[the tearing]

caligola~ → Black Freccia

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    La stanza era immersa nell'oscurità, illuminata solo dalla flebile luce di una candela tremolante posizionata sul tavolo di legno logoro. Ljuben Stoeva si trovava al centro di quel piccolo salotto del Condominio ormai in rovina, il suo sguardo fisso e concentrato mentre tracciava disegni intricati sulla sua pelle con una lama affilata. Il braccio sinistro di Ljuben era un mosaico di cicatrici e segni, un testamento delle sue innumerevoli sperimentazioni con la magia proibita. Con mano ferma, incise cerchi alchemici intricati, intrecci di simboli antichi e rune misteriose che risplendevano con una luce pallida al contatto con il suo sangue. Il dolore era solo un'eco lontana nella mente di Ljuben, oscurato dalla sua sete insaziabile di conoscenza e di potere. Mentre completava il suo disegno, una tensione elettrica carica nell'aria si intensificava, avvolgendo la stanza in un'atmosfera di anticipazione e di mistero.

    La lama affilata mordeva la pelle di Ljuben con ferocia, tracciando linee rosse che si trasformavano in cerchi alchemici intricati. Ogni taglio era come un grido di dolore silenzioso che risuonava nel vuoto della stanza, un'eco oscuro dei tormenti che affliggevano l'anima di Ljuben. Il suo braccio tremava leggermente sotto il peso della lama, ma la sua determinazione era ferma come una roccia infrangibile. Il dolore bruciante si diffondeva attraverso il suo corpo come un fuoco selvaggio, avvolgendo ogni fibra del suo essere in una morsa implacabile. Ogni incisione era un'agonia che si mescolava con una strana sensazione di euforia, una danza distorta tra dolore e piacere che lo lasciava stordito e incerto. Eppure, nonostante il tormento che si insinuava nel suo spirito, Ljuben perseverava. La sua mente era un turbine di pensieri confusi e dubbi angoscianti mentre incideva i simboli antichi sulla sua pelle, chiedendosi se le sue teorie avrebbero avuto successo o se sarebbero state solo un'altra vittima del fato crudele.

    Mentre il sangue scorreva libero dalle ferite fresche, Ljuben sentiva l'incertezza stringere il suo cuore con una presa gelida. Le sue mani tremavano leggermente mentre completava il rituale, il suo respiro affannoso mescolato con il suono sordo della sua stessa voce che mormorava incantesimi antichi. E quando finalmente sollevò il suo braccio verso il soffitto, i cerchi alchemici incisi sulla sua pelle brillavano con una luce fioca, ma l'ansia lo attanagliava ancora. Non sapeva cosa aspettarsi, se il potere avrebbe risposto alla sua chiamata o se lo avrebbe consumato vivo. Ma non c'era più spazio per i dubbi ora. Chiuse gli occhi e si concentrò, canalizzando la sua volontà attraverso i simboli incisi sulla sua pelle. E allora accadde: un flusso di potere antico e insondabile attraversò il suo corpo, scintille di energia danzavano intorno a lui come stelle cadenti nel cielo notturno. Ljuben sentì il potere fluire attraverso di lui, un'ebbrezza inebriante che lo riempiva di una sensazione di onnipotenza e di invincibilità.
    the tearing
    - Something in the Aftermath -


    Il vento gelido, un sibilo spettrale che sembrava provenire direttamente dall'abisso, si insinuava tra le crepe delle mura diroccate dell'avamposto desolato. Era un vento che portava con sé il lamento dei perduti, un'eco sinistra di un passato dimenticato che danzava tra i ruderi come un'ombra impalpabile. Ljuben Stoeva avanzava con passo deciso, il suo parka nero ondeggiava dietro di lui come un'aquila nel cielo tempestoso. Ogni passo che compiva sembrava eco di un destino oscuro, una figura solitaria immersa nell'abisso delle proprie riflessioni. L'atmosfera intorno a lui era carica di tensione, palpabile nell'aria come l'elettricità prima di un temporale imminente. Le ombre della notte si allungavano sulle macerie, avvolgendo ogni angolo con un manto di mistero e di incertezza. Il silenzio intorno a lui era opprimente, interrotto solo dal lontano ululato del vento e dal suono cupo dei suoi stessi passi.

    Era come se ogni pietra, ogni maceria, portasse con sé il peso di una storia dimenticata, una narrazione silenziosa di tragedia e di desolazione. All'entrata, l'ombra dell'uomo dall'aspetto sospettoso si stagliava contro il fondo oscuro dell'avamposto, come un guardiano solitario dell'oscurità. La sua figura era avvolta in un mantello scuro, tanto logoro quanto lui, che si fondeva perfettamente con l'oscurità circostante, quasi mimetizzandolo nell'ombra. Il tessuto consumato dal tempo pareva assorbire la luce, rendendo ancora più impenetrabile il suo aspetto. Il suo volto, seppur parzialmente nascosto nell'ombra del cappuccio, trasmetteva una sensazione di astuzia e mistero, con lineamenti duri e occhi che brillavano di una luce penetrante, come se scrutassero l'anima di chiunque si avvicinasse troppo. In mano, teneva una lanterna tremolante, il suo bagliore fioco e incerto che illuminava appena la scena circostante, lasciando molti angoli nell'ombra, avvolgendo la figura dell'uomo in un alone di mistero. Il suo sguardo era come una lama affilata, tagliente e acuto, che penetrava la corazza di chiunque lo incontrasse. Era uno sguardo che non si fermava alla superficie, ma scavava nel profondo, cercando verità celate e segreti sepolti. Quando i loro sguardi si incontrarono, un brivido di intuizione corse lungo la schiena di Ljuben. Quell'uomo, con il suo mantello oscuro e il suo sguardo penetrante, sembrava custodire non solo i segreti dell'avamposto, ma forse anche le risposte tanto attese che Ljuben sperava di trovare.

    Ljuben. — echeggiò la voce roca dell'uomo nell'aria carica di tensione, un suono che sembrava provenire da un abisso oscuro di segreti e misteri. — Grazie per essere arrivato così in fretta. C'è qualcosa che devi vedere.
    Il tono era carico di un'urgenza palpabile, come se ogni parola pronunciata portasse con sé il peso di un destino imminente che non poteva essere ignorato.

    Ljuben annuì silenziosamente, sentendo il cuore battere per l'aspettativa di ciò che lo attendeva oltre quella soglia. Ogni passo che compiva verso il suo informatore era intriso di cautela, come se camminasse su un filo sottile che separava la verità dalla menzogna, la luce dall'oscurità. La mente era una tempesta di domande senza risposta, una danza senza fine tra speranza e paura, mentre si preparava ad affrontare ciò che il destino aveva preparato per lui. Si mosse con passo misurato verso l'uomo, scrutandone il volto nell'oscurità. L'uomo sembrava un custode di segreti antichi, con occhi che brillavano di una luce misteriosa sotto il cappuccio. Era come se ogni piega del suo volto raccontasse una storia, una narrazione oscura di pericoli imminenti e misteri celati.

    Allora, dov'è? — chiese Ljuben, la sua voce ferma ma il cuore che martellava nel petto con una forza travolgente. Era come se ogni battito risuonasse nell'aria carica di tensione, un suono che simboleggiava l'urgenza della sua ricerca, la disperata necessità di trovare la verità celata dietro le ombre dell'avamposto.

    L'informatore si voltò lentamente, la sua figura ondeggiante nel buio mentre guidava Ljuben attraverso i corridoi bui e labirintici dell'avamposto. Ogni passo che facevano era accompagnato dallo scricchiolio sinistro delle loro scarpe sulla pavimentazione logora, un suono che sembrava rievocare i lamenti del passato che permeavano ogni angolo dell'avamposto desolato. Il silenzio intorno a loro era opprimente, una coperta fitta e avvolgente che sembrava soffocare ogni suono, ogni parola. Solo il sussurro delle loro stesse respirazioni infrangeva la quiete tetra, un suono che si mescolava con il fruscio dei loro passi mentre si avventuravano sempre più in profondità nell'oscurità. Finalmente, giunsero di fronte a una porta di legno massiccio, che sembrava guardare silenziosamente l'entrata di un regno proibito. Chiusa con cura, sembrava essere la custode di segreti antichi e oscure verità che giacevano al di là delle sue soglie impenetrabili.

    L'individuo si voltò verso Ljuben, i suoi occhi brillavano con un'intensità rara, come se nascondessero una conoscenza primordiale, una verità che avrebbe potuto cambiare il corso della storia. Era un momento carico di significato, un istante sospeso nel tempo, in attesa della rivelazione imminente. Ljuben - di contro - sentì un brivido scorrere lungo la sua schiena mentre fissava intensamente la porta di fronte a lui, come se scrutasse nell'abisso di un segreto antico e potente che attendeva di essere svelato. Era come se la stessa porta respirasse con una boccata d'aria profonda, palpabile nella sua presenza imponente e nella sua aura di mistero.

    Il suo stomaco si contorse nervosamente mentre inghiottiva a fatica il nodo che si era formato nella sua gola, un groviglio di emozioni contrastanti che lo avvolgevano come un serpente che stringeva la sua preda. Era il momento della verità, il momento in cui tutte le sue speranze e le sue paure si scontravano in un turbine di emozioni tumultuose. Ljuben si sentì afferrato dal vortice della sua curiosità, attratto verso quella porta come una falena verso la fiamma. Era consapevole dei pericoli che si celavano dietro di essa, dei segreti oscuri e delle verità nascoste che avrebbero potuto stravolgere la sua percezione del mondo. Ma non c'era più tempo per le esitazioni, non c'era più spazio per il timore. Doveva affrontare ciò che si nascondeva dietro quelle mura, pronto ad accettare le conseguenze del suo destino.

    Eccola. — disse l'informatore, la sua voce un sussurro carico di significato, come il sibilo del vento tra le fronde degli alberi antichi. Era un suono carico di promesse e di minacce, una dichiarazione di intenzioni che risuonava nell'aria carica di tensione.
    L'anomalia di cui ti ho parlato.




    L J U B E N


    Stato: Illeso.

    ABILITÀ E TECNICHE

    Alchimia della Struttura — Analisi. ESP Tipo-1 Mentale.
    Alchimia della Struttura — Composizione. Illusioni Ambientali.
    Alchimia della Struttura — Proiezione. Frecce Proiettili (arma cosmica)

    RIASSUNTO

    I. Poco da segnalare in questa fase. Spero solo di essere all'altezza di un auto-addestramento.


    Edited by caligola~ - 19/3/2024, 11:08
     
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    Inizialmente, quello di immergersi nella lettura delle lettere che sua sorella gli aveva inviato nel corso degli anni, era solo un modo per mantenere vivo il ricordo di quella che una volta era stata una famiglia, un tentativo di affrontare il dolore insopportabile della perdita. Tuttavia, man mano che tornava a rileggere quelle parole intrise di affetto e di mistero, inviategli negli anni immediatamente successivi all'Armageddon, Ljuben cominciò a notare qualcosa di più, qualcosa di sottile e sfuggente che si celava tra le righe. Le frasi apparentemente innocue, i riferimenti enigmatici e le allusioni criptiche di Lidija sembravano acquisire un nuovo significato sotto una luce diversa. Ljuben si accorse che dietro le parole affettuose di sua sorella c'era una sorta di codice, una serie di indizi che indicavano verso qualcosa di più grande e importante. Era come se Lidija avesse nascosto tra le pieghe delle sue lettere la chiave per accedere a un segreto millenario, un tesoro di conoscenza che attendeva solo di essere scoperto.

    Con pazienza e dedizione, Ljuben trascorse giorni e notti scrutando ogni parola, ogni virgola, ogni tratto scritto nelle lettere di Lidija. Era come se ogni riga fosse un tassello di un puzzle intricato, un enigma che attendeva pazientemente di essere risolto. E con il passare del tempo, quei tasselli cominciarono a prendere forma, a delineare un quadro più grande e complesso di quanto avesse mai immaginato. Così, spinto dalla curiosità e dalla determinazione, Ljuben si era immerso sempre più in quelle lettere, scrutando ogni parola con attenzione maniacale, cercando di cogliere il significato nascosto dietro ogni frase e ogni simbolo. E fu in quel processo di rilettura e reinterpretazione che cominciò a emergere la verità: le lettere di Lidija celavano informazioni preziose sull'Alchimia, un'antica arte perduta che aveva il potere di plasmare il mondo stesso.

    Oltre che da un momento di sorpresa e epifania, tuttavia, ciò che travolse Ljuben durante le giornate di studio delle lettere di sua sorella fu una marea indistinta di dubbi e interrogativi. Si chiese come sua sorella, Lidija, potesse conoscere quelle nozioni, se non attraverso la pratica e l'apprendimento diretto. Era possibile che durante quegli anni di separazione, Lidija avesse intrapreso un viaggio, esplorando i segreti dell'Alchimia e facendo proprie le sue arti? L'idea che Lidija potesse ancora essere viva lo colpì come un fulmine. Tuttavia, sapeva in cuor suo, anche alla luce di ciò che aveva ancora solamente inuito in quegli scritti, era altrettanto plausibile considerare che il suo desiderio di conoscenza e potere l'avesse spinta oltre i limiti dell'umano, consumandola nel fuoco dell'Alchimia stessa. Forse il prezzo per l'accesso a quei segreti proibiti era stato troppo alto, e la vita di sua sorella si era spezzata come un ramo fragile sotto il peso di una conoscenza troppo grande per essere contenuta.

    Si trovò così a navigare tra speranze e timori, tra la possibilità di rivedere sua sorella e il terrore di scoprire la sua tragica fine. E mentre cercava di dare un senso a tutte queste incertezze, una sola risoluzione emergeva chiara: aveva scoperto l'esistenza dell'Alchimia, ma non ne sapeva molto. Dinanzi all'incerta prospettiva del futuro e alla ricerca di risposte che sembravano collegarsi al destino di sua sorella, Ljuben decise di intraprendere un viaggio alla ricerca di ulteriori informazioni sull'Alchimia, consapevole che queste conoscenze avrebbero potuto persino condurlo a una verità più grande riguardo al destino di sua sorella.

