soltanto interpretarlo così bene da convincere tutti quanti. Persino le stelle. Persino sé stesso.
    Ne era capace. O lo sarebbe diventato.

    ---

    Tornò indietro per l'orario di cena. Si sforzò di mangiare nonostante il poco appetito e poi si rimise a letto, ora che il buio stava calando nella tenda. Coricato nella penombra, sapeva che la notte sarebbe stata perlopiù insonne. Quindi avrebbe usato quel tempo per pensare.

    Pensò a Kyle e Viola, che probabilmente stavano aspettando il suo ritorno con ansia. Gli aveva salvato la vita pochi giorni prima, se non avesse manifestato il Cosmo ora forse non ci sarebbero stati più. Gli venne un groppo in gola a pensare di non tornare da loro dopo averglielo promesso. Senza di lui cosa avrebbero fatto? Dall'altra parte, pensò a come avrebbe voluto dargli una vita più lunga e felice possibile. Tornare da loro con spensieratezza sarebbe stato come tradire quel pensiero. Non avrebbe saputo come proteggerli, non davvero.

    Pensò a Nevia, che lo aspettava a casa da chissà quanto tempo. Un semplice "no" e avrebbe potuto rivederla l'indomani, tornare alla loro mediocre vita, tornare ad assistere ai suoi costanti allenamenti e al modo in cui tornava a casa ogni sera distrutta, tornare a deluderla per il modo in cui stava gettando via il suo tempo. Chissà cosa avrebbe pensato di lui, se lo avesse visto anche solo riflettere sull'opportunità di allenare il suo Cosmo. Ma, come diceva sempre, lei era più buona di lui. L'altruismo le veniva così spontaneo da fare paura. Certamente avrebbe preferito vederlo impegnato in qualcosa del genere, anche al prezzo di non rivederlo per mesi.

    Pensò a Miguel. Era un Saint, finché non lo era più stato. Si chiedeva cosa lo avesse spinto a scegliere un'altra vita, l'anello al dito non lasciava troppo spazio ad interpretazioni su quale. Era stato capace di conciliare la sua missione di vita e di non rinunciare a sé stesso, qualcosa di ammirevole. Sarebbe stato capace di fare lo stesso?

    Pensò finché non si addormentò, colto dalla stanchezza che ancora lo avvolgeva. E sognò qualcosa. No, non erano gli occhi questa volta.

    Cibràn sognò il primo vero spettacolo che aveva portato in scena assieme a Kyle e Viola qualche anno prima. Era un vero e proprio pezzo teatrale, una semplice commedia estremamente sopra le righe e drammatica in cui i tre interpretavano più di un ruolo a testa per portare in scena quanti più personaggi possibili, semplicemente con l'aiuto di parrucche e vestiari differenti.
    Al termine dello spettacolo tutti avevano applaudito, entusiasti e felici di ciò a cui avevano assistito. Nel sogno però, c'era anche la sua famiglia ad applaudire nella folla. Li poté vedere tutti quanti: papà, mamma, Nevia, Inigo, Diego e tio Xoel. Applaudivano fieri di lui, sorridenti. E lui li salutava dal palco, contento come non mai.
    Non gli serviva altro.

    ---

    Miguel entrò nella tenda, ed avrebbe trovato un Cibràn già ben sveglio, praticamente seduto sul letto. Una gamba piegata su cui picchiettava con la mano, in fremente attesa. La testa compì uno scatto appena riconobbe l'uomo.

    Buenos días, señor. Dormito bene?

    Fece con un sorriso smagliante e tono alquanto scherzoso, per quanto non conoscesse bene Miguel non sembrava starsene facendo un problema. Accettò di buon grado la colazione che gli era stata portata. Iniziò a mangiarsi un biscotto, rilassato, ma ben presto sentì lo sguardo dell'uomo farsi pesante su di lui. Deglutì, e si schiarì la voce.

    Hm. Quindi.

    Posò un attimo il bicchiere di latte.

    Non so cosa succederà da qui in avanti. Non so cosa mi aspetti, non so fino a che punto arriverò. Ma voglio provarci. Ho visto quello che posso fare e voglio saperne di più, scoprire fin dove posso arrivare. Capire se, davvero, questi poteri potrebbero rendermi capace di... rendere felici le persone in una maniera a cui non avevo mai creduto di poter accedere.

    Lo disse con serietà, convinto delle parole che stava pronunciando. Aveva ancora così tanto da imparare, sentiva di aver appena sfiorato la superficie di ciò che i suoi poteri potevano concedergli. Lo scontro con il corrotto era stato solo l'inizio, sentiva un infinito potenziale riposare nel retro della sua testa, pronto a manifestarsi spettacolarmente se avesse avuto la costanza di svilupparlo e prendersene cura. E con quel potere avrebbe potuto fare grandi cose, più grandi di quante ne avesse mai fatte.

    In tutto questo però, non voglio perdere me stesso. Con quello che ti sto dicendo oggi, non sto giurando fedeltà eterna a nessuno. Andrò avanti, senza esitare... ma voglio essere capace di mantenere il controllo sulla mia vita. Lo so bene che un allenamento del genere può significare sacrificare tanto, cambiare tanto delle mie normali abitudini, cambiare come persona. Sono pronto a fronteggiare tutto questo. Ma ciò che voglio dire è che terrò sempre me stesso in conto prima di qualsiasi dottrina.

    Sperava che quelle sue parole arrivassero a Miguel, il poco che sapeva di lui lo faceva ben sperare.

    Hai scelto un'altra vita, e allo stesso modo vorrei sempre essere capace di poter fare lo stesso. Sarò un faro, se ci riuscirò, e donerò tutto ciò che posso alla causa. Ma lo farò sempre a modo mio.

    ILWbFjV

    narrato ◈ parlatopensatoparlato altrui
    NOME Cibràn Toledo Arubal
    CLOTH Silver Pavus {IV}
    ENERGIA Verde
    CASTA Saint di Athena
    FISICAMENTE Spossato, ma illeso
    MENTALMENTE Preoccupato ma convinto della sua decisione, alle sue condizioni
    STATUS CLOTH //
    RIASSUNTO AZIONI Post riflessivo, e alla fine siamo giunti ad una decisione :zizi:

    Psicocinesi
    Grazie alle potenti facoltà mentali di cui la Cloth del Pavone lo rende capace, Cibràn è in grado di esercitare un controllo fisico sull’ambiente circostante a lui. Questo si traduce in abilità psicocinetiche di vario genere, per esempio il manipolare oggetti senza toccarli, potendoli lanciare da una parte all’altra o muovere dalla distanza, oppure l’ostacolare il libero movimento di altre persone, per esempio bloccando i loro arti in una morsa psicocinetica o rallentando i loro movimenti. Inoltre, è capace di usare tali poteri a scopo difensivo per deviare le traiettorie dei colpi rivolti verso di lui e ad un certo divario di energie sarebbe persino capace di rispedire tali colpi al mittente tramite pura forza mentale [Il proprio livello energetico deve essere superiore a quello avversario]. In ultimo è anche capace di muovere l’aria stessa, generando delle onde di pura forza cinetica che possono scagliare via gli avversari e causare danni fisici all’impatto. La competenza che dimostra con queste capacità, così come la loro portata o raggio di influenza, è determinata dal grado di energia e di controllo sul suo Cosmo che ha raggiunto.
    Il modo in cui Cibràn visualizza mentalmente questa parte del suo potere, così da renderlo più concreto e facilmente interpretabile anche per lui stesso, sono delle piume di pavone che si estendono dal suo corpo e vanno a ghermire oggetti o avversari al posto suo, permettendo queste interazioni a distanza.
    Il secondo modo in cui il Cavaliere del Pavone può utilizzare la sua energia mentale è poi rivolgendola verso il suo stesso corpo donandogli un'ulteriore spinta cinetica laddove necessario. Infatti, tramite il controllo della materia è in grado di accelerare la velocità dei suoi colpi, siano essi condotti con braccia o gambe, potenziando di fatto il loro impatto e i danni che sono capaci di causare. E’ anche capace di accelerare i suoi movimenti, sempre andando a migliorare in maniera diretta le sue prestazioni fisiche tramite l’accelerazione imposta dal suo potere mentale.
    Infine sebbene gli richieda un notevole sforzo in termini di energie, Cibràn è tecnicamente in grado di sollevare il suo intero corpo tramite il controllo psicocinetico e spostarlo nell’aria, ottenendo una grezza ed imprecisa forma di levitazione. Una sgraziata danza che non si addice ad un elegante Pavone, ma che è intenzionato a raffinare.

    Teletrasporto
    La straordinaria energia psichica della Cloth del Pavone consente a Cibràn di effettuare uno spostamento nello spazio quasi istantaneo, utilizzando la Psicocinesi per spostare sé stesso da un punto all’altro dell’esistenza senza dover compiere movimento alcuno. Tale traslazione nello spazio può essere estesa anche ad altre persone e ad oggetti purché consenzienti (o inanimati) e la distanza a cui è possibile spostarsi dipende dal livello di energia raggiunta.
    Questa abilità consente quindi a Cibràn di cogliere di sorpresa i suoi avversari, o di evitare interi attacchi nel caso gli sia possibile teletrasportarsi abbastanza lontano da uscire dalla loro area di influenza. Inoltre, ad energie più elevate diverrà possibile viaggiare tra le dimensioni.
    L'impiego energetico di questa abilità non è nullo, ma è comunque meno dispendioso di abilità che implicano altri metodi di spostamento.


