Aníron - I Desire

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    Aníron - I Desire

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    Ely siriar, el sila



    Si sfilaccia la sua essenza. Un grido nel buio. Urlo che si perde in un vuoto. Cosa succede?
    Perché il mondo si contrae e l'essenza di Junichi viene stracciata come pezzi di carta? Sembrava essere come un origami ormai stracciato e lasciato perdersi.
    Come se i principi del ciclo vitale e dell'accettazione della morte, come parte di un tutto, non fossero più per lui che mere parole senza significato alcuno. Junichi non si sentiva più parte di qualcosa. Come strappato: come se fosse la forma di un origami, che alla morte del supporto,il suo corpo, la forma la sua essenza venisse ricreata per rinascere, in un eterno ciclo vitale nell'ordine della Legge della Madre.
    Per lui non era più così. Qualcosa stava corrodendo Ama-no-Iwato e con essa lui. Sentiva urlare. Sentiva l'anima strappata, dolore e odio, rabbia e difesa. Tutto questo era dentro di lui, intorno a lui.
    La caverna chiedeva aiuto. A lui?
    Ma quell'aiuto lo sentiva anche e soprattutto suo. Erano in due a chiederlo ma ancora nessuno lo sapeva.

    La caverna urlava.
    Corruzione? I nemici della madre attentavano ad uno dei luoghi sacri di Amaterasu per poterla colpire più facilmente? O per colpire più facilmente Agartha? Era un figlio della Madre, la sua essenza veniva a trovarsi persa e, in maniera angosciante, quel grido rimbombava nella sua testa.
    NOTE MASTER: La caverna ti chiede aiuto.
    Ti richiama ovunque tu sia e senti il suo grido d'aiuto, di odio e di rabbia. Ma anche qualcos'altro di più intimo e lontano. Cosa voglio dire con lontano. Non capisci perché la caverna ti chiede aiuto ma al tempo stesso capisci che si nasconde da te. E questa cosa ti lascia nel dubbio e nell'incertezza.
    Che sia la corruzione a combatterla? Cos'è che sta attaccando la Caverna di ama no iwato? a te scoprirlo.
    Per qualsiasi dubbio/informazione mp come sempre.
    A te la tastiera.
     
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    Aníron
    - Post I -


    “La vita umana è breve, ma io vorrei vivere sempre.”

    - Y. Mishima


    Il piccolo giardino illuminato dalle lucciole era avvolto dal silenzio, rotto di tanto in tanto dalla sottile fontana basculante di bambù che stillava acqua una goccia alla volta. Gli shōji che annunciavano l'engawa erano spalancati, così che il vento potesse circolare liberamente all'interno di quella casa, semplice e solitaria, costruita a pochi metri dal santuario di Ama no Iwato.
    Riposavo da ore, ormai, steso sul futon di cotone al centro della stanza dedicata ai riti propiziatori, cullato dall'oscurità che quietava ogni timore, ogni preoccupazione mondana.
    L'incontro con Astra, il nostro duello, la profezia di Lunitari: la mia vita era ad un punto di svolta, ma soltanto gli altri sembravano essersene accorti. Avevo avvertito una minuscola interferenza nel Codice, era indubbio, ma credetti fosse dipesa esclusivamente dalle ferite spirituali provocate dall'ametista della campionessa del nord, uno squilibrio quasi fisiologico entrato in risonanza con l'essenza di Ama no Iwato.

    "Io sono me stesso e non potrei mai essere altro."

    L'integrità psichica determinava quella fisica ed entrambe formavano un binomio che saldava l'esistenza degli eletti alla realtà, rendendoli emanazioni senzienti della più vasta e pervasiva natura. Io, come i miei fratelli e sorelle, non facevo alcuna eccezione, eppure continuavo a sentirmi strano, inadeguato, lontano dai miei propositi.
    Mi girai sul fianco, tentando di isolare la mente per raggiungere il cuore della Caverna Celeste e lo sentii, un grido inumano perso negli anfratti più oscuri del santuario, vagito di Erebo e Notte che scosse la mia essenza alle fondamenta.

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    Perché il mondo parve stirarsi, allungarsi all'inverosimile su una superficie in cui le dimensioni tendevano all'infinito? Era questo il significato di perdersi nell'unità delle cose? L'individuo doveva sparire, la sua volontà uniformarsi alla pluralità informe della massa, priva di giudizio e direzione?
    Io ero Ama no Iwato ed Ama no Iwato doveva essere me. Ne ero certo com'è certo il ciclo di vita e morte del creato o l'alternanza del dì e della notte voluta dai lumi maggiori, ma quel grido continuava a perdurare in ogni fibra del mio essere. Mi alzai di scatto e quello che m'era sembrato un tempo indefinito si rivelò essere appena un istante; ero sudato ed ansimavo come se il mio corpo fosse stato sottoposto ad un grande sforzo senza che me ne rendessi conto.
    Tremavo, ma non di paura, e la comprensione dell'ordine naturale stabilito dal progetto di Gea, il Codice, il senso del mio operato, brillavano di chiarezza logica vivendo nelle ombre dell'apostasìa. Sapevo quel che dovevo sapere così come il poeta conosce la metrica per gestire i propri componimenti, ma esprime il fuoco sacro dell'arte donando se stesso. Possedevo gli strumenti per essere il custode di Ama no Iwato senza sentirmi tale. Una fitta di dolore lancinante interruppe i miei pensieri, frammentando la memoria del risveglio e mischiandola con la vita condotta a Takachiho, i miei affetti, le mie poche ambizioni, creando un amalgama indistinto di percezioni contrastanti.
    La Caverna Celeste chiedeva aiuto, io dovevo rispondere. Mi precipitai fuori di casa, oltrepassando il santuario oltre la gola rocciosa che conduceva alla mèta, correndo a piedi nudi e ferendomi lungo il tragitto. La natura ch'era sempre stata lieve al tocco della mia pelle sembrava opporsi ad ogni mio gesto, rifiutandolo con la stessa ostinazione riservata alla Corruzione ed ai suoi agenti.
    Le grida si fecero più intense, la sensazione di straniamento e derealizzazione più profonda che mai. Continuai a scendere lungo il crepaccio, facendo attenzione alle fenditure e guardando, di tanto in tanto, il fondo, senza mai riuscire a distinguere il sottile profilo del fiumiciattolo che aveva dato il nome all'intera area.

    "Dovrei aver già toccato terra. Che sta succedendo?"


    I palmi delle mani, pieni di graffi ed umidi di sudore, si aggrappavano alle sporgenze con maggior fatica e le gambe si muovevano meccanicamente alla ricerca di un appoggio stabile, mentre le giunture presero a scricchiolare rumorosamente, come un vecchio meccanismo poco oliato. Il mio corpo stava andando in malora, le sue funzioni precipitavano rovinosamente di minuto in minuto, mentre l'essenza della Caverna si faceva sempre più distante.

    "Si sta... nascondendo da me?"

    Il presentimento di averlo sempre saputo mi colpì come un macigno, ma non mi arresi a quell'evidenza, non avrei potuto farlo nemmeno se l'avessi voluto. Qualcosa stava minando l'equilibrio di Ama no Iwato ed io avrei solo dovuto scoprirne l'origine.

    "Si, dev'essere così, questa sensazione di smarrimento è dovuta alla Corruzione ed io non devo fare altro che eliminarla, come ho sempre fatto."

    Continuai a scendere, persi la cognizione del tempo ripetendo come un mantra quella frase ed aggrappandomi al dolore straziante che aveva preso, ormai, il sopravvento. Dovevo trovarla, avevo bisogno di entrare nella piccola stanza umida che aveva accolto Amaterasu nei tempi del mito, sentire le pareti fredde striate di muschio chiudersi sopra la mia testa.
    Le voci s'erano quietate, non avevano più consigli da offrirmi perché il loro sapere era riservato all'eletto della Caverna Celeste e nessun altro aveva il diritto di ascoltarle.

    "Io sono me stesso e non potrei mai essere altro."

    Misi un piede in fallo e caddi, le vesti si attorcigliarono sul torace, poi intorno alla gola; mi sentii soffocare. Urla, una richiesta di aiuto diversa da quella avanzata da Ama no Iwato.

    "Io... sono... me stesso..."

    Il contatto con il suolo fu brutale e incontrollato, ma servì a bloccare brevemente il flusso di pensieri che mi attanagliava. Boccheggiai, artigliando la terra per potermi rialzare e, nel farlo, vidi l'entrata della Caverna.
    L'oscurità la avvolgeva come un sudario e mai, prima di allora, mi sentii più distante da un luogo che avrei dovuto chiamare casa. Dov'erano le forze della Corruzione? Qual era il pericolo che aveva portato Ama no Iwato ad invocare il mio aiuto?

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    «Io... sono...»



    Già, cos'ero?


