[Trama] Inferno di Luce

Gaz per Isa

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    Era già stato previsto, sarebbe successo, i maghi della Torre Bianca conoscono bene il fluire del tempo ed il susseguirsi ipotetico degli eventi.
    Dall'inizio della calamità chiamata Corruzione, l'isola di Ulthuan non ha più mantenuto la sua posizione stabile troppo a lungo.
    Il potere arcano degli Elfi l'ha spostata dal cielo al mare ripetutamente, ogni volta protetta da innumerevoli incanti.

    Teclis aveva previsto, e voi con lui, che ciò non avrebbe protetto per sempre l'isola... ma l'attacco non era previsto ora.
    Qualcosa di terribile doveva essere accaduto per scostare con così tanta violenza il placido susseguirsi degli eventi.

    Il tuo maestro e molti altri tra gli arcimaghi più potenti sono a supportare l'esercito a difesa dei perimetri dell'isola e dei Regni Esterni. Tu fai parte dei gruppi che devono difendere i Regni Interni.

    Nella prima parte dell'assedio, ormai iniziato da quasi una settimana in vari livelli di intensità, eri stanziato come molti altri a Lothern. La più grande città dell'isola era stata volutamente resa un punto debole in modo da far confluire lì tutta la forza nemica. Il primo giorno fu terrificante, mostri indicibili si ammassarono come una valanga di carne e artigli e molti perirono nell'atto di respingerli.

    L'attacco era stato previsto... ma non solo arrivò in anticipo, ma con una violenza inconcepibile.

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    Fu nel secondo giorno che il Re Fenice tornò dall'Isola dei Morti alla testa di un'immensa forza che rivolse le sorti dello scontro. Tra loro il tuo fraterno compagno Galdor si fece valere come suo solito, muovendo la lama con la stessa maestria con cui tu tessevi i tuoi incanti per congelare nel tempo le bestie immonde.

    Il terzo giorno però si comprese che le forze della Corruzione disponevano di arti e mezzi prima sconosciuti tra le loro fila.

    Le abiurazioni più potenti iniziarono a sfibrarsi, colpite da punti aldilà di questa realtà, come se anche il reame spirituale fosse stato contagiato o sotto assedio. Fu subito chiaro che l'obiettivo di quella seconda forza era la Torre Bianca, verso cui il Re mandò un nutrito gruppo di arcanisti.

    Tu eri tra quelli, esperti di varie discipline arcane. In quanto maestro del tempo ed abile elementalista del ghiaccio eri stato mandato sui monti alle spalle della torre, vicino ad una breccia delle difese, per farne un punto sicuro.
    Con i tuoi compagni hai passato gli ultimi giorni a respingere le ondate, ma è chiaro a tutti che non può andare avanti così, bisogna trovare il punto esatto della frattura e chiuderlo.

    Ti sei offerto per infiltrarti oltre le linee nemiche mentre gli altri tengono la posizione. Dovrai fare in fretta, se non vuoi che i Corrotti sfondino quella linea.

    Hai trovato una strada nascosta da rocce, ghiaccio e neve, in cui ti stai avventurando da qualche ora... fino a che attorno a te percepisci una sensazione orripilante, come se la realtà stesse colando come materia putrescente. Dalle fenditure nella realtà, aperte solo per qualche istante, fuoriescono una ventina di esseri simili a uomini contorti e dalla carne riavvolta su se stessa. Subito dalla loro schiena si formano ali sanguinolenti, che usano per lanciarsi su di te come rapaci pronti a dilaniarti.

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    Benvenuto :zizi:

    Descrivi come ritieni la situazione dell'assedio, le tue considerazioni etc...
    Risolvi in modo autoconclusivo l'assalto delle bestie. Disponi già dei poteri sul tempo e sul ghiaccio, ma in forma di incantesimi. Non hai cioè la possibilità di attingere all'energia macrocosmica. In pratica è come se avessi un'energia in meno e hai la resistenza, forza e velocità di un normale elfo.
    Sei libero di descrivere l'equipaggiamento che ritieni.
    Quando hai sistemato i tizi decidi come vuoi proseguire verso quella che percepisci essere la fonte dell'invasione in quell'area, se sempre da quel sentiero o ne cerchi un altro. Da dove sei vedi solo il sentiero salire :zizi:

    Questa è la mappa dell'isola: link
    Quando l'isola è in volo le isolette che la circondano sono anch'esse volanti ed il mare interno è sostenuto magicamente, "sfiata" in forma di cascata magica da Lothern e si riforma.


    A te :zizi:




     
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    La magnificenza di Uluthan, la città fluttuante, era una sinfonia di bellezza, magia e natura, un sogno etereo che si librava leggero sull'acqua, diretta dalla volontà invisibile dei suoi potenti maghi. Questo santuario elfico, scintillante sotto il cielo aperto, era un mosaico vivente di torri scintillanti e palazzi maestosi, costruiti con la sapienza di eoni e benedetti dalla magia antica. Le strutture di Uluthan, eteree e imponenti, si fondevano in armonia con il paesaggio circostante, come se fossero cresciute naturalmente dalla terra su cui riposavano. Gli Elfi di Uluthan conducevano una vita di armoniosa bellezza, una danza perpetua tra arte, cultura e natura. I loro movimenti erano fluidi e aggraziati, una testimonianza vivente della loro eredità eterea. I giardini della città, pieni di fiori esotici e fontane magiche, erano luoghi di incontro e riflessione, dove la musica e l'arte fiorivano come espressioni supreme dell'anima elfica.

    Nonostante la sua pace apparente, Uluthan non era al riparo dalle ombre del mondo esterno e quel giorno gli Elfi, custodi millenari di Uluthan, si trovarono di fronte a una minaccia che, sebbene prevista nei segreti arcani della loro sapienza, si rivelò di una portata devastante che superava ogni loro previsione. La città, un tempo santuario di pace e armonia, si trasformò in un campo di battaglia, un teatro di disperazione e coraggio di fronte all'oscurità che avanzava.

    Il primo giorno di assedio segnò la storia di Uluthan con inchiostro di sangue e lacrime. Gli Elfi, con una strategia tanto disperata quanto astuta, decisero di rendere Lothern, il fulcro della loro difesa. Era una mossa rischiosa, un gioco di inganni e sacrificio: facendo di Lothern il punto apparentemente più debole, speravano di canalizzare l'impeto dell'assalto nemico in quella direzione, per concentrare lì la loro resistenza. Il cielo sopra Lothern si oscurò, non più cullato dalla luce solare ma soffocato da una coltre di nubi minacciose. Le onde, un tempo canto dolce che accompagnava i sogni degli Elfi, si infrangevano ora con furia contro le mura della città, come alleate dell'oscurità che avanzava. Gli assalitori, creature corrotte dall'antica malvagità, emersero dalle ombre come un mare in tempesta, un'orda implacabile che cercava di sommergere ogni luce, ogni speranza.

    Gli Elfi, guidati dai loro nobili guerrieri e dai maghi di incomparabile potere, risposero con una ferocia che sorprese perfino i loro stessi cuori. L'aria si riempì di incantesimi e grida di battaglia, mentre il suolo di Lothern tremava sotto il peso della lotta. Arcieri elfici, posti sui bastioni e tra le rovine sacre, scagliavano frecce infuse di magia che fendevano l'aria, cercando il cuore nero dei loro nemici. Maghi e stregoni, con le mani tessitrici di destino, evocavano barriere di luce e fuoco, disegnando nel cielo danze mortali di energia pura, un ultimo, disperato tentativo di proteggere ciò che più amavano.

    Nella tempesta di fuoco e ferro che avvolgeva Lothern, si distingueva Gelion, un mago di eccezionale talento, discepolo diretto dell'Arcimago Teclis. Questo elfo, dalla statura imponente e dall'aspetto insolito per la mancanza di capelli, irradiava un'aura di potere e mistero. I suoi occhi, due pozzi di saggezza antica, luccicavano con l'intensità di chi conosce i segreti più reconditi del tempo e della magia. Gelion non era un guerriero nel senso tradizionale; la sua arma era la magia che fluiva nelle sue vene, un potere antico che gli consentiva di manipolare le energie gelide e di distorcere il tessuto stesso del tempo. Indossava una mezza armatura elfica, un capolavoro di arte e funzionalità, adornata con simboli sacri di Freyr, che raccontavano storie di battaglie passate e di eroi caduti. L'armatura, oltre a proteggerlo, era un simbolo del suo ruolo di difensore della sua amata città. Dal cinturone in su, Gelion era avvolto in una magnifica pelliccia di lupo bianco, che drappeggiava sulle sue spalle come un mantello regale. Questo ornamento, serviva anche come talismano, un ricordo della sua terra e delle sue radici. La pelliccia, bianca come la neve più pura, contrastava con il caos della guerra, simboleggiando la forza tranquilla ma inarrestabile della natura.

    Nel cuore pulsante della battaglia, mentre il caos di Lothern si dispiegava intorno a lui in un vortice di fiamme e grida, Gelion si ritrovò per un momento isolato dall'uragano di violenza. In quel breve respiro di solitudine, mentre le sue magie gelide si disperdevano nell'aria carica di polvere e sangue, il giovane mago elfico si lasciò andare a riflessioni profonde. Con la vista che spaziava oltre il campo di battaglia, osservava le rovine fumanti di ciò che una volta era stato un quartiere vivace e prosperoso. La realtà della guerra, con il suo seguito di distruzione e dolore, pesava sul suo cuore come una pietra. Gelion si chiedeva come, in mezzo a tanta desolazione, potesse ancora esistere speranza o bellezza. La domanda gli sferzava l'anima, un tormento tanto acuto quanto le lame dei suoi nemici.

    Eppure, mentre i suoi pensieri si inoltravano nelle ombre del dubbio, una scintilla di verità brillò nel suo intimo: la battaglia per Lothern non era solo una lotta per la sopravvivenza, ma una difesa del tutto ciò che rendeva la vita degna di essere vissuta. Ogni incantesimo che lanciava, ogni nemico che fermava, era un'affermazione della volontà degli Elfi di preservare la loro cultura, la loro arte, il loro legame con la natura. La guerra, per quanto brutale, non poteva cancellare la bellezza intrinseca del loro mondo, né lo spirito indomabile del suo popolo. Riflettendo su queste verità, Gelion trovava una nuova risolutezza. La sua magia, era uno strumento non solo di distruzione ma anche di protezione. Ogni onda di freddo che emanava dalle sue mani, ogni torsione del tempo che compiva, erano atti di ribellione contro l'oscurità che cercava di soffocare la loro luce. La sua esistenza, il suo potere, avevano uno scopo: difendere Uluthan, custodire la memoria del suo popolo, e forse, in un giorno futuro, aiutare a ricostruire ciò che era stato perduto.

    Con questa consapevolezza rinata, Gelion alzò lo sguardo verso il cielo, dove i raggi del sole iniziavano a fendere le nuvole di cenere. In quel frammento di luce, vide un simbolo della loro inestinguibile speranza. Con un respiro profondo, il giovane mago ritrovò la sua determinazione. Non c'erano dubbi che la strada davanti a lui fosse disseminata di pericoli e sofferenze, ma ora sapeva con certezza che ogni passo, ogni incantesimo, era un passo verso la salvezza della sua gente e della bellezza del loro mondo. Con il cuore rafforzato da queste riflessioni, Gelion si preparò a rituffarsi nella battaglia. Non era più solo un guerriero nella tempesta; era un custode del tempo, un difensore della vita, un portatore di speranza.