    Tecniche



    [spoiler_tag][/spoiler_tag] Edit: aggiunto un pezzettino che ieri avevo scordato, sorry!


    Edited by - Andrew - - 8/5/2024, 11:43
  2. .
    Ciao, bentornato ^^
  3. .
    La sangre sin fuego hierve 7

    Parole. Mani. Volti.
    Reali, non più orribilmente distorti nella loro natura, si agitavano attorno a lui come ombre danzanti, invadevano il suo spazio senza chiedere il permesso.

    «È qui!» «Ha fatto tutto da solo?»

    «È ancora vivo?»

    «Un medico, chiamate un medico!»


    Sentiva il loro tocco sulla sua pelle bollente ed intorpidita, le loro voci cariche di emozioni di cui non comprendeva la ragione, i loro volti erano solo una fumosa maschera. Lo osservavano, lo ghermivano, sfioravano il suo corpo come se fosse di loro proprietà.
    Voleva che sparissero.

    Andatevene. Non guardatemi.

    Lo spettacolo si era concluso, non c’era più nulla da osservare, più nulla di cui stupirsi. Il suo ruolo era già terminato, il numero finale seguito dagli scroscianti applausi, la pece nera del mostro che lo soffocava, il buio che avvolgeva la sala.
    Non c'era più un Cibràn di cui godere della vista, soltanto un corpo disteso nella polvere. Inutile. Sporco. Brutto. Come si permettevano di guardarlo adesso?
    Si sentiva come arso su una pira, osservato nel suo dolore, ma avrebbe preferito bruciare all’istante, scomparire prima di essere trovato in quello stato.
    Poi, uno di quei volti prese forma. Ne pecepì la presenza come un calore familiare, confortevole, opposto al dolore che stava provando. I loro corpi erano in risonanza, lo percepiva meglio di chiunque altro. Il sangue che aveva addosso era come quello che ricopriva lui. La loro battaglia s’era svolta in parallelo.

    Sei stato bravo, chico.

    Avrebbe voluto avere le forze di rispondere, chiedergli in che cosa fosse stato bravo secondo lui, ma il suo corpo adesso pareva più un guscio inerme, incapace di far altro che ospitare la sua coscienza, ed ancora per poco.
    Parole. Mani. Volti. Sempre più distanti, sempre più offuscati.
    Poi il buio.







    ...








    Occhi.

    Quando si era svegliato? Non lo ricordava. Forse si trovava lì da un istante, forse da un’eternità.
    Ovunque il suo sguardo si spostasse, trovava quegli occhi a fissarlo.
    Non li riconosceva, erano come alieni. Grandi, imponenti. Entità di cui non riusciva a scorgere il significato o la ragione.
    Il loro sguardo gli era appiccicato addosso, scivolava viscido sulla sua pelle facendolo rabbrividire.
    Dove si trovava? Non avrebbe saputo spiegarlo. Era ovunque e da nessuna parte. Un deserto sconfinato in cui correva disperato alla ricerca di un riparo, l’angoscia di non trovarlo. Poi una sconfinata pianura, di quelle che non aveva mai visto nemmeno ad Atene. Poi un prato fiorito, inodore. Era solo uno sfondo per il suo continuo movimento. Cercava di sfuggire, di allontanarsi. E quando gli sembrava di averlo fatto, ecco che una nuova fessura si apriva nel cielo, un nuovo occhi dall’iride di un verde smeraldino e dalla pupilla nera e tonda era di fronte a lui o alle sue spalle, pronto a fissarlo.
    Ne sentiva la presenza anche senza vederli, sentiva lo sporco che gli lasciavano addosso. Percepiva il loro giudizio.
    E non era pronto.

    Smettetela. Basta, vi prego.

    La sua vita fino a quel giorno si era basata sull’essere guardato. Avrebbe mentito se avesse detto che non lo amava.
    Amava avere prova della sua esistenza. Avere prova che la sua vita avesse un senso.
    Ma quel gioco funzionava solo alle sue condizioni. E quegli occhi le stavano violando, insinuandosi in parti della sua anima che non avrebbe mai voluto mostrare a nessuno, toccandolo tanto nel profondo da farlo sentire nudo ed inerme.

    Era un pensiero egoista, voler mostrare solo certi lati di sé? Forse, eppure la sua vita era una farsa. Solo quando indossava una maschera si sentiva vivo, in grado di funzionare.
    Le sue fragilità, le sue paure, il pensiero di non essere mai cresciuto dal giorno in cui aveva perso la sua famiglia, il pensiero di non essere mai stato in grado di amare senza la paura di perdere, il terrore di morire e il desiderio di vederlo accadere, per riunirsi a chi amava.
    Tutte queste cose, questa sporcizia, era qualcosa di sepolto in profondità dentro di lui. E quegli occhi riuscivano a vederlo, il loro pesante sguardo era posato sulle parti più recondite della sua essenza.

    Continuò a correre, a cercare di nascondersi per un tempo che non avrebbe saputo calcolare. Il suo corpo non si stancava, la sensazione di sporco non diminuiva. Ognuno di quegli occhi voleva qualcosa da lui. A volte riusciva a far in modo di chiuderne alcuni, ma altri erano già pronti a prendere il loro posto. Era allo stremo, sentiva che sarebbe impazzito.
    Ad un certo punto, smise di correre, limitandosi a camminare in quello spazio infinito. Smise di correre ed iniziò ad osservare di più, tanto quanto loro osservavano lui.

    Cosa volete da me?

    Era pazzo, a parlare a degli occhi. Non credeva che potessero sentirlo. I loro rapidi movimenti oculari erano insondabili, alieni. Significati che non poteva comprendere, eppure che iniziava a trovare familiari. Iniziava a capire come si muovessero e perché, quando si aprissero e dove. Non era certo se la sua fosse rassegnazione o ci fosse qualche consapevolezza, ma stavano diventando una presenza familiare.

    Poi iniziò a vedere ancora di più. Capì che quegli occhi non erano entità singole, ma che ognuno di loro era in qualche modo parte di qualcosa di più grande. Iniziò a capire come fossero relazionati, poteva riempire gli spazi vuoti tra di essi tracciandone un disegno. Un disegno nel cielo, il tutto che stava oltre le parti. Una guida, un compagno nel buio capace di condurlo sul sentiero che desiderava. Uno sguardo attento, profondo ed intimo, in grado di cogliere tutto di lui, anche le parti più difficili da accettare. Un punto fermo, una certezza che non lo avrebbe mai abbandonato.
    Avrebbero continuato a guardarlo per sempre, d’ora in poi.



    Aprì i suoi, di occhi.
    Gli costò fatica, come risvegliatosi da un lungo e profondo sonno. L’unica eccezione a questo era la sensazione di non dormire da giorni. Il suo corpo era pesante, sebbene ora sentisse di esserne in controllo.

    Prese un gran respiro: i suoi ricordi recenti sembravano tutti parte di un grande incubo, sebbene vividi assumevano tratti sfumati e confusi. Era successo davvero? Aveva davvero affrontato quella cosa, da solo? Davvero l’aveva… uccisa?
    Ricordava il sangue, il terrore, le lacrime. Il suo corpo in fiamme e l’adrenalina a mille, il cuore che quasi gli schizzava dal petto.
    Perché adesso stava così relativamente bene, allora?
    Alzò un braccio posandoselo sul petto, lo osservò: era per metà scoperto e, a parte qualche strascico, qualche escoriazione o cicatrice non sembrava avere ferite importanti. Ma quella era la prova che quanto accaduto fosse stato reale. Non se lo era immaginato, non era soltanto un altro incubo. Ci era riuscito. Strinse il pugno sul petto, continuando ad osservarsi il braccio.

    Resteranno per sempre?

    Era una bella domanda da farsi, se da oggi in poi si sarebbe portato addosso un perenne monito di ciò che aveva fatto tramite quelle cicatrici. Si sfiorò poi il volto: era liscio a parte un rilievo sulla fronte, dove aveva subito il colpo del mostro. Il fianco non gli faceva più male. Era assurdo, fuori da ogni logica, eppure.
    Ruotò il capo per guardarsi attorno: l’ambiente era familiare, riconducibile al luogo in cui aveva passato l’ultima parte della sua vita… da sveglio, perlomeno. Gli sembrava di essere appena tornato da un lungo viaggio. Ironico, considerando il tempo trascorso dall’ultima volta che aveva visto casa. Fu allora che voci familiari lo raggiunsero. Prima quella di Viola, poi quella di Kyle. Prima di potersi chiedere cosa facessero lì si ritrovò scosso per le spalle con una certa foga da quest’ultimo, ancora incredibilmente nessun dolore.

