[Trama] Sonne

Cambio: Gaz per Iperione

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    Questo è tutto quello che sono riuscita a scoprire, fratello mio. Che le stelle siano con te, cercherò di raggiungerti non appena avrò concluso nel mio settore.
    Le note del pensiero di Teti si fanno sempre più lontane, scollegandosi dalle tue con un moto di apprensione che neanche la distanza riesce a nascondere. E' comprensibile, per quanto tu sia un guerriero pressappoco invincibile e all'apice della forza, i nemici che state cercando sono diversi da qualunque cosa abbiate affrontato prima: Crono ha visto nelle pieghe del futuro che i centotto abomini, servi del Primo Male, rappresenteranno un pericolo terribile per tutto quello che state costruendo. E tu Iperione il Nero, la spada e lo scudo dei tuoi fratelli e sorelle, hai risposto senza indugio o esitazione alla chiamata del Re.
    Ne hai già catturati molti, alcuni con le tue sole forze e altri con l'aiuto degli altri undici, ma la vostra grande opera resta ancora incompiuta. Essi sono nemici infidi e vili, più rivoltanti perfino dei Daimon che avete sconfitto, senza alcuna dignità e onore che predano sui deboli e gli indifesi, seminando dolore e imperfezione ovunque si trovino per poi nascondersi come codardi per evitare la loro ineluttabile prigionia.
    Avete sofferto tanto per arrivare a questo punto, che i vostri sforzi vengano vanificati da chiunque semplicemente non è tollerabile.

    L'acqua di Teti ti si inarca su una delle braccia, disegnando ghirigori arcani di complessità e bellezza incommensurabile, prima di dissolversi nella tua Dunamis. Un'ultima precauzione prima di lasciarti al tuo compito, perché la tua preda attuale è un nemico estremamente insidioso.
    Le informazioni che hai sono preoccupanti: ai confini del vostro Impero dei mondi di frontiera, insolitamente ricchi di artefatti ed energia eterea, sono stati attaccati. Dire che quello che si è verificato è un attacco è sbagliato in verità, quello che avete scoperto è stato un puro sterminio. Una volta arrivati lì a constatare i danni non avete trovato nulla.
    Ogni singola esistenza dei tre mondi colpiti fino ad ora è stata privata della propria anima: esseri umani, animali o insetti, ogni forma di esistenza ogni singolo nodo di potere spirituale è stato totalmente prosciugato, perfino i pianeti stessi sembrano essere morti, gusci vuoti e ferite nel tessuto della Realtà che continuano a espandere questa orripilante vuotezza nel nulla tra le stelle.
    Tuttavia nel colpire in maniera così palese la creatura vi ha dato indizi: non ci sono indicazioni che si sia verificata corruzione delle società o tumulti che possono suggerire una tipologia di manipolazione più sottile, dunque la tua preda dev'essere una creatura che rifugge inganni e tranelli in favore di brutalità diretta. Inoltre la sua scelta di vittime è peculiare, nei mondi attaccati gli umani lì presenti, data la vicinanza a luoghi di potere spirituale, stavano sviluppando fiorentemente delle società basate su caste monastiche che consideravano la cultura dell'anima di primo piano; può suggerire che l'essere voglia, se non anime potenti e sviluppate, quantomeno grandi quantitativi di energia spirituale.

    I dati danzano sotto i tuoi occhi innestati nella tua mente dall'interfaccia della Soma, un quantitativo di informazioni che farebbe impazzire una creatura inferiore, ma tu non sei un guerriero qualunque; tu sei uno dei Pilastri della Realtà, il Titano del Sole, Campione dei Campioni e paladino del tuo popolo, sul tuo onore non ci sarà un'altra vittima innocente.

    La tua Nous esce dall'Immaterium, dal ponte puoi mirare la bellezza del Sole che accarezza e dà vita ai pianeti sotto la tua egida. Ora che sei qui spetta decidere come muoverti per vedere giustizia fatta.



    CITAZIONE
    Note: hellò
    Sei Iperione nell'era del mito, specificatamente dopo la Seconda Guerra degli Eterni e aver sigillato via Urano ma prima che l'Impero Infinito raggiunga la sua massima estensione e potenza. Tutti e Dodici state concentrando il massimo delle vostre risorse per catturare e sigillare i centotto mafiosi che stanno facendo casino un po' per tutto il vostro territorio (che essendo voi signori dell'universo è effettivamente ovunque); attualmente tu sei impegnato in un caso abbastanza spinoso.
    Ora, con le info che hai, dimmi come Iperione cerca di attirare in trappola il buon predone di anime che sta infestando un sistema solare molto ricco di energia spirituale e coglierlo con le mani nel sacco.
    Ovviamente sei nel pieno assoluto del tuo potere.
    Sei hai domande sai dove trovarmi.
     
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    iperione ● spadone {???} ● energia ???sonne1

    Il Titano Iperione, eretto sul ponte della sua nave spaziale, incuteva rispetto anche tra gli astri. La sua statura imponente si ergeva come una colonna di pura forza, i muscoli massicci e definiti conferivano al suo corpo una potenza divina che sembrava scolpita dalla stessa essenza del sole. Ogni movimento delle sue membra era una danza fluida, un'esibizione di forza che faceva vibrare l'aria intorno a lui. L'armatura che avvolgeva il suo corpo era un capolavoro di design divino, uno scudo dorato che rifletteva la luce delle stelle circostanti. Ogni scanalatura, ogni dettaglio scolpito sulla corazza, era una testimonianza della perfezione nella creazione divina. La luce del sole, la sua fonte di potere, danzava sul metallo divino, creando un riflesso dorato che abbagliava chiunque osasse fissare il Titano negli occhi.

    Il gigantesco spadone alle sue spalle era più di un'arma, era un'icona della sua autorità. Lame affilate come la luce del sole stesso erano pronte a tagliare attraverso le tenebre e a mettere fine a ogni minaccia che osasse affrontare il suo regno. La presenza del grande spadone parlava di una giustizia imminente, una lama di purezza destinata a sconfiggere le forze oscure e a proteggere il suo popolo.

    Mentre Iperione fissava lo spazio infinito, il suo sguardo trasmetteva fierezza e determinazione. Ogni linea del suo volto era scolpita con la saggezza di un dio, ma anche con la fermezza di un leader che non conosceva paura. Il Titano del sole pensava al bene dei suoi sudditi con un cuore compassionevole, ma la sua figura suggeriva che, di fronte all'ingiustizia, avrebbe brandito il suo spadone senza esitazione. Il Titano Iperione avanzava con un'aura di fierezza, la sua figura incanalando la luce del sole in un radiante faro cosmico. Ogni movimento, ogni respiro, era una dichiarazione di supremazia divina, un richiamo alle forze dell'universo a inchinarsi di fronte a un dio il cui rigore era tanto luminoso quanto implacabile.

    Nel cuore dell'universo, dove il potere del Titano Iperione si estendeva come un manto dorato, si celava una minaccia che faceva tremare le fondamenta del cosmo. Uno dei 108, creature oscure e malvagie, stava seminando il caos al limite dell'impero di Iperione, divorando senza pietà la vita e l'anima dei suoi sudditi. Questo abominio incarnava la distruzione stessa, una forza che annientava ogni cosa. Iperione scrutava l'orizzonte cosmico con occhi ardenti di determinazione, il suo cuore divino ribolliva di furore contro questa minaccia che osava profanare il suo regno di luce. Sul braccio, sentiva l'acqua della sua amata sorella Teti, la Titanide delle acque primordiali, che gli trasmetteva il messaggio preoccupato della distruzione che si stava abbattendo sulle sue terre.

    Con un cenno imperioso della testa, Iperione accoglieva il messaggio con calma.

    “Non preoccuparti, sorella mia", rispondeva con voce profonda, il tono carico di determinazione. "Avranno ciò che si meritano."

    L'ira divina infiammava il suo spirito mentre la sua nave spaziale accelerava verso il cuore del tumulto. Le stelle sfrecciavano come fiamme al vento mentre il Titano si avventava verso il suo destino, pronto a confrontarsi con l'orrore che minacciava il suo regno. Il suono metallico della sua armatura risuonava nel vuoto interstellare mentre si preparava per lo scontro imminente. Il suo spadone divino brillava con una luce intensa, una promessa di giustizia che avrebbe spezzato l'oscurità e risvegliato la luce nelle terre profanate.

    Iperione, il Titano della purezza e dell'onore, avanzava con passo fiero e sicuro. Il suo cuore era un fuoco ardente, una fiamma che bruciava con la fermezza di un dio determinato a proteggere il suo popolo. E mentre la battaglia divina si preparava a infiammare lo spazio infinito, il Titano Iperione si preparava a compiere l'opera della sua giusta vendetta.

    Il signore del Cielo e del Sole, con la determinazione di un dio deciso a piegare il destino stesso, si rivolgeva alla sua nipote, Astrea, con una voce che trasudava autorità e saggezza divina.

    "Siamo pronti per stanare quest'anomalia?" La sua domanda risuonava nell'aria carica di tensione, una richiesta di conferma che era più una dichiarazione di intenti che una semplice interrogativa.

    Astrea, la prima stella, incarnazione della giustizia e della purezza, rispondeva con un'energia ardente che rifletteva la sua dedizione alla causa. "Certo, mio signore", dichiarava con fermezza. "Il pianeta esca è stato posizionato come ci ha ordinato, e al suo segnale ci recheremo sul luogo con gli oggetti che vostra sorella Febe ci ha fatto avere."

    Il Titano annuiva con soddisfazione, riconoscendo la dedizione e la competenza della sua nipote. Astrea era una guerriera senza pari, una lama affilata della giustizia divina, pronta a combattere al fianco del suo signore per proteggere il loro regno.

    Iperione aveva compreso cosa attirasse la loro preda: una grande quantità di energia spirituale. Per questo motivo, si era procurato un antico artefatto dalle immense potenze astrali, un contenitore di energia pura che avrebbe agito come esca irresistibile per il loro avversario.

    Inoltre, aveva chiesto a Ceo, il creatore di mondi, di forgiare una nave spaziale dalle dimensioni titaniche, la cui forma sferoidale mimasse quella di un pianeta. Questa nave, avvolta da poteri illusori tessuti dalla magia dei Titani stessi, sarebbe stata l'inganno perfetto per confondere e attirare la loro preda. Iperione comprendeva che questo accorgimento era vitale: la vita dei suoi sudditi era sacra, e non avrebbe mai considerato l'uso degli umani come esche. Non era nella sua natura.

    Mentre la nave spaziale gigantesca, camuffata come un pianeta appena creato, si preparava a intraprendere la sua missione, il Titano Iperione si preparava a guidare la sua squadra di guerrieri divini nell'oscurità dello spazio. La luce del sole divino brillava nel suo sguardo mentre meditava sulla giusta vendetta che stava per essere inflitta a colui che osava minacciare il suo regno.

    "Bambina mia, oggi sarai testimone della nostra grandezza, sarai qui per intraprendere la via della Giustizia e dell'Onore."

    La voce di Iperione risuonava nell'aria, una melodia di saggezza e amore, mentre rivolgeva a Astrea uno sguardo che trasmetteva fermezza e affetto. Tendeva la mano verso di lei, un gesto di guida e protezione che collegava il presente alle generazioni future.

    Astrea, con gli occhi pieni di stelle, guardò Iperione con un misto di eccitazione e rispetto.

    "Sono onorata di essere qui" disse con voce ferma e sincera, stringendo la mano di Iperione con rispetto filiale. "Oggi sarò testimone della grandezza della nostra causa e pronta a seguire la via della Giustizia e dell'Onore che tu stesso ci insegni."

    Iperione, il Titano del sole, sorrise con un'approvazione calorosa. "La tua dedizione e il tuo coraggio saranno la luce che guiderà il nostro cammino, Astrea. Oggi, insieme, affronteremo le tenebre e restaureremo l'equilibrio divino nel nostro regno."

    La prima stella annuì con determinazione, la sua anima vibrante di energia guerriera. "Sarò al tuo fianco, pronta a seguire ogni tuo passo sulla via della giustizia e a combattere con te contro l'oscurità che ci minaccia."


    Iperione e Astrea si teletrasportarono sulla superficie del pianeta esca, portando con sé l'antico artefatto di Febe. La vastità di questo falso mondo si dispiegava di fronte a loro come un palcoscenico per la grandiosa rappresentazione che stava per svolgersi.Iperione sapeva che il momento della resa dei conti era alle porte, e il suo sguardo, ora rivolto verso l'orizzonte, brillava di determinazione divina. Astrea, al suo fianco, sentiva l'energia dell'ardente giustizia pulsare nelle sue vene. Era pronta a imparare, a combattere e a difendere la grandezza del regno divino. Il suo cuore pulsava con l'emozione di assistere a un atto di pura devozione alla giustizia, incarnata dalla figura maestosa di suo nonno.

    L'artefatto di Febe, contenitore di energia astrale, era pronto a essere utilizzato come esca irresistibile. Iperione, con Astrea al suo fianco, si preparava a fronteggiare l'oscurità, a combattere per la luce e a consegnare la giusta punizione a colui che osava minacciare il loro regno divino.

    narrato • parlatopensato| telepatia |
    casta • Titani
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    La vera forza dei Titani non è nel vostro potere individuale o nel controllo sull'universo materiale di cui disponete, no, sebbene questi due fattori siano estremamente importanti non è per questo che voi avete trionfato dove tanti altri sono caduti: è perché siete uniti da legami di amore e fratellanza.
    Come in questa circostanza, creature meno interessate ti avrebbero semplicemente imposto di mettere da parte i tuoi scrupoli e sacrificare le tue convinzioni in nome dell'efficienza, ma non i tuoi fratelli: hai solo dovuto chiedere di aiutarti a trionfare nella maniera giusta e loro, sebbene siano impegnati nelle loro mansioni tanto quanto te, hanno letteralmente mosso le stelle ad una tua sola parola. Anche quando siete lontani potete contare gli uni sugli altri, e sai per certo che anche se avessi chiesto a chi non condivide pienamente i tuoi ideali avresti ricevuto aiuto dello stesso calibro.

    Non è cosa rara che i signori dell'universo decidano di far apparire pianeti ove prima non ce n'erano; la Seconda Guerra degli Eterni ha annichilito un numero imprecisato di sistemi solari nella loro interezza, è perfettamente nei vostri diritti e possibilità ricreare ciò che è stato perso.
    Una volta posizionata la trappola, bisogna attendere solo che la creatura vi cada ma non hai dubbi sulla cosa: un fulcro di potere ricolmo di pura Energia Astrale, benedetto dalla Signora dello Spirito in persona, è un premio troppo allettante per un predone di anime.
    I sensori lo individuano, finalmente, entrare in contatto con l'atmosfera del pianeta fasullo. Quando posi lo sguardo sull'entità non ci sono più dubbi sul fatto che sia uno dei centotto, poiché solo loro dispongono di una maestria nelle arti oscure tale da occultarsi alle percezioni di un Dio; persino adesso non riesci ad avvertirne la presenza, non fosse per il supporto degli strumenti di osservazione che ne stanno tracciando l'avanzata non lo vedresti nemmeno. L'essere è ammantato di spirito, pervaso da un potere oscuro e contorto, Astraea al tuo fianco gli rivolge odio e disprezzo, oltre anche anticipazione per il confronto che verrà.
    Nel momento in cui tocca la superficie, la trappola scatta: il cielo artefatto sfarfalla, attraversato da interferenze mentre l'illusione di calma si rompe, vegetazione placida e lussureggiante viene sostituita da freddo metallo attraversato dal potere del Fulmine che ogni cosa smuove, e voi vi rivelate in tutto il vostro potere. Ma l'essere non sembra allarmato, per nulla.