    SYlzjMo
    narrato parlato "pensato" Ama no Iwato

    Junichiro Yamanazaki Rossa Ama-no-Iwato {IV}

    STATUS FISICO:Affaticato, livido sulla schiena.
    STATUS PSICHICO: Preoccuapto
    STATUS CLOTH: Non indossata.

    RIASSUNTO AZIONI: Mi scuso per il post parmenideo ma ho colto l'occasione per rispolverare un pochino il curriculum accademico :asd: Mi sveglio nel cuore della notte e mi dirigo alla Caverna Celeste dopo aver vagato "in tondo" per un tempo indefinito. Percepisco lo scollamento parziale con il Codice e, una volta giunto a destinazione, mi fermo per cercare di capire cosa stia succedendo.

    ABILITÀ:

    Il Ricordo dei suoi Occhi

    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.


    ❖ ⟡ Controllo elementale della Luce ⟡ ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.

    Il Dolore del suo Abbandono

    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.


    ❖ ⟡ Controllo elementale dell'Ombra ⟡ ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.


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    Norito

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    La vita dopo la morte non è una preoccupazione primaria




    Cosa sei?
    Questo risuona, ora, nella mente del giovane eletto. Come un norito ripetuto in maniera incessante.
    Cosa sei?
    Rappresentare un concetto, rappresentare una forza, incarnarla, usarla, renderla tangibile. Non più preghiera persa nel vuoto di un rintocco di campana, non più parola scritta, né gesto decodificato per rendere grazia ai Kami.
    Cosa sei?
    Si è perso l'Eletto? O si è persa la Caverna Celeste? Proteggere Amaterasu O Mi Kami non è più necessario; o mai come ora lo è?
    Bisogna trovare armonia con questo mondo. Bisogna essere qui ed ora senza pensare alla morte e alla Fine. L'Inizio e ciò di cui scriviamo di nostro pugno contano.
    Armonia con se stessi e con ciò che fa Essere il Mondo.

    Ma l'armonia sembra perduta, con essa le risposte, con essa persino i perché.



    Kegare – Sporcizia

    Kiyome - Purezza




    Vi erano due forze contrastanti che stavano combattendo dentro di lui e nella caverna. La sua scissione era dovuta a questa lotta. C'era qualcosa che si annidava tra le ombre, la roccia, l'acqua, il fruscio del vento tra le fronde degli alberi. Vi era una dicotomia e un odio viscerale, insieme ad una calma e una tranquillità che si scontravano come nella Gemma.


    Non domandarti chi sei.
    Scoprilo.



    Parole calme e autorevoli al tempo stesso. Eppure indugiare fu facile davanti a quell'ingresso che era famigliare. Così come non lo era più allo stesso tempo. Perdersi e trovarsi? L'Eletto era scisso e spezzato e nulla lo aiutava. Né le sue domande, né questo velo che sembrava essere un sudario appoggiato sulle spalle, scoprendolo pesante e freddo. Quello che era famigliare ormai sembrava lontano e alienante, quello che aveva fatto grigio e senza significato e il dubbio su se stesso e cosa fosse diveniva angoscia.


    Tu oggi sei come un ema.
    Dona te stesso e purificati.



    La caverna sembrò un vortice nero.
    Lui un semplice fedele alla ricerca di consiglio o trovare, sussurro, la parola dei Kami.
    Cercare ancora le parole di Amaterasu O Mi Kami? Cercare le proprie parole per definirsi ed essere conscio e integro?
    In quel vortice oscuro vi era tutto.
    O poteva esserci nulla?

    NOTE MASTER: La caverna ti parla. O forse no. Senti la connessione con la caverna farsi più labile, questo ti porta anche in confusione perché non capisci cosa stia succedendo e perché ti senti in questo modo spezzato e alienato. Quello che prima aveva importanza ora non lo ha più e i dubbi scavano come gocce d'acqua nelle tue sensazioni e nel tuo essere.
    Sai però che, istinto o per il contatto che ancora hai, che la caverna è lì - non ti è estranea né nemica ancora - e nelle sue profondità troverai la risposta.
     
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    Aníron
    - Post II -

    Era lì, immobile come sempre, fin dai tempi della sua formazione, quando il mondo era preso dagli sconvolgimenti naturali e non dai capricci dell'uomo, né dalle sue pretese di dominio sulla creazione di cui faceva parte, ma della quale non era mai stato padrone. La Caverna Celeste era lì, c'era sempre stata ed avrebbe continuato ad esserci, nonostante tutto; la mia esistenza era un'incognita.

    "Cos'è cambiato? Ho seguito le orme di Amaterasu calcando il terreno per farle mie, in concordia con quanto è stato stabilito da nostra Madre. Affini per mèta, distanti per vocazione: questi sono gli eletti e gli araldi. Questo sono io."

    Avanzai verso l'entrata tenebrosa, guardandomi attorno con circospezione, come se mi trovassi in un accampamento nemico. Il senso di straniamento raggiunse il suo apice nel momento in cui varcai la soglia e le ombre, dense al punto da essere tangibili, parvero ritrarsi. Quella era stata la mia solitudine, il mio antro dove poter piangere l'abbandono della dea senza vergogna alcuna, mentre ora era qualcos'altro, una grotta come tante, umida e buia.

    "Lei non ha bisogno della mia protezione, non l'ha mai avuto. Questa è stata la sua prigione, un luogo di amarezza e ricordi che preferirebbe lasciarsi alle spalle. Io, invece, di cosa ho bisogno?"

    Ama no Iwato mi parlò attraverso le pieghe più strette e cupe del suo ventre, riportando come monito la dicotomia che incarnava. Scegliere tra la purezza dello spirito e la perdizione di una vita inautentica costituiva il dilemma ch'era il fondamento del mio esistere, il presupposto necessario a fare di me l'eletto della Caverna Celeste.

    «Scoprire chi sono? Mi conosci, sono Junichiro Yamanazaki, l'uomo che perse ogni cosa per ascoltare la tua voce. Io sono te.»


    Persi davvero ogni cosa, dal lavoro alla famiglia, gli amici, la salute fisica e mentale; ogni cosa finì divorata in un vortice caotico incontrollato. Vivevo nell'attesa di cogliere anche il minimo sospiro proveniente dagli antri più profondi della Caverna, smanioso di comprendere il significo dietro i sussurri che riempivano le mie giornate.
    Il vivere diventò un vivere nell'attesa di un evento, qualsiasi esso fosse, legato alle verità nascoste di Ama no Iwato. Persi la mia individualità, la percezione di me stesso come sintesi di materia e forma.
    La mia vita valeva davvero così poco? Rimasi sconcertato da una domanda che non mi ero mai posto, né prima del risveglio né in seguito all'incontro con Amaterasu e gli altri araldi.

    "La mia vita è preziosa, fa parte dell'unità del creato. Interrogarsi sul valore della propria vita è utile soltanto a chi non comprende il senso ultimo della molteplicità dei fenomeni."

    Volli credere a quei pensieri, fidarmi di un sentimento che avevo imparato a coltivare, forse per necessità, quando entrai in sintonia con il Codice. Richiamai il cosmo e lo modellai avendo in mente la struttura della luce, così che il mio corpo potesse illuminare ciò che era celato dall'oscurità.

    «Mostrati, Ama no Iwato. Ho ascoltato la tua voce troppo a lungo senza poterti osservare da vicino. Siamo uniti nella diversità, forti nel cambiamento.»

    Condividevamo il cosmo, le intenzioni, la quotidianità ad Agartha; avevo bisogno di vedere la sua manifestazione tangibile e capire cosa stesse accadendo alla mia psiche. Forse sarebbe stato impossibile assecondare la mia richiesta, ma credetti fosse l'unico modo per trovare la risposta al male che mi affliggeva.

    "E se il problema, invece, fosse la Caverna? Se avese subìto una contaminazione esterna?"

    Tra tutte le ipotesi quella era la più improbabile, perché i sistemi di difesa di Agartha, tolto un intervento esterno, proteggevano il Codice rendendolo inaccessibile agli estranei. Possibile che io fossi uno di loro?
    Le battaglie, gli incontri diplomatici, la ricerca dell'equilibrio: ricordavo queste e tante altre cose accadute negli ultimi mesi, ma più tentavo di analizzarle riportandole alla mente, più scolorivano e si facevano lontane, povere di significato. Potevo rimanere me stesso continuando a perdermi in un vortice di non senso?

    «Mostrati, Ama no Iwato, perché senza l'uno non può esistere l'altro.»

    Bruciai più intensamente il cosmo, aumentando esponenzialmente la luminosità irradiata da ogni parte del mio corpo. Nel farlo, stavolta, percepii un sentimento che mi spaventò più del senso di impotenza provato fino a quel momento, perché andava contro ogni logica.
    Il rifiuto della condizione di transitorietà era sorto in seno al dualismo, la colonna portante della mia esistenza da eletto.