    Ohi, piano! Così mi fai a pezzi!

    Commentò, prima che Kyle lo mollasse e gli permettesse di tirarsi un po’ su con la schiena sul letto. Ascoltò poi il resto delle loro parole e ne rimase inebetito. Gli ci volle qualche attimo per processare.

    Due giorni…

    Quel lasso di tempo sembrava folle, ma giustificava la sensazione di confusione che si portava addosso. E poi… ma certo, il suo sogno. Se ne ricordò come un lampo a ciel sereno. Era un sogno? Sembrava essere durato un’eternità. Evitò di parlarne, relegandolo ad un delirio della sua mente spossata.

    Alzò lo sguardo, rendendosi conto che Viola e Kyle stavano attendendo una sua risposta alla domanda.

    Ah… paura. Sì, credo… di sì.

    Non seppe nemmeno che parole gli stessero uscendo dalla bocca. Che significava “credere” di avere paura? Ripensare a ciò che aveva visto ancora lo faceva rabbrividire, un groppo in gola saliva rapido a rimembrare la massa di carne ed arti che torreggiava sopra di lui. Eppure un’altra miriade di emozioni si erano riunite in quel momento, così tante oltre alla mera paura. Era difficile ricondurle ad una singola emozione. Ed era ancora più difficile esternare quel sentimento.

    Prima di poter fare ordine in quel garbuglio, un altro volto si unì alla rimpatriata. L’ultimo volto che aveva visto prima di perdere i sensi, di una persona che ancora non riusciva ad inquadrare ma verso la quale provava un’attrazione e affinità che ancora faticava a comprendere, gergo a parte.

    Assistette in silenzio ed aggrottando le sopracciglia al siparietto tra i tre, a quanto pare avevano fatto conoscenza in quei due giorni. Miguel non ci mise molto a sparire di nuovo, lasciandoli ancora soli per qualche minuto, ed ebbe modo di comprendere più dettagli sulla situazione. A quanto pare l’uomo, pur non essendo un Saint (almeno a quanto sosteneva) era stanziato da quelle parti, probabilmente per tenere il suo sguardo sui civili. Il resoconto di come avesse reagito fu abbastanza per farlo sentire orgoglioso di aver questionato la logica di quell’operazione per tutta la sua permanenza e giudicarla alla stregua di un sequestro, almeno nel loro caso. Era relativamente contento che, almeno, quell’incidente avesse fatto aprire gli occhi a chi di dovere, ma trovava follia che fosse dovuta accadere una tragedia per rendersene conto.

    Quindi qualcuno che riflette c’è da queste parti… divertente che se ne siano accorti solo quando i corrotti hanno sfondato il perimetro. Si è almeno capito come è successo? Le persone come stanno? E perché c’era soltanto un finto Saint in giro per proteggerci?

    Ancora gli mancavano troppi frammenti di quella vicenda, e al momento si sentiva in balia delle onde, trascinato in quell’avvicendarsi di situazioni senza averne un chiaro quadro. Voleva almeno sapere se quel disastro che era successo, in qualunque modo fosse potuto accadere, avesse avuto le orribili conseguenze che poteva immaginare. Le stesse che avrebbe potuto avere su di lui, se non avesse avuto la fortuna che aveva avuto. E voleva sapere perché così poche risorse fossero state riservate a quella folle spedizione.

    …beh, estoy feliz di vedervi qua.

    Aggiunse poi, guardando verso il basso. Era un grande sollievo vedere le persone che più riteneva vicine a degli amici in quella stanza con lui, salve da qualunque cosa fosse successa là fuori. Per loro fortuna erano stati portati lontano prima del disastro.

    Poi, raccontò un po’ di dettagli di quanto successo. Non si sbilanciò troppo, onestamente nemmeno sapeva quanto fosse sensato andare in profondità. Raccontò della sensazione che aveva avuto quando aveva fermato le travi in caduta, del corrotto che gli era apparso davanti e di come fosse riuscito, in qualche maniera, a respingerlo usando la stessa modalità con cui li aveva salvati. Non sapeva spiegare più di quello, aveva solo seguito il suo istinto. E onestamente, non volle allarmarli più del necessario.

    Gli si strinse poi il cuore, ad apprendere che quei due erano rimasti lì ad aspettarlo. Ed anzi, provò anche un certo imbarazzo all’idea. Scosse lievemente la testa.

    Chicos… siete matti? Volete mettere le radici in questo posto? Seriamente, sparite da qua prima che cambino idea di nuovo, che la città ha bisogno di voi. Estoy geniàl, mi avete visto. Non ho nemmeno un graffio in faccia, per grazia divina, fresco come quando sono arrivato. Tornerò presto a casa, vedrete.

    Gli sorrise, mostrandosi forte e sicuro mentre allargava le braccia come se nulla fosse.
    La realtà era che anche lui avrebbe tanto voluto tornarsene a casa seduta stante, ma non avrebbe mai chiesto a quei due di rimanere lì un minuto in più solo per lui. E onestamente, per come si erano messe le cose non sapeva davvero cosa sarebbe successo da lì in poi. Le parole riportate di Miguel sul “niente civili” lo allarmarono. Cosa era lui, adesso? Perché lo volevano tenere lì? Era chiaro che non sarebbe stato solo per “osservarlo”. Ne aveva anche abbastanza, di essere osservato.

    Miguel poi rientrò nella tenda, una volta che ebbero concluso le loro chiacchiere. Lo guardò brevemente, serio, per poi rivolgersi ancora ai due.

    Su, andate. Nos vemos pronto, ardillas.

    Li salutò ancora una volta con un occhiolino, e i due si convinsero ad andare. Appena li vide uscire lasciò che il sorriso cadesse dal suo volto, e strinse i pugni sulle gambe. In quei pochi secondi si ritrovò a fissare un angolo della tenda e riflettere, a pensare. Poteva riderci su quanto voleva, ma ciò che era successo avrebbe cambiato ogni cosa. Poteva decidere di non farlo accadere, ma quanto, davvero, avrebbe potuto scegliere?

    Fece fatica ad alzare lo sguardo, preferendo tenerlo da un’altra parte anche mentre il non-Saint gli iniziava a parlare.

    Sì, lo sono.

    Già, Kyle e Viola erano ottimi amici e il suo rifiuto a considerarli tali era stupido. Se fossero morti sotto quelle travi avrebbe sofferto come un cane, tanto valeva smetterla di prendersi in giro in quel modo.
    Aveva tastato con mano quella possibilità da vicino, la possibilità di perdere ancora una volta le persone a cui voleva bene, era quella la sua più grande paura nel creare legami. Eppure questa volta era riuscito a fare la differenza, per loro e forse anche per altri. Doveva pur voler dire qualcosa. Era stato messo di fronte a ciò di cui quei poteri erano capaci.

    Alzò poi lo sguardo di scatto, quando sentì ancora quelle parole da parte di Miguel, le stesse che gli aveva rivolto il giorno precedente, prima che perdesse i sensi. Perché gli parlava in quel modo tanto paternalistico? Ancora non lo riusciva a capire.

    Bravo? Sono stato fortunato, se di fortuna si può parlare. Non capita tutti i giorni di svegliarsi con un po’ di Cosmo in circolo.

    Suggerì con tono divertito, per quanto amaro. Sull’incoscienza non rispose. Non pensava che sarebbe sopravvissuto, quella era definibile come incoscienza?
    D’altra parte, per lui morire in quel momento sarebbe stata la via facile da intraprendere.

    E sì, aveva tante domande, ma a quanto pare Miguel non era ancora disposto a dargli le risposte prima di un interrogatorio. Sostenne il suo sguardo, incrociando con i suoi occhi ambrati quelli dell’uomo, profondi e stanchi. Era abbastanza snervante essere sottoposto ad un ricatto del genere. Eppure Miguel era davvero serio, e non pareva avere voglia di scherzare. Inspirò sostenendo il suo sguardo per qualche istante, cosa sorprendentemente difficile. Poi, esalò lentamente aria dalla bocca e socchiuse gli occhi, prima di iniziare a parlare.

    Non so ancora chi sei o perché ti interessi così tanto di me e di quello che penso. Ti ringrazio per aver aiutato Kyle e Viola, ma non è abbastanza per darti la mia piena fiducia.

    Ancora una volta distolse lo sguardo, un po’ perché faticava a guardare un Miguel così serio negli occhi.

    Però risponderò alla tua domanda, sperando che rispetterai la tua promessa.
    Ci ho pensato a scappare, ovviamente.

    Voleva che fosse chiaro, tanto per cominciare. Chi sarebbe stato il folle che, in una situazione simile, non avrebbe almeno pensato all’idea di mettersi in salvo? Non lui.

    Poi però, ho pensato a delle cose.
    Sai quando hai un bivio davanti, Miguel? E sai che quella decisione cambierà ogni cosa, a prescindere da quale strada sceglierai.
    Ho capito che ero arrivato ad uno di quei momenti. Sapevo che sarebbe arrivato prima o poi… non pensavo in questo modo.