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    Ljuben spalancò gli occhi di fronte alla scena che si svelava nella piccola stanza al di là della porta. La sua mente non riusciva a comprendere ciò che vedeva, come se fosse stata catapultata in un mondo di assurdità e impossibilità. Di alterazioni, da quando si era unito all'Ordine, ne aveva viste tante e ne aveva risolte altrettante, sempre ricucendo le storture nella realtà che altri avevano accidentalmente o meno causato. Era come se - nella misteriosa architettura della Rete dei Sussurri - il suo fosse quasi un ruolo di raccolta informazioni, a volte di controterrorismo. Mentre altri erano dedicati allo studio dell'Alchimia, all'elevazione dell'essere umano tramite l'approfondimento di dottrine proibite, grazie - o a causa - della sua capacità di discernere, intrecciare e dissipare trame illusorie - a lui toccava il lavoro di dover mettere le pezze ai danni degli schieramenti opposti, o quantomeno intralciarne i progressi. Era uno dei primi nomi che veniva contattato dagli informatori dei Sussurri, o direttamente dai Solificati, quando le scorie e le di uno scontro o dell'azione di qualche fazione nemica potevano essere d'interesse per l'Ordine, al fine di trarre insegnamenti o indizi dalle tracce mnemomiche contenute nelle scorie delle emanazioni cosmiche. Proprio per quel motivo, credeva di essere bene o male pronto a qualsiasi bizzarria, ma doveva ammettere a sé stesso di non aver avuto - almeno fino a quel giorno - cotanta immaginazione.

    Nella piccola stanza, l'atmosfera stessa sembrava piegarsi di fronte all'anomalia che occupava il centro di quello spazio. Un'aura di irrealtà avvolgeva la creatura che si stagliava al centro della scena, come se la stessa essenza del tempo e dello spazio fosse stata distorta dalla sua presenza. Era una visione che sfidava ogni logica, una congiunzione di elementi discordanti che si fondevano in un'unica entità aberrante. La figura, vagamente simile a un pesce iridescente - alieno - ma distorta e deforme, fluttuava nell'aria come una danza sinistra di un'entità prigioniera in un limbo spazio-temporale. Il suo corpo, dalle sfumature lucenti e colorate, emanava una luce sfocata e una precisa impronta cosmica che sembravano danzare e vibrare nell'aria, come se fosse stata forgiata da frammenti di un sogno febbrile. Ma ciò che rendeva veramente spettrale l'essere era il suo movimento. Si muoveva in un loop senza fine, ripetendo gli stessi movimenti con una precisione quasi meccanica, come se fosse stato intrappolato in un eterno ritornello temporale. Le sue pinne ondeggiavano nell'aria con una grazia distorta, i suoi occhi senza vita fissavano nel vuoto con un'insistenza inquietante, mentre il suo corpo si contorceva e si deformava in una danza che sembrava senza fine.

    Era una visione che lasciava Ljuben senza fiato, un'immagine che si insinuava nella sua mente come una lama affilata. Cosa poteva significare quella creatura? Da dove proveniva, e quale era il suo scopo? Domande senza risposta danzavano nel vuoto della sua mente, mentre fissava incredulo lo spettacolo davanti a lui. Era come se avesse trovato una crepa nel tessuto stesso della realtà, una ferita nell'essenza stessa dell'universo. E mentre scrutava l'anomalia che si stagliava di fronte a lui, sapeva che doveva necessariamente dare una risposta a quelle domande, al fine di capire se distruggere quell'anomalia, mantenerla o semplicemente - in qualche modo - invertirla, al file di procurare un qualche vantaggio strategico alla Rete.

    Con passi incerti, come se temesse di spezzare il fragile equilibrio che reggeva quell'essenza, Ljuben si avvicinò lentamente alla creatura fluttuante. Uno stupore senza fine dipinse il suo volto, mentre i suoi occhi scrutavano con intensità l'essere che si trovava di fronte a lui. Era come se si trovasse di fronte a un'opera d'arte surreale, una visione che sfidava ogni logica e comprensione umana. Le domande ronzavano incessanti nella mente di Ljuben, come api impazzite in cerca di un nido. Qual era lo scopo, l'origine di quell'anomalia? Come avrebbe dovuto risolverla? Era come se fosse di fronte a un enigma cosmico, un segreto primordiale che giaceva nascosto nelle pieghe dello spazio e del tempo.

    Per cercare di ripristinare quell'alterazine, Ljuben si concentrò con tutta la sua volontà, richiamando le conoscenze dell'Alchimia che aveva accumulato nel corso degli anni, e controllando la propria energia cosmica attraverso di esse. Le energie, antiche e misteriose, danzavano intorno a lui come fili invisibili, pronte a essere tessute in un intricato intreccio di potere e intenzione. Con gesti precisi e studiati, come un artigiano che intesse un elaborato tappeto di magia, Ljuben cercò di stabilire una connessione con l'alterazione spazio-temporale che lo circondava. Le sue mani si muovevano con grazia e fermezza, plasmando il suo grigio cosmo intorno a sé come un'alchimista che manovra gli elementi per creare la sua magia. Era una danza delicata e potente, un'armonia di movimenti e intenzioni che si fondevano in un'unica sinfonia di potere e volontà. Ma quando l'emanazione cosmica di Ljuben entrò in contatto con quella del glitch, un tremore agghiacciante lo attraversò improvvisamente. Una scarica di energia, intensa e incontrollabile, lo investì come un fulmine, avvolgendolo in un turbine di sensazioni sconcertanti. La realtà intorno a lui sembrava distorta e contorta, come se il tessuto stesso del tempo e dello spazio si fosse strappato sotto il peso della sua volontà implacabile.

    Il mondo si contorse e si piegò intorno a lui, come se fosse stato catapultato in un'immensità senza forma. Le dimensioni si sovrapponevano e si mescolavano in una danza caotica di colori e suoni, mentre la sua mente lottava per comprendere l'abisso di caos che lo circondava. Era come essere stato inghiottito da una tempesta cosmica, una forza primordiale che minacciava di spazzarlo via nell'oscurità eterna.

    Ljuben si risvegliò di colpo, il respiro affannoso e il cuore che martellava nel petto come un tamburo impazzito. La stanza intorno a lui sembrava una prigione di ombre, i contorni familiari dei mobili si mescolavano con le tenebre della notte, mentre la luce fioca di una lampada a basso consumo illuminava appena il suo rifugio nella Rete.

    Era stato solo un brutto sogno, realizzò con un senso di sollievo misto a delusione. Aveva sperato per un momento che l'incontro che avrebbe avuto di lì a più tardi col proprio informatore lo avrebbero portato a una rivelazione che avrebbe potuto finalmente far terminare il corso della sua ricerca per sempre. Ma ora, mentre la realtà lo abbracciava di nuovo con le sue fredde braccia, si rendeva conto che era tutto solo un miraggio, una distorsione della sua mente affaticata dal peso dei suoi stessi desideri e paure.

    Si sollevò dal letto con un sospiro stanco, sentendo il peso della sua missione pesare sulle sue spalle come un macigno. Era stato tanto tempo da quando aveva iniziato la sua ricerca disperata per sua sorella, seguendo indizi flebili e false speranze nel tentativo di trovarla, di portarla finalmente a casa. Ma ogni volta, era stato deluso, tradito dalle promesse vuote del destino. Si alzò e si avvicinò alla finestra, guardando fuori nel buio della notte con uno sguardo vuoto. Era ancora lì, il suo desiderio bruciante di rivedere sua sorella, di scoprire la verità dietro la sua scomparsa misteriosa. Ma ora, quel desiderio era offuscato dalla stanchezza e dalla disillusione, un fuoco che bruciava debolmente sotto le ceneri del suo cuore spezzato. Colpì debolmente il muro col pugno chiuso, prima di cominciare a prepararsi. Aveva un lavoro da fare, e un suo informatore da incontrare.





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    RIASSUNTO

    I. Dunque, come avete notato la struttura del post si articola su due linee temporali. Una passata, la prima parte, nella quale (così come nel post precedente) ho raccolto uno dei momenti chiave dell'avvicinamento di Ljuben ai principi e alla conoscenza dell'Alchimia; una che invece segue la linea temporale della trama dell'avventura principale oggetto dell'auto-add. L'idea è quella di sviluppare questo doppio binario (immagini di momenti chiave nel percorso di Ljuben e avventura) fino a un punto ben preciso della giocata, in cui in un certo senso queste due linee temporali convergeranno.
    II. Inoltre, credo per giustificare e farvi comprendere tutto ciò che c'è dietro al personaggio, e a Lidjia, sia chiarire chi sia la stessa Lidjia. Quando creai il concept di Ljuben, ormai tre anni fa, Ciccio interpretava Lauren, l'Alchimista di Ofiuco, un personaggio che ha peraltro interagito anche con Hybris. Il vero nome di Lauren era Lidija Stoeva, e il progetto all'epoca era di far crescere i PG insieme, di farli ri-incontrare in game a un certo punto. Non credo sarà più possibile farlo, visti che sono passati anni da quel progetto, ma il BG di Ljuben mi piaceva e ho voluto mantenerlo: Lidjia è a questo punto, credo, davvero scomparsa, ma credo questa informazione possa bastare per rispondere alla domanda 'come faceva Lidija a conoscere l'esistenza dell'Alchimia?'
     
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    Ljuben si trovava di fronte a un'antica stele, eretta su un'alta collina che dominava un paesaggio selvaggio e incontaminato. La sua superficie di pietra erano adornata da intricati rilievi e incisioni, simboli - credeva, probabilmente a torto - di un'antica civiltà scomparsa da millenni. Non aveva trovato grossi riferimenti a quelle forme e a quella lingua, se non qualche corrispondenza con alcuni concetti a cui era stato introdotto dalle lettere di sua sorella. Il sole al tramonto tingeva il cielo di tonalità arancioni e rosa, mentre una leggera brezza portava con sé il profumo dei fiori selvatici che punteggiavano il terreno circostante.

    Le dita dell'uomo scorrevano lungo le incisioni, come se cercassero di cogliere qualche traccia nascosta nel granito antico. Era stato un lungo viaggio fin lì, un viaggio iniziato con la speranza accesa dalle lettere di Lidija, la sua unica guida in un mare di incertezze e oscurità. Attraverso gli anni di ricerca, Ljuben era stato guidato da indizi criptici e vaghe allusioni, ma ogni scoperta, ogni tassello del puzzle, lo aveva portato un passo più vicino alla verità. Ma a quel punto, di fronte a quella stele che sembrava emanare una presenza misteriosa, Ljuben si sentiva tanto vicino quanto mai così lontano dallo svelare la chiave della comprensione della soluzione all'enigma chiamato Lidija.

    Gli anni di studio e di ricerca avevano forgiato la sua mente, affinato il suo sguardo e acuito il suo intuito. Ogni incisione, ogni simbolo, raccontava una storia antica, un racconto di un passato dimenticato che attendeva solo di essere rivelato. E Ljuben, con il cuore colmo di speranza e determinazione, si preparava a svelare le verità celate dietro quei segni millenari. Con gesti precisi e metodici, Ljuben si concentrò nel catturare ogni dettaglio della stele attraverso l'obiettivo della sua fotocamera. Ogni incisione, ogni simbolo, veniva immortalato con cura maniacale, come se ogni singolo frammento potesse rivelare una parte nascosta del grande mistero che si celava dietro quei muri di pietra.

    Il clic della fotocamera risuonava nell'aria, intercalato dal suono leggero dei tasti che Ljuben premeva per regolare l'esposizione e lo zoom. Ogni foto era un pezzo del puzzle, un tassello nel grande mosaico della conoscenza che Ljuben stava cercando di comporre. Con ogni scatto, sentiva di avvicinarsi sempre di più alla verità, di accendere una luce nell'oscurità che circondava quei misteriosi simboli. Nella mente di Ljuben si formava già una mappa mentale di quello che aveva immortalato: ogni segno, ogni tratto, ogni incisione era come un nodo nella rete di indizi che avrebbe dovuto risolvere una volta tornato a casa. E mentre fotografava, sentiva la speranza crescere dentro di sé, la speranza di poter finalmente collegare i puntini e svelare il segreto custodito dalla stele.

    Con il calare della luce, Ljuben sentì il richiamo della necessità di ritornare indietro. Guardò una volta ancora la stele, ora illuminata da una luce crepuscolare che conferiva un'aura di mistero alle sue forme antiche. Poi, con un sospiro, si voltò e iniziò a fare ritorno verso casa. Il suono dei suoi passi echeggiava nel silenzio del crepuscolo, accompagnato solo dal fruscio leggero del vento tra gli alberi circostanti. Ljuben portava con sé le immagini catturate dalla stele, le immagini che ora brulicavano nella sua mente come frammenti di un enigma da risolvere. Aveva raccolto ciò che poteva, ma sapeva che il vero lavoro sarebbe iniziato una volta tornato a casa, quando avrebbe potuto studiare attentamente ogni dettaglio delle sue foto e cercare di trarne qualche significato.

    Pochi istanti dopo che Ljuben si fu allontanato dalla stele, un uomo avvolto nell'ombra apparve sulla scena. Non sembrava prestare molta attenzione alla stele, come se già conoscesse i suoi segreti, ma rimase sorpreso nel vedere Ljuben in quel luogo remoto. — Interessante. — mormorò l'uomo tra sé e sé, il tono della sua voce era carico di curiosità. — Non mi aspettavo che qualcuno fosse in grado di arrivare fin qui, da solo.

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    Ljuben si svegliò con il primo bagliore dell'alba, nel rifugio della Rete ancora avvolto nell'oscurità crepuscolare. Il freddo dell'alba penetrava attraverso le crepe delle mura scrostate, avvolgendo il suo corpo con un brivido di anticipazione e ansia. Si alzò dal letto con una determinazione silenziosa, sentendo il peso della missione che lo attendeva come un'ombra minacciosa nella penombra del mattino. Le strade dell'avamposto erano deserte e silenziose, le ombre lunghe dei suoi abitanti ancora addormentati mentre il mondo intorno a loro si svegliava lentamente. Ljuben si avviò verso il luogo d'incontro con l'informatore, il cuore carico di un'anticipazione nervosa che gli serrava la gola. Ogni passo lo portava sempre più vicino al momento cruciale, alla speranza di una svolta nella sua ricerca disperata per trovare sua sorella.

    Ma nonostante la determinazione che lo guidava, i residui del sogno agitato della notte precedente lo tormentavano ancora. Le immagini sfocate e oscure danzavano dietro le sue palpebre chiuse, come fantasmi che lo osservavano con occhi vuoti e senza volto. Cerò di scacciare quei ricordi indesiderati dalla sua mente, concentrato solo sull'obiettivo che lo attendeva all'orizzonte. Ogni passo, ogni respiro, lo avvicinava sempre più al momento della verità, alla speranza di trovare una risposta alle sue domande brucianti. Ma il peso della sua missione era un fardello che pesava pesantemente sulle sue spalle, una responsabilità che gli opprimeva il petto con un senso di oppressione crescente. Tuttavia, non poteva permettere che la paura o il dubbio lo fermassero ora. Doveva continuare, doveva andare avanti, anche se ogni passo lo portava sempre più vicino al baratro dell'ignoto.