    All'alba del secondo giorno di assedio, la situazione a Uluthan sembrava disperata. Le mura, un tempo inespugnabili, portavano le cicatrici del conflitto, e la speranza degli Elfi vacillava come una fiamma al vento. Fu in quel momento critico che il Re degli Elfi fece il suo ingresso, una visione di regalità e potere, al comando di un esercito rinvigorito. Tra le sue file si distingueva una figura imponente, Galdor, un guerriero la cui reputazione nel maneggiare la spada era nota in tutto il regno. La sua presenza nel campo di battaglia infuse nuova energia nelle truppe stanche, e il suo legame fraterno con Gelion era una fonte di ispirazione per tutti.

    Il risveglio del morale degli Elfi fu palpabile. Galdor, avanzando con determinazione, brandiva la sua spada in un balletto di morte che lasciava dietro di sé solamente il silenzio. La sua maestria non era solo tecnica; era poesia, un tributo alla bellezza dell'arte della guerra. Gelion, al suo fianco, intrecciava la magia con la spada, creando una sinergia perfetta tra forza bruta e potere arcano. Insieme, formavano un'unità che sembrava inarrestabile, un faro di luce che tagliava attraverso le tenebre dell'assedio.

    Tuttavia, la speranza portata dal nuovo giorno fu di breve durata. Il terzo giorno rivelò l'intera portata della corruzione, un male così profondo e pervasivo che nessun elfo poteva realmente immaginare. Le forze oscure dispiegarono mezzi e creature di una natura così aliena che ogni confronto precedente sembrava un mero preludio. Il cuore stesso della corruzione pulsava con un desiderio oscuro, puntando inesorabilmente verso la Torre Bianca di Hoeth, simbolo di tutto ciò che gli Elfi tenevano sacro. Di fronte a questa rivelazione, il Re prese una decisione: Gelion, insieme a un gruppo selezionato di maghi e guerrieri, fu inviato nelle montagne alle spalle della torre bianca, in una missione per trovare un punto sicuro da cui lanciare una controffensiva. La loro marcia verso le montagne fu un viaggio attraverso un paesaggio che portava le ferite della guerra, un mondo una volta vibrante ora soffocato dall'ombra della corruzione.

    La squadra, guidata dall'instancabile Gelion, si inoltrò nelle terre selvagge, dove il terreno si alzava in picchi vertiginosi e valli nascoste. Gelion, con la mente sempre rivolta alla Torre Bianca e al suo maestro, sentiva il peso della loro missione: trovare un luogo dove la luce potesse ancora trovare un varco, dove la magia degli Elfi potesse fiorire lontano dall'ombra che avvolgeva la loro terra. Nel cuore delle montagne, lontani dagli occhi corrotti dei loro nemici, Gelion e i suoi compagni cercarono quel luogo, quel punto di forza da cui avrebbero potuto dare inizio alla rinascita della loro resistenza. Era una corsa contro il tempo, una sfida contro il destino stesso, ma guidati dalla determinazione e dall'amore per la loro terra, sapevano che anche nel più piccolo rifugio, la speranza poteva ancora germogliare.

    Nel cuore della notte avvolto dalle montagne, il gruppo di Elfi guidato da Gelion si riunì intorno al debole bagliore del falò. Tra di loro, una presenza si distingueva: Lireal, la sorella di Gelion, una guerriera dalla bellezza eterea, i suoi capelli lunghi e argentei danzavano al vento come fili di luce lunare. La sua armatura, ornata di simboli della foresta, parlava della sua connessione profonda con la natura, mentre gli occhi, di un verde smeraldo intenso, riflettevano una volontà ferrea e un'intelligenza acuta.

    "Gelion, fratello mio," iniziò Lireal, la sua voce era come il canto di un ruscello, chiaro e deciso, "abbiamo trovato una breccia, ma perché devi esplorarla da solo? Questo peso, questa responsabilità, dovrebbero essere condivisi."

    Gelion si voltò verso di lei, nei suoi occhi un misto di affetto e determinazione. "Lireal, il pericolo è troppo grande per rischiare più vite di quelle necessarie. Devo fare questo viaggio da solo per assicurarmi che la nostra speranza non venga distrutta. Se c'è una via, un'opportunità per cambiare le sorti di questa guerra, devo trovarla."

    Tra gli altri, si ergeva Elthan, un giovane mago dall'aspetto solenne, i suoi capelli corti e scuri incorniciavano un viso segnato dallo studio e dalla preoccupazione. Il suo mantello, tessuto con fili di magia, ondeggiava silenziosamente, testimoniando il suo status di custode degli incantesimi antichi. "Gelion, la tua audacia è pari solo alla tua abilità," disse con un tono che celava malamente la sua ansia, "ma ricorda, anche l'eroismo ha bisogno della saggezza. Sii cauto."

    Accanto a lui, Arineth, una veterana delle guardie di Lothern, i suoi occhi grigi segnati da innumerevoli battaglie, scrutavano l'oscurità oltre il fuoco. La sua postura, eretta e imponente, e le sue armi, lucidate ma segnate da colpi e intemperie, raccontavano la storia di una vita dedicata alla difesa del suo popolo. "Non dubitiamo di te, Gelion," disse, la sua voce era un grido di battaglia trasformato in consiglio, "ma ogni passo che farai, sappi che cammini per tutti noi."

    Con queste parole, il gruppo cadde in un silenzio carico di emozione, mentre il fuoco crepitava, unico testimone delle loro paure e speranze. Gelion, toccato dalle parole di Lireal e dei suoi compagni, sentì il legame che univa il loro destino al suo. Con un gesto di capo, promise silenziosamente di portare con sé la loro fiducia e il loro amore.

    Lireal si avvicinò, ponendo una mano sul braccio di Gelion in un gesto di supporto e addio. "Vai, allora, e che gli spiriti della foresta ti guidino," disse, e nel suo sguardo c'era la forza di un intero esercito, l'amore di una sorella e la determinazione di una guerriera.

    Con un ultimo sguardo ai suoi compagni, Gelion si avvolse più stretto nel suo mantello, i simboli della sua casa e della sua città riflessi debolmente dalla luce morente del fuoco. Ogni passo che muoveva verso l'ignoto era un passo intriso della loro fiducia, un peso che portava con onore. Mentre la figura di Gelion si fondeva con le ombre delle montagne, Lireal, Elthan e Arineth rimanevano al falò, uniti nel silenzio, con il cuore pesante ma pieno di speranza, sapendo che il destino di Uluthan riposava ora nelle mani di Gelion.

    Mentre Gelion si inerpicava lungo il tortuoso sentiero della montagna, il paesaggio intorno a lui si trasformava in un regno di ghiaccio e neve, un mondo silenzioso dove il tempo sembrava essersi cristallizzato. La luce del sole filtrava debolmente attraverso le dense nuvole, riflettendosi sui cristalli di ghiaccio che adornavano il terreno come gioielli freddi e distanti. Ogni suo passo era accompagnato dal sordo rumore della neve che cedeva sotto il suo peso, un promemoria solitario della sua presenza in quella vastità desolata.

    Il freddo mordeva la sua pelle, ma nel suo cuore ardeva un fuoco inestinguibile, il peso della missione che portava sulle spalle lo scaldava più di qualsiasi mantello. Gelion avanzava, determinato, la sua figura un punto oscuro contro l'immensità bianca, una nota di contrasto in un paesaggio altrimenti immacolato.
    Fu allora che il mondo intorno a lui tremò, un brivido che percorse la terra come il preludio di un incubo. Dal cielo, spaccato da una fenditura invisibile nella realtà stessa, iniziò a colare una resina nera e putrescente, una sostanza che deturpava la neve pura con la sua presenza malefica. La resina gocciolava lentamente, come il sangue di una ferita profonda nel tessuto del mondo, e laddove toccava, la corruzione germogliava.

    Dalle pozze velenose di resina, emersero figure orrorifiche, abomini che sfidavano la natura stessa. Avevano forme vagamente umane, ma erano distorti in modo tale che ogni somiglianza con l'umanità era solo una beffa crudele. La loro pelle era di un grigio pallido, coperta di escrescenze e piaghe suppuranti, mentre le loro ali, membranose e lacerate, stormavano con un fruscio malato al vento gelido.

    I loro occhi, vuoti di ogni scintilla di ragione o compassione, fissavano Gelion con una fame insaziabile. Mostravano denti aguzzi come vetri rotti, pronti a strappare la vita da qualsiasi creatura fosse tanto sfortunata da incrociare il loro cammino. Erano nati dalla corruzione stessa, esseri che non avrebbero dovuto esistere, un insulto alla bellezza e all'ordine di Uluthan.

    Gelion, di fronte a questa manifestazione di pura abominazione, sentì un brivido di orrore, ma non di paura. Il suo cuore, pur oppresso dall'atrocità di ciò che vedeva, batteva forte di coraggio e determinazione. La sua mano si stringeva attorno al bastone da mago, il suo spirito si preparava alla battaglia, non solo per la sua sopravvivenza, ma per l'onore stesso della sua terra e del suo popolo.

    Con un profondo respiro, Gelion alzò il bastone, incanalando il potere del ghiaccio e del tempo, elementi che aveva studiato e amato, trasformandoli in armi contro l'oscurità che lo circondava. Era solo, un punto di luce in un mare di tenebra, ma era deciso a combattere, a difendere ogni frammento di bellezza che restava nel suo mondo. Con gli occhi fissi sui suoi nemici, Gelion si preparava ad affrontare l'orrore, pronto a scrivere, con il suo coraggio, una nuova pagina nella storia di Uluthan.

    Nel cuore di un paesaggio avvolto da ghiaccio e neve, Gelion affrontò le orde di creature corrotte, manifestazioni viventi della corruzione che minacciava Uluthan. La sua figura solitaria si stagliava contro il bianco immacolato, un bastione di forza e magia contro l'oscurità che avanzava. La sua voce risuonò potente, intonando gli antichi incantesimi elfici, ogni sillaba un flusso di potere che plasmava il mondo intorno a lui.
    All'inizio, la battaglia sembrava inclinarsi a suo favore. Con la parola "Amdír", Gelion rallentava il flusso del tempo, muovendosi tra i suoi avversari con grazia sovrumana, ogni gesto preciso e mortale. "Heleg", evocava spuntoni di ghiaccio affilati che emergendo dal suolo, colpivano le creature con precisione chirurgica.

    Tuttavia, il numero degli avversari era schiacciante. Per ogni creatura che cadeva, sembrava che altre due prendessero il suo posto, un'onda incessante di corruzione che lo sovrastava. In un momento critico, Gelion si trovò circondato, sopraffatto dalla furia delle creature. Una di esse riuscì a infrangere la sua difesa, infliggendogli una ferita profonda al fianco. Il dolore era acuto, un fuoco gelido che gli attraversava il corpo. Ma Gelion non era uno da arrendersi facilmente. Anche nell'angolo più buio della disperazione, trovava la forza di resistere. Con un sussurro affannoso, "Rhîw", convocò un vortice di vento gelido che respinse i suoi nemici, guadagnandosi un attimo di respiro. Esaminando la ferita, si rese conto che stava perdendo sangue, un flusso caldo e rosso che macchiava la neve ai suoi piedi.