    Già, aveva passato una vita ad aspettare il momento in cui sarebbe finito come tanti altri, ucciso dalla corruzione senza pietà o discriminazione alcuna. Aveva cercato di fare il meglio con ciò che aveva e per ciò che era. Aveva ricercato il piacere finché ve n’era stata la possibilità ed era infine arrivato anche lui al termine della sua corsa. Così credeva.

    Avevo la possibilità di rimanere e fare la differenza, a modo mio. Scappare avrebbe soltanto messo in pericolo altre persone, mentre io… beh, poteva essere quella la mia ora, come per tanti altri. Ma almeno ci avrei provato.

    Era così. Aveva avuto subito paura di quei poteri e delle loro implicazioni, di come avrebbero potuto cambiarlo, e tutte queste cose erano ancora presenti. Ma semplicemente, non poteva scappare. Ripensò al sacrificio di suo zio Xoel, a quanto fosse ingiusto che un uomo come lui non avesse avuto la sua stessa possibilità di salvarsi, e lui invece sì. Anche per questo non voleva sprecarla.
    Dovette ricacciare quel pensiero nel retro della sua mente per non scoppiare a piangere davanti a Miguel.

    Se mi fossi girato di spalle e me ne fossi andato, avrei odiato il me stesso che avrei incontrato dall’altra parte.

    Aggiunse. Lui credeva nell’aiutare gli altri, nell’aiutarli a sorridere, a vivere un giorno in più con spensieratezza in quell’orribile e difficile vita che si erano riusciti a ritagliare. Poteva temere quei poteri e le responsabilità che portavano, ma non usarli per l’unico scopo, l’unica cosa buona che stava facendo della sua vita sarebbe stato qualcosa che non si sarebbe mai perdonato.

    …e poi, ho pensato che potevo vendicare la mia famiglia. Per un attimo… no, niente.

    Ripensò all’istante in cui si era illuso che in quel corrotto potessero esserci i suoi genitori e i suoi fratelli. A quando quasi si era convinto che lasciarsi mangiare sarebbe stata una buona soluzione, un modo per trovare la pace.
    Non era ancora convinto che fosse un pensiero del tutto falso, ma non era pronto a parlarne con Miguel.

    …non volevo lasciare che una cosa del genere continuasse ad esistere. Era un insulto alla vita stessa. Tutto qua.

    Fece con un’alzata di spalle. Aveva osservato fin troppo da vicino la sofferenza e l’orrore che la corruzione poteva generare. La totale distruzione della vita, della libertà di un individuo, asservita ad un potere oscuro e puramente maligno pronto ad inglobare l’esistenza stessa se ne avesse avuto capacità. Ne era rimasto così tremendamente sconvolto e disgustato che la decisione di fermarlo era risultata fin troppo semplice.

    Perché quella non era vita, vero? Non lo era più.

    Non resistette dal cercare quella conferma, per un bisogno personale di darsi pace. Era convinto che quel mostro avesse utilizzato forme umane come sua base, ma necessitava di sapere che le sue parole non fossero altro che menzogne, una patetica imitazione di ciò che le loro menti pensanti erano.

    Spero ti basti come risposta.

    Concluse, con un altro sospiro. Solo in quel momento tornò davvero a guardare l'uomo ispanico negli occhi.

    Ora, però. Innanzitutto voglio sapere come hanno fatto i corrotti ad entrare. L’’operazione era pericolosa fin dall’inizio, vero? E’ per quello che sei qua. Se non sei un Cavaliere di Atena, chi sei?

    Lui sosteneva di non essere un Saint, poteva anche credergli, ma era chiaro che fosse lì per tenerli d’occhio. Se fosse una sua iniziativa o meno, questo ancora non lo aveva capito, ma non stentava troppo a credere che il Grande Tempio avesse semplicemente risparmiato sulle risorse da inviare in quella missione. Erano i loro difensori, ma anche se si chiamavano Santi sapevano essere spietati.

    Perché mi state tenendo qui? Non è solo per osservarmi, no lo creo.

    E poteva anche immaginare cosa, in realtà. Il potere che aveva risvegliato era prezioso, voleva sentire ciò che Miguel aveva da dire su di ciò. Sembrava più un alleato che un pericolo per lui, sembrava dalla sua parte. Ma non voleva abbassare la guardia.
    Titubò prima di aprire ancora una volta bocca, aggiungendo un ultimo tassello alle sue domande. Tanto valeva parlarne.

    Ho sognato qualcosa mentre dormivo. Forse è stata la stanchezza, ma era fin troppo reale. Ho sognato degli occhi che mi guardavano, tutto il tempo. Occhi o… forse stelle.

    Quella memoria era ancora vivida e presente in lui, ripensarci gli lasciava una sensazione strana addosso. Non più di disgusto, però, quanto di familiarità. Quelle forme e quei colori, erano simili alle piume che aveva intravisto durante lo scontro, soltanto ora lo realizzava. E il modo in cui lo guardavano... lo aveva compreso, alla fine. Uno sguardo vigile, ma non giudicante.
    Odiava essere visto nelle sue fragilità, fuori dallo spettacolo che si impegnava tanto ad impostare ogni volta. Ma quegli occhi potevano vedere tutto di lui. E avrebbero accettato tutto.
    Tenne lo sguardo su Miguel, serio per una buona volta, in attesa di un qualsiasi tipo di spiegazione.

    ILWbFjV

    narrato ◈ parlatopensatoparlato altrui
    NOME Cibràn Toledo Arubal
    CLOTH Silver Pavus {IV}
    ENERGIA Verde
    CASTA Saint di Athena
    FISICAMENTE Spossato, ma illeso
    MENTALMENTE In allerta, spaesato su ciò che lo attenderà
    STATUS CLOTH //
    RIASSUNTO AZIONI Cibràn sogna, Cibràn si sveglia, tante risposte e tante domande, tutto qua. Nuovo layout e finalmente sonobello, grazie infinite Six!

    Psicocinesi
    Grazie alle potenti facoltà mentali di cui la Cloth del Pavone lo rende capace, Cibràn è in grado di esercitare un controllo fisico sull’ambiente circostante a lui. Questo si traduce in abilità psicocinetiche di vario genere, per esempio il manipolare oggetti senza toccarli, potendoli lanciare da una parte all’altra o muovere dalla distanza, oppure l’ostacolare il libero movimento di altre persone, per esempio bloccando i loro arti in una morsa psicocinetica o rallentando i loro movimenti. Inoltre, è capace di usare tali poteri a scopo difensivo per deviare le traiettorie dei colpi rivolti verso di lui e ad un certo divario di energie sarebbe persino capace di rispedire tali colpi al mittente tramite pura forza mentale [Il proprio livello energetico deve essere superiore a quello avversario]. In ultimo è anche capace di muovere l’aria stessa, generando delle onde di pura forza cinetica che possono scagliare via gli avversari e causare danni fisici all’impatto. La competenza che dimostra con queste capacità, così come la loro portata o raggio di influenza, è determinata dal grado di energia e di controllo sul suo Cosmo che ha raggiunto.
    Il modo in cui Cibràn visualizza mentalmente questa parte del suo potere, così da renderlo più concreto e facilmente interpretabile anche per lui stesso, sono delle piume di pavone che si estendono dal suo corpo e vanno a ghermire oggetti o avversari al posto suo, permettendo queste interazioni a distanza.
    Il secondo modo in cui il Cavaliere del Pavone può utilizzare la sua energia mentale è poi rivolgendola verso il suo stesso corpo donandogli un'ulteriore spinta cinetica laddove necessario. Infatti, tramite il controllo della materia è in grado di accelerare la velocità dei suoi colpi, siano essi condotti con braccia o gambe, potenziando di fatto il loro impatto e i danni che sono capaci di causare. E’ anche capace di accelerare i suoi movimenti, sempre andando a migliorare in maniera diretta le sue prestazioni fisiche tramite l’accelerazione imposta dal suo potere mentale.
    Infine sebbene gli richieda un notevole sforzo in termini di energie, Cibràn è tecnicamente in grado di sollevare il suo intero corpo tramite il controllo psicocinetico e spostarlo nell’aria, ottenendo una grezza ed imprecisa forma di levitazione. Una sgraziata danza che non si addice ad un elegante Pavone, ma che è intenzionato a raffinare.

    Teletrasporto
    La straordinaria energia psichica della Cloth del Pavone consente a Cibràn di effettuare uno spostamento nello spazio quasi istantaneo, utilizzando la Psicocinesi per spostare sé stesso da un punto all’altro dell’esistenza senza dover compiere movimento alcuno. Tale traslazione nello spazio può essere estesa anche ad altre persone e ad oggetti purché consenzienti (o inanimati) e la distanza a cui è possibile spostarsi dipende dal livello di energia raggiunta.
    Questa abilità consente quindi a Cibràn di cogliere di sorpresa i suoi avversari, o di evitare interi attacchi nel caso gli sia possibile teletrasportarsi abbastanza lontano da uscire dalla loro area di influenza. Inoltre, ad energie più elevate diverrà possibile viaggiare tra le dimensioni.
    L'impiego energetico di questa abilità non è nullo, ma è comunque meno dispendioso di abilità che implicano altri metodi di spostamento.