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    Dov'è l'uno c'è anche l'altro e quando manca il primo il secondo non può sorgere all'essere. Questa era la regola per controllare la luce e l'ombra, le tenebre più profonde e la radiosità più pura; donando me stesso potevo ottenere entrambe le cose perché erano connaturate alla mia persona. Cosa stava succedendo, allora? Perché il mio spirito continuava a tormentarsi alla ricerca di risposte che non aveva mai voluto avere?

    «Mostrati, Ama no Iwato. Mostrati e rispondi alle mie domande.»



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    STATUS FISICO:Affaticato, livido sulla schiena.
    STATUS PSICHICO: Dubbioso
    STATUS CLOTH: Non indossata.

    RIASSUNTO AZIONI: Decido di varcare la soglia di Ama no Iwato per chiedere direttamente a lei delucidazioni sul mio spirito tormentato. Preso dal dubbio, mi domando cosa stia davvero accadendo e perché, soltanto adesso, stia vivendo questa scissione della personalità.

    ABILITÀ:

    Il Ricordo dei suoi Occhi

    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.


    ❖ ⟡ Controllo elementale della Luce ⟡ ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.

    Il Dolore del suo Abbandono

    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.


    ❖ ⟡ Controllo elementale dell'Ombra ⟡ ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.


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    III


    L'ambiente è umido. Le gocce d'acqua rimbombano come il gong sacro di Isee. Lievi riecheggiano come i salmi dei monaci.
    Il terreno sotto i tuoi piedi lo riconosci, così come riconosci gli odori e i suoni qui dove Amaterasu O Mi Kami è stata rinchiusa. O per meglio dire si è rinchiusa. Le sue pareti di roccia hanno visto il suo corpo dilaniato, il suo corpo perfetto, il suo essere stuprato; hanno accolto il dolore e la sua forza, così come l'odio e la vendetta.
    Il Sole si era nascosto al mondo e quel tepore ancora riscaldava la pietra, mentre l'acqua evaporava in fumi che salivano verso l'alto mischiandosi alla terra.
    Ama No Iwato era come ricordava, come l'aveva da sempre riconosciuta. Vi erano sussurri che divenivano voci sempre più alte.
    Gli Ofuda comparvero intorno all'eletto e sulle pareti di roccia.
    Un salmo iniziava ad essere recitato sempre di più.


    MINADUKI TUGOMORI NO OHOHARAHE



    Non un salmo.
    Un esorcismo. Doveva rimuovere tutti i peccati – Tumi – che appestavano la caverna. Si...perchè qualcosa stava accadendo. La caverna era contratta su se stessa e intorno all'eletto la sua paura, la sua voglia di combattere lo sentiva come una seconda pelle.

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    Dalle pareti abomini uscivano. Figure di bonzi scellerati. Le vesti sbiadite e sgualcite. Nascevano dalle stesse, o per meglio dire, strappavano quella che era la roccia uscendo da chissà quali dimensioni o portali.
    Le loro facce erano bianche, i loro abiti neri ma in mano tenevano i sacri strumenti dei bonzi.
    Il Dorje. Il Rinbō. Il Katsuma Vajra. Oro e incenso. Ma gli occhi erano vuoti.
    Erano decine. Quella preghiera shintoista continuava; lenta nenia proferita da quelle bocche che assomigliavano a buchi neri aperti su chissà quale vuoto.


    MINADUKI TUGOMORI NO OHOHARAHE



    Questa volta fu rintocco di gong ferale. I mala sferzarono l'aria; I loro grani erano puri. Bianchi...
    Ma quelle mani erano nere.


    NOTE MASTER: Hai il primo scontro. Non capisci se è la caverna o chi ne ha preso il possesso a mandarti contro questa guardia di sicurezza, chiamiamola così.
    Sono una decina in tutto, hanno deprivazione vitale e arma( sono gli strumenti da monaci) e il primo attacco è loro che ti girano attorno per poi attaccarti da molteplici direzioni[ATTACCO].
    Contano tutti quanti insieme come una ROSSA+


    Edited by Lyga - 16/11/2023, 09:52
     
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    Aníron
    - Post III -

    La mia voce si perse nel buio, nel silenzio opprimente interrotto soltanto dal lento gocciolare dell'acqua che scorreva sulle pareti della caverna. Finalmente riconobbi quel terreno, gli odori forti e pungenti del muschio e delle rocce calcaree; il suono leggero dei piedi di Amaterasu.
    Plic. Una dopo l'altra le gocce cadevano a terra, raccogliendosi in piccole pozze stagnanti illuminate dalla luce pulsante che promanava dal mio corpo. Mi avvicinai ad una di queste e, guardandone la superficie, scorsi il profilo della dea ed i suoi occhi, incastonati in un'espressione severa che non le apparteneva, cercavano i miei. Portai involontariamente una mano al petto, sentii il cuore stringersi per un attimo, poi l'ambiente fu pervaso da un rumore di fondo, un sottile chiacchiericcio che diventò presto una nenia lugubre.

    "No, non è un canto di morte... è un esorcismo."

    Lo capii perché le parole si susseguivano, una dopo l'altra, seguendo uno schema metrico preciso e l'inflessione delle voci disincarnate che le pronunciavano richiamava la prassi dei mantra. Ama no Iwato invocava il rito della purificazione attraverso la preghiera ed il gocciolìo ritmico dell'acqua, ormai, era identico al grande gong del santuario di Ise.

    «Perché mi temi? Perché vuoi combattermi?»

    Per un istante la nostra sintonia tornò integra e sentii la sua paura sulla pelle, un brivido lungo un'eternità seguito dall'istinto di reagire con la forza ad un'intrusione: la mia.
    La Caverna Celeste avvertiva la mia presenza come un pericolo, un elemento estraneo che tentava di imporsi con la forza e, per questo motivo, rappresentava una minaccia concreta da estirpare il più velocemente possibile. Io ero il peccato, la cancrena da rimuovere prima che l'intero organismo ne fosse irrimediabilmente infettato.
    Qualcosa si mosse oltre la spessa parete di roccia, dita lunghe ed affusolate si fecero strada nella pietra squarciandola con facilità; il grembo di Ama no Iwato richiamava i sacerdoti che l'avevano battezzata durante la creazione. Creature orrende, deformi, dalle vesti lacere che somigliavano più a stracci che a paramenti benedetti, portavano una maschera bianca ed impugnavano oggetti sacri dei templi shintoisti. Uscirono a decine da ogni anfratto, cantando e gorgogliando i sutra finché non diventarono cacofonie distorte, appena comprensibili. Gli occhi dei bonzi erano inespressivi, spenti e malati come i desideri infranti di uomini senza memorie, mentre i loro movimenti seguivano meccanicamente la nenia, accompagnandola con gesti rituali misurati.

    "È un esorcismo in piena regola, non ci sono più dubbi. Se questa è la prova che devo superare per avere le risposte che cerco, ben venga."

    La Darian si compose sul mio corpo appena in tempo, giacché le creature riuscirono velocemente a circondarmi e, quando l'ultima goccia d'acqua cadde a terra, l'aria fu sferzata dagli oggetti sacri, ora branditi come armi pronte a togliermi la vita. La ruota d'oro, il rinbō, emulò un colpo di spada portato al ventre, mentre il katsuma vajra con le sue quattro punte di bronzo sagomate, si abbatté dall'alto cercando di colpirmi alla testa. I grani bianchissimi dei mala cercarono di agganciarsi alle cavigliere dell'armatura per gettarmi a terra, così che le armi degli altri bonzi potessero finirmi velocemente.
    Manipolando l'oscurità presente e disperdendo la luce che avevo richiamato, plasmai un guscio di tenebra viscosa che intercettò molti dei colpi vibrati dalle creature, ma la forza impressa in ognuno di questi fu tale da penetrarne ugualmente le difese. Nel momento in cui gli oggetti sacri colpirono le parti del corpo indifese, sentii la mia forza vitale dissiparsi, risucchiata da un potere infido che mi colse di sorpresa. I bordo tagliente del filo d'oro aprì una piccola ferita sul costato, mentre le punte del rinbō si piantarono sulla coscia della gamba destra.

    "Devo togliermeli di dosso prima che arrivino a sfiancarmi completamente."

    In una condizione come quella, accerchiato dai bonzi e flagellato dalle loro armi, la scelta più saggia fu quella di tentare di spegnergli, momentaneamente, il senso della vista, bruciando il cosmo ed aumentando vertiginosamente la luminosità nella stanza. Approfittando di quel diversivo, seppur affaticato, plasmai una lancia di luce a due punte e cercai di spazzare l'area intorno a me attraverso una rotazione frontale del costrutto portata lungo il piano sagittale. L'obiettivo era quello di allontanare i sacerdoti e ferirli a sufficienza, così da costringerli a ripiegare sulla difensiva. Finché li avessi avuti addosso, i miei movimenti sarebbero stati limitati e loro avrebbero potuto sfruttare il vantaggio numerico per accerchiarmi nuovamente. Scattai lateralmente cercando di raggiungere una delle pareti della caverna, in modo tale da avere almeno le spalle coperte; da quella poszione sarei riuscito a tenerli a bada più facilmente.

