Not a gardener in a war

cloudjumper89 → Andromeda

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Sacro Custode delle P.R.

    Group
    Silver Saint
    Posts
    2,127

    Status
    DEAD

    NOT A GARDENER IN A WAR
    - 1 -


    Il tempo passa veloce. Un attimo il cielo è infuocato per l'alba, l'attimo dopo per il tramonto. Qualche volta nevica, diluvia o magari è nebbioso, ma scorre sempre inesorabile.
    Sono passati anni da quel maledetto dicembre 2012, eppure non è cambiato molto da allora. Il mondo è ancora preda di bestie immani che senti chiamare corrotti. Hai provato sulla tua pelle quello che possono fare e a te è andata relativamente bene. Tu e tua madre siete stati tra i primi ad essere accolti al Grande Tempio e hai visto tantissima gente arrivare ben dopo di voi, gente che tu stessa hai aiutato a sfamare o anche a ricominciare una nuova vita fra le mura del Santuario.
    A Rodorio ti hanno dato una casa, hai iniziato a coltivare un campo, ti sei rifatta una vita. Di certo non è una da re, ma nemmeno quella di un servo della gleba. Non si è ricchi e la maggior parte delle tecnologie un tempo comuni sono state spazzate via, ma non si vive di stenti. Non hai mai sofferto la fame, la sete, il freddo, né vi sono mai mancati i soldi per comprare beni utili o dilettevoli.
    Nel tuo lavoro di contadina, uno dei lavori forse più umili, ma anche il più fondamentale, hai aiuti, a volte anche soprannaturali. Non è una cosa periodica, ma non era nemmeno raro vedere apprendisti cosmodotati guidati dal loro maestro usare i loro poteri per rendere i terreni più fertili, l'acqua più abbondante, per creare legno utile nelle costruzioni e attrezzi o usare la loro forza per erigere palizzate e case dal nulla. È un aiuto ulteriore atto a sopperire la mera necessità, ma non è mai stato un potere abusato. È il giusto equilibrio tra il non rompere le regole della natura e il garantire una vita decente a tutti, tra la mera necessità di sopravvivenza e il volere dei santi di non intromettersi troppo nella vita dell’uomo.

    Nonostante questo modesto agio però, la vita non è tutta rose e fiori. Tu che lavori spesso all’aria aperta non puoi mancare di sentire la marcia dei soldati, il cambio della guardia sulle mura, le urla dei feriti che chiedono aiuto, addirittura a volte ti capita di vedere i cavalieri di Atena scortare dei nuovi arrivi al Grande Tempio. Anche dopo undici lunghi anni ancora si trova gente che è riuscita a sopravvivere là fuori e che finalmente trova la pace e il conforto. Vedere nuovi arrivi non è più un evento giornaliero tanto quanto lo è vedere i feriti scortati all’ospedale, ma non puoi non alzare lo sguardo pensando che uno di loro potrebbe essere tuo fratello. Con il passare del tempo le entrate di nuovi rifugiati si sono affievolite lasciando solo i soldati marciare tra la sicurezza e la possibile morte; guerrieri con e senza armatura che stanno dando il loro meglio per difendere tutti voi da ciò che c’è la fuori.

    Per te questo è un giorno come un altro quando vedi passare uno strano trio che sta chiaramente dirigendosi verso l’ospedale. Da un lato c’è un adulto, quasi anziano diresti, con un’armatura improvvisata e una gamba prostestica, dall’altro un ragazzo sui vent’anni che veste un’armatura blu, una sacra potresti affermare vista la grande differenza dai soldati che accompagna. Il duo, uno per lato sta sorreggendo quello che pare un altro soldato sulla trentina abbondante, malconcio oltre ogni dire, ma ancora vivo e intero per quanto grondante di sangue. Per un attimo incroci lo sguardo con il ferito, uno sguardo penetrante, come se ti stesse leggendo l’anima. O forse è solo una tua impressione. Lui sogghigna, quindi sviene, la testa si riversa in avanti e il corpo perde la presa sul terreno sottostante.
    « Così non va. Va’ a chiamare aiuto, fatti mandare più gente e kit possibile. »
    « Ce la fai da solo? »
    « Per chi mi hai preso, ragazzo? Servivo Atena da prima che tu nascessi. Non è una gamba in meno a fermarmi. Vai! »
    Il ragazzo in armatura annuisce al comando scaricando con gentilezza tutto il peso dell’incosciente sul vecchio prima di sparire in un battito di ciglia.
    « Ehi tu. » il vecchio grida cercando di attirare la tua attenzione. « Non stare lì a guardare! Portami dell’acqua e qualcosa per fargli aria. »


    MASTER'S CORNER
    Cominciamo in maniera molto tranquilla, giusto per settare l’ambiente in cui si muove il tuo PG. Descrivimi un po’ com’è la giornata tipo del tuo pg, come sono stati per lei tutti questi anni, tra lavoro, gioie e sofferenza.
    Attualmente siamo intorno all’autunno 2023, data scelta per incastrare alcuni eventi e in maniera tale da portarti al termine del tuo primo addestramento in pari con il tempo presente, che ricordo scorre come quello reale.
    Alla fine del post vedi il terzetto. L’incosciente è un PNG random, descrivilo pure come piace a te, mentre gli altri due sono volti “noti” del forum. Il ragazzo in armatura è il mio pg di cui puoi leggere la scheda qui mentre l’altro è Philippe, un veterano sulla cinquantina, anche se ne dimostra molti di più.
    Per le interazioni con Philippe mandami un PM con le tue richieste e io ti comunicherò le sue eventuali risposte. Oltre a questo puoi farmi per PM qualunque domanda tu voglia, che siano delucidazioni su concetti non chiari o descrizioni ulteriori, o anche solo condividere meme.


     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    ROSAH™

    Group
    Bronze Saint
    Posts
    210

    Status
    DEAD
    oTWdjfk
    erica o'shea ● andromeda {III} ● energia biancanot a gardener in the war1 • OST

    HvtxTGz


    Erika aveva aperto sommessamente gli occhi e la prima cosa che aveva visto, quella mattina, era stato il placido colore celeste che tinteggiava il soffitto della sua cameretta.
    Il suono della sveglia a forma di unicorno trillava nell’aria, andando ad aggiungersi ai rumori che riempivano la piccola farmhouse degli O’Shea. Rumore di acciaio contro acciaio seguito dallo sfrigolio dell’olio a contatto col calore e un felpato rumore di passi che attraversava il corridoio e il salotto.
    Si voltò e lesse l’ora sul quadrante, le lancette indicavano le 6:15.
    Socchiuse gli occhi, stiracchiò le gambe, allungandole sotto il caldo piumone fino a distendere tutti i muscoli, e poi si lasciò andare sul materasso, rilassando le membra.
    ... Ancora cinque minuti e poi mi alzo… pensò, ripassando mentalmente tutti gli impegni della giornata che aveva davanti. Lavarsi, vestirsi, fare colazione, giretto nel campo con papà per dare una controllata agli ortaggi e alla frutta prima di partire col pick-up per andare a scuola, pranzo e poi...
    «Sveglia, sveglia, dormigliona»
    Una risata goliardica interruppe quel momento di pace, andando ad amalgamarsi perfettamente con gli altri suoni della casa. Erika mugugnò e chiuse a riccio sotto le coperte, cercando di evitare quell’intrusione che le impediva di godere di quel momento. Non vi era nulla di più intimo, quasi sacro, per lei, un momento tutto per sé, per raccogliere le forze - fisiche ma soprattutto mentali - per affrontare la giornata. Non avrebbe permesso a nessuno, nemmeno al suo fratellone, di rovinarlo.
    Con un movimento deciso, si raddrizzò sul materasso, l’enorme chioma chiara informe ricadde tutta scompigliata sulle spalle con capelli sparati fuori in ogni direzione. Dietro la frangia che copriva quasi completamente gli occhi azzurri, Erika fulminò il fratello.
    «Oh-oh! A quanto pare qualcuno si è alzato col piede sbagliato stamattina.» rispose il ragazzo, assottigliando lo sguardo e sorridendole sardonico.
    Il sangue degli O’Shea scorreva inequivocabilmente nei due ragazzi: occhi grandi, dalle iridi cerulee, incarnato chiaro e lineamenti sottili. L’unica differenza lampante fra i due fratelli erano i capelli: ricci e corvini quelli del fratello maggiore mentre quelli di Erika erano lisci e chiari.
    Gli occhi di Aiden brillarono malignamente mentre, da disinvolto e rilassato che era, assunse una posizione difensiva, pronto all’imminente “aggressione” da parte della sorellina. Erika, infatti, non se lo fece ripetere due volte: si sedette sulle piante dei piedi e, con un balzo, saltò verso il fratello, aggrappandosi al suo collo e iniziando una giocosa lotta.
    «Aiden! Lo sai che mi da fastidio essere svegliata!» lo rimproverò la piccola, gonfiando le guance offesa e stringendo le gambe magre alla vita del fratello, cercando di fagli perdere l’equilibrio. Il fratello non esitò a rispondere a quella provocazione e cominciò a solleticare la bambina ai fianchi, cercando di farle allentare la presa.
    Fra bonarie tirate di capelli, strattoni e risate, non ci volle molto finchè i due fratelli finirono lunghi e distesi sul morbido tappeto della camera.
    «Ragazzi! È tardi! Papà vi sta aspettando in macchina»
    Una figura femminile, vestita con una tuta da lavoro tutta colorata, fece capolino all’uscio della porta. In un primo momento Deirdre O’Shea cercò di mantenere il tipico cipiglio serio di madre ma durò ben poco. Scoppiò in una risata allegra vedendo i due figli riversi sul pavimento in un groviglio confuso di corpi e pigiami.
    «Ma che state facendo? Che succede?» chiese, cercando di darsi un contegno e di dividerli.
    «Sai come è Erika la mattina, non le si può proprio dire niente.» rispose il maggiore, finalmente libero dalle grinfie della sorellina.
    «Non è vero!» replicò con un broncio che si trasformò ben presto in un sonoro sbadiglio. I due uomini di casa non poterono fare a meno di scoppiare a ridere nuovamente a quella buffa visione.
    «Dai, forza, andate a prepararvi. Lo sapete che a papà non piace fare e vedervi fare tardi.»

    ***

    Erika aprì gli occhi di scatto e un senso di confusione e disorientamento le bloccò il respiro. Rimase ferma immobile per qualche istante, cercando di riordinare i pensieri e di ritornare al momento presente. Assottigliò lo sguardo, cercando di mettere a fuoco meglio i dintorni: la vista dell’occhio destro non era più la stessa da quando quella misteriosa aberrazione l’aveva gremita, ferendola al viso. Da quell’occhio, vedeva tutto offuscato e non riusciva più distinguere nitidamente le figure. Dopo qualche istante, grazie all’occhio sano, riconobbe il soffitto grigio e malconcio della piccola casupola in cui viveva.
    Raddrizzò la schiena, mettendosi seduta sul duro materasso del letto e si guardò intorno con un’aria piuttosto abbattuta. Il silenzio di quella casa, ormai vuota, era così assordante. Raccolse le ginocchia al petto, abbracciandole strette a sé, e vi nascose il viso.
    Era un ricordo pensò. Calde lacrime le rigavano il viso, il loro calore non rincuoravano Erika, e la loro trasparenza non coprivano le smorfie e i denti digrignati sul volto. In momenti come quelli, ancora stentava a credere a ciò che era capitato al mondo, ben undici anni prima.
    Il tempo era passato troppo velocemente: aveva visto la sua vita e, tutti i sogni e le speranze di una bambina, esserle sottratti senza alcuna pietà nell’Armageddon. Ciò che era rimasto era solo una mera esistenza, limitata alla sopravvivenza: quello era ciò che aveva sentito per molti anni prima di riuscire a recuperare il sorriso, tutto grazie alla madre.
    Riaprì gli occhi e scorse il grembiule di Deirdre appeso all’anta dell’armadio. Ricordava ancora il giorno in cui la madre si era presentata all’ospedale indossandolo per la prima volta, dopo l’Armageddon, quell’indumento. Deirdre aveva visto il marito perire davanti ai suoi occhi e per poco non aveva perso anche la figlia, ma, nonostante questo, una volta arrivata a Rodorio non si era lasciata andare alla tristezza. Era rimasta accanto alla figlia durante la convalescenza, cercando di confortarla e trovare la forza di andare avanti nell’unica famiglia che le era rimasta, per l’unica famiglia che le era rimasta. Non avrebbe permesso a quella tragedia di metterla in ginocchio, né tanto meno avrebbe permesso di veder cedere al dolore la piccola Erika. Si era data da fare da subito, non appena la figlia si era completamente rimessa: si era messa a disposizione per la comunità, aiutando i feriti e la gente in quella nuova realtà, si era proposta come agricoltrice professionista e chiesto un pezzo di terreno per coltivare frutta e verdura in modo da contribuire al sostentamento dei rifugiati, in modo da non pesare eccessivamente sulle spalle dei loro salvatori, i Saint di Athena.
    Erika, vista la giovane età, non aveva avuto molta scelta: spronata dalla madre l’aveva seguita, reprimendo i rimpianti e la tristezza per quella che ormai era un’altra vita. Si era rimboccata le maniche e aveva cercato in tutti i modi di ritagliarsi una sorta di normalità in tutto quello sconvolgimento. In fin dei conti, negli ultimi undici anni, era riuscita a trovare un suo equilibrio: la sua infanzia aveva subito una brusca e traumatica interruzione, era stata obbligata a crescere in fretta. Aveva messo da parte i capricci - sebbene fossero davvero pochi - e i suoi desideri, cercando di trovare conforto in ciò che le era rimasto: sua mamma, e la possibilità di aiutare chi aveva avuto meno fortuna di lei.
    Le sue giornate si susseguivano, una uguale all’altra: la sveglia era sempre piuttosto presto, e dopo una modesta colazione, iniziava il lavoro nel campo. Controllava che i parassiti non rovinassero il raccolto, curava il frutti dando loro acqua e diserbanti naturali che produceva la madre, aiutava quest’ultima a trasportare e distribuire il risultato dei loro sforzi e si concentrava nel produrre unguenti e rimedi medicinali naturali con le erbe del loro orto personale; infine, la sera era dedicata al riposo: nella maggior parte dei casi lei e la madre erano solite lavorare a maglia e ricamare, creando dei rudimentali indumenti o accessori con ciò che riuscivano a recuperare, era rilassante per Erika, e adorava condividere quei momenti con la madre. Altre volte invece si dedicavano ad altri tipi di svaghi: dopo essere riuscita a recuperare una chitarra, insieme alla madre, aveva imparato a suonare e cantare. Canzoni piuttosto vecchiotte e obsolete - Take on me in versione acustica degli a-ha era uno dei suoi pezzi preferiti ed era diventata piuttosto brava a riprodurla - che sapevano però di una vita spensierata e serena, nulla in confronto all’attuale realtà che stavano vivendo.
    Alzò lo sguardo e cercò nella stanza lo strumento: era appoggiato contro l’armadio, impolverato. Non l’aveva più toccata da che la madre si era ammalata. Mi manchi mamma… Vorrei che fossi ancora qui con me.
    Subito dopo, asciugandosi frettolosamente le lacrime, la ragazza si alzò di scatto dal letto e si avviò verso la cucina. Era tardi e aveva già pianto abbastanza: il lavoro non poteva aspettare.

