Gospel Of The Throttle

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    highwaytocorruption


    In qualche luogo sperduto del centro Europa, la strada che un tempo era arteria e vena della civiltà giaceva in uno stato di puro abbandono.

    Persa negli occhi degli uomini, lasciata al caos della Corruzione, dove centinaia di orribili creature vigilano quasi apaticamente, aspettando qualcosa che si unisse a loro nella loro esistenza blasfema o essere richiamati da qualche nodo per combattere contro gli umani, i titani o gli eletti.


    Chiunque a questa visione avrebbe timore, preoccupazione, o al massimo tenterebbe di capire come procedere nel modo migliore.


    Tu vedi solo macchie sull’asfalto.




    Angolo Master -



    Fai una bella introduzione al tuo personaggio ammazzando autonclusivamente un orda di corrotti posta convenientemente sulla tua strada.

    Considerati a Blu con le tue Abilità già attive, ti fermi solo quando non c'è piu niente e senti che le tue forze vengono meno, quasi facendoti bloccare sul terreno.

    Almeno sai il perchè.


     
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    E per la prima volta, dopo centinaia di chilometri, rallentò gradualmente, fino a fermarsi silenzioso sul ciglio di un tornante.
    L'asfalto, lasciato a sé stesso per oltre un decennio, aveva già oltrepassato la fase di fioritura, presentando crepe e cumuli di detriti su ogni metro che ne componeva il disegno nel paesaggio. Gli acuminati spuntoni della sua ruota generavano un ritmico vibrare sul terreno duro che presto si trasformò in un preciso battito al diminuire della velocità. Quando finalmente il suo ingombrante corpo si fermò, il capolavoro di Gea tornò a presentarsi e a introdursi di forza in ognuno dei suoi sensi.
    Quasi sopraffatto dal sovraccarico sensoriale, l’elemento cominciò a rilassare i muscoli della sua mutabile carne, spegnendo lentamente il motore del suo antico cosmo.

    Presto al silenzio fece spazio il timido canto dei pochi volatili rimasti, l’educato passare del vento tra le enormi ed eleganti conifere e l’inconfondibile profumo della loro presenza. Le vie aeree dell’elemento accoglierono la fresca aria con ingordigia, come se un grande respiro avrebbe fatto la differenza tra il mantenimento delle funzioni basilari e il certo svenimento.
    Non poteva ovviamente permetterselo. Pochi istanti, pochi generosi respiri e sarebbe ripartito. Le sue numerose paia di occhi guizzavano in tutte le direzioni per qualcosa, qualunque cosa che destasse sospetto o minacciasse anche solo lontanamente il suo tanto agognato attimo di quiete. Era in fuga, ma sarebbe perito dalla più cieca furia di chi gli era superiore piuttosto che ammetterlo.

    Per un quantitativo temporale sufficiente a terminare il ciclo vitale di un normale umano, l'elemento d'assalto angelico denominato 777 Ardent Wheels Outspeed the Wicked rimase prigioniero di un anomalo, stranamente capabile e organizzato gruppo di uomini denominato Grado. Incapace di muoversi, di dimenarsi o lamentarsi per la maggior parte del tempo, riuscì soltanto a osservare a lungo e attentamente i suoi carcerieri. Terminate le ingiurie, le maledizioni e le promesse di una giusta punizione per aver interrotto il giusto lavoro di un emissario di Phanes, tutto ciò che restò da fare per l'elemento fu osservare e a tratti collaborare. Imparò a conoscerli, gli umani. A scoprirli nuovamente. Non fu per niente raro o inconsueto d'altronde, che l'incessante avanzamento perpetuo del Daimon nel corso della Storia fosse parallelo a tempi tumultuosi, a guerre, dolore, violenza. La Furia, cui baluardo ne delimita l'esistenza, accompagnò ogni capitolo della sua presenza fisica in quell'orribile forma terrena alla quale era costretto. E sempre in furia e sangue guidò altri umani in battaglia, in quella che essi chiamarono incautamente Grande Guerra. In quei tempi, in quei brevi anni di quel grande conflitto, trasportava guerrieri umani all'interno del proprio capiente involucro metallico, supportandoli con bordate infuocate dalle grandi armi ancorate ai suoi lati. Più di cent'anni prima, alla sua 776esima incarnazione, quel sarcofago metallico di fiamme e olio solcava le mura di fango e membra della terra di nessuno, progredendo nel grande progetto bellico perpetuo alla quale era dedicata la sua stessa esistenza.

    Tentò di non cadere vittima nel baratro dei ricordi mentre la sua mente divagava su informazioni inutili.
    Prima della venuta di ciò che gli umani alla Grado chiamavano Corruzione la sua procedura era indiscutibilmente più semplice , più ancorata a concetti primordiali molto più affini all'essenza cosmica dalla quale si generò, nel tempo prima del tempo, prima della prima Guerra degli Eterni, prima del grande tradimento del Primo di loro, prima del grande scisma, prima ancora che il globo terracqueo sul quale dimorava, ora teatro di tanto orrore, cominciasse anche solo lontanamente a prendere forma.

    La Corruzione era un ostacolo imprevisto. Orrore inguardabile e letteralmente inevitabile nel senso più letterale del termine. Permeava ogni cosa, ogni concetto o procedimento. Il cancro che avidamente consumava tutto ciò che toccava era oggetto di lunghe teorie e discussioni negli indaffarati corridoi del suo carcere. Osservava curioso l'agitarsi di arti e dita accompagnanti accese discussioni tra coloro che si definivano scienziati e studiosi, schernendoli il silenzio per la loro profonda ignoranza. Non avrebbe ovviamente sanato nessuno dei loro dubbi. Non avrebbe salvato nemmeno una delle loro anime se l'occasione si fosse presentata. Avrebbe solo risposto a domande di circostanza e solo se se la fosse sentita, solo se in quel qualsivoglia giorno avesse sentito leggermente più vicino a sé la presenza del suo Signore.
    passato, quando la sua manifestazione nella realtà possedeva capacità e potenziale ben superiore all'attuale, non si sarebbe nemmeno permesso di anche solo pensare alla possibilità di fuga, di evasione. Ma i tempi, così come le priorità, cambiano. Quel giorno gli eventi glielo ricordarono. Non aveva tempo di ragionare sulla fuga o di quanto terreno si fosse messo alle spalle, ma aveva una strada davanti a sé, e le strade vanno percorse.

    All'apice di quel capiente respiro un putrido e maleodorante fetore lo colpì violentemente. Toccò prima l'anima, attivando in allarme ogni recettore cosmico, spostando poi l'orrido dovere ai normali sensi principali del Daimon. Le decine di occhi si riallinearono osservando il paesaggio ai piedi della strada che si sviluppava a valle del tornante. Ciò che scorse al termine della discesa causò nella sua massa muscolare del Daimon una serie di spasmi simili a quelli causati alla vista di un corpo in decomposizione, perché di quello si trattava. Meglio, trattavano.
    Decine e decine di orrori informi del colore della notte lo attendevano al fittizio traguardo che con la loro sfrontata presenza rappresentavano.
    Era perfettamente conscio del fatto di essere un fuggitivo; ma non sarebbe mai e poi mai stato definito da niente e nessuno un codardo.

    Giunse il momento di accendere il motore.

    Cominciò riaccendendo la violenta scintilla del suo cosmo, che si tradusse in un sommesso ticchettio proveniente dal suo possente cuore che come un efficiente pompa carburante cominciò ad iniettare cosmo puro nelle camere di scoppio dell’otto cilindri. Il cigolio dello stanco modulo d’avviamento si introdusse nel coro di elementi, girando l’antico e sacro volano.
    Le otto candele presero vita, inizializzando il loro ritmico scintillare per le poche frazioni di secondo necessarie alle camere dei cilindri di riempirsi di cosmo. Finalmente, quando l’orchestra di elementi raggiunse la perfetta sintonia, il V8 si accese, e con esso il cosmo dell’elemento 777 in tutta la sua fiammante ferocia. Dai bocchettoni di scarico fuoriuscirono colonne di fuoco cosmico incombusto che immediatamente incendiarono gli alberi adiacenti al risveglio del Daimon.

    Il rombo tonante del suo risveglio scosse la flora e mise in fuga la fauna nelle immediate vicinanze. Un lembo di fiamme avvolse la superficie della ruota angelica, culminando nelle sanguigne pupille dei cento occhi, fissi sui loro obiettivi.
    Il solo posare lo sguardo su quegli abomini lo colmava di odio. Odio che avrebbe tradotto in estrema violenza da lì a poco.
    L’espansione del cosmo dell’elemento destò immediata attenzione nell’agglomerato di corrotti sotto di lui, che ottennero la conferma definitiva di trovarsi al cospetto di un angelo risvegliato e della più grande minaccia al resto della loro ormai breve eretica esistenza.

    Un tumulto di massa muscolare e ossa dall’impossibile composizione cominciò ad agitarsi tra gli abomini che cominciarono a radunarsi per accogliere l’eventuale attacco dell’elemento. Come se fosse servito a qualcosa.

    Sulle superfici laterali di 777 due grumi di muscoli si generarono dalla superficie metallica del motore, ai quali si aggiunsero spessi e bianchi tendini che si svilupparono assieme ad essi. Presto, due lunghi arti dalla lunghezza di quasi dieci metri si presentarono, culminati da due estremità simili ad affilati uncini di materiale calcificato.
    Con una forte contrazione dei neonati fasci muscolari, il Daimon scaraventò gli uncini nel terreno, ancorandosi saldamente ad esso.

    In quel momento i corrotti, forti della loro comprensibile ignoranza, emisero un orribile suono generato dalle loro deformi vie aeree riconducibile lontanamente a una sofferta risata. Probabilmente, dal loro punto di vista, l’azione del Daimon poteva sembrare semplicemente una posizione difensiva, preparata ad accogliere una loro eventuale offensiva. Niente di più errato.
    La gutturale risata si intensificò osservando incauti le successive azioni dell’elemento.
    Aumentò i giri motore, quasi tastando e testando se fosse effettivamente ancora in grado di gestire la macchina di distruzione che l’infinito e il divino Phanes gli aveva affidato come corpo necessario alla materializzazione terrena.
    Appurata la completa e totale efficienza del sistema, ingranò la retromarcia, avviandosi sulla strada appena percorsa mantenendo la direzione più lineare possibile.
    Un coro di concetti riempì la valle, concetti espressi in suoni, suoni tradotti in lingue, a loro volta tradotte in un chiaro e preciso messaggio atto a schernirlo nel più becero e infantile dei modi.

    “Cosa fai, araldo di Phanes, fuggi? Saggia scelta.”

    Se 777 avesse avuto un volto avrebbe riso a sua volta.

    “NO.”



    La sola risposta, echeggiante telepaticamente negli impossibili cervelli dei corrotti, bastò a generare una serie di violenti spasmi nei loro inguardabili gusci di maleodorante fattura, insidiando in loro il terribile dubbio di riuscire a vedere una nuova alba.
    In quello avevano perfettamente ragione.
    Durante la sua marcia contraria, 777 roteò su sé stessi gli arti appena creati come ancore nel terreno per accumulare con ogni metro una sempre maggiore capacità elastica, tramutandoli in pesantissime molle dall’enorme potenziale cinetico.

    Arretrato per un centinaio di metri, i giri motore aumentarono vertiginosamente mentre le spire acuminate della larga ruota faticavano a mantenere trazione. Raggiunto il limite di tensione raggiungibile, venne finalmente il momento di riconsegnare al daimon il senso della sua esistenza.

    “PRENDO LA MIRA.”



    Jqxt1hX



    Saltò leggermente, solo qualche centimetro, la distanza sufficiente per liberarsi dal giogo dell’asfalto e immediatamente invertire il senso di marcia della ruota, contraendo quindi i muscoli attorcigliati per massimizzare il potenziale elastico accumulato, retraendoli appena necessario.