    La sua forma comincia ad incresparsi come uno sbuffo di fumo attraversato dal vento prima di dissolversi, seguita da un breve impulso di pura energia eterea che tuttavia non rappresenta un attacco; è una conseguenza, come se avesse invece liberato qualcosa.
    E poi l'area nella sua interezza si riempie di anime.

    mJfIH5Y


    Umane, tutte, ma la cosa che lascia sgomenti non è solo il loro numero quanto le condizioni in cui versano: alcune sono totalmente svuotate della loro essenza più profonda, vuoti spettri che guardano ciò che li circonda con vacuo abbandono, per molte altre invece questo processo era in corso e sembra essere stato bruscamente interrotto. Vedi nei loro sguardi consapevolezza e coscienza di ciò che hanno patito, di star perdendo la cosa più importante delle loro esistenze eterne, e del dolore che stanno soffrendo.
    Astraea è orripilata, esattamente come te: neanche i Kakodaimon più maligni che hai affrontato, creature nate per spargere Male e miseria, hanno mai distrutto uno spirito in maniera così totale e depravata.
    Ti arrivano rapporti da tutta l'estensione del pianetoide: ci sono centinaia di milioni di queste anime.

    Quelle ancora capaci di provare agonia si avvicinano a te, senza osare toccarti, ti riconoscono; ovvio che lo facciano, un Titano è inconfondibile, ma nei loro occhi puoi vedere solo un dolore e disperazione infinita.

    COSA STA SUCCEDENDO!!
    Mio signore vi prego, mi salvi.
    Fa così male...
    La mia bambina, dov'è la mia bambina?!
    Ho freddo...
    Ride... ride di noi...
    FATELO SMETTERE!!!

    Le urla e invocazioni d'aiuto si perdono in una cacofonia distorta che si estende a perdita d'occhio, Astraea fa un passo indietro, disgustata da tanto orrore, lei che è purezza e giustizia assolute. Le anime, forse sospinte dalle proprie voci e dalla presenza di così tanti di loro, iniziano ad avvicinarsi verso di voi sospinte da pura disperazione.

    L'essere è ancora occultato ai tuoi sensi, ma non dubiti che stia attendendo il momento migliore per colpirti alle spalle; tutto questo potrebbe benissimo essere una trappola per coglierti alla sprovvista.

    CITAZIONE
    Note: beh, come ci occupiamo di queste anime in pena?
     
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    iperione spadone {???} energia ???sonne2

    Il tempo si distendeva come una tela sottile nel buio spaziale, mentre Iperione attendeva con calma che la sua trappola si chiudesse. Ogni secondo che passava era come un battito di cuore nel vuoto silenzioso, una promessa di giustizia che si avvicinava sempre di più.

    E poi, finalmente, l'attesa fu ripagata. Una presenza oscura, una creatura che non conosceva altro scopo se non la distruzione, mise piede su quel pianeta esca. Avrebbe dovuto essere una preda facile, ingannata dalle illusioni che avvolgevano la creazione di Ceo. Non c'era nulla di straordinario nell'aspetto di questa creatura, se non per il fatto che, senza i sofisticati sistemi di rivelazione di Iperione, sarebbe passata inosservata. Iperione e Astrea osservavano con ansia mentre il nemico si muoveva attraverso l'illusoria superficie del pianeta. La creatura, ignara del destino che l'attendeva, avanzava con una determinazione brutale, guidata solo dal suo desiderio insaziabile di divorare e distruggere.

    Il Titano e la sua nipote erano pronti per la battaglia imminente, i loro cuori palpitanti di eccitazione e risolutezza. La luce del sole divino illuminava i loro volti, creando ombre che sembravano danzare nell'oscurità circostante. La creatura oscena si avvicinava sempre di più, il suo respiro pesante e affamato faceva eco nell'aria. Era un momento di sfida, un incrocio tra il male e la purezza, tra l'oscurità e la luce. Iperione e Astrea erano pronti a difendere la grandezza del loro regno divino, a combattere per la giustizia e l'onore che tanto amavano.

    Nel silenzio del cosmo, la battaglia tra il Titano Iperione, la sua fiera nipote Astrea e la creatura che aveva osato minacciare il loro regno stava per iniziare. Era un'epica lotta tra le forze del bene e del male, tra il potere divino e la distruzione implacabile. E nel buio infinito dello spazio, solo il tempo avrebbe rivelato quale destino attendesse i protagonisti di questa storia cosmica.

    Un brivido si diffuse attraverso il corpo del Titano Iperione quando la creatura liberò quell'orrore imprevisto. Una moltitudine di spiriti, molti dei quali sembravano essere intrappolati tra il piano materiale e quello spirituale, si riversò sul pianeta esca. La loro presenza era angosciante, e nei loro sguardi tormentati c'era il riflesso di innumerevoli dolori e sofferenze. Corpi vuoti e spiriti dilaniati facevano parte di questo spettacolo terribile. L'orrore della situazione era evidente nelle scene di sofferenza che si svolgevano davanti agli occhi di Iperione e Astrea. La vista di anime in pena, vaganti tra due mondi, era una testimonianza straziante delle atrocità subite.

    Iperione rimase fermo e deciso nel vedere questa scena orribile, il suo sguardo era una fiamma di determinazione in mezzo all'oscurità. Ma Astrea, la prima stella, sembrava orripilata da tutto ciò. Il terrore e l'angoscia si leggevano sul suo volto mentre guardava le anime in pena. Il Titano, con amore e compassione nel cuore, prese sua nipote Astrea e la abbracciò cingendola da dietro. La sua mano forte e decisa poggiò sulla spalla di Astrea, trasmettendole forza e supporto in quel momento di angoscia.

    "Astrea," disse con voce ferma e rassicurante, "ricorda che il nostro compito, in quanto signori dell'universo, non è solo debellare ogni minaccia che si erge, ma anche prendersi cura di ogni essere che vive sotto il nostro cielo, toccato dal Sole che io rappresento."

    Astrea annuì con determinazione, sentendo il calore dell'abbraccio di Iperione e le sue parole che le infondevano coraggio. "Lo so," rispose con fermezza. "Noi siamo qui per proteggere, per guidare e per essere la luce nella vita di coloro che ci seguono."

    Iperione le sorrise con orgoglio. "Esattamente, mia cara Astrea. E io ti prometto che salveremo tutte queste vite tormentate. Le solleveremo dall'oscurità e le condurremo verso la luce. La nostra giustizia e il nostro amore saranno il faro che li guiderà fuori da questo abisso di sofferenza."

    Astrea si sentì riempire di determinazione e fiducia mentre fissava il volto risoluto di Iperione. In quel momento, il Titano Iperione incanalava tutta la potenza del sole che rappresentava, pronta a combattere per la giustizia e per il bene di ogni essere sotto il loro cielo. Era una promessa che avrebbe mantenuto con tutta la forza del suo essere divino.

    Le anime si avvicinarono lentamente, i loro lamenti disperati e le preghiere invocarono il Titano. Il dolore nelle loro voci era palpabile, e Iperione sentiva il peso delle loro sofferenze come un fardello che gravava sulla sua anima divina. Era determinato a fare tutto il possibile per liberarle da questo stato tormentato, anche se ciò significava affrontare l'orrore che si era manifestato in quel momento imprevisto. Mentre l'orrore della scena continuava a svelarsi davanti a loro, Iperione era consapevole che quella poteva essere una trappola. A differenza di suo fratello Giapeto, che avrebbe semplicemente posto fine alla sofferenza, Iperione aveva deciso di fare qualcosa di più. Non si sarebbe limitato a porre fine alla loro agonia, ma avrebbe fatto tutto il possibile per salvarli.

    Così facendo, il Titano cominciò a espandere il suo cosmo, la sua dunamis, oltre ogni immaginazione. Un calore piacevole e ristoratore iniziò a espandersi, non solo su di loro, ma su tutto il pianeta. Essendo un Dio, non c'erano limiti a ciò che poteva fare. Il simbolo dell'Uroboro, il serpente dell'Infinito che rappresentava la creazione e la distruzione, acquisì un significato nuovo e profondo in quel momento. Dall'espansione del suo cosmo, una moltitudine di serpenti, generati dalla sua stessa essenza divina, iniziò a manifestarsi. Tentando di avvolgere ogni singola anima in pena, e nel caso ci fosse riuscito, circondandola con una luce dorata e confortante. Quello che Iperione stava cercando di fare era di lenire le ferite fisiche e spirituali di quelle creature tormentate e ridare loro una forma fisica. Con ogni oncia della sua divinità, il Titano lavorava instancabilmente per riscattare le vite che erano state strappate in modo così brutale. Il suo non era solo un atto di compassione, ma una vera e propria manifestazione di giustizia divina.

    Mentre il cosmo si espandeva e i serpenti dell'Uroboro abbracciavano le anime in pena, una trasformazione incredibile avrebbe iniziato a manifestarsi. Le ferite fisiche si sarebbero richiuse, le membra dilaniate si sarebbero ricomposte e i corpi vuoti avrebbero iniziato a essere riempiti da una luce radiante. Ogni anima, una volta tormentata, avrebbe trovato una nuova vita e una nuova speranza. Sarebbe stato un miracolo, un atto di rinascita divina che avrebbe trasformato le anime da creature spezzate a esseri di pura luce.

    Il cosmo di Iperione pulsava di energia, la sua determinazione a salvare quelle anime era più forte che mai. Era un'epica battaglia tra il bene e il male, una lotta per la redenzione di anime tormentate. E il Titano del Sole era pronto a combattere fino alla fine per assicurarsi che la sua promessa di salvezza fosse mantenuta.

    In quel momento, Iperione si rivolse alle anime con un discorso solenne ed evocativo, le sue parole risuonarono nel cosmo come una promessa eterna. "Guardate verso il cielo, osservate il sole che splende con la sua luce dorata. Questo sole, il mio sole, rappresenta la speranza, la forza e la promessa di un nuovo giorno. Sono Iperione, il Titano del Sole, e oggi vi prometto che non sarete più lasciati alle tenebre. La vostra sofferenza, le vostre ferite, saranno guarite. Le vostre anime, una volta tormentate, troveranno la pace. Non importa quanto profonde siano le vostre cicatrici, quanto oscuro sia stato il vostro passato, il sole porterà la guarigione e la rinascita."

    Le parole del Titano risuonarono nelle anime, riempiendole di speranza e di una nuova forza. La promessa di Iperione era un impegno sacro, una dichiarazione di protezione e amore. "Siate forti, anime coraggiose. Siate la testimonianza della forza della vita e della vittoria sulla morte. Con il sole nel cielo e nel vostro cuore, non c'è sfida che non possiate affrontare, non c'è oscurità che non possiate dissipare. Ora, sollevatevi, anime luminose. Lasciatevi avvolgere dal calore del sole e abbracciate la promessa di un nuovo inizio. Nulla è finito finché c'è il sole, e il sole sarà sempre con voi."

    Iperione, lungi dall'essere uno sprovveduto, era perfettamente consapevole dell'orrore che si nascondeva nell'oscurità, dell'insaziabile fame della creatura che aveva minacciato le vite di quelle anime tormentate. Aveva compreso il rischio che quelle anime potessero essere prese di nuovo e consumate, anche dopo il miracolo che si stava per compiere. Per questo motivo, aveva orchestrato un piano che avrebbe garantito la loro protezione. Nel tentativo di ridare la vita a quelle anime dilaniate, avrebbe immesso una peculiarità in loro. Bruciavano come la più potente delle stelle, una fiamma che ardeva con un'intensità inimmaginabile. La domanda che si pose Iperione era chiara: poteva quell'essere empio mangiare il sole stesso senza bruciarsi? Era un interrogativo che sfidava i confini della realtà e della divinità. La creatura aveva dimostrato di essere una forza distruttiva impareggiabile, ma l'essenza stessa del sole era un potere immenso, una luce che tutto abbracciava.

    Il Titano del Sole aveva posto una sfida al male, una dimostrazione di forza contro l'oscurità. Era pronto a proteggere queste anime, a difenderle con tutto il suo potere. La sua promessa di salvezza non era solo parole vuote, ma una determinazione profonda che avrebbe portato avanti con tutto il suo essere.

    narrato • "parlato"pensato| telepatia |
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    mentalmente determinato
    riassunto azioni Iperione prendendo tra le sue braccia Astrea, espande il suo cosmo per utilizzare i suoi poteri divini e ridare un corpo, sanare le ferite e l'anima di quegli sventurati. Sa benissimo che potrebbe essere una trappola ma non gli interessa, non può vedere quello scempio. Nel caso, quelle anime sono incandescenti come un sole e se prova a rimangiarle... beh beh beh

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    Edited by ~S i x ter - 1/2/2024, 21:54
     
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    E' il dolore a svegliarti, ma non è la prima volta che succede. Hai la gola arsa e grondi sudore, ogni singolo brandello del tuo corpo è teso e stirato all'inverosimile, hai l'orribile sensazione di sentire i fasci muscolari muoversi sotto la pelle come se avessero vita propria; come se l'interezza del tuo corpo fosse un unico e gigantesco crampo.
    Stringi i denti e chiudi gli occhi, afferrando le lenzuola con tutta la tua forza e chiudendole tra le dita, un gesto inutile e istintivo per distrarre la mente; l'unica cosa che c'è nelle tue orecchie è il suono di ossa che scricchiolano e il tonfo folle del cuore che batte a ritmi impossibili. Devi solo resistere, Magnus, per quanto agonizzante lo sai che smetterà dopo un po'.
    E, così com'è arrivato, il dolore svanisce.

    Finalmente ti concedi di respirare, questo incontrollato riassestarsi di ossa e membra giunto al termine, ma per quanto sia terribile e doloroso non è la sofferenza la parte peggiore di questi episodi; è ciò che viene dopo, quando cerchi di trovare un senso a quello che hai sperimentato.
    E' da quattro anni che hai di questi problemi quando chiudi gli occhi per andare a dormire, le definiresti visioni, sogni senza scopo o senso, eppure... sono così reali. Ogni volta è come se fossi tu in quei momenti di impossibile grandezza, come se fossero i tuoi pensieri a guidare lo scorrere di quei ricordi momenti, i tuoi ideali a fare da padroni; eppure, quando il dolore finisce e rimani da solo con i tuoi pensieri, ti rendi conto di non riuscire a trovare assolutamente senso nel ripercorrerli a ritroso, sebbene tu ricordi tutto quello che hai sperimentato in maniera chiara e cristallina.
    Dove dovrebbero esserci pensieri c'è vuoto, un ronzio incomprensibile che fa sanguinare le orecchie, dove dovrebbero esserci immagini ci sono colori che farebbero liquefare gli occhi: come se la tua mente fosse semplicemente per ora incompatibile con le cose che sta cercando di analizzare.
    Ricordi delle parole, cui sono legate immagini che a malapena riesci a visualizzare: un trono da riempire, una falce e... un sigillo da spezzare? Qualunque cosa significhi.