    ***

    Il sole brillava pallidamente quel giorno. Erika fissava il cielo con un misto di delusione e preoccupazione.
    Sono giorni che non piove e le zucchine hanno bisogno di acqua. pensò, strappando l’ennesima erbaccia piegata sulle piante raggrinzite. Si alzò e portò le mani al cielo, incrociando le dita e stiracchiandosi. Era rimasta piegata sul terreno per molto tempo, la schiena aveva cominciato a fare un po’ i capricci. Non riuscì a districarsi del tutto che qualcosa - o meglio, qualcuno - attirò la sua attenzione: tre uomini, di cui cui vestito con una sacra armatura - Un Saint! pensò mentre gli occhi brillarono di curiosità -, si erano fermati proprio di fronte allo steccato. Aggrottò le sopracciglia confusa, dallo sguardo che l’uomo ferito le lanciò. Non l’aveva mai visto prima, la pelle olivastra era appena visibile tanto era coperto di sangue. Gli occhi erano di un verde penetrante, gli ricordavano tanto quelli di suo padre. Erika non riuscii a interrompere il contatto visivo: per un secondo, gli parve di sentire la voce del genitore che gridava in preda al dolore chiamando il suo nome e quello di Deirdre; Bloccata dalla paura, in quel ricordo di morte, la ragazza non riuscì a sentire in un primo momento la chiamata dell’anziano.
    «Non stare lì a guardare! Portami dell’acqua e qualcosa per fargli aria.» Le seguenti parole la riportarono alla realtà. Spostò lo sguardo sul veterano - lui, invece, era un viso familiare, non era la prima volta che lo vedeva in giro - e schiuse le labbra, sorpresa. Dopo un primo momento d’impaccio, Erika si ridestò dal suo torpore e, inizialmente maldestra, si attivò per aiutarli: rientrò in casa e arraffò rapidamente delle bende, un unguento lenitivo e dell’acqua.
    Il ventaglio di mamma… pensò e istintivamente allungò la mano verso la cassettiera della cucina ma si fermò improvvisamente.
    Giusto… Non è qui. si morse interiormente alla sua bocca le guance e ritirò la mano, pensando al momento della tumulazione del corpo della madre. L’accessorio era stato seppellito con la proprietaria per volere di Erika, era l’unica cosa rimasta che la legava al marito, oggetto da lui regalatole e oggetto dalla quale non si sarebbe e avrebbe mai potuto separarsi.
    Cercando di ricacciare indietro le lacrime che erano tornate prepotentemente a fare capolino sulle sue palpebre, Erika si guardò intorno alla ricerca di qualcosa per fare aria e trovò il quaderno delle ricette erboristiche della madre. Senza pensarci due volte lo afferrò e corse fuori, andando in soccorso del ferito.
    «E-Ecco qui, ho portato quello che sono riuscita a trovare.» balbettò, passando l’acque e le bende al vecchio e cominciando a fare aria all’uomo svenuto.
    «Vi ho portato un unguento, serve a lenire le ferite.» spiegò velocemente all’uomo il contenuto dell’ampolla e si concentrò sul viso del ferito. I lineamenti insanguinati erano distorti in smorfie di dolore.
    Chissà quanto sta soffrendo…
    «Ma cosa gli è successo?» chiese preoccupata e poi riprese la parola. «Se c’è qualcos’altro che posso fare…» offrì il suo aiuto, aspettando il responso dell’anziano.
    «Il solito, il collegamento verso la Macedonia è stato preso d'assalto e ci hanno tagliato fuori dalla Tessalonica... di nuovo.» replicò in tono piuttosto seccato.
    Erika si stupì di ricevere tali informazioni: raramente i militari lasciavano trapelare informazioni relative alla guerra e al suo andamento. Sapeva che i guerrieri e i santi di Athena si battevano per tenere a bada i mostri e gli essere malvagi che cercavano continuamente di sfondare i confini di uno dei pochi posti protetti rimasti sulla Terra. Tuttavia, per quanto avesse una genuina curiosità riguardo l’andamento del conflitto e fosse preoccupata per le sorti del fratello maggiore scomparso ormai da tanti, troppi anni, non era mai riuscita a captare informazioni a riguardo.
    I suoi pensieri furono nuovamente interrotti dal vecchio che le intimò di premere sulle ferite più profonde con le bende che aveva portato. Erika fece per obbedire ma l’uomo in armatura la bloccò bruscamente.
    «Non con quelle mani lerce! Tieni, lavati!» la rimproverò e le passò l’acqua.
    «Oh! S-si, c-certo!» disse mentre mentalmente si diede della stupida. Era la prima cosa da fare quando si aveva a che fare con ferite aperte, come aveva potuto dimenticarsene. Sfregò energicamente le mani sotto l’acqua e, una volta pulite, premette con tutta la forza che aveva per cercare di fermare le emorragie.

    hmbt2ep

    narrato • parlatopensatoparlato altrui
    CASTASaint di Athena | Bronze Saint di Andromeda
    FISICAMENTE • Normale.
    MENTALMENTE • Un po' giù per il recente lutto, cerca di non pensarci troppo fallendo miseramente e riprendere la vita di tutti i giorni.
    RIASSUNTO AZIONI • Si avvicina Philippe portando con sé acqua, bende, un unguento naturale fatto dalla madre e un ricettario per fare aria al povero malcapitato. Cerca di essere d'aiuto e aspetta che le siano date ulteriori istruzioni. Quando le viene chiesto di premere sulle ferite più profonde, Erika fa per obbedire ma viene fermata e le viene intimato di lavarsi le mani sporche di terra. Se le lava e poi cerca di tamponare come meglio può le ferite.

    Abilità 1 ///


    Abilità 2 ///


    Tecniche ///

    oTWdjfk


    CITAZIONE
    Mi è uscito super lungo, help, spero di non essere finita fuori traccia! Nella narrazione mi ricollego direttamente al background di Erika, non avendo dato alcuna specifica temporale dei fatti narrati nella scheda. Mi sembrava più sensato scriverla ambientando la morte della madre poco prima dell'inizio dell'addestramento. Le azioni narrate del PNG Philippe sono state concordate tramite mp con Guardian.


    Edited by cloudjumper89 - 15/4/2024, 15:39
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Sacro Custode delle P.R.

    Group
    Silver Saint
    Posts
    2,127

    Status
    DEAD

    NOT A GARDENER IN A WAR
    - 2 -


    Philippe beve un sorso di acqua ristoratrice che schiarisce la sua gola impastata, quindi, dopo averti fatto poggiare a terra il bicchiere è lui a prendere il ricettario con la mano libera cercando di fare aria al soldato, il tutto mentre ti guida indicandoti le prime ferite da curare. « Sei troppo tesa. Fai un respiro, calmati, o rischi di peggiorare le cose. » Lui si riassesta, spostando il ferito quel tanto che basta perché tu possa arrivare al suo fianco e premere la ferita che sta macchiando anche l’armatura di Philippe. Il suo occhio critico cerca di dare priorità a quelle che per lui sono le più brutte, profonde e sanguinanti, ma è cosciente che potete fare ben poco così: il soldato è già incosciente e non sembra riprendersi, probabile segno che le ferite interne sono già fuori controllo, almeno per le vostre possibilità.
    Passa sì e no qualche minuto prima che tu veda arrivare due ambulanze. Una, forse tedesca visto la scritta, prosegue dritto senza fermarsi, mentre un’altra forse greca si ferma davanti a voi. Un gruppo di paramedici scende dal retro e si muove con professionalità. In tutto questo Philippe, una volta scaricato il peso su mani più esperte si è fatto indietro ascoltando ordini e fornendo informazioni sul ferito, uno che sembra conoscere approfonditamente. Non ha visto l’azione per intero, ma sa descrivere i poteri del corrotto che ha messo ko il soldato e perfino la data dell’ultimo pasto e le sue allergie. Il soldato viene caricato rapidamente sul mezzo prima che questo riparta alla massima velocità.
    Philippe tiene uno sguardo mesto per tutto il tempo, quindi annuisce, fa un respiro profondo e volge lo sguardo a te: « Che sia in guerra o nelle emergenze, non lasciare che la paura ti blocchi o domini. Respira, ragiona. E riparti. »

    divisore%20andromeda



    Passa un giorno. Ne passa un altro. Poi un altro ancora. La vita va sempre avanti dopotutto.

    Il suono degli allarmi ti fa saltare giù dal letto.
    È ancora notte fonda, ma ciò che sarebbe appena illuminato dall’ultimo spicchio di una luna calante è invece colmo di torce che corrono da una parte all’altra sulle mura e per le vie della città. Dalla finestra intravedi diversi flash di luce soprannaturale colorata nel cielo che ti abbagliano per minuscoli istanti prima di sparire nel nulla. Dev’esserci in corso una battaglia e quel che è peggio è che è proprio all’interno della città!
    Non è normale che succedano queste cose, ci sono decine di protocolli e guardie proprio per impedire che succedano certe cose! Come può aver fatto il nemico ad entrare? Magari c’è un traditore tra le vostre fila? No, non può essere. Qualcosa dev’essere andato storto, ma cosa puoi farci tu, una semplice umana, se non barricarti in casa e attendere che il peggio passi? Se succede qualcosa verranno i soldati a farti evacuare. Si basta solo stare tranquilli e il peggio passerà.
    Ma lo sguardo ti cade verso l’esterno, alla croce divelta della tomba di tua madre. Quella che era la fossa che hai scavato è ora un buco, quasi come se qualcuno avesse dissotterrato qualcosa. Un altro flash di luce e vedi il ventaglio di tua madre far capolino fra la terra smossa.
    Non hai però troppo tempo per preoccupartene: senti qualcosa grattare insistentemente sotto il pavimento.


    MASTER'S CORNER

    Se prima che se ne vada vuoi cercare di interagire un po’ con Philippe fammi sapere sempre per pm.
    Per il resto credo che la situazione sia chiara: come agiamo?


     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar

    ROSAH™

    Group
    Bronze Saint
    Posts
    210

    Status
    DEAD
    oTWdjfk
    erica o'shea ● andromeda {III} ● energia biancanot a gardener in the war2 • OST

    HvtxTGz


    In quegli istanti non riusciva a pensare altro. Doveva assolutamente continuare a tener premuto sulle ferite e cercare in ogni modo di arginare la fuoriuscita di sangue. Non riusciva nemmeno a distogliere lo sguardo dagli stracci che irrimediabilmente finivano con l’impregnarsi di sangue. Sussultò quando il liquido viscoso entrò in contatto con le sue mani: la pelle pallida si macchiò di cremisi e si sentì come inondata dal forte calore del sangue, spaventosamente scuro.
    «Sei troppo tesa. Fai un respiro, calmati, o rischi di peggiorare le cose.» Erika gli rivolse lo sguardo e annuì con decisione. Prese un respiro e focalizzò l’attenzione sul ferito e solo su di lui. Passò rapidamente in rassegna delle condizioni in cui versava e notò subito la ferita sul fianco, indicatagli da Philippe.
    È un ferita piuttosto profonda… Non era un medico ma non ci voleva molto per capire che fosse grave. Nel realizzare ciò, sentì improvvisamente un peso attanagliare il petto, il panico si impossessò delle sue membra e divenne, se possibile, ancora più rigida e tesa di prima. I suoni si fecero improvvisamente ovattati e tutto intorno a lei svanì: confusi ricordi di sangue e rantoli agonizzanti fecero capolino nella sua memoria, proiettandola in quel recente passato che aveva con tutte le sue forze cercato di mettere a tacere.
    Paradossalmente fu il suono delle sirene delle ambulanze che riuscì, in qualche modo, a riportarla al presente. Istintivamente si scostò, lasciando spazio ai paramedici per intervenire. I suoi movimenti sembravano quelli di un automata: rigidi e meccanici come quelli di un automa.
    In poco tempo, come erano arrivate, le ambulanze se ne andarono, sfrecciando sul selciato, lasciando Erika e l’anziano signore - per lei, ancora senza nome - sulla strada.
    «Che sia in guerra o nelle emergenze, non lasciare che la paura ti blocchi o domini. Respira, ragiona. E riparti.»
    L’anziano aveva ragione ed Erika lo sapeva benissimo. Quante volte negli ultimi giorni si era dovuta ricordare di respirare? Quante volte aveva dovuto ricordarsi di essere presente, vivere nel presente?
    Strinse i pugni frustrata, le dita scivolarono contro la pelle dei palmi, viscida per il sangue ancora fresco su di essa. Improvvisamente, però, tutto intorno a lei si fermò, come per magia. Socchiuse gli occhi e volse lo sguardo al cielo, riempiendo i polmoni e trattenendola per qualche secondo.
    Si concentrò e cercò di sentire tutta l’aria che aveva respirato venire spinta fuori dalle labbra, in uno sbuffo liberatorio. La rigida tensione che percepiva al petto si sciolse come neve al sole, si sentiva più tranquilla, sollevata quasi.
    «... Grazie mille.» rispose finalmente all’uomo, sorridendogli timidamente.

    ***

    Le ore trascorsero più lentamente del solito quel giorno ma finalmente l’oscurità della notte avvolse la volta celeste e il Sole tramontò all’orizzonte.
    Dopo essere uscita da una calda doccia, si avviò verso il lavello. Osservò il suo riflesso nello specchio appannato del bagno sospirando sommessamente mentre allungava la mano verso la boccetta di vetro che stava sul bordo del sanitario. Erika non riusciva a smettere di pensare all’uomo ferito che aveva soccorso. Sebbene fisicamente fosse totalmente l’opposto, non poteva fare a meno di pensare che al posto dello sconosciuto avrebbe potuto esserci Aiden.
    Istintivamente tornò a guardarsi le mani: ci aveva messo un po’ ma, alla fine, era riuscita a pulire completamente la pelle dal sangue incrostato. Dopo aver preso un po’ di crema dal barattolino, si massaggiò il palmo. Era una crema al té verde, una delle ultime creazioni di sua madre. Si portò le mani al volto e inspirò l’aroma esotico.
    In quella casa, ogni angolo, ogni utensile… Ogni singolo oggetto le ricordava di sua madre e, ogni singola volta, le faceva male; male perchè la sua improvvisa assenza l’aveva colpita come un fulmine a ciel sereno. Male anche perchè, in un certo senso, Erika si era resa conto che tutto, perfino la sua stessa persona, erano frutto delle mani di quella donna… E solo sue.
    Erika si sentì una persona orribile nel formulare quel pensiero: come poteva essere gelosa di tutto quello che aveva creato? Come risentire sua madre per aver preso in mano la propria vita e la sua e plasmarla come meglio credeva? Come se lei, una bambina di soli 12 anni all’epoca, avrebbe mai potuto fare qualcosa di così straordinario in un momento così cupo e disperato.
    Eppure, il desiderio di libertà e di decidere per sé della propria vita non le era mai stato veramente negato: la madre non l’aveva mai manipolata, né aveva cercato di limitarla in alcun modo… Se non per un’unica cosa. Rimanere viva, al suo fianco, viva e in salute per lei. L’ultimo familiare che le era rimasto.
    Sebbene fosse conscia che tale limitazione proveniva da un desiderio irrazionale ed egoistico della madre, Erika non aveva potuto non sentirsi condizionata da tale disperata richiesta. Era cresciuta in modo da essere sempre un punto di orgoglio per Deirdre, per essere la cosa più importante, essere la figlia che non l’avrebbe mai e poi mai lasciata, che sarebbe stata sempre al suo fianco.
    «[color=#936394]... Alla fine, sei stata tu a lasciarmi.» esalò fra le labbra, quasi inudibile, mentre le lacrime ricominciarono a scendere. Si sentiva così vuota, così anonima… Cosa era lei senza sua madre?
    Chi sono io… ?

    ***

    Il sangue fuoriusciva dalle narici, rigando le gote e finendo sulla federa del cuscino. Gli occhi sbarrati erano diventati, opachi, vacui… L’anima aveva ormai abbandonato il corpo, lasciandolo senza alcun briciolo di vita. Erika allungo la mano fra i singhiozzi e le lacrime e deterse il viso della madre priva di coscienza riversa nel letto. Un grido di aiuto si levò e qualcuno accorse, non ricordava chi di preciso…
    Si guardò le mani… Erano di nuovo sporche di sangue, completamente impregnate da esso…
    Improvvisamente le sirene cominciarono a suonare in lontananza…
    Si avvicinavano…
    Sempre di più, erano sempre più vicine…


    Il suono stridulo la seguì nel risveglio, accompagnate da abbaglianti luci che le ferirono le pupille. Si alzò di scatto dal letto, senza curarsi di indossare delle calzature e corse fino alla finestra per capire cosa stesse succedendo. Era ancora notte fonda ma fuori le luci erano così luminose che sembrava essere già l’alba.
    C-Che… Cosa sta succedendo?! pensò, nel panico più totale aggrappandosi al vetro della finestra con le unghie. Erika non riusciva a realizzare cosa stesse accadendo: non era nulla di normale, non aveva mai visto una cosa simile in anni di vita a Rodorio.
    S-Sto ancora dormendo? Sto sognando… ? Un incubo?

    «Che sia in guerra o nelle emergenze, non lasciare che la paura ti blocchi o domini. Respira, ragiona. E riparti.»


    Nel caos più totale, le parole di Philippe risounarono di colpo nella sua testa ed Erika fece esattamente quello. Si prese un attimo per respirare, per capire la situazione in cui era finita. Quando riaprì gli occhi, capì di essere sveglia, di essere nel presente. Una battaglia imperversava oltre le mura della fattoria e lei… Non sapeva cosa fare?
    Sua madre le avrebbe detto di allontanarsi dalla finestra, di nascondersi e aspettare che i militari - così chiamava lei i Saint - si occupassero di tutto. Era la procedura in casi come quelli - sebbene mai avrebbe pensato si sarebbe verificato un simile fatto - ed Erika non poteva fare nient’altro che quello. Impotente di fronte all’ennesimo disastro, la ragazza si allontanò dal vetro della finestra ma qualcosa catturò il suo sguardo: la tomba della madre completamente dissotterrata.
    Sgranò gli occhi incredula mentre un vago senso di vomito le salì in gola. Il panico e l’ansia si fecero sempre più forti, insistenti nel suo petto, tanto che sembrava stesse per esploderle il cuore. Il piccolo ventaglio rosa era lì a terra, a pochi metri dalla croce completamente distrutta. L’elegante carta rosa era stata strappata in più punti dai bastoncini di bambù e macchiata di terra e umidità in più punti.
    ... N-No… pensò mentre un conato di vomito le fece cedere il respiro. Ebbe però poco tempo per riprendersi: un rumore secco e gracchiante, proveniente da sotto il pavimento di legno fece capolino alle sue orecchie. Erika sobbalzò e si allontanò velocemente, scappando nuovamente vicino alla finestra da cui si era allontanata. Nella furia della fuga andò a impattare contro il vicino muro di pietra con la schiena, rovesciando alcuni utensili agricoli che stavano appoggiati lì vicino.
    Dolorante e spaventata, d’istinto prese la vanga e la indirizzò verso la fonte dello strano rumore con fare minaccioso.
    «NON TI AVVICINARE!» gridò isterica, agitando la vanga davanti a sé in un movimento che cercava di allontanare qualsiasi cosa stesse venendo su dal terreno.

    hmbt2ep

    narrato • parlatopensatoparlato altrui
    CASTASaint di Athena | Bronze Saint di Andromeda
    FISICAMENTE • Normale.
    MENTALMENTE • PANICO TOTALE
    RIASSUNTO AZIONI • Preme sulle ferite indicatele da Philippe e attende insieme a lui i soccorsi. Cerca di assisterlo come meglio può e, quando il ferito viene portato via, lo ringrazia per le sue parole e lo saluta.

