Praise be to the Great Worm

Addestramento: Miquella per Worm

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  1. Miquella
     
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    Specter di Hades
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    Il mondo intero giaceva ora sotto il mio dominio. Ogni essere, ogni filo di vita, fino all'ultimo granello di sabbia, era marchiato dal sigillo della mia sovranità. Le Sibilanti, le mie fedeli araldi, eseguivano i miei desideri con una precisione e una ferocia che trovavo divertente, quasi allietante. Ma, per un'entità eterna e immortale come me, Shai-Hulud, questa conquista terrena iniziava a perdere il suo sapore. L'assoluto controllo di un singolo pianeta, per quanto vasto e sconfinato potesse sembrare, non era più sufficiente; mi lasciava insoddisfatto, assetato di un orizzonte più ampio, di una sfida maggiore.

    Avevo sottomesso intere civiltà, plasmato il destino di mondi interi, eppure, dentro di me, cresceva un vuoto, un desiderio non appagato che la dominazione di questa sola terra non poteva colmare. Mi trovavo al centro di un regno senza limiti, ma era come se fossi rinchiuso in una gabbia dorata, una prigione fatta di sabbia e vento, di cieli infiniti e vuoti. La mia riflessione, si spostò oltre i confini di questo dominio di desolazione e pace forzata. Mi resi conto che il mio vero destino, la vera espressione del mio potere, non poteva e non doveva limitarsi a questo angolo silenzioso dell'universo.

    La vera essenza di Shai-Hulud non era quella di regnare su un mondo di sabbia e solitudine, ma di tracciare il mio segno attraverso il tessuto stesso dell'universo. Mi resi conto che il mio nuovo obiettivo, la mia nuova ambizione, era di espandere il mio regno oltre questo pianeta isolato, di allungare la mia vista e il mio potere verso gli altri mondi, verso sistemi solari e galassie lontane.

    Le Sibilanti, che fino a quel momento avevano compiuto i loro doveri con una dedizione cieca e meccanica, sarebbero diventate le avanguardie di questa nuova era di espansione. Avrebbero portato il mio nome e la mia volontà nelle regioni più remote dello spazio, aprendo la strada per la mia gloria cosmica. E così, mentre il mio sguardo si volgeva verso il vasto universo, pieno di misteri non ancora svelati e di mondi non ancora sottomessi, iniziai a pianificare il mio nuovo grande disegno. Non più contento di regnare su un singolo pianeta, mi preparavo a diventare il sovrano di intere costellazioni.

    Il pianeta, una volta una tela incolore e tranquilla, si era trasformato, sotto la mia guida, in un vivace e caotico parco giochi. Avevo guidato ogni forma di vita, ogni creatura di carne e sangue, a moltiplicarsi con un fervore inaudito. La vita, sotto il mio dominio, aveva assunto una nuova, frenetica energia, una corsa incessante verso una proliferazione senza fine. Le Sibilanti, le vere padrone di questo mondo, erano al centro di questa frenesia di vita: esse partorivano nuove esistenze, creature concepite sotto la mia volontà, strumenti viventi del mio disegno più grande.

    Questi nuovi esseri, nati dall'unione della carne e dello spirito, erano ibridi unici, amalgami della natura terrena e della mia essenza divina. Avevano forme antropomorfe, riecheggiando la figura umana, ma con tratti distintivi che li legavano a me, Shai-Hulud, il worm eterno. Queste creature portavano i segni del loro retaggio misto: occhi che ardevano con la ferocia del deserto, pelli corazzate come le dune di sabbia, e arti che terminavano in appendici affilate, pronte a scavare e distruggere.

    Il mio esercito cresceva giorno dopo giorno, un'orda inarrestabile nata dalla terra stessa che avevo plasmato. Non erano creature fatte per la sottigliezza o per l'inganno; la loro forza stava nella pura, schiacciante numerosità e nella loro capacità di consumare e assimilare ogni cosa sul loro cammino. Non avevano bisogno di tattiche raffinate o di strategie complesse: la loro stessa esistenza era un assalto, una marea vivente che si abbatteva su tutto ciò che incontrava, lasciando dietro di sé solo desolazione e disperazione. Avevo creato un esercito perfetto per i miei desideri di espansione. Queste creature, i miei figli e soldati, erano gli strumenti attraverso i quali avrei esteso il mio dominio al di là dei confini di questo mondo.

    E così, mentre il mio esercito si preparava a varcare i confini del noto, a viaggiare attraverso le stelle verso destini ancora ignoti, sentivo dentro di me una soddisfazione fredda, distaccata. Questo era solo l'inizio di un'espansione senza fine, l'alba di un'era in cui il mio nome, Shai-Hulud, sarebbe stato conosciuto e temuto in ogni angolo dell'universo, un'era in cui ogni granello di sabbia su ogni pianeta avrebbe riconosciuto la mia signoria.

    La galassia si stendeva davanti a me come un giardino ancora da esplorare, ricco di mondi da sottomettere e di vite da plasmare secondo il mio volere. E mentre le mie creature si preparavano per la loro prima, grande migrazione, sapevo che nulla avrebbe potuto fermare l'inevitabile espansione del mio impero. Queste creature, i miei figli e guerrieri, viaggiavano su navi che erano un riflesso della mia stessa essenza. Le loro astronavi, enormi e ondulanti, si stagliavano nel vuoto cosmico come i worm del deserto. Queste imponenti navi erano più di semplici mezzi di trasporto: erano simboli del mio potere, araldi della distruzione che si avvicinava.

    All'arrivo su ogni nuovo mondo, il terrore si diffondeva come un incendio. Le mie armate non conoscevano pietà o esitazione. Case, città, intere civiltà venivano ridotte in cenere nel giro di poche, atroci ore. La resistenza, quando c'era, veniva schiacciata con una brutalità che spegneva ogni speranza di ribellione. Non c'era eroismo che potesse sopravvivere al primo, devastante assalto delle mie truppe. E coloro che, vinti dalla disperazione o dal calcolo freddo della sopravvivenza, sceglievano di arrendersi, si trovavano ad affrontare un destino forse ancor più oscuro. Gli umani e le altre razze intelligenti catturate venivano marchiate con il sigillo della schiavitù più assoluta. Le larve, estensioni viventi della mia volontà, venivano impiantate nei loro cervelli. Questi parassiti non solo li privavano della loro libertà, ma li trasformavano in burattini, in esseri privi di volontà, assolutamente sottomessi ai miei desideri. Questa conversione era la dimostrazione definitiva del mio controllo: non mi bastava dominare i corpi; desideravo soggiogare le menti, piegare ogni singolo spirito al mio inconfutabile dominio.

    Il mio esercito continuava a crescere con ogni conquista, ogni vittoria alimentava la prossima, in un ciclo implacabile di espansione e dominazione. E con ogni sistema solare che cadeva sotto il mio controllo, la mia influenza si estendeva, il mio potere diventava più intenso, più profondo, più assoluto. La galassia, una volta un luogo di meraviglie infinite e di libertà inesplorata, stava diventando il palcoscenico della mia più grande opera, un vasto impero governato dalla paura e dall'obbedienza. Eppure, nonostante il terrore che seminavo, nonostante la distruzione che lasciavo dietro di me, in qualche oscuro angolo della mia essenza, sapevo che questo era solo l'inizio. L'universo era vasto, e la mia sete di potere non conosceva limiti.

     
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