    Quando venne a trovarsi di fronte al suo informatore, un individuo il cui volto era avvolto nell'ombra della notte e il cui sguardo penetrante sembrava scrutare l'anima stessa dell'Alchimista, Ljuben venne colpito da uno strano senso di familiarità, come un'eco lontana di un ricordo sepolto nel profondo della sua mente. Era come se avesse già vissuto quel momento, come se le parole pronunciate e i gesti compiuti dall'uomo davanti a lui fossero già stati tracciati nel tessuto stesso del tempo.

    Il déjà vu lo colpì come un fulmine nel cielo sereno, un brivido che gli corse lungo la schiena mentre cercava di afferrare quel senso evanescente di familiarità. Ma la sensazione svanì rapidamente, scivolando via come sabbia tra le dita, e Ljuben si sforzò di concentrarsi sull'obiettivo che lo attendeva. Non poteva permettere che il dubbio o la confusione lo distraessero in quel momento, non quando era così vicino alla verità che cercava. Con uno sforzo di volontà, Ljuben respinse quel il senso di déjà vu che lo attanagliava e si concentrò sull'informatore di fronte a lui.

    Con passo incerto e il cuore che batteva a ritmo accelerato nel petto, Ljuben si mosse seguendo l'informatore attraverso le vie deserte dell'avamposto. Il silenzio della notte avvolgeva ogni loro passo come un mantello oscuro. Le ombre si allungavano lungo i muri scrostati, mentre il respiro ansimante di Ljuben risuonava nell'aria carica di tensione. Giunsero infine al portone oltre il quale doveva trovarsi l'anomalia, un punto nel tessuto stesso del tempo e dello spazio dove le regole della realtà sembravano dissolversi. Mentre il robusto uscio di legno di spalancava, Ljuben sentì il respiro farsi sempre più corto, una sensazione di oppressione che gli stringeva il petto come una morsa implacabile.

    Ljuben si fermò di fronte all'anomalia, gli occhi fissi su quella figura sfuggente che fluttuava nell'aria come un fantasma del passato. La sua mente traboccava di confusione e incredulità, mentre l'immagine di quella strana creatura lo investiva come un fulmine. Era come se avesse già visto quella scena, come se fosse stato catapultato indietro nel tempo verso un momento che non riusciva a ricordare completamente. Una figura simile ad un luccicante pesce rosso, ma priva di senso, fluttuava nell'aria come se fosse intrappolata in un glitch della realtà. Il suo corpo lucente e colorato si muoveva in un loop senza fine, ripetendo sempre lo stesso intervallo di movimenti, come se fosse stato imprigionato in un eterno ritornello temporale.

    Ogni dettaglio dell'anomalia sembrava familiare, come se fosse stato dipinto nella tela dei suoi sogni più profondi. I colori lucenti e vividi della figura simile ad un colorato pesce gatto sembravano danzare nell'aria, rischiarando il buio intorno a loro con una luce iridescente che emanava un calore ancestrale. Ogni movimento della creatura, ogni oscillazione del suo corpo etereo, riecheggiava nell'aria con un suono dolce e ipnotico, come una sinfonia perduta nel tempo. Quella seconda e nuova sensazione deja vu assomigliava molto a un senso di familiarità che gli gelò il sangue nelle vene. Era come se avesse vissuto quella scena innumerevoli volte, come se fosse destinato a rivivere lo stesso momento all'infinito, senza speranza di scampo o redenzione. Ma ogni volta che cercava di afferrare quel ricordo sfuggente, sfuggiva via dalle sue dita come sabbia nel vento.

    Eppure, nonostante la sensazione di familiarità travolgente che lo avvolgeva come una coperta spessa, Ljuben sapeva nel profondo del suo essere che questa era la prima volta che si trovava faccia a faccia con quell'anomalia. Le sue dita tremavano leggermente lungo i margini della realtà distorta, mentre tentava di afferrare il significato nascosto dietro quella visione surreale. Ogni istante era una lotta contro il senso di déjà vu che minacciava di inghiottirlo interamente, e che doveva ricacciare forzatamente se voleva avere qualche chance di allineare la propria emanazione cosmica a quella dell'alterazione, per agire sulla sua sutura.

    Ljuben si trovava immerso in una realtà che non poteva ignorare, una realtà che andava oltre la mera percezione sensoriale. Non si trattava di un'illusione fugace o di un trucco della mente; il suo istinto di alchimista - le sue capacità - glielo gridavano a gran voce. Eppure, nonostante questa certezza, non riusciva a scuotersi quella sensazione di déjà vu che lo avvolgeva come un'ombra persistente. Ogni dettaglio della scena, ogni movimento della strana creatura fluttuante, risuonava nella sua mente con un'eco di familiarità che lo inquietava profondamente. Era come se ogni istante, ogni sguardo, fosse stato già vissuto da lui in un'altra vita, in un'altra dimensione temporale. Ma come poteva essere possibile? Come poteva spiegare quella sensazione così vivida e tangibile?

    Ljuben si sforzò di raggiungere il nucleo della sua coscienza, di analizzare razionalmente ciò che stava accadendo intorno a lui. Ma ogni tentativo era vano, ogni ragionamento caducava di fronte alla potenza travolgente della sensazione di déjà vu. Era come se il tessuto stesso della sua esistenza fosse stato sottoposto a una torsione innaturale, una distorsione spazio-temporale che lo gettava nell'abisso dell'incertezza.






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    RIASSUNTO

    I. Proseguo la doppia narrazione con una scena passata e il prosieguo dell'avventura nel presente :zizi:
     
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    Il Condominio era tutto ciò che restava di un imponente grattacielo che un tempo dominava l'orizzonte di New York. Dall'esterno, poteva sembrare un monumento alla decadenza urbana, con le sue pareti scrostate e le finestre spente. Tuttavia, all'interno, si nascondeva uno dei pochi santuari rimasti per la razza umana in una città desolata e pericolosa. Posto al centro della città, il Condominio si era pian piano trasformato in un rifugio per una comunità di sopravvissuti che si erano riuniti per proteggersi dalla devastazione circostante. Lontano dal caos delle strade deserte, il Condominio offriva ormai un'oasi di sicurezza e relativa normalità. Qui, gli abitanti avevano ripristinato l'accesso ai servizi essenziali come l'acqua potabile, l'elettricità e la difesa contro i pericoli esterni.

    Lo studio di Ljuben nel buco del Condominio che chiamava casa era per lui un rifugio di tranquillità e concentrazione, un'oasi di luce nella desolazione circostante. Le pareti scolorite e ricoperte di segni di umidità raccontavano la storia di anni di isolamento e di sopravvivenza. Al centro della stanza, una scrivania di legno consumato ospitava una pila di libri e documenti, testimonianze delle ricerche di Ljuben sull'Alchimia e sulle antiche arti perdute.

    Ljuben si sedette alla scrivania, la luce fioca della lampada a olio che danzava sulle pagine dei suoi appunti. Non poteva ricorrere all'energia elettrica, in alcune ore della notte, perché tutta l'energia veniva destinata ai sistemi di protezione. Il silenzio dell'ambiente circostante lo avvolse, interrotto solo dal sussurro del vento che penetrava dalle crepe nelle pareti. In quel momento di quiete, Ljuben si trovò a riflettere sul punto morto della sua ricerca. Aveva esplorato ogni pista, indagato ogni indizio, ma ancora non era riuscito a trovare una chiave per sbloccare i segreti dell'Alchimia - o per avvicinarsi ad essi. Le sue speranze erano sfumate nel nulla, lasciandolo con una sensazione di frustrazione e impotenza.

    Era come se ogni porta si fosse chiusa davanti a lui, ogni strada si fosse rivelata un vicolo cieco. Ljuben si sentiva bloccato, intrappolato in un labirinto di misteri senza via d'uscita. Si alzò, dirigendosi verso la finestra. Guardò fuori, scrutando il panorama desolato del Condominio, e si promise che avrebbe continuato a cercare, a lottare, fino a quando non avesse trovato le risposte che cercava. Però, da dove cominciare?
    Nonostante avesse esaminato e reinterpretato le lettere di Lidija più e più volte, il significato dell'Isola che sua sorella più di una volta aveva citato continuava a sfuggirgli. In un primo momento, pensò potesse trattarsi di un riferimento geografico, forse un'isola reale o una località lontana e nascosta. Tuttavia, ogni tentativo di identificare questa presunta isola rimase senza successo. Le mappe antiche e moderne non mostravano alcuna isola corrispondente alla descrizione di Lidija.

    Con il passare del tempo, aveva cominciato a considerare l'idea che l'Isola potesse essere una metafora, un simbolo per qualcosa di più grande e astratto. Forse rappresentava uno stato d'animo, un luogo interiore o uno stato di consapevolezza che Lidija cercava di comunicare attraverso le sue parole. Tuttavia, anche questa interpretazione non portò a nessuna rivelazione chiara. Nonostante gli sforzi, l'Isola e l'Alchimia rimanevano un enigma irrisolto, un mistero che sfidava ogni tentativo di comprensione. E mentre il tempo passava e la frustrazione cresceva, Ljuben si ritrovava sempre più distante dal suo obiettivo, intrappolato in un labirinto di incertezza e ambiguità.

    Aveva esplorato ogni opzione, aveva analizzato ogni indizio, ma si era sempre e costantemente ritrovato di fronte al muro dell'ignoto, al velo dell'ignoranza. Le parole di Lidija, le allusioni criptiche, gli indizi sparsi nelle sue lettere: tutto sembrava indicare l'esistenza di un luogo chiamato Isola, ma le informazioni erano troppo vaghe per trarre conclusioni certe.

    Era giunto a un bivio: poteva restare immobile, accettare l'impasse e sperare che qualche nuova pista emergesse con il tempo, o poteva agire, tentare qualcosa di audace, anche se incerto delle conseguenze. La sua determinazione e la sua sete di conoscenza lo spinsero verso la seconda opzione. Non poteva più aspettare passivamente, doveva fare qualcosa per sbloccare il prossimo capitolo della sua ricerca. Così, dopo lunghe ore di riflessione e ponderazione, Ljuben prese la sua decisione. Nonostante il rischio e l'ignoto, avrebbe inciso quei simboli che aveva ricostruito dopo studio, viaggi e interpretazioni sul suo braccio, nel tentativo di far succedere qualcosa. Era un gesto audace, probabilmente disperato, ma era l'unico modo che aveva per ritrovare sua sorella.


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    Ljuben si svegliò nel rifugio della Rete dei Sussurri, il respiro affannoso mentre i suoi occhi si aprirono al chiarore fioco che filtrava attraverso le fessure della stanza. La tensione del giorno che lo attendeva si rifletteva sul suo volto, trasformando le sue fattezze in un mosaico di preoccupazione e determinazione. Si alzò dal letto con movimenti silenziosi ma rapidi, il cuore pulsante nel petto mentre si preparava mentalmente per l'incontro imminente con l'informatore. Un senso di déjà vu lo avvolse come una nebbia densa, avvertendolo che l'inaspettato avrebbe continuato a tessere la sua trama intricata intorno a lui. Era come se ogni mattina fosse una replica sfocata della precedente, con i contorni della realtà che si sfaldavano e si riformavano in una costante danza di incertezza e mistero.

    Ancora una volta, l'Alchimista della Freccia si trovava sul ciglio dell'ignoto, pronto ad affrontare un'altra anomalia, un'altra crepa nel tessuto della realtà, che avrebbe potuto contenere le risposte tanto agognate. Non viveva che per quello, per trovare finalmente un indizio decisivo sulla sorte di sua sorella. La sensazione di déjà vu, tuttavia, non faceva che intensificare la sua ansia e la sua determinazione. Era come se avesse già vissuto quel momento innumerevoli volte, come se fosse intrappolato in un loop temporale senza fine, destinato a rivivere le stesse esperienze una e un'altra volta.

    Con passo deciso ma il cuore increspato dalle onde dell'incertezza, Ljuben si preparò ad affrontare la giornata che lo attendeva. Ogni passo lo avvicinava sempre di più al cuore del mistero, sempre più vicino alla verità nascosta dietro il velo dell'ignoto. Eppure, nonostante le sfide e le incertezze che lo attendevano, sapeva che avrebbe dovuto trovare il coraggio di andare avanti, di lottare contro il flusso implacabile del tempo e della realtà stessa.

    Ljuben si trovava di nuovo sospeso in una sorta di limbo tra il presente e il passato, tra la realtà e l'illusione. Ogni dettaglio della scena di fronte a lui sembrava risuonare con un'eco del passato, come se fosse stato scolpito nella sua mente prima ancora che accadesse. Ogni movimento, ogni suono, ogni sfumatura di luce sembrava richiamare un'esperienza vissuta in un'altra vita, trasportandolo in un vortice di ricordi e sensazioni frammentate. Nonostante la sua certezza che ciò che stava vivendo fosse reale, la sensazione di déjà vu si faceva sempre più intensa, avvolgendolo come un mantello oscuro che gli impediva di vedere chiaramente. Era come se un'ombra del passato lo inseguisse incessantemente, sfiorando la sua mente con la sua presenza sinistra.

    Mentre si preparava a manipolare l'energia dell'alterazione, un senso di inquietudine lo avvolse come una mano gelida che gli stringeva la gola. Ogni tentativo di influenzare quella forza primordiale sembrava scatenare una reazione a catena di eventi imprevedibili, come se il tempo stesso fosse costretto a piegarsi alle sue volontà. Il vortice di confusione e incertezza lo inghiottì con una voracità spaventosa, risucchiandolo in un turbine di caos e disorientamento. Ogni volta che tentava di intervenire sull'anomalia, il passaggio del tempo sembrava annullarsi, riavvolgendosi indietro fino al punto di partenza. La sua giornata ricominciava da capo, come se ogni interazione con l'anomalia fosse stata cancellata dalla sua coscienza, lasciandolo a vagare in un labirinto di sensazioni di déjà vu sempre più intense e opprimenti.

    La confusione e la frustrazione di Ljuben erano palpabili, ma nel turbine di sensazioni contrastanti che lo avvolgevano, riusciva a scorgere un filo sottile di consapevolezza emergere dal caos. Ogni ciclo temporale, seppur ripetitivo e angosciante, sembrava aggiungere uno strato di comprensione e saggezza alla sua mente tormentata. Con occhi che scrutavano oltre la superficie delle apparenze, Ljuben notava con meraviglia che ogni loop temporale contribuiva a intrecciare una rete intricata di conoscenza intorno a lui. Ogni ricominciare gli forniva un nuovo pezzo di puzzle, un nuovo indizio da aggiungere al mosaico della sua comprensione.