    Al momento della battaglia, si alza e va alla finestra. Dopo aver visto la tomba della madre distrutta fa per allontanarsi ma sente il rumore e scappa nuovamente verso la finestra finendo però contro la parete. Urta degli utensili da lavoro e nel panico riesce ad afferrare la vanga che punta contro la fonte del rumore.

    Abilità 1 ///


    Abilità 2 ///


    Tecniche ///

    oTWdjfk


    CITAZIONE
    Mommy issues ne abbiamo? Avete vojah Spero vada bene ^^


    Edited by cloudjumper89 - 14/2/2024, 13:27
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Sacro Custode delle P.R.

    Group
    Silver Saint
    Posts
    2,127

    Status
    DEAD

    NOT A GARDENER IN A WAR
    - 3 -


    In quello stesso momento da qualche parte all’esterno:
    « Dov’è andato? »
    « Non lo so, l’ho visto passare di qua. »
    « Dannazione potrebbe essere ovunque. Dividiamoci! »





    Scrich scrich scrich. Il suono non accenna a diminuire. Almeno non finché la tua sbadataggine non fa cadere gli attrezzi che avevi disposti accanto al muro pronti per l’utilizzo. In quel momento il rumore si quieta e il silenzio è rotto solo dal tuo avvertimento. C’è qualche istante di calma quindi il graffiare riprende più insistente e vedi le assi del pavimento sollevarsi come martellate dal basso e con esse si eleva la polvere delle rocce e del terreno sottostanti. Le assi saltano verso l'alto sollevate da una forza spaventosa, come un'esplosione e ricadono facendo ancora più rumore e travolgendo gli oggetti attorno a te.
    Sotto le assi saltate intravedi un buco grosso come quello che potrebbe fare un qualche animale selvatico. Ancora un attimo di quiete quindi vedi emergere un muso allungato e appuntito, quasi come quello di un ratto, ma molto più esagerato, che fiuta l'aria con insistenza. Il naso si direziona verso di te. Quindi ecco una zampa e un’altra ancora e dal buco a uno o due metri da te esce questa sottospecie canide:

    267284a8c9e2f7789cfa7891498cfbe6

    Lui ti fissa negli occhi coi tanti che ha sparsi per tutto il pelo ispido: sono verde smeraldo; li hai già visti. Il canide ghigna, hai già visto anche quel sorriso.
    Le tue pupille si stringono e la tua casa sembra farsi più luminosa, i movimenti del canide più lenti. Un solo attimo di stallo e il mostro snuda le zanne e libera quegli stessi artigli che ha evidentemente usato per scavarsi la via. Lo vedi tendere i muscoli, pronto a balzarti addosso, farsi più basso e darsi la spinta verso di te aprendo le sue fauci, stranamente enormi, per tentare di azzannarti al collo mentre estende le zampe anteriori per cercare di infilare le sue unghie nella tua carne e spingerti a terra o contro il muro per renderti alla sua mercè.

    Non puoi lasciarglielo fare.
    Respira.
    Ragiona.
    Reagisci.


    MASTER'S CORNER

    Bene bene, tempo di risvegliare il cosmo. Reagisci pure con un utilizzo improvvisato e puramente istintuale di cosmo grezzo, ovvero privo di abilità e tecniche.
    Come sempre mi trovi per pm.


     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar

    ROSAH™

    Group
    Bronze Saint
    Posts
    210

    Status
    DEAD
    oTWdjfk
    erica o'shea ● andromeda {III} ● energia biancanot a gardener in the war3 • OST

    HvtxTGz


    Di nuovo silenzio. Erika si bloccò e tese le braccia davanti a lei, stringendo il bastone della pala. Le nocche erano diventate bianche da tanta era la forza che stava mettendo nel tenere l’arma impropria. Si guardò attorno con gli occhi sbarrati, muovendo il volto leggermente per compensare la mancata percezione dell’occhio destro.
    Per un secondo, si chiese se non si fosse sbagliata, se avesse sentito male: fuori c’era molto movimento, poteva essersi confusa con qualche suono proveniente dall’esterno. Nonostante stesse ponderando quella possibilità, Erika non abbassò la guardia. I muscoli avevano improvvisamente cominciato a tremare, non tanto per la fatica nel tenere la pala quanto per la tensione che la stava divorando da dentro. Deglutì, cercando di tranquillizzarsi: sembrava che il cuore stesse per scoppiarle nel petto.
    Non c’è nulla in giro, non sento più quello strano rumore. pensò, ritornando a guardare dritto davanti a sé. Non poteva sapere che quella era solo la calma prima della tempesta.
    Non registrò nemmeno il rumore dei graffi che riprese incessantemente, l’improvviso fragore dell’esplosione delle assi del pavimento le fece cedere le gambe e finì a terra, in ginocchio. Lasciò la presa sulla pala che ricadde con un tonfo sordo a terra e andò a coprirsi il viso e la testa con le braccia dai detriti che schizzarono in aria. Si schiacciò ancora di più contro il muro e, poco dopo, aprì l’occhio sano e sbirciò oltre le ciocche chiare che le ricadevano sul viso.
    Un lungo muso fece capolino seguito da due zampe scure si aggrappavano a ciò che rimaneva del pavimento. Rilassò appena le braccia per accertarsi di ciò che aveva visto e, non appena ebbe iniziato ad abbassarle, ebbe la spiacevole sensazione di sentirsi osservata.
    Due pozze smeraldine la fissavano intensamente, come se volessero leggerle l’anima. Erika ricambiò lo sguardo per qualche istante prima di realizzare di aver già incontrato un simile sguardo, qualche giorno prima. L’uomo ferito che aveva soccorso le aveva lanciato lo stesso identico sguardo prima di accasciarsi a terra, privo di sensi.
    Ma… Non può essere! pensò e non fece a tempo a dire nulla che altri occhi, altrettanto penetranti, si aprirono su tutto il corpo dello strano essere, focalizzandosi su di lei. Il ghigno malevolo che seguì non le lasciò più alcun dubbio sull’identità della creatura.
    Erika sobbalzò, dalle labbra involontariamente scappò un singhiozzo terrorizzato. Cosa diavolo era quell’essere? Proprio non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Si spinse ancora di più contro la parete, come se volesse essere inghiottita da essa: che cosa voleva quell’essere da lei? Perchè era dentro casa sua? Era stato lui a…
    ... La tomba di mamma… L’immagine della tomba divelta era ancora fresca nella sua mente, così tanto che le sembrava di essere all’esterno e poter toccare tutto di quella scena con mano. Allungò la mano verso il ventaglio distrutto della madre, cercando di recuperarlo ma una luce abbagliante le ferì gli occhi, obbligandola a chiuderli. Quando li riaprì, tutto era rallentato ma notò immediatamente che il mostro aveva sfoderato gli artigli e aveva teso i muscoli, pronto a fare un balzo per attaccarla.
    L’attacco partì e tutto quello che Erika fece fu urlare di terrore. Si raggomitolò, preparandosi all'impatto ma qualcosa esplose all’improvviso.
    Dal petto della ragazza si irradiò una strana energia pulsante, che voleva espandersi. Poteva sentirla scivolare sulla pelle sprigionando una forza incredibile, che mai prima aveva sperimentato.
    Cercò di lasciarla fluire e, con scarsissimo controllo e senza coscienza del potere in sé, ed essa prese la forma di una sfera rosata. Essa si sarebbe poi espansa fino a inglobarla completamente, proteggendola dall’aggressione.
    Nel sentire quell’energia liberarsi da sé, Erika si sentì improvvisamente spossata, come se avesse lavorato nel campo per due giorni di fila senza mai riposare.

    hmbt2ep

    narrato • parlatopensato
    CASTASaint di Athena | Bronze Saint di Andromeda
    FISICAMENTE • Affatticata per l'ultilizzo involontario del cosmo.
    MENTALMENTE • Spossata e confusa, non riesce a capire cosa le sia successo.
    RIASSUNTO AZIONI • Dopo che è calato il silenzio, sempre stando all'erta con la pala in mano, si guarda attorno per capire la situazione. Si rilassa un attimo ma il pericolo è in agguato: l'esplosizione nel pavimento la spaventa e si lascia cadere a terra, abbandonando la pala. Si ripara la testa e il viso con le braccia, girandosi verso il muro e raggomitolandosi contro di esso. Nota le zampe e il muso dell'animale e quando vede gli occhi verdi ripensa al ferito soccorso qualche ora prima. Quando il mostro fa per attaccarla, incosciamente risveglia il cosmo al fine di proteggersi. Cerca di creare uno scudo che dovrebbe (incrociamo le dita) respinga l'attacco del mostro, difendendola.

    Abilità 1
    ///


    Abilità 2
    ///


    Tecniche

    oTWdjfk


    CITAZIONE
    Mi spiace, mi è partito il bottone per postare invece dell'anteprima lol mi hanno chiamato nell'altro ufficio per una cosa e, nulla, non sono più riuscita a sistemare XD. Per la cosa dei giorni/ore prima, svista mia, l'ho corretta così come la questione della sequenza temporale dei movimenti del mostro. Comunque, come mi è stato chiesto in mp, lascio sotto qui spoiler i relativi passaggi del post originale che ho pubblicato inizialmente.

    Di nuovo silenzio. Erika si bloccò e tese le braccia davanti a lei, stringendo il bastone della pala. Le nocche erano diventate bianche da tanta era la forza che stava mettendo nel tenere l’arma impropria. Si guardò attorno con gli occhi sbarrati, muovendo il volto leggermente per compensare la mancata percezione dell’occhio destro.
    Per un secondo, si chiese se non si fosse sbagliata, se avesse sentito male: fuori c’era molto movimento, poteva essersi confusa con qualche suono proveniente dall’esterno. Nonostante stesse ponderando quella possibilità, Erika non abbassò la guardia. I muscoli avevano improvvisamente cominciato a tremare, non tanto per la fatica nel tenere la pala quanto per la tensione che la stava divorando da dentro. Deglutì, cercando di tranquillizzarsi: sembrava che il cuore stesse per scoppiarle nel petto.
    Non c’è nulla in giro, non sento più quello strano rumore. pensò, ritornando a guardare dritto davanti a sé. Non poteva sapere che quella era solo la calma prima della tempesta.
    Non registrò nemmeno il rumore dei graffi che riprese incessantemente, l’improvviso fragore dell’esplosione delle assi del pavimento le fece cedere le gambe e finì a terra, in ginocchio. Lasciò la presa sulla pala che ricadde con un tonfo sordo a terra e andò a coprirsi il viso e la testa con le braccia dai detriti che schizzarono in aria. Si schiacciò ancora di più contro il muro e, poco dopo, aprì l’occhio sano e sbirciò oltre le ciocche chiare che le ricadevano sul viso.
    Un lungo muso fece capolino seguito da due zampe scure si aggrappavano a ciò che rimaneva del pavimento. Rilassò appena le braccia per accertarsi di ciò che aveva visto e, non appena ebbe iniziato ad abbassarle, ebbe la spiacevole sensazione di sentirsi osservata.
    Due pozze smeraldine la fissavano intensamente, come se volessero leggerle l’anima. Erika ricambiò lo sguardo per qualche istante prima di realizzare di aver già incontrato un simile sguardo, qualche giorno prima. L’uomo ferito che aveva soccorso le aveva lanciato lo stesso identico sguardo prima di accasciarsi a terra, privo di sensi.
    Ma… Non può essere! pensò e non fece a tempo a dire nulla che altri occhi, altrettanto penetranti, si aprirono su tutto il corpo dello strano essere, focalizzandosi su di lei. Il ghigno malevolo che seguì non le lasciò più alcun dubbio sull’identità della creatura.
    Erika sobbalzò, dalle labbra involontariamente scappò un singhiozzo terrorizzato. Cosa diavolo era quell’essere? Proprio non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Si spinse ancora di più contro la parete, come se volesse essere inghiottita da essa: che cosa voleva quell’essere da lei? Perchè era dentro casa sua? Era stato lui a…
    ... La tomba di mamma… L’immagine della tomba divelta era ancora fresca nella sua mente, così tanto che le sembrava di essere all’esterno e poter toccare tutto di quella scena con mano. Allungò la mano verso il ventaglio distrutto della madre, cercando di recuperarlo ma una luce abbagliante le ferì gli occhi, obbligandola a chiuderli. Quando li riaprì, tutto era rallentato ma notò immediatamente che il mostro aveva sfoderato gli artigli e aveva teso i muscoli, pronto a fare un balzo per attaccarla.
    L’attacco partì e tutto quello che Erika fece fu urlare di terrore. Si raggomitolò, cercando di proteggersi dall’attacco e, nel momento in cui le fauci stavano per sfiorare la sua pelle, qualcosa esplose all’improvviso.
    Dal petto della ragazza si irradiò una sfera di pura energia che voleva espandersi e avvolgerla, come a volerla proteggerla. La sentiva sulla pelle come un vento caldo, gentile, che sprigionava una forza incredibile, che mai prima aveva sperimentato.
    Cercò di lasciarla defluire dal suo corpo, liberandola completamente e lasciare che si espandesse verso il mostro, cercando di proteggersi dall’attacco nemico. L’impatto con la sfera rosata l’avrebbe fatto finire dal lato opposto della stanza, facendolo atterrare proprio sulla cassettiera del soggiorno, sfondandola.
    Nel sentire quell’energia liberarsi da sè, Erika si sentì improvvisamente spossata, come se avesse trascinato chili e chili di sacchi di terra per ore e ore.


    Edited by cloudjumper89 - 15/2/2024, 00:14
     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Sacro Custode delle P.R.

    Group
    Silver Saint
    Posts
    2,127

    Status
    DEAD

    NOT A GARDENER IN A WAR
    - 4 -


    Una patina rosata ti circonda inglobando completamente il tuo essere rannicchiata nel terrore. Non percepisci il caratteristico dong di un oggetto che sbatte contro un altro, ma avverti una vibrazione del tessuto del tuo scudo che si agita come la superficie dell’acqua prima di rompersi e cominciare a dissiparsi dal punto in cui è avvenuto l’impatto.
    Il canide si è scontrato con lo scudo ed è stato sbalzato indietro, scivolando appena sul terreno, una delle zampe posteriori cade perfino nel buco da cui era uscita.

    La bestia ringhia il suo disappunto, o forse la sua sorpresa, difficile a dirsi. Fa per tornare alla carica, ma i suoi occhi captano un bagliore rosato al limite del suo campo visivo, cosa strana a dirsi visto che ha occhi ovunque. Un bagliore, poi un altro e un altro ancora. Mentre questo succede senti gli avambracci farsi pesanti, sempre più pesanti con ogni flash di luce. Senti qualcosa stringersi ai tuoi polsi, in maniera salda, ma non dolorosa.
    Le scariche luminose si fanno concrete e la bestia viene assaltata da questo fulmine continuo che saetta da una parte all’altra della stanza, quasi ignorando i muri e le assi e il soffitto, trovando micro aperture che solo qualcosa di magico può vedere. Questo fulmine - ma sarà davvero un solo fulmine? – attacca la bestia che cerca di spostarsi all’ultimo dal passaggio di quei fili, che si accumulano attorno a lui, attorno alle zampe, alla gola, alla coda, al muso, togliendo via via sempre più mobilità all’essere corrotto.
    E quei fili, dal colore rosa intenso, partono da te, dai tuoi polsi, dove, seguendo il peso che avverti, vedi delle catene serpeggiare attorno ai tuoi avambracci, muoversi da sole, come trainate da un argano magico e invisibile.

    Una sola spallata alla tua porta di ingresso e Philippe si catapulta nella stanza. Ha un attimo di esitazione nel vedere la scena che gli si presenta davanti: Il canide è imbozzolato tra le catene che, scorrendo dentro e fuori ogni orifizio della casa, si legano pacifiche al tuo corpo. Philippe avanza, apparentemente nemmeno curandosi ti te, e si ferma davanti alla bestia che cerca invano di liberarsi, il suo corpo sconvolto da movimenti erratici, qualcosa a metà fra delle convulsioni e dei movimenti volontari per tentare di liberarsi. Philippe si piega sul ginocchio reale abbassandosi al livello della testa del mostro per guardarlo in quelli che si potrebbero definire gli occhi principali. « Mi dispiace. » Il suo tono è basso, rotto da quella che è una sofferenza mentale e fisica. Un respiro profondo, seguito dal latrare della bestia. Ne segue una nuova esplosione di luce bianco-argentata, precisa, chirurgica, quindi cala il silenzio. Il corpo della bestia cessa di muoversi e comincia a sgretolarsi fino a non essere più nulla.