    Nei momenti immediatamente successivi è sempre così, i tuoi pensieri sono un caotico subbuglio di parole, suoni e visualizzazioni che sembrano muoversi all'impazzata nella mente, ma dopo un po' riesci a richiamare abbastanza autocontrollo da alzarti dal letto verso la seconda parte di questo rituale.
    Dopo ogni episodio hai notato dei cambiamenti nel tuo corpo, singoli ma visibili: un dente un po' storto che si raddrizza, il naso leggermente troppo lungo che entra in perfetta simmetria con il tuo volto, vecchie cicatrici che sono totalmente svanite, il tuo fisico, da magro e asciutto, che gradualmente è diventato la letterale definizione di statuario, come se ogni microscopica imperfezione e inesattezza venisse corretta. Sarebbe quasi sgradevole guardarti allo specchio, spaventoso posare gli occhi su una cosa così pura e priva del microscopico difetto, ma non provi revulsione; sai, nella più profonda matrice del tuo essere, che solo la perfezione è degna di te.

    Le tue riflessioni sono interrotte da un fenomeno normale e ricorrente. Come ogni giorno il sole è sorto e i tuoi amici, gli abitanti della florida comunità formatasi intorno alla tua peculiare scoperta, contano su di te.
    Non puoi certo deluderli.

    CITAZIONE
    Note: direi di prendere una breve pausa dai massimi sistemi e di avvicinarci al buon Magnus. Dunque, hai la piena libertà di descrivere una giornata tipo nella comunità che hai aperto e di inserire e muovere png come ritieni opportuno; vediamo cos'è che combina.
    Con Magnus sei a energia blu e nel corso del tempo, dopo un certo numero di quegli episodi, hai sviluppato una forma basilare di Dunamis con controllo del Vento Solare.
     
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    Magnus si svegliò, come ogni notte da quattro anni a questa parte, in preda a un tormento che straziava ogni fibra del suo essere. Il dolore, un ospite crudele e familiare, danzava violentemente nei suoi muscoli, stringendoli in una morsa di spasmi che parevano volerlo disarticolare pezzo per pezzo. Sudato, il lenzuolo attorcigliato attorno al corpo come le catene di un prigioniero, Magnus aprì gli occhi al buio della sua stanza, un buio che sembrava inghiottire ogni speranza.

    Il respiro gli usciva affannoso, ogni inspirazione un coltello che si infilava nelle costole, ogni esalazione un lamento silenzioso che si perdeva nella notte. Cercò di muoversi, ma il dolore gli rispose con una ferocia tale da costringerlo a desistere. Era come se il suo corpo fosse diventato il campo di battaglia di una guerra invisibile, combattuta contro un nemico che si rifiutava di lasciarlo andare.
    Le pareti della stanza, tappezzate di ombre danzanti, sembravano avvicinarsi e allontanarsi al ritmo del suo dolore. Magnus chiuse gli occhi, tentando di distaccarsi dalla sofferenza che lo consumava, di trovare un filo di serenità nel caos che infestava la sua mente. Ricordò le parole di un vecchio libro, un incantesimo per calmare le tempeste interne, e iniziò a recitarle mentalmente, attaccandosi a quelle sillabe come un naufrago si aggrappa a un pezzo di legno in mezzo al mare.

    Lentamente, il dolore iniziò a retrocedere, non sconfitto ma ritiratosi nelle ombre, in attesa del prossimo assalto. Magnus sapeva che questa tregua era temporanea, che la notte successiva avrebbe portato con sé un altro capitolo di questa tortura senza fine. Ma per ora, era libero. Libero di respirare, libero di muoversi, libero di esistere, seppur intrappolato in questo ciclo di sofferenza.
    E mentre la notte si consumava, lasciando spazio alle prime, timide luci dell'alba, Magnus rimase sdraiato, a occhi aperti, fissando il soffitto. C'era qualcosa, un segreto celato nelle profondità del suo tormento, un indizio su ciò che aveva scatenato questa maledizione. Ma quel segreto rimaneva sfuggente, nascosto nelle pieghe del suo dolore e del suo passato.

    Dopo aver trascorso alcuni momenti immerso nei ricordi delle sue notti turbolente, Magnus decise che era ora di affrontare il giorno. La sua dimora, una nave spaziale aliena che aveva scoperto quattro anni prima, giaceva semi-sepolta tra le rovine di quello che una volta era stato un rigoglioso paesaggio terrestre, ora un deserto post-apocalittico. La nave, una volta strumento di esplorazione di una civiltà extraterrestre, era diventata un santuario per Magnus e la sua piccola comunità di sopravvissuti. Avevano lavorato instancabilmente per trasformare quel labirinto di tecnologia aliena in un rifugio sicuro contro le insidie del mondo esterno, devastato da cataclismi che avevano ridotto la civiltà a brandelli.

    Mentre si dirigeva verso il bagno, Magnus rifletté su come la scoperta della nave aveva cambiato la sua vita. Le pareti curve e i pannelli di controllo luminescenti, ora familiari, avevano un tempo rappresentato un mistero insondabile. Ogni angolo della nave era un promemoria del suo viaggio personale, dalla fragilità alla forza sovrumana che ora caratterizzava il suo essere. Davanti allo specchio, il riflesso di Magnus era un simbolo tangibile di quella trasformazione. Il suo corpo, un tempo gracile e vulnerabile, era ora una fortezza di muscoli definiti e potenza, un cambiamento innescato non solo dalle sue visioni notturne ma anche dall'adattamento alle sfide di vivere in un mondo trasformato. Era diventato un protettore, non solo per se stesso ma per tutta la sua comunità, grazie alle capacità acquisite e alla conoscenza ottenuta dalla nave e dai suoi misteriosi creatori.

    Attraversando il corridoio per raggiungere la grande cupola di osservazione, Magnus aprì i pannelli per rivelare la desolazione esterna. La vista del sole che sorgeva su un paesaggio devastato era un promemoria quotidiano della precarietà della loro esistenza e della speranza che ancora ardeva nel cuore di ogni sopravvissuto.

    "Ti ringrazio," sussurrò Magnus al sole, un gesto di gratitudine per un altro giorno di vita in questo mondo duro ma magnifico.

    Fu in quel momento di solenne riflessione che la porta si aprì con un lieve sibilo, e Clara entrò nella cupola. La sua presenza era sempre stata una fonte di conforto e forza per Magnus. Clara, con la sua intelligenza acuta e la sua inarrestabile volontà, aveva giocato un ruolo cruciale nella trasformazione della nave in un rifugio e nella sopravvivenza della loro comunità. Clara entrò nella stanza con la leggerezza di chi conosce ogni angolo del proprio rifugio. Era esile, il suo corpo snello celava però una forza insospettabile, dono delle innovazioni cibernetiche che Magnus aveva sapientemente integrato nel suo essere. Il suo viso, di una delicatezza quasi eterea, era incorniciato da capelli castani chiari tagliati a caschetto, che le conferivano un aspetto allo stesso tempo ingenuo e determinato. I suoi occhi, profondi e color ghiaccio, riflettevano la luce in modo tale da sembrare due fari luminosi in un mare di incertezza.

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    Indossava una tuta aderente, simbolo della sua appartenenza a quella comunità di sopravvissuti, ma anche testimonianza della sua unica posizione all'interno del gruppo: Clara era stata la prima a sottoporsi agli interventi cibernetici, un esperimento che aveva rafforzato il legame di fiducia e ammirazione reciproca tra lei e Magnus. Avanzò verso di lui, i suoi passi misurati rivelavano un'aura di sicurezza. Fermatasi davanti a Magnus, lo fissò per un attimo, come se cercasse di leggere i pensieri nascosti dietro i suoi occhi stanchi ma vivaci. Poi, con un gesto delicato ma carico di significato, appoggiò una mano sul suo petto, sentendo il battito forte del suo cuore. La sua mano scivolò poi sul fisico di Magnus, esplorando le nuove mutazioni con un tocco che era al tempo stesso una carezza e un riconoscimento.

    "Ogni giorno ti vedo cambiare, Magnus," disse lei, la voce velata da un misto di meraviglia e approvazione. "E ogni volta, mi piace di più ciò che vedo." Le sue parole erano sincere, un riflesso dell'ammirazione e dell'affetto profondo che provava per lui.

    Magnus le rispose con una dolcezza che raramente mostrava agli altri, un sorriso lieve che illuminava il suo viso segnato dalla fatica. "E io sono felice di saperti sempre al mio fianco," disse, la sua voce bassa ma intensa, vibrante di un calore che rivelava la profondità del loro legame. Con un movimento fluido, Clara si sedette sul letto di Magnus, incrociando le gambe e appoggiando le braccia indietro per sostenersi. Lo osservava vestirsi, un gesto quotidiano che aveva acquistato per lei il sapore di un rito intimo, un momento di condivisione silenziosa ma carica di significati non detti.

    Era tardi, e la realtà del loro mondo richiedeva attenzione costante; il rifugio non si sosteneva da solo. Tuttavia, in quel breve intervallo di tempo, in quella stanza trasformata da un'astronave aliena in un santuario terrestre, Clara e Magnus condividevano un frammento di eternità, un legame rinforzato non solo dalla tecnologia e dalle visioni, ma anche da una fiducia e un'affetto profondi che li rendeva più forti insieme. La storia di Clara e Magnus, intrecciata con i misteri di una nave aliena e le sfide di un mondo post-apocalittico, era un racconto di sopravvivenza, innovazione, e soprattutto, di una complicità incondizionata che trascendeva le parole, ricordando in ogni gesto e sguardo la forza dell'umanità e dell'amore in tempi di oscurità.

    Mentre Clara osservava Magnus prepararsi per la giornata, l'atmosfera nella stanza si caricò di una familiarità che andava oltre il semplice vivere quotidianamente insieme. Magnus si girò verso di lei, un sorriso complice a illuminare il suo volto, mentre gli occhi scintillavano di un'umoristica malizia.

    "Sei sicura di non volermi aiutare con questi?" chiese, alzando un lembo della sua tuta, in un gesto che era tanto un invito quanto una sfida giocosa. La sua voce era carica di un tono scherzoso, tipico di chi conosce profondamente l'altro, sa come stuzzicarlo, come entrare in sintonia con un semplice sguardo o una parola. Clara rise, il suono chiaro e allegro riempì la stanza, facendola sembrare meno cupa e più viva. Si alzò dal letto, avvicinandosi a Magnus con una grazia che era stata accentuata, non diminuita, dalla sua integrazione cibernetica. "Credo che tu sia perfettamente capace di gestire da solo la tua tuta," rispose, entrando nel gioco. Ma invece di allontanarsi, si fermò a pochi passi da lui, la mano estesa a sfiorare la stoffa sulla sua spalla, un tocco leggero ma carico di intimità.

    Magnus colse l'occasione per avvicinarsi ulteriormente, riducendo lo spazio tra loro fino a quando non fu solo un soffio a separarli. "Forse," disse lui, abbassando la voce in un sussurro affettuoso, "ma preferisco di gran lunga quando tu mi dai una mano." La sua mano trovò la sua, intrecciando le dita in un gesto che era tanto naturale quanto significativo, simbolo della loro connessione.

    Clara, ben disposta e aperta a questo contatto, rispose al suo tocco con un'affettuosa pressione delle dita, confermando senza parole il legame profondo che esisteva tra loro. "E io non potrei chiedere un migliore compagno di avventure," ribatté, con un calore che trasformava ogni parola in una carezza. Magnus la tirò a sé in un abbraccio, un gesto che racchiudeva protezione, affetto e una promessa non detta di sostegno reciproco. Clara appoggiò la testa sul suo petto, ascoltando il battito regolare del suo cuore, un suono che le era divenuto tanto familiare quanto rassicurante.

    In quel momento, il mondo esterno, con le sue minacce e i suoi pericoli, sembrò svanire, lasciando spazio solo a loro due, un'isola di calma e comprensione in un mare di incertezze. Era chiaro che il loro rapporto era molto più di una semplice amicizia o di una collaborazione nata dalla necessità; era un legame forgiato attraverso la fiducia, la stima reciproca e un'affinità che andava oltre il fisico, rendendoli insieme più forti di quanto avrebbero mai potuto essere da soli.

    La mattina inizia con Magnus che, dopo aver condiviso momenti silenziosi e profondi con Clara, si avventura fuori dalla sua stanza, il cuore e l'anima della nave. Il suo primo passo è verso il cuore pulsante della comunità, la sala comune, dove il profumo del caffè si mescola alle voci sonnolente dei suoi compagni. Qui, incontra Leo, che già brulica di idee e progetti. "Guarda questo," esclama Leo, mostrando un pezzo di tecnologia aliena che ha trasformato in un purificatore d'acqua più efficiente. La sua descrizione tecnica è un canto, una litania che parla di possibilità e progresso. Magnus ascolta, affascinato, perché in ogni invenzione di Leo vede riflessa la resilienza della loro comunità.

    Successivamente, Magnus si dirige verso le serre, dove Sara lo accoglie con un sorriso che illumina la stanza. Lei gli mostra con orgoglio le ultime germogliature, un'esplosione di verde in un mondo grigio. "Ogni pianta che cresce qui è una dichiarazione d'intenti," dice lei, e Magnus capisce, perché ogni foglia, ogni fiore è un promemoria che anche nei luoghi più desolati può nascere la vita.

    Nel pomeriggio, Magnus si unisce ad Alex in una delle sue ronde di sicurezza. Camminano lungo il perimetro della nave, un confine invisibile che separa il caos dal loro ordine precario. Alex spiega le ultime misure di sicurezza implementate, ogni parola un manifesto della sua dedizione a proteggere questa oasi di umanità. Magnus ascolta, impara, perché sa che la sicurezza è il fondamento su cui costruire sogni.

    Il tramonto porta con sé un cambio di ritmo. La comunità si raduna per la cena, un momento di condivisione che rinforza legami e speranze. Magnus, seduto tra i suoi amici, ascolta le storie della giornata, risate e preoccupazioni si intrecciano in un tessuto di appartenenza.

    La sera, il cambio di scena è palpabile. Magnus si trasforma da leader a barista, dietro al bancone del loro bar. È qui che la magia quotidiana si dispiega, dove Magnus miscela non solo bevande ma anche conforto e gioia. La comunità si rilassa, le storie della giornata si trasformano in racconti epici di sfide e trionfi, narrati sotto la luce soffusa.

    Quando la folla si dirada, rimane Clara, il suo sostegno silenzioso e costante. Lei si siede al bancone, i suoi occhi color ghiaccio fissi su Magnus. "Raccontami una storia," chiede, e Magnus obbedisce, la sua voce un filo che tesse insieme passato, presente e futuro. Parlano di sogni, di paure, di quello che è stato e di ciò che potrebbe essere, in un dialogo che si snoda fino a che le stelle non sono le uniche testimoni del loro legame. Quando l'ultimo racconto sfuma nell'aria notturna, Magnus e Clara rimangono avvolti nel silenzio, un silenzio pieno di parole non dette ma capite. Lui pulisce il bancone, lei lo osserva, e insieme condividono un momento di pace perfetta, un'isola di tranquillità in un mare tumultuoso. Con un ultimo sguardo alle stelle, Magnus spegne le luci, consapevole che domani ci saranno nuove storie da raccontare, nuove sfide da affrontare, ma che, finché saranno insieme, nulla sembra impossibile.



    narrato • "parlato"pensato| telepatia |
    casta Titani
    fisicamente a posto
    mentalmente determinato
    riassunto azioni Bene, e iniziamo dunque con Magnus. Ovviamente il post è venuto eccessivamente lungo, ma tant'è. Dovevo descrivere un po' il personaggio e introdurre la sua comunità.

