Praise be to the Great Worm

Addestramento: Miquella per Worm

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  1. Miquella
     
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    Specter di Hades
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    Tutto stava procedendo secondo i piani, con ogni elemento che si incastrava perfettamente nel puzzle del mio dominio crescente. Tuttavia, come spesso accade quando ci si trova sull'orlo del successo, l'inaspettato fece irruzione nella mia realtà con la forza di una tempesta improvvisa. Mentre mi allontanavo dai miei pensieri e strategie, un brivido inaspettato mi attraversò la schiena, un presagio che raramente avevo avvertito nella mia lunga esistenza. Spinto da un istinto che non avevo più ignorato da secoli, tornai nel salone principale. Con un gesto della mano, accesi le luci, squarciando l'oscurità che avvolgeva la stanza.

    Di fronte a me, nell'ampio spazio ora pienamente illuminato, si stagliava una figura: un uomo dall'aspetto dell'Europa orientale, alto e biondo, i cui occhi mi fissavano con una miscela di disgusto e sfida. Non c'era bisogno di parole; il suo sguardo diceva tutto ciò che c'era da sapere. In quell'istante, una sensazione intensa e inconfondibile mi invase. Percepivo il cosmo che lo avvolgeva, un'aura potente che poteva appartenere solo a un Saint di Atena. Era un guerriero della giustizia, un portatore di luce in un mondo che avevo dipinto di ombre. La sua presenza era un'affronto, una sfida diretta non solo al mio potere terreno, ma alla mia stessa essenza.

    Il disgusto nei suoi occhi si specchiava nel desiderio viscerale di morte che ora mi pervadeva. Questo non era un semplice intruso; era un emissario del destino, un'incarnazione della resistenza contro tutto ciò che rappresentavo. Il mio regno di oscurità, la mia rete di influenze e controlli, tutto sembrava in bilico di fronte a questo singolo, determinato avversario. L'aria stessa tra di noi bruciava di tensione, carica di un conflitto imminente che andava oltre il fisico, che toccava il reame del mitico, del cosmico.

    Mentre i secondi trascorrevano, l'aria nel salone sembrava addensarsi, carica di un'energia palpabile. Questo Saint, questo guerriero di Atena, rappresentava tutto ciò che dovevo annientare per assicurare il mio dominio incontrastato. La sua stessa esistenza era un anatema per i miei disegni, una minaccia che dovevo estirpare. In quel momento, capii che il confronto era inevitabile. Non potevo permettere che la sua luce brillasse nel mio regno di tenebre, non potevo tollerare che la sua giustizia si opponesse alla mia autorità. La battaglia che si profilava era più di una semplice lotta per il potere; era un conflitto tra due visioni del mondo, due destini universali in irrevocabile contrasto.

    Nonostante la tensione che pulsava nell'aria, scelsi di rimanere calmo, un'immagine di compostezza e controllo. La figura di fronte a me, un Saint di Atena, rappresentava una minaccia non solo al mio regno di oscurità ma anche a tutto ciò che avevo costruito. Tuttavia, non avevo intenzione di lasciarmi sopraffare dall'emozione o dalla paura. Ascoltai le sue parole, le sue accuse, con un'attenzione fredda, distaccata. Quando ebbe finito, la mia risposta fu misurata, impregnata di una sicurezza che molti trovavano disarmante.

    « Entrare nella casa di qualcuno, minacciare il padrone di casa, una persona che ha dato lavoro a molte persone, è questa una consuetudine dei tuoi luoghi? Forse in Romania, o da quale altro angolo dell'Est Europa tu venga? »

    Le mie parole erano un miscuglio di sfida e disprezzo, un tentativo di sminuire la sua presenza, di ridimensionare il pericolo che rappresentava ai miei occhi. Con movimenti misurati, presi posto su una delle poltrone del mio ampio salone, un chiaro segno che non mi sentivo minacciato, che non consideravo la sua presenza come una vera minaccia al mio potere.

    « Non avrai soldi né nulla da me, e ti consiglio di tornare da dove sei venuto. »

    La mia reazione era un calcolo, un tentativo di destabilizzare, di metterlo sulla difensiva. In fondo, conoscevo il potere che questi guerrieri potevano esercitare, ma sapevo anche che la battaglia non si svolgeva solo sul campo fisico, ma anche su quello mentale e verbale. Tuttavia, sotto la superficie della mia apparente tranquillità, ero pronto a ogni eventualità. Ogni parola che pronunciavo era parte di un più ampio gioco di potere, ogni gesto calcolato per mantenere il controllo della situazione. Non sapevo come il Saint avrebbe reagito, ma ero pronto ad affrontare ogni conseguenza delle mie parole. In questo duello non solo di forze ma anche di volontà, ero determinato a mantenere il sopravvento.

    « E se invece sei stato mandato qui per uccidermi, per qualche commissione oscura, allora ti prego, accomodati. Come vedi, sono disarmato e totalmente incapace di difendermi. »

    Il sorriso sul mio volto si allargò, un chiaro segno di sfida nonostante le parole di apparente resa. La mia espressione era tranquilla, ma i miei occhi brillavano di una sfida non detta, di un invito a misurarsi con me, sul mio terreno, secondo le mie regole. Ero consapevole del rischio che stavo correndo sfidando così apertamente un guerriero di Atena, ma era parte della mia natura, del mio ruolo come dominatore e manipolatore. Non potevo mostrare paura o incertezza; la mia forza risiedeva tanto nella mia presenza e nel mio controllo psicologico quanto nella mia potenza fisica o nei miei alleati oscuri.

    Il gioco era iniziato, e come ogni gioco, poteva terminare in molti modi. Ma una cosa era certa: non avrei ceduto, non avrei mostrato debolezza, non avevo intenzione di permettere a questo Saint, di perturbare i piani che avevo meticolosamente tessuto.

    Ora, la mossa successiva spettava a lui.

     
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