    Tecniche

  4. .
    Scusa il ritardo nella risposta, wow ora è perfetto ** ce lo vedo benissimo sul pg ed è più sul suo schema di colori quindi non potrei chiedere di meglio, grazie infinite davvero anche per la pazienza nell'aggiustare i colori!!!

    Appena sarà ora di postare decido quale usare come testo e dialogo :asd:
  5. .
    Ho notato ora che non ho dato il benvenuto, troppa nuova gente in questi giorni T_T
    In ogni caso, welcome!
  6. .
    Welcome!
  7. .
    Hai ragione, è strano, e... mi piace. Credo ci stia molto bene con il pg, è l'effetto che speravo di avere. La cornice è fighissima, il testo verde è qualcosa di davvero unexpected, ma mi piace un sacco che lo sia :asd:

    Ho solo UNA perplessità, ma nulla di serio: la palette del pg è molto blu. Credi che ci stia bene con una cornice con colori molto diversi, nel caso dovessi inserire sue immagini o in vista di una "palette generale" del personaggio?

    In ogni caso, ribadisco, mi piace molto. Grazie mille <3
  8. .
    Ben..venuto? Tornato? Nel dubbio piacere di conoscerti :ciaone:

    Un altro Saint (forse) yayyyy
  9. .
    Benvenuto!
  10. .
    Welcome!
  11. .
    Come preannunciato sono arrivato a rompere le scatole.

    Visto che le cose si stanno facendo serie (?) è il momento di pensare ad un layout carino per i post, che quello che ho adesso è frutto delle mie scarse capacità e il mio caro Cibràn non si merita tutto questo.

    Larghezza: 550px va più che bene, mi fido
    Stile: DIO QUANTO SONO BELLO Cibràn ci tiene all'aspetto, tanto. Il suo modo di apparire è parte di sé stesso e il modo in cui si presenta agli altri è fondamentale, non per niente ne fa spettacolo.
    Dunque oserei dire che questa eleganza e appariscenza andrebbero in qualche modo rispecchiati nel suo layout.
    Inoltre si mette addosso molti gioielli e, spoiler, i suoi Sigilli sono a forma di pietre preziose, quindi qualcosa su quel tema secondo me ci potrebbe stare bene.
    Colore/immagine sfondo: Per i colori non saprei bene dire che cosa vorrei come sfondo, come bordo e altro... diciamo che vorrei che fosse tutto leggibile ma al contempo elegante (?) sì lo so sono pessimo a dare indicazioni
    Lascio qua qualche palette che ho generato e trovato calzante, nel caso possa essere di ispirazione
    1 2 3
    Colore bordo: Avevo pensato ad un colore oro/giallo per dare l'idea di sfarzosità/eleganza. Anche qua, se ritenete che non sia il caso mi affido al vostro gusto
    Spessore bordo: A vostra discrezione, non so proprio
    Angoli: Anche qua non saprei cosa ci sta meglio, a istinto direi squadrati
    Eventuali immagini: 1 2 3
    Più eventualmente quella già nel layout se servisse

    Posizione riquadro statistiche: In basso
    Divisore: A vostra discrezione pure qua
    Esempio: \\

    Grazie in anticipo <3
  12. .


    La sangre sin fuego hierve




    La sangre sin fuego hierve




    Narrato - Parlato - Pensato




    Era rivoltante osservare quanto di umano ci fosse ancora in quel mostro.
    A prima vista era impossibile rendersene conto, era impensabile credere che quell’ammasso informe avesse anche solo un briciolo di umano. Eppure più il loro duello proseguiva, più Cibràn si accorgeva di particolari che riportavano l’essenza di quel mostro di carne a forme ed espressioni in cui intravedeva comportamenti fin troppo familiari.

    Braccia che un tempo avrebbero potuto accarezzare ed abbracciare ora erano strumenti di morte che si erano appena serrati sul nulla, laddove un attimo prima sarebbe stato lui la preda delle loro malsaneaffezioni.

    La bocca tentava di comunicare emozioni incomprensibili, mescolate con il suono martoriante dei più terribili dei dolori. Una madre che perde il figlio, la morte di una persona amata, la più nera e totale disperazione sconquassarono l’animo del ragazzo costretto ad ascoltare quell’agonizzante lamento.

    Le gambe, capaci di trasportare il peso di un’intera esistenza di gioia e dolore, di donare libertà, di far correre e ballare sulle note di un’assurda esistenza erano adesso lembi di carne asserviti alla danza malata di distruzione che il corrotto andava perpetrando, lerce e sanguinanti dopo i colpi subiti ma ancora capaci di proseguire e di trasportare l’orrore che il coacervo di malvagità andava perpetrando.

    Cibràn non ne poteva più. Tutto ciò a cui aveva assistito in quegli istanti di battaglia era orribile, era rivoltante. Una cosa simile non sarebbe mai dovuta essere possibile sulla faccia della terra, chiunque avesse deciso di prelevarla dai suoi incubi e renderla reale davanti a lui meritava di svanire.
    E tra i suoi palmi aveva il potere di sistemare le cose, di rimettere ordine a quel caos. Di quietare quel grido di sofferenza per sempre.

    Fece crollare il tetto. Le braccia della creatura la protessero, ma non abbastanza da salvarla dalla pioggia distruttiva che si abbatté sul suo corpo, che la oppresse e schiacciò a terra. La vide scomparire tra la polvere sollevata da quell’attacco, un lungo istante di quiete ne seguì.

    Sentiva ogni terminazione del suo corpo pulsare di energia, ora. Se ne accorse mentre rimaneva fermo ad osservare, in fremente attesa. Si rese conto di come l’energia che era rimasta covata dentro di lui fino a quel momento ora scorresse in maniera sempre più fluida e genuina dentro di lui, e di conseguenza di come ogni suo movimento tenesse conto di ciò.

    La sua percezione si stava espandendo, osservava i dintorni con più lucidità e consapevolezza; era consapevole di possibilità che prima non era capace di scorgere o immaginare. Il potere dentro il suo corpo sembrava tale da trasudare attraverso la sua pelle; era pronto a scattare come una molla al suo massimo punto di contrazione, come se, al pari delle proprietà elastiche di essa, combattere fosse il solo compito per cui era stato creato e la cosa che più gli sarebbe riuscita naturale una volta rilasciata quell’energia.

    Lì in quel momento, percepì nel suo intimo la stessa sensazione di naturalezza che provava quando si muoveva sul palcoscenico, quando intratteneva il suo pubblico con i più disparati numeri, performance teatrali o esibizioni di canto e accoglieva in sé il calore della folla.
    Quel magazzino fatiscente era il suo palco, e sarebbe stato capace di calcarlo con la stessa passione ed energia con cui accendeva gli animi, con cui trascinava le folle e attirava gli sguardi.
    Serviva solo che il sipario si aprisse, un’ultima volta. E come sotto un suo silente comando, come quando diceva a VIola di attaccare o segnalava con un cenno a Kyle di iniziare la loro introduzione… accadde.

    Un boato di energia oscura e maligna fece schizzare i frammenti in ogni dove, rendendo il magazzino un campo minato di ferraglie impazzite che, come dopo lo scoppio di una granata a frammentazione, vennero scagliate in ogni dove. Polvere e detriti erano ovunque, occludevano la sua vista impedendogli di osservare il campo di battaglia.
    Ma rimase lucido. E in quel momento, invece di provare timore per quell’energia provò un senso di piacere, sentì la sua anima bruciare.

    << Non fuggire da… noi. Siamo tutto.>>

    La terrificante voce della creatura risuonò ancora nell’aria. Ogni suo timore era riversato in quelle parole, era come se quel mostro gli leggesse l’anima. Sentiva di non star combattendo qualcosa di normale, sentiva di star lottando contro coloro che erano ceduti alla corruzione e avevano perso la loro anima nel mentre.
    Era tutto ciò che aveva sempre immaginato per sé stesso, un giorno. Finire così, come tutti i suoi cari avevano fatto.

    Ma era diverso, ogni fibra del suo corpo continuava a gridarglielo. Quel potere stava tracciando per lui un diverso cammino, illuminato da fiaccole ardenti che non aveva mai potuto vedere prima, o che aveva sempre scelto di ignorare. Cosa lo avesse condotto fin lì non riusciva a spiegarselo, ma non avrebbe ignorato la cosa. Lo doveva a tutti coloro che avevano avuto il coraggio di guardare in faccia la morte prima di lui.

    E quel mostro non erano loro, quel mostro era la corruzione che parlava attraverso i corpi straziati delle sue povere vittime. Gliel’avrebbe fatta pagare, per tutto quanto.

    Y pronto ya no serás nada.