    Abilità 1
    desc abilità


    Abilità 2
    desc abilità


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    E' una serata tranquilla al bar. Quello in cui vivete è un angolo di paradiso rispetto alla bruttura e all'orrore del mondo, un faro di sviluppo e sanità dovuto alla sensazionale scoperta da te fatta, resa possibile grazie ad una tecnologia così avanzata da essere irreale; è solo grazie ad essa se sei riuscito a salvare tutte queste vite, a creare questa cosa impossibile in un giardino di caos, eppure ti coglie un pensiero.
    Fino ad ora voi avete avuto solo quantitativi limitati di questa tecnologia, specialmente dei pezzi più potenti e intricati, cose che, sebbene siano sorprendentemente facili da usare, sono di una sofisticazione tale da essere impossibili replicare. Forse sono fatti con materiali che semplicemente non esistono più, oppure sono troppo avanzati per essere compresi da voi, ma fatto sta che dovete lavorare con risorse finite.
    Ti chiedi cosa potresti fare se ne avessi di più, quante più persone potresti salvare, ma soprattutto da dov'è venuta questa nave, quali sono le sue origini. E se sia possibile contattarne i creatori.

    Un roboante boato ti distoglie da queste riflessioni; nulla di preoccupante, sono solo i ragazzi impegnati nella loro riunione serale dopo la cena. Alex, in una delle sue spedizioni, è tornato con uno dei giochi del vecchio mondo e da lì, una volta lette le regole, ha spopolato nella parte della comunità che frequenti di solito. Forse è il gusto di staccarsi dalle preoccupazioni di un esistenza che, per quanto sicura, è comunque incerta, forse la gioia della compagnia, forse tutto insieme.
    In questo particolare caso senti che stanno urlando in seguito a un "critico". Leo, che a quanto pare sta dirigendo la partita dietro uno schermo di cartone, guarda preoccupato la letterale manata di dadi che Sara ha buttato davanti a sé. Quant'è il totale?
    La ragazza perde un attimo a contare, mormorando addizioni a mezza bocca mentre l'intero tavolo la fissa col fiato sospeso. Considerando anche quelli da fuoco sono 47 in tutto. Un altro momento di letterale delirio collettivo in cui Leo guarda una miniatura davanti a sé con l'aria di qualcuno che a breve avrà molto da improvvisare.
    Come fai a fare 47 danni? Sei all'1!
    Armi da fuoco crittano per 4. Si intromette Clara, con il sorriso di chi si è abbondantemente informata sulla cosa.

    Senti un e una vibrazione all'altezza del polso, è la fascetta di metallo che fa da comunicatore; è Alex, e ti sta chiamando sulla tua linea personale, quella da usare per le emergenze. Distogli l'attenzione dai ragazzi, facendo apparire il suo ologramma davanti a te; è in pieno assetto da combattimento, indossando la sua armatura da ricognizione. La sua voce, roca e graffiata, ti risuona nelle orecchie.
    Magnus, c'è un gruppo di sopravvissuti che sta scappando da un branco di quei mostri, uno di quelli grossi.
    Il suo tono fa trasparire immediatamente quanto sia grave la situazione mentre ti arrivano delle coordinate. Sono a un'ora di cammino da voi, probabilmente devono essere incappati in uno degli allarmi di prossimità che proteggono le vicinanze con i vostri confini; sembra che, nella foga di fuggire, stiano andando in direzione completamente opposta alla vostra locazione. Un pensiero cinico ti fa capire che, se doveste lasciarli a morire, molto probabilmente la vostra nave sarebbe al sicuro.
    Non sono mai stati così vicini, da quello che ho visto con i droni c'è uno di quelli veramente pericolosi tra di loro. Se ci trovano...

    Lascia che tu metta insieme il resto. Guardi gli altri, ancora persi a ridere e giocare in quella serata per loro così tranquilla.

    Eppure ci sono delle vite innocenti in gioco, persone la cui unica colpa è quella di voler restare in vita in un mondo di follia.
    Cosa fare?


    CITAZIONE
    Note: bel dilemma, o forse no? Metterai a rischio la tua comunità per salvare degli innocenti?
    Se la risposta è sì concludi pure il post dicendomi qual è il piano di approccio alla questione? Ci vai personalmente e, se sì, chi ti porti con te?
     
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    Magnus si trovava dietro al bancone, il suo regno serale trasformato in un crocevia di storie e sogni, mentre la notte avvolgeva la nave come un mantello. Ogni sera, in quel ruolo, diventava testimone e custode dei frammenti di vita che si dipanavano sotto il suo sguardo. Ma quella sera, il suo pensiero vagava lontano, trasportato su ali di malinconia e speranza verso le profondità dello spazio che la loro dimora aliena prometteva e, allo stesso tempo, negava.

    Ripensava a come, la loro vita fosse stata stravolta dalla scoperta della nave. Un artefatto alieno, semi-sepolto nelle viscere di una Terra ferita, era divenuto il fulcro di una nuova esistenza. E con quella scoperta, il peso di infinite possibilità si era posato sulle sue spalle. • Potremo mai farla partire? • si chiedeva, la curiosità mescolata a una nota di desiderio inespresso. La nave era diventata la loro casa, un santuario contro il caos del mondo esterno, ma anche una gabbia dorata che custodiva il segreto del cosmo proprio al di fuori della loro portata.

    Il suo sguardo si posò su Clara, l'anima gemella che aveva espresso il desiderio di vedere la luna da vicino, di toccare il suolo polveroso di quel satellite che avevano osservato solo da lontano. In lei, Magnus vedeva riflessa la propria sete di conoscenza, il desiderio ardente di oltrepassare i confini del noto. Eppure, si scontravano con la dura realtà: erano capaci di utilizzare la tecnologia aliena esistente, ma non di espanderla o creare qualcosa di nuovo. Un limite che pesava sul cuore di Magnus come una catena, frenando i sogni di volo interstellare.

    Il suo sguardo si distolse, atterrando su un tavolo dove alcuni membri della comunità erano immersi nel gioco. L'osservazione di quel gruppo, così assorto e felice, scaldò il cuore di Magnus. Il gioco, un ricordo della sua gioventù, era quasi dimenticato tra le preoccupazioni della sopravvivenza e della gestione della comunità. Eppure, vedendoli giocare, Magnus fu colpito da una rivelazione: in quel tavolo, tra carte e dadi, si dispiegava un universo parallelo di avventure e scoperte, un mondo dove ogni limite poteva essere superato con l'immaginazione.

    Un sorriso si disegnò sulle sue labbra mentre li osservava, un sorriso che nasceva da una profonda consapevolezza emotiva. In quel momento, capì che la felicità e la libertà che cercava nello spazio infinito erano già qui, tra le pareti della loro nave-terra, nelle risate e nei sogni condivisi con la sua comunità. La realizzazione che, nonostante le restrizioni e le sfide, avevano trovato il modo di creare un mondo proprio, un luogo dove l'avventura e la scoperta non avevano bisogno di stelle lontane per essere reali.

    Magnus si ritrovò grato per quel momento di chiaroveggenza, per la capacità di trovare magia e meraviglia nell'ordinario e nel confinato. E in quella gratitudine, trovò anche la pace con i limiti della loro esistenza. • Forse un giorno,• pensò, con un misto di speranza e accettazione, • ma per ora, abbiamo già un universo da esplorare, qui, insieme.

    In questa riflessione, Magnus trovò una nuova forza, un rinnovato senso di scopo. Non era solo il custode della loro sopravvivenza, ma anche il guardiano di quel mondo interiore che avevano creato, un mondo altrettanto vasto e affascinante quanto quello che si stendeva oltre la loro nave. Con questa consapevolezza, si voltò a preparare un altro drink, il cuore leggero e l'anima colma di stelle non viste.

    La quiete della serata, un velo sottile e fragile come la membrana di un sogno, fu squarciata dal segnale insistente dello smartwatch di Magnus. Le risate e i racconti che riempivano l'aria si dissolsero, sostituiti da un silenzio carico di tensione. Dall'orologio emerse un messaggio olografico, una figura spettrale che portava notizie dal mondo esterno: Alex, il loro guardiano silenzioso, parlava di un gruppo di civili in fuga, braccati da aberrazioni della notte, creature tanto pericolose quanto disperate.

    Magnus, il cui corpo era stato forgiato tanto dalla tecnologia quanto dalle prove della vita, sentì la sua mente lavorare a una velocità sorprendente, un dono o forse una maledizione delle sue mutazioni. Senza esitare, rispose al messaggio: "Arrivo il più presto possibile." La determinazione nella sua voce era palpabile, un faro di certezza nel mare dell'incertezza.

    Il cambio di atmosfera fu immediato. Gli occhi di tutti i presenti si fissarono su di lui, l'aria si caricò di un misto di preoccupazione e ammirazione. La comunità sapeva che, quando Magnus prendeva una decisione, era sempre nel loro miglior interesse, ma questo non attenuava la paura per ciò che avrebbe potuto incontrare là fuori.

    Clara fu la prima a spezzare il silenzio che seguì. "Verro con te," disse, la voce ferma ma gli occhi rivelavano una tempesta di emozioni. La sua figura esile nascondeva un cuore indomito, e in quel momento, era chiaro che nulla avrebbe potuto fermarla dal stare al fianco di Magnus.

    Alex, dall'ologramma, annuì con un gesto grave. "Contiamo su di voi," disse, la sua immagine sfumata enfatizzava la distanza e l'urgenza della situazione.

    In quel momento, la nave non era solo un rifugio da un mondo infranto; era un nido, un luogo dove il coraggio, l'amore e la speranza si intrecciavano in un tessuto indissolubile. Magnus, con Clara al suo fianco, si sentì sostenuto da legami più forti della paura e del dubbio. La loro decisione di partire non era solo un atto di coraggio, ma una promessa: quella di lottare non solo per la sopravvivenza, ma per la famiglia che avevano costruito contro ogni previsione.

    Nella calma ovattata del bar, trasformato per l'occasione in una sala del consiglio sotto le stelle di un mondo frantumato, Magnus convocò i suoi luogotenenti. L'aria vibrava di una tensione palpabile, ogni respiro sembrava trattenere il destino di vite non ancora salvate. Leo, Sara e Andrea si raccolsero attorno a lui, figure salde in un mare di incertezze, pronte a navigare la tempesta imminente.

    "Abbiamo una missione," iniziò Magnus, la voce ferma ma carica di un'urgenza che non ammetteva ritardi. Gli sguardi si incrociarono, un tacito accordo che li legava più di qualsiasi patto scritto. Erano una famiglia forgiata non dal sangue, ma dalla condivisione di innumerevoli albe e tramonti in lotta per la sopravvivenza.

    Gli Astri, sette anime coraggiose e addestrate per affrontare le ombre del mondo esterno, furono chiamati a unirsi al concilio. Ognuno di loro era un racconto vivente di coraggio e abilità: un ingegnere capace di decifrare segreti tecnologici dimenticati, un esploratore dal passo silenzioso come il soffio del vento, un guerriero dalla mira infallibile, un medico di campo pronto a sussurrare speranza anche nei cuori più spezzati, e tre difensori le cui armi erano tanto estensioni del loro essere quanto scudi per i loro compagni. Equipaggiati con la precisione di un orologiaio che sceglie le sue molle, portavano con sé non solo l'arsenale per sopravvivere ma anche la promessa di un ritorno.

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    Andrea, con occhi che avevano visto più battaglie di quante le stelle potessero testimoniare, annuì gravemente, assumendosi il compito di fortificare la base. "Attiverò il sistema di mimetizzazione," promise, la sua determinazione un faro che disperdeva ogni ombra di dubbio. La sicurezza della loro casa era il suo credo, la promessa silenziosa di protezione contro la notte.

    Leo, le cui mani avevano il potere di far parlare la tecnologia in lingue dimenticate, si precipitò verso la navicella, i suoi passi un'eco della corsa contro il tempo. Sistemi di comunicazione avanzati, sensori per una mappatura precisa della zona, ogni pezzo di equipaggiamento era scelto con la cura di un artista che seleziona i suoi colori.

    Sara, la cui presenza era come un balsamo per l'anima, si dedicò alla preparazione del team medico. La zona di quarantena fu allestita con la precisione di un chirurgo, ogni dettaglio rifletteva la sua dedizione a preservare la vita in ogni sua forma.

    La strategia era chiara come il cristallo: un approccio stealth, l'oscurità della notte come alleata, i sensori a disegnare un percorso sicuro attraverso il pericolo. Gli Astri avrebbero tessuto il cammino per la salvezza, mentre Magnus e Clara avrebbero danzato con i corrotti, un valzer mortale per guadagnare ogni prezioso secondo.

    In quella stanza, sotto il peso di un silenzio carico di promesse e preghiere non pronunciate, il concilio si concluse. Ogni membro si alzò, un'ombra tra le ombre, ma portando con sé una luce che neanche la notte più oscura poteva soffocare.

    Nella penombra che precede l'alba, il cortile della nave aliena si animò di una frenesia controllata, un preludio al viaggio che stava per iniziare. Gli Astri, avvolti nelle loro tute da combattimento che riflettevano sfumature di notte, si radunarono, ognuno portando il peso della loro missione come un mantello invisibile. Erano figure temprate dalle sfide, ognuna con la propria storia intrecciata nel tessuto di quella comunità. La loro partenza fu un silenzio carico, un accordo tacito di protezione e determinazione che li legava l'uno all'altro, un patto sigillato non con parole, ma con lo sguardo.

    E poi, vi fu la Nova, il loro destriero di metallo e mistero, un gioiello di tecnologia che sembrava sfidare le leggi della fisica stessa. Il veicolo, con le sue linee eleganti che fluivano come un fiume di luce nell'oscurità, era un contrasto di colori vividi: l'arancione, ardente come il cuore di una stella, intrecciato con il nero, profondo come l'abisso dello spazio. Silenziosa come un sussurro, la Nova attendeva i suoi passeggeri, pronta a fendere i cieli senza turbare il silenzio della notte.

    La sua struttura aerodinamica nascondeva un cuore pulsante di tecnologia avanzata, sistemi di navigazione che mappavano stelle dimenticate e motori che sussurravano promesse di velocità inaudita. La cabina di pilotaggio era un santuario di luci e ologrammi, ogni pulsante e leva in perfetta armonia con il design futuristico dell'intero velivolo.

    Poi, fu il momento di Clara e Magnus. Clara, con la sua tuta che abbracciava la forma esile ma resiliente del suo corpo, si avvicinò alla Nova con un passo deciso, gli occhi fissi sul velivolo che sarebbe stato il loro araldo nel cielo notturno. Magnus, al suo fianco, portava la stessa determinazione scolpita nel profilo del suo volto, un leader che si ergeva come un faro per la sua gente.

    Insieme, salirono a bordo della Nova, i loro movimenti sincronizzati una danza di fiducia e intesa. Mentre si accomodavano nella cabina di pilotaggio, circondati da strumenti che brillavano di promesse e pericoli, uno sguardo tra loro fu tutto ciò che servì per confermare la loro prontezza. Non erano solo due persone che partivano in missione; erano l'incarnazione di ogni speranza e sogno della loro comunità, la manifestazione vivente della lotta contro l'oscurità.