    Era come se il tempo stesso si piegasse alla sua volontà, tessendo intorno a lui una trama intricata di informazioni e intuizioni. Ogni ciclo temporale lo guidava lungo un sentiero che si snodava attraverso le pieghe del destino, rivelando segreti e verità nascoste che non avrebbe mai osato immaginare. Una di quelle consapevolezze, acquisite col tempo, con l'esperienza, portò Ljuben ad intuire che la soluzione non risiedeva nel tentativo disperato di eliminare il glitch direttamente, ma piuttosto nell'identificare e tagliare l'origine stessa dell'anomalia. Così, mentre si preparava ad affrontare un'altra giornata immerso nell'oscurità dei misteri e degli enigmi, il peso dell'incertezza si riversava pesantemente sulle sue spalle, ma non lo piegava.

    L'Alchimista riconobbe che l'unica via d'uscita da quell'incubo era quella di sondare le profondità dell'ignoto, di penetrare nelle pieghe più oscure della realtà per individuare la radice del problema. Solo affrontando il cuore stesso dell'anomalia avrebbe potuto sperare di trovare una soluzione duratura, di squarciare il velo dell'ignoto e liberarsi dalle catene di quell'incubo che lo avvolgeva come un'ombra minacciosa. Ljuben si immerse allora nelle intricanti trame della realtà distorta, lasciando che la sua mente si aprisse a una percezione più profonda e sottile. Concentrando il suo sguardo e la sua capacità di analisi della realtà, cominciò a scrutare attraverso il velo dell'illusione, cercando di svelare i segreti nascosti dietro il glitch che lo aveva intrappolato per così tanto tempo.

    Mentre le linee della realtà si offuscavano e si mescolavano davanti ai suoi occhi, Ljuben intravide qualcosa di straordinario: una porta, un varco luminoso che brillava nel buio tumultuoso dell'incertezza. Era come se la stessa realtà stesse cercando di rivelargli un cammino, una via d'uscita da quel labirinto di confusione e inganni. Con il cuore che batteva con una miscela di eccitazione e apprensione, Ljuben si avvicinò alla porta con passo deciso, consapevole che il suo destino lo attendeva al di là di quel confine invisibile.







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    Grazie mille, ottimo gusto nell'arredamento.

    Quando finalmente Ljuben si vide costretto a far entrare quell'uomo in completo gessato all'interno di casa sua, questi ringraziò con aria di superiorità, commentando con finta educazione quel buco di mondo in cui Ljuben si era stabilizzato dopo il disastro, e si fece strada senza attendere le indicazioni del padrone di casa. Si era presentato all'improvviso, annunciato solamente da un forte bussare alla porta e il vociare degli altri abitanti del Condominio, minacciati al silenzio con qualche intimidazione e arma da fuoco dai tre uomini che accompagnavano quello in abito elegante, e che allo stesso modo convinsero Ljuben ad aprire. Poi, rimasero fuori, in attesa che il colloquio terminasse, in un modo o nell'altro.

    Devo farle i miei complimenti, signor... Stoeva, corretto? — l'uomo mise subito in chiaro le cose. Conosceva Ljuben, in qualche modo lo aveva studiato, seguito, notato. — Si starà chiedendo chi sono e perché sono qui: ci arriveremo.
    Ljuben annuì, cercando di nascondere la sua crescente inquietudine di fronte alla presenza di quell'uomo che sembrava possedere un'intelligenza acuminata e una profonda conoscenza dei meandri del mondo.
    Posso..? — l'uomo non attese una risposta. Si alzò dalla poltrona sulla quale si era seduto e si avvicinò a Ljuben, alzando la manica del suo braccio sinistro. Sorrise. — Pittoresco, devo ammettere.

    Lasci che le chieda una cosa. — disse, ancora una volta senza aspettare un riscontro da parte di Ljuben. — Dopo questa... incisione — impiegò qualche istante per trovare il termine adatto a quel goffo tentativo di riproduzione dell'Alchimia — Non ha notato niente di strano, di diverso in lei? Si affatica come prima? Riesce a vedere più lontano, o a reagire più rapidamente agli input?

    Ljuben sentì il sangue gelare nelle vene. Come faceva quell'uomo a sapere quelle cose? L'uomo colse probabilmente una scintilla nel suo sguardo, perchè abbozzò un sorriso come se avesse fatto centro con un'intuizione. Non era felicità, né empatia. Era soddisfazione di aver svolto egregiamente il proprio lavoro.
    Non si spaventi. Lei non è speciale, Ljuben. Non sono in molti come lei, ma non è nemmeno l'unico. — questo per fargli capire che, dopo tutto, non era insostituibile. Sarebbe stato in qualsiasi momento sacrificabile. — ma andiamo con ordine.

    Quelli che ha manifestato sono sintomi da sensibilità microcosmica. — l'uomo lasciò a Ljuben qualche istante per prendere familiarità col termine. — Nonostante il suo tentativo sia stato, senza offesa, amatoriale, ciò che lei ha fatto con quell'incisione potrebbe avere risvegliato una sensibilità che va oltre il mondo materiale che ci circonda. Il sangue è un conduttore di energia cosmica, un veicolo per la forza primordiale che permea l'universo. Gli Alchimisti, con la loro conoscenza millenaria, hanno imparato a manipolare questa energia.

    Ecco la parola che collegava tutto. Dunque sapeva, dunque l'Alchimia era reale. Ljuben avvertì un vortice di emozioni agitarsi dentro di lui: la curiosità, l'eccitazione, ma anche una sorta di trepidazione di fronte alla prospettiva di scoprire la verità dietro il velo di mistero che avvolgeva l'Alchimia. Avrebbe voluto fare mille domande, scavare nei recessi della conoscenza che l'uomo sembrava possedere, ma prima che potesse aprire bocca, l'uomo alzò una mano, interrompendolo con un gesto imperioso. Era come se volesse impartire un avvertimento silenzioso, una richiesta esplicita di pazienza e attenzione.

    Avremo tempo per le domande, potrà chiedermi tutto durante il tragitto. — Ljuben sentì una fitta di frustrazione attraversare il suo petto. Avrebbe voluto contestare, ma l'autorità implicita nell'atteggiamento dell'uomo lo convinse a trattenersi. Se ne sarebbe pentito più tardi, pensò, mentre la sua mente continuava a girare a mille all'ora, cercando di capire cosa stesse succedendo e quali fossero i veri motivi di quell'individuo.

    Il tragitto? — fu tutto ciò che riuscì a pronunciare, ormai sconsolato. — Ho avuto precisi ordini di condurla sull'Isola, signor Stoeva. Lì le sarà spiegato tutto.


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    Nel limbo indefinito oltre la porta, Ljuben si trovò immerso in un mondo senza forma né sostanza, dove il concetto stesso di realtà sembrava dilatarsi in una vastità senza limiti. I confini tra spazio e tempo si dissolvevano in una danza senza fine, mentre le linee di demarcazione tra cielo e terra si confondevano in una mescolanza eterea di colori e luci. L'ambiente che lo circondava era come un dipinto astratto, impossibile da definire con precisione. Le forme e le figure si fondevano e si sfumavano l'una nell'altra, creando un panorama mutevole e incerto. Era come se fosse sospeso in un'eterea nebbia di esistenza, dove ogni cosa sembrava esistere e al tempo stesso non esistere, una dimensione al di là delle parole e delle descrizioni umane.

    Le sensazioni che lo avvolgevano erano altrettanto sfuggenti e ineffabili. L'aria intorno a lui vibrava di una strana energia, un'essenza primordiale che permeava ogni fibra del suo essere. Era come se la stessa essenza dell'universo stesse danzando intorno a lui, sussurrando segreti antichi e misteri celati nell'eco dei suoi pensieri. In quel limbo senza tempo né spazio, Ljuben si sentiva piccolo e insignificante, ma anche infinitamente potente. Era come se avesse toccato il cuore stesso dell'esistenza, aprendo la porta a un mondo di possibilità e potenzialità che si estendeva all'infinito.

    E poi, come un sussurro nel vento, una voce penetrò nella sua coscienza.
    Ljuben Stoeva, eh?

    La voce che lo chiamava risuonava nel suo intimo come un eco proveniente dalle profondità dell'universo. Era un sussurro, un suono sottile che si insinuava nella sua coscienza come una brezza leggera che accarezza la pelle. La voce sembrava conoscerlo intimamente, come se avesse scrutato le profondità più remote della sua anima. La natura della voce era fluida, inafferrabile. A volte assumeva tonalità femminili, dolci e carezzevoli come il calore di una madre. Altre volte si trasformava in un tono maschile, possente e avvolgente come il fragore di un tuono. Era come se il suo essere si manifestasse attraverso il suono, sfumando tra le forme e le tonalità mutevoli con una grazia sorprendente.

    Ljuben non riusciva a discernere con precisione da dove provenisse quella voce. Era in qualche modo dentro di lui, intessuta nei fili della sua coscienza, ma al tempo stesso sembrava echeggiare nell'aria intorno a lui, provenire da una direzione ben precisa eppure da ogni direzione contemporaneamente. Era una presenza avvolgente, onnipresente, che lo avvolgeva come un abbraccio invisibile nel vuoto dell'esistenza. La voce che si insinuava nella mente di Ljuben era come un filo sottile che intrecciava i recessi più remoti della sua coscienza. Non era un suono esterno, ma qualcosa di più profondo, una melodia che risuonava nell'intimità del suo essere. Era come se ogni parola fosse intessuta nei fili della sua anima, un eco dei suoi pensieri più segreti e delle sue emozioni più intime.

    Eppure, nonostante questa connessione interna, la voce sembrava pervadere l'aria intorno a lui, echeggiando nelle pieghe del vuoto circostante. Era come se fosse ovunque e da nessuna parte, proveniente da una direzione ben definita eppure diffusa nell'infinito dell'universo. Era una presenza avvolgente, onnipresente, che lo circondava come un abbraccio invisibile, cullandolo nel vuoto dell'esistenza con una dolcezza rassicurante. Per Ljuben, quella voce rappresentava un punto di riferimento nell'oceano dell'incertezza, una guida silenziosa nel labirinto della sua mente. Era come se ogni parola pronunciata fosse un faro luminoso che lo guidava attraverso le tenebre della sua stessa esistenza, illuminando il cammino verso la verità nascosta nel cuore dell'universo. Tuttavia, mentre la voce continuava a parlare, a scrutarlo, Ljuben si sentiva avvolto da una sensazione di irrequietezza e tensione.

    Ljuben sentì un brivido lungo la schiena mentre la voce, che fino a quel momento aveva avvolto la sua coscienza con una dolcezza rassicurante, cambiava improvvisamente tono. Quel timbro ora poco amichevole si insinuava nel suo essere come una lama affilata, tagliando attraverso i suoi pensieri come se fossero solo fogli di carta fragile. Ogni parola pronunciata sembrava scalfire la superficie della sua mente, sondando i suoi ricordi più reconditi e segreti con un'invadenza disturbante. Era come se la voce stesse scrutando ogni angolo oscuro della sua mente, risvegliando memorie che preferiva tenere sepolte nell'oscurità. Ljuben si sentiva vulnerabile, esposto alla penetrazione implacabile di quella presenza invadente. I suoi segreti, i suoi pensieri più intimi, tutto sembrava essere esposto alla luce implacabile di quella voce che ora aveva assunto un tono inquietante.

    Percepiva sensazioni di disagio, come se fosse stato privato di ogni difesa, esposto agli occhi indiscreti di qualcosa di sconosciuto e potente. Ogni parola pronunciata da quella voce penetrava nel profondo della sua anima, come se stesse sollevando il velo che proteggeva le sue fragilità e le sue debolezze, lasciandolo completamente scoperto di fronte al mondo esterno. Era un'esperienza sconcertante e angosciante, quella sensazione di essere scrutato in modo così penetrante e implacabile. Ljuben si sentiva come se stesse affrontando un giudizio senza appello, costretto a confrontarsi con i suoi demoni interiori di fronte a un tribunale invisibile. Le sue paure, i suoi dubbi, le sue insicurezze, tutto veniva esposto alla luce crudele di quella voce che non conosceva pietà.

    Interessante. — la sentì commentare. Era come se la voce avesse scoperto qualcosa di profondo, qualcosa che Ljuben stesso cercava disperatamente di tenere sepolto nell'oscurità della sua memoria. Il ricordo di sua sorella Lidija. — E quindi si chiama Lidija...

    Quel nome, pronunciato nella quiete sospesa dell'etere, rievocò in Ljuben una serie di emozioni contrastanti. La nostalgia per il legame spezzato, il dolore per la perdita mai completamente elaborata. Era come se la voce avesse scalfito la superficie della sua mente, risvegliando un flusso di ricordi e sentimenti che aveva cercato disperatamente di reprimere. Oltre alla nostalgia e al dolore, si insinuò anche la paura: la paura di dimenticare il volto di quella che era stata la sua unica famiglia, la paura di perdere ogni traccia di lei nel labirinto dei ricordi. Era come se la voce avesse agito come un potente catalizzatore, risvegliando un flusso di emozioni che Ljuben aveva cercato disperatamente di reprimere nel profondo della sua anima. Quel momento fu come un viaggio nel tempo, un'immersione nel passato che lo trasportò indietro nel tempo, fino a quando lui e Lidija erano inseparabili, protetti dall'innocenza dell'infanzia. Eppure, anche mentre i ricordi affioravano come frammenti di luce attraverso le tenebre del suo subconscio, Ljuben sapeva che quel dolore era parte integrante della sua storia, una parte che non avrebbe mai potuto cancellare o dimenticare.

    Perché non mi hai ancora trovata, fratello?

    Ljuben avvertì un brivido gelido mentre la voce si trasformava, assumendo le tonalità familiari di sua sorella. Quelle parole, pronunciate con la stessa dolcezza e intonazione che ricordava, lo avvolsero come una melodia lontana, ma allo stesso tempo familiare. Era come se il passato prendesse vita di fronte ai suoi occhi, come se Lidija stessa fosse tornata per tormentarlo con le sue parole, come se ogni sillaba portasse con sé il peso di un'eternità di domande senza risposta, un rimprovero silenzioso per il suo fallimento nel rintracciarla. Eppure, nonostante il tono beffardo della voce, c'era anche una nota di dolore nascosto, un'ombra di tristezza che traspariva dietro le parole.

    Ljuben si sentì sopraffatto dall'emozione mentre fissava nel vuoto, cercando di trovare le parole per rispondere. Era come se il tempo si fosse fermato, come se fosse rimasto sospeso in un limbo di emozioni contrastanti. Era stato così vicino a scoprire la verità, eppure ora si trovava di fronte a sua sorella come se fosse ancora un enigma irrisolto. Con il cuore pesante, Ljuben riportò alla mente le promesse fatte a se stesso e a Lidija, le promesse di trovarla e riportarla a casa. Eppure, nonostante tutti i suoi sforzi, sembrava che quelle promesse fossero rimaste irrealizzate, perdute nel vortice del tempo e dello spazio.