    Il suo corpo era caldo, sul punto di bruciare come se fuoco puro scorresse nelle sue vene, con tutte le conseguenze del caso. Era doloroso, straziante persino, un dolore che rimpiazzò quello delle ferite riportate da tanto era intenso e pervasivo. Ma era un dolore che lo faceva sentire presente, che lo faceva sentire vivo dopo anni di torpore, e non avrebbe cambiato quella sensazione per nulla al mondo.

    Cibràn aveva sempre brillato di luce propria. Ma ora, ora era il momento di ardere come mai aveva fatto prima.

    Strinse i denti ed i pugni, inghiottendo ogni sofferenza. I suoi occhi erano puntati verso l’ammasso di polvere davanti a sé, ed era in assoluto silenzio.
    Fermo, in allerta, consapevole a quali indizi sensoriali avrebbe dovuto fare attenzione, pronto a reagire.
    Conosceva il palco e lo spettacolo, e sapeva come condurlo verso la sua conclusione.

    Es hora del número final.


    Un baluginio ed un sibilo spezzarono il silenzio. Una sfera di energia contundente, la stessa di prima, emerse dalla polvere diretta ad altissima velocità verso di lui.

    Ancor prima che emergesse la stava aspettando, ed era pronto a rispondere. Questa volta scelse non di deviare il corso dell’attacco, ma sarebbe stato lui stesso ad opporvisi. Portò le braccia in avanti, fece ancora una volta convogliare l’energia cinetica attraverso le braccia e la plasmò al loro esterno in maniera misurata, formando una traslucida barriera di forza che pose di fronte a sé. Il colpo contundente andò ad infrangervisi ed esplose, propagando la sua energia lungo la barriera. Ne venne sospinto all’indietro di qualche metro e si protesse con le braccia davanti al volto, sentì per un attimo il fiato mancargli in corpo come se fosse stato appena colpito da un pugno alla bocca dello stomaco. Al contempo, come un gigantesco siluro osservò la figura del corrotto schizzare fuori dalla polvere in una traiettoria ad arco diretta verso di lui, le braccia protese in avanti determinate un’ultima volta a stringersi in un abbraccio mortale, a farlo unire a loro.

    Per loro sfortuna, ormai aveva preso la sua decisione. Non avrebbe più accettato quell’offerta.
    E nonostante ciò… scelse di non spostarsi, di aspettare il suo arrivo. Non avrebbe avuto paura, sarebbe corso in faccia alla morte, al suo peggiore incubo e l’avrebbe affrontato una volta per tutte.

    Mantenne la sua barriera eretta, alimentandola ed assicurandosi che rimanesse ben salda al suo posto. Intanto, alcuni strali energetici si allungarono verso il corpo del mostro, arrivando a ghermirlo alle braccia protratte. Iniziò ad applicare una forza su ciascuna di esse per aprirle e piegarle verso l’esterno, sfruttando anche la mole della creatura per accentuare questa spinta sulle parti più “fragili” e pieghevoli dell’essere. Questo non solo avrebbe rallentato la caduta del mostro trascinandolo di fatto in direzione opposta, ma gli avrebbe anche consentito far in modo che non fossero gli arti il punto con cui si sarebbe dovuto scontrare.

    Piantò i piedi a terra, fletté le ginocchia, tenne i palmi rivolti in avanti a sostenere costantemente la sua muraglia difensiva e si preparò all’impatto. E poi attese, istante dopo istante, fino a quando la massa della creatura non gli fu addosso.

    Lo schianto fu brutale: la carne putrida del mostro si schiantò sulla sua barriera psicocinetica con un boato. Sbuffò, strinse i denti e piantò i piedi per terra mentre schizzava all’indietro per via della differenza di massa e di forza, mentre la barriera come un vetro iniziò ad incrinarsi e a perdere frammenti. Sentì le ossa delle braccia scricchiolare, temette per un istante di vederle spezzarsi come stuzzicadenti. Vide liquido rosso scorrere lungo di esse e seppe che era il suo sangue: era l’unico di quel colore in quello scontro. Lo stesso del fuoco.

    La corsa all’indietro terminò, e lui non perse un istante sebbene sentisse i polmoni svuotati e il corpo bruciante di dolore.

    Ora tocca a me.

    Dissolse quello che rimaneva della sua barriera e rimodellò rapidamente la sua energia psichica facendola scivolare verso gli arti inferiori. Era tempo del suo ultimo assalto.

    L’energia psicocinetica che aveva afferrato gli arti del mostro si rinforzò, agendo come pesanti manette: voleva tenere bloccati i suoi arti, tenerlo fermo in quella posizione scoperta. Non gli rimaneva molta energia, ma sarebbero bastati quei preziosi instanti. La spinta psicocinetica nelle sue gambe agì, facendolo scattare in avanti come un proiettile verso il mostro. Allo stesso istante il suo corpo traslò in avanti, ricucendo immediatamente la distanza che lo separava dalla creatura. L’energia cinetica si spostò un’ultima volta, concentrandosi nel suo pugno caricato all’indietro. In quel pugno racchiuse ogni sentimento, ogni emozione negativa e positiva che aveva verso quello scontro. Ogni nuovo grado di consapevolezza che in quei pochi minuti era riuscito a raggiungere. E tutto il suo Cosmo. Sfrecciò verso la creatura, la pelle che bruciava e il cuore che batteva all’impazzata nel petto.

    Inigo, tio Xoel, ora capisco perché lo avete fatto, perché avete scelto di correre incontro al pericolo nonostante il terrore.
    Avete scelto di non essere scintille, ma fiamme che illuminassero la notte. Lo avete fatto anche se ha comportato il perdere la vostra vita.
    Il fuoco che sento dentro di me è anche il vostro. Non lo disonorerò.

    Si sentiva al centro dell’attenzione, il protagonista di quel momento, in quel numero finale che l’avrebbe portato infine allo scrosciante applauso del pubblico.
    Il sangue che cadeva a rivoli dalla ferita sul volto e che impregnava il suo fianco era rosso e ardente come l’impeto focoso della sua anima.
    Ardeva Cibràn, nel cuore e nel corpo.
    Ardeva per la sua famiglia, lo stava facendo anche per loro, per portargli la giustizia che meritavano.
    Ardeva per Zio Xoel, per il suo esempio eroico che aveva alimentato a carbone la sua determinazione.
    Ardeva per Nevia, che sarebbe stata fiera di lui se solo avesse potuto vederlo, e forse lo avrebbe anche preso a meritati schiaffi.
    Ardeva per Miguel, che nemmeno conosceva ma diavolo, che cosa importava? Riusciva a sentire il suo Cosmo bruciare in lontananza, e anche lui lo stava ispirando a lottare fino alla fine.
    Ardeva per sé stesso, per la rinnovata forza che era riuscito a trovare scavando dentro di sé.
    Senza fuoco ardeva, perché il fuoco di Cibràn Toledo Arubal era nei suoi occhi dorati e luminosi, dove l’immagine del corrotto si riflesse per un ultimo istante prima dell’impatto con il pugno portato avanti dalla mano destra, che si mosse ad una velocità alla quale il mostro non avrebbe nemmeno potuto percepirlo, come un fascio di luce.

    Gridò, sfogando tutta la sua energia. Sentì l’impatto, le fibre del molle corpo del mostro strapparsi ed il suo pugno che attraversava il corpo del mostro come burro fuso. Sentì il grido brutale, straziato, una cacofonia di voci doloranti che sembravano uscite dall’inferno. Sentì un liquido avvolgere il suo braccio. Rimase lì per qualche istante e poi ritrasse l’arto con brutale forza, strappando ulteriore carne nel processo. All’istante, un fiotto di sangue nero emerse dal buco che aveva lasciato nella creatura, travolgendolo e schiantandolo a terra come un geyser di petrolio. Cadde prono,ricoperto di melma. Alzò il capo per osservare il mostro che arretrava sulle sue gambe tremanti, un enorme squarcio nel petto. Urlò più forte che mai, dimenando le braccia come flagelli impazziti prima di… crollare sul suo fianco, bagnando il terreno con il suo putrescente icore. Le sue braccia si afflosciarono. Non si stava più muovendo.
    Cibràn rimase fermo immobile, il petto che si sollevava ed abbassava rapido. Non si muoveva. Era… finita.

    Asqueroso.

    Cercò di alzarsi sui gomiti e scoprì che le braccia erano troppo doloranti, faticava persino a pensare di muoverle. Il suo corpo era inerme, privo di ogni forza. Il fiato era corto, abbastanza per un’ultima frase. Sorrise, guardando il cadavere del mostro che già gli sembrava in putrefazione, la vista annebbiata dalla fatica e dal dolore.

    Riposate per sempre, si puedes.

    A quel punto lasciò cadere anche la testa all’indietro sul sul pavimento polveroso del magazzino. I suoi occhi si chiusero mentre la sua fiamma arrivava a spegnersi dopo aver bruciato tutto il suo combustibile, dopo aver brillato come non mai.