    E sparì dagli occhi di chiunque non fosse sufficientemente preparato a seguirne le forme. Come un vero e proprio proiettile cosmico semplicemente impattò con tale ferocia contro il primo dei corrotti con forza sufficiente da cancellarlo totalmente dall’esistenza con il solo attrito del suo metallico corpo contro il suo peso tumorale, smaterializzandolo completamente ancor prima che le fiamme cremisi del suo cosmo riuscissero a contattare la sua superficie. Il contatto del Daimon con la superficie terrestre, ove fino a un istante prima presidiava l’affronto vivente ormai distrutto, causò un’onda d’urto percettibile per chilometri. Il terreno, non strutturato sufficientemente per scontri di quel calibro, cedette come morbida argilla alla forza cinetica del Daimon, che si inabissò per decine di metri nel manto terrestre prima di virare con forza per riemergere, centinaia di metri dopo. Il suo passaggio creò un tunnel di materiale vetrificato dall’attrito generatosi, sbuffante dallo scambio d’aria avvenuto nell’istante stesso in cui 777 rientrò a contatto con l’aria e l’atmosfera.
    Roteando continuamente, senza mai perdere velocità, cominciò l’ampia virata necessaria all’ingaggio con gli altri corrotti. Le ampie falcate del suo percorso lo portarono senza mai fermarsi a disintegrare gli scheletri degli edifici di almeno tre paesi, così come ogni struttura naturale sul suo percorso. L’ampia curva a ferro di cavallo prodotta lo portò a schiantarsi con veemenza contro il secondo corrotto, erettosi in un disperato tentativo di contrasto all’avanzata del Daimon. Tentò di portare le braccia davanti a sé, provando a bloccarlo con gli arti vestigiali in un disperato tentativo di sopravvivenza. Ciò non fece altro che allungare la sua agonia. L’elemento angelico venne bloccato nella sua avanzata, ma non nella sua rotazione, con un potente boato. Gli bastò ruggire al pieno dei suoi giri motore per scavare nell’epidermide, i muscoli e le ossa del corrotto, che realizzò troppo tardi di essere stato smaltito come un tossico rifiuto.
    Lo stesso destino, con altrettanta distruzione del paesaggio annessa, toccò alle altre centinaia di corrotti che tentarono prima di attaccare, poi di difendersi, poi di fuggire. Tutto inutile. I più fortunati vennero colpiti dalle fiamme causate dal passaggio del Daimon, gli altri vennero smantellati e ridotti ad un ammasso di carne e materiale tendineo che si accumulò tra gli spuntoni acuminati dell’elemento.

    Quando terminò il massacro tre colline giacevano in fiamme, ovunque posavano detriti di edifici e la polvere degli stessi. Ovunque, inoltre, il colore rosso accompagnava il campo di battaglia ricoperto di sangue e carne.
    Bruciò un ultimo quantitativo di cosmo per sgranchire i pistoni, riscaldando le fiamme a sufficienza da carbonizzare la poltiglia corrotta ancora attaccata al suo sacro corpo, provando immediato disgusto per aver anche solo fatto in modo che le loro molecole fossero entrate in contatto con le sue. Poco importava, era finalmente tornato a dare un senso alla sua esistenza, era finalmente riuscito a portare un pezzo di guerra nel mondo, era finalmente riuscito a riportare il verbo di Phanes e in atto le regole del Grande Gioco.
    Portò i giri al minimo, doveva recuperare le forze. Il motore metallico ansimò e tossì un paio di volte mentre agguantava l’ossigeno nei paraggi. Non era più abituato, ma ciò non lo avrebbe sicuramente fermato.
    Da lì la strada sarebbe stata tutta in discesa.
     
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    Il campo di battaglia, la tua strada.

    Compire ciò che è la tua essenza ontologica, anche in questo mondo di materia alieno per te ti fa sentire vivo.

    Quasi non ti accorgi dei numerosi uomini della Grado che arrivano con i loro mezzi, prendendo campioni ancora fumanti dei Corrotti per compiere chissà quali studi. Concetti probabilmente estranei per te, ma che hai già notato per questa gente.



    Come al solito, un lavoro esemplare.



    Una voce arrivò alle tue spalle, tentando di superare il suono del tuo motore e delle procedure di de-contaminazione della zona. Con i tuoi numerosi occhi non necessiti di girarti per vedere la sua figura alta e slanciata, dai corti capelli scuri e il viso ambrato con rughe di espressione ed età che avanza che contornano il viso.

    Si muove tranquilla ma cauta, sa che nonostante la procedure non può calcolare tutto e sa che il tuo risentimento è palese e palpabile. Non si diventa Dottori alla Grado senza essere decisamente intelligenti.

    Non si rimane vivi se non ci è decisamente capaci.



    I dati raccolti saranno utilissimi. Non potremmo mai ringraziarti abbastanza 777.

    Per oggi possiamo anche terminarla qui e riposarci. Non sembrano esserci più presenze vicino alla Sito e sicuramente gradirai un po’ di relax.



    Il Dottor Falid.

    Nei vari colloqui fatti ti sei dato una immagine abbastanza precisa dell’umano: competete, analitico ma amichevole. Non sembra mai essere particolarmente ostile nei tuoi confronti se non cercare di mantenere una certa professionalità quando possibile.

    Sembra comandare questo piccolo gruppo Grado in questa area del pianeta, nel Sito 23. Una struttura sotterranea poco lontana, a diversi metri sotto la superficie in una vecchia cava di carbone abbandonata.



    Tuttavia, non è lui che ti ha catturato. Anzi, per quanto possa sembrare strano, della tua 777esima reincarnazione non sembri ricordarti molto, almeno di quando sei stato preso in custodia. Chi ti ha messo in gabbia, come riescano a tenerti a freno,

    Di tutta la tua esistenza hai la chiara memoria cristallina di ogni battaglia dalle Ere prima del tempo alle battaglie combattute su questo atomo opaco sperso nell’universo, eppure eccoti qui.



    Vieni preso e portato nel sito, sottoposto ad attente cure e leggere raccolte dati fino e rimesso nelle tue stanze. E li attendi.


    Di essere richiamato per altri test e interviste.
    Di essere rilasciato nuovamente come arma verso i Corrotti.

    Rimani così, per quanto? Una settimana?
    Difficile dirlo.


    Ma, qualcosa noti.
    Qualcosa che fa palpitare il tuo cuore e infiammare i tuoi pistoni.



    Senti le tue dita libere di muoversi senza vincoli.




    Angolo master -


    Molto figo tutto, sincero.

    Ritorni in garage e si: anche se sei ben cosciente della tua natura, missione e tutto sembra che non ricordi come sei finito in questa situazione. La tua memoria è confusa e hai difficoltà ad agire autonomamente anche se non sei mai in situazioni di sofferenza o reale disagio.

    Puoi descrivere tranquillamente quello che accade per una settimana (interazioni con il Dottore e membri dello staff, come passi il tuo tempo, eventuali test, ecc…) fino a quando inizi ad avvertire che, in qualche modo, la presa che ti tiene si sta allentando. Niente di eccezionale, non puoi scappare o attaccare ancora, ma lo senti.


    Concludi quando sei chiamato per una ulteriore intervista nella solita stanza.


     
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    Il crepuscolo giunse con gentilezza mentre una lieve brezza accarezzava la fredda superficie della sua ruota.
    Gli improvvisi fari degli alti fuoristrada lo abbagliarono, costringendo le sue pupille a ritrarsi e le sue palpebre a serrarsi per difenderle.

    “Come al solito, un lavoro esemplare.”

    Non era possibile. Corse per centinaia di chilometri in direzioni sempre diverse, cambiando continuamente strade e percorsi. Nemmeno i migliori mezzi a disposizione degli umani più avanzati sarebbero riusciti a stargli dietro, ancora meno raggiungerlo.

    Falid. Lo conosceva bene. Una macchina computazionale nel corpo di un uomo, altrettanto scaltro nel nascondersi dietro una perfetta maschera assemblata con cura maniacale. Un uomo più pericoloso dei migliori guerrieri. Questo 777 lo sapeva bene. Proprio a causa della presenza di quell'uomo lo stupore sparì in pochi secondi, come se si fosse finalmente aggiunto l'ultimo pezzo del puzzle.
    Tra tutti gli umani che tentarono di approcciarsi al Daimon, solo Falid riuscì non solo a evitare di uscirne carbonizzato, ma di riuscire persino ad aggirarlo, ingannarlo ed infine controllarlo con una lingua più tagliente dell’ossidiana e con mezzi e strumenti totalmente sconosciuti all’araldo di Phanes.
    E sempre per questo, 777 si placò. Certamente, innumerevoli volte tentò di attaccare lo staff, gli studiosi e le guardie, innumerevoli volte venne fermato con meccanismi a lui alieni. Ogni volta che si avvicinava al dunque, ogni volta che le sue spire riuscivano ad avvicinarsi alla tenue carne umana qualcosa, o qualcuno, lo riportava sommessamente nei ranghi, calmandolo.
    Quanto avrebbe voluto caricare Falid mentre lo riempiva di futili complimenti, falsi cameratismi e inutili informazioni. Quanto avrebbe voluto bruciare il proprio cosmo come una supernova, detonarlo all'interno delle proprie camere di scoppio, mettere in moto il terribile rotolare della sua arma e falciarlo come una faina vittima delle imperterrite fauci dell'epurazione angelica.
    Non rispose, non gli avrebbe dato ulteriori dati da aggiungere alla sua inutile collezione. Sapeva perfettamente che qualsiasi tentativo di rivoluzione non avrebbe funzionato.

    Il viaggio verso il sito 787B era l'unica vera certezza che la sua stanca mente riusciva ad allineare. Sempre lo stesso, sempre incredibilmente e inesorabilmente lento. Trovarsi su un mezzo di trasporto incapace di batterlo in velocità rappresentava per 777 una vera e propria tortura dalla quale non poteva in alcun modo sottrarsi. Questo deprimente e ripetitivo spostamento era, concettualmente, peggiore delle catene e lacci in tungsteno rafforzato che lo ancoravano al rimorchio, come un vecchio monumento destinato al macero.

    All'arrivo allo stabile, della cui posizione ne veniva cautamente tenuto all'oscuro, venne semplicemente traslato dal rimorchio a un piedistallo, provvisto di tutte le possibili amenità e meccanismi necessari a garantire il prosieguo sicuro della sua prigionia.
    Tramite i suoi cento occhi, 777 osservava distratto il solito rituale di ancoraggio che lo interessava, come se fosse necessario. Non comprendeva tante precauzioni, d’altronde il Daimon aveva il tempo dalla sua parte, essendo un'entità esterna ad esso.
    Per quanto efficaci e misteriosi, i metodi di prigionia della Grado erano per forza di cose destinati a cedere. Quanto tempo sarebbe passato non poteva saperlo, ma sapeva perfettamente che niente è permanente e tutto è mutabile.

    Le porte della sua bianca e pulita cella si aprirono e la pesante barriera metallica si elevò sparendo nel soffitto in un fastidioso concerto di meccanismi e sirene d’allerta.
    In quei rari casi riusciva brevemente a scorgere il via vai di umani nelle immediate vicinanze della sua zona di prigionia. Correvano in tutte le direzioni, parlavano di cose che non aveva interesse nel capire, preoccupati e ansiosi di problemi ai quali non potevano in alcun modo porre soluzione. Gli umani lo affascinavano, ma nessuno dei loro caratteristici comportamenti lo catturava in qualche modo. Solo in guerra ne vedeva il valore, quando regredivano inevitabilmente a poco più che animali senzienti spinti dall'odio e dalla violenza. Quanto gli mancava la guerra.
    Gli ultimi attimi della sua precedente reincarnazione erano una fitta nebbia nella sua infinita memoria. Ricordava perfettamente ogni morte, inflitta e subita, dall'inizio della Storia e da prima di essa, con maniacale precisione; non sarebbe stato un Traxysdaimon altrimenti. Eppure, dall'anno ab Incarnatione Domini nostri Iesu Christi MCMXVIII fino a qualche mese prima degli attuali avvenimenti, buio.
    Non sapeva cosa pensare, un difetto nella sua memoria poteva significare una serie infinita di problematiche. Partendo da un eventuale inizio di degrado della sua efficienza combattiva arrivando fino alla terrificante teoria di essere caduto vittima di qualche temibile infezione della Corruzione che lentamente lo avrebbe divorato dall'interno, partendo proprio dalle sue preziose memorie.