    "Se rimangono lontani, posso anche eliminarli singolarmente."

    Il potere di ciascuno di loro era ben poca cosa, ma insieme costituivano una minaccia da non prendere sotto gamba. Ama no Iwato aveva avviato il processo di purificazione e a me non restava altro da fare che affrontarlo con astuzia.

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    «Risponderai alle mie domande, anche se dovessi affrontare tutti i protocolli di sicurezza di cui disponi.»




    SYlzjMo
    narrato parlato "pensato" Ama no Iwato

    Junichiro Yamanazaki Rossa Ama-no-Iwato {IV}

    STATUS FISICO:Affaticato a causa della deprivazione vitale, lividi e contusioni sparse.
    STATUS PSICHICO: Concentrato
    STATUS CLOTH: Indossata, graffi sul pettorale.

    RIASSUNTO AZIONI: Utilizzo l'oscurità presente nella caverna per modellare un guscio elementale viscoso - tramite tecnica - che assorbe parte degli urti dovuti alle armi dei bonzi [dif.], poi aumento drasticamente la luminosità nell'area producendo un effetto flash che tenterà di accecarli [ad.]. Approfitto del momentum per plasmare una lancia di luce a due punte e spazzare circolarmente l'area attorno a me attraverso una rotazione della stessa sul piano sagittale [af.].

    ABILITÀ:

    Il Ricordo dei suoi Occhi

    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.


    ❖ ⟡ Controllo elementale della Luce ⟡ ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.

    Il Dolore del suo Abbandono

    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.


    ❖ ⟡ Controllo elementale dell'Ombra ⟡ ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.


    TECNICHE:


    Entrando nella caverna, sperimenterai la solitudine
    ♦ Oscurità ♦



    "Tornammo nel ventre di Ama no Iwato, consapevoli che non avremmo più rivisto la luce del Sole"




    Le tenebre corrompono la mente, distorcono i pensieri e cancellano la speranza dal cuore. Concentrandoci sulla sensazione di solitudine provata quando il Sole ci ha abbandonati, riusciamo ad invocare il cosmo oscuro, essudandone l'essenza dai capillari fino a raggiungere la pelle che ne viene completamente impregnata. La tenebra liquida ottenuta in questo modo gocciola a terra formando una pozza stagnante che prende, man mano, la forma di un uovo dalla superficie liscia, nera e opaca in grado di contenerci integralmente, proteggendoci dalla violenza dei cosmi dei nostri nemici.



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    Duhkha

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    Sofferenza



    Una delle Prime Nobile Verità. Shitai.
    Duhkha implicava che vi era qualcosa di sbagliato con questo spazio, con questa vita, con questo momento riferendosi al nostro spazio mentale e allo spazio delle nostre vite. Nel Buddhismo era una situazione spiacevole.
    Quindi cosa c’era di spiacevole? Innanzitutto, noi sperimentavamo una sofferenza palese, come ad esempio dolore, infelicità, e tristezza. Qualcosa che noi tutti potevamo comprendere, e ognuno di noi, persino gli animali, voleva evitarla. Il secondo tipo di sofferenza, chiamato la sofferenza del cambiamento, è la nostra felicità ordinaria, abituale, di tutti i giorni. Qual era il problema con questo tipo di felicità? Che non durava, cambiava tutto il tempo. Se ciò che consideravamo come felicità ordinaria fosse realmente felicità vera, allora più ne avevamo e più saremmo felici.
    Ma non era così. Non funzionava così. Non sempre la felicità era duratura, così come volere una cosa.
    Potevamo essere felici al momento ma poi tornavamo nella sofferenza di voler qualcos'altro. La perenne insoddisfazione umana. Lo shakujo battè per terra.
    I monaci dalle loro pelli di cuoio, con quelle maschere bianche su volti anonimi, vesti lacere e le loro armi strette nelle mani lo guardavano.


    Kutai
    La Verità Del Dolore



    Uno di essi si staccò dal gruppo. Il loro turbinio si era fermato. Avevano indietreggiato; qualcosa o qualcuno aveva impartito l'ordine di arresto? Oppure qualcos'altro?
    ma quei volti vuoti ora erano diretti verso di lui. Altri fuoriuscivano dalle pareti. Lo shakujo ancora batté a terra.
    Sembrava, dalle vesti, più alto in grado. I quattro anelli tintinnavano nello spazio, rimbalzando da parete a parete, perdendosi tra le gocce d'acqua e la roccia.

    «Sai chi sei, Junichi?
    No...sento che lo sai è al tempo stesso non lo sai. Sei imperfetto. Vattene da questo luogo o dovrò vietarti e riportare la tua anima alla purezza.»


    Anche lui indossava la stessa maschera sul volto, anche le sue mani erano come cuoio e nere. ma la sua voce era limpida come acqua sorgiva. Sembrava come rumore di una cascata che riecheggiasse nel fondo della valle. L'oro del rosario brillava.
    Lo shakujo ancora una volta batté a terra.

    «Io sono una delle Quattro verità.»

    Attraverso il dolore raggiungere la consapevolezza. Ma per quanto consapevole fosse anche lui era titubante. Lo guardava fisso negli occhi, poteva vedere il suo Codice brillante, perfettamente in sintonia con G.E.A stessa. La sua energia era l'energia di Agartha eppure non riusciva a fidarsi.
    Non riusciva a vederlo. Aveva paura di lui.


    «C'è la sofferenza.
    La sofferenza deve essere compresa.
    Ho compreso la sofferenza.

    Junichiro Yamanazaki ti prego vattene.»


    Quel ti prego fu sofferenza allo stato puro. Non era lui a pronunciarlo ma la caverna stessa. Ama No Iwato soffriva e piangeva lacrime silenti e invisibili.
    NOTE MASTER: Il tuo attacco sortisce un effetto non preventivato: i tuoi nemici si fermano come colti da un improvviso dubbio.
    ne abbatti alcuni gli altri si ritirano in buon ordine non sapendo cosa fare. Ecco che compare quello che dovrebbe comandare questa sorta di prima protezione che t'invita ad andartene.
    hai piena libertà d'azione.
    Le quattro verità buddiste sono i protocolli che la caverna usa per proteggersi e te stai subendo il primo.
     
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    Il turbinio di armi cessò nel momento in cui il suono secco del legno che batte a terra pervase la caverna. Le maschere bianche ed inespressive dei bonzi scattarono verso il profilo di un vecchio shakujō, il bastone inanellato portato dai monaci buddhisti più anziani che richiamava la dottrina kharmica attraverso la manifestazione delle Quattro Nobili Verità. La pelle secca e tirata del sacerdote che si era staccato dal gruppo delle creature, mi portò ad un'ulteriore riflessione su tutti gli accadimenti delle ultime ore; la lancia di luce si dissolse in minuscole sfere luminose, poi in fotoni nuovamente liberi nell'aria.

    "Quindi è così, Ama no Iwato non mi riconosce come suo guardiano. Le difese sono state attivate per respingere me e nessun altro."

    Ancora una volta lo shakujō battè a terra ed il tintinnìo degli anelli rimbombò su ogni parete. Il suono fu sufficiente a risvegliare una parte della mia anima che credetti di aver perduto dopo la battagila di Asgard, quando il dolore fisico, ormai, aveva preso il sopravvento su qualsiasi altra sensazione o pensiero.
    Dimenticare per sopportare il domani, concentrarsi sul corpo e lasciare da parte la spiritualità che ci costringe a riflettere sul senso della vita. Questo avevo fatto, ma la Caverna Celeste era lì a ricordarmi che nulla poteva tornare al Vuoto una volta conosciuta la complessità dell'esistenza. La verità del dolore si trova nelle azioni, nei pensieri e nelle infinite possibilità del divenire, tanto concreta quanto lo è l'acqua del fiume che scorre dalla fonte alla sua foce. Da semplice umano avevo sperimentato la sofferenza, come tanti altri, attraverso la malattia e le ferite del corpo, ma il Risveglio mi aveva posto dinanzi ad un nuovo tipo di verità, quella del cambiamento.

    "Sono cambiato perché è la mia essenza ad essersi elevata e questo ha comportato una rottura con il mio modo di vivere. Trascorrere le giornate con la consapevolezza che siano uniche e che, per volere di Gea, non possano essere replicate nel loro significato più intimo, è il segno di questo cambiamento.

    I bonzi tornarono a fissarmi ed il sacerdote, infine, parlò. La sua voce era cristallina come quella delle rondini e fragorosa come le cascate più alte del Venezuela. In qualche modo, seppur diversa, la presenza della creatura riportò alla mia mente la figura imponente e bonaria di Amacunu, lo spirito del Rio delle Amazzoni che mi aveva accolto a braccia aperte insieme ad Amaterasu. La domanda che mi rivolse era semplice, le implicazioni enormemente meno.

