Mykonos - Terra di Giganti

Custode di Thule - Anfitrione

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    I - Dormiveglia

    Le onde. L'acqua cristallina e le bianche spiagge. La brezza mattutina che si alzava nelle giornate limpide e soleggiate. La forza del mare creava tutta una afrodisiaca sensazione di pace che, lentamente, si insinuava dentro, nell'anima. Facendo provare stati che solo gli abitanti della Terra potevano comprendere.

    Con le piccole gambe incrociate e godendosi un momento di frescura, Anfitrione riposava sopra un piccolo mulino a vento di Mykonos - una delle isole più importanti dell’arcipelago delle Cicladi in terra di Grecia - dinanzi il Mar Egeo. In passato era stato uno dei luoghi di scontro più importanti della Gigantomachia, diventando poi un luogo stratetigo e di culto. Adesso era una zona non ancora riconquistata dalle forze di Atena, infestata dalla Corruzione che dilagava.
    Nell'Età del Ferro invece era divenuta famosa per le pittoresce, tipiche, casette che costeggiavano il mare. Le case bianco latte con porte, infissi e finestre di differenti cromature, che creavano un mosaico di luci e colori. O le chiese, gli enormi mulini, di quel singolare colore azzurro cobalto e verde smeraldo, che sorgevano in quel paesaggio idilliaco.
    Li poteva vedere poco più in là, proprio sulla destra, splendenti ai raggi del sole. Sigilli in tutta la loro bellezza.

    Seduto con gli occhi chiusi e con il soppesato bastone irto di fianco, egli stava a meditare nel silenzio. Nella sua vera forma. Focalizzandosi sul futuro, imminente. Riacquistando energie e indirizzando la strada per le prossime mosse. Nascosto, come un viandante, celato da occhi indiscreti. Somigliando a un piccolo vecchio incappucciato, che gli permetteva di eludere la maggior parte di grattacapi che si presentavano.
    Aveva da poco finito di perlustrare la zona e l'isola di Delos. Mai si era spinto così vicino la terra nemica, e ciò che avrebbe dovuto trovare nei resti dei Templi di Dioniso, Demetra e Apollo, non ebbe i suoi frutti.
    Non aveva trovato la corruzione. E ciò lo preoccupava. Da poco era venuto faccia a faccia con questa entità, questo morbo di Ponto che era sfuggito al controllo infestando tutta la realtà. Mangiando e divorando ogni cosa vivente; doveva saperne di più.
    In quel luogo poi, non aveva trovato neanche più simpatia per tutto ciò che era stato del dominio degli Dei minori, sopratutto per coloro che direttamente lo avevano ingannato e abbandonato. E avere camminato sulle macerie di quello che fu sacro per loro, a piccoli passi, assaporando tutto ciò che lo circondava, non fu piacevole.
    Anzi, ci mancò poco che sputasse per disprezzo.

    Era da poco passato mezzodì, il sole era alto in cielo. Lui si stava grattando l'orecchio oblungo dormendo, sussurrando una litania nella sua lingua mentre respirava la brezza marina. La testa ciondoloni.
    Quando d'un tratto, qualcosa lo fece sobbalzare.
    E lo fece quasi cadere...

    SPOILER (click to view)
    FISICO Stanco per il lungo sopralluogo. Riprende energie, nella sua Vera Forma.
    MENTE Assonnato. Ma sempre vigile. Si sveglia all'improvviso.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Non Indossata [VeraForma] - Intatta

    RIASSUNTO AZIONI
    Dopo aver perlustrato la zona e le isole vicine, prendo una piccola pausa riposandomi ai venti del mare. Qualcosa mi sveglia all'improvviso, attivando la mia passiva. Cosa di preciso, lo lascio a te.
    Anfitrione [IV]Daimon della SorteEnergia Rossa
    ABILITÀ E TECNICHE
    Ingegno di Anfitrione[Sensi Acuti]
    Plasmato in numerose battaglie e corti, nelle Ere e nella Storia, Re Anfitrione ha sviluppato una capacità sensoriale acuta, in grado di percepire al meglio la realtà cui si pone dinanzi. Che sia un nemico, una illusione, un ambiente ostico e velato, egli potrà ampliare i propri sensi, soprattuto il sesto, per poter fronteggiare varie situazioni. Potrà percepire/intuire la natura di un cosmo, una parola celata, uno sguardo, delle intenzioni altrui (only gdr).
    Ciò porterà ad avere una maniacale precisione e reattività nei propri colpi e movimenti, incredibilmente degni di un esperto e ingegnoso Re.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:40
     
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    Korin Agente della GRADO ♦ Energia Rossa

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    - Chapter I -



    Lo sguardo spaziava sulle onde da ore mentre le mani lo tenevano saldamente ancorato al parapetto della nave. Un’ondata di vento, una batosta da dietro, poteva succedere un qualsiasi cosa e lui sarebbe volato giù tra le onde fruscianti a nuotare come un forsennato per rimanere a galla in attesa dei soccorsi, di una scialuppa, di un salvagente. E se quell’aiuto non fosse arrivato? Se la nave stessa lo avesse travolto facendolo cadere sempre più a fondo nell’abisso?
    Avrebbe chiuso gli occhi per evitare il bruciore del sale e con esso non avrebbe visto il fondo o i mostri marini che scivolavano leggeri accanto a lui attendendo solo il momento proficuo per papparselo. Si sarebbe agitato, con tutte le sue forze per andare verso la luce, verso l’alto, verso l’aria. Ma se non fosse bastato? Se la luce che seguiva era quella sbagliata? Il suo corpo sarebbe scivolato sempre più giù, compresso dall’acqua da ogni lato. Sarebbe stato impossibilitato ad immagazzinare aria, a farsi più grosso, magari abbastanza per galleggiare. Al contrario avrebbe prese acqua, sempre più acqua, così tanta acqua da bloccare ogni possibile spazio di aria, ogni via del sangue, ogni cosa.