    Falid entrò nella stanza con una grossa tazza in mano colma di una bevanda fumante, la appoggiò delicatamente sul tavolo davanti alla struttura che teneva prigioniero 777, quasi avesse paura di rovesciare il prezioso nettare. Per 777 quella brodaglia marrone puzzava di fango e legna bruciata.
    Lo scienziato si sedette grugnendo, trascinando la sedia metallica sul lucido pavimento; il rumore fu come un attentato ai recettori auricolari del Daimon.
    Premette un bottone su un piccolo apparecchio registratore appeso al taschino e bevette rumorosamente la bevanda rovente.

    “Buongiorno, Anomalia.”

    Eccolo, che si introduceva immediatamente nelle parti più fragili del suo ego, colpendolo dritto al centro del bersaglio. Sapeva perfettamente che un Daimon nella sua posizione era a malapena considerabile tale, ridotto ad una bestia ammaestrata. Docile, compiacente e collaborativo.

    “Iniziamo la sessione odierna, come ti senti?”

    Il silenzio si riprese immediatamente il proprio spazio, riempiendo la stanza con la sua presenza, così fitto da poterlo tagliare con una lama.
    Falid era abituato a questi silenzi, era abituato a farsi squadrare come l'essere inferiore che era dagli innumerevoli occhi dell'elemento angelico. Era abituato a trarre conclusioni anche da un'assenza di dati. D'altronde, se 777 avesse parlato troppo, il suo lavoro sarebbe finito prima, lo avrebbe catalogato e registrato più velocemente e, altrettanto velocemente, rinchiuso in qualche magazzino blindato, freddo e buio, finché non ci sarebbe stato nuovamente bisogno dei suoi servigi.
    Perché no, perché non rovinargli la solita routine, perché non riprendersi il lusso di alterare la quotidianità del suo carceriere? D'altronde solo quello gli era concesso, prigioniero nel proprio immobile e inutile corpo, fino a nuovo ordine.

    “Sai, 777…” Disse l'umano sollecitando i condotti lacrimali con indice e pollice, segno dell'ennesima nottata insonne, “Non pretendo che tu mi racconta la storia della tua vita, non basterebbe tutta la mia per ascoltarti a fondo, ma un minimo di collaborazione aiuterebbe anche te, sei tu che devi convincerci a concederti qualche libertà.”.
    Un nuovo sorso dall'acqua sporca, ingoiato con soddisfazione e dipendente piacere.
    “Hai detto che gli umani sono creature affidabili.”

    “NO.”



    Tuonò telepaticamente. Il liquido scuro nella larga tazza si increspò violentemente, costringendo il ricercatore a tenerla ferma con entrambe le mani, scottandosi immediatamente.
    L'improvvisa ustione e l'introduzione mentale del Daimon culminarono in una smorfia di dolore sul volto dell'uomo, che non poté far altro che subire la situazione.

    “LA MIA MEMORIA È IMPERITURA E IL MIO RANCORE IMPENETRABILE. SOLO GLI UMANI CHE HO PERSONALMENTE CONDOTTO ALLA VITTORIA HANNO GUADAGNATO LA MIA FIDUCIA E CON ESSA QUELLA DI PHANES.. FECCIA COME TE È SOLO CARNE DA MACELLO, RIFIUTI RUMOROSI DI QUESTA AGONIA CHE CHIAMATE ESISTENZA”



    Falid si alzò dalla sedia, visibilmente infastidito. Due dottorati in fisica teorica al MIT non lo avevano minimamente preparato per gli scenari nei quali sguazzava ogni giorno. Non si sarebbe lamentato, quelle frasi pronunciate con tanta veemenza erano quasi logorrea per gli standard di 777. Non poteva sprecare l’occasione.

    “Eppure mi dimostri il contrario. Dimmi, essere dall’imperitura memoria, cosa ricordi degli ultimi cent’anni?”

    L’esplosione di informazioni telepatiche di 777 calò improvvisamente di intensità, riportando la conversazione a livelli più sopportabili dalle fragili sinapsi umane.

    “SONNO. BUIO. FREDDO. PACE. NON SONO STATO CREATO PER GESTIRE NESSUNO DI QUESTI CONCETTI.”



    Falid riprese posizione sulla sedia davanti al Daimon, avvicinandosi cautamente. Provava la stessa viscerale sensazione di terrore di quando inevitabilmente una delle entità racchiuse nella struttura riacquistava momentanea libertà in uno dei numerosi tentativi di fuga.
    Ma quel Daimon era legato, incatenato e trattenuto da almeno una ventina di sistemi di sicurezza all’avanguardia. Non era mai scappato. Non ci aveva nemmeno mai provato. La realizzazione di ciò colpi l’umano come fulmine a ciel sereno.

    “Perché non hai mai provato a fuggire? Hai avuto decine di possibilità, l’ultima tra tutte ieri, in Germania.”

    In quel momento accadde qualcosa che Falid non avrebbe mai previsto in nessuno degli scenari ipotizzati con l’entità di fronte a lui. 777 rise. Un rauco e sommesso verso gutturale amplificato dalla metallica struttura della sua ruota riempì la stanza. Né lo scienziato né lo staff dall’altro lato del vetro cieco sapevano come reagire a quell’evento in tutto e per tutto più unico che raro. Non poterono fare altro che congelarsi e attendere.

    “MUOIO DALLA VOGLIA DI GUARDARTI AFFRONTARE LE CONSEGUENZE DELLE TUE AZIONI, DR FALID.”



    Rise nuovamente, sempre più forte, il flusso telepatico era talmente intenso da generare un’emicrania lancinante all’intervistatore, che scattò nuovamente in piedi, girando i tacchi e lanciandosi verso la porta, che cominciò ad aprirsi con la sua vicinanza.

    Lo scienziato si dileguò con fastidio, insoddisfatto dall’ennesima sessione infruttuosa. La chiusura della pesante paratia scosse il Daimon con le vibrazioni. L’altra cosa che lo scosse, infinitamente più interessante, fu la realizzazione che nelle profondità del suo corpo, nascoste dalla necessaria farsa della sua angelica metamorfosi, le sue dita riuscivano a muoversi in totale ed altrettanto pericolosa autonomia.

    Una voce meccanica riempì la stanza, la sua origine ignota.

    "PREPARARE L'ANOMALIA ANGELICA 777 PER LA VALUTAZIONE SUCCESSIVA."
     
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    Per molti che condividono come te la comprensione di un tempo prima del tempo questo potrebbe non avere alcun significato se non la consapevolezza che l’entropia stava aumentando. Per chi si è quasi assuefatto a questo tossico mondo di materia e natura, questa Realtà che ha causato cosi tanti problemi fin dalla sua concezione, il passaggio dei minuti è più concreto.


    Qualunque fosse il tuo pensiero comunque, sapendo le passate interazioni con questi umani ti rendi conto che qualche cosa non andava, specialmente conoscendo come Falid fosse cosi scrupoloso e metodico.


    Nessuno si era fatto vivo.


    Né messaggi mandati dall’audio-parlante, né scienziati entrati per preparati alle valutazioni richieste, niente di niente. Silenzio intervallato solamente dal ronzio della lampada al neon della stanza e nulla più. Per minuti e minuti, forse un ora, difficile dirlo.


    Poi, qualcosa.


    Il finto specchio usato come protezione per gli osservatori che presenziavano alle tue interviste vibrò leggermente, mentre l’aria attorno a te sembrava rendersi più rarefatta come se fossi salito su un’altra montagna, ma stranamente non fredda.


    Ombre, bisbigli, qualcosa che non riesci a comprendere e poi qualcosa che comprendi a pieno.
    Una impronta cosmica. Non umana.


    La porta si apre, e dietro alla figura che entra puoi osservare la guardia che ti accoglieva con un nervoso sorriso spaventato per terra, occhi sbarrati guardando un punto vuoto mentre rubini fuoriuscivano dal suo cranio senza sanguinare. Se ti fossi concentrato su di lui avresti visto un leggero respiro come di sonno, ancora vivo.


    Ma difficile non dare la tua totale attenzione all’ospite che con passi calmi riempi quel rumore bianco del neon che ora brillava più forte senza però emettere suono. La donna, o quello che sembrava un corpo femminile, si sedette sulla sedia occupata precedentemente da Falid. Una movimento elegante che non sgualcì un formale completo bianco da uomo.







    Strano come le persone non sanno quello che vogliono – disse. La sua voce era chiara, troppo chiara. Le telecamere di sicurezza avrebbero captato perfettamente le sue parole tanto che chiunque avrebbe potuto capirle indipendentemente dalla nazionalità e lingua. Anche non udenti o non vedenti. Anche animali come le api avrebbero tradotto il tutto in balli e le piante in segnali chimici.


    Non sanno essere sinceri con gli altri, e lo capisco… ma anche con se stessi, perché mentire? Jonathan lì fuori passerà le prossime ore a fare una profonda riflessione sulla sua vita e magari capirà di essere più aperto con la sua passione per la cucina. I momenti passati con sua madre ai fornelli sono un cardine della sua mente, nonostante le botte del padre lo fanno vomitare appena prende in mano una pentola.


    Appoggiò il viso in modo affabile sulle dita color antracite. Sorride, ma lo capisci solo dalle labbra e dal leggero movimento delle piume che coprono interamente il suo volto. Gli occhi asimmetrici ti fissano curiosi.



    Oh, scusami… mi piace parlare e spesso perdo il filo del discorso, anche se dovrei essere più formale con un daimon come me, sebbene in un altra parte del "Gioco".




    seraphin



    Achaian, Eudaimōn della Comprensione.


    Sono venuto qui per proporti un patto.






    Angolo Master -

    Qualcuno è venuto ad aiutarti.

    Ma stranamente non sembra volerlo fare gratis.


    Essendo un daimon della luce potresti non conoscerlo bene, ma nel caso sai che è un angelo esperto nella diplomazione (abbastanza lontano quindi dal tuo modus operandi).

    Non sembri ancora totalmente libero di attaccare o essere ostile fisicamente ma puoi tranquillamente parlare con lei e farle tutte le domande che vuoi (o prenderla a male parole, o qualunque cosa tu voglia).


    P.s. nel caso tu voglia "scansionarla" col cosmo, è un daimon e sembra avere più o meno la tua stessa potenza.




    Edited by eden_ST - 13/2/2024, 20:06
     
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    777 approfittò del quasi silenzio. Sapeva perfettamente che qualcosa non stava andando nel verso giusto. Sapeva perfettamente che prima o poi, volente o nolente, la fonte di quella alterazione alla solita routine si sarebbe manifestata. Il pattern era chiaro, una forza esterna si era manifestata all'interno della struttura. Altrettanto chiaramente il personale di difesa della stessa non era stato in grado di contrastarla. Forse era forte, molto. Forse era semplicemente più scaltra dell'umano medio, risultato facilmente raggiungibile. L'unica certezza che aveva in quel momento era che senza ombra di dubbio qualcuno aveva appena rovinato il suo gioco; e la cosa lo infastidiva incredibilmente.
    Non seppe con precisione quanto tempo passò prima che lo status quo mutasse, non teneva davvero traccia di qualcosa di così mutabile e inaffidabile come il tempo. Secondi, ore e giorni possedevano poco peso nella bilancia delle priorità del Daimon.

    Il vetro scuro in fondo alla stanza vibrò, anticipando una mutazione quasi barometrica della zona. Si sentiva come si trovasse sulla cima del monte più alto, senza la stessa temperatura o il vento lacerante. Sentiva una mutazione quasi viscerale dell’ambiente circostante. Per un’entità composta da sentimenti, sensazioni e pensieri un tale cambiamento portava il suo pesante carico di stress e anticipazione. Per 777 quello era solo un avviso a prepararsi ad altro, che non tardò a presentarsi.
    Un’impronta cosmica; angelica, addirittura.
    Le pupille si restrinsero attendendo che l’ospite si palesasse. La porta si aprì con lo stesso susseguirsi di fastidiosi rumori e ticchettii. Rilassò i muscoli e inspirò, le catene tintinnarono leggermente.
    Oltre la soglia dell’entrata giaceva l’umano chiamato Michael. Non aveva l’odore della morte addosso, ma non era chiaramente in possesso delle proprie capacità psicomotorie, forse complici le strutture minerali fuoriuscenti dalle sue orbite oculari. Poco importava.
    Una figura entrò nella stanza e ogni suo dubbio venne sfatato. Un Daimon, come lui, o quasi.