    Nonostante la voce avesse assunto le tonalità e le sfumature della sua amata sorella, Ljuben sapeva nel profondo del suo essere che non era lei a parlare. C'era qualcosa di distorto, di sbagliato, nel modo in cui quelle parole lo colpivano, come se fossero una macabra parodia della vera Lidija. Un senso di inquietudine si insinuò nel suo cuore mentre guardava nel vuoto, cercando di discernere la verità dietro quella presenza enigmatica. Era come se una parte di lui, sepolta nel labirinto della sua mente, sapeva che quella non era la sua vera sorella. Forse era la voce dell'anomalia stessa, un'entità oscura che si nutriva delle sue paure e delle sue incertezze. O forse era qualcosa di ancora più sinistro, qualcosa che si celava nell'ombra e aspettava di rivelarsi completamente.

    Hmm, questo non funziona. — asserì la voce. Evidentemente Ljuben, con la propria razionalità, stava mandando all'aria i suoi piani. L'entità dietro la voce si era resa conto che indebolire o ammaliare Ljuben con i ricordi di sua sorella non era stato sufficiente a fermarlo. L'Alchimista era determinato, e la sua volontà era più forte di quanto avesse immaginato. Perciò, doveva tentare qualcosa di più drastico, qualcosa che lo avrebbe messo completamente fuori gioco. Sconfiggerlo in una forma meno forte di quella attuale.

    Dimmi un po', Ljuben Stoeva. Ricordi questo momento?






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    RIASSUNTO

    I. Ooochei, qui c'è un anche parallelismo, fra la scena passata (in cui il Solificato sembra conoscere Ljuben, ma Ljuben non sembra conoscere lui) e quella presente (in cui l'entità pare conoscere i suoi ricordi e i suoi pensieri, ma Ljuben, al contrario, è completamente all'oscuro di dove, come e quando). Nel prossimo post dovrebbero congiungersi le due linee temporali con una delle scene topiche della giocata.


    Edited by caligola~ - 19/3/2024, 11:12
     
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    Era al centro di una stanza spoglia, illuminata solo da una luce - per quanto forte - proveniente dai sistemi installati sul soffitto, a sospensione. Lo spazio sembrava compresso, claustrofobico, e Ljuben poteva sentire il sottile fremito di tensione nell'aria. Era circondato da sportelli di sicurezza chiusi, ognuno dei quali malcelava di contenere qualcosa di pericoloso, qualcosa che l'umanità non era ancora pronta ad affrontare.

    Al centro della stanza, una colonna cilindrica di un metallo scuro come il giaietto e dal diametro imponente, si ergeva dalla pavimentazione al soffitto, con un'apertura centrale illuminata da una sinistra luce rossa. In essa, un piccolo piramidale e nero, un holocron, emanava un debole bagliore sinistro che sembrava penetrare nell'anima di Ljuben. Lui, era lì, di fronte all'holocron, ammirando l'oggetto che - gli avevano spiegato - gli avrebbe permesso di comprendere tutto, e anche oltre. Il culmine ultimo degli studi e delle ricerche che aveva intrapreso per ritrovare sua sorella, e che invece l'avevano fatto incappare in una rete di osservatori e agenti che, fra loro, si chiamavano i Solificati. Ricordava bene quel momento: l'Alchimista osservava la scena come se si trovasse in uno stato di estasi sospesa tra il passato e il presente. Ricordava chiaramente quel giorno, il giorno della sua Rinascita come Alchimista, una giornata che avrebbe segnato il suo destino in modi che non avrebbe mai potuto immaginare.

    Si ritrovò immerso in una visione del passato, in un ricordo nel ricordo, come se stesse guardando attraverso un vetro appannato. Vide se stesso, non più di tre anni prima, avanzare verso l'holocron posizionato su quel piedistallo di metallo, col cuore colmo di curiosità e aspirazione. Vide la luce del luogo danzare sulle pareti nude, proiettando ombre inquietanti lungo i confini della stanza spoglia. Quando la sua mano sfiorò l'holocron, la visione si trasformò, portandolo direttamente nel ricordo del suo dialogo - onirico, reale, ancestrale - con Xarot, il Primo Alchimista della Freccia, l'ombra del quale risiedeva all'interno dell'artefatto. Non era una conversazione ordinaria: era come se le parole non fossero state pronunciate ad alta voce, ma sussurrate direttamente nella sua mente, come eco di un tempo passato. Una scarica di energia lo investì, un'energia oscura e sinistra che sembrava penetrare nel suo io più profondo, risvegliando paure ancestrali e incubi dimenticati. L'incontro con l'ombra di Xarot, una presenza che non apparteneva completamente a quel mondo, a quel tempo, ma che riusciva in ogni caso a manifestarvisi: era come se l'essenza stessa del Primo Alchimista della Freccia avesse trovato un rifugio nella sua coscienza, un posto da cui poteva osservare e influenzare il mondo circostante.

    Nel flusso del ricordo, Ljuben fu travolto da un turbine di sensazioni contrastanti, come se fosse stato riportato indietro nel tempo e costretto a rivivere le emozioni che aveva provato allora, con un'intensità amplificata dal passare degli anni. Sentì di nuovo la sua pelle formicolare all'idea di toccare quell'holocron, come se un'ombra di terrore lo avvolgesse, rendendo ogni suo movimento incerto e titubante. La voce di Xarot echeggiava nella sua mente come un sibilo sinistro, suscitando un senso di apprensione profonda.

    Avvertiva di nuovo la vivida sensazione di essere stato gettato in un abisso senza fondo, circondato da un'oscurità così densa e impenetrabile che sembrava soffocarlo. La presenza dell'ombra di Xarot era opprimente, una massa di energia nera e dalla conoscenza così spaventosamente sconfinata che si insinuava nelle crepe della sua mente, avvolgendola in un'aura di terrore e sconforto. Ogni fibra del suo essere gli urlava di fuggire, di allontanarsi da quella presenza inquietante, ma Ljuben si sentiva come intrappolato in un vortice di paura e impotenza. Era come se il tempo si fosse fermato intorno a lui, mentre l'ombra di Xarot lo scrutava con occhi senza fondo, scrutando l'animo tormentato del giovane alchimista con una malizia ancestrale.

    Le sue gambe tremavano, la respirazione diventava affannosa, ma non poteva distogliere lo sguardo da quell'entità che sembrava rispecchiare le sue più profonde paure e insicurezze. Era come se si trovasse faccia a faccia con il suo stesso demone interiore, una manifestazione oscura delle sue ansie e dei suoi timori più profondi. Nel ricordo che Ljuben riviveva, Xarot, sotto forma di un'ombra nera e sinistra, cominciò a narrare la propria storia con una voce che riecheggiava nell'aria come un sussurro proveniente dalle profondità dell'oscurità.

    Guardami, Ljuben Stoeva. — aveva cominciato l'ombra, la sua voce risonante con un tono antico e possente. — Io sono Xarot, il Primo Alchimista della Freccia. Eravamo un gruppo di esseri illuminati, riuniti da una causa comune: liberare l'Uomo dalla schiavitù degli dei e degli esseri sovrannaturali che lo opprimevano da millenni.

    Le parole di Xarot risuonavano nella mente di Ljuben, trasportandolo in un tempo e in un luogo lontani, dove la luce della conoscenza illuminava le menti degli Alchimisti come un faro nella notte oscura dell'ignoranza.

    Abbiamo lottato, guadagnandoci il rispetto e la temuta dei sovrannaturali che governavano il mondo, o che ci facevano credere di farlo. — continuò Xarot. — Abbiamo scoperto i segreti dell'universo, manipolando le leggi della natura e quelle proibite, aprendo le porte verso dimensioni sconosciute. Ma il nostro più grande trionfo è stato liberare l'Uomo dalla sua dipendenza dagli dei, rendendolo padrone del proprio destino.

    Le parole di Xarot riecheggiavano nella mente di Ljuben, ancora dopo anni, scuotendo ogni volta le fondamenta delle sue convinzioni e suscitando un turbine di emozioni contrastanti. La sua reazione era un misto di fascinazione e terrore, proprio come doveva sentirsi un essere umano assistendo alla rivelazione di un grande mistero che avrebbe sconvolto la sua stessa esistenza. In quel momento, Ljuben aveva intuito e compreso lo schema dietro il disegno degli Alchimisti. Era il cammino che avrebbe dovuto intraprendere, il destino che lo attendeva, fino al punto della sua rinascita come Alchimista.

    Con le rivelazioni di Xarot, Ljuben comprese finalmente chi fossero i Jensaarai e il loro ruolo nell'ordine degli Alchimisti. Conobbe che avevano scelto di percorrere la via dell'oscurità, di abbracciare il lato oscuro dell'alchimia per ottenere potere e dominio. Erano gli eretici, i ribelli contro l'ordine stabilito, ma anche i custodi di antichi segreti e conoscenze proibite - e anche della verità. Con questa nuova consapevolezza, Ljuben comprese anche il destino che lo attendeva. L'holocron, pena la morte, lo avrebbe forzato ad affrontare l'intera trasmutazione di sé stesso, fino a diventare un Massassi. Era una prova estrema, un viaggio nell'oscurità più profonda della sua anima, dove avrebbe dovuto lottare contro le tentazioni della corruzione e della distruzione. Ma era anche l'unica strada per raggiungere la piena realizzazione del suo potenziale, per diventare uno degli Alchimisti che avrebbe portato avanti la missione degli Primi. Doveva sacrificare la sua identità, il suo io, per rinascere come un essere nuovo, potente e temibile, pronto a sfidare gli dei stessi e a plasmare il destino dell'umanità. Doveva affrontare il rituale. Era il momento della Nyâshajak.

    Ljuben si abbandonò completamente alla presenza di Xarot, aprendo la mente e l'anima alla conoscenza proibita che l'ombra dell'Alchimista Primigenio della Freccia gli offriva. Sentì come un flusso inarrestabile di sapere antico e potere oscuro lo avvolgesse, penetrando nelle sue fibre più profonde con una forza travolgente. Ogni parola, ogni immagine, ogni concetto impartito da Xarotsi insinuò nella sua coscienza, scolpendo un percorso di comprensione e trasformazione dentro di lui. Era come se stesse bevendo dalla fonte stessa della sapienza proibita, assorbendo le verità nascoste che avrebbero guidato il suo cammino verso la divinità.

    Ljuben si preparò mentalmente per affrontare l'Opera in Nero, consapevole che questo sarebbe stato solo l'inizio del suo cammino verso la trasformazione. La tensione nel suo petto aumentava mentre si avvicinava all'attuazione del rituale. Una profonda inspirazione lo riempì di coraggio mentre afferrava l'holocron, sentendo il suo peso freddo e solidificato nella sua mano.

    Lo strappo fu come un fulmine che lo attraversò, un dolore così acuto da togliergli il respiro. La sua essenza si sciolse nell'oscurità che lo circondava, come se fosse stato ridotto alla sua forma più elementare. La sensazione di vuoto lo attanagliava, facendolo sentire come se fosse sospeso nell'etere, privo di forma e di identità. Era come essere sprofondati in un abisso senza fine, una sensazione di terrore mista a una strana eccitazione per ciò che lo attendeva oltre.

    Il vuoto che lo circondava sembrava sussurrargli antichi segreti, rivelando una verità primordiale che era nascosta nel profondo della sua anima. Ljuben lottava contro l'orrore di quella sensazione, cercando di mantenere la sua lucidità mentre affrontava il Caos che lo circondava. Ogni fibra del suo essere gridava per essere plasmata di nuovo, per essere ricreata in una forma nuova e potente.

    La sua mente urlava di angoscia mentre si dibatteva nell'oscurità, ma una fiamma di determinazione bruciava ancora dentro di lui. Doveva resistere, doveva attraversare questo oscuro abisso per emergere dall'altra parte come un essere trasformato. La sua essenza era sospesa nell'etere, vulnerabile e priva di forma, ma anche libera da ogni vincolo del passato. Era il vuoto primordiale da cui tutto poteva nascere di nuovo, e Ljuben doveva solo trovare il coraggio di abbracciare quella verità.

    Dopo un tempo che sembrava infinito, finalmente Ljuben avvertì la necessità di dedicarsi all'Opera in Bianco. Una pece nera, liquida e plasmabile, si diffuse attorno a lui, avvolgendolo in una danza di forme mutevoli e misteriose. Sentì la sua essenza fondersi con quella della pece, come se fosse entrato in comunione con una forza primordiale che permeava tutto l'universo.

    In questo stato di fusione con la materia cosmica, Ljuben iniziò a percepire la vera natura del suo essere. La pece nera non era solo un materiale da forgiare, ma una rappresentazione dell'essenza stessa del Cosmo, della sua energia primordiale che fluttuava attraverso ogni cosa. Si sentiva come se stesse toccando il cuore stesso della creazione, aprendo la sua mente a una comprensione più profonda della realtà.

    Mentre plasmava la pece con la sua volontà, Ljuben rifletteva sulla natura del suo corpo, della sua anima e della sua mente. Capì che il suo corpo non era solo un involucro fisico, ma un mezzo attraverso cui poteva manifestare la sua volontà nel mondo materiale. La sua anima, invece, era la sua essenza vitale, la parte di lui che doveva preservare e proteggere da ogni minaccia. E la sua mente, la sua psiche, era la chiave per comprendere e dominare la realtà stessa.

    Con questa nuova consapevolezza, Ljuben plasmò la pece nera con cura e attenzione, modellando il suo corpo, la sua anima e la sua mente secondo la sua volontà. Si sentiva come uno scultore dell'universo, forgiando se stesso in una nuova forma, più potente e più vera di prima. Ogni gesto era un atto di creazione, un passo avanti verso la sua trasformazione completa. La pece prese la forma di frecce, di dardi, di proiettili, passando da una forma liquida a una più solida, per poi tornare a liquefarsi.

    Si unì a lei, finché non fu il momento dell'Opera in Bianco. Ljuben si trovò avvolto da un fuoco interiore, un ardore che bruciava più luminoso di quanto avesse mai fatto. Era giunto il momento dell'Opera in Rosso, il culmine del suo rituale di trasformazione. In questo stato di estasi cosmica, Ljuben sentì il potere del suo cosmo pulsare dentro di sé, guidandolo verso una consapevolezza ancora più profonda della sua vera natura.

    Concentrandosi sulla fiamma che bruciava dentro di lui, Ljuben iniziò a esplorare le profondità della sua anima e della sua mente, sondando le sue paure, i suoi desideri più profondi, le sue ambizioni più alte. Si rese conto che l'Opera in Rosso non era solo una prova di forza, ma anche una prova di saggezza e discernimento. Doveva essere in grado di dominare il fuoco che bruciava dentro di lui, di canalizzarlo e guidarlo nella direzione giusta.