    Un respiro agitato, seguito da un altro e un altro ancora mentre gli occhi non si schiodavano dalla spuma bianca che toccava la nave in movimento, ne dalle onde che ne bagnavano la struttura, fino a quelle piccole gocce che superata ogni avversità arrivavano a colpirlo sul viso, quasi una carezza di una mano invisibile che voleva trascinarlo giù con se’.
    Il cuore batteva forte immaginando mille scenari, uno più apocalittico dell’altro, dove tutto finiva contro la sua volontà; dove non c’era niente che potesse fare per salvarsi.
    Ed era assurdo. Era stato in così tante situazioni di pericolo dove non aveva controllo su niente, dove ogni disattenzione, ogni piccola mancanza ti portava un passo più vicino all’abbraccio del cupo mietitore, eppure andava bene. In guerra era una fine accettabile. Lì poteva combattere, aveva delle armi per sopravvivere.
    Ma non nel mare. Non nell’abbraccio dei flutti. Non c’era un fondo da toccare con i piedi per darsi la spinta verso l’alto, e se c’era era popolato da chissà quali mostri o alghe che lo avrebbero avvinghiato a loro tenendolo bloccato.

    Un altro respiro mentre le mani stringevano più forte sulla sbarra di sicurezza scivolando appena tra il sudore e la salsedine. C’era solo lui, un muro e il mare. Non importava che alle sue spalle la giornata fosse meravigliosa, che il sole splendesse e che i gabbiani li accompagnavano stridendo per la vicina terra. Non importava che ci fossero altri marinai sull’attenti che cantavano inni pirateschi in continuazione lavorando sul ponte della nave, non troppo distanti da lui. Era solo, solo contro il peggior nemico che si potesse immaginare. Il secondo peggior nemico a dire la verità. Nulla superava Rain. O forse sì. Forse le profondità erano più forti anche di Lui. Forse le alghe lo avrebbero avvolto e portato infondo all’oceano, facendolo sparire dalla vista sua e del mondo per sempre. Sarebbe stato… sarebbe… stato…
    Uno spreco.
    Era un bravo direttore tutto sommato. Faceva solo il meglio per la Fondazione. Aveva solo sacrificato il suo essere padre per il bene del mondo. Una scelta forse discutibile. A che pro mettere al mondo una nuova vita se non si intende prendersene cura? No, per Lui era solo una pedina, una tra tante, un numero, una forza, una risorsa, qualcosa di immateriale. Una cosa da usare a proprio piacimento.
    Come il mare.
    Anche per il mare un corpo umano è solo una cosa da sbatacchiare da una parte all’altra senza sentimento. Era solo un ostacolo da distruggere. Solo cibo per i pesci.

    Come diavolo facevano gli Atlantidei a vivere lì sotto?! Come si poteva respirare sott’acqua? Come si poteva amare un fondo che non si vedeva, ne sentiva? Come si poteva vivere nell’ombra più totale ignorando i pericoli che nuotavano attorno a te avendo più controllo di te su tutta la situazione? Magari il dio dei mari aveva dato loro un segreto per respirare sott’acqua? Magari avevano sviluppato branchie invisibili o assorbivano l’aria dalla pelle o…
    O forse avevano vissuto lì per millenni e l’acqua era solo divenuta cosa nota.

    «Terra!» Gridò la vendetta dalla cima dell’albero maestro riscuotendo il saint dall’abisso in cui era precipitato. Grazie agli spiriti quel viaggio era terminato, o comunque era in dirittura d’arrivo. Poteva quindi pensare a quello che sarebbe successo dopo, magari gli avrebbe dato un appiglio sull’abisso. Avrebbero ormeggiato verso riva, ma non così vicino da incagliarsi, poi sarebbero scesi scaricando il materiale necessario e come prima cosa avrebbero costruito un magazzino con torre di guardia. Poi magari avrebbero cominciato dalle mura per una difesa contro un possibile attacco della corruzione, poi delle case per rendere più confortevole il rimanere in quel posto così lontano dal santuario. Poi si sarebbero espansi man mano fino a conquistare tuta l’isola per reclamarla nel nome della dea liberandola man mano dall’influenza dei corrotti e scacciando loro nelle profondità dell’Egeo dove si sperava annegassero visto che… No. Basta pensare al mare.

    Scesero sulla scialuppa avvicinandosi sempre di più alle bianche coste di Mykonos, in quella che era chiamata spiaggia Ftelia. Doveva essere stato davvero un piccolo paradiso in terra prima della fine del mondo: acque cristalline, sabbia pulita, un vero elisio per chi amava il mare. Ovvero non lui: mettere i piedi sulla terraferma era per Korin la cosa migliore di tutto il viaggio e poteva solo temere il momento in cui avrebbe dovuto farlo a ritroso. In quel caso non gli sarebbe dispiaciuto venir rapito per qualche altra missione suicida per la Grado, portato via dai loro teletrasporti o elicotteri.
    La spiaggia sembrava tranquilla e anche espandendo i sensi non si avvertiva alcuna presenza corrotta. L’azione diversiva messa in atto nelle settimane precedenti doveva aver funzionato nel portare l’attenzione della melma di Ponto lontano da quell’isola. Sarebbe stata una bella sorpresa per lei tornare e avere un nemico pronto a difendere la sua casa con le unghie e i denti. Sempre che non fossero tornati troppo presto trovandoli impreparati a reggere la battaglia. Più velocemente compivano quell’operazione stealth meglio era, ma prima ancora di cominciarla bisognava assicurarsi di non ricevere sorprese inaspettate.