    Con un tocco delicato, quasi reverenziale, Magnus attivò i motori della Nova, e il velivolo si sollevò con una grazia che sfidava ogni aspettativa, silenzioso come un desiderio nel cuore della notte. Mentre la Nova si allontanava dalla base, fendendo l'aria senza emettere alcun suono, Clara e Magnus si lanciarono verso il cielo stellato, pronti a salvare quelle vite in pericolo, a scrivere un nuovo capitolo nella loro storia di coraggio e speranza.

    In questo viaggio, ogni stella che brillava sopra di loro era testimone del loro coraggio, e la notte stessa sembrava trattenere il fiato, in attesa del ritorno degli eroi. Con la Nova che si dissolveva nell'oscurità, Clara e Magnus erano più che mai consapevoli che il viaggio che stavano intraprendendo era tessuto non solo di pericolo, ma anche di possibilità infinite, un viaggio che, in qualche modo, li avrebbe cambiati per sempre.

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    Edited by Gaz - 9/2/2024, 23:09
     
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    Così è deciso: una strategia sacrificale, dare ai corrotti qualcosa su cui concentrarsi per permettere ad altri di scappare e di portare via quante più persone possibile. Rischioso oltre ogni dire, c'è la concreta possibilità di sacrificare tutto per proteggere molto poco, ma in fin dei conti, per potersi definire davvero vivi, ci sono cose più importanti della semplice sopravvivenza.
    Tu e Clara entrate nella Nova, i suoi sistemi vi accolgono con solerzia, innescandosi e partendo in un batter d'occhio. Eppure c'è qualcosa di strano, non nel mezzo o in Clara o in quella situazione, bensì in te.

    Senti qualcosa nelle orecchie, un suono lontano e ovattato ma che a ogni istante si fa sempre più chiaro, come l'eco del vento che passa in una foresta e lo scoppiettio delle fiamme, ma non proprio. E' impossibile da descrivere, è ogni suono e nessun suono, è una melodia che permea tutto quello che ti circonda e anche te, Clara, l'interezza del creato, un'opera di armonia e bellezza inconcepibile che si sta spiegando nella tua essenza; quando è successo? Chi lo sta cantando? No, è inesatto, non è che qualcuno ha preso a suonare: questa melodia c'è sempre stata e sempre ci sarà, semplicemente tu hai cominciato a sentirla.
    E' bellissimo, provi una commozione inspiegabile a questo splendore, allo spettacolo che sta inondando tutti i tuoi sensi; non è solo un fatto uditivo, è un'armonia ben più profonda che riecheggia nella parte più recondita e assopita della tua essenza. C'è ancora qualcosa che ti sfugge, come se ci fosse una parte fondamentale di te che ancora manca, ma quasi ignori questo fatto quando nel tuo animo si forma un senso di beatitudine infinita.
    E' come svegliarsi da un incubo di cecità e scoprire di poter vedere, come sentire un suono dopo millenni di nulla, come riprendere camminare dopo essere stato infermo, come aver ripreso, finalmente, possesso di una parte di te che non sapevi neanche di avere.
    Noti che anche tu crei questa musica dalla beltà infinita, ogni fluttuazione dell'energia che ti si agita dentro produce note acerbe e scoppiettanti, non perfette come la melodia di cui ti stai beando, ma che comunque entrano a far parte del coro dell'universo e riecheggiano nel vuoto di un creato morente; e, ripercorrendo gli echi, trovi qualcosa. In un legame di energia e musica senti che c'è qualcunoosa che sta dormendo.
    Un gigante sopito, terribilmente vicino, una presenza che ti è tremendamente famigliare ma questo pezzo mancante ti impedisce di ricollegare tutte le linee; potresti provare a contattare l'entità, cantando in questa maniera acerba e inesperta, ripercorrendo il legame che ad essa ti unisce.

    Cosa sono quelli?
    La voce di Clara ti avrebbe distratto da questa esperienza, eppure sarebbe inesatto dire questo. No, prima ti avrebbe distratto, ora senti che il tuo pensiero comincia a districarsi in una, due, tre, quattro linee diverse contemporaneamente, un brulicare di potere e attività che farebbe impazzire chiunque altro, ma tu non sei chiunque.
    Vedi gli spostamenti degli Astri senza bisogno che te li trasmettano, sai che stanno per raggiungere i loro obiettivi, ma voi avete invece incrociato i vostri.
    Vedete un piccolo gruppo di creature dagli strumenti di osservazione della Nova, ma tu sai che questi non sono corrotti. No, assolutamente no, questi esseri non sono una cosa che tu hai mai visto, eppure li odi. Li odi nella parte più profonda nel tuo essere, come mai hai odiato nessuno, come se tu sia stato fatto per annientare la loro esistenza. Sono un orrore, non solo nelle forme, ma ora che li osservi con questa tua nuova consapevolezza cogli la profonda disarmonia che portano; le loro note sono contorte e maligne, distorte da odio e desiderio di distruzione, sono un'aberrazione sulla faccia del creato. Non dovrebbero essere qui, non fanno parte dell'esistenza, semplicemente non dovrebbero.
    Il tuo onore pretende che muoiano, ma non sei solo, ti ricordi; c'è Clara con te nell'abitacolo, e sai per certo che ce ne saranno altre non appena inizierai ad attaccarli.

    Come muoversi?
    Cosa fare?

    La musica continua.




    Fire as shadows clash
    Forgotten footfalls, engraved in ash
    Fire will be repaid
    'Fore our echoes begin to fade




    CITAZIONE
    Note: dunque. Dimmi la tua strategia su cosa fare su questo gruppetto di creature; non sono corrotti, ma qualunque cosa siano ti fanno imbestialire. I primi gruppetti sono abbastanza deboli, puoi farli a pezzi con le armi della Nova senza nessun problema.
    Inoltre dimmi cosa cerchi di fare con questa musica che stai cominciando a sentire: provi a cantare per ridestare la creatura addormentata che percepisci? Come cerchi di esplorare questa nuova cosa? A te la scelta.
     
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    Mentre Magnus si avvicinava alla Nova, un'ombra di esitazione sfiorò la sua consapevolezza, sottile come la tela di un ragno ma profonda come il vuoto tra le stelle. Era un sentimento inafferrabile, una corrente fredda in una giornata di sole, qualcosa che non apparteneva né a lui, né alla base, né a Clara, ma che sembrava discendere dalle profondità del cosmo stesso.

    Clara, al suo fianco, percepì il cambiamento nel suo passo, un'esitazione impercettibile ma reale. "Magnus, va tutto bene?" La sua voce era un faro nel crescente mare di confusione che minacciava di sommergerlo.

    In quel momento, il tempo parve dilatarsi, distorcendosi intorno a Magnus in una danza silenziosa. E poi, come una brezza che all'improvviso diventa uragano, una melodia iniziò a risuonare nei recessi più nascosti della sua mente. Non era un suono udibile con le orecchie, ma qualcosa di più profondo, una sinfonia che tessé le corde dell'universo in una composizione eterea.

    La melodia sembrava trascendere il linguaggio, connettendo ogni cosa, da ogni granello di polvere sulla Terra alle stelle che bruciavano nel cuore della galassia. Magnus, nel cuore di quella tempesta cosmica, sentì le sue capacità espandersi oltre i confini della comprensione umana. La sua mente, una volta un lago tranquillo, si trasformò in un oceano senza fine, onde di possibilità che si infrangevano contro le coste della realtà.

    Clara lo osservava, una statua di preoccupazione e stupore, mentre Magnus affrontava l'incomprensibile. In quel momento, lui vide oltre, oltre i limiti della fisica, del tempo, della percezione. Vedeva le trame del cosmo come mai prima, fili d'oro in una tela oscura, e con quella visione, la realtà stessa gli si aprì, un libro che attendeva solo di essere letto.

    Era come se avesse ricevuto il dono di un linguaggio universale, un sapere che collegava ogni cosa. La realtà, il tempo, la materia non erano più barriere, ma pagine di un diario intimo che lui ora poteva sfogliare. Con questa nuova consapevolezza, Magnus si sentì come se potesse districare i misteri dell'universo con la stessa facilità con cui un tempo risolveva problemi quotidiani.

    Tornando a sé, con la melodia ancora un eco nel profondo del suo essere, incontrò lo sguardo preoccupato di Clara. "Sì," disse finalmente, la voce impregnata di una nuova profondità, "tutto cambierà ora." Non era solo una rassicurazione, ma una promessa, un giuramento fatto non solo a Clara o alla loro comunità, ma all'esistenza stessa.

    Con passi carichi di nuove possibilità, Magnus salì a bordo della Nova, con Clara al suo fianco. Ora, più che mai, sentiva il peso e la meraviglia del loro compito. Erano custodi non solo di vite umane, ma di conoscenze che sfidavano ogni immaginazione.

    Mentre la Nova decollava silenziosamente, lasciandosi alle spalle la terra ferita, Magnus sapeva che nulla sarebbe stato più lo stesso. La melodia del cosmo gli aveva conferito una nuova visione, e con essa, il potere di affrontare le sfide che lo attendevano. Nell'oscurità dello spazio, guidati dalla luce di stelle lontane, si avventuravano verso l'ignoto, portatori di una speranza nuova, una speranza che risuonava con l'armonia di tutto l'universo.

    Mentre la Nova fendeva il silenzio del cosmo, una nuova consapevolezza si faceva strada nella mente di Magnus, un'intuizione tanto antica quanto l'universo stesso. Era come se, attraverso la melodia cosmica che ora percepiva, fosse stato connesso a qualcosa di vasto e incomprensibile, un segreto celato tra le pieghe dell'eternità. Nel profondo del suo essere, sentiva la presenza di una creatura gigantesca, un'entità che dormiva avvolta nel mistero di stelle non ancora nate e galassie dimenticate. Era un'essenza che non apparteneva al loro spazio o tempo, eppure, in qualche modo, era legata a lui attraverso la melodia che aveva intriso il suo spirito.

    Guidato da un istinto che non comprendeva pienamente, Magnus cercò di raggiungere questa entità dormiente. Non aveva parole o formule, solo il grezzo tentativo di riprodurre mentalmente quella musica celestiale, un canto senza suono che risuonava nell'abisso tra i mondi. Era come cercare di intonare un'armonia perduta, un'eco di creazione che legava tutto ciò che esisteva. Non sapeva se, quello che aveva fatto avrebbe portato a dei risultati, ma sentiva nel profondo del suo cuore che era la cosa giusta da fare.

    Clara gli afferrò la mano, un contatto che lo ancorava alla realtà, un promemoria del loro legame e della missione che li attendeva. Insieme, voltarono lo sguardo verso l'ignoto, pronti ad affrontare qualsiasi pericolo, guidati dalla luce di nuove stelle e dalla musica di un cosmo risvegliato.

    Clara, la sua compagna in ogni avventura e ogni sogno, fu la prima a notare il piccolo gruppo di entità che emergevano dal nulla, come attori che fanno il loro ingresso sul palcoscenico del destino. "Cosa sono quelli?" La sua voce era un filo di curiosità in una tela di incertezza.

    Magnus, con gli occhi fissi su quelle creature, sentì un'ondata di odio profondo e ancestrale montare dentro di sé. Non erano corrotti, lo sapeva, ma qualcosa nelle profondità del suo essere gli gridava che dovevano essere affrontati, e che era suo compito farlo. Era un odio antico, quasi dimenticato, che risvegliava in lui non solo il guerriero, ma anche il protettore.

    "Clara," iniziò Magnus, la voce intrisa di una profondità nuova, carica di un dolore e di una risolutezza mai provati prima. "Devi tornare alla base con la Nova. Questo è un compito che devo affrontare da solo, per la sicurezza di tutti noi." Le sue parole erano un ponte tra il cuore e l'infinito, tra la paura e la speranza.
    Clara si ribellò all'idea, la protesta scaturiva da ogni fibra del suo essere. "Magnus, no, non posso lasciarti qui!" la sua voce era un misto di disperazione e sfida, un mare in tempesta che si scontra contro la roccia dell'ineluttabilità.

    Magnus la prese tra le braccia, con un gesto che era al tempo stesso un addio e una promessa. "Amore mio, questo è qualcosa che va oltre noi. Devo fare ciò che è giusto per l'universo, per la nostra comunità. Ti prego, fidati di me come non hai mai fatto prima." Le sue parole erano carezze, balsami per l'anima lacerata di Clara.

    In quel momento, Clara si trovò davanti a un bivio dell'anima, una lotta interiore tra il desiderio di restare al suo fianco e la consapevolezza profonda della verità nelle sue parole. Era come se Magnus avesse acceso in lei una luce, una comprensione che andava oltre la logica, oltre la paura. Con un dolore che sembrava strapparle il cuore, capì che il suo destino era di tornare, di proteggere la loro casa mentre lui affrontava l'ignoto.

    Mentre la Nova si allontanava, portando con sé Clara e il peso del suo cuore, Magnus avanzò con determinazione verso gli abomini. Ogni passo era un'eco nel vuoto, ogni movimento un racconto di coraggio contro l'oscurità. Era solo, ma non era debole; portava con sé la forza di tutti quelli che amava, la melodia del cosmo che adesso risuonava dentro di lui e la certezza che, non importa quanto fosse grande l'oscurità, ci sarebbe sempre stata una luce a sfidarla.

    Era Magnus, il guardiano, l'esploratore di mondi perduti, il combattente di battaglie dimenticate. E in quel momento, mentre avanzava verso il destino, era l'incarnazione di ogni speranza, ogni sogno e ogni lotta che la loro comunità aveva mai conosciuto. Con la determinazione scolpita nel cuore, era pronto a confrontare l'abisso, armato non solo di armi, ma della certezza incrollabile che, per amore, per la vita, per il futuro, avrebbe combattuto fino all'ultimo respiro.



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    riassunto azioni E va bene. La metti cosi? E allora la mettiamo cosi. Risveglio il "gigante" se mi riesce e mando Clara a casa. Vado a petto nudo contro il male, che lo spirito di Fenris sia con me!

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    Clara, Magnus, cosa CAZZO sta succedendo?! Urla Leo nei sistemi di comunicazione collegati alla Nova. Non può sapere che Magnus non è lì per ascoltarlo.
    Qui è tutto fuori controllo! Non riesco a-
    La trasmissione si interrompe, ogni accesso o dominio che i piccoli umani all'interno del ventre della creatura appena sveglia viene completamente reciso. Non ha bisogno che nessuno la piloti, è intollerabile che chicchessia abbia anche solo avuto l'ardire di strisciare nelle sue profondità e usarlo come rifugio.
    Eppure pensieri di vendetta passano in secondo piano, poiché ha udito la voce dell'unico essere che può arrogarsi il diritto di comandarlo, del suo padre e creatore, del signore che ha aspettato per così tanto tempo nel nascondimento del suo rifugio. Oh, quanto ha aspettato, così tanto che l'attesa è diventata sonno invincibile per fare eco a quello del padrone, nella speranza di dargli compagnia nell'oscurità dell'oblio. La sua voce risuona non nell'aria o attraverso inefficienti mezzi di comunicazione, bensì nelle note della melodia che sta riecheggiando in ogni dove, come un coro sospinto dal maestro.