    Senza esitazione, Gelion intonò un altro incantesimo, un'unione di ghiaccio e tempo, "Círdan". La magia fluì attraverso di lui, un'energia che cauterizzava la ferita, bloccando l'emorragia con un impasto di ghiaccio e potere temporale. Il processo era doloroso, quasi insopportabile, ma efficace. La sua pelle si sigillò, fermando la perdita di sangue, lasciandolo debole ma ancora in piedi, pronto a continuare la lotta.

    Rinvigorito dalla necessità e dalla determinazione, Gelion si alzò, il suo bastone nuovamente sollevato contro l'oscurità. "Echuir", gridò, liberando un'esplosione di energia che pulì il campo di battaglia, lasciando dietro di sé solo il silenzio della vittoria. Le sue ferite, ora sigillate dalla sua magia, erano un promemoria del costo di quella battaglia, ma anche della sua determinazione a proteggere la sua terra a ogni costo.

    Con la consapevolezza del tempo che stringeva e della missione che ancora lo attendeva, Gelion prese un momento per raccogliere le sue forze. Ogni secondo era prezioso, e non poteva permettersi ulteriori ritardi. Con uno sguardo deciso verso il sentiero che ancora doveva percorrere, si avviò nuovamente, portando sulle spalle il peso della speranza di Uluthan. La vittoria in quella battaglia era stata sua, ma la guerra contro la corruzione era tutt'altro che finita.


    Edited by Gaz - 24/2/2024, 21:18
     
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    Il fardello della stanchezza dell'anima e del corpo è appesantito dal sempre maggior crescente gelo che si insinua nelle tue ossa. Sebbene tu sia un maestro delle energie fredde, ciò che sta avvenendo è qualcosa di completamente innaturale, come se la natura comunicasse il suo dolore attraverso ogni manifestazione. L'aria racconta della sua sofferenza e il freddo testimonia l'inesorabile fine a cui tutti andrete incontro se non agirete con tempismo.

    Queste cupe considerazioni sono interrotte da ciò che finalmente scorgi. Al declivio del sentiero, protetto da massi e neve, scorgi la fonte di quell'assalto.
    Uno squarcio dimensionale vomita in continuazione quei mostri. Una nuova decina di creature volanti si è appena librata in direzione dei tuoi compagni, non percependoti.

    In prossimità dello squarcio noti un individuo vestito di stracci, che non riesci a identificare. E' di spalle e sembra immobile, come se stesse fissando ciò che la fessura dimensionale rivela.
    Attorno a lui vi sono cinque creature simili a quelle che hai appena affrontato, ma più grosse e senza ali.

    La loro postazione è pianeggiante, fatto salvo per alcuni massi.
    Ad un'analisi più approfondita noti che sembra esservi un legame tra l'individuo misterioso ed il portale, tuttavia non capisci se si tratta di un legame causale. Chi è causa di cosa?

    Tuttavia la prima decisione che devi affrontare è se inseguire il gruppo di mostruosità che si sta muovendo verso i tuoi compagni o cercare di avvicinarti alla fonte di quell'assalto.




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    Eccoci :yeye:
    Ti trovi di fronte alla scena descritta e devi decidere cosa fare.
    Entrambi i casi sono condizionali, quindi termina quando hai deciso la strategia da seguire contro il tizio misterioso o contro lo storno e appena prima di metterla in atto.


    A te :zizi:




     
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    Mentre Gelion procedeva lungo il sentiero che si inerpicava verso l'alto, il mondo intorno a lui iniziava a cambiare in modi sottili ma inquietanti. Non era solo il gelo a mordere più profondamente, o la neve a sembrare più tagliente sotto i suoi piedi; era qualcosa nell'aria stessa, un freddo che superava il fisico e penetrava direttamente nell'anima.

    Gelion sentiva l'urgenza pulsare attorno a lui, un ritmo incessante che batteva in sincrono con il suo cuore accelerato. Ogni albero, ogni fiocco di neve sembrava portare un messaggio di disperazione, un avvertimento silenzioso che la fine di tutto ciò che conosceva era vicina, inesorabile come il corso delle stelle. Questo non era il freddo naturale del clima montano, ma un gelo che sembrava nascere dal cuore stesso della corruzione, un avviso che la distruzione non stava solo arrivando, ma era già qui, soffocando ogni speranza con le sue dita gelide. Gli alberi intorno a lui, un tempo fieri e maestosi, ora piegavano i rami come in un ultimo gesto di disperazione, i loro sussurri portati via dal vento come le preghiere di un popolo dimenticato.

    Gelion, avvolto nel suo mantello, sentiva il peso di queste premonizioni schiacciarlo più di qualsiasi armatura. Ogni passo diventava un'agonia, non per la stanchezza fisica, ma per il dolore di un mondo che sentiva crollare intorno a sé. Eppure, in mezzo a questa disperazione, la sua determinazione rimaneva incrollabile. La consapevolezza che ogni momento poteva essere l'ultimo lo spingeva avanti, un faro di volontà in un mare di disperazione.

    Il percorso si faceva sempre più stretto, gli alberi sembravano stringersi intorno a lui, i loro rami contorti formando quasi un tunnel che lo guidava verso un destino sconosciuto. Gelion sapeva che la natura stessa stava cercando di comunicargli l'urgenza, il bisogno disperato di agire prima che fosse troppo tardi. In quel momento, il mago capì con chiarezza spaventosa che la lotta non era solo per Ulthuan o per la sua gente, ma per l'essenza stessa della vita, per la luce che ancora ardeva, seppur debole, nel cuore delle tenebre. Era una lotta contro il tempo stesso, contro la fine inevitabile che la corruzione portava con sé.

    Con un respiro profondo, Gelion raccolse ogni briciolo di forza che gli rimaneva. "Per Ulthuan," sussurrò, le parole un vapore nel gelo che lo circondava. E con un passo che era più una promessa che un semplice movimento, si avventurò più a fondo nel buio, pronto ad affrontare qualsiasi orrore lo aspettasse, con la chiarezza che solo chi ha tutto da perdere può possedere. La sua magia, il suo coraggio, il suo spirito erano tutto ciò che si frapponeva tra il mondo e il suo annientamento.

    Alla fine del declivio, il mondo si aprì davanti a Gelion come una pagina oscura della storia di Ulthuan mai scritta. Di fronte a lui, tremolante e spettrale, si ergeva un portale, un vortice di energia oscura che pulsava con un ritmo malato, un cuore nero che inquinava il mondo circostante. Da questa apertura sinistra, le creature della corruzione si riversavano nel mondo, ognuna una sentenza di morte per la terra che Gelion aveva giurato di proteggere.

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    Mentre osservava, dieci di quelle orribili creature si allontanavano dal portale, dirigendosi con intenzioni malevole verso la posizione dei suoi compagni, ignari del pericolo che si avvicinava. Il cuore di Gelion s'infiammò di paura per loro, ma sapeva che non poteva ancora muoversi, non fino a che non avesse compreso appieno la situazione. La sua attenzione fu catturata da una figura insolita: un uomo, o ciò che rimaneva di un uomo, vestito di stracci, circondato da cinque abomini terrestri, privi delle ali tormentate dei loro compagni. Gelion percepì un legame invisibile, ma palpabile, che univa quest'uomo al portale, una connessione profonda e oscura che sembrava alimentare l'apertura stessa con la sua esistenza. Il mago capì che la chiave per fermare l'invasione, per chiudere il varco che minacciava di inghiottire il suo mondo, era legata a questo individuo misterioso. Doveva agire velocemente, ma con cautela, poiché la vita dei suoi compagni e il destino di Ulthuan pendevano da un filo sottile come la tela di un ragno.

    Gelion si trovava di fronte a una scelta che nessun essere, elfo o uomo, avrebbe mai voluto affrontare: salvare i suoi compagni dall'assalto immediato delle creature corrotte o chiudere il portale, la fonte stessa della loro disperazione, sacrificando forse coloro che amava per il bene più grande. Il gelo che lo circondava sembrava allora un eco della freddezza che si stava impossessando del suo cuore, una necessità crudele imposta dalla realtà della guerra che combatteva. Ma in quel momento di terribile dubbio, il suo spirito non vacillò. La sua decisione, seppur straziante, si cristallizzò con chiarezza dolorosa: doveva fermare la corruzione alla radice, per il bene di tutti, confidando nella forza e nel coraggio dei suoi compagni, nella loro capacità di sopravvivere e combattere senza di lui.

    Con le mani che tremavano per l'intensità del momento, Gelion alzò lo sguardo al cielo, i suoi occhi chiusi mentre invocava il nome di Freyr, il custode e protettore, in un soffio che era più una preghiera che un richiamo. "Freyr, ascoltami," sussurrò con una voce carica di emozione, "proteggi i miei compagni, mia sorella, proteggi la nostra terra. Dammi la forza di compiere ciò che deve essere fatto."

    Non c'era tempo per aspettare una risposta, non c'era tempo per lacrime o rimpianti. Con il cuore pesante ma lo spirito risoluto, Gelion si girò verso il portale e l'uomo vestito di stracci. Con ogni passo verso la fonte della corruzione, sentiva il peso della sua decisione, ma anche la ferma convinzione che stava facendo la scelta giusta. Nella quiete fredda prima della tempesta, Gelion alzò il suo bastone, il simbolo del suo potere e della sua volontà, e avanzò verso il destino, pronto a combattere una battaglia che avrebbe potuto essere la sua ultima, ma che doveva vincere, per Ulthuan, per i suoi compagni, per il futuro di tutto ciò che era bello e puro nel mondo.


     
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    Ad un punto del tuo avvicinarti, l'individuo sembra cogliere la tua presenza in quel mare di percezioni blasfeme.
    Inizia a ruotare il capo come farebbe una bestia incuriosita, prima cercando a destra, poi a sinistra.
    Quando si volta verso di te noti un corpo completamente fasciato di stracci, con un'unica fessura per la bocca costellata di denti guarsti.
    Emette strani rantoli, forse un avvertimento, forse una minaccia.
    Percepisci che non si tratta di un demone, di un non morto o di altra creatura oscura di tua conoscenza.

    No, sembra in tutto e per tutto un essere vivente, in cui la vita pareva impazzita, come se la natura fosse esplosa in un caleidoscopico arcobaleno di follia.

    Eppure non puoi non notare un soggiacente sintomo di morte, come se quell'individuo fosse stato oggetto di una resurrezione completa.

    Un urlo ti rammenta la situazione in cui sei andato incontro, un urlo straziato misto d'odio e dolore.
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    A quell'urlo il portale risponde e da esso si scatenano saette grigiastre che si disperdono nell'area.
    Queste saette convergono verso di te, apparentemente non causando alcun danno a ciò che ti circonda.
    La neve però inizia presto ad annerire e a contorcersi, segno che quel sintomo di morte è una traccia chiara in quel potere sconosciuto....




    3Am36Fn




    L'attacco che ti viene portato è un'attacco fisico con danni all'energia vitale, immaginalo come una catena di fulmini.
    Il potere che può richiamare quell'individuo è simile al tuo in termini di potenza.