    Il gruppo iniziò a virare verso il lago artificiale a destra della spiaggia creato da una diga artificiale che avrebbe dato loro acqua dolce per sostentarsi e far fiorire una base, quindi una nuova società. Korin invece proseguì oltre andando in esplorazione del posto ed espandendo ulteriormente i sensi per individuare una qualsivoglia minaccia.
    Aveva quasi completato il giro dell’isola quando il cosmo vibrò di una strana frequenza entrando a contatto con un altro suo pari. Da qualche parte si aggirava qualcosa o qualcuno di inumano, ma che non sembrava puzzare di corrotto, né di caotico. Mille creature diverse potevano rispecchiare quel sentore. Gea molto potenti per esempio, daimons o specters. L’unica cosa possibile era andare a controllare di persona.

    Seguì la sua sensazione, perdendola nel nulla più di una volta, ma alla fine incrociò gli occhi con la figura che emetteva quell’energia. Era un essere piccolo, dal colore verdognolo come un rospo, dalle lunghe orecchie simile ad un elfo. Sapeva di anziano per certi versi. Si poteva parlare di anzianità con un essere sconosciuto solo perché aveva pochi capelli, tante rughe e un bastone da passeggio al fianco? Di sicuro quella cosa non era umana, ma la descrizione non aiutava a categorizzarla in alcun modo, come una formina che non andava in nessun buco specifico. E non era nemmeno la prima volta che finiva in una situazione simile. L’incontro con quell’umanoide nero, dal puzzo tutto fuorché umano, che affermava di essere un uomo era ben piantato nella sua mente; una presa in giro cosmica che era finita in maniera molto più incomprensibile di come fosse iniziata. L’idea di ritrovarsi nella stessa situazione di impotenza non lo entusiasmava, ma non poteva nemmeno lasciare un possibile nemico a vagare così vicino alla loro futura base.
    L’essere sembrava stesse sonnecchiando, una posizione molto precaria così in mezzo al nulla con possibili nemici in arrivo in ogni momento. Non aveva nemmeno avvertito trappole attorno a lui, non c’era niente che potesse far presagire che avesse predisposto delle difese contro degli attacchi improvvisi. Era vero che si era infrattato in un posto ben nascosto, ma nulla era abbastanza celato per la corruzione. A meno che quel tipo non collaborasse con la malattia di Ponto pur non facendone parte, esattamente come il daimon caduto che lo aveva accidentalmente iniziato alla sua carriera da saint.

    Ne aveva passate tante, ma da ogni trauma subito aveva anche imparato. Aveva imparato quanto crudeli potessero essere gli angeli, aveva imparato quanto stupido potesse essere fuggire, aveva imparato che un’occasione simile non doveva essere sprecata.
    L’essere non si era minimamente accorto di lui Poteva finirlo in maniera rapida e pulita, senza dargli nemmeno il tempo di capire cosa stava per succedere.

    Il suo cosmo si aizzò pronto a colpire. Sarebbe bastata una punta di ghiaccio che lo trapassasse da parte a parte ed era fatta. Iniziò ad immettere cosmo nel terreno facendolo arrivare fin sotto l’essere pronto a colpire.

    Però poteva sbagliarsi. Poteva avere a che fare con il peggiore dei caduti, ma anche con il più innocente degli eletti di Madre Terra. Poteva avere di fronte uno specter, come uno di quegli angeli buoni. O perché no, poteva essere un altro umano burlone come il nero.

    In un mondo devastato dalla corruzione dove si faticava a sopravvivere, con che coraggio si poteva macchiare dell’omicidio di un alleato?

    Il punteruolo mortale si divise in più parti sottili che sarebbero sorte tutte attorno all’essere senza nuocergli incurvandosi verso l’alto per riunirsi in cima come a formare una grata di ghiaccio per intrappolare il piccolo rospo verde. Il tipo doveva aver avvertito lo smottamento del terreno sotto di se’ e il freddo che i pilastri di ghiaccio emanavano. Quello, o l’avrebbe svegliato a forza con una innocua folata di vento sul viso.
    « Chi sei? »

    Gli avrebbe dato una possibilità, una che poteva rimpiangere fortemente se il tipo si fosse dimostrato essere chi temeva di più. Ma doveva dargliela perché soldato o no, aveva ancora una coscienza.


    Statistiche

    Stato Fisico: Perfetto.

    Stato Mentale: Guardingo.

    Stato Armatura: [V] Intatta e Indossata.

    Riassunto: Cerco di intrappolarti in una gabbia di ghiaccio, così per fare conoscenza.





    Edited by Guardian of the Sea - 11/8/2022, 12:19
     
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    II - Un Vecchio in trappola?

    Ahhhhhk!!!