    Un nuovo respiro pieno di sconforto, quindi Philippe si gira nella tua direzione. « Avevo un mezzo presentimento che sarebbe venuto qui… Ma vedo che Andromeda è stata più veloce.
    ...Stai bene? »






    Il motivo per cui ti ho fatto modificare il post, non è per l'errore sui giorni o sull'ordine delle azioni che per quanto grave essendo tu in add posso anche fartelo passare, dopo averti avvisato, ma è per la difesa che hai portato che includeva azioni autoconclusive nei confronti del tuo avversario, cosa che è fortemente vietata. Te l'ho segnalato per mp e lo riporto anche in questa nota per presa visione di chi valuterà l'addestramento.
    CITAZIONE
    L’impatto con la sfera rosata l’avrebbe fatto finire dal lato opposto della stanza, facendolo atterrare proprio sulla cassettiera del soggiorno, sfondandola.
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar

    ROSAH™

    Group
    Bronze Saint
    Posts
    210

    Status
    DEAD
    oTWdjfk
    erica o'shea ● andromeda {III} ● energia biancanot a gardener in the war4 • OST

    HvtxTGz


    Erika era senza parole. Inspiegabilmente il mostro non era riuscito ad affondare le fauci nel suo collo e quando realizzò di essere ancora tutta intera levò il viso. Vide una strana patina rosa avvolgerla, il mostro che impattò malamente contro di essa venne sbalzato via, finendo quasi per ritornare nella buca da dove era venuto. Gli occhi erano sgranati di fronte a quella misteriosa energia, Erika non riusciva a capacitarsi della cosa. Sembrava la stessa energia che aveva svariate volte visto emanare ai Saint nel tentativo di difendere e aiutare i civili in difficoltà. Lo chiamavano Cosmo e si diceva che quel potere proveniva dalle stelle, dalle profondità più remote dell’universo. Come poteva possedere anche lei una simile energia? Non era un santo di Athena.
    Il ringhio sommesso della bestia la fece improvvisamente tornare alla realtà: lo sguardo della ragazza si scostò sulla figura scura, pronta a tornare all’attacco ma, anche stavolta, non riuscì a portare a termine le sue azioni.
    Fu un istante, un fulgore improvviso brillò nell’aria. Il colore era il medesimo di quello della sfera protettiva che aveva generato pochi istanti prima ma la forma era completamente diversa: sul mostro si scagliò quello che a Erika sembrò essere in tutto e per tutto una saetta.
    Alla bestia non servì a nulla schivare l’offensiva, si materializzavano da ogni angolo della stanza, cercando di impedirgli ogni movimento.
    Una, due, cinque… Più luci comparivano nell’aria, più Erika sentiva le braccia diventare pesanti. Solo quando si rese conto di quel peso estraneo, abbassò lo sguardo sugli avambracci e la ragazza realizzò che, effettivamente, non si trattava di fulmini o saette ma bensì di catene.
    «… C-Catene? M-Ma da dove sono spuntate?» disse con un filo di voce, portando a sé le mani per osservarle più da vicino, come se sentire il metallo liscio che scivolava sulla sua pelle non fosse abbastanza per credere a ciò che stava accadendo.
    Ci fu un attimo in cui il panico prese il sopravvento: dal modo in cui le catene si stavano muovendo sembravano essere dotate di una volontà tutta loro, come se fossero in qualche modo vive. Inizialmente percepì come spiacevole, soffocante la sensazione del metallo che si attorcigliava intorno alla carne ma quel malessere si dipanò piuttosto in fretta. Il metallo era caldo e morbido su di lei, per nulla stringente.
    Quella sensazione di piacere però fu interrotta bruscamente dal rumore secco della porta d’ingresso che veniva divelta da qualcuno. Erika sobbalzò e si voltò verso di essa, strabuzzando gli occhi per lo stupore.
    «Lei?!» esclamò nel vedere il volto ormai familiare di Philippe, ignorando completamente ciò che le catene stavano facendo nel contempo. Solo quando l’uomo si avvicinò alla bestia incatenata realizzò cosa le catene stessero facendo.
    La bestia, intrappolata nelle spire metalliche, si muoveva convulsamente, sembrava stesse soffrendo molto. Si portò le mani alle labbra, nascondendo un’espressione a metà fra il sorpreso e il dispiaciuto: sebbene non avesse dimenticato quello che il mostro aveva fatto alla tomba di sua madre, non poteva non provare che pena per lui, per ciò che era diventato e ciò che stava succedendo. Prima di allora, Erika non aveva mai volontariamente ferito o fatto del male a qualcuno.
    «Mi dispiace.» disse l’uomo e una luce candida le ferì gli occhi, facendole abbassare lo sguardo. Il latrato della bestia riempì l’aria e il cuore di Erika perse un battito.
    Quando rialzò lo sguardo, del mostro non vi era più traccia se non una scia di cenere scura che piano piano andava sgretolandosi.
    ... È-È… morto… biascicò mentalmente, sgranando gli occhi e sentendosi pizzicare le palpebre. Non riusciva a staccare lo sguardo dal punto in cui fino a pochi minuti prima stava quell’essere. La morte non le era estranea nè tantomeno lontana ma era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva visto qualcuno - o meglio, qualcosa - venire ucciso.
    «Avevo un mezzo presentimento che sarebbe venuto qui… Ma vedo che Andromeda è stata più veloce… Stai bene?»
    «... Eh?» sobbalzò di nuovo, sentendo l’uomo rivolgersi a lei. Si strofinò gli occhi, cercando di cacciare via quel principio di lacrime e, dopo aver schiarito la voce, gli rispose.
    «Uhm, c-credo di s-sì…» disse, balbettando vistosamente e solo in un secondo momento si rese conto di aver sentito un nome che non aveva mai sentito prima d’allora.
    «... Andromeda?» chiese incredula e incuriosita da quell’uscita. Cercò di alzarsi dal pavimento ma le gambe non ressero il peso, tremanti e cedevoli per l’adrenalina e la stanchezza - ma soprattutto lo spavento - provate pochi istanti prima.

    hmbt2ep

    narrato • parlato &#149 pensatoparlato altrui
    CASTASaint di Athena | Bronze Saint di Andromeda
    FISICAMENTE • Affatticata per l'ultilizzo involontario del cosmo.
    MENTALMENTE • Sconvolta per troppe cose successe in così poco tempo.
    RIASSUNTO AZIONI • Non fa molto - a parte essere cercare di capire che sta succedendo - se non rispondere a Philippe verso la fine del post e cercare di rialzarsi

    Abilità 1
    ///


    Abilità 2
    ///


    Tecniche

    oTWdjfk


    Edited by cloudjumper89 - 14/3/2024, 11:54
     
    Top
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Sacro Custode delle P.R.

    Group
    Silver Saint
    Posts
    2,127

    Status
    DEAD
    Not a gardener in a war
    cloudjumper89 → Andromeda


    NOT A GARDENER IN A WAR
    - 5 -


    « Piano, fai attenzione. Il primo risveglio cosmico tende a essere debilitante e mi sembri molto scossa. » Philippe non ti ferma, ma si avvicina a te pronto a sostenerti nel caso tu abbia un mancamento o simili. « Andromeda sì. E’ una delle ottantotto armature dei santi di Atena. Non ti annoierò con una lezione di storia ora, ti basti sapere che quelle che stai maneggiando sono le sue catene. Sono corse da te perché ti hanno sentita in pericolo e perché il tuo cosmo è già allineato con quello della costellazione di Andromeda. In parole molto povere questo fa di te un’ottima candidata per la sua armatura, se mai volessi diventare un saint. » Philippe esita cercando di trovare le parole giuste, di darti informazioni senza buttarti addosso tutta la sua conoscenza che probabilmente è fin troppa per il momento in cui ti trovi.
    « immagino tu abbia molte domande e sarò lieto di rispondervi, se te la senti di ascoltare, ma prima credo sia il caso di rimandarle a casa ora che il pericolo è passato. » Poggia le sue mani sulle tue. «Chiudi gli occhi, respira a fondo. Ascolta il tuo corpo, senti le catene strisciare sulle tue braccia. Va tutto bene, è normale. Rilassale, rilassa i tuoi pugni. Pensa intensamente di lasciarle andare, di sentirle strisciare via da te, fino a che non ne rimarrà nulla. E non dimenticare di ringraziarle. »

    chain1


    Fai un po’ di fatica, ma alla fine percepisci la sensazione che Philippe ti ha descritto, una certa vibrazione anche e se apri gli occhi vedi il bozzolo di catene disfarsi, ogni filo sparire dall’apertura da cui è ipoteticamente entrato e senti il peso ai tuoi polsi svanire, filo dopo filo, come un gomitolo che si srotola. In brevissimo tempo dell’armatura di Andromeda non c’è più traccia.
    « La vita da saint non è per tutti e ciò che è avvenuto stasera non è assolutamente un tuo obbligo a perseguirla. Il mio suggerimento è di venire ad allenarti almeno per imparare a controllare il tuo cosmo in modo che non sfugga al tuo controllo. Una volta che saprai controllarlo sarà tua la scelta se continuare sul cammino dei guerrieri o vivere la tua vita come se nulla di tutto questo sia mai successo. Quella sarà una tua scelta e tua soltanto, ma non è adesso il momento di compierla. Sarai stanca ed è ancora notte fonda. Ti accompagno in camera se vuoi, riposati e domani o in settimana vieni a cercarmi all’arena se vorrai. »



    MASTER'S CORNER

    Se te la senti di fare due chiacchiere anche per calmarti un po’ Philippe resta ad ascoltarti volentieri e ti aiuta a calmarti. In caso le interazioni seguono sempre la solita modalità.
    Concludi pure il post al giorno in cui scegli di andare a cercare phil, se vuoi farlo, altrimenti quando scegli che fare.


     
    Top
    .
  10.  
    .
    Avatar

    ROSAH™

    Group
    Bronze Saint
    Posts
    210

    Status
    DEAD
    oTWdjfk
    erica o'shea ● andromeda {III} ● energia biancanot a gardener in the war5 • OST

    HvtxTGz


    «Piano, fai attenzione. Il primo risveglio cosmico tende a essere debilitante e mi sembri molto scossa.» Erika ancora non riusciva a credere alle parole di Philippe. Il primo risveglio cosmico… Stava davvero accadendo a lei? Non riusciva davvero a capacitarsi come fosse in possesso di un potere così grande. Come era possibile? Non era mai stata una guerriera, una combattente, tanto meno non avrebbe pensato di avere dei requisiti da definirsi tale, in quel momento come in passato. Non era mai stata lei quella che prendeva le difese altrui o si ribellava contro le decisioni di chi era nella posizione di responsabilità. Quello era sempre stato Aiden. Era sempre stato lui quello coraggioso, quello che non si faceva scoraggiare dall’ignoto… Quello che tenacemente portava avanti le proprie idee e la propria volontà di plasmare il proprio destino nella maniera che gli rendeva più giustizia, a dispetto delle opinioni altrui.
    «Andromeda sì. E’ una delle ottantotto armature dei santi di Atena.» Le spiegò mentre Philippe correva in suo aiuto. La ragazza abbassò lo sguardo, evitando gli occhi dell’uomo quasi come a sentirsi in colpa di essere lei la persona in cui l’energia cosmica delle stelle al servizio di Athena si era risvegliata.
    «Non ti annoierò con una lezione di storia ora, ti basti sapere che quelle che stai maneggiando sono le sue catene. Sono corse da te perché ti hanno sentita in pericolo e perché il tuo cosmo è già allineato con quello della costellazione di Andromeda. In parole molto povere questo fa di te un’ottima candidata per la sua armatura, se mai volessi diventare un saint.»
    Lo sguardo corse ai suoi polsi. Si sentì improvvisamente pesante ma ciò che la stava facendo sentire così non erano le catene dell’armatura venuta in suo soccorso. Il senso di colpa era tornato ad opprimerle il petto, più forte di prima.
    Il desiderio di intraprendere la strada da Saint l’aveva sempre stuzzicata da che aveva scoperto della loro esistenza. Tuttavia, il rapporto di co-dipendenza instauratosi fra Erika e la madre dopo l’Armageddon era da sempre stato il primo motivo per cui la ragazza non aveva nemmeno osato avvicinarsi a quel mondo. Quello e la paura di non essere all’altezza di investirsi di una tale responsabilità: essere Saint significava essere sempre pronta ad ergersi in difesa dell’umanità - sebbene non in maniera diretta - e proteggere chi invocava giustizia e libertà.
    Come poteva lei, che di libertà ne aveva conosciuta così poca, rappresentare tali ideali? Ci sarebbe stato sicuramente qualcuno più meritevole e valido di lei a impugnare quelle catene, lei non si sentiva all’altezza. Lei era sempre vissuta all’ombra di qualcun altro, come avrebbe potuto anche solo pensare di aspirare a vestire le sacre vestigia di Andromeda?
    «Immagino tu abbia molte domande e sarò lieto di rispondervi, se te la senti di ascoltare, ma prima credo sia il caso di rimandarle a casa ora che il pericolo è passato.»
    Erika scosse la testa freneticamente in segno di diniego, mentre gli occhi tornarono a riempirsi di lacrime.
    «N-No, n-no, i-io n-non… N-Non p-posso…» balbettò appena, cercando di allontanare l’uomo ma il contatto fra loro fu inevitabile. Si irrigidì in un primo momento nel sentire l’estranee mani ruvide dell’uomo toccare le sue, altrettanto ruvide e con le unghie appena sporche di terra dal lavoro nel campo di poche ore prima. Lei era una semplice contadina, la terra e i suoi frutti erano il suo pane quotidiano, come poteva essere in grado di gestire un’arma così formidabile come la catena di Andromeda?
    «Chiudi gli occhi, respira a fondo. » Nonostante le mille paranoie e preoccupazioni, Erika fece un respiro profondo e chiuse gli occhi. C’era qualcosa di incredibilmente intrigante in ciò in cui l’uomo la stava introducendo e, sebbene non si sentisse per nulla all’altezza di ciò che stava per accadere, decise che anche solo provare una piccolissima parte di quell’esperienza non sarebbe stato poi così male. Sarebbe stato bello, per una volta, sentire il potere che aveva sempre ammirato da lontano scorrerle nelle vene. Sarebbe stata una bella esperienza, nonostante in cuor suo fosse quasi del tutto convinta che solo di quella si sarebbe trattata. La via del guerriero non faceva per lei, Aiden sarebbe stato più adatto di lei…
    «Ascolta il tuo corpo, senti le catene strisciare sulle tue braccia. Va tutto bene, è normale. Rilassale, rilassa i tuoi pugni.»
    Soffiò fra i denti, cercando di concentrarsi, di limitare al minimo quei pensieri intrusivi e di impedirne l’affluenza di altri, ben peggiori. Cercò di scacciare via dalla mente l’immagine del ventaglio distrutto e della croce divelta. Cercò di evitare di sentire nuovamente la voce della madre che le diceva di volerle bene con quel tono assolutista e perentorio. Cercò di evitare il senso di protezione opprimente e di cura febbrile che seguirono a quel ricordo, come se non potesse essere libera di fare qualsiasi cosa senza il permesso della madre per la sola paura di lasciarla da sola.
    Solo per questa volta… Voglio sentirmi… Libera. sospirò e lasciò uscire altra aria dai polmoni, rilassandosi finalmente e percependo nuovamente le catene sulla pelle. Philippe le aveva detto che era tutto normale…
    Oh, come sarebbe bello se questa fosse davvero la normalità… pensò, mentre una lacrima le rigò il viso.
    «Pensa intensamente di lasciarle andare, di sentirle strisciare via da te, fino a che non ne rimarrà nulla.»
    Il cuore perse un battito. Nel profondo non voleva assolutamente lasciare quelle catene, voleva aggrapparvicisi, come se fossero la sua unica ancora di salvezza. Erika non conosceva il mito di Andromeda: era cresciuta nelle terre dei folletti, dei leprecauni e dei druidi, le leggende e i miti greci erano qualcosa di abbastanza lontano e sconosciuto. La ragazza non aveva idea che quelle catene, al tempo del mito, erano servite per condannare a morte certa un’innocente, destinata all’Ade per espirare le colpe di una madre egoista, arrogante e vanitosa. Era paradossale come millenni dopo, si erano trasformate in una sorta di strumento di redenzione per Erika.
    ... Non voglio… singhiozzò silenziosamente nei suoi pensieri. Il senso di colpa c’era ancora ma la voglia di rivalsa e di affermazione di sé era più forte. Tuttavia, dovette, a malincuore, fare come le veniva detto.
    «E non dimenticare di ringraziarle.»
    Erika aprì gli occhi giusto in tempo per vedere la matassa metallica disfarsi e svanire nel nulla, tornando da qualsiasi posto fosse venuta. Le osservò con religioso silenzio, cercando di imprimere nella sua mente le sensazioni e il ricordo di quel momento. Non voleva dimenticare, non voleva soccombere al passato e tornare nel limbo di nulla in cui era vissuta fino a quel momento.
    «Grazie…» esalò leggera, con le labbra che stancamente si piegavano in un tenero sorriso. Nonostante le circostanze estreme e pericolose, si sentiva grata per quell’incontro.
    «La vita da saint non è per tutti e ciò che è avvenuto stasera non è assolutamente un tuo obbligo a perseguirla. Il mio suggerimento è di venire ad allenarti almeno per imparare a controllare il tuo cosmo in modo che non sfugga al tuo controllo. Una volta che saprai controllarlo sarà tua la scelta se continuare sul cammino dei guerrieri o vivere la tua vita come se nulla di tutto questo sia mai successo.»
    Mentre Philippe riprese la parola, Erika era rimasta immobile a fissare il punto in cui le vestigia di Andromeda erano svanite, meditabonda sull’opportunità che le si era appena presentata. Non era certa di riuscire a conquistare l’armatura nonostante il suo forte desiderio, Philippe aveva specificato che sarebbe stata “un’ottima candidata”.
    «Non deve essere facile, immagino…» commentò con fare assente, come se avesse involontariamente espresso un pensiero a voce alta. La sensazione che aveva provato era stata indescrivibile e avrebbe voluto provarla nuovamente ma non vi era alcuna certezza che sarebbe riuscita nel suo intento.
    «Quella sarà una tua scelta e tua soltanto, ma non è adesso il momento di compierla.»
    Erika guardò Philippe con sorpresa. Era la prima volta dopo tanti anni che sentiva una frase del genere venirle rivolta. Una frase simile le era stata detta da suo fratello poco prima di partire per il college, lasciando la famiglia e la sorella in Irlanda.