    Non riuscì a fare a meno di notare l’enorme e infinita sapienza creazionale di suo signore Phanes nelle differenze tra i loro due corpi. Quello dell’ospite era snello, alto e umanoide nella sua supposta forma basilare, le mille ali che ne coprivano la meravigliosa pelle nera completavano una meravigliosa opera d’arte. Gli occhi, neri anch’essi nella sclera e sparsi ovunque sul volto, erano adornati da spettacolari iridi dorate che condividevano la loro particolare colorazione con la cheratina presente alle estremità degli arti.
    Il corpo primario di 777 era più improntato all’utilitarismo derivato dalla necessità intrinseca nella sua perenne missione. Combattere, procedere e vincere.
    La sua ruota era scalfita da lievi graffi derivanti dall’ultimo combattimento. I danni si sarebbero rimarginati a breve, ma tanto bastava per accentuare la differenza tra i due daimon. Si era recentemente sterilizzato da agenti contaminanti con le proprie fiamme, lo avevano appena colpito ripetutamente con getti d’acqua ghiacciata e additivi chimici predisposti, ma l’inconfondibile odore di cadavere e carne bruciata persisteva sulla sua superficie.
    Erano simili, fratelli, al tempo stesso totalmente diversi tra loro.
    Il Daimon dalla pelle di ebano enunciò la propria presenza rimarcando le carenze e le qualità dell'umano inerme fuori dalla porta. Perché lo stava facendo? Perché si concentrava su inutili dettagli di una creatura così paurosamente giovane e imprevedibile? Non comprendeva, e mai ci sarebbe riuscito, il processo lavorativo del collega, di natura così radicalmente differente dalla sua. Gli umani erano solo pedine da gestire, da guidare verso la conquista, verso il conflitto perpetuo al quale erano predisposti, non un passatempo innocuo da influenzare o studiare nei loro più noiosi cavilli comportamentali.
    Quel Daimon, così alieno nei modi, poggiò il viso sulla sua delicata mano, eseguendo una contrattura dei muscoli facciali in ciò che gli umani definiscono sorriso.
    Citò quindi la sua partecipazione al Grande Gioco, seppur con diversi metodi.

    Achaian, Eudaimōn della Comprensione.
    Sono venuto qui per proporti un patto.


    Si presentò finalmente.



    Immediatamente un'infinita serie di dubbi assalì 777, ormai non più certo dell'efficienza del suo simile nel suo lavoro. L'onore e l'educazione che lo contraddistingueva, però, lo portò a ricambiare i convenevoli.

    IO SONO IL TRAXYSDAIMON 777 ARDENT WHEELS OUTSPEED THE WICKED, ELEMENTO BELLICO D'ASSALTO DI POLEMOS, STRUMENTO DI GUERRA DI PHANES E ARALDO DEL CONFLITTO. IN ALTRI CONTESTI SAREBBE STATO UN PIACERE FARE LA TUA CONOSCENZA, FRATELLO.



    L'onore provato nel pronunciare quelle parole riaccese una scintilla nel suo cosmo, che si tradusse in un leggero sfrigolio di fiamme sul suo corpo e dalle palpebre dei cento occhi.

    MA LA TUA INTROMISSIONE HA ROVINATO UN CAPITOLO DEL MIO PERSONALE GIOCO E CIÒ PURTROPPO NON POSSO IGNORARLO.



    Se gli occhi di Achaian lo osservavano curioso, gli occhi di 777 osservavano Achaian con repressa e controllata furia.

    UNO STRUMENTO DI POLEMOS NON SCENDE A PATTI CON NIENTE E NESSUNO, IL NOSTRO INTERVENTO NELLA REALTÀ NON LASCIA SPAZIO ALLE TRATTATIVE O ALLA DIPLOMAZIA. SIAMO ENTITÀ DI AZIONE, NON DI DIALOGO.


    Le scintille sul suo metallo si trasformarono presto in piccole e sparse fiammelle color cremisi.

    ORA VATTENE, E NON PERMETTERTI MAI PIU’ DI INTROMETTERTI NEI MIEI COMPITI, SERVITORE DI ETERE



    Disse il Daimon legato e senza il totale controllo del suo stesso essere. Non gli importava, ci avrebbe messo mesi, anni, secoli. Non aveva fretta, prima o poi qualcosa sarebbe successo, prima o poi si sarebbe liberato. Grazie alla sua forza o all’entropia che avrebbe divorato la sua prigione.
    Avrebbe atteso il naturale decorrere delle cose o persino la sua morte. D’altronde, se non fosse riuscito a liberarsi in quel incarnazione non sarebbe stato nemmeno degno di servire Phanes neppure nella più basilare delle sue funzioni primarie.
     
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    Lo sguardo di Achaian rimase impassibile. Il suo sorriso non accennò a diminuire ma le ali del suo viso si mossero in un movimento che poteva essere letto come uno strano misto di supporto, ammirazione e malinconia. Incredibile come niente del daimon esprimesse un elemento di negativo che fosse uno.


    Roteando leggermente il dito indice, strani segni simili a parole di un linguaggio senza senso apparvero sul corpo dell’angelo della furia e in pochi secondi si infransero come corde tese da tanto tempo. Il tuo corpo è più leggero, anche se non lo senti completamente libero.



    I tuoi compiti sono anche i miei, Campione di Nodens. Parli del Gioco, ma non ti chiedi come è possibile che meri mortali abbiano messo una Forza Inarrestabile come te in catene? O di come mai continuano con questi inutili esperimenti? O di come tutto il materiale su di te o altri esperimenti del Sito non viene divulgato alla Grado?

    Nei cieli si sospetta che qui qualcosa sia in moto…



    L’angelo della Luce alzandosi inizia a camminare per la stanza per poi voltarsi, guardandoti. Questa volta ogni fibra del suo corpo sembra perdere ogni splendore di affabilità, gioia e allegria. Ora vedi in lui ciò che tu sei, nella perfezione che è la Furia ma portata su altri concetti.

    Le sue parole, prima miele, ora sono affilate più dell’ossidiana mentre dice questo singolo concetto che ogni essere vivente sussulterebbe a sentirlo da quelle labbra:


    Un Caduto.

    La mia missione era Comprendere cosa stesse accadendo qui, ma tutto ciò che ho incontrato e i sigilli più profondi che ti legano oltre a quelli più superficiali e umani, mostrano una matrice angelica. Che Falid sia in combutta, controllato o altro non lo so.

    Il Patto che ti propongo non è di allentare la tua Furia, ma di aiutarmi a scovare questo traditore, dimenticando che siamo parti opposte nel Gioco e collaborando per distruggere il nemico del nostro Signore.

    Mio caro 777 ARDENT WHEELS OUTSPEED THE WICKED, non sono qui per trattative o diplomazia.


    Sono qui per toglierti il freno a mano.




    Angolo Master -

    Sei libero.

    Senti ancora dei confinamenti che non riesci a definire (lo scoprirari più avanti). Per il resto hai tutte le abilità e capacità angeliche ad energia Blu.

    L'angioletto comunque ti da informazioni abbastanza succose che qui qualcosa non sta andando come dovrebbe.
    Non ha la sicurezza, ma visto che si è imbattuto in te sta chiedendo un team up per andare in fondo alla faccenda.

    Ovviamente gestisci queste informazioni come meglio credi, in ogni caso appena decidi di uscire dalla stanza concludi il post osservando come ogni unità di basso rango del piano è già fuori combattimento con cristalli che gli spuntano dal corpo.

    E di Falid nessuna traccia.




     
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    Se la ruota di Polemos avesse letto anche solo per un istante una qualsivoglia punta di compatimento negli occhi del messaggero di Etere la situazione e la conseguente conversazione, o alterco, avrebbe preso una piega nettamente differente. Achaios era però abile nel suo lavoro; vedendosi bene dal lasciar trasparire alcun indizio sul suo stato d'animo o impulsiva e naturale reazione dal comportamento di 777.
    Attese quindi che l'ospite abbandonasse lo spazio così maleducatamente occupato per lasciarlo alla lunga attesa che componeva i suoi doveri, finché una strana sensazione di leggerezza lo pervase improvvisamente.
    Una serie di catene ornate da linguaggi sconosciuti persino ad esso, dorate e lucenti, apparvero tutte intorno al suo corpo, mostrandosi come misure cautelari aggiuntive alle basilari e noiosamente terrene soluzioni di prigionia umane. Con un gesto del dito, Achaios le frantumò in una pioggia di detriti luminosi che sparirono presto nell'atmosfera di quella ormai claustrofobica stanza.
    Al disciogliersi delle catene dorate, il corpo intero di 777 realizzò immediatamente quanto inutili e ridondanti fossero quelle imposte dagli umani. Con una rapida flessione del flusso cosmico le detonò con naturalezza incastonando come proiettili i vari anelli nelle pareti e nel soffitto della stanza.
    Inspirò. Ispirò a fondo. Ad un occhio attento la gabbia toracica composta di metalliche tubazioni cromate che fungeva da motore del Daimon mutava ritmicamente nella forma e dimensione. L'ampio respirò però sembrava fermarsi proprio vicino al culmine, pochi centimetri cubici d'aria prima al necessario riempimento totale dei polmoni, pochi impeti cosmici prima necessari al risveglio completo. Era libero, sì, ma si sentiva come appena destato da un sonno durato interi secoli, come se qualcosa permanesse nel suo subconscio e fosse marmoreo nelle sue intenzioni carceriere.
    Forse c'entrava Achaios, forse solo lui poteva vedere il sistema di controllo imposto sul Traxysdaimon dagli umani e, conscio di ciò, decise di slegarlo da esso, ma non completamente. Pochi istanti prima che l'elemento vocalizzasse intensamente il suo disdegno per tale trattamento, Achaios lo bombardò di inutili interrogativi. Gli chiese come potesse non chiedersi dell'origine di tali capacità e strumenti in mano a quegli umani, del perché continuassero a sperimentare su di lui e del perché non avessero mai divulgato i suoi dati all'esterno della struttura. Come se avesse mai potuto entrare in possesso di tali informazioni. Come se fosse stato anche solo lontanamente interessato a conoscerle, tali informazioni.
    La Ruota era un'arma. Nulla più. Non gli era concesso pensare, tramare, ragionare su possibili sviluppi terreni e mortali. Non gli era concesso, non era nemmeno lontanamente impostato nei meandri più primordiali della sua antica, antichissima mente. Se filosofeggiare o ponderate fosse stato il suo lavoro, non sarebbe stato un Daimon della Furia.

    Achaios barcollò per la stanza con forzata distrazione, sforzandosi di mantenere attiva una farsa troppo evidente. Improvvisamente, devio da ogni indizio visivo o facciale, il suo intero Io mutò in una seria e preoccupata determinazione. Un secondo dopo intonò una parola proibita.

    Un Caduto.










    Disse che la sua missione consisteva esattamente in ciò. Individuarlo ed eliminarlo. Quelle parole arrivarono ovattate alle sinapsi di 777, che secondo dopo secondo caricava al suo interno una carica di odio e aggressività tali da causare un chiaro tintinnio dal metallo della ruota riempito di muscoli in contrazione estrema, per contenere il terrificante quantitativo di violenza che bramava avidamente di potersi liberare.


    Il figlio di Etere continuò impassibile, serviva ben altro per alterarlo. Non si sarebbe aspettato niente di meno e nulla di tutto ciò che stava accadendo nelle immediate vicinanze sarebbe stato un pericolo per esso, complice la naturale emanazione cosmica.












    Ad ogni modo, la stanza esplose.

    Il risveglio del cosmo dell'elemento d'assalto fu così violento dal crepare cemento armato e corazzato del bunker in ogni centimetro delle pareti. Il tavolo e la sedia divennero polvere e poltiglia di plastica mente il falso vetro scoppiò in frantumi con un boato violento, superato solo dal rombo del possente e infuriato V8 che animava il Daimon.