    Quando riprese piena coscienza, il piccolo Daimon vide all'improvviso uno spuntone di ghiaccio sbucare da sotto le sue gambe e fuoriusciere all'aria aperta. Sfiorandolo e strappando un pezzo di abito che indossava, si diresse verso l'alto. Toccò la cima con un'altro pezzo antistante, unendosi al vertice, e riscese formando una calotta, una piccola rete che lo imprigionò senza scampo. Mettendolo in trappola.
    Subito in panico e allarmato, Anfitrione si girò in ginocchio per capire cosa stesse succedendo.
    Qualcuno era arrivaro lì? La corruzione lo attaccava? Eppure non sentiva quell'energia mefitica.
    Poi abbasso lo sguardo. E in una frazione di secondo vide un uomo, anzi un ragazzo, avanzare dal basso. Mostrando una armatura sul corpo: era stato scoperto. Audace.

    Alla sua vista, stava quasi per irrompere con la forma da guerriero, espandendo il cosmo e contrattaccando con una esplosione deflagrante che avrebbe cercato di colpirlo.
    Ma si fermò. I sensi acuti gli fecero percepire qualcosa, flebilmente.
    Colui che lo aveva imprigionato non era un caduto, né uno dei suoi soliti nemici. A dire il vero neanche un nero; ne aveva incontrati tre fino ad ora. E avrebbe riconosciuto bene la loro energia e le loro facce problematiche. No, era qualcun'altro, ed era stranamente da solo. Un esploratore probabilmente, che lo aveva individuato. Acuì ancora di più i sensi acuti. Atene vi era dietro di lui? Lo sentiva, ma non percepiva le stelle, il cosmo protettivo di una costellazione issato a proteggerlo. Quindi chi era?
    Con tutte queste domande pensò non sarebbe stato saggio attaccarlo subito, la sua curiosità bramava di saperne di più. Su di quell'isola nascosta. E poteva essergli utile.

    Decise di stare al gioco, seguendo la sua vera forma che, spesso, lo aveva districato da ingenti situazioni. Cercò di azzerare il cosmo più che potè, fingendo di cadere a terra e cominciando a lamentarsi.

    Aaaahhh aahhh Uccidono, uccidono!! Si dibattè con voce gracchiante, tenendosi il braccio come ferito. Ma non abbandonando il bastone dalla mano. Poi sentì le parole del nuovo arrivato che si avvicinarono. Sembrava non avere brutte intenzioni, ancora.

    Chi sono? Chi sono!!!?!!? Sono un povero vecchio dell'isola che riposa, chi sono, ecco chi!
    Si alzò facendo perno sul bastone. Contraendo il volto rugoso, con le orecchie appuntite. Il peso tutto portato da un lato del corpo, faticando come se nell'impresa stesse scalando una montagna.

    Mi hai attaccato! Si! si! Mi hai attaccato! Avventato!
    La frescura non più, andata via! Neanche più pace in una terra di nessuno! Io ti maledico!


    Alzò il bastone cominciando a battere sulla gabbia di ghiaccio.

    Aiutooo! Liberatemi! Liberatemi! Ti maledico!!
    Continuò a gemere, inveire e sbattere senza ritegno il nodoso bastone sul ghiaccio. Sperando forse di spezzarlo.
    Nell'azione, le palpebre dell'occhio sinistro si fecero più sottili. I suoi pensieri fluttuarono, acutizzandosi ancora di più. Cominciò a studiarlo. Prendendo tempo.

    Chi sei tu che viene in questa isola dimenticata? Sei da solo? Cosa ci fai qui? Eh? Dimmelo Dimmelo!

    Era giovane, molto, ora che lo vedeva da più vicino. Indossava una armatura strana - non che ormai ci capisse più qualcosa - ed era caratterizzato da un forte azzuro dagli occhi ai capelli. Sembrava un tipo molto serio e freddo - non i migliori per contrattare pensò - ma era ancora presto per dirlo. Però era sicuro di una cosa: aveva il dominio delle energie fredde e non era malvagio. Il suo cosmo era molto puro, stranamente; raro in quei giorni così nefasti.

    Liberami, giovanotto! Te ne vai in giro a fare queste cose?!
    Maledetto tu sia! Niente rispetto per i vecchi! Pfiù!


    Il bastone stava provocando un bel baccano.
    Il rumore avrebbe attirato i suoi compagni se c'erano, o creature al suo comando. Così avrebbe capito con chi avesse a che fare per poter pianificare meglio una fuga.
    Mentre si guardava intorno, guardingo, si strinse ancora di più portando una mano dietro la schiena. Preparandosi ad un eventuale attacco. Infine, pronunciò ancora di più le labbra, emettendo quasi un sussurro.

    Liberami.

    SPOILER (click to view)
    FISICO Indenne dall'offensiva portata. Finge di essere stato ferito, ma sta bene.
    MENTE Svegliatosi impanicato, ora molto arrabbiato. Ma è tutta una scena.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Non Indossata [VeraForma] - Intatta

    RIASSUNTO AZIONI
    Comincio a fingere e dimenarmi per fare baccano e attirare chiunque ci sia nei paraggi, mentre ti studio e cerco di comprendere chi sei con i [Sensi Acuti]. Poi mi fermo ed assumo una eventuale posizione di attacco.
    Anfitrione [IV]Daimon della SorteEnergia Rossa
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    Plasmato in numerose battaglie e corti, nelle Ere e nella Storia, Re Anfitrione ha sviluppato una capacità sensoriale acuta, in grado di percepire al meglio la realtà cui si pone dinanzi. Che sia un nemico, una illusione, un ambiente ostico e velato, egli potrà ampliare i propri sensi, soprattuto il sesto, per poter fronteggiare varie situazioni. Potrà percepire/intuire la natura di un cosmo, una parola celata, uno sguardo, delle intenzioni altrui (only gdr).
    Ciò porterà ad avere una maniacale precisione e reattività nei propri colpi e movimenti, incredibilmente degni di un esperto e ingegnoso Re.