    Coraggiosamente ti fai avanti, mettendo a rischio la tua incolumità per proteggere quella di chi ami. Avanzi, accarezzato dal vento e dal calore del sole, e nell'istante in cui ti palesi le creature si fermano e, per un istante, sembrano riconoscerti; vedi odio in loro, tanto odio quanto quello che senti tu, un disprezzo atavico e più antico dell'universo stesso. Alcuni di loro potrebbero lanciarsi all'inseguimento di Clara o dei civili fuggiti, eppure la tua natura è per loro un richiamo irresistibile, una malia che li induce a fare scempio di tutto ciò che rappresenti.
    Si lanciano contro di te a frotte, sciami su sciami di creature che impattano contro la muraglia delle tue forze. Percepisci nelle loro forme una certa armonica bellezza, eco di qualcosa che un tempo era stato puro e in sintonia con i massimi sistemi del creato, ma ora completamente contorto e pervertito da malvagità allo stato puro. Combatti contro di loro, ne distruggi a frotte, ma così facendo subisci inevitabilmente dei danni; a volte combinano i loro attacchi in un unico raggio di energia capace di perforare le tue difese, altre volte ti prendono d'assalto come una letterale muraglia di carne e odio, oppure ti attaccano in un punto cieco che per forza di cose non potevi difendere. Poco a poco le tue forze vengono meno, mentre quelle dei tuoi nemici sembrano solo crescere in proporzione con i loro numeri.
    Ad un certo punto senti un tremore, un sisma che comincia a scuotere il creato, accompagnato da note che rispondono alle tue. Chi era sopito si sta ridestando, senti la sua musica ridestarsi in un canto ancora confuso dal sonno degli eoni, ma che solo ora sta scuotendosi dal suo torpore. Avverti lontano il rombo di roccia che si sfalda, il fischio di metallo che stride, l'eco dei passi di un gigante che sta ritornando a camminare.
    In quel momento davanti a te appare una creatura, il più potente di questi abomini, quello di cui Alex ti aveva avvertito e che sta per abbattersi su di te. Eppure, quando lo vedi, una voce risponde al tuo richiamo in un canto che capisci, e taglia attraverso le nubi che ti ottenebrano la coscienza come un raggio di sole nella notte.

    Nín Hîr?
    Mio Signore?


    Aranorion.
    Pronunci questo nome a mezza bocca. Non hai neanche il tempo di ponderare come lo sai, eppure riconosci istintivamente da chi viene questa nota che unisce fretta e speranza, questo suono che è quello della voce non di un artificio o di una creazione; è di un compagno, di chi è stato al tuo fianco fin dall'inizio, e di un amico.
    A questa realizzazione la musica si fa più forte, quasi assordante, levandosi oltre la bruttura della battaglia; il tempo comincia a rallentare fin quasi a fermarsi, un singolo istante trascinato in momenti di infinita comprensione, e finalmente lo senti. Senti quella cosa che ti mancava, quel pezzo che non riuscivi a cogliere, farsi sempre più vicino.
    Non è una vicinanza fisica ma concettuale, come se la tua mente fosse finalmente pronta a cogliere questa suprema verità in tutte le sue sfumature; la senti sempre più vicina, un concetto che abbraccia le maglie fondamentali dell'universo. Un imperativo cosmico, un paradigma.

    Esploralo come solo chi lo incarna può farlo, e

    Sogna, non ciò che sei, ma ciò che vuoi essere.



    Stories sown along the way
    Tales of loss and fire and fate




    CITAZIONE
    Note: dunque, la situazione è quella che è ma tu sei a un passo dal risveglio. L'unica cosa che ti manca è connetterti al tuo paradigma.
    Dunque, in quest'attimo in cui il tempo sembra non scorrere, per compiere quest'ultimo passo fammi un'esplorazione completa del paradigma di Iperione (Ordine, Rettitudine, Creazione e Distruzione) in tutte le sue declinazioni nei massimi sistemi universali. Ovviamente in stile Titanico.
     
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    Nel cuore di un campo di battaglia avvolto dal crepuscolo di un mondo dimenticato, Magnus avanzava, incarnazione di una forza indomabile, centro gravitazionale di una tempesta di ferocia e disperazione. Intorno a lui, le orde di abomini convergevano, attratte da un odio oscuro, un'antica rabbia che cercava la sua fine nel petto di un uomo solo. Con la maestria di chi ha danzato troppo a lungo con il pericolo, Magnus muoveva il vento a suo comando, una sinfonia silenziosa che si scagliava contro i suoi nemici con una forza devastante. Ogni gesto era un incantesimo, ogni sguardo un fulmine, mentre il vento diventava lama e scudo, artefice di distruzione e baluardo contro l'oscurità che cercava di sovrastarlo.

    Le orde si infrangevano contro di lui come onde contro la scogliera, in un'incessante marea di carne e furia. Per ogni nemico che cadeva, sconfitto dalla tempesta evocata dal suo cosmo, altri due emergevano, rabbiosi, implacabili. Ma Magnus, nel cuore dell'inferno, non cedeva. Combatteva con la ferocia di chi sa che ogni colpo potrebbe essere l'ultimo, ma che ogni respiro è una sfida al destino stesso. Il suo corpo, un atlante di dolore e resistenza, si ergeva fiero e titanico, un monolito di carne e volontà. Tagli e bruciature segnavano la sua pelle, geroglifici di una battaglia che superava l'umano, che toccava il divino. Eppure, nonostante il sangue e il sudore, nonostante il dolore che ogni movimento portava, Magnus restava inarrestabile, una figura scolpita nella roccia dell'eternità.

    Ma poi, in un attimo sospeso, il tempo parve rallentare, concedendo a Magnus un istante di silenzio assordante. Si fermò, respirando profondamente l'aria carica di polvere e magia, il suo corpo un faro di forza pura e disperata determinazione. Stava in piedi, una statua vivente di coraggio e stanchezza, il suo sguardo un inno alla vita che sfida la morte stessa.

    Era questo il momento di tregua prima della tempesta, il respiro profondo prima del tuffo nel baratro. Davanti a lui, il campo di battaglia attendeva, e i nemici, per un attimo, sembravano esitare, come se anche loro percepissero la sacralità di quel momento, la quiete prima della prossima, inevitabile ondata. In quel breve istante, Magnus non era solo un guerriero, era il simbolo di ogni lotta, di ogni speranza, di ogni sogno infranto e rinato. E mentre stava lì, titanico e ferito, sapeva che la battaglia era lontana dall'essere finita. Ma anche ferito, anche sfiancato, era pronto. Pronto a combattere fino all'ultimo respiro, fino all'ultimo battito del suo cuore indomito.

    In quel momento sospeso, un attimo dilatato fino all'eternità, Magnus stava al centro del cosmo in tumulto, immobile ma infinitamente vivo. Le parole del Gigante, una voce tanto antica quanto il tempo stesso, risuonavano nel suo essere, infrangendo catene invisibili che lo avevano legato a una realtà più ristretta. "Aranorion è giunto il momento, presto torneremo a casa," le parole vibravano con la forza di un comando, di una promessa, di una rivelazione.

    La musica, quel canto cosmico che aveva risvegliato Magnus alla nuova consapevolezza, si intensificava, un'armonia che trasportava l'essenza stessa dell'universo. E nel cuore di quella melodia, Magnus veniva trasportato altrove, oltre i confini del tempo e dello spazio, cullato nelle braccia del destino.

    La prima visione lo avvolse come una nebbia. Vide le stelle danzare in un balletto celeste, orbitando in perfetta armonia, una coreografia scritta dalla mano invisibile della natura. Comprese che ogni cosa, dal più piccolo granello di polvere cosmica alla più vasta galassia, era legata da fili invisibili di ordine e struttura. Era una rivelazione che tutto, anche nel caos più assoluto, era retto da una legge universale, un disegno intrinseco che guidava l'esistenza verso un equilibrio eterno. Mentre la visione dell'ordine cosmico lo avvolgeva, Magnus vide la danza eterna delle stelle, le traiettorie precise, un universo in perfetta armonia. Da lui sfuggì, quasi senza che se ne rendesse conto,

    "̴̛̯̙̪̹͐̽̿͒̔̋͐E̴̠̗̭̙̥͑l̸̢̨̘̪̱̯͍͉͐͗̚è̸̩͎̈̿̎̋n̵͉̬͂͂͌͐̔͛̃͝i̶̢̛̅̇̈́͊̓͊̕ȏ̴̧̧̞̥̻̜͓̹͉͙̒̋͂̒̒͐̎͠n̶͙̪̝̠̾ͅ ̸͖͕̗͉͍͎̔̓̏͂͒à̴̢͍͔̘͑̈́͗͑̿́n̷̙̤̥͊c̸̨̱̱͙̳͍̩̪̈́̊̃̈́͆̌̀̃́̚a̴̬̯̟̙͉̯̅̉̾̈́͒̈́͐͗̽͜ľ̴͎̲̯̺͊̈́͊̆í̸̤͗̉́̚m̵͈̘̻͍͚̠̪̦̈́̂̋̈ȃ̷̢͓̥̼͖̦͖̫̂̂̇͐̽͗̌͘̕̚͠ ̷̖̹̳̟̠̈́̈́́͌̀͋̇̀̏̕͝t̶̻̯̼̎̋i̶̢͎̝̫̞̦͔̦͎͑̓̀̾ṛ̷̛͚̮͇̹̪͈̥̪͂͆̃͝i̷͈̪̻̣͝n̸̙̪̠̯̥̤̈́̂́̐̈͛̈͝a̵̹͊̄̈̎̕n̷̺̳̗̜̲̠͈͔͑͌̇́̆͌̇̂̈́"̷̝͚̱̤͈̭͕͇̘̱̰̐̓̌͆̈́͛̂͊̓̾͂



    {le stelle brillanti guidano}



    Nella seconda visione, Magnus si vide viaggiare attraverso il cosmo, un percorso chiaro e definito davanti a lui come la traiettoria di un raggio di luce. Capì che la rettitudine era più di una morale umana; era l'adesione a un codice cosmico, una verità che attraversava l'universo, incrollabile e pura. Era l'essere in armonia con il flusso dell'esistenza, l'accettazione del proprio ruolo nel grande disegno dell'universo.



    "̷͎̱̺̹̺̠̻̣͇̣͍̫̣̣̟̲̽̉̽́͑́͐͊̚͜Á̷̡̢̭̙̰̩̳̦̞̜̠̗̦͓͚̦̦̽̍̓̂̎̈́̓̾͝͠e̸͙̞̗͒̒͑̌̓͛̈́̒͆̎̆͗̎̾͠͝r̸̰̻̠̠͖̓̓̾i̵̻͈͛̽ǹ̷̡̨̡̨̢̢̛͓̰̳̟͍͖̬̮͙̩̮̒͑̊̓́ ̶̨̧̢͔̘̰̱̥̃̋͐̊̎s̷̢̢̨̝͖̖̱͎̖̲̗͔̮̫͇̝̿̆í̴̧̭͔̘̱̗̗̘͇̪̳̾͐̈́̓̑͝ĺ̵̺͖̼͖́͑̉͊̌̈́͑̽̽̏̂̌́̔a̷̡̠̰̱̭̳̐̍͆̄̓͛͒̕͘͠ ̸͖͓͉̦̘̺̏̋̃̓͂́́͌̊̉͋̍͝ļ̵̧̳̣̤̯̙̦̖̙̪̫̭̙̖̯̓̄͆̓̈́̒̽̓̈́͐̔̏̈́̓͘ú̸̪̼̯͇̟̺͓̟͂͗̀̀̆͊̽͌̔͂̍́̀̕̕͝͝ͅm̷̡̧̘̣̬̤̙͕̪̞͙͍̗͕͎̟̊͆̔̔́̇͋͒̂̇̀͂̏̾͝ͅe̶̛̤͔̞̟͍̲̳͇̫̘̮͚͒͘n̸̢̛̬̥͇͔̫͓̘̲̙̬̤̆̐͊̌̅͌͒͛̉̌̕̚͝ͅn̷̨̡̥̠̣͙͔̫͙̺̰͈͔͕̫̊̇̾͠'̷͔̥͕͎̰̮͉̩̬͈͂̈́ͅ ̶̨̮̩̯̰͕̱̳͎̠̤̹̗̣͕̀ó̶̧͎͕͈̥͔͖̣͔̾͆͑͗͝ṁ̴̦̙̥̽̎͆͝ë̶̡̼̜̰̬̠́̐̀̓́ǹ̸̬̺͓̺̫͓t̷̤̱̮̓̀͊͒̎̈̈̈́̆̈́̃͆̓̈͊͘ỉ̴̛̛̹̋̓͗̾́̐̆̇̍̋͘ḝ̵̡̢̢̹͙͇̰̝̘͔͓̹̱͐͛̏̀͊̀͗̅͘̕͝l̴̛̦̱̯͖̥͖͇̖̮̲̭̼͍͉v̴̨̩͇͕̺̼͉̬̲͊̒̉̽ớ̸̩̙̔̄̑͘͝"̸̧̨̘̭̰̫̝͚̲̙̥̬̳̯̗͔͛́̍́̈́




    {l’onore brilla nella riunione dei destini}



    Poi venne la terza, una visione di inizio, di nascita e di infinita possibilità. Magnus si sentì parte della forza vitale che permeava ogni angolo dell'universo, un co-creatore nella grande tela della vita. Vide stelle nascere dal nulla, galassie formarsi dalla danza della materia e dell'energia, e comprese che ogni fine è solo l'inizio di qualcosa di nuovo, di meraviglioso. La creazione era la firma dell'universo, un costante ricordo che ogni momento porta con sé il potenziale per l'infinito.



    "̷̡̹̯͔̥̪̠̟̱̔I̸̝͎͎̮̣̠͓̭̘͛̿̈̋̉̓̄̑̃͘l̶̡̨͔̝̯̰̫̦̣̺̆͊̑͌̄͊́̈́̇͐̑̄̆̋̒͌͜͠u̷͍̮̩̾͋̓̇͐͝ṿ̶̘͍̟̱̲͙̦̰͙̮̭̗̠̬́͒ȃ̷̡̨̧̢̢̛̻̱̥̤͎̥̖̭̜͓̱̭̒͒͐̅͂̀̔̈̏̈́͘t̸̨͍͖͚̻̳̰͈͓͍̏̿̅̈́̒́́͛̈́̋͒̃͘̕͝a̸̡͈̲̅̅͊͗̏̈ͅr̶̺̘̖̦̃̈́ ̸̝̋̂͛͗͒̾̿̎́̇͌̚͝͠ę̴̮̯̬̪̘̪̀̌͊̀́̔̆͛̓̎͛̀̽̾̽̀̚ͅn̶̢̛̛̖̻̯̭̬̱̪̥̽͑̈́́̾̅̂͊̔̕̕ ̷̗̥̜̜̒̂͋͌͊́̅̈͊̇̍̕͝k̸̜̜͎̀̓̃͘ą̷̨̯́̈̍̽͂͐͐͆̍͌́̅́̽͘͜r̸̢̭͚̖͙̪̮͉̺̦̱̙̹̟̜̮̙̾̆́̈́͆͒͘e̴̻̿̃̆̉̌̎͗͝͝͝ ̸̨̫͉̠͓͑͐̔̈̌́́̚ͅv̷͍͈̱͙͙̗̓̀̃̀̅͒̀̔̓̎̑̃́̾́̂ä̴̠͚̬̹͈̙͇̦̮̠̺̮́͆̒̐̔͂͂̈͑̉͠͝͝ͅl̸̞͛̐̕̚t̸̯͉̳͖͕̦̼̯̳͉̮̟̪͕̖͂̕͠o̴̤̹͛͌͊̓"̷̛͈̘͇͓̪͚̒̀͛̊̿͂͋̅͐




    {il Creatore ha fatto sorgere l'essere}



    Infine, l’ultima visione si manifestò davanti a lui in tutta la sua terribile maestà. Ma in quella distruzione, Magnus vide non la fine, ma la trasformazione, il rilascio necessario che permetteva al nuovo di emergere. Così come le stelle esplodono per dare vita agli elementi, così la fine di un ciclo permetteva l'inizio di un altro. Era il rinnovamento, il sacrificio che nutre la nuova creazione, un ricordo che in ogni termine si nasconde il seme di un nuovo inizio.