    «Se vorrai continuare gli studi dopo il liceo, potrai venire con me in Inghilterra, ci sono un sacco di università laggiù, troverai sicuramente quella che fa per te. Se desideri rimanere qui ad occuparti della fattoria, potrai farlo. L’importante, sorellina, è che tu sia conscia che sarà una tua scelta e tua soltanto. Non permettere alla mamma o al papà di decidere per te, non importa se sono scelte ancora troppo lontane e se ci vorranno ancora anni per capire cosa vorrai fare. Ricordatelo sempre, okay?»

    In preda a una sorte di déjà vu Erika annuì mestamente, senza distogliere lo sguardo dall’anziano. Si lasciò aiutare ben volentieri a tornare in camera e pochi istanti dopo aver toccato le lenzuola, Erika si addormentò profondamente.

    ***

    «Riposati e domani o in settimana vieni a cercarmi all’arena se vorrai.»

    Erika aveva ponderato molto bene quella particolare decisione. Aveva fatto passare un paio di giorni, giusto per capire che la sua volontà fosse salda sulla scelta che aveva preso per sé stessa. Ne aveva parlato anche con Cristine, la donna che per anni aveva assistito lei e la madre nella conduzione della fattoria. Non sapeva ancora bene come funzionasse diventare Saint ma le sembrava quasi scontato che avrebbe dovuto salutare per qualche tempo la fattoria e tutto ciò di cui doveva occuparsi all’interno di essa. Cristine, nel sentire le ragioni e nel vedere la determinazione della ragazza, non aveva ostacolato la decisione di Erika di andare a cercare Philippe per saperne di più. Si sarebbe presa cura lei della fattoria e, avesse o meno raggiunto il suo obiettivo, la fattoria sarebbe stata lì ad aspettarla.
    Fu così che due giorni dopo i fatti del mostro dai mille occhi, Erika si addentrò nella zona del Grande Tempio, chiedendo indicazioni per l’arena e chiedendo di Philippe. Non ci volle molto tempo, le persone seppero indicarle la meta e senza troppa difficoltà raggiunse l’anziano.
    «Voglio provarci.» disse secca, cercando direttamente lo sguardo dell’uomo. Non c’erano bisogno di altre parole. Era determinata a compiere la sua scelta… Per Aiden… Per sé stessa.


    hmbt2ep

    narrato • parlatopensatoparlato altrui
    CASTASaint di Athena | Bronze Saint di Andromeda
    FISICAMENTE • Dopo un paio di belle nottate di sonno, super carica!
    MENTALMENTE • Determinata, convinta e felice della sua scelta
    RIASSUNTO AZIONI • Nella prima parte, fondamentalmente segue le indicazioni di Philippe su come gestire la catena. Due giorni dopo lo scontro col mostro, Erika va a cercare Philippe all'arena e gli comunica di voler provare a diventare un saint.

    Abilità 1
    ///


    Abilità 2
    ///


    Tecniche

    oTWdjfk
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Sacro Custode delle P.R.

    Group
    Silver Saint
    Posts
    2,127

    Status
    DEAD

    NOT A GARDENER IN A WAR
    - 6 -


    Trovi Philippe in quello che è una sorta di ripostiglio, pieno di diversi tipi di oggetti da pesi a cronometri da manichini a pettorine. È una stanza bella grande, ma piena di oggetti abbastanza comuni anche per una qualunque palestra ben fornita. Il vecchio sta armeggiando con uno spallaccio di cuoio mentre cerca di rinfoderarlo o di ripararlo visto come è seduto pensieroso con l’ago che scompare fra le sue dita.
    Appena entri alza lo sguardo verso di te, ascolta il tuo “voglio provarci”, ma ritorna a curarsi solo dello spallaccio. Passano diversi secondi prima che ti degni di una spiegazione quasi stizzita del suo comportamento. « Quando ero più giovane c’era un film molto famoso in cui un alieno verde diceva “fare o non fare, non c’è provare”. È vero anche con cosmo. Lo usi o non lo usi, non c’è provare ad usarlo. Non c’è provare a fare il saint, il soldato, il contadino. Lo sei o non lo sei. Il provare, le vie a metà, conducono alla tristezza nel migliore dei casi, ad uccidersi nella maggior parte. » L’ultima sua frase oltre che stizzita suona come rammarico, lo stesso che gli hai visto disegnato nel volto quando si occupava del soldato o della bestia con mille occhi. Chiude la cucitura, ammira l’opera. Compie queste azioni nella calma più totale, in un silenzio apparentemente religioso. Solo dopo aver guardato lo spallaccio da ogni angolo possibile si alza, recupera un’armatura di cuoio completa, incluso lo spallaccio su cui stava lavorando, e te la porge. « Col cosmo non si scherza, mai. Anche il più debole dei soldati potrebbe spaccare una montagna a pugni. Se vuoi davvero imparare, esigo la tua massima concentrazione e serietà in ogni cosa che fai.
    Se sei davvero convinta… iniziamo.»


    divisore%20andromeda



    Passano i giorni, quindi le settimane. Dapprima Philippe ti sottopone a allenamenti fisici atti a preparare il tuo corpo a sopportare il peso del cosmo. Come agricoltrice sei già abituata a sostenere molti sforzi, il che ti da un’ottima base di partenza e accelera il tuo apprendimento. Tra una sessione di corsa, di piegamenti, di sollevamento pesi e un’altra, Philippe ti istruisce a livello teorico sul cosmo. Ti spiega cos’è, come si è generato, come esso permea ogni cosa, come scorre nel corpo del suo utilizzatore tramite il sangue e perché è così pericoloso se maneggiato da uno inesperto.
    Dopo diverse settimane ti introduce al combattimento vero e proprio. Ti insegna come sferrare pugni e calci, come afferrare l’avversario, come trattenerlo, come cadere a terra senza romperti tutte le ossa. Ti fa combattere con altri apprendisti e in questo caso l’armatura di cuoio, che col tempo è andata a irrobustirsi e appesantirsi, diviene un’ottima alleata per parare non solo i colpi, ma anche i rilasci accidentali del cosmo degli altri. Nessuno tenta davvero di colpirti con il cosmo e se questo dovesse malauguratamente succedere i maestri sono pronti ad intervenire. Dopotutto il combattimento è un’arte che coinvolge ogni aspetto della vita, dall’adrenalina pura alla meditazione, il miglior modo per trovare la propria scintilla cosmica.

    divisore%20andromeda



    « Tutto è cosmo, come ti ho detto, e quando lo usiamo stiamo solo andando ad influenzare l’energia cosmica già presente nel resto della realtà. Questo sasso per esempio è formato da atomi, particelle piccolissime legate fra loro da energia che le tengono insieme. Quando un cosmodotato vuole, quell’energia può essere dissipata.» La sua aura brilla appena più forte. Estende la mano mostrandoti che tiene sul palmo un sasso grosso quanto il suo pugno. Come chiude la mano attorno ad esso, il sasso si sgretola con una facilità disarmante lasciando solo sassi molto più piccoli, ghiaia quasi. « Ora tocca a te. Metti insieme tutto quello che hai imparato e prova a rompere quest’altra roccia. » Philippe appoggia un sasso irregolare, grosso più o meno come una noce di cocco, su quello che è un blocco di marmo bello spesso che funge da appoggio, o da mini altare se si volesse essere poetici. Si fa da parte lasciando che tu stessa emuli il suo gesto in qualunque modo tu preferisca, ma usando solo il tuo corpo.
    « Pensa al motivo per cui combatti, per cui sei rimasta ad allenarti. Pensa a tutto quello che hai imparato e concentralo in un singolo colpo deciso.
    Quando avrai fatto, con altrettanta decisione mi dirai la tua scelta su cosa fare da ora in avanti. »



    MASTER'S CORNER

    Iniziamo coi time skip, ti avevo detto che ce ne sarebbero stati no? Bene, training montage alla vecchia maniera che copre diverse settimane, che si conclude con la classica scena dell’apprendista che ha la sua rivalsa sulle rocce del Tempio. Descrivi pure in libertà i vari allenamenti, le lezioni teoriche ( se hai dubbi rifatti alle guide o chiedimi per pm), ma concentrati soprattutto sulle sensazioni del tuo pg, quello che prova nel vedere e sviluppare i propri poteri. Philippe cerca di intessere lezioni abbastanza generali e per il momento evita di entrare nell’argomento armature, trattandoti come un futuro soldato qualunque. Per la fine quindi vediamo di controllare il cosmo (base) come si deve equiparandoti ad una energia gialla.


     
    Top
    .
  12.  
    .
    Avatar

    ROSAH™

    Group
    Bronze Saint
    Posts
    210

    Status
    DEAD
    oTWdjfk
    erica o'shea ● andromeda {III} ● Energia Bianca (?)not a gardener in the war6 • OST

    HvtxTGz


    Erika non si aspettava chissà quale reazione dall’uomo. Lo aveva visto per la prima volta solo qualche giorno prima, non lo conosceva a fondo per avere delle aspettative nei suoi confronti. Tuttavia, l’iniziale indifferenza che le mostrò la lasciò un po’ perplessa. Aveva detto qualcosa di sbagliato?
    «Quando ero più giovane c’era un film molto famoso in cui un alieno verde diceva “fare o non fare, non c’è provare”.»
    Lo sguardo si illuminò nel sentire quella citazione e un’ondata di nostalgia la pervase, facendola sorridere timidamente. Aveva sempre avuto un debole per Yoda - non tanto per i suoi messaggi e le sue citazioni quanto più per il modo buffo di parlare - da quando il fratello maggiore le aveva fatto vedere la prima trilogia di Star Wars. Non si sarebbe mai aspettata di sentirle un’altra volta, men che meno pronunciate da Philippe.
    «È vero anche con cosmo. Lo usi o non lo usi, non c’è provare ad usarlo. Non c’è provare a fare il saint, il soldato, il contadino. Lo sei o non lo sei. Il provare, le vie a metà, conducono alla tristezza nel migliore dei casi, ad uccidersi nella maggior parte.»
    L’espressione grave che si disegnò sul volto di Philippe la preoccupò ed Erika tornò immediatamente a farsi seria. Era ben consapevole che la scelta che le si parava davanti non era una da prendere a cuor leggero, né nella foga del momento. Aveva scoperto di possedere un cosmo, l’aveva utilizzato per proteggersi dal pericolo ma sarebbe mai riuscita a padroneggiarlo senza essere un pericolo per sé stessa e gli altri? Sarebbe mai veramente riuscita a proteggere qualcuno al di fuori di sé stessa con esso? Un’ansia improvvisa la colse e in pochi secondi si ritrovò risucchiata in un turbinio di pensieri negativi e disfattisti. Sarebbe stata in grado di trovare la sua libertà, il suo scopo nella via dei saint?
    La mano di Philippe invase il suo campo visivo, porgendole quella che sembrava in tutto l’armatura di cuoio di cui si stava occupando pochi istanti prima.
    «Col cosmo non si scherza, mai. Anche il più debole dei soldati potrebbe spaccare una montagna a pugni. Se vuoi davvero imparare, esigo la tua massima concentrazione e serietà in ogni cosa che fai. Se sei davvero convinta… iniziamo.»
    Deglutì, tesa per le parole dell’uomo. Sapeva che non c’era da scherzare con quel potere: era qualcosa molto, troppo più grande di lei, di tutti loro, quando aveva involontariamente invocato Andromeda l’aveva percepito chiaramente. Nella foga del momento, nell’eccitazione e nella paura, le emozioni che aveva provato erano state così intense che l’idea di nascondere dentro di sé un simile potere era stato inebriante. Nella sua vita non si era mai sentita così straordinaria, non aveva mai provato un senso di libertà così grande, di infinite possibilità da percorrere nella sua vita… o forse solo una. Non riusciva bene a spiegarselo ma sentiva che in quella scelta, in quel “fare”, c’era qualcosa di grande, più grande di qualsiasi altra cosa.
    Fece un respiro profondo, cercando calmarsi, di riordinare le idee e le sensazioni che stava provando in quel momento. Era un rischio, nonché una grossa responsabilità esercitare quel potere, Philippe era stato molto chiaro ed Erika non aveva alcuna intenzione di prendere la cosa sottogamba né di avere quel potere tutto e solo per sé. Undici anni prima, i Saint li avevano salvati dalla fine imminente e avevano dato loro rifugio, permettendogli di ricominciare a vivere dopo la tragedia. Lei sarebbe diventata una di loro, sentiva il dovere di dar loro un aiuto più grande di quello di coltivare la terra e condividere i frutti del suo lavoro. Sentiva di poterlo, volerlo fare con tutta sé stessa.
    «Si, sono convinta. Voglio farlo.»


    hmbt2ep


    ... Non ce la faccio più, sono distrutta. sbuffò esausta, lasciando uscire l’aria dai polmoni. Si era lasciata cadere sul terreno dell’arena non appena Philippe aveva dichiarato concluso l’allenamento per quella giornata. Prese un paio - forse anche un po’ di più - di respiri profondi, cercando di recuperare il fiato. Erano passate… Due? Tre settimane? Aveva perso il conto dei giorni. Philippe le aveva fatto fare di tutto durante quei primi addestramenti: salti, piegamenti, addominali, pesi, corsa…
    Per quanti minuti mi farà correre domani?! Al solo pensiero già sto male. fece una smorfia, scostandosi i capelli dalla fronte madida di sudore. Erika non era estranea agli sforzi fisici e al duro lavoro: si alzava ogni mattina all’alba per lavorare nel campo, arava, vangava, piantava semi, portava i sacchi di concime e terra dovunque sua madre ne avesse bisogno. Si era sempre considerata discretamente in forma contando tutto ciò che quotidianamente faceva per vivere ma, concentrandosi solo sugli allenamenti fisici, aveva capito che non era abbastanza.
    Presto Erika capì perchè Philippe la sottoponeva a tali esercizi: sebbene non avesse ancora pieno controllo del proprio cosmo, esso non tardò a manifestarsi casualmente durante le settimane successive.
    Durante uno dei tanti allenamenti basati sulla resistenza fisica, i maestri avevano organizzato una piccola gara fra gli addestrandi ed Erika si era ritrovata - suo malgrado, odiava correre con tutta sé stessa - sulla linea di partenza. La sua partenza non era stata delle migliori: non era stata molto reattiva al “via”, ci era mancato poco che inciampasse nei suoi stessi passi, e aveva perso da subito terreno rispetto agli altri, rimanendo piuttosto indietro. Frustrata, Erika strinse i denti e cercò di recuperare terreno. In quel momento avrebbe voluto sotterrarsi per la figura da imbranata che aveva appena fatto.
    Argh! Devo reagire! Ho già fatto la figura dell’incapace di turno, non finirò fra gli ultimi e fare anche quella della perdente! pensò, mordendosi le labbra e cercò di concentrarsi sulle proprie gambe. Aumentare la velocità del proprio passo non sarebbe bastato visto il grande distacco con cui era partita. Le serviva qualcosa di più, qualcosa di… straordinario.
    Voleva dimostrare che tutta la fatica fatta nelle settimane precedenti aveva dato i suoi frutti. Sentiva, in un certo senso, che doveva rendere il suo maestro fiero. Dopotutto, Philippe l’aveva salvata e l’aveva “scoperta”, decidendo in seguito di prenderla sotto la sua ala e aiutarla, addestrarla per inseguire il suo destino. Non voleva in nessun modo deluderlo, né tanto meno deludere sé stesse e tutte le persone per cui stava lottando.
    Accadde qualcosa di imprevisto: udì un forte boato, come se qualcosa avesse rotto un muro d’aria e vide i suoi avversari sparire uno dopo l’altro dietro di sé. Incredula e confusa, tagliò per prima il traguardo, sotto lo sguardo stupito degli altri addestrandi e di chi stava assistendo alla piccola gara. Non appena sentì il ventre infrangere il nastro dell’arrivo, sul viso di Erika si disegnò un’espressione esultante.
    Ce l’ho fatta! Sono arrivata prima! esclamò fra sé e sé mentre, per la felicità, non riuscì a trattenere un grido vittorioso. Volse lo sguardo verso il suo maestro, cercando qualcosa che le dimostrasse orgoglio ma, come al solito, l’espressione dell’uomo era stoica, imperturbabile.
    Chissà se riuscirò mai a vedere un sorriso sul suo volto… pensò ridacchiando appena. Si lasciò andare in un sospiro e si unì al resto degli altri allievi che stavano già progettando un’altra batteria di corsa.
    Più tardi, Philippe le spiegò che era riuscita a vincere proprio perchè grazie all’aiuto del suo cosmo aveva sfiorato la velocità del suono. Erika lo aveva ascoltato incredula, incapace di immaginare una cosa simile accadere proprio a lei per poi ricredersi gli istanti successivi: grazie al cosmo, aveva letteralmente evocato delle catene dal nulla qualche settimana prima, non era poi così astrusa l’ipotesi di poter rompere la barriera del suono.