    Inoltre, il sentir pronunciare il nome di Falid generò dentro di lui una carica aggressiva equivalente a quella causata dalla nomina della probabile presenza di un caduto. Se lo scienziato avesse anche solo lontanamente provato a collaborare o a favorire il peggiore dei traditori lo avrebbe personalmente vivisezionato e cotto dall'interno da fiamme più calde del più profondo baratro infernale.

    Poi, Achaios pronunciò il suo nome. Il suo nome completo.
    Il nome completo che inequivocabilmente descrive, determina e soprattutto ufficialmente attiva un Daimon.
    Il nome completo che fungeva da formale chiamata alle armi, che con arroganza e sfrontatezza imponeva il Traxysdaimon nelle insopportabili e sfaccettate sfumature di quella palude di pece chiamata realtà.

    Un ordine diretto di rilascio dei sigilli di sicurezza, di completo abbandono al sacro dovere. E 777 era pronto, lo era sempre stato, in ogni momento e luogo.

    LA PROCRASTINAZIONE DEI TUOI INTENTI E L'OMISSIONE DEI DETTAGLI DEI TUOI ORDINI DIRETTI POTREBBE AVERE GIÀ CAUSATO DANNI ALL'ORDINE DEGLI EVENTI E L'ALTERAZIONE DEI MECCANISMI DEL GRANDE GIOCO.
    SE CIÒ CHE DICI È VERO, SE ESISTE ANCHE SOLO UNA LONTANA POSSIBILITÀ DELL'EFFETTIVA ESISTENZA DI UN CADUTO NELLE VICINANZE È NOSTRO IMPERATIVO DOVERE FARE TUTTO CIÒ IN NOSTRO POTERE E OLTRE PER DEBELLARE LA MINACCIA.



    Credeva ciecamente a ogni parola generata da quel turbinio di fanatismo e fondamentalismo angelico che era il suo orribilmente terreno cervello. Non era certo però che il collega lo prendesse in qualche modo sul serio. Due creature simili e allo stesso tempo così profondamente lontane.

    MA IO NON SONO NÉ GIUDICE NÉ GIURIA, BENSÌ UN ESECUTORE DEL VOLERE DI NOSTRO SIGNORE.



    E fremeva indescrivibilmente dalla voglia di fare del male all'eresia. Lì, nelle profondità delle sue cellule mutaforma, un tremore causato dall'anticipazione e dalla fatica nel contenere la propria prorompente sete di sangue bramava di liberarsi.
    Una rabbia primordiale, perfettamente in linea con le regole e direttive imposte nella sua stessa creazione. Il soldato di Polemos non era mai realmente cambiato, non si era mai realmente evoluto, non si era mai realmente sviluppato. Ogni problema o nemico lo aveva sempre affrontato a capo chino, caricando con tutto il proprio peso. Provando e riprovando fino al successo, incurante della propria incolumità, dell'approccio o della strategia. Era stato creato come ariete d'assalto, non come ufficiale da terza linea.

    E DA TALE IO TI CHIEDO SOLO UNA DIREZIONE DI ATTACCO E LA CERTEZZA DELLA TUA FURIA. IO IN CAMBIO TI GARANTIRÒ LA MIA, MA DI QUESTO NE SEI GIÀ A CONOSCENZA, FRATELLO.



    Si diresse verso l’uscita, lanciando rapido un’occhiata a ciò che lo aspettava oltre il misterioso uscio. Quel oltre che tanto aveva immaginato.
    Un androne. Dei corridoi. Dei corpi. Dei cristalli.
    Silenzio e anticipazione.
    L’attesa, la parte peggiore della guerra.
     
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    Camminate per i corridoi della struttura sotterranea.

    Il pattern è strano, con uffici che seguivano a laboratori e a zone ampie di deposito degli strumenti e materiali. Non confusionario ma che riconosci come un espediente più basilare di una linea di difesa per rallentare una entità ostile per entrare. O uscire.


    Vari ricercatori e personale di difesa erano riversi a terra come se dormissero scomposti in preda a qualche strano sogno. I cristalli brillavano lievemente di luce cosmica fra il rossastro e il dorato, luccicando più forte accompagnati a movimenti delle pupille e delle palpebre.


    Riconosci alcuni di quelli che si sono occupati di te in passato. Mai crudeltà o perversa dimostrazione di affetto per un esemplare di laboratorio come alla fine eri, ma cordiale professionalità che comunque ti aveva impedito per chissà quanto tempo di solcare questo mondo e fare ciò che andava fatto.


    Cosi inermi che sarebbe stato ancora più semplice schiacciare le loro teste eretiche sotto la suola dei tuoi piedi se vorresti, ma se anche solo il pensiero di dare giusta retribuzione aleggia nel tuo cosmo, quel senso di blocco che hai avvertito per tutto il tuo soggiorno sembra ritornare più forte.

    Se tentassi anche solo di toccare uno dei ricercatori con intento ostile, i tuoi arti si bloccano, le tue fiamme si diramano e la tua arma si ferma.



    I sigilli che ti legano sono strani, antichi e potenti – dice Achaian intuendo i tuoi pensieri – ho sciolto quelli fondamentali che ti impediscono di agire, ma sembra che quelli che impongono un tabù sull’uccisione di queste persone siano molto più forti. Tuttavia ho già letto le loro menti e non necessitiamo la loro morte per la missione.

    Innocenti, nessun influsso di corruzione, caos o caduta. Ma sono pesci piccoli, alcuni fra quelli di basso rango non sanno neanche che tu sia un daimon per dire. All’oscuro dei segreti che albergano in questo luogo. Ma altri sapevano che Falid teneva qualcosa nelle zone più profonde del sito...



    Un montacarichi compare svoltando l’ennesimo corridoio. Sembrava stranamente vecchio e pericolante, ma l’aria che usciva dal di sotto aveva una essenza che anche se estremamente debole copiava la vostra. Inoltre la polvere e le ragnatele presenti erano mosse attorno alla zona del pulsante distrutto da una ascia antincendio. Usato recentemente e lasciato in modo che potesse se possibile rallentarvi ancora di più.



    Il Livello 66-L

    Una vecchia miniera di sale dal quale si è sviluppato il sito. Nessuno può andarci, nessuno può anche parlarne o inserirlo nei documenti. Un luogo che non esiste.
    La nostra pista e la tana del nostro obiettivo.




    […]



    Raggiungete il fondo.

    L’eco del vuoto che si mischia con quello dei vostri passi. L’essenza angelica è ancora più incombente, sebbene sempre ovattata in un tentativo di nascondersi ma chiaramente con una direzione. La luce ovattata di luci al neon non sembra riuscire a coprire l'immensità di questo spazio che non ha nulla di terreno.



    parcheggio_driver






    Angolo Master -

    Chiedo venia per il ritardo.

    Il sito dove si trovano i laboratori e tutto e completamente vostro. L'angioletto ha messo fuori uso chiunque e non trovate ostacoli o pericoli, tuttavia come detto per quanto sei libero di fare qualsiasi cosa, semba che non puoi attaccare gli umani.

    La struttura è labirintica ma Achaian ti guida se lo vui seguire e arrivate a questo montacarichi non funzionante. La tromba che si trova al di sotto si estende per TANTO, difficile dare una stima precisa. Come vuoi arrivare in fondo, beh, problema tuo, dimmi come farebbe la ruotina.


    Se ci riesci, arrivi in fondo seguito da Achaian che svolazza allegramente. Il luogo è ampio in modo paradossale per kilometri e kilometri con pochi pilastri e apparntemente nessuno ostacolo.

    Puoi correre verso il tuo obiettivo fino a quando avverti deboli impronte cosmiche attorno a te.



     
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    La struttura, edificio, il complesso tutto, si estendeva per direzioni e dimensioni sempre più mastodontiche.
    Non era un semplice centro ricerche, non una postazione di studio o all'occorrenza una base militare. Ogni stanza, ogni corridoio, porta e piano erano stati studiati minuziosamente e nei più minimi dettagli per uno scopo preciso. Tale scopo era ignoto a 777, ma nulla gli vietava di presupporre, teorizzare una possibile linea di pensiero passata che portò a quella peculiare architettura.
    Progettazione tipicamente umana, con corridoi uniformi e dalle dimensioni facilmente navigabili dalle dimensioni medie del corpo umano. Alcune stanze, adibite a probabile archivio, strabordavano di documentazione e scartoffie impilate ovunque con metodicità diametralmente opposta a quella che ci si aspetta da un istituto segreto ed altamente specializzato. Era altresì possibile che l’armageddon avesse limitato l'accesso a sistemi di archiviazione più efficienti, ma la teoria non convinceva la natura inquisitoria del Daimon; per quanto non sopportasse quel lato incontrollabile di sé stesso. Quel difetto che tanto rischiava di mettere in discussione la reputazione di Traxysdaimon che, con tanta fatica e onore, aveva difeso per miliardi di anni.
    Nuovamente si trovò a perdersi in spicci enigmi filosofici. L'elemento d'assalto 777 era stato creato come armamento dalla cruda e semplice efficienza. Nulla di più, nulla di meno. Soffrire, gioire, patire e godere non erano concetti intrinseci al suo essere, non potevano trovare spazio all'interno del suo animo se mai avesse voluto mantenere anche solo una briciola di purezza originaria. Eppure si chiedeva, periodicamente e insistentemente, come facessero grandi guerrieri del passato a raggiungere tali scopi facendosi travolgere spesso e volentieri da certi superflui rallentamenti sentimentali. Infinite erano le gesta raccontate dei migliori guerrieri umani che preda di enormi dolori o succubi di un intenso amore riuscivano a compiere azioni trascritte immutate e plausate nei libri di storia, nei canti di guerra, nei racconti tra generazioni. Come facevano certi umani, così difettosi e oggettivamente inferiori ad esso, a raggiungere vette persino superiori alle sue?
    L'arma migliore, infine, è quella che non ragiona ed esegue ciecamente o quella che grazie al proprio intelletto e alle proprie emozioni e istinti si adatta, muta e colpisce con rinnovata ferocia?

    Domande simili non le avrebbe mai poste esplicitamente, soprattutto ad un fratello recentemente riscoperto e conosciuto. Rimasero contorti ragionamenti interni, come sempre fu e come sempre sarebbe stato.
    Sì limitò pertanto a farsi guidare tra le mura di quel labirintico e blasfemo castello dedicato alla profana ricerca dell'ignoto e dell'incompreso, picchiettando ritmico coi propri spuntoni sul duro pavimento del complesso.
    La spiazzante differenza tra i due araldi di Phanes era persino più evidente nel loro metodo deambulatorio. Achaios non emetteva un singolo suono, imponendosi nella realtà con educata e ponderata preparazione ed etichetta; sì muoveva con delicatezza e imprevedibilità, come se i suoi numerosi occhi preannunciassero la prossima direzione da prendere, senza prenderla mai. 777, al contrario, sembrava un macigno di acciaio raschiato su di un pavimento liscio e appena lucidato. Il rumore del suo solo muoversi era ritmico e deciso, i decibel limitati solo dalla scarsa superficie di contatto tra la punta degli spuntoni e il pavimento.
    Muovendosi, 777 causava fastidio e disagio uditivo a chiunque fosse vicino e non fosse sufficientemente schermato per contrastarlo. Non era coinvolta un'abilità o tecnica particolare, semplicemente un'enorme ruota di metallo alieno da un indefinito peso di decine e decine di chilogrammi spostata da un'altrettanto aliena fonte energetica non avrebbe mai potuto in alcun modo essere silenziosa. Non era stata creata per esserlo, bensì per essere efficiente nell'unico scopo per il quale è stata generata, combattere.
    Come il corpo di 777 rispecchiava il suo compito, così era anche per quello di Achaios.