    Mentre il fuoco interiore cresceva sempre più intenso, Ljuben sentì una profonda sensazione di pace e serenità avvolgerlo. Era consapevole che questo fuoco non era solo distruttivo, ma anche creativo, capace di trasformare e rigenerare ogni cosa. Era come se si trovasse al crocevia di tutte le possibilità, pronto a scegliere il suo destino e a modellarlo secondo la sua volontà.

    Infine, con un ultimo sforzo di volontà, Ljuben aprì gli occhi, sentendo il fuoco interiore brillare dentro di lui con una luminosità accecante. Era come se avesse abbracciato completamente il suo potere, diventando uno con il cosmo stesso. Era pronto ad affrontare qualsiasi sfida, qualsiasi destino il futuro gli avesse riservato. Era diventato un Alchimista, e nulla avrebbe potuto fermarlo nel suo cammino verso l'Ascensione.







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    Alchimia della Struttura — Analisi. ESP Tipo-1 Mentale.
    Alchimia della Struttura — Composizione. Illusioni Ambientali.
    Alchimia della Struttura — Proiezione. Frecce Proiettili (arma cosmica)

    RIASSUNTO

    I. Mini conversazione con Xarot e Trasmutazione. L'idea è che il post abbia senso sia leggendo l'intera giocata, fin qui, sia leggendo solamente la prima parte dei post precedenti, sia leggendo solamente la seconda. È un modo per unire le due linee temporali del racconto: da qui in avanti la narrazione sarà più lineare e si avvia verso le botte e la conclusione :asd:
     
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    Con un gesto secco, l'entità fermò il flusso dei ricordi dell'Alchimista, come se stesse mettendo in pausa la riproduzione di un film. Sullo sfondo, le immagini di un Ljuben completamente spogliato di tutto - del proprio corpo, del proprio io, della propria coscienza. Rimaneva solo l'anima di un essere che non era più soltanto un uomo, ma non era ancora un Alchimista. Solo un'anima: ciò che di più prezioso aveva, ciò che aveva compreso rappresentava l'unica cosa che avrebbe dovuto difendere a costo della sua stessa esistenza.
    Un sorriso compiaciuto, quasi beffardo, si dipinse sul volto etereo dell'anomalia, mentre i suoi occhi scintillavano con una luce sinistra. Il tempo sembrò rallentare intorno a loro, come se l'intera realtà si fosse inchiodata a quell'istante cruciale. La risata dell'entità echeggiò nell'etere come il tintinnio di campane distanti, un suono che fece correre dei brividi lungo la schiena di Ljuben. Aveva colto il momento preciso in cui il giovane Alchimista si era reso più vulnerabile che mai, quando la sua guardia era stata abbassata e la sua determinazione indebolita dalle rivelazioni del passato. Quando si era spogliato di tutto, anche del suo stesso corpo. Era come se l'entità avesse annusato la paura di Ljuben nell'aria, pronta a sfruttarla a suo vantaggio.

    Sei stato un fastidioso intralcio fin troppo a lungo, Alchimista. — sibilò l'entità con voce roca. Le sue parole risuonarono nell'aria come un'imminente sentenza di morte, e Ljuben sentì un brivido di terrore scorrere lungo la sua spina dorsale. — Ma finalmente so come posso porre fine alla tua esistenza non solo nel presente, ma anche nel passato. Così nessuna minaccia potrà mai più ostacolare la mia opera.

    Era chiaro che l'entità aveva compreso il punto debole di Ljuben, la fessura nella sua corazza di conoscenza. Aveva individuato il momento propizio per colpire, per annientare la minaccia nel presente e salvare sè stessa dal suo intervento. E ora, con un sorriso malizioso, si preparava a sfruttare la vulnerabilità dell'Alchimista per i suoi scopi oscuri. Quel riso tagliente, carico di malizia, fece fremere Ljuben di terrore, gelando il sangue nelle sue vene. Si sentì improvvisamente nudo, esposto al fuoco implacabile di un'entità primordiale che sembrava scrutare dentro di lui con occhi senza tempo. Ogni sua debolezza, ogni sua paura, era stata messa a nudo, come se l'entità avesse letto il suo cuore come un libro aperto.

    Le gambe di Ljuben tremarono leggermente, mentre il suo cuore martellava nel petto con un ritmo frenetico. Si sentì come un animale ferito, intrappolato in una trappola senza via d'uscita, consapevole della sua impotenza di fronte a una forza così oscura e implacabile. Era come se fosse stato gettato nel profondo abisso dell'ignoto, circondato da un'atmosfera carica di minaccia e pericolo imminente. Ma anche in mezzo al terrore che lo avvolgeva come una morsa, Ljuben sentì un sussurro di determinazione crescere dentro di lui. Era, molto semplicemente, istinto di sopravvivenza. Non avrebbe permesso all'entità di piegarlo, non avrebbe ceduto alla sua volontà senza combattere. Avrebbe mantenuto la promessa fatta a Xarot il giorno della sua Nyâshajak: non avrebbe permesso che la sua anima venisse toccata. E così, nonostante la paura che lo avvolgeva come una nebbia densa, si preparò a fronteggiare l'entità con tutto il coraggio che riuscì a radunare dentro di sé.

    La sua mente traboccava di pensieri frenetici, cercando disperatamente una via d'uscita da quella situazione disperata. Ma di fronte alla potenza soverchiante dell'entità e alla sue minacce, Ljuben si sentì inerme, come un granello di sabbia di fronte alla furia dell'oceano. Poi, l'intuizione - o meglio - la mossa della disperazione. Ljuben Stoeva, Alchimista della Freccia, emanazione di Xarot, guardò fisso l'entità, in quelli che credeva essere i suoi occhi. Doveva provare a sconfiggerla fisicamente - per quanto senso potesse avere quel termine in quel non luogo. Probabilmente era l'unica via d'uscita da quel vortice di pericolo e incertezza: una volta sconfitto quel costrutto, un meccanismo di auto-difesa dell'alterazione stessa, avrebbe probabilmente non semplicemente salvato sia sé stesso, ma anche avuto la possibilità di comprendere meglio la sorgente dell'alterazione stessa, al fine di capirne il da farsi e coordinarsi in quel modo con la Rete. Con passo deciso, quindi, si mosse verso di lei, con l'adrenalina che gli scorreva nelle vene come un fiume in piena.

    Ormai sono parte della tua storia. — disse Ljuben a quell'essere di cui ignorava ancora l'origine. — Se mi elimini, eliminerai anche te stesso.

    L'entità assunse sembianze umanoidi per facilitare il confronto con Ljuben, ma la sua forma era distorta, come se fosse stata plasmata da frammenti di luce e oscurità. Era come una mescolanza stridente di elementi contrastanti: frammenti di luce e oscurità si fondevano insieme per creare una figura che era al contempo affascinante e spaventosa. I contorni del suo corpo sembravano sfumati, come se fosse avvolta da un alone di nebbia, che conferiva alla sua presenza un'atmosfera enigmatica e inquietante. I movimenti dell'entità erano irregolari e disarticolati, come se fosse soggetta a una forza invisibile che la tirava in direzioni opposte. Ogni gesto, ogni passo, sembrava essere compiuto con una fatica estrema, come se il suo corpo fosse in lotta con se stesso per mantenere una forma stabile. Questa sensazione di instabilità conferiva all'entità un aspetto sinistro e inquietante, rendendola ancora più difficile da affrontare per Ljuben.

    Sei una scoria del passato. Un'eco di uno scontro, forse. Un'esistenza auto-determinata che cerca semplicemente di difendere sé stessa. — affermò l'Alchimista, teorizzando la natura e l'esistenza dell'anomalia — Mi sarai molto più utile una volta che avrò compreso il tuo funzionamento.

    L'entità emanava una forza cosmica che andava oltre il semplice potere mentale. Era come se ogni movimento, ogni gesto, portasse con sé un'ondata di energia primordiale, carica di potenza, rabbia e istinto di sopravvivenza. Quest'aura travolgente si propagava nell'aria circostante, saturandola con la sua presenza dominante. L'emanazione che Ljuben poteva percepire dall'entità non era solo cosmica, ma anche emotiva e psicologica. La sua rabbia bruciava come una fiamma selvaggia, pronta a consumare tutto ciò che osava sfidarla. Era un'energia istintiva, primitiva, un istinto di auto-conservazione che risuonava nel profondo dell'anima di coloro che si trovavano di fronte a essa, generando un senso di timore e rispetto misto a terrore.

    Mentre l'emanazione cosmica dell'anomalia, intrisa di potenza e rabbia dell'entità permeava l'aria intorno a loro, Ljuben concentrò la sua mente, richiamando le conoscenze dell'Alchimia che aveva accumulato nel corso degli anni. Con gesti rapidi e precisi, Ljuben cominciò a tessere trame illusorie nell'ambiente circostante, distorcendo la percezione sensoriale dell'entità per nascondere il suo vero intento. Mentre l'entità era momentaneamente ingannata dalla falsa realtà che Ljuben stava creando attorno a loro, egli avrebbe approfittato dell'opportunità per scagliare il proprio attacco - anche se - grazie alla propria trama, agli occhi e ai sensi del suo nemico, la distanza con Ljuben sarebbe risultata artefatta, alterata. Come se la scena del suo attacco fosse stata impressa nella realtà e riprodotta solo un paio di secondi dopo. Nessun controllo temporale, solo un velo di trama illusoria per cogliere impreparato il proprio nemico.

    Ljuben si immerse nell'essenza stessa del proprio cosmo, che brillava intorno a lui di un riverbero scuro, illuminato di tanto in tanto di qualche tono tendente al cobalto. Avvertì l'energia primordiale fluire attraverso di lui, pronta a prendere forma e a plasmarsi secondo i propri comandi. Con un gesto deciso, allargò le braccia, e un costrutto fluido simile alla pece nera prese a vorticare intorno alle sue braccia. Le forme fluide si contorsero e si snodarono come serpenti nell'ombra, pronte a essere liberate contro il nemico che si ergeva di fronte a lui. Un nugolo di proiettili, solidificati dalla sua volontà, brillavano di un'aura oscura e minacciosa, pronti a essere scagliati verso il nemico. I costrutti si lanciarono attraverso lo spazio, tracciando un arco oscuro e minaccioso mentre si dirigevano verso il loro obiettivo. Nel loro cammino, i proiettili emettevano un sibilo sinistro, come il fruscio del vento tra le tenebre dell'universo. Ogni colpo portava con sé il potere dell'emanazione cosmica dell'Alchimista, una sentenza pronta a infrangere le difese del nemico e a piegarlo alla sua volontà. Si rese conto solo allora di affrontare un nemico che a - a differenza sua - non lo aveva sottovalutato.

    Una sensazione di sgomento lo pervase mentre osservava incredulo il suo attacco andare a vuoto, come se l'anomalia si fosse sciolta nell'aria stessa. Era come se l'entità fosse stata consapevole del suo stratagemma fin dall'inizio, riuscendo a eludere il suo colpo con una grazia sovrannaturale. La sorpresa di Ljuben si tramutò rapidamente in apprensione mentre si rendeva conto che l'entità era molto più potente e astuta di quanto avesse mai immaginato. La consapevolezza improvvisa colpì Ljuben come la violenza di un tuono: quel "non luogo" che lo circondava non era un ambiente neutrale, ma semplicemente un'illusione, un inganno perpetrato dall'entità per confonderlo e sviarne l'attenzione.






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    RIASSUNTO

    I. Primo mezzo turno di combat con una prima mossa da parte di Ljuben, che utilizza un diversivo come azione di supporto (nasconde il proprio attacco dietro un'illusione ambientale, come se l'intera sequenza di attacco fosse mostrata al nemico un paio di secondi dopo l'azione reale) e un singolo AF, un nugolo di proiettili intrisi di di cosmo grezzo dritti verso la figura nel nemico. Si tratta di un attacco basilare, perché Ljuben conta sul fatto di chiudere il confronto velocemente e senza grande sforzo. Di fatto però, l'intero ambiente era già frutto di un'illusione (un po' tipo il funzionamento della Zanpakuto di Aizen) perpetrata ai suoi danni: se ne rende conto tramite il meccanismo di riconoscimento dell'abilità di controllo mentale. Dal prossimo post cerco di fare un turno canonico di fase di attacco e difesa per ciascuno dei due personaggi coinvolti :zizi:
     
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    L'ambiente circostante si sfaldò intorno all'Alchimista, e con esso di dissolse anche la figura eterea e fumosa che aveva tentato di colpire. I proiettili sibilarono nel vuoto, disperdendo il bersaglio al loro passaggio, come avessero attraversato una morbida nube. — Sei stato troppo precipitoso, Alchimista. — la voce, come prima del viaggio nei suoi ricordi, sembrava parlare a Ljuben da tutte le direzioni e nessuna. Addirittura, pensò per qualche istante, potesse provenire dalla sua stessa testa. — Ora mettiamo fine a questo inutile confronto.

    Immerso in un ambiente completamente nero, Ljuben Stoeva cominciò a precipitare. Ne avvertiva la sensazione, era come quella che aveva provato nei suoi incubi, da piccolo. Di quei sogni di cadere, e cadere, e cadere, e che la sua баба gli aveva spiegato accadessero a chi durante il sonno cresceva in statura. C'era qualcosa, come uno strano ronzare nella sua testa, che lo avvertiva di qualcosa di strano, innaturale, ma quella sensazione era troppo reale, la percepiva fin nel midollo, per non terrorizzarlo, paralizzandolo. Fu a quel punto che, immerso nell'essenza del tempo stesso, il suo nemico estese la propria emanazione cosmica verso di lui e cominciò a manipolare il flusso temporale intorno all'Alchimista.

    Le onde del tempo si piegarono alla sua volontà, rallentando il movimento di Ljuben, come se fosse cadendo e affogando in un mare di melassa, sospeso a mezz'aria. Ogni gesto, ogni respiro, sembrava estendersi all'infinito, diluendo in Ljuben la percezione del tempo stesso, oltre ad aver gettato la sua mente in preda ad un'illusione dalla quale non sembrava riuscire a destarsi. La sensazione di caduta eterna, senza fine, contribuì ad avvolgere l'Alchimista in una condizione di disorientamento e confusione, alimentata da una totale sensazione di annullamento del tempo.