    hmbt2ep


    Quando se ne accorse fu troppo tardi. Presa completamente nel suo punto cieco, non riuscì ad evitare il gancio destro, che andò a spaccarle il labbro. Barcollò sorpresa, e fece qualche passo indietro, facendo cadere le difese. Non fece nemmeno in tempo a ripigliarsi che un dolore lancinante si irradiò dal suo fianco destro. L’impatto col calcio tirato da Ambra le fece perdere l’equilibrio ed Erika cadde a terra con un tonfo secco, alzando la polvere del terreno arido dell’arena. Philippe intervenne, fermando il combattimento e decretando Ambra vincitrice di quello scontro. Erika rimase per qualche istante a terra, pulendosi il sangue che aveva cominciato a colare dal taglio sulle labbra. ... Come ha fatto?! Ero sicura che non si fosse accorta di…
    «Problemi con il lato destro, O’Shea?» trillò provocatoria Ambra che, nel frattempo, le si era avvicinata, fino a portare le labbra al suo orecchio destro. Sobbalzò, nuovamente sorpresa da quella frase. Quando si era avvicinata?
    Si scostò velocemente e si girò verso di lei, scrutandola cautamente e cercando di capire le intenzioni della ragazza. Era una delle allieve più anziane dell’arena, si diceva che fosse già capace di controllare il suo cosmo e di percepire chiaramente quello altrui. Non sapeva per quale armatura si stesse addestrando ma l’aveva vista chiaramente esercitarsi con delle catene in uno dei tanti pomeriggi di allenamento.
    Stava per risponderle a tono, cercando di tenere testa alla sua provocazione: non la conosceva bene ma non le piaceva il modo in cui si atteggiava, piena di sé e arrogante, perfino coi maestri stessi a volte. Essere una delle allieve che si allenava di più tempo nell’arena, che era nata e cresciuta nel paese di Rodorio ed avere un lontano antenato Saint di Athena non faceva di lei necessariamente la più forte e la più meritevole di essere lì.
    Era sicura di essere stata abbastanza attenta a non mostrare il fatto che era quasi cieca dall’occhio destro, e le rodeva, che fra tutti gli addestrandi, era stata proprio lei ad accorgersi del suo punto debole. Tuttavia, successe qualcosa di inaspettato.
    «Se vuoi posso darti qualche dritta su come fare per evitare questo tipo di situazioni.» le sorrise sempre con la stessa malizia, mentre tornava ad avvicinarsi ad Erika.
    «... Cosa?» rispose incredula a quell’offerta. Come mai voleva aiutarla?
    «Sai, non sei male per una che non ha mai combattuto. E ho sentito dire che sei riuscita ad evocare le catene di Andromeda…»
    Erika era senza parole: non riusciva a capire se avesse veramente intenzione di aiutarla o se la stesse solo prendendo in giro.
    «... Si, le catene sono accorse in mio soccorso in una situazione di pericolo.» rispose neutra, omettendo il fatto che nulla di ciò che era successo era stato intenzionale. A volte trovava strano che Philippe non aveva più nominato Andromeda o le catene da che aveva cominciato ad addestrarla: i loro incontri erano più che altro incentrati su nozioni generiche su cosa fosse il cosmo, come cercare di controllarlo e generiche tecniche di combattimento. Era un po’ preoccupata dall’atteggiamento neutrale del suo maestro, però non poteva neanche aspettarsi di imbracciare catene o spade senza averne mai usate. Inoltre, non voleva esporsi con lei, non sapendo bene quali fossero le sue intenzioni.
    «Beh, decisamente notevole. Sono anni che mi alleno e non ho mai avuto nessuna risonanza con le cloth. Deve essere stato bello, soddisfacente…» continuò la ragazza, in un chiaro tentativo di fare conversazione.
    «D-Davvero?! Non l’avrei mai detto… Ho sentito che sei quella che da più anni si sta addestrando per diventare saint.»
    Ambra rimase in silenzio, scostando appena lo sguardo e sospirando assentemente. Dopo qualche istante, Ambra si rivolse nuovamente a lei, sorridendo mesta.
    «Già, proprio io. Sono così esperta e navigata che non ho ancora mostrato nessuna connessione cosmica con nessuna armatura.» rise amaramente, senza però alcun segno di rancore o invidia nella sua voce. Erika non potè fare a meno di sentirsi un po’ in colpa pensando alla situazione della ragazza: lei aveva manifestato le catene di Andromeda per pura casualità senza aver alcun legame o esperienza con il mondo dei saint.
    «Beh, direi che è inutile stare qui a lamentarsi. Che ne dici di fare un altro incontro? Posso mostrarti qualche trucchetto.» Ambra tornò serena e il sorriso genuino che rivolse a Erika non poté fare a meno di contagiarla.
    ... Forse l’ho giudicata troppo velocemente, sembra una bella persona. pensò e, in tutta risposta, si rimise in posizione di combattimento.
    «Molto volentieri.» le rispose, sorridendole. Sarebbero potute diventare amiche anche se entrambe avessero aspirato alla medesima armatura, no?


    hmbt2ep


    Da quando lei e sua madre erano state portate in salvo, Erika non aveva mai lasciato il piccolo villaggio di Rodorio. Una parte di sé non avrebbe mai voluto lasciarlo, nemmeno per tornare nella sua terra d’origine, l’Irlanda. Più volte si era chiesto cosa ne fosse stato della loro casa, se fosse stata completamente rasa al suolo da quegli strani esseri, se fosse ancora lì, rifugio di sfollati come lei o tana di qualche banda di predoni. Aveva sentito voci sull’esterno, di come il mondo era cambiato dopo quello che al Grande Tempio era conosciuto come “Armageddon” ma non aveva mai visto nulla con i suoi occhi. Si parlava di un mondo crudo e violento, dove l’unica cosa che contava era la propria sopravvivenza. Prima di allora, mai avrebbe pensato di desiderare di vedere lei stessa ciò che succedeva al di fuori del Grande Tempio. Da quando aveva cominciato ad addestrarsi, il desiderio di partire e vedere cosa stesse succedendo nel mondo si era fatto sempre più forte in lei. Una volta che sarebbe riuscita a controllare il proprio cosmo, non sarebbe più stata un bersaglio fragile, avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa vi fosse là fuori.
    Il desiderio di lasciare Rodorio era anche dettato da un altro motivo: Aiden. Non aveva più avuto notizie del fratello maggiore da che si erano imbarcati sull’aereo per raggiungere la città di Venezia, luogo di partenza della crociera organizzata da suo padre per la vacanza in famiglia tanto agognata da anni. Era sparito nel nulla e non era mai riuscita a contattarlo o ad avere notizie di lui. Il vecchio telefono cellulare che le aveva donato poco prima di partire per Londra era inutilizzabile: internet e la rete telefonica erano fuori uso da anni ormai.
    Spesso Erika si era chiesta se, fra gli aspiranti cavalieri, vi fosse qualcuno che, come lei, avesse il desiderio di diventare saint per riuscire a ritrovare gli affetti perduti nella tragedia. Spesso e volentieri, aveva sentito esprimere dagli altri allievi il desiderio di diventare i paladini di Athena solo ed esclusivamente per proteggere i deboli, liberare il mondo dal male che era stato soprannominato “Corruzione” e restituire libertà e serenità agli uomini.
    Aveva letto negli occhi di molti allievi quella volontà, quel desiderio di diventare campioni, eroi dell’umanità, lo aveva percepito nelle loro forze cosmiche quando, durante le sessioni di lotta, le loro energie si erano manifestate inconsciamente. Si ricordava in particolare di una ragazzina dai capelli corvini e dagli occhi azzurri che lottava con una foga fuori dal comune. Si era scontrata con lei in uno dei tanti allenamenti e non c’era mai stata storia nei loro scontri: sembrava essere nata per lottare, a differenza di Erika, che di pugni e calci, prima di quell’esperienza, non ne aveva mai tirati. Ciò che invidiava in lei, in tutti gli altri addestrandi, tuttavia, non era la tecnica di combattimento. Era la decisione e lo scopo per cui stava affrontando quell’addestramento: diventare un eroe.
    Si sentiva come se le mancasse qualcosa, come se stesse percorrendo quel percorso con l’intenzione sbagliata. Sarebbe mai riuscita a trovare la forza di difendere le persone indifese? Di dimostrare di avere la stoffa giusta per indossare una sacra armatura di Athena?
    Prima di allora non aveva mai pensato all’aspetto eroico di tutta quella situazione. Chi l’aveva salvata non la conosceva, eppure aveva messo a repentaglio la propria incolumità per aiutare lei e sua madre. Lei stava diventando Saint per sé stessa, per la sua famiglia, per Aiden… Sentiva, a volte di essere lì per le motivazioni sbagliate e sentiva che non era abbastanza.
    ... Riuscirò mai ad aiutare qualcuno al di fuori di me stessa e di mio fratello? si era chiesta, malinconica, una sera, mentre rigirava il vecchio cellulare fra le mani.


    hmbt2ep


    «Tutto è cosmo, come ti ho detto, e quando lo usiamo stiamo solo andando ad influenzare l’energia cosmica già presente nel resto della realtà.»
    Erika annuì concentrata mentre ascoltava l’ennesimo discorso di Philippe. Non importava quante volte l’uomo avesse pronunciato quelle cose, per Erika era sempre interessante e piacevole risentirle. Tutto ciò riguardava il cosmo, il suo utilizzo, le stelle da cui esso attingeva la propria forza e i suoi misteri l’affascinavano. Era assurdo come i saint potessero fare tutto ciò, era qualcosa di davvero straordinario e ancora non credeva di avere la predisposizione di fare lo stesso. L’energia del cosmo permeava l’universo intero, dal più piccolo granello di sabbia al buco nero più grande e denso.
    Le parole di Philippe le riportavano alla mente la poesia preferita di suo padre:
    Vedere un mondo in un granello di sabbia, tenere l’infinito nel cavo di una mano e l’Eternità in un’ora. recitò mentalmente, abbassando appena lo sguardo e concentrandosi. Era sempre stato un grande appassionato delle arti, nonostante il suo lavoro gli lasciasse ben poco spazio per coltivarle. Erika era sempre rimasta affascinata da quei versi, li aveva sentiti molte volte recitare dal padre, insieme a tanti altri, poco prima di dargli la buonanotte. Era curioso come, fra tutte quelle che aveva sentito, gli fosse rimasta impressa proprio quella e come in quel momento fosse così calzante per la piega che aveva preso la sua vita.
    «Questo sasso per esempio è formato da atomi, particelle piccolissime legate fra loro da energia che le tengono insieme. Quando un cosmodotato vuole, quell’energia può essere dissipata.»
    Riaprì gli occhi e osservò il sasso indicatole da Philippe. Cerco di visualizzare le parole del suo maestro: esistevano forze di attrazione grandi abbastanza da convincere gli uomini che la materia fosse soldi, tanto da impedire a due corpi di trapassarsi a vicenda nel momento nel momento dello sfioramento, e lei poteva maniporlarle grazie al potere del cosmo. Mai come prima di quel momento si era resa conto delle infinite possibilità racchiuse nel cosmo, il suo cosmo. Quello che l’aveva sostenuta durante gli estenuanti allenamenti fisici, lo stesso che le aveva permesso di sfiorare la velocità del suono, ciò che l’aveva salvata da morte certa.
    Sussultò quando Philippe disintegrò il masso, stringendolo appena nel palmo della mano. Aveva percepito chiaramente la potenza del cosmo dell’uomo in quel piccolo gesto. Sospirò profondamente, cercando di imprimere nella sua mente quell’immagine, di analizzare ogni percezione energetica che era riuscita a captare. Era ben diversa dall’energia che aveva percepito dagli altri addestrandi, quando veniva rilasciata spontaneamente e senza alcun controllo nelle lotte. Era come l’acqua che scorreva impetuosa ed ordinata sul letto di un fiume. Un flusso di energia che poteva essere imbrigliata e manipolata a piacimento di chi avesse la forza e la volontà di controllarla.
    Un soffio di vento che preannunciava tempesta, la tensione elettrica che ineluttabilmente si scaricava dal cielo sulla terra. Il calore del fuoco, capace di sciogliere qualsiasi cosa con la sua potenza distruttiva.
    «Ora tocca a te. Metti insieme tutto quello che hai imparato e prova a rompere quest’altra roccia.»
    Osservò in religioso silenzio l’uomo posizionare la roccia su quell’improvvisato altarino di pietra. Si avvicinò dopo che lui le lasciò posto ma si fermò quando sentì ciò che seguì al suo invito.
    «Pensa al motivo per cui combatti, per cui sei rimasta ad allenarti. Pensa a tutto quello che hai imparato e concentralo in un singolo colpo deciso. Quando avrai fatto, con altrettanta decisione mi dirai la tua scelta su cosa fare da ora in avanti.»
    Erika sgranò gli occhi, sorpresa da quel pensiero. Improvvisamente sentì qualcosa dentro di sé vacillare, come se la tensione e il peso di quella richiesta si fosse materializzata tutto d’un tratto.
    Il motivo per cui combatto… ripetè, mordendosi le labbra e tornando ad osservare il sasso davanti a sé.
    Aveva intrapreso il suo cammino da saint per sentirsi libera, per proteggere ciò che rimaneva della sua famiglia. Sentiva, sapeva che Aiden era vivo, là fuori, oltre le mura del Grande Tempio. Voleva, doveva ritrovarlo a qualsiasi costo ma per molto tempo aveva dubitato di questa sua convinzione. Era successo la prima volta che aveva avuto modo di parlare con gli altri addestrandi, aveva ascoltato le loro parole e i loro desideri, tutti così diversi eppure tutti così devoti alla causa della giustizia e della protezione del genere umano. Paladini di un mondo ormai in rovina, supportati dal desiderio dell’umanità di continuare ad andare avanti, di riprendersi ciò che era loro di diritto, di avere giustizia contro l’oscurità che aveva inghiottito senza alcuna pietà la loro vita.
    Aveva riflettuto molto su quel desiderio di libertà che l’aveva motivata nelle settimane precedenti. Era sempre stata insicura riguardo le sue motivazioni: non voleva diventare un eroe, non voleva portare onore alla sua famiglia nè non voleva seguire le orme di nessuno come le aveva confidato Ambra, non desiderava vendetta contro le forze maligne che avevano distrutto tutto… Era solo una delle tante vittime della tragedia che cercava riscatto, che cercava di fare qualcosa di buono con tutto ciò che aveva. Voleva essere libera e voleva ritrovare la sua famiglia, voleva che quella ingiusta separazione finisse, una volta per tutte. Non lo voleva solo per sé stessa, lo voleva per chiunque altro si era ritrovato improvvisamente da solo nell’oscurità della notte infinita che era piombata sulla Terra. Voleva aiutare a porre fine a tutta quella sofferenza.
    Senza rendersene conto, immersa profondamente nei suoi pensieri, si era portata vicino all’altare di pietra e si era inginocchiata di fronte ad esso. Aveva alzato le mani, portandole sopra la pietra senza però toccarla. La fissò intensamente per qualche istante prima di chiudere gli occhi e visualizzare con gli occhi della mente l’energia cosmica proveniente da quelle stesse stelle che l’avevano salvata da morte certa quella fatidica notte. Sentì il cosmo fluire in lei, attraversarla come una scarica elettrica. Lasciò cadere i palmi e trattenne il respiro, finchè non toccarono la superficie ruvida. Sentiva il cosmo che si stava concentrando dentro di lei, cercò di trattenerlo ancora per qualche istante prima di provare a rilasciarlo. Lo sentiva pulsare impaziente sotto i suoi polpastrelli.
    Fece appena pressione sulla roccia e rimase in attesa di vedere cosa sarebbe successo. Sussultò felice quando sentì la pietra sgretolarsi sotto la sua pelle ed, entusiasta si voltò verso Philippe con un sorriso ampio e genuino stampato sulle labbra. Espresse finalmente a parole i pensieri che l’avevano portata a evocare il suo cosmo, le pronunciò Philippe senza alcuna esitazione.
    «Voglio combattere e aiutare a liberare l’umanità dalla Corruzione. Voglio poter vedere amici, famigliari e amanti, troppo a lungo divisi, riunirsi di nuovo. Voglio ridare libertà e giustizia agli uomini, permettergli di camminare nuovamente liberi e senza paure sulla Terra. Non voglio più vedere nessuno soffrire come ho sofferto io, o Aiden o mia madre. Voglio fare qualcosa di concreto per aiutare a salvare tutti quanti.»


    hmbt2ep


    narrato • parlatopensatoparlato altrui
    CASTA • Saint di Athena | In addestramento per la Bronze Cloth di Andromeda
    FISICAMENTE
    MENTALMENTE • Concentrata
    RIASSUNTO AZIONI • a parte i lallaleri vari e gli aneddoti sulle prime settimane (forse qualche mese?) di addestramento, si concentra sulle parole di philippe e cerca di visualizzare il proprio cosmo. Si avvicina al sasso e vi posa entrambe le mani sopra e cerca di distruggerlo con la forza del cosmo.