    «So che qualcosa è cambiato in me, che molto di ciò che un tempo era importante ora è sbiadito, quasi privo di significato. Conosco me stesso, ma non posso fare a meno di chiedermi cosa stia succedendo e quale sia la sua causa. Se la mia anima richiede la purezza che solo la comprensione della sofferenza può concedere, così sia.»

    In quegli occhi apparentemente vuoti si celava la profondità di Ama no Iwato, una conoscenza insondabile che andava protetta ad ogni costo. Io ero il problema, l'origine reale della sua sofferenza che era, indubbiamente, la mia. Insieme avremmo superato anche quell'ostacolo. Mi staccai dalla parete mantenendo il contatto visivo con il sacerdote ed avanzai appena di alcuni passi prima di fermarmi.

    «Ho sofferto come soffrono tutti gli uomini, sanguinando nella carne e patendo nell'animo, ma ancora riesco a comprendere la sofferenza della felicità che svanisce nell'arco di un istante; ancora mi è nota la sofferenza del cambiamento.»


    Poggiai un ginocchio a terra, poi l'altro ed assunsi la posizione di preghiera del bhumisparsha mudra, la mano destra che sfiorava il ginocchio e le dita rivolte verso il basso, ad indicare il cuore del mondo, mentre la sinistra aveva il palmo rivolto verso l'alto e poggiava sulla coscia. La ritualità era una delle tante espressioni utilizzate dall'uomo per indicare concetti estremamente complessi, difficili da afferrare persino per le menti pìù brillanti.

    «La sofferenza è reale, è verità come lo sono le creature presenti in questa stanza. Vero è ciò che perviene all'essere e vi partecipa in ogni sua forma.»

    Ama no Iwato parlò per bocca del sacerdote ed il suo invito a lasciare il ventre della Caverna mi spezzò il cuore. La mia presenza turbava l'equilibrio naturale, la quiete che per anni aveva preservato quel luogo sacro in armonia con la Madre.

    «Accetto il protocollo di purificazione perché non ho nulla da nascondere, né l'avrò mai. Aiutatemi a comprendere la Prima Verità ed insieme torneremo ad essere una cosa sola.»


    Mai avrei pensato di provare sulla mia pelle le difese della Caverna Celeste, trattato alla stregua di un aggressore che cerca di profanarla con ogni mezzo. Tentai di rilassarmi, di concentrarmi sulla sofferenza nella sua accezione più ampia, dai ricordi della mia vita passata a quelli attuali, nonostante i miei pensieri fossero rivolti all'unico interrogativo cui non riuscivo a dare una risposta sensata. Poteva il mio Codice essere cambiato?



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    Junichiro Yamanazaki Rossa Ama-no-Iwato {IV}

    STATUS FISICO:Affaticato a causa della deprivazione vitale, lividi e contusioni sparse.
    STATUS PSICHICO: Concentrato
    STATUS CLOTH: Indossata, graffi sul pettorale.

    RIASSUNTO AZIONI: Decido di affidarmi al sacerdote per il protocollo di purificazione. La sua voce è quella di Ama no Iwato, quindi non ho dubbi sul modo migliore di agire in una circostanza come questa. Cesso ogni ostilità e mi concentro sulla prima delle quattro verità, richiedendo la forza della Caverna Celeste per comprendere la sofferenza che deriva dal cambiamento..

    ABILITÀ:

    Il Ricordo dei suoi Occhi

    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.


    ❖ ⟡ Controllo elementale della Luce ⟡ ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.

    Il Dolore del suo Abbandono

    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.


    ❖ ⟡ Controllo elementale dell'Ombra ⟡ ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.


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    Lo shakujo rimase immobile. I suoi occhi guardarono quelli dell'eletto, soppesarono il peso delle sue parole, la verità e la menzogna che portava con sé la lingua.
    Il dubbio stava sfiorando la Caverna?
    Amaterasu O Mi Kami si era rinchiusa in essa cercando di trovare le sue risposte quando il suo animo era ancora preda dei dubbi, ancora ghermito dal dolore e dai legacci che l'ancoravano nel buio. Le pareti di roccia avevano ancora chiazze di sangue per le ferite autoinflitte, ancora il gocciare dell'acqua aveva l'eco del suo pianto e l'acqua era salata per le lacrime.
    Anche Amaterasu O Mi Kami fu confusa. Anche Amaterasu O Mi Kami fu perduta e il sole eclissato dietro l'odio e la Distruzione senza senso.
    Che davanti a lui vi fosse solo chi aveva perduto il cammino nella dimenticanza, nel dolore e nell'odio? Ma se fosse così perché lo accettava serenamente? Perché non sentiva nulla provenire da lui? Eppure quel ronzio sordo c'era. Anche adesso.

    «Zmaj...come lei

    Jittai
    Verità Dell'Origine Del Dolore




    Il suono di un gong. Riecheggiava tra quelle pareti mentre i bonzi iniziarono a pregare. Sulle pareti di roccia rimaneva il dolore di lei. La caverna aveva accolto tutto questo.
    Amaterasu O Mi Kami era anche lei passata in tutto questo? Per un attimo vide quella sofferenza. Quell'eterna partita a scacchi con qualcosa che faceva parte di lei, ma corrotta, presa e spolpata come una carcassa di cui rimanevano solo le ossa putrescenti.
    La Corruzione aveva preso Amaterasu rendendola un Sole Oscuro che non voleva l'Inizio ma la Distruzione senza senso e scriteriata. Agonia...un mondo fatto di agonia e dolore


    «E tutto brucerà»


    «all'ombra delle mie ali»




    Questa frase fu stilettata che passò nella sua testa e nel suo cuore.

    «Ma non stai combattendo contro te stesso. Non sei come lei. E questo che non capisco. Perchè sei ancora tu nonostante ci sia qualcosa in te che non riconosco? Ma non riconosci nemmeno tu.
    Io non so che fare...»


    La verità.

    «Ma a differenza sua non sei scisso. Sei ancora tu. Siamo forse in tempo per salvarti.
    Prosegui, Junichiro. Hai accettato il dolore ma non basta comprenderlo e accettarlo. Non per te. Non basta lo shitai. Il viaggio dovrà essere più lungo e forse conosceremo le risposte.
    Bisogna conoscere la natura della verità.
    Conoscere ciò che deve essere fatto in relazione a tale verità.
    Realizzare ciò che deve essere fatto.»


    Si allargarono i bonzi. L'oscurità della caverna era più fitta ancora.

    «Lei sicuramente avrà le risposte. Io non posso. Vietare il male è questo il mio compito ma in te non lo sento. C'è ma come in tutti ed è proprio questo che dovremmo capire entrambi.
    A volte non basta una vita per rispondere a questa domanda.»


    NOTE MASTER: hai totale libertà in questo post
     
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    - Post V -

    Gli occhi dello shakujo incrociarono i miei e, attraverso questi, sondarono la mia anima, mettendo sui piatti di una bilancia invisibile la verità e la menzogna di tutto ciò che avevo detto, o soltanto pensato, fino a quel momento. La Caverna stava processando ogni informazione, analizzando la porzione di dati che più le interessava e tralasciando gli altri, ma il dubbio sembrava farla esitare. Le parole del sacerdote risvegliarono un dolore antico legato ad un evento che Ama no Iwato aveva vissuto in modo autentico, sperimentando l'origine del dolore nel momento in cui Amaterasu varcò la sua soglia.

    "Quando è iniziato, invece, il mio dolore?"

    I bonzi serrarono i ranghi e pregarono mentre il suono del gong, diventato familiare, echeggiò in ogni angolo. Le vibrazioni dello strumento parlarono della storia di una dea che aveva lottato e vinto contro la sua personale Corruzione, combattendo una battaglia interiore logorante persino per un araldo potente come lei. Io, d'altro canto, credetti di aver superato il momento di conflitto con la mia essenza durante il rito del risveglio, dopo aver già sperimentato per lungo tempo la scissione della personalità ed essermi pericolosamente avvicinato alla sua completa disgregazione.
    Una voce, più affilata d'un rasoio e terribile nel timbro, interruppe il mantra che stavo recitando ed un brivido di terrore mi scosse nel profondo.

    "Chi... cos'era'?"

    Prima d'allora non l'avevo mai udita, ma qualcosa mi diceva che fosse strettamente relata alla dea del Sole e, di conseguenza, ad Ama no Iwato. Il sacerdote aveva pronunciato un nome, Zmaj, poco prima che l'avvertissi; non riuscii a richiamare alcunché alla memoria.

    «Tutto brucerà all'ombra delle mie ali. Chiunque l'abbia detto spero non rappresenti più un pericolo, né per Agartha né per il creato. Avete ragione, non sono scisso ma c'è qualcosa nel mio Codice che continua ad essere fuori asse, un'eco sinistro cui devo trovare una soluzione ragionevole.»