    Vera Forma
    Quale potrebbe essere la vera forma di un umano millenario mischiato a prodigiosi e alieni poteri? Un vecchio. Un vecchio decrepito con qualche parvenza innaturale. Questa, è la vera forma di Anfitrione. Di un anziano ricurvo, molto piccolo, alto mezzo metro, sorretto da un bastone nodoso dalle qualità magiche. Carnagione rugosa, tendente all'olivastro con qualche ciuffo di bianchi capelli ai lati del cranio. E le sue orecchie. Diventate oblunge e sottili; sintomo che la natura extraceleste ha inciso sulla sua essenza umana. Per nascondersi ai nemici e ai pericoli in quanto facilmente individuabile, Anfitrione ha mutato la propria personalità, occultandola dietro una innocua figura. Spesso stramba e matta, irosa e gioiosa, vive ciò che deve isolato in una capanna di un mondo sconosciuto, potendo di nuovo manifestare il proprio animo umano. Ma non lasciatevi ingannare: la sua agilità è formidabile e la sua saggezza si manifesta all'improvviso.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:40
     
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    Korin Agente della GRADO ♦ Energia Rossa

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    - Chapter II -



    Nessun tipo di addestramento avrebbe mai potuto prepararlo a quello. L’essere svegliatosi di soprassalto aveva iniziato a frignare disperato come un bambino, picchiando la gabbia con il bastone, debole, come il vecchio che diceva di essere. La traccia cosmica che aveva avvertito e che lo aveva condotto fino a lui scivolava via dalle sue mani come sabbia, eppure era certo, certo che quel vecchio… rospo… fosse la creatura che lo emetteva. Ma non poteva esserlo. Quell’essere sembrava solo un patetico vecchio elfo nano finito per malasorte nella tagliola dell’orso.

    Korin era confuso a dir poco, scioccato con un solo pensiero nella testa “e mo’?” Cosa doveva fare con lui? Doveva credergli? No, diamine, quell’essere non era di questo pianeta e di certo non era un vecchio come lo avrebbe potuto intendere un umano. La sua fisionomia era troppo diversa, le orecchie, il colorito poi! Nemmeno un umano corrotto avrebbe avuto quell’aspetto. Doveva essere un alieno, un Gea raffigurante la sua affiliazione, un daimon. Non sarebbe stato il primo essere interdimensionale che lo prendeva per il culo e di certo non amava ripetere l’esperienza avuta con il nero che asseriva di essere umano.

    Però, se fosse stato vero? Se fosse stato davvero un anziano saggio che meditava sotto un’invisibile cascata in attesa del momento? La sua cultura gli imponeva di portargli rispetto, di obbedire ad ogni suo volere.
    Doveva quindi sciogliere la gabbia di ghiaccio e lasciarlo libero? Era legato a quei dettami nei confronti di un anziano di un'altra dimensione?

    Movimenti repentini, ma confusi cercavano di calmare l’essere: mani in avanti bene in vista cercavano di fargli capire che non lo avrebbe toccato, ma un dito sulla bocca chiedeva di tacere. « Ti prego, basta, smettila. Silenzio. Attirerai la corruzione! » Non si era mai considerato bravo coi bambini. Non ne aveva mai avuti da accudire, ma sapeva di qualche suo vecchio compagno di scuola con fratellini più piccoli. Aveva visto al parco delle mamme cercare di calmare la propria prole che disturbava la quiete pubblica perché affamata. Ma lui, in prima persona, non aveva mai avuto questo problema. Non sapeva come fare, come comportarsi di fronte a quel bambino verdognolo e rugoso.

    L’esempio più recente di quel tipo di comportamento… era lui stesso dieci anni prima. Ma lui era un ragazzino appena dodicenne strappato alla sua casa, con un mondo affetto da mostri che si ritrovava catapultato in una base militare, privato di ogni affetto e a stretto contatto con il suo peggior incubo. Era spaesato, perso, abbandonato a se’ stesso. Non capiva.
    E tutto ciò che riceveva invece di risposte, invece di rivedere la sua mamma che era stata portata via, era Lui. Era la Sua asfissiante presenza che lo faceva tacere a sberle o che gli dava un vero motivo per cui piangere. Non il migliore degli educatori. L’ultimo dei genitori. Un esempio da evitare.

    Il vero quesito era: voleva prenderle da lui una volta che, libero, si sarebbe rivelato una potenza inarrestabile o voleva prenderle dai suoi antenati per la cattivissima condotta? Nessuna delle due in realtà. Se fosse stato una belva esageratamente potente poteva liberarsi da solo. Se lottava così come una trota fuor d’acqua magari era davvero inerme. Non si fidava troppo dell’essere, ma con quel bastoncino nodoso non sembrava poi troppo pericoloso, una mosca noiosa al massimo.