    A te :zizi:




     
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    Gelion fissava la creatura che gli si parava di fronte, ogni suo istinto urlava che ciò che vedeva non apparteneva al mondo dei vivi. I movimenti dell'uomo, se ancora poteva essere definito tale, erano scattosi, come se ogni azione fosse frutto non di un'intenzione cosciente ma di impulsi rotti, frammenti di una volontà una volta umana ora corrotta. Il suo volto era un'orrida parodia dell'esistenza, dominato da una bocca spalancata, famelica, una voragine nera che sembrava ingoiare la stessa luce circostante, lasciando intorno a sé solo oscurità e disperazione.

    La pelle dell'essere, laddove visibile, era pallida e tesa sulle ossa come carta stracciata, marcata da segni e simboli che bruciavano di un'aura malefica, testimonianza di un passaggio oscuro tra il regno dei vivi e quello dei morti. Gli occhi, due pozzi senza fondo di follia, fissavano Gelion con un'intensità che andava oltre il terreno, un legame spezzato con la realtà che una volta aveva governato l'esistenza di quell'uomo.

    Quella creatura, Gelion lo capì con una chiarezza spaventosa, era un abominio contro natura, un essere che un tempo era stato umano ma che ora era qualcosa di diverso, di innominabile. Non c'era saggezza in quello sguardo, nessuna traccia del pensiero o del sentimento che caratterizzano l'umanità; c'era solo un'inesauribile fame, un desiderio distorto che era ormai divenuto l'unica ragione del suo esistere. La sensazione più disturbante per Gelion, tuttavia, era il profondo convincimento che quel mostro, quell'entità corrotta, avesse una volta conosciuto la morte, che avesse attraversato il velo tra i mondi solo per ritornare, alterato e contorto, in una forma che non avrebbe dovuto camminare tra i vivi. Era come se la stessa essenza della morte si fosse incarnata in quella figura, portando con sé il freddo finale, l'assenza totale di vita che precede il nulla.

    Con il battito del cuore accelerato e la magia che pulsava nelle sue vene, Gelion alzò il bastone, preparandosi ad affrontare l'incarnazione della sua più grande paura. Non importava quanto fosse terribile l'avversario, non poteva permettersi di arretrare. Per la sua terra, per i suoi amati, per ogni scintilla di vita che ancora ardeva nel buio, doveva combattere. E in quel gelido paesaggio, sotto il cielo grigio che pareva piangere per la sorte del mondo, Gelion fece fronte al suo destino, deciso a respingere l'oscurità con ogni frammento di luce che gli restava nell'anima. Era solo, ma in quel momento portava con sé la speranza di tutto ciò che era buono, una fiamma tenace che rifiutava di spegnersi di fronte all'abisso.

    L'aria fredda attorno a Gelion si caricò di un'energia palpabile, un presagio oscuro che precedeva la tempesta imminente. L'urlo del nemico si propagò attraverso il paesaggio ghiacciato, una deflagrazione sonora che annunciava l'avvento della distruzione. Dal portale, epicentro della corruzione che divorava il mondo, eruttarono scariche di energia oscura, tentacoli di pura malvagità che puntando direttamente verso il mago elfico. La reazione di Gelion fu immediata, un riflesso affinato da anni di studio e battaglie.

    Con una parola di potere sussurrata tra denti serrati, "Himring", richiamò a sé l'essenza del ghiaccio che permeava l'aria attorno a lui, plasmandola in una barriera semicircolare robusta e lucente. La parete di ghiaccio, incisa di antichi simboli elfici, si ergeva davanti a lui, uno scudo contro l'oscurità che avanzava. Tuttavia, la potenza del male che si scagliava contro di lui era tale che, nonostante la sua difesa magica, parte della barriera cedette sotto l'impatto delle saette oscure. Il suono del ghiaccio che si frantumava risuonò come un presagio funesto mentre frammenti di fredda luce si disperdevano nell'aria, come stelle cadenti in una notte senza luna.

    Alcune delle saette superarono la barriera, trovando il loro bersaglio nella carne di Gelion. Lo colpirono con una violenza che era più dolore che forza, bruciature vili che si stamparono sulla sua spalla come sigilli di oscurità. Il dolore era acuto, quasi insopportabile, una sensazione che andava oltre il fisico per toccare l'essenza stessa del suo essere. Gelion sentì la sua vita scivolare via con ogni goccia di sangue elfico che macchiava la neve ai suoi piedi, una perdita che sembrava portare con sé pezzi della sua anima.

    Ma nonostante il dolore e la disperazione che minacciavano di sovrastarlo, lo spirito di Gelion rimaneva indomito. La sua volontà, forgiata nelle profondità delle antiche foreste di Ulthuan, non conosceva cedimenti. Con un grido di sfida che fendeva l'aria gelida, il mago si rialzò, la sua figura eretta un monito contro la disperazione che cercava di inghiottirlo. Con la determinazione di chi ha tutto da perdere, Gelion fece crollare i resti della sua barriera di ghiaccio in una mossa disperata che liberò l'aria circostante dalle sue ultime difese. Questo atto non era destinato a danneggiare il nemico, ma a segnare l'inizio di una nuova fase dello scontro, un preludio alla sua offensiva.

    Nell'istante in cui il ghiaccio si dissolveva in milioni di frammenti scintillanti, Gelion incanalò il suo profondo legame con le antiche energie di Ulthuan, sussurrando parole di potere che facevano vibrare l'aria con un'energia primordiale. "Eldalótë", intonò, e il tessuto del tempo intorno in tutta l’area iniziò a distorcersi, tentando di rallentare ogni movimento, ogni gesto, come se l'aria stessa si fosse addensata in una resistenza invisibile. Poi, con un gesto fluido e preciso, Gelion pronunciò le parole del potere: "Ranca Ulthuan". Da terra, aria, e dalle residue nebbie del tempo rallentato, si formarono una decina di spade di ghiaccio, affilate e mortali, riflesse in esse l'ira e la disperazione, ma anche la speranza di un popolo. Le lame, guidate dalla volontà incrollabile di Gelion, si lanciarono verso il nemico con traiettorie ingannevoli, disegnando nell'aria una danza mortale di luce e ombra, mosse da una magia che sfidava la natura stessa dell'esistenza.

    Gelion manteneva il focus sulla figura dell'uomo stracciato, cercando di cogliere il momento, l'apertura che gli avrebbe permesso di spezzare definitivamente il legame tra il portale e la fonte della sua potenza. La sua magia, il suo spirito, tutto in lui era teso verso questo unico, disperato obiettivo: eliminare la minaccia alla sua terra, al suo popolo, a tutto ciò che amava. Nel cuore gelido di quel conflitto, con le forze dell'inverno e del tempo come alleati, Gelion combatteva non solo per la sua vita, ma per la vita di tutta Ulthuan.


    casta Asgard
    fisicamente ferita alla spalla e assorbimento vitale subito
    mentalmente deve salvare Ulthuan
    riassunto azioni Molto semplice: col ghiaccio creo una barriera che mi difende da alcuni di queste saette oscure, qualcuno passa e mi faccio male alla spalla con conseguente assorbimento vitale, faccio esplodere la barriera per creare un diversivo, stasi temporale come attacco debole, e con le mie spadozze create col ghiaccio provo ad attaccarlo per vedere se riesco ad ammazzarlo e se ci riesco studio il portale

    Ghiaccio
    Gli anni di studio e la piena comprensione della runa Isa hanno permesso a Gelion di comprendere la natura del suo cosmo. Uno degli aspetti chiave della runa è il controllo sulle energie fredde in tutte le loro manifestazioni. Gelion ha la capacità di abbassare la temperatura di qualsiasi cosa tocchi o che venga influenzata dal suo cosmo, semplicemente imponendo la sua volontà.

    Attraverso questo tipo di controllo elementale, è capace di generare correnti di aria gelida, creare sottili lame di ghiaccio, solidificare l'acqua presente nell'ambiente o semplicemente produrre ghiaccio per poi darvi forma a suo piacimento. Le applicazioni di questa potenza sono estremamente varie, includendo la creazione di potenti tornado congelanti, la formazione di impenetrabili muri di ghiaccio o lo scatenamento di esplosioni di cosmo ghiacciato.


    Stasi
    Il controllo del tempo è una componente fondamentale degli studi di Gelion e della sua comprensione della runa Isa, di cui egli è il custode. Questa abilità, sebbene complessa e difficile da padroneggiare, conferisce un potere vastissimo. A differenza di altri maestri del tempo, Gelion non può accelerare il corso degli eventi, ma eccelle nell'arte di rallentarli. Tecnicamente, grazie all'abilità "Tempo", è in grado di rallentare il flusso del tempo su aree specifiche, materia ed energia, arrivando persino a interferire con sistemi biologici e organismi microscopici. Il suo controllo è talmente avanzato da permettergli di alterare il fluire del tempo in determinati eventi, esclusi quelli che coinvolgono direttamente avversari dotati di controllo cosmico.

    A questo livello di maestria, Gelion può anche infondere nei propri attacchi il potere temporale, al fine di rallentare tutto ciò che viene toccato, con un effetto che si intensifica progressivamente. La peculiarità di Gelion sta nella sua capacità di indurre una stasi completa; tecnicamente, ogni sua azione di stasi o blocco deve essere considerata straordinaria, così come ogni sua iniziativa volta a contrastare altri manipolatori del tempo. Questa stasi totale, per l'avversario che ne subisce gli effetti, fa sembrare che Gelion si teletrasporti sul campo di battaglia. È importante notare che, se questa capacità viene impiegata per evitare un attacco, può essere utilizzata una sola volta. Dal punto di vista percettivo, Gelion è capace di vedere tutte le linee temporali di chiunque emani un'aura cosmica e può estendere questa percezione anche a intere aree.

    Va specificato che, qualora questa percezione fosse impiegata su un avversario, non permetterebbe di prevedere le sue mosse future, ma fornirebbe una conoscenza approfondita del suo passato e delle sue potenziali azioni future. In conclusione, nel contesto del gioco di ruolo (GdR), Gelion possiede l'abilità unica di riparare il tessuto temporale che sia stato danneggiato da viaggi nel tempo o paradossi.


    Ranca Ulthuan
    Con questa tecnica, Gelion, sfruttando il suo potere cosmico, genera un numero variabile di armi di ghiaccio che ruotano attorno alla sua figura. Queste armi, create con un controllo preciso sull'elemento ghiaccio, possono essere manovrate a volontà, permettendo a Gelion di utilizzarle in vari modi: possono muoversi sul campo di battaglia, compiere cambiamenti di direzione improvvisi e adattarsi alla strategia di combattimento. Ogni arma generata è impregnata anche del potere temporale di stasi. Generalmente si tratta di spade, ma a seconda delle circostanze, possono assumere la forma di lance, scudi o altri strumenti bellici. Queste armi vengono impiegate per attaccare il nemico, difendersi o eseguire qualsiasi azione richiesta dalla fantasia e dalla strategia di Gelion. Quando utilizzate in attacco, oltre a infliggere danni fisici e da freddo, le armi trasmettono il potere del tempo, cercando di sovrapporre la loro energia temporale al nemico. La capacità di influenzare direttamente il corpo del nemico o i suoi processi biologici è condizionata dal divario energetico tra Gelion e l'avversario e dall'esposizione precedente a questo potere, che ha effetti progressivi.