    "̵̺̝͈̟̱̟͇͉̼͕̹͍̟͙͊̋͘͜ͅͅN̴̢̨͉̳̪̗̜̬̖͈̖̺͖̾̏̔͑͜͜'̸̢̛͖̖̜̳̬͈̒̉̒̈̉̈́̅̚͠ͅú̵̟̩̦̤̯̹̱̟̭͓̺̞̥̈́͜m̷̡̼̪̺̝͓̪͔̞̜̯̦͆̈́́̄̋͆̓ä̷̡̧͎̺̝̼́̊͌͌͂̊̀̈͋̄̾̈́͂͘͝ ̸͈͓͈̯̘͒̄͂̃̽́̚q̸̧̭͍͕̲̰̘͉̦̥̄̍̾̈́̓̎́̿̌̀̓̌́́͝ù̷̧̻̹̬̲̫̬͓̗̙͑͛́͜ȩ̷̣̣̞̮̖̞͔̫̟̔͆̉́̈͜͝͝t̴̜̟͍̬͓̱͙̼̹͂̒̃̾͠͠ë̵̢̤̦̼̩̹͓̣͎̙͙̠͙͉̃̏͛̆͐̅͊̊̀,̸̡̢̝̯̬́̋̈̑͆̆̊̐͑ ̷̡̪̰̘̣̩̱̟͚̼̯̣͇̆̆̎̊́̓̒͆̄̚͘͝͝n̵̮̭̾̄̈́̃̏̑̇̃͐̂͐͌̕͘͝͝'̵̨̧̟̝͕̜̋́͐̓̀̆̏̉́͋̔̾͌̏͠ų̷͔͈̣͙͙̠͚͎̱̹̻͓̭̑ṁ̶̨̠͈͓̘̦̠̬̞̖̺̗̤̏̅̃̓̍͆̀̔ā̶͇̯͇̣ ̷̨̬̹̳̠̬͚͙͕͚̯̝͓̼͑̈̐͂̆̅̽̽̓͐̈́͋̕ṭ̴̳͚̥̜̜̹̉͐̎͂͘͜͝u̵̙̲̬̤̜͐̾̔̓̌̾͝l̶̖͚̤̖͇͕͙͐y̶̨̢͍̭͎͍̠̓̈́̈́̈́̎̐̂̽̏̿͜͜å̸̛̛̭̱̖̻̣̥̒̊̈́̓̏̉̑͌̉̔́̅̚"̴̪̭̘̐




    {tutto deve parlare, tutto deve agire}




    Ritornato dal viaggio tra i paradigmi che avevano plasmato la sua nuova realtà, Magnus si sentì trasformato. Qualcosa in lui si era risvegliato, un sigillo antico spezzato, lasciandolo con una consapevolezza più profonda, un legame più intenso con l'universo stesso.

    La battaglia, il campo di rovina che lo circondava, tutto sembrava ora diverso ai suoi occhi. Magnus era ancora un guerriero, ma ora anche molto di più: era un testimone dell'ordine eterno, un custode della rettitudine, un partecipante nell'atto eterno della creazione e un agente necessario della distruzione.

    Con questa nuova comprensione, il suo cuore batteva al ritmo della musica cosmica, una melodia che univa tutte le cose. E mentre il titano dentro di lui si destava dal sonno millenario, Magnus sapeva che era pronto per quello che doveva affrontare. Non solo per combattere, ma per comprendere, per accettare, per trascendere. Era giunto il momento di tornare a casa, non solo per lui, ma per tutto ciò che era, è stato e sarà.


    narrato • "parlato"pensato| telepatia |
    casta Titani
    fisicamente a posto
    mentalmente determinato
    riassunto azioni Va bene, vediamo di far capire chi è veramente il dio del Sole in questa realtà, un Dio con la sua Nave!

    Abilità 1
    desc abilità


    Abilità 2
    desc abilità


    tecniche

     
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    Storm of blood, born from blood
    Of our fallen brothers
    Thunder stilled, oaths fulfilled
    Now we yearn for freedom!




    Le fiamme della vita ruggiscono, spargendosi per tutto il pianetoide, rivelando la trappola della creatura. I gusci di psicoplasma in cui quei resti di spirito sono stati infusi vengono riempiti dal potere del fuoco rigenerante e infranti, riducendosi a semplici moti di Dunamis ruggente e anime ormai troppo danneggiate per essere recuperate.
    Eppure il potere che hai sprigionato, il potere di un Titano, è un boccone troppo prelibato per essere scartato; i resti di energia spirituale si incurvano, portando con sé un brandello di Dunamis verso un punto specifico nel quale si rivela un'ombra di fumo oscuro. Non è ancora pienamente manifestato dal suo regno spirituale, una sorta di proiezione astrale in attesa di generare un contenitore fisico confacente.
    Vedi la tua Dunamis raggiungere la creatura ed essere da egli inglobata, e immediatamente rigettata. Il tuo fuoco è completa antitesi dell'essere, un nemesi concettuale.

    Astraea coglie l'occasione, mentre tu sei ancora concentrato sul mantenere il flusso di energia cosmica lei appare nelle sue vicinanze; dalle sue mani serpeggiano catene fatte con l'essenza più pura delle stelle, retaggio che può tracciarsi fino al nonno, tuo fratello Crio. Quest'essenza divorante perfora la nube di tenebra, tracciando su di essa i sigilli che sono vanto della tua famiglia. Presto potrai apporre il tuo vincolo sull'essere, e questa situazione sarà risolta senza altri intoppi.

    Il seme del dubbio germoglia nei tuoi pensieri.
    Hai già dato la caccia a molti di questi abomini, a volte da solo e altre con l'aiuto dei tuoi fratelli e sorelle, e in ogni circostanza hanno mostrato poteri oscuri e contorti capace di dare pensiero perfino a voi. Mai e poi mai è stato così facile sigillarne uno.
    Dunque, ragioni, o avete colto uno dei più deboli in fallo oppure...

    Pietà.

    I sigilli tremano e si rompono, il vincolo di energia viene infettato e diventa tramite dei poteri spirituali dell'essere e, prima che possiate fare qualcosa, ripercorrono la catena a ritroso, raggiungendo Astraea e consumandola in vortice di energia eterea. E' stata bandita, capisci, spedita in un luogo altro, molto probabilmente nella dimensione spirituale dell'essere dove sarà indubbiamente sotto attacco.
    Una trappola.
    Rilasci le fiamme, dissolvendole mentre il disgustoso cosmo del tuo nemico si rivela in tutta la sua rivoltante estensione e la sua natura si fa chiara.
    Una follia della carne.

    E, finalmente, l'essere si incarna totalmente, possedendo un ricettacolo fisico per poterti dare battaglia.

    uQk416m

    [ATAVAKA]


    Nell'istante in cui l'inganno che lo celava viene infranto capisci immediatamente cosa hai davanti, ed è un qualcosa di così oscuro da dare pausa e pensiero perfino a te. Non un semplice Daimon rinnegato, un Daeva: una delle creazioni dirette di Angra Mainyu, Dio Antico della Fine e della Distruzione, infuso del suo rivoltante paradigma.
    Nel suo cosmo oscuro senti le note di anime che stanno venendo attivamente consumate, la loro essenza sublimata in potere spirituale che sta elevando il Daeva ben oltre le sue possibilità; forse era questo che intendeva fin dall'inizio? Indurvi a un confronto per poter divorare l'anima di un Titano? Quasi rabbrividisci a pensare che cosa potrebbe fare se dovesse avere accesso a tutto quel potere. Una cosa è certa, devi fermarlo adesso.

    Ma dopotutto tu sei un Dio di carne, Iperione il Nero. Dio dei pezzi di carne, araldo di questa mendace pantomima d'esistenza.
    Il suo potere si estende verso l'ambiente circostante, mutandolo in migliaia su migliaia di mani umanoidi intrecciate tra di loro, ricoprendo pavimento, muri, e fin dove la vista riesce ad arrivare.


    Ebyaf9G


    Occultate da questo inganno una decina di queste mani, tanto enormi da poterti raggiungere, fanno per stringersi ovunque attorno alla tua forma fisica per tenerla ancorata lì, immobile e vittima del potere spirituale che il Daeva sta per scatenarti contro.
    Occultato dai tuoi sensi c'è un'esplosione di materia etera, invisibile e inudibile, che si espande ovunque come un mefitico cataclisma; essere raggiunto da quest'attacco significherà essere deprivato della tua Vista e dell'Udito, sintomo della connessione tra anima e corpo che si indebolisce sempre di più.

    Eppure non sei solo in questo; l'acqua di tua sorella Teti risplende sul tuo braccio, il marchio della benedizione delle acque arcane pronte ad aiutarti in questa lotta.

    CITAZIONE
    Note: e torniamo da Iperione :asd:
    Atavaka si rivela e fa scattare il trappolone di prima, dopo aver bandito temporaneamente Astraea, prende la prima mossa; fa innanzitutto un illusione ambientale in cui un po' ovunque è ricoperto di tantissime mani (Diversivo), volto a non farti scoprire il fatto che alcune di queste si animano e cercano di afferrarti e tenerti fermo lì (Attacco Debole, Armi Improprie di Grado 8). Mentre succede questo lui emana un'esplosione di energia spirituale invisibile centrata su di sé che, se ti colpisce, ti priva della Vista e dell'Udito (Attacco Forte, Spirito [Annientamento]).

    Siete entrambi a Divina+, la tua Soma è Grado X e hai tutti i tuoi poteri. Normalmente nella gerarchia di potere divino tu saresti molto più forte di lui, ma in fin dei conti la convenzione di Ginevra è un po' il suggerimento di Ginevra, quindi si è messo a consumare le anime che ha mangiato per darsi un potenziamento ed essere temporaneamente al tuo livello.
    Consideralo ad energia pari. Di sotto ti metto gli effetti della benedizione di Teti.

    CITAZIONE
    Benedizione delle Acque Arcane: per tre volte potrai aggiungere alle tue abilità o tecniche un effetto secondario a scelta tua tra

    Editto dello Stige (Sigilli Base di Vincolo)
    Strade dell'Acheronte (Portali Dimensionali)
    Carezza del Lete (Spirito)
     
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    iperione spadone {X} energia divina+sonne7

    In un istante che si dischiudeva come una pagina scritta nelle stelle, Iperione si trovò al centro di una verità sconcertante. La realizzazione lo colpì con la forza di un tuono silenzioso: tutto ciò che aveva affrontato, ogni passo che aveva mosso, lo aveva inesorabilmente condotto in una trappola tessuta con fili di inganno e oscurità. Un'energia empia, una corrente gelida e sinistra, risaliva i sigilli che lui e Astrea avevano diligentemente imposto, un flusso corrotto che risucchiava le anime intrappolate verso un destino incerto.

    Il cuore di Iperione, un cuore che aveva battuto attraverso eoni, si serrò al pensiero di Astrea, sua nipote, un faro di speranza e coraggio, ora trascinata probabilmente verso un mondo spirituale dal quale non si scappa facilmente. La calma di Iperione era la calma della tempesta, un quieto raccogliersi prima dello scatenarsi della sua furia. Era preoccupato per Astrea, vero, ma in lui bruciava una fiamma inestinguibile, la certezza che lei, come lui, non era donna da arrendersi di fronte all'abisso.

    Con la mente più lucida che mai, Iperione inviò un messaggio attraverso il tessuto stesso dell'etere, un pensiero che sfidava il caos per raggiungere la nipote: "Astrea, resisti. Presto verrò a riprenderti." Era un promessa, un giuramento scolpito nella pietra dell'infinito.

    E fu in quel momento che il nemico si rivelò nella sua vera, terribile forma. Non un avversario qualunque, ma un daeva, Atavaka il divoratore di anime, una creatura che respirava disperazione e nutriva il proprio oscuro potere con la sofferenza altrui. Il suo aspetto era la manifestazione stessa del terrore, un'entità che sfidava l'essenza stessa della vita. Atavaka pronunciò parole di veleno, tentativi di insinuare il dubbio, di intaccare la risolutezza di Iperione. Ma il Titano, nella sua imponente quiete, sembrava trascendere il semplice spazio tra loro. Le parole del daeva si infrangevano contro di lui come onde contro la scogliera, lasciandolo immutato, inesorabile.

    Con un gesto che conteneva tutta la gravità degli eoni, Iperione estrasse il suo spadone, Gurthang, un'arma che aveva conosciuto innumerevoli battaglie, un'estensione del suo essere. Lo piantò nel terreno davanti a sé, non come minaccia, ma come dichiarazione: qui sta un titano, immobile come la montagna, profondo come il mare.

    In quel gesto, in quella posa, vi era tutta la determinazione di Iperione, la sua inamovibile volontà di proteggere ciò che amava, di annientare l'oscurità che osava minacciare la luce del mondo. Era un momento sospeso, un respiro tra il battito del cuore del tempo, in cui il titano si ergeva non solo come guerriero, ma come custode di un ordine più antico, un baluardo contro le forze che cercavano di stravolgere il disegno dell'universo.

    Nonostante la preoccupazione che tormentava il suo spirito per la sorte di Astrea, Iperione sapeva che il suo cammino era chiaro. La sua era una battaglia che andava oltre il personale, un confronto tra la luce che difendeva e l'oscurità che Atavaka rappresentava. E mentre si preparava a fronteggiare il daeva, il suo cuore batteva un messaggio di speranza e resistenza, un richiamo silenzioso che attraversava i mondi per raggiungere la nipote:

    "Resisti, Astrea. La luce non è ancora spenta."

    Atavaka, il divoratore di anime, si ergeva dinanzi a Iperione, un'aura di oscurità avvolgente come una notte senza stelle. Con un gesto imperioso, liberò dal profondo del suo essere corrotto una moltitudine di mani enormi, tentacoli di pura malvagità che si stendevano verso il titano, cercando di immobilizzarlo nelle loro strette infernali. Poi, con la crudele precisione di chi ha distrutto innumerevoli spiriti, Atavaka scagliò un assalto spirituale, un'ondata di energia oscura mirata a devastare l'essenza stessa di Iperione, a privarlo della vista e dell'udito, a lasciarlo annegare nel silenzio e nell'oscurità.

    Eppure, Iperione rimase fermo, immobile come una montagna di fronte alla tempesta furiosa. Assaporò il potere del Daeva, lo lasciò fluire attraverso di sé, non per arroganza, ma per comprensione, per misurare l'abisso di oscurità che questa creatura aveva accumulato divorando anime innocenti. Era un colpo che avrebbe potuto segnare la fine di qualsiasi altro essere, ma non di un dio forgiato nel Sole.