    Quando Ljuben cominciò a percepire i fili sottili dell'illusione che si intrecciavano attorno alla sua mente, era forse già troppo tardi. Gli effetti di quella cristallizzazione temporale erano già in atto sul suo organismo, che avrebbe risentito di un invecchiamento accelerato non appena la trama fosse stata dissipata. Mentre l'abisso senza fine sembrava risucchiare ogni frammento della sua coscienza, una fiamma di consapevolezza ardente si accese dentro di lui. Con un supremo sforzo di volontà e concentrazione, Ljuben utilizzò il vettore mentale della propria emanazione cosmica per interagire direttamente col costrutto illusorio dell'avversario, irrompendo finalmente attraverso i veli dell'illusione.

    Le onde di energia cosmica squarciarono l'illusione come un raggio di sole attraverso le nuvole, disperdendo le ombre che avevano avvolto la sua mente. Tuttavia, il violento contrasto tra la realtà e l'illusione lasciò segni indelebili nella sua coscienza e sul suo fisico. Uno stordimento accecante e un annebbiamento dei sensi si diffusero attraverso il suo essere, come nebbia che si alza al sorgere del sole. Zone del suo corpo stavano improvvisamente invecchiando, come se la sospensione temporale avesse in qualche modo costretto le sue cellule ad accelerare successivamente il processo. Ljuben Stoeva rimase attonito per un istante, mentre cercava di riacquistare pienamente la sua percezione del mondo che lo circondava. La sua mente, ancora frastornata dall'illusione dissipata, lottava per riappropriarsi della chiarezza e della lucidità perdute.

    Quando cominciò a reagire, nonostante la sua capacità di intuire se fosse o meno in preda a manipolazioni mentali, riusciva a malapena ad affrontare le offensive dell'entità. Questa, di contro, con movimenti fluidi e sinuosi, sembrava sfidare le leggi stesse della fisica, danzando tra le pieghe del tempo e dello spazio. Ogni gesto era un'armonia di potenza e grazia, mentre lanciava attacchi illusori che distorcevano la percezione di Ljuben, confondendo la linea tra realtà e finzione. Nel mentre, la scena intorno a loro prendeva vita in una sinfonia di forme e colorii. Le pareti dell'ambiente si contorcevano e ondeggiavano come se fossero fatte di liquido, mentre il suolo tremava sotto i loro piedi. Nel cielo, le stelle sembravano danzare in un vortice incantato, creando un'atmosfera surreale e avvolgente. Ljuben si sentiva come se stesse combattendo non solo contro l'entità stessa, ma contro il tessuto stesso della realtà.

    Ljuben tentava di mantenere sgombra la mente, anticipando ogni mossa dell'entità con una rapidità sorprendente. Ogni gesto era calcolato, ogni attacco mirato a colpire nei punti vulnerabili del nemico. Sfruttava la sua conoscenza dell'alchimia per creare emanazioni cosmiche di stampo difensivo, composte di energia pura, proteggendosi al contempo dagli attacchi illusori dell'entità e reagendo con contrattacchi precisi e potenti. Dall'altra parte, l'entità si dimostrava altrettanto abile, mescolando abilmente illusioni e manipolazioni temporali per confondere e disorientare il suo avversario. I suoi movimenti erano fluidi e imprevedibili, scivolando tra i tentativi di Ljuben di anticiparli. Lanciava raggi di energia distorta, tentando di travolgere il suo avversario con la potenza bruta della sua volontà oscura.

    Si scontravano in un balletto mortale, le fiamme delle loro emanazioni cosmiche creavano scintille nel vuoto, come in una danza. Ogni volta che sembrava che uno dei due avesse guadagnato un vantaggio, l'altro rispondeva con una mossa astuta o un'abile contromossa, mantenendo così l'equilibrio precario della battaglia. Era un duello di volontà e abilità, di intelligenza e potere, che si svolgeva su tutti i livelli della realtà. Nel mezzo del caos della battaglia, il paesaggio intorno ai combattenti cambiava continuamente, come se fossero continuamente strappati o intessuti veli su altri luoghi e tempi. Era come se la realtà stessa si deformasse e si ricreasse sotto l'influenza delle capacità illusorie di Ljuben e delle manipolazioni temporali dell'anomalia. In un istante, il terreno sotto i loro piedi si trasformava da un deserto arido e rovente a un freddo spazio stellare, dove le stelle brillavano nel vuoto oscuro. Poi, nel batto di ciglia successivo, si ritrovavano in una foresta lussureggiante, con i raggi del sole che filtravano attraverso le fronde degli alberi.

    La lotta si svolgeva su diversi piani di esistenza simultaneamente, passando dalla notte fonda ad un prato soleggiato, dal baratro senza fine dell'abisso al vuoto assoluto in pochi istanti. Era un caleidoscopio di scenari, una danza caotica attraverso luoghi e tempi che si sovrapponevano e si intrecciavano in un'esplosione di colori e forme. Questo costante mutamento del paesaggio aggiungeva un ulteriore livello di complessità alla battaglia, rendendo difficile per entrambi i combattenti mantenere la concentrazione e l'orientamento. Era come se il tessuto stesso della realtà si stesse rompendo sotto il peso della loro lotta, piegandosi e deformandosi in risposta alle loro abilità sovrannaturali, modellandosi sotto le alterazioni temporali e sensoriali tessute e disfatte dall'Alchimista e dal suo nemico.

    In mezzo a quel caos, Ljuben si serviva abilmente della sua Alchimia per forgiare proiettili di ogni genere. Con un rapido gesto della mano, gettò una pioggia di proiettili di piccolo calibro contro l'entità, seguita da singoli colpi composti dalle munizioni di un tank. L'Alchimista, tuttavia, non si limitava a creare proiettili: nascondeva e mascherava i suoi attacchi dietro le proprie illusioni. Un'onda di distorsione visiva accompagnava ogni colpo, confondendo e ingannando l'entità, che faticava a distinguere la realtà dalla finzione. Mentre la lotta si intensificava, il campo di battaglia si riempiva di immagini sfocate e ingannevoli, rendendo sempre più difficile per l'entità prevedere e respingere gli attacchi di Ljuben.

    Dall'altra parte, l'entità si contorceva e si muoveva con una fluidità innaturale, sfuggendo agilmente a molti degli attacchi di Ljuben. I suoi movimenti erano bruschi e imprevedibili, come se fosse guidata da una forza primordiale che la rendeva quasi intoccabile. Spesso, quando un proiettile sembrava avvicinarsi troppo, l'entità si trasformava, evitando l'impatto con un'agilità sorprendente, danzando tra le pieghe del tempo e dello spazio con una grazia sinistra e sovrannaturale. I suoi movimenti erano fluidi e contorti, come se fosse stata plasmata dalle stesse leggi dell'universo che tentava di controllare. Ogni gesto era carico di potenza e determinazione, mentre le sue sembianze si fondevano e si trasformavano sotto la luce cangiante dell'ambiente circostante.

    E mentre il panorama si trasformava, l'entità continuava a utilizzare il suo controllo implacabile del tempo per difendersi e attaccare. Rallentava il flusso degli eventi, rendendo i proiettili di Ljuben quasi statici nell'aria, come ammassi di materia sospesi nel vuoto cosmico. Poi, con un gesto fulmineo, accelerava l'invecchiamento di alcune parti del corpo di Ljuben, facendo sì che la carne e le ossa dell'Alchimista si deteriorassero rapidamente sotto il peso implacabile del tempo. Ogni movimento, ogni attacco era orchestrato con maestria, come se l'entità danzasse al ritmo di una sinfonia cosmica, guidata dalle armonie dissonanti dell'etere. Era una visione spettacolare e terrificante allo stesso tempo, una danza tra la vita e la morte, tra passato, presente e futuro, che si svolgeva in un teatro dimensionale dove le regole della realtà erano solo una mera convenzione.

    Interessante. — ammise Ljuben, affaticato dallo scontro, osservando alcune zone delle proprie braccia decisamente invecchiate. Poteva avvertirne un peggioramento del tono muscolare nelle aree colpite: sicuramente il bicipite e il tricipite del suo braccio sinistro erano - se non inservibili - in quel momento decisamente poco pronti ad affrontare un combattimento. — Credo di aver raccolto abbastanza informazioni utili all'Ordine.

    Affermò, preannunciando un attacco più elaborato dei precedenti, con l'obiettivo di mettere infine un punto alla contesa. Con un gesto impercettibile della mano, Ljuben generò un'esplosione cosmica nelle vicinanze del proprio nemico, mascherando quella semplice manifestazione cosmica da una massiccia esplosione al centro dell'arena, un bagliore spaventoso che si sarebbe diffuso come un'onda di terrore attraverso l'ambiente circostante. Voleva cogliere il proprio avversario di sorpresa, quasi facendogli credere che avrebbe tentato di sconfiggerlo con una semplice quanto improvvisa manifestazione di potenza. Nel momento in cui egli si fosse messo istintivamente in guardia, cercando di schivare o schermare l'esplosione, Ljuben avrebbe attuato la seconda parte del proprio piano.

    Generò una schiera di proiettili, che indirizzò contro l'avversario da diverse direzioni, cercando di saturare ogni possibile varco di difesa. Ogni proiettile cosmico lanciato da Ljuben portava con sé la potenza concentrata del suo cosmo, vibrando di un'energia carica dell'intenzione di deflagrare al primo contatto con il proprio obiettivo.





    L J U B E N


    Stato: Diverse zone del corpo visibilmente invecchiate; mentalmente in preda a forte disorientamento.

    ABILITÀ E TECNICHE

    Alchimia della Struttura — Analisi. ESP Tipo-1 Mentale.
    Alchimia della Struttura — Composizione. Illusioni Ambientali.
    Alchimia della Struttura — Proiezione. Frecce Proiettili (arma cosmica)

    RIASSUNTO

    I. Fra una fase di attacco canonica del nemico (e conseguente difesa di Ljuben) e quella di Ljuben ho inserito una fase di descrizione generica del duello, come se quelle azioni più canoniche a livello di duello e regole di combattimento fossero gli assalti più particolari e significativi, ecco. Non saprei nemmeno come spiegarlo meglio, ho voluto sia descrivere delle azioni in termini di regolamento che procedere in alcune fasi in modo fisiologicamente autoconclusivo :ehsi:

    La fase offensiva del nemico si snoda lungo un'illusione di caduta perenne, volta a causare disorientamento [AD] e una bolla di sospensione temporale, che una volta dissipata accelera il processo di invecchiamento delle cellule dell'Alchimista [AF]

    La fase di Ljuben, invece, consiste molto più semplicemente in una normale di esplosione cosmica [AD], mascherata in una nova più grande dalla trama illusoria, volta ad attrarre la concentrazione e il focus difensivo del nemico, e un un veloce e coordinato attacco con proiettili mirato a colpire la figura del nemico [AF]. I proiettili esplodono all'impatto in semplici esplosioni di cosmo grezzo.
     
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    Quella di Ljuben era una figura devastata dalla battaglia, il suo corpo martoriato dai colpi implacabili dell'entità. Il tempo, manipolato senza pietà, aveva lasciato il segno su di lui in modo crudele e diseguale. Parti del suo corpo sembravano consumate dal peso degli anni, con la pelle ispessita e screpolata, le membra rigide e deboli. Le rughe, profonde come solchi, solcavano il suo volto contratto dal dolore, rivelando i segni di una lotta disperata e implacabile.

    Tuttavia, in contrasto con queste aree di decadimento, vi erano parti del suo corpo che sembravano ringiovanite, vibranti di energia e vitalità. La sua pelle, in alcune zone, emanava una lucentezza giovanile, priva di imperfezioni o segni di invecchiamento. Questa dicotomia tra vecchio e nuovo, tra decadimento e vitalità, conferiva a Ljuben un'aura di straniamento e vulnerabilità, mentre lottava per resistere agli assalti dell'entità.

    Il respiro affannoso dell'Alchimista sembrava quasi riecheggiare, un suono irregolare e faticoso che si confondeva con il sibilo dei venti dell'etere. Ogni boccata d'aria era un'agonia, un'increspatura nel flusso del funzionamento del suo organismo già compromesso dalle ferite inflitte dal tempo manipolato dall'entità. Ogni respiro era un tormento, come se l'aria stessa fosse diventata pesante da respirare, intrisa di un'energia oscura che opprimeva il suo spirito combattivo. I suoi movimenti erano ormai lenti e goffi, il dolore lancinante che percorreva ogni fibra del suo essere lo costringeva a lottare anche contro questo nemico invisibile, ma estremamente potente.

    Persino la sua mente era annebbiata, intrappolata in un vortice di dolore lancinante e stanchezza che minava la sua capacità di concentrazione. Le sue percezioni si offuscavano, come se il mondo intorno a lui si fosse indebolito, ridotto a un'ombra sbiadita della realtà. Ogni colpo inflitto dall'entità sembrava amplificare la sua disperazione, aumentando il suo senso di impotenza di fronte alla potenza travolgente dell'avversario. Avvertiva il terreno cedere sotto i suoi piedi, come se il mondo stesso stesse sfumando via insieme alla sua resistenza. Era come se il tempo stesso lo stesse divorando, e con lui ogni speranza di vittoria e ogni residuo di forza interiore.

    Percependo la vulnerabilità di Ljuben e desiderosa di infliggere il colpo finale, l'entità intrecciò abilmente le sue capacità per scagliare quello che nelle sue intenzioni era un ultimo, fatale attacco. Con un gesto rapido e sinistro, distorse ancora una volta lo spazio intorno a loro, dipingendo nella mente dell'Alchimista l'ennesimo affresco colmo di risentimento e dolore: Ljuben si trovò catapultato in un labirinto di ricordi e emozioni, come se le pareti della sua mente stessero crollando su di lui, seppellendolo sotto il peso dei suoi stessi pensieri. Visioni del passato danzavano davanti ai suoi occhi come ombre inquiete, evocando ricordi di momenti di gioia, ma anche di profondo dolore e paura.

    Vide la figura di sua madre, il calore del suo sorriso e la dolcezza della sua voce, ma anche il vuoto lasciato dalla sua assenza, il dolore della perdita che lo aveva segnato per sempre. Attraverso la nebbia delle illusioni, intravide suo padre, la sua figura severa e imponente, ma anche la sua mancanza di comprensione e supporto. Tra le nebbie, riemerse il volto di Lidjia, la sua amata sorella, e con esso il ricordo dei giorni felici trascorsi insieme, ma anche la annientamento causato dalla sua prematura scomparsa. E poi c'erano i suoi timori più oscuri, le paure irrazionali che avevano tormentato le sue notti, trasformate in manifestazioni tangibili di terrore e ansia.