    Abilità 1
    ///


    Abilità 2
    ///


    Tecniche

    oTWdjfk


    CITAZIONE
    è stato un parto help Spero vada bene! Non penso di aver mai scritto così tanto per un post di add ahahaha
    La fugace apparizione di Mat (cutie pie lei) è stata concordata con eden tramite mp!
    Per la PNG Ambra, ho pensato di farla lontana discendente di un saint di Atena. Per evitare disguidi, non ho specificato in che periodo l'antenato ha servito Athena, né la sua cloth. L'ho pensato come un Tizio qualunque che è diventato saint senza fare chissà quali imprese.


    Edited by cloudjumper89 - 4/3/2024, 22:06
     
    Top
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Sacro Custode delle P.R.

    Group
    Silver Saint
    Posts
    2,127

    Status
    DEAD

    NOT A GARDENER IN A WAR
    - 7 -


    Senti di sfuggita delle voci.
    « E’ molto promettente. Non voglio perderla come gli altri. »
    « Mi dispiace per quanto è successo, ma non è colpa tua... »
    « Avrei dovuto addestrarli meglio. Fargli capire la serietà della cosa e evitare che giocassero a fare gli eroi. »
    Un sospiro. Silenzio.
    « Va bene. Lo farò. »

    divisore%20andromeda


    Ambra leggermente ti invidia. Perché lei che si allena da così tanto non si è legata a nessuno e tu hai subito avuto il benestare di Andromeda? Non capisce, non lo fa nessuno, ma non te ne fa una colpa anche perché alla fine non è nemmeno detto che tu possa arrivare a divenire il saint di Andromeda. Il tuo vestirne le catene potrebbe essere stato solo un evento casuale. Un allinearsi di stelle e pianeti irripetibile. D'altronde, ti spiega anche Philippe, l’allinearsi non è una cosa definitiva, può cambiare nel corso del tempo. Ti fa l’esempio proprio del precedente possessore di Andromeda che è asceso al ruolo di cavaliere d’oro del Leone e Eforos del Grande Tempio prima di sparire nel nulla.

    Philippe e Ambra ti aiutano nel proseguire il tuo apprendistato insegnandoti come funzionano un po’ tutte le armi, giusto per essere pronti eventualmente ad affrontare qualsiasi avversario, armato o meno che sia. Trovi però maggiore affinità con le catene. Sono forse tra le armi più difficili da maneggiare e guidare, ma ti ci senti portata. Ti viene mostrata quella o l’altra mossa, sei invita a combattere con Ambra, a volte con Philippe stesso per dimostrare di aver capito come lanciarle, come strappare le armi di mano al nemico, come bloccare il suo corpo senza rimanerne impigliata a tua volta, come liberarlo poi. Usandole in allenamento inizi anche a sentire affinità per il vento che generi e l’elettricità che ne consegue. Ci vuole tempo, ma riesci gradualmente a generare folate anche senza le catene avvicinandoti sempre di più ai maestri elementali di vento e fulmine senza mai davvero e eguagliare del tutto i loro poteri. Gli allenamenti però diventano ancora più pesanti di prima come se Philippe stesse spremendo ogni energia del tuo corpo.
    « Philippe ci tiene a te. » Ti spiega Ambra cercando di giustificare la severità dell’uomo. « Ha perso diversi apprendisti nei suoi anni come insegnante. Gli ultimi gli sono stati portati via dalla guerra assieme alla sua gamba. Credo si senta in colpa per quanto è successo. Non vuole che la storia si ripeta. D'altronde non ti ha ancora mai portato fuori dalle mura, vero? »

    divisore%20andromeda


    Passano altre settimane, giorni che si ripetono quasi uguali, volta dopo volta. Un giorno però le cose cambiano. Trovi Philippe ad aspettarti accanto ad un manichino armato di un’armatura più spessa del solito con delle catene ordinatamente arrotolate su di esso. Non è da solo, ma è affiancato dallo stesso ragazzo che era al suo fianco nel vostro primissimo incontro. L’unica grande differenza che noti, ammesso tu riesca a notarla, è la profondissima cicatrice al braccio sinistro, una che sembra quasi segnare l’interezza dell’arto. « Per oggi ti batterai con lui. » Solo allora il ragazzo si muove facendoti un leggero cenno di saluto con la testa. « Korin cavaliere di bronzo della corona boreale. » Si presenta quindi ti da le spalle salendo nella metaforica arena di combattimento che Philippe ha delineato per voi. « Gli ho chiesto di mostrarti come combatte un vero cavaliere di Atena, quello che aspiri a diventare. Dai fondo a tutto ciò che hai imparato perché Korin non si tratterrà. »


    MASTER'S CORNER

    Nuovo time skip che ti eleva temporaneamente a energia verde e sblocca le tue abilità e tecniche. Per questo post Philippe ti consegna un’armatura che possiamo far equivalere al grado II e delle catene che noti essere diverse da quelle di allenamento, ma stranamente familiari. Entriamo quindi nel vivo dell’azione e di quello che viene definito il fight test. Da ora entrano in vigore tutte le regole del combattimento che ti invito a leggere per un ripasso. Il tuo avversario è il mio PG, a te la prima mossa.

    EDIT: mi son dimenticato di segnare che Korin si presenta con un'armatura presa in prestito, una grado II simile a quella data a Erika.




    Edited by Guardian of the Sea - 6/3/2024, 14:04
     
    Top
    .
  14.  
    .
    Avatar

    ROSAH™

    Group
    Bronze Saint
    Posts
    210

    Status
    DEAD
    oTWdjfk
    erica o'shea ● andromeda {III} ● energia biancanot a gardener in the war7 • OST

    HvtxTGz


    Il sole tramontava all’orizzonte dietro le nuvole sparse che costellavano il cielo diurno. I suoi raggi le illuminavano, la loro luce veniva riflessa dalle minuscole gocce d’acqua che le formavano, colorando la volta di un caldo e gentile color arancione. Erika osservava i colori dal pavimento dell’arena, ancora una volta col fiatone. Aveva sempre amato ammirare le tinte rosate del crepuscolo, le ricordava i momenti felici passati nei campi fino a sera insieme per aiutare la sua famiglia, quando ancora guerra e disperazione erano lontane e gli O’Shea erano tutti insieme, una semplice famiglia di agricoltori dediti a portare avanti la loro piccola farmhouse poco fuori Galway. Si era lasciata cadere a terra in un sospiro liberatorio come era solita fare dopo che Philippe aveva decretato la fine degli allenamenti per quella giornata, stanca e grondante di sudore. Non si era mai abituata al clima caldo della Grecia, lei abituata alle umide e uggiose colline delle lande irlandesi mal sopportava il calore del sole mediterraneo tant’è che non era stata risparmiata da scottature per la lunga esposizione sotto i raggi.
    Socchiuse gli occhi, concentrandosi sul proprio respiro, cercando di regolarizzarlo. Prese qualche respiro profondo, cercando di sentire l’aria che le riempiva i polmoni. Lo trovava incredibilmente rilassante, specie dopo una sessione di allenamento intesa come quella.
    «Mi dispiace per quanto è successo, ma non è colpa tua…»
    «Avrei dovuto addestrarli meglio. Fargli capire la serietà della cosa e evitare che giocassero a fare gli eroi.»
    Sentì la voce di Philippe e si bloccò, trattenendo il respiro, concentrandosi poi sulla voce sconosciuta. Di chi stava parlando ma soprattutto con chi?
    Calò nuovamente il silenzio. Non ne seguì tuttavia la calma che aveva regnato fino a qualche istante prima, la tensione ancora palpabile nell’aria.
    «Va bene. Lo farò.»
    Incuriosita dalla conversazione, Erika si alzò mettendosi seduta per vedere con chi Philippe stesse parlando. Quando finalmente posò lo sguardo sul suo maestro però lo vide solo, intento a sistemare le attrezzature usate in allenamento con lo sguardo vagamente corrucciato.
    Eh? Eppure mi era sembrato di sentirlo parlare con qualcuno…


    oTWdjfk


    Usare le catene in un combattimento era stato stranamente naturale.
    Vederle roteare sinuose intorno a sé e circondarla con i loro anelli metallici aveva un che di elegante e ipnotico: più volte nell’adoperarle e guidarle verso il proprio bersaglio, Erika si era sentita come quelle ginnaste che si esibivano sulla pedana con il nastro. Le sentiva familiari, leggere - quello anche grazie agli ulteriori allenamenti fisici che Philippe aveva preparato per lei - e affini, come se non avesse mai pensato ad un'arma più adatta al combattimento per lei - cosa molto bizzarra visto che mai e poi mai aveva pensato che delle catene potessero essere impiegate come mezzo offensivo in una lotta.
    Quella sensazione leggerezza e grazia, tuttavia, era durata poco, molto poco: nel tirare verso di sé una delle catene dopo averla lanciata contro un bersaglio, ci aveva messo un po’ troppa enfasi nel movimento e la catena gli era arrivata direttamente in faccia, lasciandogli un bel livido violaceo sulla guancia destra. Ambra stava per scoppiare a ridere per la figuraccia fatta dalla compagna di allenamento ma si era trattenuta in presenza Philippe, del resto era una delle allieve più anziane non poteva mostrare un tale gesto di immaturità.
    Dopo essersi messa del ghiaccio sul viso, Erika non aveva avuto il coraggio di guardare Philippe in faccia, imbarazzata per l’enorme gaffe appena fatta. E se avesse pensato che prendesse tutta quella storia troppo leggermente? Se avesse pensato che, dopo che le catene fossero accorse in suo aiuto ed aver utilizzato il cosmo in maniera controllata, pensasse di aver già l’armatura di Andromeda addosso? Erika si sarebbe odiata profondamente se stesse dando quell’idea. Non ci voleva nemmeno pensare né tantomeno sapere se quella non fosse solo una sua irrazionale paura. Dopo quel piccolo incidente, mise ancora più impegno negli allenamenti che diventavano sempre più pesanti e faticosi.
    Nonostante la fatica, allenarsi con Ambra era facile: le due ragazze si trovavano bene a lavorare insieme e grazie ai suoi suggerimenti e alle loro sessioni di lotta, Erika era riuscita ad acquisire una maggiore sicurezza nelle proprie doti di combattente. Sicurezza che, di fronte alle prove di combattimento con Philippe, si dissolveva come neve al sole: l’ansia e l’incertezza prendevano il sopravvento quando si trovata il suo maestro come avversario, tutto ciò che aveva appreso e consolidato con Ambra non le riusciva e, se le riusciva, succedeva dopo che il maestro le dava la possibilità di ripetere l’esercizio o nel successivo test. Voleva dimostrare a Philippe che tutti gli sforzi che stava impiegando nell’addestrarla avevano un senso, che non prendeva nulla di tutta quella situazione sottogamba - questo specie dopo che aveva inavvertitamente sentito le sue parole nell’arena - e che sarebbe stata un valido elemento al servizio di Athena.
    Voleva che fosse orgoglioso di lei, voleva poter raggiungere il suo obiettivo e condividere quel traguardo con lui. Gli doveva così tanto e non recargli una delusione era il minimo che potesse fare per lui. Dopo tutto quello che aveva passato, ormai la ragazza si era affezionata a lui.
    «Philippe ci tiene a te.» Aveva esordito la compagna di allenamento, durante una pausa fra un combattimento e l’altro. Erika, che stava sorseggiando dell’acqua da una borraccia, volse lo sguardo su di lei, curiosa.
    «Ha perso diversi apprendisti nei suoi anni come insegnante. Gli ultimi gli sono stati portati via dalla guerra assieme alla sua gamba.» continuò Ambra, sedendosi accanto a lei e prendendo a sua volta una borraccia. Erika si fece pensierosa: le parole udite di sbieco qualche settimana prima acquisivano un po’ più di senso dopo le affermazioni di Ambra.
    «Credo si senta in colpa per quanto è successo.» Lo stomaco di Erika si strinse a quelle parole.
    «Come potrebbe essere colpa sua? Capisco che si sentisse responsabile per loro però…» si interruppe persa nel flusso di ricordi che l’aveva investita all’improvviso e nelle sensazioni che essi le davano.
    ... Non avrebbe potuto fare di più per loro.
    Erika poteva comprendere il senso di responsabilità provato da Philippe nei confronti dei suoi allievi, era logico visto il suo ruolo, ma l’uomo non poteva incolparsi per l’inevitabile fine degli addestrandi. L’impotenza che Erika aveva provato di fronte alla morte dei genitori e alla scomparsa di Aiden era stata tanta, frustrante e debilitante, ma era arrivata a capire, ad un certo punto, che non poteva in alcun modo cambiare ciò che il Destino aveva scritto per ognuno di loro. Era una forza più forte di qualsiasi altra e come avrebbe mai potuto lei, che allora aveva appena 12 anni, combattere contro di essa?
    Era sicura che i Saint avevano un potenziale tale da riuscire a piegare il Fato, l’aveva sperimentato sulla sua pelle quando erano riuscita a sottrarla dalle grinfie della Corruzione salvandola da morte certa, ma non credeva fosse sempre scontato che riuscissero nel loro intento. Del resto, erano solo umani del resto, non divinità, entità perfette e potenti con l’effettivo potere di piegare il Destino altrui a loro gradimento.
    Sospirò rassegnata, osservando l’orizzonte in un silenzio che pesava di scoraggiamento. Se Philippe, colui che la stava addestrando, non era riuscito a salvare i suoi precedenti allievi, come avrebbe potuto lei salvare suo fratello? Non era nessuno e non era del tutto sicura che sarebbe riuscita a diventare così forte da affrontare l’inevitabile.
    «... Sono sicura che ha fatto tutto il possibile per salvarli.» rispose soltanto, tenendo per sé i suoi dubbi e le sue preoccupazioni. E lo farò anch’io. Farò del mio meglio per aiutare.
    «Non vuole che la storia si ripeta. D'altronde, non ti ha ancora mai portato fuori dalle mura, vero?»
    Erika si voltò verso la compagna con uno sguardo interrogativo. Non vi era malizia nelle sue parole né le aveva pronunciate con tono provocatorio, non che ve ne fossero state da che Erika era riuscita a controllare il suo cosmo. Erika continuava a stupirsi dell’atteggiamento compagna di addestramento: mai una volta le aveva rinfacciato i suoi progressi, né aveva dimostrato di provare rancore nei suoi confronto per il fatto che Erika aveva dimostrato una particolare predisposizione per la cloth di Andromeda.
    Non deve essere facile. Al posto suo, starei impazzendo per il nervoso e per la frustrazione. pensò, provando un lancinante senso di colpa mentre i loro occhi si incontravano. Non riusciva a spiegarsi come potesse essere affine all’armatura, era stata una cosa del tutto inaspettata pure per lei. Non dava per scontato che Ambra non provasse nessuno di quei sentimenti nel profondo, era più che naturale e umano sentirsi inadeguata, specie di fronte a una situazione del genere. Non poteva saperlo con certezza ma, nonostante quel dubbio, Erika era grata per il supporto che Ambra le stava dando.
    Non solo aiutava Philippe ad addestrarla alle armi durante gli allenamenti, finiti quelli erano solite passare il loro tempo libero assieme parlando casualmente della loro vita e dei loro sogni. Conosceva la motivazione che spingeva Ambra ad addestrarsi e diventare Saint: rendere orgogliosa la famiglia servendo Athena come Saint e rispettare la memoria dell’antenato morto in nome della Giustizia. Aveva percepito tutto il peso delle aspettative che l’amica portava sulle spalle, sebbene Ambra cercasse in tutti i modi di nasconderlo. Voleva poterla aiutare in qualche modo ma come poteva? Lei stava riuscendo dove l’amica non stava vedendo risultati da molto, troppo tempo. E se l’avesse presa male? Se avesse preso quel suo gesto di amicizia come pietà, come uno sfoggio dei suoi successi a discapito suo? Erika odiava la sua indecisione - dettata da mille paranoie e dubbi - nei confronti di Ambra, odiava essere in balia del presente e seguire il suo flusso senza agire, senza prendere posizione. Sentiva però che aspettare era l’unica cosa che potesse fare, aspettare e valutare bene cosa fare, come agire. La fretta, come diceva sempre sua madre, fa gattini ciechi.
    «Per quanto vorrei, so di non essere ancora pronta. Mi fido del giudizio di Philippe e, finchè non mi riterrà all’altezza, non farò nulla di avventato.» rispose, cercando di mascherare i dubbi che l’ultima frase della ragazza le avevano fatto affiorare.
    ... Sarò mai pronta? si morse le labbra, nervosa. Quella domanda le attanagliava l’animo da che il suo maestro l’aveva presa con sé per addestrarla.