    I suoi carcerieri, molti conosciuti e altrettanti mai visti prima, giacevano a terra in una stasi perpetua, pacifica, artificiale. Suppose fosse frutto del lavoro del fratello, combattuto dalla complicata decisione di considerare tale sotterfugio un geniale metodo di neutralizzazione del nemico o uno spiccio tentativo di allontanamento dal puro e sacrosanto conflitto. Fu tentato di rimproverare il fratello, bloccato solo dalla raramente matura realizzazione che gli agenti della realtà erano una variata moltitudine e che per ovvie ragioni non avvezzi tutti alle stesse tecniche o metodi lavorativi.
    Ma che ne sapeva 777 di tali meccanismi, lui era solo un'arma al servizio di chi si fosse dimostrato degno. Un'arma con un scopo.
    Uno strumento di conflitto.

    Se si fosse trovato in una situazione normale, soppesando attentamente la ormai variabile connotazione del termine, avrebbe punito, o con la morte o la tortura, il responsabile della sua prigionia. Qualcosa però lo aveva sempre fermato. Ogniqualvolta un pensiero violento o assassino tentava di farsi disperatamente strada nei suoi processi naturali, un altrettanto potente e primordiale meccanismo lo bloccava totalmente, spegnendo ogni suo tentativo di ribellione, estinguendo la fiamma sul nascere. Erano forse quelle le catene di cui parlava Achaios. Era forse quella o una delle tante temibili armi in serbo alla Grado.
    Non era la prima volta che entrava in contatto con un'organizzazione umana così efficiente. Ai tempi del Mito sia Lemuria che Atlantide possedevano risorse e stratagemmi perfettamente in grado di contrastarlo e rovinargli così come ritardare i suoi piani e, di conseguenza, il volere di Phanes.
    Nulla di tutto ciò riuscì mai a scalfire la sua tenacia, ovviamente, ma non potè fare a meno di osservare con professionale e distaccata ammirazione come questi umani riuscissero a creare così tanto in un'era di così poco. Come riuscissero così bene ad assicurare, contenere, proteggere.
    Senza alcuna richiesta specifica da parte del Traxysdaimon, Achaios avviò una conversazione ricolma di informazioni non utili all'operazione. Gli spiegò come i sigilli che ancora lo attanagliavano erano qualcosa di ben più raffinato e complicato di quelli recentemente recisi dal Daimon della Sorte. Espose concisamente che gli umani a terra erano solo vittime di un meccanismo più grosso nel quale non avevano ovviamente alcuna voce in capitolo, travolti da un destino che li aveva resi vittime di qualcosa più grande di loro. Achaios sottolineò come l'uccisione di quelle persone non avrebbe portato a nessuno vantaggio, che avrebbe generato un inutile spargimento di sangue innocente. Nessuno lì dentro era davvero innocente, nemmeno loro due dall'alto del loro angelico stato. Lo sapeva 777, lo sapeva il ritrovato fratello. Decise comunque di stare al gioco per salvaguardare la collaborazione.

    “MAI MI PERMETTEREI DI ATTACCARE UN SOLDATO INERME COLPEVOLE SOLO DI SEGUIRE DILIGENTEMENTE I PROPRI DOVERI E L'ESECUZIONE DEGLI ORDINI IMPARTITI.”



    Non disse niente di falso; l'omissione di eventuali dettagli di clausole capaci di rescindere quel sacro contratto fu però volontaria.

    Lì, nei meandri più intimi della struttura, un marchingegno apparentemente atto a spostare gli umani sull'asse verticale giaceva guasto di fronte ai due Daimon. Un crudo tentativo di manomissione si presenta sotto forma di un'ascia da salvataggio incastonata tra i comandi dell’apparecchio.

    “OSSERVA CIÒ DI CUI HANNO BISOGNO PER SIMULARE UNA FRAZIONE DEL NOSTRO POTERE. PREGO, SEGUIMI.”



    Annunciò con prorompente ma ricercata educazione. Procedette quindi a conficcare due protuberanze tendinee scaturite dai lati del motore nella fessura tra le due ante metalliche del montacarichi. Esercitando forza e pressione senza un'oncia di prezioso cosmo, avvenne l'apriti sesamo fra un'orchestra di stridii e fischi insopportabili.
    Ovviamente, della cabina nessuna traccia. Dovettero scendere solo grazie alle proprie capacità. E se quelle di Achaios si traducevano in un'elegante e silenziosa planata controllata, quelle di 777 riassumevano la cruda rievocazione di un elicottero da incursione. La sua tecnica di volo consisteva semplicemente nel lasciarsi ribaltare sul lato e cominciare a roteare velocemente, mutando poco la struttura dei raggi che componevano la sua ruota per renderli il più possibile simili alle pale di un rotore, garantendo quindi spinta ascensionale che risultava pertanto in un estremamente rumorosa caduta controllata.

    Crudo, inelegante e quasi volgare, ma estremamente efficace.
    Così, cominciarono a scendere, abbandonandosi alle crudeli ma ferree regole della gravità. Scesero, scesero a lungo. I minuti si accavallarono e si susseguirono, complice anche la cautela e il costante stato di allerta comunicato ai nervi di tutto il corpo. Un messaggio chiaro di richiesta ad ogni organo recettore. Dovevano prepararsi a tutto, a chiunque o qualunque cosa osasse ostacolarli.

    La pericolosa parodia di un elicottero e l'esempio da manuale di un Eudaimon continuarono la loro discesa per ulteriori attimi che ad un comune mortale sarebbero sembrate ore. Per loro, non abituati a tenere traccia di qualcosa di così futile come il passare del tempo, quella traslazione da un'altitudine a un'altra era solo una breve virgola nella loro esistenza, indipendentemente da cosa li avrebbe aspettati sul fondo.
    E sul fondo arrivarono, e dinnanzi a loro una distesa di nulla li accolse. Insoddisfacente. Quasi deludente pensò 777, abituato a scenari di battaglia ben diversi. Abituato a combattere su spoglie lune crateriche, in fangose trincee inguadabili, in vallate adornate dai corpi dei suoi nemici.
    In quel momento però, di fronte a lui giaceva il nulla. Un nulla adornato da sparse colonne di noioso materiale industriale simile a una roccia artificiale, una roccia costruita, bestemmia primordiale a qualsiasi vera formazione minerale. Davanti a lui si estendeva un monumento all’ingordigia architettonica umana, sempre se ci fosse stata una qualsivoglia influenza umana in tutto ciò. L’estensione e l’ampiezza di quel luogo non potevano coesistere con le regole euclidee alle quali faceva fede il resto del mondo conosciuto, o quantomeno la maggior parte di esso. Non era possibile, pensò il Daimon, che qualche seppur intraprendente umano riuscisse a creare qualcosa di così esteso.

    Achaios gli spiegò che era quella la loro destinazione, il nascondiglio di quel tanto pericoloso nemico. Così pericoloso da non percepirlo nemmeno. In quella miniera di sale si sarebbe nascosta una delle più grande minacce per l’attuale stabilità della realtà e tutto ciò che 777 riusciva a percepire erano flebili scintille cosmiche provenienti da una distanza irraggiungibile in poco tempo dai normali mezzi umani. Fortunatamente il Traxysdaimon non era né umano, né normale, avendo accesso a capacità che nemmeno la maggior parte degli Homo Sapiens dotati di risveglio cosmico possedevano.

    Non gli rimase altro che abbandonarsi alle sue funzioni primarie, incendiando il proprio cosmo e riaccendendo con un boato il gigantesco V8 in tutta la sua cromata gloria eterna.
    Due appendici spuntarono dal lato del suo corpo incastonato nella ruota, conficcandosi un attimo dopo nel freddo e bianco pavimento. I rossi muscoli che ricoprivano i due neonati e crudi arti si fletterono, sollevando di peso la ruota con tutto il contenuto dal terreno, garantendo al guerriero di Polemos la libertà dal fastidioso giogo dell’attrito. Cominciò ad accelerare aumentando sempre più i giri motore e di conseguenza quelli della sua enorme ruota, bramosa di scavare la carne e le ossa.
    Mentre i giri incrementavano anche la sua emissione cosmica cresceva, portando nuove sensazioni alle sue antiche sinapsi, triangolando con più precisione la posizione del misterioso nemico. Davanti a lui. Nulla di più semplice.

    “NON CONOSCO LE TUE CAPACITA’ COMBATTIVE FRATELLO, MA NON MI PERMETTO DI DUBITARE DI ESSE, COSI’ COME NON DUBITO DELLA TUA COLLABORAZIONE.”



    Fiamme ocra e cremisi cominciarono a lambire i bocchettoni di scarico del V8, scoppiando rapide in annuncio del raggiungimento del massimo dei giri possibili dalla sua limitata potenza.

    “MI TROVO COMUNQUE COSTRETTO A SINCERARMI DI UN DETTAGLIO IMPORTANTE SOTTOLINEATO DALLE NOSTRE DIFFERENZE… RIUSCIRAI A STARMI DIETRO?”



    Gli arti si ritrassero, sparendo nella sua silhouette con la stessa naturalezza con la quale apparvero. La ruota toccò il terreno rimbalzando un paio di volte per la naturale elasticità dei materiali nell’equazione.
    Nel microsecondo necessario agli spuntoni per recuperare trazione, il Daimon sparì dall’inquadratura alla massima velocità raggiungibile, lasciandosi dietro solo una portentosa baraonda e una striscia di fiamme alte mezzo metro sul suo percorso.

    Di fronte a lui, svariati probabili chilometri dopo, una moltitudine di presenze cominciò ad accoglierlo, ritrovandosi presto al centro della loro concentrazione, pronto ad accoglierle con estremo pregiudizio.
     
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    La tua velocità era incredibile, non tanto per mera questione numerica di spazio fratto tempo ma di pura concezione cosmica che si imprimeva nella realtà. Lei non più veleno per l’essenza angelica ma mero dosso che non impediva comunque la tua avanzata per chilometri nelle profondità della terra.
    Achaian volava dietro di te non muovendo le ali di cui era ricoperto, e sebbene riuscisse a seguiti era ben chiaro che lui era fatto per le Aule della Luce e i Divini Campi di Battaglia del bene, ma non per le strade. Sembrava concentrato nel trovare il Caduto, o qualsiasi cosa che poteva darvi qualche vantaggio.


    Per molte leghe tutto sembrava ampio e vuoto, quando le colonne iniziarono ad aumentare di numero, rendendo più labirintico il paesaggio… e i punti in cui si potevano nascondere i nemici.






    Dalle ombre dietro dei pilastri spuntarono un plotone di soldati armati di fucili e strumentazioni altamente classificati ma che emanavano una chiara impronta angelica, e diversi spari di energia cosmica esplosero attorno a te, creando piccoli crateri di detriti, sale, cemento e roccia con onde d’urto atte a destabilizzare la tua corsa.

    Poi, da diverse posizioni in qualche modo accerchiarono sia tu che il tuo compagno. Armati di futuristici MANPADS (man-portable air-defense system) i loro mirini laser erano puntati verso di te e in pochi attimi una ventina di missili ad azoto liquido di matrice cosmica erano diretti nella tua direzione.

    Achaian si stava occupando delle retrovie quindi a te quelli davanti a te… ma potevi sentire qualcosa sempre più incrinarsi dentro di te. Forse l’atto esplicito di offesa, forse i legami che si stavano indebolendo per chissà quale ragione, ma sebbene ingolfato il tuo motore funzionava perfettamente.


    Puoi difenderti.
    Puoi attaccare.




    Angolo Master -

    Iniziamo la festa.


    Gli spazi diventano se non stretti, pieni di colonne sempre di roccia mista a sale e cemento. Da dietro queste colonne, ecco che spuntano soldati Grado pronti a bloccarvi.

    Per prima cosa fanno una raffica di normali raggi cosmici per tentare di destabilizzarti (AD) e poi ti sparano da diverse direzioni dei missili con un effetto simile ad esplosioni di elemento ghiaccio (AF). La loro Energia complessiva (considerali come un nemico singolo) è Rossa+ e palesemente sono in qualche modo potenziati da un daimon.

    Inoltre, i tuoi sigilli si stanno rompendo e anche se sono umani puoi attaccarli come in un normale duello... ma fino a quando sono ATTACCHI DIRETTI è come se avessi una energia in meno (quindi Rossa).

    Il compagno angelo lotta per conto suo e ti guarda la schiena.