    Ljuben si sentiva come se stesse annegando in un mare di emozioni contrastanti, incapace di trovare un appiglio nella realtà distorta che lo circondava. Ogni passo che faceva nel labirinto delle sue illusioni sembrava portarlo sempre più lontano dalla salvezza, sempre più vicino all'abisso della sua stessa follia. Nel cuore dell'illusione, il tempo stesso sembrava diventare un burattino nelle mani dell'entità, danzando al suo comando come un fedele servo. L'entità distorceva il tessuto dello spazio-tempo con una maestria spaventosa, rallentando il ritmo del mondo intorno a loro fino a renderlo quasi immobile.

    Per Ljuben, ogni attimo sembrava un'eternità, un'agonia dilatata nel tempo in cui era intrappolato, incapace di muoversi o reagire. Ogni singolo gesto, ogni pensiero, lo gettavano nello sconforto, rafforzando una sensazione di impotenza che si diffuse strisciante attraverso di lui, avvolgendolo in una morsa di disperazione e terrore. Era come se il tempo stesso si fosse fermato, lasciandolo solo con i suoi pensieri tormentati e le sue paure più profonde. In quel limbo temporale, Ljuben si sentì più vulnerabile che mai, incapace di sfuggire alla stretta implacabile dell'entità che lo aveva minacciato, e che lui stesso aveva in qualche modo attivato.

    In un istante improvviso di rivalsa, Ljuben sentì un sussurro nella sua mente, un richiamo proveniente dal profondo della sua anima. Era come se una fiamma interiore si fosse ravvivata, illuminando le tenebre dell'illusione che lo avvolgeva. Era la scintilla della consapevolezza e dell'intuito. Era difficile, ma in cuor suo sapeva che, in quanto costrutto illusorio, quel play and rewind dei suoi ricordi poteva essere interrotto, e con esso - per lo meno - un'immediata sofferenza della sua mente. Si sforzò di concentrarsi, di trovare un punto di ancoraggio nella tempesta di illusioni che lo circondava. Riuscì a percepire una discrepanza nel tessuto della realtà, un'irregolarità che non poteva essere giustificata né spiegata. Era come se una parte di sé stesso rifiutasse categoricamente l'illusione, lanciando un grido di ribellione contro la manipolazione dell'entità.

    Con un'esplosione di forza interiore, Ljuben emanò la propria energia cosmica, una nera aura di pura volontà e determinazione che tagliò attraverso le illusioni come una lama affilata, dissipandole. Onde di luce opaca si propagarono dal suo essere, dissipando le ombre dell'illusione e rivelando la verità nascosta dietro il velo di menzogne. Con un grido di sfida, Ljuben si liberò dal giogo dell'entità, emergendo dalla morsa delle illusioni con una determinazione feroce negli occhi. Era tornato dall'abisso della disperazione e, sebbene fisicamente compromesso, pronto a mettere fine a quella improvvisa lotta per la sua esistenza.

    Il suo cosmo avvampò di una tonalità tetra, ma in qualche modo estremamente prepotente: Ljuben si sentì come se ogni fibra del suo essere fosse stata rinvigorita dalle prove appena superate. La sua Alchimia, la propria emanazione cosmica, non era mai stata così satura di odio, istinto di sopravvivenza e fame di vendetta. Era come se le sofferenze e le prove attraversate avessero temprato il suo spirito, trasformandolo in un'arma pronta a infrangere ogni ostacolo sul suo cammino.

    Una furia antica risvegliata dalle profondità del suo essere lo animava, una sete di rivalsa che bruciava con intensità incontenibile. Ogni battito del suo cuore pulsava con la promessa di vendetta, ogni respiro portava con sé il fuoco dell'ira che bruciava nel suo petto. Era una forza primordiale, selvaggia e indomabile, pronta a scatenarsi contro chiunque osasse sfidare la sua determinazione. E in quel momento, nella nera fiamma della sua rinnovata forza, Ljuben trovò la chiave per sconfiggere l'entità che lo aveva tormentato. Con una determinazione ferrea e uno sguardo ardente, si preparò a scagliare un ultimo dardo contro il suo nemico, pronto a combattere fino all'ultimo respiro per difendere ciò che era suo - i suoi ricordi.

    A quel punto, Ljuben si scagliò contro l'entità espandendo la propria emanazione cosmica come un'onda d'urto, avvolgendo non solo il proprio bersaglio, ma tutto quel non luogo, in una tempesta di energia pura. Era come se ogni molecola nell'aria vibrasse con la sua volontà, mentre il suo potere alchemico vorticava in una nera dichiarazione d'intenti. Fu in quel momento che il cosmo dell'Alchimista penetrò nella trama illusoria tessuta dall'entità, rivelando la sua vera forma nascosta dietro le illusioni. L'aura di mistero e potenza che circondava l'entità si dissolse, rivelando una figura rachitica e deforme, priva di qualsiasi umanità. La sua vera natura era svelata: un essere distorto, contorto dalla propria malvagità, seduto in una posizione fetale nell'ombra di un ambiente sterile e asettico.

    L'entità si ritrovò improvvisamente impotente di fronte alla potenza travolgente di Ljuben, incapace di opporre resistenza al suo attacco devastante. È come se ogni tentativo di difesa fosse stato vanificato dalla determinazione inflessibile dell'Alchimista della Freccia, che ora si stagliava trionfante di fronte al suo avversario sconfitto. Con un gesto deciso, Ljuben plasmò un proiettile delle dimensioni simili al proprio avambraccio, intriso di tutto il potere che aveva e bruciato e raccolto. Il costrutto sembrava crepitare di un'energia indomabile, che riverberava intorno alla sua nera struttura con piccole folgori di energia.

    Il proiettile, avvolto dall'energia cosmica di Ljuben, fendette l'aria con una velocità impressionante, tracciando un arco sinuoso mentre si dirigeva implacabilmente verso il suo obiettivo. L'aura oscura che lo avvolgeva sprigionava una potenza incommensurabile, un'intensità che sembrava deformare lo spazio intorno ad esso. Era un'arma di risolutezza, forgiata dalla determinazione e dalla rabbia di un uomo deciso a porre fine alla minaccia che si era frapposta sul suo cammino. L'entità, colpita dalla potenza del proiettile, fu scossa da un'ondata di energia che la travolse come un uragano. Il suo corpo esile implose sotto la pressione del colpo, mentre l'energia oscura che la circondava sfumò nell'aria circostante. Con un gemito di angoscia, la forma eterea della minaccia di dissolse insieme agli ultimi riverberi del cosmo dell'Alchimista, spezzata dal dolore e dall'impotenza di fronte alla forza soverchiante dell'emanazione cosmica di Ljuben.




    L J U B E N


    Stato: Diverse zone del corpo visibilmente invecchiate; mentalmente distrutto a causa dei danni mentali subiti dalle illusioni mentali.

    ABILITÀ E TECNICHE

    Alchimia della Struttura — Analisi. ESP Tipo-1 Mentale.
    Alchimia della Struttura — Composizione. Illusioni Ambientali.
    Alchimia della Struttura — Proiezione. Frecce Proiettili (arma cosmica)

    RIASSUNTO

    I. Anche qui ho cercato di dare un senso al turno come fossero 'due' di un vero duello, fase offensiva del mob (Attacco Debole - sospensione temporale + Attacco Forte - viaggio nei ricordi felici e dolorosi), fase difensiva e fase offensiva di Ljuben, che grazie all'utilizzo di Vigore Oscuro riesce con un solo AF (come questo) a soverchiare l'energia dell'entità dell'anomalia e a chiudere la contesa :zizi:
     
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    Sebbene pervaso da un profondo senso di disorientamento, Ljuben si svegliò dalla sua esperienza nel limbo, una volta messa fine alla minaccia del meccanismo di auto-conservazione del glitch. La sua coscienza tornò alla realtà mentre il mondo intorno a lui gradualmente si riempiva di dettagli nitidi. La stanza oltre il portone, in cui l'informatore della Rete dei Sussurri l'aveva condotto ore, giorni, minuti o settimane prima, era come lui l'aveva lasciata, con le sue pareti grigie e il soffitto basso che sembrava premere su di lui. La luce fioca proveniente da una lampada a sospensione illuminava appena l'ambiente, gettando lunghe ombre sul pavimento.

    Il corpo di Ljuben era esausto, come se ogni muscolo avesse combattuto una battaglia propria durante il suo stato di incoscienza. Sentiva il peso della fatica e del dolore che si diffondeva attraverso ogni fibra del suo essere, facendolo tremare leggermente mentre si sollevava da dove era stato disteso. Le sue mani, ancora sporche di polvere e sudore, afferravano il bordo di un tavolo vicino per sostenersi mentre cercava di riacquistare pienamente la propria consapevolezza.

    Con gli occhi ancora annebbiati dalla confusione e dalla stanchezza, Ljuben esplorò l'ambiente circostante. Riconobbe la figura dell'informatore, che era rimasto lì, seduto a terra, in attesa che qualcosa succedesse. Che l'Alchimista tornasse dalla propria battaglia nell'altrove. L'uomo era lì accanto a lui, il suo sguardo attento testimoniava una consapevole, seppur superficiale, comprensione delle fatiche appena affrontate da Ljuben dall'altra parte. Il suo volto, solitamente impassibile, era come pervaso di una gentilezza discreta, offrendo un conforto silenzioso ma tangibile al giovane Alchimista.

    A sua volta, Ljuben avvertiva un misto di emozioni che si agitavano dentro di lui come onde in tumulto. C'era il sollievo, palpabile come un peso che si solleva dalle sue spalle, per aver superato la minaccia che aveva messo a repentaglio la sua stessa esistenza. C'era anche la consapevolezza dei sacrifici fatti lungo il cammino, delle battaglie combattute e dei demoni interiori affrontati. Ogni linea del volto di Ljuben raccontava una storia di tenacia e determinazione, di resilienza di fronte all'avversità. E mentre si trovava lì, nel rifugio temporaneo di quella stanza, sentiva il peso di ogni singola esperienza vissuta, ma anche la forza che ne derivava, pronta a sostenerlo nelle sfide future.

    Nel silenzio gravido di riflessioni e sospiri, Ljuben sentì il cuore stringersi mentre i ricordi dell'ultima visione che l'entità gli aveva mostrato, prima di svanire nel nulla della non esistenza, affioravano nuovamente nella sua mente come immagini sfocate. Un brivido gli percorse la schiena mentre il futuro si dipanava davanti a lui come un oscuro sentiero nel buio. E mentre scrutava quel futuro oscuro con occhi pieni di terrore e disperazione, Ljuben si rese conto di una verità sconvolgente: quella visione non era solo un possibile destino, ma una minaccia concreta che incombeva su di lui, pronta a trasformare i suoi sogni in cenere e le sue speranze in polvere.

    L'Ordine ti sarà grato dell'informazione. — disse all'uomo, quasi fingendo che non fosse successo nulla di così provante come quanto aveva appena finito di vivere. — Sai dove trovarmi se dovessi trovare dell'altro.
    the tearing
    - Unfinished July Rain -


    Quello che aveva di fronte era un campo di battaglia immerso nell'oscurità. Le fiamme danzavano intorno a lui, illuminando fugacemente volti distorti dalla rabbia e armature scintillanti nel bagliore del fuoco. Ma era la figura al centro dello scontro - in piedi e fiera davanti a lui - che catturò la sua attenzione, una figura familiare che emergeva dall'ombra come un fulmine nella notte. Era una donna, i suoi lunghi capelli neri fluttuavano al vento, mentre lo sguardo ardente sprigionava una determinazione senza pari. Indossava un'armatura simile alla sua, ma nonostante la similitudine, Ljuben poteva percepire un'aura diversa intorno a lei, un'emanazione cosmica che della quale non riusciva a distinguere i suoni, i colori, le tonalità.

    Nel caos della battaglia, ogni mossa della donna risplendeva sotto il firmamento notturno, come stelle cadenti nel buio. I suoi movimenti erano fluidi e agili, una danza mortale che evocava un senso di bellezza selvaggia nel mezzo della distruzione. Ogni pugno, o calcio, che ella sferrava tagliava l'aria con precisione chirurgica, mentre i suoi passi si intrecciavano con quelli di Ljuben, il suo avversario, in una coreografia letale.

    Nonostante la ferocia dello scontro, Ljuben percepiva un'armonia straordinaria tra loro, come se il destino avesse intessuto un legame invisibile tra le loro anime. Era una sensazione quasi surreale, mentre le loro energie si scontravano e si fondevano in una sinfonia di luce e oscurità. Nonostante il tumulto intorno a loro, il tempo sembrava rallentare, concedendo loro un attimo di respiro nel vortice della battaglia.

    Era un duello tra anime destinate, una danza di vita e morte che si svolgeva sotto lo sguardo impassibile delle stelle. Ljuben poteva sentire il battito accelerato del suo cuore, il respiro affannoso mentre si immergeva nell'intensità dello scontro. Era come se ogni colpo, ogni movimento, portasse con sé il peso di un destino condiviso, una storia che si stava scrivendo in quel preciso istante, tra le scintille della guerra e il frastuono della battaglia.

    C'erano nella donna tratti familiari, un riflesso sfumato di qualcuno che aveva conosciuto in un tempo e in un luogo diversi. Ogni linea, ogni curva del suo viso sembrava riecheggiare ricordi sepolti nell'oscurità del passato, risvegliati ora in un futuro incerto. Era come se il suo nemico portasse con sé una parte di lui stesso, una parte dimenticata eppure ancora viva nel labirinto della memoria. Ogni sguardo, ogni macabro sorriso che si stagliava nel fragore della battaglia, evocava un senso di terrore e familiarità, come se avesse già vissuto quell'istante in un'altra vita. Era un sentimento sconcertante, un'alchimia di emozioni contrastanti che si riversavano dentro di lui, riportando alla luce frammenti di un passato lontano.

    Nel vortice della battaglia, quella sensazione di familiarità si mescolava con la tensione del conflitto, creando un'atmosfera carica di significato e mistero. Era come se il destino stesso li avesse riportati insieme, intrecciando i loro destini in un gioco intricato di coincidenze e casualità. E mentre combattevano sotto il manto delle stelle, Ljuben sapeva che quel momento avrebbe avuto conseguenze profonde, che avrebbe segnato il corso del suo futuro in modi che ancora doveva comprendere.




    L J U B E N


    Stato: Fisico in ripresa, i danni fisici si sono di fatto trasformati in danni mentali. Mentalmente distrutto a causa dei danni subiti nello scontro.

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    Alchimia della Struttura — Analisi.. ESP Tipo-1 Mentale.
    Alchimia della Struttura — Composizione.. Illusioni Ambientali.
    Alchimia della Struttura — Proiezione. Frecce Proiettili (arma cosmica)

    RIASSUNTO

    I. Chiusura e - in antitesi col resto della giocata - un finale con un (possibile? eventuale? reale?) flash forward, che chissà se accadrà, quando e come. Non è detto succeda, ma mi sembrava un bel modo per chiudere la role.
     
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