    Accettare l'esistenza del dolore, però, non sarebbe stato sufficiente a compiere il rito di purificazione o, tantomeno, a comprendere l'afflizione che mi divideva da Ama no Iwato. Guardai i bonzi ma i loro corpi erano tornati ad essere le marionette poste a difesa della caverna, strumenti utilizzati dalla sua volontà per precludere l'accesso alla malvagità dilagante della Corruzione. Il sacerdote mi lasciò passare e quelli, in risposta, fecero largo ritirandosi verso le pareti; il monito della creatura fu l'innesco necessario alla formazione di un'intuizione che decisi di cogliere al volo.

    «L'origine del dolore... per Ama no Iwato l'origine del dolore è stata proprio Amaterasu, il suo struggimento, l'aver varcato la soglia sacra.»

    Parlai d'istinto, senza riflettere sulle conseguenze di un gesto tanto avventato. La mia connessione con la Caverna Celeste era sempre stata forte, eppure molte delle cose che avrei voluto sapere rimanevano celate nelle sue profondità, in attesa di essere svelate. Mi alzai lentamente, smisi la posizione di preghiera e superai i bonzi, mentre l'oscurità si fece ancora più fitta; mi addentrai nelle viscere di Ama no Iwato ed il pensiero corse alla seconda delle Quattro Nobili Verità.

    «L'origine del mio dolore è stata la tua voce, sacra come il primo dei sutra e vincolante come la legge della Madre. Credetti di essere stato maledetto, ma la mia era una benedizione unica, concessa solo agli eletti che hanno trasceso la mortalità.»


    Mi rivolsi alle tenebre, perché tra le loro pieghe avrei trovato quel che rimaneva dello spirito di Amaterasu, la verità della sua prigionia e quella del principio di tutte le mie sofferenze.

    «In principio siamo soli, cresciamo nel grembo materno che ci protegge isolandoci dal mondo esterno; il dolore non ci appartiene. In vecchiaia, ugualmente, siamo soli ed attendiamo l'abbraccio della morte. Per l'uomo l'origine della sofferenza è la vita stessa, per me è stato l'essere sottratto ai miei affetti, alla mia casa, a tutto ciò che avevo.»

    Quella era la mia verità, la prospettiva di un individuo che ancora ricordava il suo ruolo nella grande struttura di Agartha, poi la riminiscenza fece il suo corso. Lasciai scivolare le ombre sul mio corpo, arrendendomi all'inevitabilità del jittai, così come il Sole si arrende al tramonto cedendo spazio alla cupa notte.




    SYlzjMo
    narrato parlato "pensato" Ama no Iwato

    Junichiro Yamanazaki Rossa Ama-no-Iwato {IV}

    STATUS FISICO:Affaticato a causa della deprivazione vitale, lividi e contusioni sparse.
    STATUS PSICHICO: Concentrato
    STATUS CLOTH: Indossata, graffi sul pettorale.

    RIASSUNTO AZIONI: Espongo la verità dell'origine ed avanzo nell'oscurità, lasciando scivolare le ombre sul corpo e cercando di proseguire verso il ventre della Caverna.

    ABILITÀ:

    Il Ricordo dei suoi Occhi

    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.


    ❖ ⟡ Controllo elementale della Luce ⟡ ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.

    Il Dolore del suo Abbandono

    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.


    ❖ ⟡ Controllo elementale dell'Ombra ⟡ ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.


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    Aníron - I Desire
    VI


    Il ticchettio dell'acqua mischiato ai suoi passi. Lo sguardo a seguirlo nelle profondità della Caverna. Il dubbio. C'era stato il dubbio alla fine. Non doveva esserci. Junichiro era quello che diceva davvero? Oppure pensava di essere libero mentre, silenzioso, una serpe continuava a strisciare tra i suoi pensieri avvelenandoli? Dov'era la verità di questa storia? Il dubbio fu la chiave che aprì una nuova porta. Una strada diversa.
    Le sue parole furono sincere? Lo guardò allontanarsi chiedendosi se avesse sbagliato. Avrebbe pagato il fio della sua inconsistenza e della sua stupidità a cuor leggero, ma era giusto, ora, capire quanto e chi fosse Junichiro Eletto di Ama No Iwato.

    Camminare perdendo il concetto di tempo e di spazio. Le pareti sempre uguali, l'aria calda e umida, il ticchettio dell'acqua in un silenzio che non era naturale. Lasciava spazio ai pensieri, alle domande, ai perché o solamente al lento battito del cuore.
    Ma non era un battito bensì un lento e basso tamburo che rimbalzava, il suono, da parete a prete come un sasso lanciato di piatto sull'acqua.
    Che diventava sempre più forte come onda di risacca.
    Un ritmo forsennato che avvolse quel luogo e l'eletto. Un ritmo antico perché vi fu un tempo in cui la Corte di Mezzanotte ballò orgiasticamente quando il Sole risplendette nel cielo.

    Kagura
    La Musica Per Gli Dei



    Ama No Iwato era molto più che una semplice caverna. Era un luogo terribile e allo stesso tempo intimo, in cui gli elementi ballavano tutti insieme e al tempo stesso si distruggevano perdendosi. Era il suono della Creazione e della Distruzione. Era prigione e al tempo stesso casa.
    Era Tesi e Antitesi. Junichiro era l'Eletto di tutto questo. Viaggiava sul filo di Creare se stesso e distruggerlo in un rinnovamento continuo. La caverna era terribile e dolce. Madre e Guerriera. Amica e nemica. Zmaj e Amaterasu.
    Luce e Oscurità. Eppure Ama No Iwato era necessaria perchè il Sole divenisse più forte. Doveva sacrificare se stesso per permettere alla Luce di spandersi in questo mondo. Doveva permettere il rinnovamento e la protezione fino a quando i Sanshu no Jingi - I Tre Sacri Tesori - non fossero del tutti purificati e pronti alla battaglia.
    Questo era il suo compito.
    Annullarsi per l'altro.

    «è difficile la tua strada?»

    Seduta su di una pietra sconnessa, con il muschio sopra che vi cresceva, un'ombra era curva e la luce non la toccava. La voce profonda. Restava lì nel presente o era eco di un passato. La Musica continuava.
    NOTE MASTER: a te
     
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    Aníron
    - Post VI -

    Camminai a lungo, ascoltando l'acqua che gocciolava dalle pareti scandire il ritmo dei miei passi sulla terra. Sentii chiaramente lo sguardo del sacerdote seguirmi nelle tenebre anche se, secondo la semplice logica, avrei dovuto lasciarmelo alle spalle già da tempo.
    L'aria era calda, umida e pesante e formava una cappa che pareva non alleggerirsi mai, condensandosi in uno strato appiccicoso sulla pelle che rese ancor più angoscioso il mio vagare. Ogni dieci passi v'era un momento, un singolo istante in cui percepivo la riproposizione dello stesso pattern sonoro innescato all'inizio della decina, come se la mia esistenza fosse stata inserita in un loop nell'attesa di qualcosa. Persino il battito del cuore, lento e regolare, seguiva uno schema diverso dal solito, un ritmo incalzante che raggiunse l'apice avvolgendo la Caverna e sovrastando qualsiasi altro rumore.

    "Ama no Iwato sta pensando. È alla ricerca dell'origine dell'errore che mi ha condotto qui stanotte e, finché non sarà pronta, continuerà ad innescare la stessa operazione in modo iterativo, costringendomi a seguirla."

    Preoccuparsi o cercare una soluzione sarebbe stato perfettamente inutile, perché il mio compito era quello di funzionare all'interno della Caverna Celeste e per la Caverna Celeste; il mio operato, al di fuori del suo campo d'esistenza, non era contemplato. Sulle pareti il suono del mio cuore continuò a riverberare a lungo ed un ricordo che mi apparteneva, solo collateralmente, si impose alla mia attenzione. In quelle stanze buie Amaterasu aveva creato e distrutto la realtà, impedendo alla Corruzione di avere la meglio sulla propria essenza; Ama no Iwato era parte del processo che proteggeva la dea rendendola stabile nei momenti di criticità.

    "Io proteggo tutto questo e non posso fare a meno di ripercorrere la stessa strada della dea, ma ho perso qualcosa lungo il cammino. Sento la connessione con la Caverna, eppure i dati che dovrebbero costituirmi sono stati, in qualche modo, danneggiati o c'è qualcosa che impedisce loro di arrivare a destinazione. Seguendo la logica, questa è l'unica causa che mi viene in mente."


    Pensare o parlare ad alta voce era la stessa cosa, perché in quel luogo la mia interiorità si manifestava nella sua totalità ed era evidente, ad Ama no Iwato, tanto quanto lo erano ognuna delle singole rocce che la componevano.
    Quanto tempo era passato? Il loop continuò a presentarsi seguendo la regola imposta dalla Caverna, e fui lasciato solo ancora a lungo prima dell'avvento di un nuovo avvenimento che determinò la fine del processo di stasi. Una figura avvolta dalle ombre, seduta su una grossa pietra coperta di muschio, mi rivolse la parola; la luce sembrava incapace di colpirla, lasciando celati i dettagli della sua fisicità. Rimase ferma, curva ed assolutamente anonima come la più classica delle interfacce programmate da Gea per i suoi figli.
    La musica continuò a risuonare, instillando un dubbio che fino ad allora non mi aveva nemmeno sfiorato. Se quel profilo d'ombra fosse appartenuto al passato, ad un piccolo frammento di esso, forse ero riuscito a raggiungere il core di Ama no Iwato.