    Cosa avrebbe fatto Highball? Lui sì che avrebbe avuto la risposta ai quesisti che lo tormentavano, lui avrebbe saputo cosa fare tempo zero. Gli mancava la sua guida. Lui si che era stato una figura paterna.
    Poteva… Poteva seguire l’esempio del Suo vero Vecchio, l’esempio contrario ovviamente, e provare a patteggiare:
    « A-Ascoltami. Io sono Korin. Sono un umano. Sono il saint di triangolo boreale. Protettore dell’umanità.» Parlava lentamente, a bassa voce cercando di far tacere l’altro solo perché gridando non avrebbe sentito le sue parole. « Non ho mai visto creature come te. Cosa sei tu? Sei figlio di Madre Terra? Sei un angelo? Un demone? » Si sentiva un ritardato a parlare così però che altro poteva fare? « Se ti libero mi farai del male? »



    Statistiche

    Stato Fisico: Perfetto

    Stato Mentale: *rumore modem a 56 k*

    Stato Armatura: [V] Intatta e Indossata.

    Riassunto: e mo’?



     
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    III - the game begins

    Il trambusto non stava dando i suoi frutti. O almeno è quello che pensò a primo sguardo. Invece, senza volerlo, aveva suscitato qualcosa nel cavaliere giunto.

    Vide iniziare strani processi nel ragazzo, processi cognitivi dei suoi pensieri che presero a fluttuare. Spaesando.
    Cosa c'era che lo stava crucciando? Anfitrione cercò di penetrare di più in quel flusso percepito. Incuriosito.
    Continuò a premere, ma il potere del Tempo non glielo permise. Non poteva ancora vedere cosa si celasse nel passato, rivedere la vita o momenti salienti di chi aveva davanti. Eppure aveva percepito che stesse ricordando qualcosa di fastidioso.

    Mmmh

    Bofonchiò tra sé. Avrebbe voluto sapere, mentre ascoltava con tutti i suoi sensi. Così si fermò.
    Riprese una posizione eretta, riponendo entrambe le mani sul bastone che tornò saldo sul terreno dinanzi a sé, e vi si poggiò. Infine corrucciò le rughe ed assunse una espressione seria, come in meditazione.

    Yoda-a

    Il ragazzo somigliava tanto a lui da giovane:
    prestante, serio e forse timoroso di sentirsi in sbaglio. Figlio di una educazione dura. O di un macigno ben più grande: l'autocritica. Spietata e senza paletti. Che strugge e distrugge l'anima del portatore per tanto tempo.
    Egli lo sappe bene quando morì suo zio Elettrione.
    Era un peso indicibile.

    Si chiamava Korin. Era come aveva percepito un combattente di atena - forse lì in esplorazione per la corruzione - e si nominò protettore dell'umanità.
    Il piccolo daimon fece una smorfia a quelle parole: non gli piaceva affatto Atena. Tutti gli olimpici, anche solo sentirli, lo innervosivano.
    Fantocci che avevano soltanto peggiorato il mondo con le loro manie di distruzione, che non reali problemi. Non smettendo di inculcare credi agli umani dopo gli inganni perpetuati. Ripudiava tutte le fazioni esistenti in gioco, dagli Spectre ai Titani - tranne ovviamente Gea l'antica - senza dimenticarsi degli umani.
    Ripudiava con fermezza le caste dei minori e coloro che li seguitavano. Manipolando con le loro idee, le loro prepotenze. Non accorgendosi di essere soltanto un granello in qualcosa di molto più vasto e non portando il rispetto a tutto ciò che gli circondava, fin dal principio. Imponendo la propria visione di vedere, di lotta, di salvezza. Uccidendo, distruggendo, usurpando. Poteva dire che per lui volevano solo comandare. E tutto ciò lo detestava.
    Eppure, rimaneva dalla parte della razza umana. Di tutti gli uomini. Della loro sopravvivenza, della loro voglia di vivere. Apprezzava la resilienza che gli accompagnava, conferendogli una capacità al di fuori di ogni altra cosa. Come successe anche a lui quando fu umano. Facevano ormai tutti parte di un equilibrio, come gli abitanti del cosmo e dell'universo, che non sarebbe scomparso. Di questo ne era certo.
    Ironicamente, ciò lo faceva sentire più vicino ai neri di quanto credesse. Solamente, che quelli erano folli e senza controllo.

    Più continuava a guardare Korin, più come uomo non gli dava l'impressione di un pericolo. Gli sembrò un tipo a posto, sopratutto quando cercò di farlo tacere approcciandolo con delicatezza come si fa con i bambini. Anzi. Da come si stava ponendo e comportando non sembrava nemmeno tanto sciocco.

    Ma era ormai troppo tardi.
    Il vecchio lo aveva guardato dritto negli occhi, scostando il bastone. Sospirando, facendo diventare la sua voce molto baritona e profonda. Da antico saggio per rispondere alla domanda che era giunta.
    Non avrebbe voluto in verità, ma lo doveva alla sincerità del giovane uomo.
    Perché il suo nome, dopo il mito, era divenuto un gergo usato nel mondo per conferire ospitalità al prossimo, gentilezza verso i commensali - come realmente fu lui.
    E anche per questo egli non poteva essere scortese. Perché non lo era mai stato.

    Io sono Anfitrione, e non sono più di questo mondo. Disse.
    Io Servo solo ciò che deve essere aiutato.
    La signora che detiene i fili del destino lo decide, e lei aiuta me. Nel giusto.


    Poi lo guardò dispiaciuto, sembrando di rimurginare in sé.

    Sei un buono giovane. Percepisco tante cose.
    E ricordi tanto me. La sorte non merita di ingannarti, adesso. Sei sincero con i tuoi piccoli gesti.

    Ma hai cominciato tu...