    Edited by Gaz - 9/3/2024, 00:30
     
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    Il tuo avversario bisbiglia parole incompressibili, ammesso siano parole e non sbiascichi senza senso di una mente distrutta. Sebbene rallentate dal tuo incanto, quelle litanie richiamano nuovamente la forza oltre il portale che interferisce con ogni singola lama, distruggendola o deviandola al suolo. Alcune schegge della tua difesa e delle lame feriscono l'individuo, ma non vedi sangue uscire dalle sue ferite.
    Al suo posto noti un liquido nerastro che corrode i frammenti di ghiaccio e fa rimarginare le ferite.
    Non riesci a capire se quelle cure abbiano avuto l'effetto di ripristinare solo il suo corpo o anche di donargli nuova energia, sai solo che l'hai fatto soffrire e questa è almeno una prima consolazione.

    Di scatto il tuo avversario allarga le braccia ed urla parole oscure, che scuotono l'aria e fanno tremare la terra. In un primo istante non le distingui dal precedente farfugliare... poi ti rendi conto che sono parole di potere elfiche. Distorte, perverse, ma pur sempre la vostra lingua e la vostra magia.
    Capisci che sta evocando qualcosa, forse nuovamente la forza che è oltre la fessura dimensionale.
    Presto comprendi che sta chiamano un nuovo assalto di creature distorte, ma da questa distanza noti come vengono create.

    Spiriti, forse anime dannate, vengono tratte dal portale e appena toccano il piano della realtà ossa e tessuti muscolari si formano rapidamente attorno a loro, dando sostanza a quella che probabilmente è un'insopportabile prigione.
    Non è necromanzia, poiché la carne non è morta. Sembra proprio che gli stia donando nuova vita. Quale vita può essere questa? Sebbene non ci sia tempo per ulteriori elucubrazioni è chiaro che quella non è la vita che conosci, ma qualcosa di terrificante e abominevole, come se la morte fosse esclusa dall'equazione di quelle esistenze con il risultato di chiuderle in un eterno soffrire.

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    Una decina di creature, alte circa due metri, armate di corazze e artigli, corrono verso di te ansimando e incespicando tra loro, come se ognuna di esse volesse averti per sé. Se non fosse per le precedenti considerazioni, non li distingueresti dai draugr. I corpi sono distorti e le proporzioni alterate, ma puoi percepire una stretta somiglianza. Che l'origine delle anime sia la stessa?




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    I tizi sono costrutti non morti fatti da un'energia blu, a te :zizi:


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    gelion isa {???} ???inferno di luce4
    Nel momento in cui le ferite dell'abominio iniziarono a rimarginarsi con quel liquido nerastro, un'oscura consapevolezza si insinuò nella mente di Gelion. Quel fluido corrotto non era semplicemente un mezzo di guarigione; era un agente di corruzione, capace di trasformare la pura essenza del ghiaccio e della vita stessa in qualcosa di osceno e profanato. La battaglia, Gelion capì, era più che un confronto fisico; era uno scontro tra la vita come la conoscevamo e una distorsione della stessa vita, una negazione di ogni ordine naturale.

    Quando l'avversario di Gelion emise quel grido disperato, dal portale si sprigionò una nuova orda di terrore. Anime tormentate si materializzarono dal nulla, trascinate in questo mondo contro la loro volontà, costrette a vestire le spoglie di ossa, carne e tendini in un processo che era un oltraggio alla stessa creazione. Nel giro di pochi istanti, il vuoto lasciò posto a una serie di figure che erano tanto maestose quanto macabre, ricordando i Draugr delle leggende nordiche, ma diversi, distorti da una malvagità più profonda.

    Queste nuove creature, alte due metri, indossavano corazze fatte di una materia che non apparteneva né al mondo dei vivi né a quello dei morti. I loro artigli, lunghi e terribilmente affilati, sembravano bramare la vita stessa, un'eco di un passato in cui forse avevano combattuto nobili battaglie, ora ridotti a strumenti di una guerra che non avevano scelto. Avanzavano verso Gelion con una lentezza che era più terribile della velocità, ogni passo un'affermazione della loro esistenza innaturale, ogni movimento una sfida alle leggi stesse della natura.

    Gelion, di fronte a questa nuova minaccia, sentì il peso della situazione in maniera schiacciante. Era come se il mondo attorno a lui fosse diventato un palcoscenico su cui si recitava una tragedia di proporzioni cosmiche, una narrazione in cui la vita e la morte, la luce e l'oscurità, giocassero ruoli scambiati in un racconto senza fine. Eppure, nonostante la paura che stringeva il suo cuore, il mago elfico sapeva che non poteva concedersi il lusso del terrore.

    Con un respiro profondo, Gelion si preparò a fronteggiare queste nuove entità, conscio del fatto che, in questa battaglia tra antiche magie e corruzioni impensabili, era l'unica speranza rimasta. "Per tutto ciò che è giusto," mormorò, più a se stesso che al vento gelido che circondava il campo di battaglia. Con la stessa determinazione che lo aveva guidato fin qui, Gelion si radunò, pronto a combattere ancora, a difendere con ogni fibra del suo essere il fragile confine tra la vita e qualcosa di molto, molto peggiore. Il cielo sopra di lui sembrava tenere il fiato, mentre sotto di esso, in un mondo dove la realtà stessa sembrava vacillare, Gelion si ergeva, un faro di speranza contro l'oscurità che dilagava. Con il suo bastone in mano, pronto a scatenare l'antica magia di Ulthuan contro queste nuove orde dell'incubo, si preparò a scrivere l'ultimo capitolo di questa strana e terribile storia.

    Gelion, con la precisione di chi ha trascorso secoli a perfezionare la sua arte, osservava i draugr che avanzavano con movimenti goffi e disarmonici, quasi come marionette il cui burattinaio avesse perso il senso del ritmo. Con un sospiro che sembrava mescolare la stanchezza con un'indefinibile determinazione, il mago si preparava a intrecciare la trama del destino con le sottili fili del tempo stesso.

    Pronunciando alcune parole di potere, cercò di applicare il suo potere temporale a tre di quelle spettrali creature: il primo, il terzo e il quinto della fila, avvolgendoli in un abbraccio temporale da cui non potevano scappare. La strategia di Gelion era tanto audace quanto disperata: se fosse riuscito, avrebbe potuto causare un caos controllato tra le file nemiche, facendo incespicare gli altri draugr su quelli immobilizzati, creando una catena di disordine e distruzione. In questo intricato balletto di morte e magia, il suo reale obiettivo rimaneva l'oscuro evocatore, il burattinaio delle ombre che aveva dato vita a questo macabro spettacolo.

    Se la sua azione avesse avuto successo, Gelion avrebbe allora esteso il suo potere di stasi all'intera area, tentando di avvolgere sia i costrutti che il loro creatore in una lentezza sovrannaturale, rallentandoli fino a renderli quasi immobili, statue viventi intrappolate in un presente senza fine. Era, dunque, il momento per Gelion di occuparsi del suo vero avversario. Con un movimento quasi danzante, si mosse verso destra, avvicinandosi al nemico, per poi richiamare a sé il dominio che esercitava sui ghiacci e sul flusso implacabile del tempo: una cupola di ghiaccio, traslucida e fredda come i segreti dimenticati, si sarebbe formata attorno al suo nemico, un abbraccio gelido con il chiaro intento di limitarne la libertà.

    Dalle pareti di questa prigione improvvisata, lunghe lance di ghiaccio, affilate come la verità, si sarebbero formate, estendendosi e cercando di trafiggere l'abominio da ogni direzione possibile. Queste non erano semplici armi fatte di ghiaccio, ma portatrici di un freddo antico, un freddo che parlava di epoche passate e di promesse infrante, con il chiaro intento non solo di ferire ma di annientare, di arrestare il flusso vitale che ancora animava l'oscuro avversario. Tuttavia, l'attacco visibile celava un intento ben più profondo, come una storia raccontata nelle ombre. Gelion, pronunciando una parola del potere, ordinò alla sfera di implodere in un unico, catastrofico momento, dando vita a un uragano di energie fredde, un vortice di disperazione e distruzione intriso del suo potere temporale. Questo non sarebbe stato un semplice assalto, ma un attacco all'essenza stessa del suo nemico, un tentativo di congelare e lacerare le carni corrotte, di arrecare il massimo danno possibile all'entità che minacciava tutto ciò che amava.

    Gelion non poteva sapere con certezza se i suoi sforzi avrebbero sortito l'effetto desiderato. Tuttavia, tentava con ogni attacco di spezzare, di frantumare quella creatura fino a quando non sarebbe rimasto nulla, se non una statua di dolore e rimorso, ferma e immobile nello spazio e nel tempo, una testimonianza muta della potenza e della determinazione dell'antico mago. In tutto questo, c'era una bellezza straziante, quasi poetica. La disperazione e il coraggio si intrecciavano in una danza mortale, con Gelion al centro, regista e protagonista di questa tragedia glaciale. Era una lotta che superava la semplice sopravvivenza, elevandosi a simbolo di tutte le battaglie che si combattono contro le tenebre, contro l'annientamento.


    casta Asgard
    fisicamente ferita alla spalla e assorbimento vitale subito
    mentalmente deve salvare Ulthuan
    riassunto azioni Molto semplice: tento di applicare la stasi a 3 di quei costrutti, lasciando liberi gli altri. L'obbiettivo è farli ruzzolare tutti, gli uni addosso agli altri e recuperare tempo per avvicinarmi al mio nemico. A questo punto, estendo la stasi a tutta l'area per poi attaccare il corrotto. Cupola di ghiaccio con spuntoni che cercano di trafiggerlo (AD), implosione della sfera di ghiaccio e tempo per creare una sorta di implosione di ghiaccio misto a stasi.

    Ghiaccio
    Gli anni di studio e la piena comprensione della runa Isa hanno permesso a Gelion di comprendere la natura del suo cosmo. Uno degli aspetti chiave della runa è il controllo sulle energie fredde in tutte le loro manifestazioni. Gelion ha la capacità di abbassare la temperatura di qualsiasi cosa tocchi o che venga influenzata dal suo cosmo, semplicemente imponendo la sua volontà.

    Attraverso questo tipo di controllo elementale, è capace di generare correnti di aria gelida, creare sottili lame di ghiaccio, solidificare l'acqua presente nell'ambiente o semplicemente produrre ghiaccio per poi darvi forma a suo piacimento. Le applicazioni di questa potenza sono estremamente varie, includendo la creazione di potenti tornado congelanti, la formazione di impenetrabili muri di ghiaccio o lo scatenamento di esplosioni di cosmo ghiacciato.


    Stasi
    Il controllo del tempo è una componente fondamentale degli studi di Gelion e della sua comprensione della runa Isa, di cui egli è il custode. Questa abilità, sebbene complessa e difficile da padroneggiare, conferisce un potere vastissimo. A differenza di altri maestri del tempo, Gelion non può accelerare il corso degli eventi, ma eccelle nell'arte di rallentarli. Tecnicamente, grazie all'abilità "Tempo", è in grado di rallentare il flusso del tempo su aree specifiche, materia ed energia, arrivando persino a interferire con sistemi biologici e organismi microscopici. Il suo controllo è talmente avanzato da permettergli di alterare il fluire del tempo in determinati eventi, esclusi quelli che coinvolgono direttamente avversari dotati di controllo cosmico.