    oTWdjfk


    I giorni passavano e gli allenamenti diventavano via via sempre più sopportabili a livello fisico per Erika. Oltre a quello, la ragazza aveva cominciato a sviluppare una discreta abilità nel combattimento con le catene e, con esso, anche quelle del suo cosmo. In un duello contro Ambra, mentre cercava di difendersi da un attacco diretto con la catena alla spalla destra, Erika era riuscita in qualche modo a creare una sorta di vento elettrico intorno al suo corpo che aveva attutito il colpo, non avendo avuto il tempo per evitarlo del tutto. Era la prima volta che impiegava le raffiche di vento elettrico cosmiche in maniera volontaria, per di più per difendersi da un attacco. Aveva scoperto di essere in grado di fare una cosa simile tempo prima e da allora aveva sempre usato quelle raffiche per attaccare, più o meno consciamente, generando delle raffiche di vento elettrico per colpire bersaglio o superfici, la maggior parte delle volte con l’ausilio delle catene.
    «Wow! Bella mossa! Sei stata tu o è successo e basta?» disse scherzosamente Ambra, punzecchiandola come era solita fare.
    «Non riesci proprio a farmi un complimento senza prendermi in giro, eh?» ribattè Erika, a sua volta ridacchiando, per poi disattivare la bolla difensiva che aveva creato pochi istanti prima nel punto dove era stata attaccata.
    «Tu che dici?» la incalzò Erika, con un ghigno scherzoso e provocatorio indirizzato alla compagna.
    «Dico che è una buona tecnica di difesa, ma si può sempre migliorare…» continuò la ragazza, facendosi immediatamente seria e pensierosa. «Potresti estenderla su tutto il tuo corpo. Così facevo potresti attutire i danni dei potenziali attacchi che ti infliggono.»
    Erika annuì, riflettendo sulle parole dell’amica. Non era affatto male come idea.
    «Ci posso provare. Mi aiuterai?»
    «Ovviamente, fiorellina» la prese in giro e cominciò a correre lontano dalla ragazza. Sapeva benissimo che odiava i soprannomi.
    «Smettila di chiamarmi così!» Erika si imbronciò e prese a rincorrerla per tutta l’arena, meditando la giusta vendetta dopo che l’avrebbe acchiappata.


    oTWdjfk


    Quella mattina c’era qualcosa di diverso nell’arena. O meglio, qualcuno.
    Aveva già notato da lontano che Philippe non era solo quella mattina e la cosa non era del tutto così strana. Ambra si presentava sempre molto presto nell’arena ed era solita fare due chiacchiere con l’uomo prima di cominciare l’allenamento ma la figura che scorgeva in lontananza di certo non era quella della compagna di addestramento. Essendo troppo lontana per capire chi fosse, Erika non indugiò e si presentò di fronte al maestro e allo sconosciuto. Non lo riconobbe subito, del resto non aveva indosso la sua armatura, diversamente la prima volta che l’aveva visto, seppur di sfuggita, di fronte a casa sua mentre cercava di salvare lo sconosciuto ferito. Ebbe un brivido quando notò la lunga cicatrice che gli attraversava il braccio.
    «Per oggi ti batterai con lui.» Le parole di Philippe la riportarono al presente, facendole notare solo allora l’armatura sul manichino, completa di catene.
    «C-Cosa? Sul serio?!» esclamò, sgranando gli occhi, tornando a guardare il ragazzo visibilmente confusa.
    Vuole davvero che combatta contro di lui?! Ma io non…
    Il ragazzo, di fronte al suo sbigottimento, la salutò gentilmente con un cenno della testa e si presentò.
    «Korin cavaliere di bronzo della corona boreale.»
    Nel sentire la sua voce, Erika cercò di ricomporsi e darsi un contegno. Che figura da maleducata stava facendo? Per di più di fronte a un Saint!
    «P-Piacere! M-mi chiamo E-Erika!» balbettò, imitandolo con un impaccio non indifferente nel salutarlo. Finiti i convenevoli, il ragazzo si diresse verso quella l’arena di combattimento allestita da Philippe mentre Erika indossò l’armatura del manichino.
    «Gli ho chiesto di mostrarti come combatte un vero cavaliere di Atena, quello che aspiri a diventare. Dai fondo a tutto ciò che hai imparato perché Korin non si tratterrà.»
    Nel sentire quelle parole, Erika - se possibile - divenne ancora più nervosa e tesa di prima. Nel panico più totale però, inaspettatamente, qualcosa la rassicurò: sentì una strana sensazione di familiarità, come se sentisse quelle armi molto più affini del solito.
    Una volta che ebbe finito di vestire l’armatura, seguì Korin nell’arena e si posizionò di fronte a lui.
    «T-ti ringrazio per l’opportunità! C-ce la metterò tutta.» ringraziò Korin, impacciata come prima. Lo studiò per qualche istante: erano più o meno alti uguali e, sebbene a un primo sguardo non sembrava tanto più grosso di lei, non ci mise poco a notare i muscoli ben allenati e snelli che ricoprivano le membra. Indugiò qualche secondo, indecisa su come affrontarlo: attaccarlo le sembrava troppo azzardato essendo Korin palesemente molto più allenato ed esperto di lei nel combattimento e nell’uso del cosmo. Sarebbe stato più saggio mettersi sulla difensiva, magari provare ad usare il vento elettrico per difendersi come aveva fatto contro Ambra o, se avesse voluto essere più audace, cercare di bloccare almeno un braccio con l’uso della catena. Il ragazzo, da parte sua, non aveva dato segno di voler attaccare per primo.
    Uhm, com’è che dice sempre Ambra… ? La miglior difesa è l’attacco. Le aveva ripetuto fino alla morte quella frase, visto il suo iniziale atteggiamento poco aggressivo durante i combattimenti.
    Devo smetterla di pensare! In un combattimento normale sarei già morta probabilmente… si diede mentalmente della stupida e assunse un atteggiamento più deciso, cacciando tutte le sue insicurezze e i suoi dubbi in un angolino della sua mente.
    No mente. disse fra sé e sé, ricordando una buffa scena di un film che suo fratello le aveva fatto vedere una volta, molto tempo fa. Parlava di un uomo che finiva per addestrarsi nell’arte della spada giapponese, un’arma e uno stile di combattimento molto diverso da quello che era avvezzo a impiegare nelle battaglie. Erika si sentiva molto vicina a quel personaggio di fantasia da che aveva cominciato ad addestrarsi per diventare un Saint.
    Decise di agire, senza pensare più alle possibilità e alle strategie, per quelle sarebbe venuto il tempo giusto. Con la mano destra afferrò la catena d’attacco che pendeva dal bracciale dell’armatura e la strinse. Sentiva un energia particolare provenire da essa, una vibrazione pungente, molto simile a quella che percepiva provenire dalle emanazioni cosmiche che aveva utilizzato in passato in allenamento.
    Fece uno scatto in avanti, diminuendo la distanza fra lei e Korin ma tenendosi abbastanza fuori dalla zona di mischia, e lanciò la catena. Mentalmente le ordinò di partire all’attacco: la catena avrebbe mirato al polso destro dell’avversario con l’intenzione di portare a segno un’offensiva che non mirava a ferire ma a farlo sbilanciare indietro.

    hmbt2ep

    narrato • parlatopensatoparlato altrui
    CASTA • Saint di Athena | In addestramento per il Bronze Cloth di Andromeda
    FISICAMENTE • Normale
    MENTALMENTEPanico-Pa-Panico-Pa-Panico-Pa-PUNOIH
    RIASSUNTO AZIONI • Per la parte di fight: Scatta leggermente in avanti e prova ad attaccare con la catena utilizzando Thunder Wave, cercando di puntare al polso destro di Korin. Non punta a ferirlo ma a sbilanciarlo.

    Nebula Chain
    (Abilità doppia) Fin dai tempi del mito la Catena di Andromeda è sempre stata lodata come una delle armi più formidabili a disposizione delle armature dei Santi di Atena. Si presentano come due lunghe file di anelli metallici, culminate una con un piccolo triangolo, rendendola l'arma offensiva (agganciata al bracciale destro), mentre l'altra con una piccola sfera, identificandola come difensiva (agganciata al bracciale sinistro).
    Le catene sono in grado di allungarsi tanto quanto è vasto il cosmo del loro portatore.
    Solo il loro Saint è in grado di maneggiarle: chiunque non venga riconosciuto dalle catene come proprio padrone, toccandole, avvertirà una forte scossa elettrica che gli impedirà di usarle.
    Oltre ad essere un'arma fisica attivamente impegnata nel combattimento, la catena è dotata di una volontà propria. Oltre all'abilità di muoversi a suo piacimento, la catena è in grado di percepire illusioni e minacce incombenti sul proprio possessore e sui suoi alleati, semplicemente muovendosi, puntando verso una direzione precisa o creando scritte/disegni sul terreno.
    Tuttavia, questa percezione è propria delle catene, completamente slegata da quella del saint che le impugna, ergo Erika deve tenere d'occhio le catene quando cercano di dirle qualcosa.
    Le catene hanno infine una capacità rigenerativa molto rapida, è tuttavia debole al ghiaccio e alle temperature artiche.


    Tecniche Nebulosa
    Le catene in dotazione dell'armatura non sono l'unica particolarità che contraddistingue il saint di Andromeda. Nelle stelle che vegliano sul suo cavaliere vi è una temibile forza latente, che in pochi hanno potuto esserne testimoni. Dalle profondità del cosmo, Andromeda è in grado di attingere alla forza del vento cosmico che caratterizza l'omonima nebulosa per eseguire le proprie tecniche offensive e difensive. Il vento proveniente dalla nebulosa è caratterizzato da correnti d'aria che il cavaliere direziona a suo piacimento verso il bersaglio del proprio attacco o plasmandolo intorno al proprio corpo. A seconda della potenza del nemico, esse sono in grado di ostacolare i movimenti dei propri avversari, fino addirittura, con la tecnica del Nebula Stream, a immobilizzarli. In modalità difensiva, questo vento elettrico è in grado di attutire i colpi che vengono ricevuti ed, eventualmente, l'elettricità insita nelle proprie raffiche può trasformarsi in un potenziale attacco.
    Come per le catene, anche questo vento è carico di energia elettrica che è in grado di infliggere danni di tipo elettrico. Queste tecniche sono lanciate a Cosmo Straordinario, ossia gli effetti di queste tecniche superano in efficacia quelli di tecniche o abilità simili, raggiungendo con facilità e un ridotto impiego di energia cosmica il miglior risultato possibile.


    Tecniche

    Thunder Wave | Tecnica offensiva con catena
    La tecnica offensiva più basilare: Erika lancia la catena d'attacco verso il suo avversario o un oggetto ed essa avanzerà fino a tentare di centrarlo, mirando a un punto preciso del corpo bersagliato. Si tratta di un attacco fisico che mira a ferire, più o meno gravemente, l'avversarion. Inoltre, tutti gli attacchi portati con la catena hanno anche una componente di danno elettrico: essendo la catena costantemente infusa di corrente elettrica, una volta colpito il suo bersaglio, essa rilascerà delle scariche elettriche che lo danneggeranno ulteriormente.

    oTWdjfk


    Ce la feciiiii. Spero di non aver fatto danni!
     
    Top
    .
  15.  
    .
    Avatar

    Sacro Custode delle P.R.

    Group
    Silver Saint
    Posts
    2,127

    Status
    DEAD

    NOT A GARDENER IN A WAR
    - 8 -


    Korin ti aspetta a braccia incrociate, lo sguardo fisso su di te cercando qualcosa oltre ai tuoi occhi, come se il suo solo sguardo potesse leggerti dentro. Non emette fiato alle tue parole degnandoti solo un rapido cenno di assenso col viso. Aspetta immobile finché non ti decidi ad aprire le danze. Ruota leggermente il braccio destro esponendo il polso che tu stessa hai mirato con le tue catene, ma subito dal suo braccio scaturisce una ragnatela di cristalli di ghiaccio che va ad espandersi come un gigantesco fiocco di neve che arriva a coprire l’interezza del suo braccio con uno scudo circolare di puro gelo. La catena non giunge al bersaglio a cui miravi schiantandosi piuttosto sullo scudo così generato, ma l’energia è abbastanza per costringere Korin ad arretrare dell’equivalente di un mezzo passo spostando il piede sinistro all’indietro per stabilizzarsi. La catena perfora lo scudo nel punto in cui ha colpito passando appena oltre, fino ad impattare sulla pettorina di cuoio e metallo, ma il santo non se ne cura lanciandoti piuttosto uno sguardo interrogativo.
    « Ti stai trattenendo. » Una mera constatazione. « Farlo significa che gli amici e amanti che dici di voler riunire rimarranno divisi per sempre. Significa non dare vera giustizia e libertà agli uomini. E’ quello che hai detto di volere, no? Le tue convinzioni non sono salde o hai mentito al tuo maestro? » Il tono è quasi monocorde. Si sforza di essere neutrale ma c’è una punta di qualcosa che non riesci bene ad indentificare. È delusione? Una mirata provocazione?

    Avverti quindi il cosmo di Korin bruciare appena più forte e indirizzarsi lungo il suo braccio destro fino allo scudo, in un moto identico a quello difensivo. Lo scudo di ghiaccio torna a solidificarsi attorno al danno causato dalla tua catena rimarginando il buco così come fa come una ferita sulla pelle, ma allo stesso tempo il ghiaccio cerca di annidarsi tra gli anelli che lo trapassano rendendoli parte dello scudo stesso. Lo scopo è di tenere la catena bloccata nella sua posizione, con una piccola parte dietro la difesa e un’altra più lunga fuori dallo scudo e collegata a te. Korin bascula sul piede sinistro mentre ruota sul suo stesso asse tirando indietro la parte destra del suo corpo e quindi lo scudo, cercando in questo modo di strattonare la catena che ha bloccato e tramite essa te, con lo scopo di farti sbilanciare in avanti, potenzialmente fino a perdere l’equilibrio. Estende la mano sinistra verso di te creando sulla sua mano aperta una sfera di cosmo grezzo poco più grande di una pallina da tennis. La sfera pulsa della stessa luce azzurrina del suo cosmo e una volta che questa è abbastanza aggrumata Korin la scaglia verso il centro tuo petto cercando di scaricare su di esso tutta l’energia in essa contenuta.


    MASTER'S CORNER

    Come [DIFESA] Korin interpone uno scudo di ghiaccio che possa incassare il tuo colpo. Quindi come [ATTACCO DEBOLE] cerca di bloccare la tua catena all’interno dello scudo e tirarla in modo da sbilanciarti. A questo segue l’[ATTACCCO FORTE] che consiste in una sfera di cosmo grezzo che ti spara diretta al tuo petto. L’interezza dell’attacco è portato ad energia verde.

    Ora un piccolo appunto sul tuo post.

    Le azioni che scrivi nel post e nel riassunto devono combaciare. Prima di tutto le cose vanno spiegate bene nel corpo del post lasciando il riassunto come mero schemino riassuntivo che aiuta a capire meglio cosa stia succedendo.
    Se mi dici “uso la tecnica thunder wave” che ha dei danni elettrici intrinseci questi devono essere descritti nel post. Se al contrario fai di tutto per non fare quei danni elettrici devi descrivermelo nel post. Una tecnica è un’azione preparata sempre uguale, un kata se vogliamo scomodare le arti marziali, quindi cambiarlo è un’azione volontaria che mi devi descrivere nel post e specificare poi nel riassunto.

    Ricordo che si può combattere anche senza tecniche. L’azione che hai fatto per esempio non avrebbe necessitato affatto di una tecnica. Non avessi scritto di usare la tecnica Thunder Wave avresti creato molta meno confusione.


     
    Top
    .
25 replies since 8/2/2024, 13:04   1774 views
  Share  
.