    Poi abbassò lo sguardo, guardando i suoi piccoli piedi che poggiavano sul tetto di paglia del mulino. Sarebbe stato facilmente distruttibile pensò, voleva scappare da sotto la gabbia che lo imprigionava, sprofondare nella struttura ed avere un vantaggio strategico di scontro.
    Perché era fuori discussione che avrebbe accettato la condizione del giovane cavaliere. Aveva dei piani da assolvere. E degli ordini.

    Mi dispiace ragazzo.

    Senza aspettare oltre, Anfitrione avvampò il cosmo e creò due sfere cosmiche nelle mani. Con energia lanciò la prima contro Korin, in direzione del suo petto. Per colpirlo sull'armatura e cercare di distrarlo. Mentre la seconda la lanciò a i suoi piedi, per distruggere il terreno e liberarsi dalla gabbia che lo circondava.
    Così facendo avrebbe avuto la possibilità di cadere dentro il mulino, sprofondare nell'oscurità e scomparire alla vista del suo opponente.

    Una scelta sciocca senza dubbio, cominciare uno scontro dove vi era una così fragile quiete. Ma doveva sapere dove fosse la corruzione lì, in quel luogo, anche al costo di doversi imporre e sradicare l'intera isola con la propria forza.

    SPOILER (click to view)
    FISICO Indenne dall'offensiva portata. Adesso pieno di energia.
    MENTE Concentrato con i sensi acuti, in meditazione. Poi diventa dispiaciuto per la scelta fatta.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Non Indossata [VeraForma] - Intatta

    RIASSUNTO AZIONI
    Ascolto con i [Sensi Acuti] e percepisco qualcosa che ti cruccia. Ma non capisco cosa esattamente. Successivamente decido di attaccarti, lancio due sfere cosmiche quasi contemporaneamente. Una verso di te per colpirti dritto in petto, l'altra ai miei piedi per distruggere il tetto di paglia, liberarmi dalla gabbia e avere un eventuale vantaggio strategico del luogo di scontro. Se riesco a distruggere il terreno comincio a cadere dentro la costruzione.
    Anfitrione [IV]Daimon della SorteEnergia Rossa
    ABILITÀ E TECNICHE
    Ingegno di Anfitrione [Sensi Acuti]
    Plasmato in numerose battaglie e corti, nelle Ere e nella Storia, Re Anfitrione ha sviluppato una capacità sensoriale acuta, in grado di percepire al meglio la realtà cui si pone dinanzi. Che sia un nemico, una illusione, un ambiente ostico e velato, egli potrà ampliare i propri sensi, soprattuto il sesto, per poter fronteggiare varie situazioni. Potrà percepire/intuire la natura di un cosmo, una parola celata, uno sguardo, delle intenzioni altrui (only gdr).
    Ciò porterà ad avere una maniacale precisione e reattività nei propri colpi e movimenti, incredibilmente degni di un esperto e ingegnoso Re.

    Vera Forma
    Quale potrebbe essere la vera forma di un umano millenario mischiato a prodigiosi e alieni poteri? Un vecchio. Un vecchio decrepito con qualche parvenza innaturale. Questa, è la vera forma di Anfitrione. Di un anziano ricurvo, molto piccolo, alto mezzo metro, sorretto da un bastone nodoso dalle qualità magiche. Carnagione rugosa, tendente all'olivastro con qualche ciuffo di bianchi capelli ai lati del cranio. E le sue orecchie. Diventate oblunge e sottili; sintomo che la natura extraceleste ha inciso sulla sua essenza umana. Per nascondersi ai nemici e ai pericoli in quanto facilmente individuabile, Anfitrione ha mutato la propria personalità, occultandola dietro una innocua figura. Spesso stramba e matta, irosa e gioiosa, vive ciò che deve isolato in una capanna di un mondo sconosciuto, potendo di nuovo manifestare il proprio animo umano. Ma non lasciatevi ingannare: la sua agilità è formidabile e la sua saggezza si manifesta all'improvviso.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:40
     
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    - Chapter III -



    Quel tipo era strano. Il modo in cui l’aveva trovato seduto sul tetto di un mulino, tra tutte le costruzioni, come se nulla fosse, il suo stringere un bastone nodoso a sé come se questo fosse un artefatto prezioso, il suo aspetto, le sue parole… Tutto faceva pensare che non fosse di questo mondo. Più lo guardava meno pensava all'eletto del rospo e più salivano di quotazione le scommesse tra Daimon e Specter. Perché però uno spettro, un mietitore di anime, si trovava su un’isola deserta? O l’isola non era deserta come la sua ricognizione aveva mostrato. No, quello non poteva essere un seguace della morte, il che dava molto più potere all'ipotesi sul suo essere un angelo. Ma che ci faceva così solitario un crea problemi pennuto? Cosa stava architettando nella sua posa? Se fosse stato un Daimon però, doveva essere un asceso. Il suo modo di esprimersi era troppo umano, ben diverso dalla litania cacofonica del suo primo terribile incontro. Era possibile, aveva letto, che gli umani venissero scelti dai sommi Daimon perché eroi o rappresentati terreni di specifiche virtù e questi andavano a riempire le fila di cinque specifici gruppi di pennuti di cui il più pericoloso era rappresentato dai cosiddetti Caduti, seguaci di Erebo nella lotta contro Phanes. A quale gerarchia angelica apparteneva lo Yoda che si trovava davanti? Era un angelo accettabile? Poteva lasciarlo andare? O forse era meglio chiamare i rinforzi della sua vera affiliazione e farlo rinchiudere da qualche parte?