    Nome: Cibràn Toledo Arubal
    Fazione: Grande Tempio
    Armatura: //
    Stato Fisico: Spalla contusa, ematomi ed escoriazioni su entrambi i polsi, grossa botta sul fianco sinistro con varie costole rotte ed emorragia interna, lieve trauma cranico, braccia martoriate e con microfratture dopo l'impatto con la mole della creatura, ogni fibra del corpo bruciante di dolore per l'estremo sforzo a cui è stata sottoposta
    Stato Psicologico: Eccitato dalla battaglia, soddisfatto dall'aver portato giustizia alla sua famiglia e alle povere anime corrotte intrappolate in questo schifo, completamente provato e incapace di rimanere cosciente a fine scontro

    Riassunto azione: Allora. Cibràn erge una barriera psicocinetica per difendersi dall'attacco debole, che lo sospinge all'indietro ma non gli provoca danni, poi usa la stessa barriera rinforzandola dopo il primo colpo per tankare anche l'attacco forte, nel mentre sposta gli arti della creatura verso l'esterno per far sì che non siano essi ad impattare con la barriera ma solo la sua mole.
    Viene spinto all'indietro, la barriera quasi si frantuma sotto l'assalto ma non crolla e le sue braccia risentono particolarmente dell'attacco. A quel punto fa svanire la barriera e ridireziona l'energia psicocinetica nelle gambe per spingersi in avanti (supporto?), nel frattempo tiene fermi gli arti della creatura con le morse di Psicocinesi già precedentemente applicate (AD) e infine, con Teletrasporto, si porta a cortissimo raggio in un istante e la trapassa con un pugno nel centro del suo corpo (AF), perforandola e sbudellandola definitivamente.
    Poi sviene, giustamente.





  13. .
    1 - Sì, mi era chiaro che la meccanica AD+AF non fosse obbligatoria, però era la casistica sulla quale avevo più dubbi per come gestire la Difesa, per quello le mie domande si sono concentrate lì!
    2 - Chiaro, capito la differenza
    3 - Ti ringrazio per il consiglio, al momento sono anche forzato dalle circostanze a concentrarmi sulla psicocinesi e credo proprio sia meglio così: c'è già parecchio da imparare!


    Difesa: Ok, tutto chiaro, vedrò di fare attenzione alla cosa.

    Attacco: Ok, quindi un'idea vincente (ma non obbligatoria) per una Difesa efficace con la Psicocinesi sarebbe quella di unirla al movimento di Attacco sfruttandone la versatilità. Quando dici "morsa" intendi un effetto di schiacciamento causato dalla Psicocinesi, giusto? Da agganciare come proseguo di un'eventuale spinta psicocinetica usata in precedenza come Difesa.

    Capito anche l'aspetto del mischiare i poteri, di default andavo a pensare che "più poteri unisci meglio è", ma ha senso che sia piuttosto una questione di unirli se ha senso con ciò che si vuole ottenere, e a conti fatti Psicocinesi è così malleabile che sarebbe bastata per gestire l'intera situazione, mi è chiaro.

    Grazie mille per la risposta, ora mi è un po' più evidente su quali possibilità sia meglio concentrarsi e ne terrò assolutamente conto nei prossimi post!
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    Buongiorno, volevo riaprire un secondo la questione sul "movimento di difesa" portando il mio caso specifico, perché ho ancora parecchi dubbi su come valutare certi scenari.

    Nel penultimo post (ad oggi) del mio add (QUA) ho spezzato la difesa tra Attacco Debole e Attacco Forte, utilizzando per il primo la psicocinesi e per il secondo l'uso singolo del Teletrasporto per evitare completamente un attacco. Qui mi è chiaro perché ci sia un errore: ho usato due stratagemmi completamente diversi per evitare un Attacco in Combo, laddove evitare (parzialmente) l'Attacco Debole era già parzialmente una Difesa che cambiava lo scenario e avrei dovuto proseguire in quella direzione, oppure utilizzare direttamente il Teletrasporto monouso per schivare in toto il colpo.
    Quindi qua l'errore è appunto spezzare la Difesa in due piuttosto che svolgere una "Difesa in Combo", insomma un movimento fluido per difendersi (Io l'ho interpretata così, ma nel caso mi stia sfuggendo altro fatemi sapere!).

    Mi è meno chiaro se invece sia legittima l'azione che ho compiuto nell'ultimo post (sempre ad oggi): ho "scelto" di prendermi in pieno l'Attacco Debole per concentrare tutta la mia Difesa sull'Attacco Forte; Nel farlo ho utilizzato due poteri contemporaneamente, vedi una concentrazione di Cosmo per schermarmi dall'attacco e Psicocinesi per rallentare ed opporre resistenza al movimento nemico, così da difendermi il più possibile.
    In quest'ultimo caso, si può comunque parlare di movimento fluido anche se i due poteri non sono davvero "integrati" tra loro e stanno agendo sì in combinazione per ottenere un migliore effetto, ma di fatto su due istanze diverse dell'attacco in arrivo?
    Sarebbe forse stato meglio utilizzare solo un potere per difendersi (es. Psicocinesi per rallentare il movimento d'attacco nemico + blast psicocinetico a breve distanza per opporre resistenza) ? Oppure, sarebbe stato meglio integrare in maniera più concreta Psicocinesi e Cosmo per far risultare il movimento, appunto, fluido e unico?

    Grazie in anticipo per le delucidazioni che mi potrete dare!
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    La sangre sin fuego hierve




    La sangre sin fuego hierve




    Narrato - Parlato - Pensato




    Percepì l’impatto delle sue nocche con la flaccida pelle del mostro. Percepì le formazioni ossee all’interno dell’abominevole arto prima incrinarsi e poi spezzarsi del tutto sotto i suoi due colpi in sequenza. Osservò del liquame nero dipanarsi dalla ferita inferta, ora che la gamba era piegata in una posizione ancor più innaturale.

    L’aveva fatto, aveva ferito gravemente quell’essere immondo. Sentì un fuoco dentro di sé che non aveva mai provato prima nel momento in cui realizzo che era stato lui a compiere quel gesto. Era come se, dopo anni in cui aveva vissuto intrappolato in un incubo, tormentato da quei pensieri che tanto cercava di rifuggire ma che continuavano a riaffiorare notte dopo notte, adesso stesse realmente trovando la forza di reagire e restituire alla causa delle sue angosce tutta la sofferenza che aveva attraversato. Stava sfogando in quei colpi qualcosa di depositato in lui nel profondo, qualcosa che non aveva mai avuto il coraggio di tirare fuori fino ad ora. Stava dimostrando a sé stesso che fuggire dai problemi non era tutto ciò che era in grado di fare.

    E Dio, quanto era disgustosa quella visione, quelle viscere e quel sangue. Ma nel suo sguardo ora non c’era titubanza o dubbio, solo fiera determinazione nel portare avanti quello scontro che, ogni secondo di più, gli pareva di poter sostenere. Stava testando quei poteri, la loro intensità che non riusciva a quantificare ed i loro limiti che non riusciva ad intravedere.
    Sebbene stesse lottando per la sua stessa vita, era una sensazione di libertà magnifica, ineguagliabile.
    Ma bastò poco a risvegliarlo da quell’estasi.

    L’urlo del mostro trapanò il suo cervello, proiettato attraverso il simulacro di una bocca apparsa per l’occasione. Non vi era nulla di umano in esso, un suono totalmente alieno che lo riempì di brividi e lo fece vacillare. Al contrario, la creatura perse l’equilibrio nonostante le gravi ferite, e prima ancora che lui potesse ritrarsi dal suo attacco ecco che le decrepite braccia si stavano nuovamente allungando nella sua direzione come rovi selvaggi.

    Non ebbe la prontezza di riflessi di ritrarsi prima che le dita ossute lo cingessero con vigore sovrumano ad entrambe le braccia, facendogli istantaneamente provare un forte dolore, come se i suoi polsi fossero stati chiusi in delle morse. Una sensazione di panico lo assalì, e si trovò a concentrare tutte le sue energie alla sua mente ancora una volta nel tentativo di scomparire e ricomparire da un’altra parte, così da sottrarsi ancora una volta al problema… soltanto per accorgersi che non era così che funzionava, di come il suo corpo non fosse ancora in grado di far affluire tanta energia in così breve tempo. Di come stavolta quella semplice soluzione non fosse più a portata di mano. Ora era bloccato in quella morsa letale da cui stava cercando di liberarsi senza successo, strattonando all’indietro mentre invece la creatura lo portava verso di sé. Osservò la massa informe roteare sul suo asse, pronta a travolgerlo a piena potenza usando gli arti rimanenti come delle pesanti mazze. Gli era ormai chiaro che non si sarebbe spostato da quella traiettoria a breve.