    «È stata difficile, si, ma non diversa da quella di tanti. Ho raccontato la mia storia al sacerdote e, prima di lui, l'ho confessata alle voci della Caverna che mi hanno accompagnato fino al risveglio. Sai tutto quello che so io e molto di più, quindi ti chiedo di aiutarmi.»

    Conoscevo bene la solitudine, il sentirsi anonimi e privi di valore in un mondo che chiedeva la perfezione in ogni ambito, dal lavoro all'amore. Guardare quella sagoma scura mi strinse il cuore e, prima di potermi controllare, piansi. I fallimenti, l'abbandono di mia moglie, così simile a quello di Amaterasu libera dal tormento, e la perdita di tutto ciò che ero riuscito a costruire nella mia breve vita mi investirono con la forza di un uragano. Mi avvicinai alla sagoma e protesi le braccia per cercarne il contatto, un abbraccio che sciogliesse il dolore insopportabile che stavo provando.

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    «Che succede? Perché rimango me stesso ma non mi riconosci? So di essere ancora connesso al sistema, ad Ama no Iwato, ma qualcosa è cambiato. Cosa?»




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    Junichiro Yamanazaki Rossa Ama-no-Iwato {IV}

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    RIASSUNTO AZIONI: Ipotizzo che la mia condizione attuale dipenda da una perdita di "pacchetti dati" e poi faccio domandine alla figura :zizi:

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    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.


    ❖ ⟡ Controllo elementale della Luce ⟡ ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.

    Il Dolore del suo Abbandono

    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.


    ❖ ⟡ Controllo elementale dell'Ombra ⟡ ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.


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    Aníron - I Desire
    VII


    2d3c8af50385717b717e4cf6c6860032
    La vita non è fatta dai desideri
    e3414bccb23fa6b4c55d48d3c896bcf6 bensì dagli atti di ciascuno.



    Per un solo attimo il suo viso incontra il brillio nei tuoi occhi.
    Per un solo attimo, come se l'ombra si discostasse, il volto fu quello di Amaterasu. Ma non quello che si conosce in questo torno di tempo, ma quello con cui si mostrò al Giappone. Quello con cui per ere camminò sulla terra istruendo gli uomini sulla spada, danzando con gli elementi, combattendo nel buio e nel vuoto.
    L'abbraccio incontrò il corpo e una mano destra fu posata sul cuore dell'eletto, la sinistra sulla fronte.
    Di nuovo l'ombra, mentre la Musica continuava nella caverna riverberando le pareti come se riempissero quel vuoto, come se fossero dei ricordi che non potevano lasciarla mai.
    Quella voce si mischiò alla musica, come un canto su di una melodia. La voce della caverna nella sua mente. L'ombra si discostò. Un qualcosa di indefinito.

    «Forse sei cambiato tu. Cambiamo continuamente e non siamo mai uguali a ieri.
    Ma soffri senza saperlo, ed è questo che mi ha fatto avere un dubbio. Ho sempre voluto essere come lei. Mi sono fatto carico della sua sofferenza, segreta, della sua abilità, della sua forza e della sua rabbia. Ho cercato di starle accanto, copiandone i modi e aiutandola. Vederti così è per me sofferenza.
    Cosa farebbe lei?»


    Una domanda che non poteva avere una risposta. Amaterasu rimaneva imprevedibile persino a se stessa.

    «Queste pareti tengono stretti alcuni momenti, belli e brutti, abbandono e la voglia di abbandonarsi a qualcun altro. La morte e le lacrime.
    In te rivedo lei in un omento segreto della sua vita. Quando la sua rabbia e la sua vendetta furono terribili. E ti faccio la stessa domanda che si fece lei.»


    Si sedette. Junichi poteva sentire in lui la sofferenza e una rabbia ancestrale di un cuore rotto. Frasi sconnesse. Immagini senza senso sulle pareti. La spada. Gli elementi contro la stasi ripugnante.
    Una guerra in uno spazio deforme tra Kusanagi e la Fine di Tutto.

    sto cadendo nel burrone di proposito
    Mi sto gettando dentro al fuoco, per bruciare
    Finiranno anche le fiamme ma il dolore no
    Non puoi uccidere l'amore ma l'amore può
    E l'amore mi ha tolto tutto



    Perché la rabbia è la tua ora? Perché senti le ferite addosso e urli dal dolore?
    Quanta sofferenza ebbe dentro di sé Amaterasu?

    «Lo senti vero? Ti toglie il fiato e ti uccide lentamente.
    Lo senti ma non lo capisci ed è questo che fa avere il dubbio ora. Se lo senti e non lo capisci come fai?
    Non potresti eppure sei a terra con il corpo che urla, a vedere una battaglia che non puoi capire perché al di là del nostro paradigma e scopo.
    Lei ha combattuto con il cuore spezzato. E ancora oggi lo fa. Ma il Sole deve continuare ad essere. E Lei che nulla ricorda solo una cosa ha tenuto dentro di sé per tutto questo tempo.»


    Un momento di silenzio.


    «Colui che era andato prima ora venne per ultimo, e ciò che era bianco e nero e ogni direzione fu scagliato contro se stesso.
    Il Gerarca del Terrore e dell'Anarchia , il Dio Rinnegato, il Dio Perduto, il Dio Rifiutato.»


    La caverna parlava a Junichi spezzato per comprendere quanto ancora ci fosse in lui.

    malal
    MALAL



    Lo vide sfarfallare. Quell'ombra si muoveva da una parte all'altra per poi restare su di lui, ma non per schiacciarlo, ma per vederlo nella sua interezza. Per capire. Per comprenderlo così profondamente da essere Imperatore e giudicare con giustizia e con spada retta.

    «Tu hai perso qualcosa di te. Ma io non posso e devo permettere che lei soffra ancora.
    Cosa desideri Junichiro? Perché io non riesco a capirti. E non voglio ucciderti.»





    Fragile lives shattered dreams




    La caverna soffriva con l'Eletto. Sentiva il suo essere spezzato, lo sentiva ancora parte di sé, del Sistema e di G.E.A eppure vi era un ronzio che non lo rendeva armonico col Creato. Come un sistema a sé stante.

    «Ma proteggere questo posto è il mio compito come lo è il tuo. Proteggere non lei, perché lei sa affrontare il Vuoto sopratutto da sola, ma proteggere il Creato. Ma non riesci a farlo e non devi piangere perché io ti aiuterò.
    A trovare la tua strada...

    Qualsiasi essa sia


    NOTE MASTER: Rivedi in parte e sconnesse un dolore segreto di amaterasu, che ha lasciato nella caverna per proteggerlo. Non lo sai cosa sia sai solo che è un dolore che se lo porterà dentro fino alla fine. Rivedi, sempre sconnesse, la battaglia contro Malal mentre il Crogiolo del Sistema, che è amaterasu, si scontra contro la Ristagnazione e la Stasi che è Malal. ma non vederlo fino in fondo, solo avere questo dolore senza senso, fa capire alla caverna quanto tu sia sconnesso dal sistema G.E.A. E lo capisci profondamente anche te.
    Ora dipende da te hai tutta la libertà che vuoi.
     
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    Aníron
    - Post VII -

    L'ombra si disfece e la massa oscura acquisì l'aspetto di una donna dai capelli neri, lisci e lucidi, pettinati in una treccia che cadeva delicatamente sul seno. Il volto era un ovale perfetto, gli zigomi alti ed appena pronunciati mascheravano un'età che chiunque avrebbe avuto difficoltà a definire; i grandi occhi scuri suscitavano emozioni contrastanti.
    Davanti a me v'era Amaterasu, il suo aspetto antico che mostrò agli uomini e le donne del Giappone quando ancora camminava tra loro, maestra tra i saggi, guerriera perfetta tra i campioni del bushidō. Poggiò la mano destra sul mio cuore e la sinistra sulla fronte; emozione e ricordo costituivano il fulcro dell'umanità di cui facevo parte nonostante il risveglio.

    "È lei, sono sicuro. La mia essenza riverbera sulle note della Creazione, le stesse che Ama no Iwato ha sempre ascoltato nel vano tentativo di comprendere il paradigma dell'Imperatrice."

    Quell'attimo di comunione fu sufficiente a dimostrarmi la gravità della mia condizione, perché terminò nel momento stesso in cui la figura tornò ad essere un'ombra indistinta. Le sue parole si unirono alla musica che non erai mai cessata da quando mi ero inoltrato nelle profondità della Caverna, integrandosi al punto da renderle interdipendenti.