    A questo livello di maestria, Gelion può anche infondere nei propri attacchi il potere temporale, al fine di rallentare tutto ciò che viene toccato, con un effetto che si intensifica progressivamente. La peculiarità di Gelion sta nella sua capacità di indurre una stasi completa; tecnicamente, ogni sua azione di stasi o blocco deve essere considerata straordinaria, così come ogni sua iniziativa volta a contrastare altri manipolatori del tempo. Questa stasi totale, per l'avversario che ne subisce gli effetti, fa sembrare che Gelion si teletrasporti sul campo di battaglia. È importante notare che, se questa capacità viene impiegata per evitare un attacco, può essere utilizzata una sola volta. Dal punto di vista percettivo, Gelion è capace di vedere tutte le linee temporali di chiunque emani un'aura cosmica e può estendere questa percezione anche a intere aree.

    Va specificato che, qualora questa percezione fosse impiegata su un avversario, non permetterebbe di prevedere le sue mosse future, ma fornirebbe una conoscenza approfondita del suo passato e delle sue potenziali azioni future. In conclusione, nel contesto del gioco di ruolo (GdR), Gelion possiede l'abilità unica di riparare il tessuto temporale che sia stato danneggiato da viaggi nel tempo o paradossi.


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    Mentre tutto si ferma attorno a voi, il globo di ghiaccio collassa su se stesso, schiaccianto il corrotto nella sua gelida morsa.
    Percepisci il suo dolore e la sua fatica nel resistere, così come il suo potere cercare di contrastare il tuo.

    Il portale freme, partecipe delle sensazioni del tuo avversario, e lo squarcio dimensionale sembra cercare di contrastare il tuo potere temporale, agendo direttamente sul flusso spazio.

    Una strana senzasione di confusione ti coglie, mentre inizi ad osservare la realtà crollare. Altre crepe dimensionali si aprono come effetto dello scontro dei vostri poteri, mentre la prima si allarga e si distorce.
    Il globo di ghiaccio si distorce in varie forme geometriche, fino a sparire in un lampo biancastro. Anche il tuo corpo sembra subire la stessa sorte, ma ti rendi conto che non è una deliberata tecnica di attacco, bensì la reazione dello scontro tra il potere del tempo ed il potere dello spazio.

    Innanzi a te ritrovi il tuo avversario, ferito e sanguinante, che si regge a malapena in piedi. Sibila qualcosa che non capisci, mentre le creature simili a draugr si rialzano a fatica dal tuo incanto, salvo poi crollare di nuovo in quello strano pandemonio.

    In un ultimo ruggito il corrotto lancia le sue braccia verso di te, cercando di sopraffare la stasi dell'area, ma questo non fa altro che rompere il precario punto di equilibrio.

    Come un folle effetto domino, tutta la realtà collassa attorno a voi ed i tuoi sensi sono sopraffatti dalla sorpresa e dall'orrore. Fai giusto intempo a richiamare qualche incantesimo di protezione ed un folle arcobaleno ti esplode in viso.

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    Quando ti risvegli ti trovi a galleggiare su di un placido corso d'acqua luminescente.
    La foresta che ti circonda è una rappresentazione onirica di alberi d'ogni sorta e di ogni provenienza. Colori strani adornano animali mai visti, mentre poco distante da te un enorme lupo osserva il tutto con fare placido, come se ti aspettasse.
    Ha tre occhi per lato del viso e subito ti rendi conto che ogni strana manifestazione del quel luogo ha in lui il suo punto d'origine.


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    3Am36Fn




    I due poteri collassano e fanno crollare il portale che ti spara in questa strana dimensione.
    Quando ti risvegli sei in una sorta di dimensione onirica con questo lupozzo a farti compagnia.
    Opera come desideri :zizi:


    A te :zizi:




     
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    Mentre il cielo sopra Ulthuan tremava sotto il peso di un conflitto che sfidava le leggi stesse della natura, Gelion e il suo nemico erano immersi in una danza mortale di magia e volontà. L'aria frizzante era carica di elettricità, di promesse non dette e di destini incrociati. Il mago elfico, il cui cuore batteva in sintonia con l'antico ritmo della terra, sentiva il peso di millenni di storia gravare sulle sue spalle. Il campo di battaglia era un turbinio di ghiaccio e ombre, un labirinto di possibilità in cui il tempo stesso sembrava un fiume che fluttuava in due direzioni. Gelion, con la concentrazione incisa sul volto come rune antiche, intrecciava incantesimi di una potenza quasi dimenticata, mentre le sue mani si muovevano con la precisione di un orologiaio che cerca di riparare il tessuto stesso dell'esistenza.
    Nel cuore di quella tempesta di magia, il mago percepì un cambiamento. Era come il sottile spostamento dell'aria che precede la tempesta, un presagio di cambiamento. Il nemico, un'entità che era diventata l'incarnazione stessa della corruzione, vacillava. La sua forma, un tempo definita dalle tenebre più oscure, ora tremava sotto l'assalto incessante del ghiaccio e del tempo.

    Gelion, i cui occhi brillavano di un azzurro glaciale, sentiva dentro di sé un misto di speranza e disperazione. La speranza che la fine del conflitto potesse essere vicina, la disperazione per le cicatrici che sarebbero rimaste sulla terra che amava. In quel momento, mentre lo spazio intorno a loro iniziava a incrinarsi sotto la pressione delle loro forze combinate, un pensiero gli attraversò la mente: "E se la vittoria fosse solo un'altra faccia della sconfitta?"

    Ma non c'era tempo per dubbi. Gli incantesimi si scontrarono con un fragore che sembrava poter spezzare il mondo, una conflagrazione di luce e oscurità. Poi, un'esplosione che non era né suono né silenzio, ma qualcosa di intermedio, un vuoto che inghiottiva tutto. Il buio avvolse Gelion. Non un'oscurità qualsiasi, ma un vuoto primordiale, privo di tempo, di spazio , di senso. In quel momento, sospeso in un nulla senza nome, Gelion si trovò di fronte alla vera natura dell'esistenza. La battaglia, la luce, l'oscurità, tutto sembrava ridursi a semplici ombre danzanti sulla tela di un universo molto più ampio e incomprensibile.

    Il mago, il cui cuore aveva sempre pulsato al ritmo della magia e della vita di Ulthuan, si sentì infinitamente piccolo di fronte a quella vastità. Eppure, nel profondo di quella oscurità, trovò una strana pace. Non era la resa, ma l'accettazione che alcuni misteri sono troppo grandi persino per lui. La battaglia contro la corruzione, le sue aspirazioni, i suoi sogni: tutto sembrava fluttuare via, lasciandolo libero da desideri, paure, speranze.

    Nel silenzio assoluto di quell'oscurità, Gelion percepì una verità che aveva sempre saputo ma mai compiuto appieno: che la magia, nella sua essenza più pura, era amore. Amore per la vita, per la natura, per la bellezza intrinseca dell'esistenza. Era questo amore a guidarlo, a dargli forza, a permettergli di tessere incantesimi che sfidavano il tempo stesso.

    La sensazione di disorientamento fu totale, come se ogni punto di riferimento, ogni filo di magia che aveva tessuto e conosciuto, fosse stato cancellato. In quel momento di transizione, prima che la mente cedesse all'inevitabile svenimento, Gelion non fu più un mago o elfo: era semplicemente un frammento di coscienza che galleggiava nel nulla, in attesa di scoprire cosa, se ci fosse qualcosa, esistesse dall'altra parte dell'esplosione che aveva inghiottito tutto.

    Quando Gelion riaprì gli occhi, la realtà che lo accoglieva non era quella che aveva conosciuto. Era disteso, o meglio, galleggiava sopra le acque di un fiume che brillava di una luce propria, come se fosse tessuto da filamenti di sogno e luna. La corrente lo cullava dolcemente, senza fretta, in un mondo che sembrava disegnato dalla mano di un pittore dedito più all'immaginazione che alla verosimiglianza.

    Attorno a lui, la foresta era un caleidoscopio di vita, un'armonia di suoni, colori, e forme che sfidava ogni logica. Alberi che sembravano danzare sotto il tocco del vento, i loro rami intrecciati in padiglioni naturali, frutti luminosi che pendevano come lampade, illuminando il sottobosco. E gli animali, creature di meraviglia e mistero, alcune familiari nelle loro forme, altre così strane da sembrare nate dal connubio tra sogno e fantasia.

    Per quanto tempo rimase in quell'acqua incantata, Gelion non avrebbe saputo dire. Il tempo, in quel luogo, era un concetto elastico, piegato dalla volontà del mondo stesso. Emergere dal fiume fu come svegliarsi per la seconda volta, con la mente ancora avvolta nella nebbia di un sonno profondo, ma il cuore pulsante di un'emozione indefinibile. Il paesaggio che si dispiegava davanti a lui era di una bellezza così pura e incontaminata che il mago si sentì un intruso, un'ombra passeggera in un mondo eterno. La sua mente cercava disperatamente di dare un senso a ciò che i suoi occhi vedevano, ma le risposte sfuggivano come sabbia tra le dita.

    Fu allora che lo vide. Un lupo nero come la notte più profonda, i suoi occhi luminosi come stelle cadenti, e su ogni lato del capo tre occhi che lo fissavano con una calma insondabile. Il lupo era enorme, un titano tra le sue controparti terrene, ma non emanava minaccia, solo una profonda saggezza, come se avesse camminato accanto agli dei all'alba dei tempi.

    In quel momento, Gelion comprese che tutto in quel luogo, dalla più piccola foglia al fiume che lo aveva accolto, era una parte di un tutto indissolubile, che conduceva a quella creatura. Non provava paura, ma un'attrazione quasi magnetica, un desiderio di comprendere, di conoscere ciò che quell'essere rappresentava.

    Avanzò, i piedi nudi sull'erba che si piegava dolcemente sotto il suo peso, fino a trovarsi di fronte al lupo. Ogni istinto gli diceva che quella creatura era la chiave, il custode di risposte a domande che non aveva ancora formulato. Gelion rimase immobile, le braccia incrociate davanti a sé in un gesto di contemplazione più che di difesa. La sua postura non era tesa; era quella di un uomo abituato a navigare le correnti della magia, ora fermo davanti al mistero incarnato.

    Nell'osservare la creatura, Gelion notò i dettagli che prima gli erano sfuggiti: il modo in cui il pelo del lupo sembrava assorbire la luce, rendendolo parte della notte stessa; i sei occhi che brillavano con un'intelligenza non umana, riflettendo stelle non viste nel cielo di Ulthuan. Era come se il lupo fosse allo stesso tempo presente e distante, un essere che viveva tra i confini del mondo fisico e quello di qualcosa di molto più antico e profondo.

    Il tempo sembrava dilatarsi, ogni secondo stendendosi fino a toccare l'eternità. Gelion, tuttavia, non si mosse.

    casta Asgard
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    mentalmente ????
    riassunto azioni oh boy, che devo dire?

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    Gli anni di studio e la piena comprensione della runa Isa hanno permesso a Gelion di comprendere la natura del suo cosmo. Uno degli aspetti chiave della runa è il controllo sulle energie fredde in tutte le loro manifestazioni. Gelion ha la capacità di abbassare la temperatura di qualsiasi cosa tocchi o che venga influenzata dal suo cosmo, semplicemente imponendo la sua volontà.