    Scelse dunque di ripiegare su un’altra strategia, più immediata: sentiva l’energia fluire nel suo corpo in maniera omogenea, e sentiva di poter manipolare tale flusso in maniera più o meno precisa. Immaginò di ergere una difesa sul suo corpo utilizzando quell’energia, premurandosi soprattutto di proteggere la sua testa in quanto essere colpito lì a piena potenza sarebbe potuto rivelarsi letale. Così come la creatura la manifestava sui suoi palmi, cercò di rendere concreta quell’energia tra il suo capo ed il braccio che stava per colpirlo, preparandosi all’impatto. Al contempo, esercitò tutte le sue energie mentali nell’imporre sulla creatura un vettore preciso, diametralmente opposto a quello che stava compiendo. Immaginò di afferrarla con quei tentacoli di energia simili a piume che aveva immaginato poc’anzi e , con essi, di avvolgerla e farla ruotare su sé stessa in direzione contraria alla torsione che essa stava mettendo in atto. Immaginò anche di afferrarla e tirarla indietro per le braccia, riportandole alla loro posizione iniziale. In sostanza, di rallentare il più possibile quella rotazione che l’avrebbe condotta all’impatto col suo corpo a breve.
    Era quasi certo che le sue capacità non sarebbero bastate ad annullare totalmente l’attacco, ma quantomeno a rallentarlo in parte, quanto bastava per subire il colpo in maniera ridotta… quanto bastava per sopravvivere.

    E l’impatto arrivò. Le braccia sbatterono su di lui pregne dell’energia contundente che aveva già osservato in precedenza, esplosiva e devastante, mentre gli altri due arti lo tenevano fermo in quella posizione impedendogli di essere sbalzato via. Fu come essere colpito da due pesanti martelli, il dolore fu lancinante, come una scossa che percorse il suo intero corpo. L’energia che aveva accumulato come scudo sulla sua testa bastò a ridurre l’impatto a sufficienza da non fargli perdere i sensi, sebbene la sua vista divenne bianca e offuscata per diversi istanti. Invece, sentì qualcosa rompersi nel suo fianco, la sensazione quella di essere attraversato da un milione di lame in quel preciso punto del corpo. Soffocò un grido di dolore mentre dei rivoli di sangue gli correvano sulla fronte e gli bagnavano la guancia ed il mento, ridotta conseguenza dell’impatto alla testa. Sentì il suo cuore battere nel petto e risuonare nelle sue orecchie sempre più forte, mentre i suoni ambientali erano come ridotti dallo stato in cui si trovava.

    Immerso in quel mare di dolore che mai aveva provato così intensamente in vita sua, osservò la bocca della creatura manifestarsi di nuovo. Si mosse ipnotica e pronunciò delle parole sconnesse, come al rallentatore, ulteriormente offuscate dai suoi sensi obnubilati. Parole lente, confuse, ma dal significato cristallino.

    «Ora ti unirai... a... noi...»

    I suoi occhi si allargarono, sentì la pelle gelida e il cuore sprofondare in un abisso.
    Quell’amalgama di arti e carne, un tempo… erano delle persone. Ne aveva già avuto sensazione in precedenza, ma ora quella consapevolezza si stava facendo strada in lui e poteva vederla con chiarezza. Quelle forme distorte e corrotte erano stati esseri umani come lui, con la loro vita, i loro cari, le loro passioni, i loro sogni. E adesso erano soltanto un putrido ammasso di energie oscure, nate solo per uccidere e trasportare altri con sé. E stavano parlando, a lui, in una malata messinscena.

    Ma era soltanto una messinscena, una derisione? O c’era qualcosa, qualcuno di senziente lì dentro? Schiuse le labbra tremanti, in preda alla sofferenza e alla confusione. Le parole faticavano ad uscire per via del fiato tagliato corto.

    Mamma… papà? Inigo, Diego, siete voi? Siete lì dentro?

    Una vana speranza si fece strada nel suo cuore. La speranza che lì dentro, da qualche parte, le persone che aveva amato fossero ancora vive e lo avessero trovato. Li immaginò uno ad uno, intrappolati in quegli involucri mostruosi, costretti a quel macabro spettacolo da un’oscurità che non erano in grado di sopprimere. Ma coscienti e… in qualche modo, vivi. Gli stavano chiedendo di unirsi a loro, di smettere di soffrire e lasciarsi andare.

    E avrebbe così tanto voluto accettare, lasciarsi cadere in avanti verso quelle fauci, lasciare che la creatura lo divorasse, che la sua attuale vita trovasse un termine… tornare da loro, in quel macabro conforto nel sapere che tutto sarebbe finito, che anche lui avrebbe seguito il loro destino. Eppure, il pensiero di sua sorella che aspettava il suo ritorno, il pensiero di tutte quelle altre persone che sarebbero state divorate e costrette a vagare in eterno se non si fosse ribellato adesso, lo trattennero su questa terra.
    Non voleva andarsene. Non poteva andarsene.

    Sentì gli occhi arrossati riempirsi di lacrime che scorsero sul suo viso al pensiero di non potersi permettere di fare quello che avrebbe voluto, di non poter cedere a quella dolce, terribile bugia, a quella minuscola ed effimera speranza di rivederli. Ma doveva essere risoluto.
    Lasciò che la sua mente si spalancasse di nuovo e sentì nuovamente quella sensazione vibrante percorrerlo da capo a piedi. Era di nuovo pronto. Doveva andarsene da lì.

    In un battito di ciglia si ritrovò dall'altro lato del magazzino, libero dalla presa del mostro. Ricacciò la sensazione di vomito che stava provando per quello spostamento tanto repentino, deglutendo con forza. Cercò di rifiatare per quanto possibile, sentiva i polsi doloranti e la sua vista era ancora vagamente annebbiata. Evitò totalmente di sfiorarsi il fianco dato il dolore troppo intenso. Osservò dalla distanza la creatura, in pena.

    Perdóname… io non posso… lasciarti così.

    La sua volontà di lottare fu rinnovata dalla realizzazione appena avuta. Non poteva lasciare quelle persone, chiunque esse fossero, in quello stato di sofferenza, in quella infernale distorsione della loro esistenza. Per quanto non volesse crederlo, quella che aveva di fronte era un'aberrazione. Non era vita.
    Non era giusto. Doveva… farlo smettere.

    A fatica le braccia sopportando il dolore, aperte di fronte a sé. Fece scorrere l’energia cinetica sul suo corpo come fosse corrente fino alla punta delle dita di entrambe, e poi le fece scattare in avanti rapidamente, come se stesse lanciando qualcosa. In realtà, due lame di energia cinetica si sarebbero generate da quel movimento, lanciate quasi in contemporanea contro il mostro ed intenzionate a colpirlo nella parte superiore del suo corpo, dove più o meno la bocca era apparsa.

    Questo primo attacco, in realtà, non sarebbe stato altro che una distrazione per ciò che avrebbe tentato di fare dopo: alzato lo sguardo avrebbe concentrato il suo potere sul tetto del magazzino dentro il quale ancora si trovavano, cercando di coinvolgere un’area più ampia possibile. Avrebbe iniziato ad esercitare una grande forza verso il basso, usando tutte le forze a sua disposizione per trascinare giù quanti più elementi possibili del soffitto e farli crollare in testa alla creatura, cercando di coinvolgerla in un’immensa pioggia di macerie e seppellirla con essa. Contava sul fatto che i movimenti di essa fossero ora rallentati dalla gamba rotta, e che la sua distrazione potesse guadagnargli abbastanza tempo per attuare il crollo prima che si spostasse.

    Era disposto a far crollare l’edificio, se quella fosse stata la conseguenza della sua azione, ma doveva fermare quel mostro, per sempre.
    Doveva dare pace a quella gente.


    Nome: Cibràn Toledo Arubal
    Fazione: Grande Tempio
    Armatura: //
    Stato Fisico: Spalla contusa, ematomi ed escoriazioni su entrambi i polsi, grossa botta sul fianco sinistro con varie costole rotte ed emorragia interna, lieve trauma cranico. uno splendore insomma
    Stato Psicologico: Stordito dal dolore, determinato a dare pace alla creatura per più di una ragione

    Riassunto azione: Eccoci. Allora, Cibràn questa volta non può fare il furbo e non riesce a sfuggire all'AD, di conseguenza cerca di difendersi come possibile dall'AF concentrandosi soprattutto sul proteggere la testa tramite un'emanazione di Cosmo e rallentando il movimento nemico con una torsione inversa a quella che sta svolgendo. Riesce a difendere decentemente la testa ma subisce molto intensamente il colpo portato al fianco che lo devasta internamente. Appena riesce si teletrasporta via molto lontano dal mostro (direi un 30 metri di distanza se il magazzino lo consente), riprende il fiato e genera due lame cinetiche dalla distanza per attaccare e distrarre il nemico (AD). Poi concentra tutte le sue energie psicocinetiche sul tetto coprendone un'area molto vasta sopra alla creatura (a Gialla ho visto che il massimo è 140 metri, ma farei circa 40 metri di diametro con la creatura al centro del cerchio) e cerca di far crollare quanto più materiale possibile dal tetto, con l'intenzione di farlo letteralmente collassare nell'area coinvolta, per cercare di seppellirla sotto una pioggia di detriti.

    p.s. Grazie per tutti i consigli del giro precedente. Qui ho cercato di mettere delle misure alle distanze e all'area di effetto dei poteri, anche su questo ci sto prendendo la mano quindi spero di aver fatto stime più o meno corrette.







    Edited by - Andrew - - 19/4/2024, 00:25
30 replies since 23/3/2024
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