     
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    Il cosmo divampava negli otto iniettori, distribuendosi uniformemente e violentemente nelle camere di scoppio del grosso V8. Gli alberi a camme roteavano forsennatamente mentre un sonoro ticchettio dei trentadue martelletti delle punterie accompagnava eccitato lo scambio di potenza all'albero motore. L'energia cosmica, poi esplosiva, poi cinetica si tradusse presto nel efficace mantenimento di moto che lo portò a incontrare la prima linea di difesa del nemico.
    Achaios lo seguiva subito dietro, spinto da meccanismi nettamente più semplici ed eleganti.
    777 a confronto sembrava una creazione di numerose generazioni antecedenti rispetto a quella del Eudaimon. La delicatezza e l'eleganza si scontravano direttamente con la durezza dell'antico metallo e della violenza con la quale dilaniava il terreno.

    Le colonne aumentarono, costringendo il servitore di Polemos a modificare la sua traiettoria fino a quel momento prettamente lineare. Cominciò a eseguire manovre di aggiramento, ondeggiando inclinandosi per evitare quella che ormai era una vera e propria foresta di cemento. In mezzo a quei supporti bianchi di eretica pietra bianca delle presenze si palesarono quasi all'improvviso. Quasi, perché in realtà della loro presenza ne venne notificato da chilometri di distanza; un presentimento, divenuto dubbio e quindi certezza al diminuire della distanza.

    Apparvero sincronizzati da diverse posizioni, occultati dai colori che indossavano e dalla moltitudine delle strutture identiche tra loro. Nascosti in piena vista, perfettamente ed efficacemente. Una perfetta esecuzione da manuale.
    Forse era quello il problema. Troppo precisi, ordinati, telegrafati. Quella non era guerra, quello era un combattimento. La differenza tra le due cose, tra i due concetti, era abissale. 777 sapeva combattere, certamente, ma ciò lo soddisfaceva minimamente. Quello che bramava era il conflitto puro, viscido nella sua genuina onestà. Vero, nella sua crudeltà.

    Burattini di qualcosa o qualcuno. Marionette spinte da una chiara influenza angelica, non soldati mossi da un ideale.
    Non poteva rispettarli, non poteva permettergli un degno combattimento, non poteva garantire loro un futuro. Non c'era passione in tutto ciò, non c'era amore o odio.

    La delusione non mutò minimamente l'approccio con il quale affrontò la problematica.

    Qualcuno doveva odiare. 777 era geneticamente progettato per farlo.
    E odiando avrebbe distrutto. Odiando avrebbe ucciso, ripetendo il ciclo fino al completamento dell'ordine, fino a nuovo ordine.

    Avvenne tutto con ponderata precisione.
    Prima una raffica di raggi ad alta temperatura e velocità. Sibilanti come serpi e rapidi come la luce impaziente.

    Un click, poi un acuto fischio preannunciò l'accensione del carburante di una ventina di missili terra-aria a matrice e a ricerca cosmica.

    “NON MI UCCIDERETE. NON SENTO IL VOSTRO ODIO.”



    Non era una provocazione, ma una premonizione dettata da una moltitudine di elementi che un normale mortale o che un normale umano non avrebbe mai colto. Non si trattava di un complicato trattato definente l'evidente differenza tra la materia di cui era composto e la specie dominante sul pianeta terra, bensì una previsione generata unicamente da un bagaglio di esperienza risalente a periodi ben antecedenti al concetto stesso di tempo o materia.

    Con movimento irregolare in più direzioni schivò una buona parte dei raggi a laser che per lo più impattarono sull'ampia ruota angelica, sfrigolando rumorosi sull'alieno metallo, rimbombando per centinaia di metri nella cavernosa struttura sotterranea. Il boato dei missili, però, fu persino maggiore. Il movimento serpeggiante del Daimon lo aiutò sì ad evitare diretti danni ingenti, ma non a schivare e debellare completamente la salva di razzi che lo raggiunse dalla maggior parte delle direzioni. Non riuscì per ovvie ragioni a contare quanti missili impattarono sul suo corpo, principalmente per la cinetica e l'inerzia accumulata nel suo spostarsi. L'inerzia stessa, alleata la maggior parte del tempo, si rivelò in quella specifica situazione come il peggiore dei nemici. Impossibilitato a manovre evasive complicate sia a causa della velocità accumulata che per l'ambiente ostile a strette curve d'emergenza, non rimase altro al Traxysdaimon che assottigliare il più possibile la propria silhouette negli ultimi preziosi istanti antecedenti all'esplosione dell'attacco nemico, amplificando inoltre la propria emanazione cosmica per la creazione di un improvvisata barriera energetica difensiva.

    Lo scoppio, singolo all'apparenza ma composto da tante piccole esplosioni concatenate a brevissima distanza tra loro, sì concentrò completamente sulla figura del Daimon, inondandolo del peggiore dei veleni per un velocista come lui. Azoto liquido, freddo sintetico ma realmente ed estremamente pericoloso. Le esplosioni, plurime, contribuirono a stressare la barriera cosmica eretta dal Daimon, trovando inevitabilmente la loro strada attraverso la stessa. Schizzi di azoto liquido sopravvissuti alla difesa lo colpirono sulla sua corazzata pelle, ustionandolo criogenicamente e disegnando macchie scure di carne morta e sigillata sul suo corpo. Un infinito attimo dopo, arrivò il lancinante dolore.

    Se 777 avesse avuto una bocca, o un volto, avrebbe sorriso con ogni muscolo a disposizione. Era passato tanto, tanto tempo da quando sentì realmente dolore dall'ultima volta. Durante la prigionia partecipò come strumento della Grado a numerosi conflitti ombra in tutto il globo, ma nessuno di essi pose un reale pericolo alla sua incolumità.
    In quel giorno, però, l'urlo dei recettori nervosi al suo antico cervello fu come una rivelazione e un risveglio uniti in un’apoteotica culminazione di potere e violenza che ridefinirono finalmente le necessarie linee guida di un Daimon troppo vecchio per cambiare davvero.

    Le esplosioni, oltre a donargli l'allerta cerebrale causata dal dolore, lo proiettarono a pochi metri dal terreno, quasi sfondando il basso soffitto con la sua mole. L'inerzia che permase lo lanciò oltre i soldati, a circa una cinquantina di metri dalla loro posizione. Si trovò quindi oltre il conflitto. Oltre i soldati e oltre Achaios, la posizione peggiore per un assalto corpo a corpo, ma perfetta per ripianare il campo di battaglia spiegandosi nel più banale e semplice dei modi utilizzando la vera e unica lingua universale: la potenza di fuoco.

    La ruota atterrò rimbalzando con un metallico frastuono, fermandosi pochi metri dopo lasciando un solco nel terreno con gli acuminati spuntoni.
    Dopo aver subito l'ultimo quantitativo di inerzia e dopo essersi finalmente fermato, il Daimon ruotò su sé stesso, portando l'apertura della circonferenza verso il nemico appena superato, verso il nemico di Achaios e collateralmente, verso Achaios stesso.
    Il motore vibrò vistosamente, cominciando quindi a smantellarsi in una biomassa che ne componeva in realtà la struttura. Continuando a espandersi, la massa di carne, tendini, vene e ossa si estese oltre la ruota, rimanendoci ancorata per un lembo. Un tunnel si formò con la ruota come entrata, chiuso nell'altra estremità.

    “RETALIATE. RELOCATE. RE-ENGAGE. QUESTA È LA BASE DELLA GUERRA, ACHAIOS, QUELLA VERA. POSSO INSEGNARTELA. PUOI ASCOLTARMI.”



    Disse, intromettendosi violentemente nelle sinapsi del fratello.

    Sul fondo del tunnel un enorme occhio iniettato di sangue e cosmo prendeva la mira.
    All’interno della struttura di carne e ossa un insieme di strutture arrotondate si plasmò distribuito sulle pareti della carne interna, roteando rapide.

    “AD ESEMPIO, ORA VIENE IL PUNTO DUE. LEVATI.”



    Dall’occhio si sarebbe generata una sfera di cosmo incendiario intriso delle più bollenti fiamme capace di generare il suo limitato potenziale, arroventata e inglobata in uno strato cosmico per fornirne tatto e forma.
    Una leggera spinta e la sfera di cosmo sarebbe entrata in contatto con la prima serie di strutture roteanti, aumentando immediatamente la velocità della stessa, accelerando sempre più con un incrementare aumento della capacità cinetica e col contatto con le successive serie di strutture roteanti. L’uscita della bocca di fuoco non avrebbe mirato al gruppo di nemici, bensì alla zona centrale a loro, comprendendo anche l’attuale posizione dell’alleato Eudaimon. L’eventuale esplosione all’impatto col terreno, seguendo una leggera parabola, avrebbe generato una potente onda d’urto susseguita naturalmente da un’ondata di fiamme atte a polverizzare ogni cosa sul loro breve ma esplosivo tragitto.
     
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    L’esplosione e le tue fiamme in pochi istanti si espandono fra i ranghi, colpendo ogni cosa compreso l’angelo dello splendore che, quasi sbuffando pazientemente, eresse una barriera di puri cristalli cosmici mista a piume che assorbì parte del colpo mentre si allontanava.


    I soldati non furono cosi fortunati, rimanendo quasi carbonizzati all’istante non riuscendo a contenere il tuo potere ormai libero dai vincoli imposti. Il paradosso della tua azione ha rotto ulteriori sigilli e nonostante uno strano senso di “legatura” che ancora sembra essere instillato nel tuo corpo fisico.



    Niente mezze misure… non che mi aspettassi altro da un seguace della Furia – Archaios ridacchiò mentre si puliva parte delle piume abbrustolite e parte dei sui vestiti bruciati mostrava una splendente gloria bianca che copriva le sue membra color grigio scuro – un po’ dispiace per quei soldati, ma è ben chiaro che…



    Un colpo di fucile colpì la testa di tuo fratello, scaraventandolo a terra a diversi metri da te.


    Un orribile suono di ossa e carne che si frantumavano in schizzi di sangue e midollo, risucchiati in un punto dove parte delle armature e delle armi aveva formato un fucile ancora fumante di polvere da sparo e cosmo diretto verso il luogo dove si trovava la tempia della Comprensione.
    Come mossi da una forza irresistibile, cadaveri e soldati moribondi si legarono gli uni con gli altri in una cacofonia di voci ricoprendosi di metallo e armi e diventando una Legione Demoniaca impregnata delll'energia angelica "sbagliata" in un unico corpo che ora alzava la canna verso di te.



    avogadro





    Un altro singolo sparo, ma questa volta diretto alla base della tua struttura esplodendo in una nube congelata che a 360° copre ogni superficie tentando di congelarti sul posto e impedire o ostacolare sia il tuo movimento, fiamme e trasformazioni varie.

    Nel mentre si scaglia verso di te a mezz’aria brandendo il fucile come se fosse un bastone, ma a metà del percorso fa una veloce deviazione a destra con una velocità irreale per muoverti alle tue “spalle” e cercare di colpirti per spaccarti a metà.




    Angolo Master -

    Beh, che dire.

    Riesci nel tuo intento, anche se metti in mezzo Archaios. Niente di serio comunque, si difende senza problemi e le truppe sono distrutte.

    Purtoppo sembra che il Caduto abbia davvero poteri subdoli e usando i corpi dei soldati crea un mostro che colpisce l'angelo dello splenodre mettendolo apparentemente KO (non capisci se è morto o meno) e prima che tu possa fare qualsiasi mossa ti lancia un o sparo congelante sotto di te per tentare di ostacolare le tue mosse (AD) poi scattà, facendo una deviazione (DIV) per arrivare dietro di te e cercare di bonkarti con il fucile.

    L'amico è ENERGIA BLU con Arma Fisica (Fucile), Ghiaccio e Agilità Strao.

    Tu sei a ENERGIA BLU senza impedimenti.

    Enjoy.