    Attraverso questo tipo di controllo elementale, è capace di generare correnti di aria gelida, creare sottili lame di ghiaccio, solidificare l'acqua presente nell'ambiente o semplicemente produrre ghiaccio per poi darvi forma a suo piacimento. Le applicazioni di questa potenza sono estremamente varie, includendo la creazione di potenti tornado congelanti, la formazione di impenetrabili muri di ghiaccio o lo scatenamento di esplosioni di cosmo ghiacciato.


    Stasi
    Il controllo del tempo è una componente fondamentale degli studi di Gelion e della sua comprensione della runa Isa, di cui egli è il custode. Questa abilità, sebbene complessa e difficile da padroneggiare, conferisce un potere vastissimo. A differenza di altri maestri del tempo, Gelion non può accelerare il corso degli eventi, ma eccelle nell'arte di rallentarli. Tecnicamente, grazie all'abilità "Tempo", è in grado di rallentare il flusso del tempo su aree specifiche, materia ed energia, arrivando persino a interferire con sistemi biologici e organismi microscopici. Il suo controllo è talmente avanzato da permettergli di alterare il fluire del tempo in determinati eventi, esclusi quelli che coinvolgono direttamente avversari dotati di controllo cosmico.

    A questo livello di maestria, Gelion può anche infondere nei propri attacchi il potere temporale, al fine di rallentare tutto ciò che viene toccato, con un effetto che si intensifica progressivamente. La peculiarità di Gelion sta nella sua capacità di indurre una stasi completa; tecnicamente, ogni sua azione di stasi o blocco deve essere considerata straordinaria, così come ogni sua iniziativa volta a contrastare altri manipolatori del tempo. Questa stasi totale, per l'avversario che ne subisce gli effetti, fa sembrare che Gelion si teletrasporti sul campo di battaglia. È importante notare che, se questa capacità viene impiegata per evitare un attacco, può essere utilizzata una sola volta. Dal punto di vista percettivo, Gelion è capace di vedere tutte le linee temporali di chiunque emani un'aura cosmica e può estendere questa percezione anche a intere aree.

    Va specificato che, qualora questa percezione fosse impiegata su un avversario, non permetterebbe di prevedere le sue mosse future, ma fornirebbe una conoscenza approfondita del suo passato e delle sue potenziali azioni future. In conclusione, nel contesto del gioco di ruolo (GdR), Gelion possiede l'abilità unica di riparare il tessuto temporale che sia stato danneggiato da viaggi nel tempo o paradossi.


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    Il lupo continua a fissare un punto indefinito innanzi a sé quando, dopo qualche istante, volta lo sguardo verso di te come preso alla sprovvista.

    Ah! Sei sveglio, bene

    Poi torna a guardare innanzi a sé, come se fosse impegnato in qualcosa di imprescindibile. Passano vari minuti poi, con calma, si alza e si mette in posizione seduta innanzi a te, scrutandoti.

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    Il suo sguardo si muove tra i tuoi ricordi e la tua essenza come un'orda di serpi delicate, il cui tocco di seta ti appaga ma ti riempie di orrore.

    Hai chiuso quel varco, sei un eroe. Bravo.

    Solo ora inizi a distinguere il suono della voce dal significato delle sue parole. Non sai dire se sia sarcastico o sincero, certamente ti è chiaro che si tratta di una creatura la cui natura ti appare inconcepibile.

    Però, se non fosse stato per me, avresti fatto la fine del disgraziato che hai appena affrontato: un eroe degli elfi caduto nella maledizione che tutti chiamano Corruzione. Quindi anch'io sono un eroe, giusto?

    Ridacchia, con la sua voce profonda e terribile. Cambia posizione, da seduto si straia, poggiando il muso sulle zampe incrociate innanzi a te. Senti il suo respiro investirti, il suo fiato ha il sapore inebriante di fiori e miele, ma ogni fibra del tuo essere ti mette in guardia da quelle piacevolezze.

    Quel portale conduceva nel Nifheimr, dove una forza di invasione sta cercando di corrompere le anime dannate lì presenti... ed Hel con loro. Per quanto mia figlia stia resistento, non è nelle condizioni migliori. Certo, potrei intervenire e salvarla, salvando Yggdrasil e tutta la barracca, ma sono al momento impossibilitato.

    Chiude la frase con un sorriso, attraverso il quale puoi vedere i suoi denti di un bianco lucente, quasi fossero fatti di perla.
    Di scatto alza la testa, reclinandola leggermente, sorpreso.

    Ma! Che modi! L'isolamento mi ha reso un troglodita come mio fratello, non sia mai che tale onta si unisca ai miei già numerosi capi di imputazione. Quindi, amico, raccontami un po' di te. Come ti senti? Tutto bene? Hai qualche domanda? O possiamo andare direttamente al punto di salvare il mondo?



    3Am36Fn






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    Sospeso in un luogo che si dilatava oltre la percezione ordinaria del tempo e dello spazio, Gelion rimase fermo, il suo sguardo neutro fissato sulla figura massiccia del lupo. La voce che si levava dall'essere dinanzi a lui era una tessitura complessa di toni provocatori e denigratori, che si insinuava sotto la pelle e vibrava nelle profondità del suo essere. Non era una voce che si poteva facilmente ignorare o dimenticare; aveva il potere di scuotere l'anima, di mettere in discussione ciò che si sapeva o si credeva di sapere.

    Nonostante l'audacia e la sfida implicita in quelle parole, Gelion non mostrava sorpresa. La sua espressione rimaneva impassibile, una maschera di calma osservazione, mentre il suo interno ribolliva di un tumulto emotivo che contrastava con la sua esteriore placidità. Era come se stesse assistendo a un dramma antico, uno di quelli che si dipanavano nei libri polverosi e nei miti tramandati da voce a voce—storie di dei e destini, di eroi e traditori.

    Mentre il lupo parlava, Gelion rifletteva su quanto fossero numerose e variabili le speculazioni su quale creatura potesse essere. Aveva esplorato i confini delle sue conoscenze, attingendo a ogni mito e leggenda, ma fu solo nell'udire quelle parole che la verità si rivelò con chiarezza disarmante: stava parlando con Loki, il divino ingannatore, il mutaforma, il provocatore di conflitti.

    Le informazioni che Loki disvelava—portali aperti verso il Nifheimr, forze della corruzione che cercavano di dominare quel mondo, Hel che lottava strenuamente ma con difficoltà—erano di una gravità tale che avrebbero potuto sconvolgere qualsiasi mente meno temprata. Ma Gelion, nonostante il peso di quelle rivelazioni, rimaneva concentrato, la sua mente come un lago gelato sotto il quale correvano correnti profonde e oscure.

    Gli affreschi emotivi che si dipingevano dentro di lui erano complessi. C'era un senso di inevitabilità, quasi come se avesse sempre saputo che il suo cammino lo avrebbe portato a confrontarsi con forze che andavano oltre la semplice dualità del bene e del male. Sentiva il peso dell'incertezza, il freddo tocco della paura—non per sé stesso, ma per il mondo che amava, la cui sorte sembrava ora ancor più incerta.

    Tuttavia, in mezzo a questi vortici di emozioni, Gelion trovava anche una strana sorta di solennità, un'onore nel sapere che, tra tutti, era stato scelto per stare a sentire queste verità oscure. Era un onere, ma anche un privilegio, e in quel momento di rivelazione e realizzazione, si sentiva sorprendentemente legato a quel ruolo che il destino gli aveva assegnato. Era come se avesse intravisto per un istante il tessuto stesso del destino, vedendo non solo le trame di oscurità ma anche quelle di luce, e la loro eterna interazione.

    Gelion, con una misura di rispetto mescolata a un prudente scetticismo, si rivolse a Loki. Le sue parole erano pesate, scelte con cura, riconoscendo l'ambiguità di trattare con una divinità tanto notoria per i suoi inganni quanto venerata per la sua astuzia.

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    "Il tuo interesse per l'eroismo è noto per essere... flessibile," continuò Gelion, la voce ferma ma non priva di una certa cautela. "E mentre porti notizie di terribile portata, non posso fare a meno di riconoscere la sincerità nel tuo avviso. Per questo, ti sono debitore."

    Il silenzio che seguì fu pesante, carico di non dette promesse e minacce velate. Loki, con il suo sguardo penetrante, sembrava valutare le parole di Gelion, misurandone l'efficacia come un fabbro misura il ferro prima di forgiarlo. "Odino ha sigillato Yggdrasill, sì," proseguì Gelion, le sue parole un misto di rassegnazione e sfida. "Un tentativo disperato di conservare ciò che resta del nostro tessuto cosmico. Ma una soluzione temporanea non può garantire la sicurezza eterna, né per noi né per le realtà che ci circonda."

    Con un gesto eloquente, un inchino che nascondeva tanto quanto rivelava, Gelion concluse: "Siamo qui perché lo hai voluto tu, e tu già conosci la fine di questa conversazione. Ma ti prego, procediamo."

    Gelion rimase fermo, la sua figura un pilastro di calma in un mare di caos. Era pronto a giocare la partita, a navigare le acque tumultuose che lo attendevano. Non perché fidasse ciecamente nel dio di fronte a lui, ma perché sapeva che, in un universo di infinite possibilità, anche il più piccolo dei gesti poteva cambiare il corso del destino. E in quel momento, era disposto a prendere quel rischio, per Ulthuan, per Nifheimr, e per tutto il creato che pendeva in bilico sull'orlo dell'oblio.

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    Il controllo del tempo è una componente fondamentale degli studi di Gelion e della sua comprensione della runa Isa, di cui egli è il custode. Questa abilità, sebbene complessa e difficile da padroneggiare, conferisce un potere vastissimo. A differenza di altri maestri del tempo, Gelion non può accelerare il corso degli eventi, ma eccelle nell'arte di rallentarli. Tecnicamente, grazie all'abilità "Tempo", è in grado di rallentare il flusso del tempo su aree specifiche, materia ed energia, arrivando persino a interferire con sistemi biologici e organismi microscopici. Il suo controllo è talmente avanzato da permettergli di alterare il fluire del tempo in determinati eventi, esclusi quelli che coinvolgono direttamente avversari dotati di controllo cosmico.

    A questo livello di maestria, Gelion può anche infondere nei propri attacchi il potere temporale, al fine di rallentare tutto ciò che viene toccato, con un effetto che si intensifica progressivamente. La peculiarità di Gelion sta nella sua capacità di indurre una stasi completa; tecnicamente, ogni sua azione di stasi o blocco deve essere considerata straordinaria, così come ogni sua iniziativa volta a contrastare altri manipolatori del tempo. Questa stasi totale, per l'avversario che ne subisce gli effetti, fa sembrare che Gelion si teletrasporti sul campo di battaglia. È importante notare che, se questa capacità viene impiegata per evitare un attacco, può essere utilizzata una sola volta. Dal punto di vista percettivo, Gelion è capace di vedere tutte le linee temporali di chiunque emani un'aura cosmica e può estendere questa percezione anche a intere aree.

    Va specificato che, qualora questa percezione fosse impiegata su un avversario, non permetterebbe di prevedere le sue mosse future, ma fornirebbe una conoscenza approfondita del suo passato e delle sue potenziali azioni future. In conclusione, nel contesto del gioco di ruolo (GdR), Gelion possiede l'abilità unica di riparare il tessuto temporale che sia stato danneggiato da viaggi nel tempo o paradossi.


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    Il lupo sorrise a lungo, poi mosse distrattamente la zampa destra e tutto attorno a te si fa nero, un nero così profondo da far male agli occhi.