    «Ho visto attraverso i tuoi occhi e sofferto per colpa del tuo Codice. Ho perso tutto quello che avevo perché credevo che, seguendo la tua voce, avrei trovato finalmente pace. Siamo simili, dopotutto, perché cerchiamo negli altri la ragione d'esistere.»

    Sospirai abbassando lo sguardo. Mantenere il contatto visivo era troppo penoso e faceva riemergere un dolore che doveva restare sepolto.

    «Francamente, non lo so. Il nostro primo incontro, però, mi ha insegnato una cosa: dobbiamo affrancarci da ciò che riteniamo un peso e trovare la nostra strada da soli, senza dipendere dagli altri. L'ho affrontata, Amaterasu, la mia volontà contro la sua, ed ho perso perché mi è mancato il coraggio di affrontare il mondo con le mie forze.»


    Sarebbe stato così semplice vivere nell'ombra della dea, camminare seguendo le sue orme ed avere come unico obiettivo quello di contenere la sua furia nei momenti più difficili. Quello, però, non ero io.
    Sulle pareti della Caverna scorsero immagini sconnesse, prive di significato ma capaci di trasmettermi un profondo senso di rabbia, sofferenza e frustrazione; rivivevo gli antichi dolori di Amaterasu e la furia che la colse nel corso delle epoche. I suoi pensieri occuparono la mia mente trascinandomi in un vortice di disperazione e consapevolezza, la stessa che hanno gli Araldi del proprio ruolo nel mondo.

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    "L'amore può toglierci tutto, è vero. Masako, nostra figlia, quel posto che chiamavo casa: ogni cosa è svanita per amore di un sogno e di una verità che ho cercato fino a struggermi pur di ottenerla."

    «Funzioniamo così e non potrebbe essere altrimenti. Il tuo compito era quello di isolare Amaterasu, contenerla affinché potesse tornare pura ed ora mi stai riservando lo stesso trattamento.»

    Tossii all'improvviso, piegato da un dolore insopportabile che poteva appartenere soltanto a Lei e mi ritrovai ad urlare, soffocato dalla musica che mai si era interrotta fino a quel momento. Cercai inutilmente i segni delle ferite, artigliai la terra fino a rompermi le unghie ed assaggiai un minuscolo frammento delle indicibili sofferenze dell'Imperatrice. Perché dovevo essere io subire quella tortura? Perché ero costretto ad assistere alla battaglia tra l'Inizio e la Fine di tutte le cose?

    «È LA SUA GUERRA, NON LA MIA!»

    L'ombra di Ama no Iwato era ovunque e da nessuna parte, mi scrutava per carpire il minimo mutamento nel mio Codice, il più piccolo segno di infezione.

    «Dobbiamo continuare ad esistere anche per noi stessi, lo capisci? Se ci lasciamo consumare dal suo destino non saremo in grado di aiutarla quando si ripresenterà l'occasione... GAH!»

    Una fitta al costato ed un'altra alle tempie mi impedirono di continuare a parlare e l'immagine terribile di Malal, impressa nelle retine, mi gettò nel terrore e nello sbigottimento. Egli era l'istanza del creato più lontana e vicina ad Amaterasu, la calamità che annunciava l'oblio dell'opera di Gea ed il più grande nemico del Crogiolo. Sentii la vicinanza di Ama no Iwato, il suo cordoglio per lo smarrimento dell'unico eletto in grado di rappresentarla; dovevo combattere per essere me stesso.

    «Il mio compito è... proteggere quello che nostra madre ha portato all'essere. Devo... uscire da qui... sistemare l'errore...»


    Rimanere all'interno della Caverna avrebbe soltanto aumentato la discrasia tra la mia funzione e quella del più ampio sistema dal quale dipendeva l'esistenza della realtà, minando perfino l'integrità di Ama no Iwato.

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    «Questo... non deve accadere... il mondo ha bisogno della sua luce... io ne ho bisogno... ti prego, portami fuori di qui...»

    Se fossi morto, non avrebbe avuto importanza all'interno del grande ordine universale. La Caverna sarebbe tornata dormiente, pronta ad essere utilizzata nel momento opportuno e, prima o poi, un nuovo eletto si sarebbe destato per portarne avanti i propositi e la volontà. Al contrario, se fossi rimasto in vita reiterando quel singolo errore nel Codice di Ama no Iwato, forse anche il Pilastro della Creazione ne avrebbe risentito.
    Il miglior protocollo di quel luogo sacro ero proprio io.


    SYlzjMo
    narrato parlato "pensato" Ama no Iwato

    Junichiro Yamanazaki Rossa Ama-no-Iwato {IV}

    STATUS FISICO:Affaticato a causa della deprivazione vitale, lividi e contusioni sparse.
    STATUS PSICHICO: Allarmato
    STATUS CLOTH: Indossata, graffi sul pettorale.

    RIASSUNTO AZIONI: Mi rendo conto che l'unica possibile soluzione allo stallo è diventare il protocollo di sicurezza di me stesso e chiedo ad Ama no Iwato di condurmi fuori dalla Caverna.

    ABILITÀ:

    Il Ricordo dei suoi Occhi

    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.


    ❖ ⟡ Controllo elementale della Luce ⟡ ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.

    Il Dolore del suo Abbandono

    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.


    ❖ ⟡ Controllo elementale dell'Ombra ⟡ ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.


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    «Non posso.»

    La musica intorno a loro rifletteva il modo in cui la caverna danzasse al ritmo del Codice. Ama No Iwato era ed è un luogo per contenere.
    Rimaneva un luogo per riuscire a fermare non la forza di Amaterasu quando e se si fosse persa, non a proteggerla mentre iniziava la sua storia come il bozzolo di una crisalide.
    Era un carcere.

    «Ci sono cose che non capisco in te. Fai parte del Codice e al tempo stesso è come se te ne allontanassi prendendo una strada lontano da esso.
    Come se tu fossi un nuovo Codice.»


    Un carcere per fermare e contenere gli errori del sistema se mai ce ne fossero stati. Per capirli, per resettarli e preservare l'Ordine.

    «Devo vedere dentro di te e capire. Perché lasciarti andare significherebbe portare il tuo errore ancor più dentro il sistema.
    La Corruzione dilaga ed è all'interno del Codice. Fa parte del Codice.»



    gea is a systems architect and the multiverse is an infinitely recursive architectural simulator



    Queste parole riecheggiarono per le pareti, rimbalzando tra di esse, perdendosi negli anfratti oscuri, in oscure tunnel, per poi riemergere intorno a loro dagli stessi.
    Tutto era legato. Tutto formava un perfetto sistema, un architettura forte e allo stesso tempo fragilissima.
    L'Equilibrio delle parti faceva si che tutto continuasse e la Vita potesse essere.
    Junichi faceva parte ancora di tutto ma una parte di lui ne era slegata.
    Pericolosamente.

    «La Corruzione, il suo obbiettivo principale è rendere immortali e indistruttibili le forme di vita. L'equilibrio ne è intaccato, il sistema pericolosamente sul punto di collassare.
    Noi siamo qui per fermare tutto questo. Indagare il Codice è capire in che modo preservare la Creazione di G.E.A.
    Tu fai parte di questo ma allo stato attuale potresti essere la chiave per arrivare al cuore di Agartha è distruggerla.
    Ti potresti mai schierare con loro?
    Potresti farlo? Ecco perché lasciarti andare in queste condizioni potrei solo esporti a più rischi oltre che esporre tutti noi.»


    Il respiro era pesante. Vi erano responsabilità che solo a pochi era concesso portare e a volte il peso poteva schiacciare.

    «Le guerre dei Pilastri che tengono unita la Realtà sono le nostre. Ognuno esiste per l'altro.
    Possiamo essere egoisti? Per farlo dovremmo essere noi stessi un codice proprio.»


    E per la prima volta poté vedere i brillanti occhi della caverna su di sé. Erano cerchiati d'oro con uno strano glifo al centro di essi.

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    «Conoscere è saper vedere in noi stessi.»



    Ora poteva sentirlo il cosmo sacro della caverna Ama No Iwato.

    NOTE MASTER: Hai sempre piena libertà. La caverna ti spiega che non ti sente del tutto parte di questo codice e non vuole lasciarti andare. Deve proteggere la realtà così come lo fece quando Amaterasu venne corrotta all'inizio dell'Armaggedon. è il suo ruolo, il suo scopo.
    la musica che senti oltre ad essere una parte della musica della creazione di gea è anche il modo in cui la caverna "danza" con essa e per essa. ognuno di noi da il proprio contribuito a tale musica e la caverna non fa eccezione in questo, anzi forse è ancora più intimo il suo modo di ascoltarla e suonare per via della vicinanza di amaterasu. e queste sono tutte cose che tu senti, percepisci e tramuti nelle tue emozioni e nel tuo modo di essere, anche se con questa perdita di dati, eletto di ama no iwato.
     
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