     
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    Lancio, volata, detonazione. L'esplosione e il fuoco tramutarono la carne umana in un indefinita massa purpurea di tessuto muscolare, divorato dall'improvviso contatto con forze indescrivibilmente più grandi di essa. Esseri umani ridotti a mucchi di carne e ossa agonizzanti. Tumori semi-senzienti ancora maledetti dal terrificante dono della coscienza. Non una delle connessioni nervose o dei fasci muscolari, pochi istanti prima perfettamente incrociati e organizzati in quella macchina semi perfetta che era il corpo umano funzionava ancora correttamente. Niente di tutto ciò poteva essere descritto con leggerezza e semplicità, con totale assenza di ripudio.

    777 si sentiva la creatura più felice dell'universo, era in momenti come quello in cui riusciva a sentire la scintilla adrenalinica della distruzione e della morte procurata dalle sue stesse capacità. Semplicemente, era in momenti come quello in cui sentiva di aver portato a termine il perpetuo obiettivo per il qualche nacque, per il quale venne portato nelle plasmato nelle maledette fauci della realtà.

    L'eccitazione durò poco. Il tempo, l'attimo di posare gli occhi sulla figura del fratello che la stessa sparì dalla sua vista in un turbinio di piume distaccatosi dal padrone. Nemmeno il tempo di rispondere a tono al sarcastico commento del Eudaimon che una nuova ma familiare traccia cosmica si palesò nell'ambiente.
    In un blasfemo mutare e fondersi delle carni, l'ammasso di corpi carbonizzati si radunò a formare una cruda mimesi di una lunga arma da fuoco fumante, appena azionata nei confronti del malcapitato fratello, ora probabilmente agonizzante lontano da 777 e dal nuovo nemico.

    Il vilipendio di cadavere era una prassi ricorrente nell'esperienza pluriepocale del Daimon, ma non smetteva mai di irritare quelle terminazioni nervose atte alla segnalazione cerebrale dedicata al riconoscimento dell'eresia. In quel momento per esempio stavano lanciando segnali chiari e inconfutabili.
    Avrebbe risolto il problema ma non prima di aver completato il suo ruolo di mentore bellico al fratello meno avvezzo al conflitto.

    “PRENDERSI UN COLPO IN TESTA È ANCH'ESSO PARTE DELLA GUERRA, MA IN QUESTO MOMENTO NON CI AIUTA, FRATELLO.”



    Rimproverò l’Eudaimon con fermezza, guardandolo volare parecchi metri oltre la sua precedente posizione. Un colpo mortale in tutto e per tutto, ma non riusciva a sentire l'odore della morte provenire dal corpo del fratello, probabilmente semplicemente gravemente incapacitato dall'attacco subito. Forse aveva pesantemente sottovalutato la resilienza del suo simile, valutandolo frettolosamente come elemento di disturbo al cinflitto. Mille manovre di Med-Evac si palesarono in perfetto ordine nell'antico ed esperto cervello di 777, scandagliate immediatamente una ad una per selezionare quella più adatta alla situazione.

    Il nemico non gli diede però il lusso di decidere proprio nulla. Non ebbe nemmeno il tempo di posare correttamente gli occhi sulla nuova amalgamazione umanoide di tessuto umano che se lo vide correre in contro a velocità sbalorditiva.
    Immediatamente, il terrificante presentimento di aver stupidamente sottovalutato il nemico si fece strada come una serpe nei dubbi di 777. La prigionia e la schiavitù lo rese viziato e pigro, abituato a non più a combattimenti veri e propri, ma a mansioni di pulizia e disinfestazione. Le sue capacità, utilizzate frazionatamente per mezzo secolo, si erano già atrofizzate e influenzate da una mentalità arrogante e deviata. Phanes l'avrebbe punito per ciò, e avrebbe avuto tutte le ragioni dell'universo per farlo.

    No, non si sarebbe fatto abbattere da una creatura entrata nell'esistenza da meno di trenta secondi, non poteva assolutamente permetterselo. Il solo pensarci lo riempì di vergogna, ridursi a dubitare delle proprie capacità contro avversari simili era indegno e meschino. Uscito da quel labirinto infinito avrebbe avviato un lungo percorso di penitenza e riabilitazione spirituale per ovviare a tali gravi peccati.

    Nel divagare mentale di 777 il colpo improvviso del nemico lo raggiunse rapido, seguito dal padrone poco dopo. Impossibile reagire in tempo, la zona non permetteva schivate in alto o in basso e lateralmente le numerose colonne ne impedivano lo spostamento. Certo, avrebbe potuto infischiarsene completamente, abbatterle tutte e portarsi il peso di milioni di tonnellate di roccia su di sé e il suo ospite d'onore, risolvendo la questione e creando una comoda tomba per quella sua reincarnazione; ma non ebbe nemmeno il tempo di considerarla come opzione. In quella forma così complicata poi, tornare così rapidamente all'interno della ruota sarebbe stato impossibile, non contro un avversario dotate di tale evidente agilità. No, la soluzione la aveva letteralmente davanti agli occhi.

    Roteò la ruota su sé stessa smontando quindi la forma di consueto cannone appena utilizzata, prostrando quindi il battistrada chiodato al proiettile in arrivo.
    Prevedibilmente il primo attacco del nemico impattò a pochi metri dall’improvvisata difesa, espandendosi in una nuvola congelante sopra tutta la sua figura.

    Avviò la ruota, inglobandola di ampie fiamme scarlatte, estese sempre più dal rapido aumentare di giri della ruota stessa. La rotazione e la distribuzione delle fiamme deviarono parzialmente la nuvola di ghiaccio, interessandolo con intensità minore di quanto potenziale, ma sufficiente a bloccarlo sul posto.
    Tentò a ragionare fulmineo su una possibile via di fuga, ma un'occasione si stava creando in quella scomoda situazione, e non poteva in alcun modo permettersi di sprecarla. Prevedibilmente il nemico, visibilmente più rapido di lui, scattò lateralmente terminato l'avvicinamento, portandosi dietro al Daimon stesso, brandendo il fucile come una rudimentale e grezza mazza da guerra.

    Il solo concetto infastidì enormemente 777, per nulla concorde all'utilizzo improprio degli strumenti da combattimento.

    In quel momento, in quel fatidico momento in cui tale mazza si stava calando con forza e velocità sul retro dell’angelico costrutto di carne e ossa, l'opportunità presunta poco prima si palesò nel più glorioso e benvenuto dei modi.

    In quel momento, infatti, tra il mostro generato dell'eresia di un caduto e la ruota infuocata e rotante del Traxysdaimon giaceva un tunnel carico di rulli acceleratori di osso con una forma del tutto simile a quella di una canna da fucile.

    Un tuono di impulsi elettrici si fece strada tra le vecchie, semplici e basilari sinapsi di 777. Era eccitato, eccitato come un cucciolo di umano durante l'anniversario della sua nascita.

    Una cosa alla volta.
    La mazzata lo colpì più nella psiche che nel corpo, e nel corpo fece parecchio male.
    Quel neonato derivato di caduto ebbe fortuna, perché si rifiutò categoricamente di pensare che un essere simile fosse anche solo lontanamente dotato di astuzia o capacità tattiche.
    Il Daimon tentò un quasi disperato espediente difensivo, aggiungendo strati di tessuto organico attorno al retro della propria struttura corporea, indurendoli e calcificandoli il più possibile, avvolgendoli infine di una grezza patina cosmica come ultima risorsa. Finalmente il colpo impattò, distruggendo facilmente lo strato cosmico e colpendo decisamente anche il corpo corazzato di 777. Se non avesse intentato quella difesa avrebbe riportato danni eclatanti, complice anche l'impossibilità di movimento procurata dal nemico.

    Il dolore venne aggiornato, rinvigorito e amplificato, propagandosi sulla zona interessata e alle ossa sottostanti causandogli un'incrinazione della massa ossea che nella normale forma umanoide corrisponderebbe alle costole posteriori.
    In quel momento, però, il nemico era nel posto giusto al momento giusto.

    Avrebbe mantenuto l'accelerazione della ruota e contemporaneamente invertito la direzione di rotazione dei rulli ossei. Dopo aver incassato l'attacco nemico, la zona di carne interessata e l'enorme occhio adiacente avrebbero cambiato forma, mutando e scomparendo nell'ammasso biologico, aprendo il tunnel in quella estremità. Con una tubazione sufficientemente larga e una serie di rulli pronti ad accoglierla, la ruota sarebbe scattata infuocata e roteante attraverso il tunnel in un improvvisato tentativo di riproduzione del concetto di funzionamento di un cannone a rotaia. Nuovamente la ruota sarebbe entrata in contatto con la serie di rulli, accelerando progressivamente e culminando in velocità tale da renderla un proiettile con potenzialità devastanti. Al contrario della precedente operazione di attacco, però, una volta conclusasi il Daimon avrebbe recuperato la sua arma mantenendosi agganciato tramite un robusto tendine, per ritornare alla meccanica forma originaria che lo contraddistingueva.
     
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    i have no idea what i'm doing

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    La carne tramutata in un burattino di ossa, tessuti e metallo non aveva un qualcosa che era possibile considerare una mente funzionante. Impulsi cosmici direzionati da chissà dove la facevano muovere con più controllo e potenza ma meno coordinazione e ragione del plotone originale.

    Tuttavia, sotto le placche di metallo hai potuto vedere come i vaghi occhi di quello che un tempo furono soldati, nelle fiamme del tuo cosmo e scintille della tua ruota, risplendevano di una luce di accettazione e gratitudine. Come se morire in battaglia era ciò a cui negli echi di pensieri che ancora aleggiavano nei loro nervi fosse l’unica cosa importante.


    Il tuo colpo arriva e letteralmente disintegra una resistenza non creata da alchimia o divinità, portando la distruzione e la purificazione dove necessitava.



    La battaglia si era conclusa rapidamente, e il silenzio accompagnava il rombo del tuo motore.
    Se ti volti, Archaios è sparito, ma piume e sangue indicavano una direzione ben precisa, la stessa da dove il tanfo di impronta angelica venduta al traditore Lucifero proveniva.

    Un eco telepatico di tuo fratello ti dice che è andato avanti sfruttando la distrazione del nemico su di te, facendoti considerare l’unico pericolo.



    Avanzi, oramai pienamente libero delle tue catene, con l’enorme area che inizia a chiudersi sempre di più in un corridoio in discesa. Lungo e grigio nel cemento, quasi liminale, fino a che una luce gialla non ti colpisce con violenza.


    lv66core





    Fiamme color oro sporco illuminano una stanza immensa, grande forse come un campo da calcio che si erge con picchi alti di cemento armato fuso dal quale lunghe catene nere tengono alzato sul mare di fuoco questa sfera nera che pullula di malvagità. Diversi macchinari, schermi rotti, computer che sembrano essere lì da secoli per quanto sia impossibile, mostrano una qualche attività umana anche se resti di scheletri in posizione di preghiera con le mani alzate verso l'artefatto demoniaco.

    Sopra di esso, decine e decine di tentacoli artificiali come sparano raggi di energia cosmica contro una figura che volando si districava cercando ti tagliarne quante più possibili con le sue ali e avvicinarsi alla sfera.

    Non più un affabile angelo che ti sorride seduta al tavolo delle interviste, ma l’essenza stessa vista da antichi popoli da cui coniarono il nome della stirpe a cui Archaios apparteneva…


    true_form

    שָׂרָף מְעוֹפֵף

    fiery flying serpent




    FRATELLO!
    - urla telepaticamente – Falid sta cercando di risvegliare il Caduto! Distruggi la sfera prima che il rituale sia concluso!


    Lo senti come in qualche modo la sfera stia accumulando energia andando a intaccare la realtà stessa, distorcendo il pensiero e la percezione. Ondate di cosmo cercando di spingerti lontano e lacerare le carni e la mente di qualunque cosa si avvicini.


    Non sembra che tu abbia molto tempo.






    Angolo Master -

    Risolvi il combattimento, e ti accorgi che Archaios ha sfruttato l'occasione per andare avanti durante il tuo scontro.

    Avanzi fino ad arrivare in questa strana, enorme stanza con tutte le cose belle descritte. Il tuo compare sembra tenere la situazione sotto controllo mentre la sfera emana potenti onde mentali e cosmiche con un effetto di destabilizzaione mentale per confonderti (AD) e pura e semplice energia cinetica che vibra per farti del male (AF).


     
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