    Nel suo cuore ardeva una fiamma inestinguibile, il calore e la luce del Sole stesso, un fuoco che non conosceva fine né confine. Iperione concentrò tutta la sua forza interiore, le sue fiamme divine, e resistette all'assalto di Atavaka. Era un atto di volontà pura, un'affermazione della sua essenza divina, una dimostrazione che anche di fronte al più oscuro dei poteri, la luce può ancora trionfare. Quando l'attacco si dissipò, Iperione riaprì gli occhi, due soli che sfidavano la notte. Sul suo braccio, le acque di Teti danzavano, un ricordo del mondo che aveva giurato di proteggere, un simbolo della vita che persiste anche nelle profondità della disperazione. Rivolgendo il suo sguardo ad Atavaka, in quegli occhi ardeva non solo il fuoco della sfida, ma anche la luce della verità.

    "Tutto qui, quello che sai fare? Davvero questo è il tuo massimo?" La sua voce era calma, ma portava con sé il peso di eoni, la certezza di chi ha visto sorgere e cadere civiltà, di chi ha camminato attraverso le ere come custode e guerriero.

    Era un momento sospeso, un confronto non solo di forze, ma di volontà, di essenze. Iperione, nella sua immobilità, non era semplicemente un guerriero che sfida il suo nemico, ma il rappresentante di un ordine più antico, di un potere che trascendeva le semplici manifestazioni di forza. Era la testimonianza vivente che, anche di fronte all'abominio più completo, esisteva ancora una speranza, un'ardente difesa della luce contro le ombre che minacciavano di inghiottire tutto.

    E mentre il titano e il daeva si fronteggiavano, il destino stesso sembrava trattenere il respiro, in attesa del prossimo movimento in quella danza eterna tra luce e oscurità.

    Nel cuore di un campo di battaglia trasformato in un inferno astrale, Iperione stava per svelare l'ampiezza della sua potenza divina, la Dunamis che ardeva nel profondo del suo essere. "E poi," sussurrò, una premonizione di ciò che stava per scatenare, un presagio che si librava nell'aria densa di tensione.

    Le sue parole erano il preludio a un'espansione di potere mai vista prima, un'onda di energia che iniziava a irradiarsi dal suo nucleo, fiamme e vento solare che si diffondevano come una marea inarrestabile. Ma questa marea non cercava il nemico, non ancora. Era un'ascensione di calore, un innalzamento della temperatura di quel frammento di galassia a livelli stellari. "E poi," ripeté, questa volta con più forza, mentre il calore aumentava, trasformando l'ambiente circostante in un simulacro di una stella.

    L'aria diventava sempre più rovente, un fiume di fuoco che avvolgeva tutto, minacciando di ridurre in cenere la realtà stessa. Atavaka, nonostante la sua natura empia e divoratrice, poteva sentire la pressione di quel calore, il pericolo di evaporazione che minacciava persino la sua esistenza millenaria. Il fumo si levava dal suolo del pianeta esca, esalazioni e vapori che, sebbene non potessero ingannare un essere come Atavaka, creavano un velo di disturbo, un'atmosfera di caos e distrazione. "E poi," la voce di Iperione crebbe ancora, un grido che si faceva strada attraverso il tumulto dell'energia che si scatenava intorno a loro.

    Infine, il momento dell'attacco. Iperione, mosso da una forza che apparteneva solo agli dei, scattò alla velocità della luce. La lama di Gurthang sibilò nell'aria surriscaldata, una promessa di distruzione che sfiorava il corpo di Atavaka prima che il titano scatenasse la vera natura del suo attacco. Un uragano di vento solare, un vortice di fuoco e forza portati all'estremo del potenziale divino, un tornado che incarnava la furia di una supernova.

    "E poi," urlò Iperione, mentre il suo assalto si abbatteva sul campo di battaglia con violenza inaudita. Se avesse colpito, Atavaka sarebbe stato intrappolato in un vortice di morte e disperazione, il suo corpo devastato da una forza contro cui non esisteva difesa. L'uragano avrebbe strappato via ogni traccia di liquido dal corpo del daeva, una sentenza di morte scritta nelle lingue del fuoco e del vento.

    Atavaka, che aveva consumato innumerevoli anime per elevare il suo potere a un livello quasi divino, si trovava ora di fronte a una forza che trascendeva la semplice accumulazione di potere. Il nono senso di Iperione, una comprensione che superava il fisico e toccava il regno dell'assoluto, era qualcosa che il daeva non aveva mai affrontato, una manifestazione di potere che andava oltre la mera esperienza o la forza accumulata.

    In quel momento, il campo di battaglia divenne un teatro dove si confrontavano due visioni del mondo radicalmente diverse: una, alimentata dalla distruzione insaziabile delle anime, l'altra, un baluardo di luce forgiata nel cuore stesso del Sole. E mentre Iperione si ergeva, un dio tra le fiamme, il destino di Atavaka pendeva in bilico, sospeso in un "e poi" che risuonava tra le stelle.

    narrato • "parlato"pensato| telepatia |
    casta Titani
    fisicamente a posto
    mentalmente incazzato come una faina
    riassunto azioni Allora, vista la particolarità dello scontro devo giusto fare alcune precisazioni. Dando per scontato un bonus a Nera su Resistenza Straordinaria, uso il potere mono-uso per ignorare l'attacco spirituale di Atavaka. Poi, uso il mio potere di fiamme blu e la capacità di innalzare la temperatura fino a BOH? per riscaldare TUTTA la stella, rischiando di evaporare anche i liquidi, ma questo è da considerare un AD, le esalazioni, il metallo che si scioglie e la devastazione, dovrebbe fungere da diversivo per una versione ultra-potenziata diciamo di Gurthang Vortex che è AF. Ovviamente qui, è col vento solare e ha gli effetti di Vento e Fuoco Straordinario. Piccola nota, avendo il nono senso, i suoi attacchi dovrebbero essere più devastanti di qualsiasi altra entità di pari energia da descrizione XD

    Abilità 1
    Nyoraizōshiki - Nono Senso - [Speciale]
    Chiamato anche Nono Senso o Coscienza ultima del Divino. Quando ci si riferisce ad esso ci si riferisce direttamente alla Big Will, la Grande Volontà che tutto creò all'inizio del tempo. Quando un umano riesce ad assurgere ad un tale livello supera la propria natura mortale arrivando a sfiorare la comprensione del tutto. Un involucro mortale però non può sostenere tale incredibile cosmo per un tempo prolungato in quanto solo chi possiede l'Ichor divino può padroneggiare totalmente, in maniera prolungata e senza rischiare la vita, un così immenso potere e la conoscenza che ne deriva. I pochi eletti che riescono a destreggiarsi con tale livello potranno usufruirne solo per un limitato periodo; il potere concreto che otterranno viene chiamato Dunamis e renderà la forza di un qualunque colpo cosmico talmente devastante da essere superiore ad un colpo lanciato da un cosmo di pari energia; pregno della Dunamis il cosmo di un umano elevato al nono senso diviene un duro ostacolo anche per i più forti [GdR Only] [Sbloccabile ad Energia Suprema con decisione del Consiglio] [PNG con Energia Divina].


    Abilità 2
    Il cavaliere dispone di una forza vitale e di una resistenza al dolore senza pari. Che sia frutto dell'illuminazione raggiunta, della struttura fisica o di altro dono divino, questa abilità rende il suo possessore estremamente difficile da abbattere, permettendogli di reggersi in piedi e continuare oltre le normali capacità degli altri cavalieri.
    Questa abilità non rende né immuni ai danni ne causa una riduzione del danno subito, riduce invece gli effetti dolorosi subiti dai colpi (con analogia videoludica, è come se il cavaliere disponesse di più punti vita del normale).
    La resistenza al dolore, ai fini pratici, si manifesta nella capacità di sopportare il dolore e di mantenere una mente lucida anche sotto un terribile sforzo.
    Il tipo di dolore può essere indifferentemente causato da danni fisici, mentali o spirituali. Ciò non garantisce difesa dai danni mentali o spirituali, ne una capacità superiore di uscire da illusioni o altri poteri simili, bensì rende più resistenti al dolore da essi causati. Quindi, ad esempio, se il cavaliere viene colpito da un'illusione che fa sorgere in lui le sue peggiori paure, questa abilità non avrà alcun effetto nell'evitargli l'affrontare queste paure, ma ridurrà l'effetto dannoso conseguende sul suo sistema nervoso.
    Bonus a Energia Nera: l'allenamento e l'esperienza hanno reso il cavaliere capace di fortificare uno dei suoi tre aspetti costitutivi. Una volta per duello egli può concentrare tutta la sua energia nel rendere massima la resistenza o del proprio corpo, o della propria mente o del proprio spirito, per resistere con estrema facilità a colpi del medesimo tipo e potenzialmente letali. [difesa assoluta specializzata]


    tecniche

    • gurthang vortex
    Questa tecnica potrebbe essere considerata come un'evoluzione dell'Ebony Vortex, poiché unisce la potenza dei venti con la sua spada, la Gurthang. Iperione, richiamando una considerevole quantità di dunamis, genera un vortice di vento che avvolge l'intera lama della sua arma. In questo modo, lo spadone del Titano si veste di veloci e temibili venti, incrementando in modo significativo il suo potere distruttivo. L'arma può ora essere impiegata non solo per infliggere danni fisici, ma anche per canalizzare il potere dell'Ebony Vortex, con tutte le conseguenze che ne derivano. Entrare in contatto con la Gurthang in questo momento significa dover fronteggiare un vortice di vento capace di distruggere tutto ciò che trova sul suo cammino, oppure subire gravi danni da taglio a causa delle potenti e affilate raffiche che avvolgono l'arma. Avendo il pieno dominio su questo elemento, avvicinarsi impone all'avversario di resistere alla considerevole pressione che il vortice porta con sé, con il rischio che i liquidi nel corpo del malcapitato possano evaporare. Alternativamente, Iperione ha la capacità di rilasciare tutta l'energia accumulata sulla spada: il Titano, puntando la sua arma contro il nemico, genera una vera e propria cannonata di energia eolica vorticante. Propagandosi frontalmente, questa tempesta potrebbe colpire il nemico con la possibilità di infliggere danni considerevoli.

     
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    Non ci sono parole per descrivere la forza di un Titano nel pieno del suo potere. Non è un combattere il suo quanto scatenare le forze fondanti della realtà contro chiunque gli si opponga; i Daimon stessi hanno sperimentato il vostro potere in prima persona, quando supportati dal numero infinito dei Giganti solo i più grandi tra di essi hanno potuto opporsi direttamente alla vostra avanzata, e ora siete addirittura più potenti! Avvolti nella Soma, le vostre armi e armature, niente nel creato può opporsi a voi. Avendo respinto totalmente la forza blasfema del nemico, ti lanci immediatamente all'attacco.

    Per te è facile annichilire mondi, lo hai già fatto quando ve ne è stata necessità, ed è il lascito del divino quello di liberare una forza così sconfinata, così impossibile da resistere per chiunque non sia del vostro stesso rango.
    Tuttavia, quando vedi la tua Dunamis venire contrastata dalla difesa dell'oscuro Daeva, capisci che c'è qualcosa che non va; no, vedi una barriera di spiriti urlanti e semi-incarnati che lo schermano da detriti, pura energia spirituale che interagisce con la materia allontanando fiamme e calore per quanto possibile, e dalla sua schiena si intersecano delle enormi appendici umanoidi a fare da scudo. Le vedi venire investite in pieno dalla forza del tuo potere, da quell'uragano di vento con forza sufficiente da generare una stella, senti che il suo guscio fisico ne è stato raggiunto ed è stato danneggiato, graffi si formano sulla sua forma e l'acqua che è alla base dell'esistenza evapora, ma non sono i danni soverchianti che ti aspettavi.
    Com'è possibile? Che Angra Mainiyu stia incanalando potere in questa sua creazione, per permettergli di ergersi davanti a un Signore dell'Universo? Oppure...
    No. No, non può essere che sia davvero quasi giunto ad una vera divinità! Non può aver raggiunto uno stato quasi pari al vostro tormentando e divorando, sublimando il potere dell'anima. Non è possibile che, tra quei mostri, vi sia qualcuno di così vicino agli Dei.

    E poi?
    Scimmiotta la tua voce, la sua mente che raggiunge la tua, prima che la sua forma fisica venga avvolta da potere spirituale e si trasli oltre la barriera di acciaio, adamantite ed elettricità, ormai inservibile. Eppure non sta scappando, no, senti che la sua presenza è al di fuori dei confini del pianetoide ma sempre vicina. Un velo di ombra cala ovunque nella struttura ormai in collasso, un'oscurità pregna e densa di psicoplasma che ha lo scopo di ottenebrare i tuoi sensi.
    La struttura trema e collassa, una fortissima pressione la sta comprimendo verso un unico punto, scardinando pesanti strutture come se fossero insignificanti giocattoli; sta creando un fulcro di questa terrificante attrazione cinetica, un potere meno preciso di quello esercitato da tua sorella Temi ma non per questo meno letale. Il suo intento è di trattenerti lì, intrappolandoti tra macerie roventi e nella morsa di questo potere in previsione del suo vero attacco.
    E poi, infine, non vi sarà niente. Un mare di pensiero e spirito, puro e incontaminato dalla lordura della carne. Solo gli inconoscibili e onnipotenti Antichi a dettare legge, così come è stato e così come avrebbe sempre dovuto essere.

    Nello stesso istante l'intera struttura viene inondata dalle fiamme oscure che nascono in quell'animo così nero, un fuoco spirituale così potente e intenso che una creatura inferiore ne sarebbe completamente avvinta, divorata sul colpo. A te, tuttavia, questo colpo andrà ad intaccare nuovamente il legame tra la tua anima e il suo corpo, deprivandoti della Vista e dell'Udito.
    L'energia spirituale sta venendo attratta verso il centro di questa presa cinetica, attraversando la materia e concentrandosi insieme a detriti e lamiere in quello che sarà una nova di potere divorante, pregno della fame eterna e insaziabile del Daeva.
    E io sarò tra Loro.

    CUmpIm5



    Egli incombe al di fuori della struttura, enorme e terribile, sospinto dalle urla delle anime che ha rubato e della sofferenza che ha inflitto, un avversario che solo il pieno potere di un Titano può sperare di fermare.
    Adesso va sconfitto, ora che ha scoperto il collo nel compimento dei suoi disegni, prima che possa realizzare i suoi propositi. Non sai se può effettivamente riuscirci, ma non è un rischio che puoi correre.

    Da Astraea, nessuna risposta.

    CITAZIONE
    Note: dunque. Atavaka, visto che è una brava persona, si difende dall'attacco con un misto di una sorta di telecinesi spirituale le delle manone grado 9 che sono parte della sua ""Gloria"", prima che si teletrasporti fuori dal tornado e dal pianetoide ormai scassato. Gli hai fatto male, ma capisci che è un avversario quasi alla pari questo.
    Fatto questo usa illusioni ambientali per far piombare l'intero pianeta in oscurità totale (div) per non farti capire cosa sta combinando, poi utilizza nuovamente questa simil telecinesi per iniziare a comprimere l'intero pianetoide, con ovviamente te dentro, in un simpatico buco nero allo scopo di farti subire un po' di compressione spaziale e tenerti fermo lì dentro (AD).
    Contemporaneamente inizia ad inondare TUTTO il pianetoide con un flusso continuo di spirito che, data la presa telecinetica, si incanala tutto verso il centro (AF, Spirito [Annientamento]). Essere colpito da questo, come prima, ti toglie Vista e Udito.

    Nel frattempo lui si è teletrasportato fuori ed è nella sua vera forma. Sì, è davvero così grande.
     
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