    Vedi, la mia prigionia dovuta a divergenze con la mia famiglia, mi ha portato a esistere in questo Vuoto. Questo semipiano è separato dalla vostra realtà da una semplice porta, posta in un luogo veramente, veramente profondo. Fin qui tutto bene, Thor ha già pensato di consegnare la chiave a qualche suo campione per liberarmi.

    Tuttavia, mio fratello non sa che la mia prigione non è basata su una stupida chiava o un qualche incantesimo dimensionale. Questa sacca in cui ci troviamo è vincolata da una runa, tracciata da Odino stesso. La chiave serve solo per aprire il guscio esterno della mia prigione, ma per dissolverla è necessario cancellare la runa.

    Il lupo ti fissa in silenzio, come a ponderare tue possibili reazioni, poi riprende.

    Ebbene, solo Odino e i suoi fratelli potrebbero farlo, ma come hai detto sono impossibilitati… ed è qui che entri in gioco tu.

    Loki si alza e con l’unghia dell’indice destro disegna sul terreno una lunga asta, una runa.

    Isa, il ghiaccio eterno, la stasi. Un altro può toglierla, il Sacerdote Runico capace di dominarne i segreti. Quale miglior candidato di chi è già così abile nel gestire il fluire del tempo? Certo, carriera diversa, vecchi amici più lontani – ammesso che sopravvivano a tutto questo – entrare in contatto con gentaglia tipo i Vrikul e nani, tutte cose che potrebbero farti rifiutare la mia offerta e farti considerare di unirti alla Corruzione. Tuttavia, ti invito a ponderare con attenzione e saggezza la mia offerta. Io ti mostrerò come dominare questo nuovo potere, tu mi libererai. Semplice, no?




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    :banaballa: :banaballa:






     
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    gelion isa {???} ???inferno di luce7
    Gelion si era avvolto nel suo mantello, seduto sulla terra scolpita con simboli antichi e sospetti. Al suo cospetto, Loki, un enigma avvolto in misteri secolari, discorreva con una voce che era un soffio di vento tra le fronde di un bosco incantato. Ogni parola che usciva dalle labbra dell’ingannatore sembrava tingere l’aria di sfumature maliziose, ognuna un filo sottile che poteva condurre a verità o trappole. Gelion, saggio e scrutatore, sapeva bene chi aveva di fronte: un essere di cui i racconti potevano solo sfiorare la superficie ingannevole.

    Mentre ascoltava, i suoi occhi, due pozze profonde di pensiero e cautela, osservavano ogni minimo movimento di Loki. Quelle divergenze, sapeva, si chiamavano Ragnarok — il crepuscolo degli dei, un finale cantato da voci ancestrali per generazioni. Tuttavia, il Ragnarok veniva cantato non solo come una distruzione, ma come un necessario reset dell’ordine cosmico per purificarlo dalla corruzione sempre in agguato.

    Questo era Loki nella sua essenza più pura: un dio della distruzione e della creazione, un tessitore di fine e principio, i cui metodi erano velati da nebbie spesse di ambiguità. Comprendere le vere intenzioni di Loki era come cercare di decifrare un sogno appena svegli — ogni dettaglio sfuggiva appena sembrava a portata di mano.

    Loki offrì a Gelion non solo segreti ma anche potere — la comprensione della runa di Isa e un posto tra i Sacerdoti Runici, sotto l'egida protettiva di Vili. Era un'offerta allettante, ma con Loki, ogni dono aveva il suo prezzo, spesso nascosto tra le pieghe del fato.

    Gelion, con uno sguardo che scrutava l'abisso di possibilità nascoste davanti a lui, parlò con una voce che era come il mormorio di un vento antico tra i rami di Yggdrasil. "Le divergenze di cui parli, quelle narrazioni di Ragnarok, non sono altro che l'eco di un destino inevitabile, che risuona attraverso i secoli. È un gioco fine, un disegno intessuto tra creazione e distruzione, dove la fine è solo un nuovo inizio."

    Ascoltando le offerte di Loki, Gelion pesava ciascuna parola come se fosse un antico manufatto di potere incommensurabile. "La tua offerta mi intriga. È un'offerta nata dalla strettezza della tua gabbia, un patto sigillato sotto la pressione della tua prigionia. Ma liberarti sarebbe come scuotere gli stessi pilastri di Asgard, visibile agli occhi di Heimdall, scrutatore degli dei. Ebbene, quale corso si dovrebbe seguire quando il percorso si biforca così pericolosamente?"

    Gelion chiuse gli occhi, allungando mentalmente le mani verso le corde invisibili del destino. Le linee del tempo si dispiegavano davanti a lui come un infinito tessuto, ognuna vibrante con potenziali catastrofi o trionfi. "Ho scrutato nei flutti del tempo, esplorato 14.000.606 futuri potenziali. Tra questi, molti portano soltanto al disastro, a paradossi che farebbero tremare anche il cuore più impavido. Eppure, in 9.800.424 di queste visioni, la nostra scelta potrebbe effettivamente ridisegnare la trama del nostro mondo verso un ordine nuovo. E sorprendentemente, in 1.400.061 futuri, il risultato eccede ogni aspettativa, per quanto in altrettanti, precipita verso la totale rovina."

    Gelion sapeva che stava giocando con il fuoco. Ma l'oscurità che aveva intravisto nei futuri possibili era troppo profonda e minacciosa per essere ignorata. Qualcosa di più grande della corruzione e delle macchinazioni di Loki stava prendendo forma, qualcosa che poteva consumare ogni cosa.

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    Con gli occhi che riflettevano la vastità delle stelle dietro le nubi di Midgard, Gelion fissò Loki, la sua decisione vibrante di un'audacia temeraria. "Rivelami quindi la runa, estendimi la benedizione di Vili, e io spezzerò le catene che ti vincolano. Tuttavia, il nostro accordo non si concluderà con questo gesto. Mi svelerai i tuoi segreti più oscuri, mostrami come pieghi la realtà al tuo volere."

    Era un patto temerario, una danza su un filo sospeso sopra l'abisso. Gelion sapeva che avrebbe potuto precipitare in qualunque momento, ma era anche consapevole che, a volte, solo attraversando l'oscurità si può raggiungere la luce. E in quel momento, la speranza di un'aurora era ciò che sceglieva di inseguire.

    casta Asgard
    fisicamente bene, dici Adriano
    mentalmente ha scrutato nel vuoto e il vuoto ha detto CIUPA!
    riassunto azioni e va beh, cosa andrà mai storto nel liberare Loki? TUTTO

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    Attraverso questo tipo di controllo elementale, è capace di generare correnti di aria gelida, creare sottili lame di ghiaccio, solidificare l'acqua presente nell'ambiente o semplicemente produrre ghiaccio per poi darvi forma a suo piacimento. Le applicazioni di questa potenza sono estremamente varie, includendo la creazione di potenti tornado congelanti, la formazione di impenetrabili muri di ghiaccio o lo scatenamento di esplosioni di cosmo ghiacciato.


    Stasi
    Il controllo del tempo è una componente fondamentale degli studi di Gelion e della sua comprensione della runa Isa, di cui egli è il custode. Questa abilità, sebbene complessa e difficile da padroneggiare, conferisce un potere vastissimo. A differenza di altri maestri del tempo, Gelion non può accelerare il corso degli eventi, ma eccelle nell'arte di rallentarli. Tecnicamente, grazie all'abilità "Tempo", è in grado di rallentare il flusso del tempo su aree specifiche, materia ed energia, arrivando persino a interferire con sistemi biologici e organismi microscopici. Il suo controllo è talmente avanzato da permettergli di alterare il fluire del tempo in determinati eventi, esclusi quelli che coinvolgono direttamente avversari dotati di controllo cosmico.

    A questo livello di maestria, Gelion può anche infondere nei propri attacchi il potere temporale, al fine di rallentare tutto ciò che viene toccato, con un effetto che si intensifica progressivamente. La peculiarità di Gelion sta nella sua capacità di indurre una stasi completa; tecnicamente, ogni sua azione di stasi o blocco deve essere considerata straordinaria, così come ogni sua iniziativa volta a contrastare altri manipolatori del tempo. Questa stasi totale, per l'avversario che ne subisce gli effetti, fa sembrare che Gelion si teletrasporti sul campo di battaglia. È importante notare che, se questa capacità viene impiegata per evitare un attacco, può essere utilizzata una sola volta. Dal punto di vista percettivo, Gelion è capace di vedere tutte le linee temporali di chiunque emani un'aura cosmica e può estendere questa percezione anche a intere aree.

    Va specificato che, qualora questa percezione fosse impiegata su un avversario, non permetterebbe di prevedere le sue mosse future, ma fornirebbe una conoscenza approfondita del suo passato e delle sue potenziali azioni future. In conclusione, nel contesto del gioco di ruolo (GdR), Gelion possiede l'abilità unica di riparare il tessuto temporale che sia stato danneggiato da viaggi nel tempo o paradossi.


    Tecniche


     
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    Una lunga risata accoglie le tue parole, una risata che fa tremare quel vuoto assoluto.

    So già che mi piacerà lavorare con te! Andata!.

    L'assoluta nerezza si infrange sotto i tuoi piedi ed una fitta rete di rune dorate inizia a comporre un pavimento lucente che non ha confine.
    Al centro di questa complessa composizione campeggia la runa che ti è stata mostrata in precedenza Isa.

    Ogni runa rappresenta un macro concetto di ciò che è la Realtà, riassume in sé principi fondanti del sistema YGGDRASILL. Noi divinità siamo naturalmente in grado di dominarle, ma solo i figli di Borr possono comprenderne il senso ultimo. Odino è stato quasi distrutto da questa conoscenza, così come i suoi fratelli. Tale micidiale sapere è frammentato tra i Sacerdoti Runici, ed ognuno di essi viene irrimediabilmente mutato dal sapere runico che custodisce.

    Fissando la runa hai la sensazione che Loki stia ripedendo lo stesso concetto numerose volte, ti trovi a pensare lo stesso pensiero e a compiere gli stessi movimenti.

    Sebbene non possa spingermi oltre, ti guiderò alle soglie di questo sapere. Isa rappresenta la stasi, l'ordine assoluto delle cose che preserva il disegno degli Dei Antichi. Essa ha le sue radici nel paradigma stesso di Yimir, che era sì un dio creatore, ma orientato all'assoluta conservazione delle sue opere. L'eterno ghiaccio del Niflheimr è intimamente connesso con la runa e lì si trovava la fortezza del Dio Antico.

    Alle parole di Loki, attorno a te si estende l'immensa distesa di nebbie e ghiaccio del Niflheimr. Vedi i giganteschi lupi infernali lottare contro le forze della corruzione in una battaglia dall'indicibile ferocia, percepisci la sofferenza delle anime catturate dai nemici e vedi ovunque squarci dimensionali.

    Per prima cosa dovrai estendere la tua essenza verso il Ghiaccio Eterno. Lì stavi per venire condotto e verso quella direzione la tua anima ancora tende. Approfitta di ciò e muovi lì la tua coscienza ed il tuo pensiero. Entra in sintonia con quel mondo e comprendi il senso di quelle gelide distese.





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    Sei libero di interpretare queste istruzioni come credi.
    Termina quando hai avuto successo :zizi:



     
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