    Le sue congetture alla fine si rivelarono corrette, o meglio, così diceva quel tipo che sosteneva di essere Anfitrione. Era un nome particolare, doveva averlo già letto da qualche parte di sfuggita, forse un eroe greco di millenni prima. Quel “non sono più di questo mondo” però lo lasciò interdetto. Alman non era più del loro mondo. Il Fondatore era un umano che era sfuggito al tempo rendendosi immortale, intrappolato in una forma cosmica con la quale poteva comunicare con i viventi senza poter agire sugli eventi che circondavano il multiverso a cui apparteneva. Per un attimo pensò proprio al Fondatore e suo maestro, anche perché le sacre vestigia che gli appartenevano ora calzavano sul suo corpo, pesanti, come le responsabilità che aveva accettato.
    Ma il ranucolo verde non era Alman. Non era intangibile, non era solo cosmo. Era lì, reale, intrappolato nella sua gabbia di ghiaccio… O almeno lo era stato.

    In un attimo sentì il cosmo di lui accendersi vasto, ma non tanto più del proprio a piena potenza, e vide una sfera di cosmo partire dalla sua piccola mano raggrinzita. Estese il proprio cosmo creando dinnanzi a sé un sigillo a foggia di scudo medievale, un costrutto curvo che potesse assorbire il danno di quella sfera cosmica. L’impatto tra i due lo spedì all'indietro di qualche passo, ma era una botta, nulla di più grazie alla maggiore resistenza delle sue nuove vestigia, riforgiate dopo lo scontro con il fratello nero di quello stupido essere verde. Sono un umano, diceva anche lui, usando energie che ben poco si sposavano con le stelle del cielo o quelle marine. Una stella alchemica al massimo, creata artificialmente da chissà quale intruglio dei cavalieri neri. Se quel tipo fosse stato davvero umano, allora non poteva che essere di quella stirpe di traditori delle stelle.

    Osservò l’attacco del Daimon mentre veniva smantellato e fagocitato dalle linee blu del sigillo, quasi gli stesse dando forza. Si era crepato, e parte del potere era trasalita oltre, ma lo scudo era ancora usabile contro un altro possibile attacco. Uno che non arrivò a lui.
    Il rospo optò piuttosto per liberarsi e sparire dentro la costruzione che aveva preso come sedia. Terribile sbaglio da parte sua: allungò la mano toccando prima il sigillo scudo e poi le pareti del mulino e si fece tramite dell’energia stellare lasciando che questa lo attraversasse, quindi viaggiasse nella sua spalla nel braccio e infine nella mano diramandosi da essa come fa l’acqua a contatto con qualcosa di freddo. Lo scudo si riparò appiattendosi sulla superficie dei muri e disegnando intricate ragnatele tutto attorno alla struttura. Korin si sarebbe poi spostato fino a trovare la porta di entrata del mulino e avrebbe sostato davanti ad essa. Se il Daimon fosse uscito da lì lo avrebbe visto, così come lo avrebbe adocchiato se fosse saltato oltre il tetto, se invece avesse provato a rompere i muri lo avrebbe sentito tramite il cosmo. Era in trappola, una più grossa di prima, ma sempre in trappola voleva tenerlo. Contenere, diceva la seconda parola chiave della Fondazione. Mettere in sicurezza diceva la prima e farlo per l’isola e il mondo intero dalla stirpe di pennuti era mandatorio.

    Così come aveva infranto la sua prima prigione però il Daimon avrebbe tranquillamente potuto abbattere anche quella nuova e scappare. Era stato buono con lui, comprensivo. Gli aveva dato il beneficio del dubbio e aveva anche intenzione di mantenere la sua parola e liberarlo lui stesso, ma no, aveva dovuto fare di testa sua dimostrando ancora una volta a Korin il motivo per cui odiava quelli come lui. Insensibili bastardi alati. Saranno stati anche gli ordinatori dell’universo, ma erano divinità – termine improprio – che giocavano con le vite degli umani anche peggio degli dei. Gli dei almeno si limitavano a guidare gli umani, di più come Poseidone o di meno come Atena, ma gli angeli giocavano con le loro vite nemmeno fossero pupazzi da strapazzare e di cui stancarsi cinque minuti dopo, una volta finita la novità. Almeno per gli dei erano pezzi su una scacchiera, pedine importanti per questo o l’altro scopo.
    Mi dispiace aveva detto. Pff. I Daimon non si dispiacevano di niente. Li voleva morti. Li voleva tutti in catene, sigillati e dimenticati.

    Il problema di mettere qualcuno ai ferri, era tenercelo. C’erano creature fatte per la gabbia, come lui stesso e altre che avrebbero lottato con le unghie e con i denti per lasciarla, come quel Daimon. Cosa si faceva in quei casi? Li si sfiniva. Li si drenava di tutto il cosmo possibile lasciandoli stanchi e inermi, incapacitati a fare alcunché. Gli avrebbe fatto pentire di non essere rimasto umano a quel tale Anfitrione o gli avrebbe fatto rimpiangere di essere uscito dal loro mondo celeste. Avrebbe lanciato i suoi poteri in aria condensando una nube nera al posto del vecchio tetto e da questa avrebbe fatto piovere chicchi di grandine e sigilli. Li avrebbe controllati in modo che cadessero dritti senza intaccare lui stesso le pareti della gabbia creata, lasciando un mezzo centimetro dal bordo di spazio salvo, abbastanza da non ferire i muri, ma potenzialmente non sufficiente per nascondersi. Non sapeva com'era l’interno, se ci fossero più piani o qualcosa sotto, ma non importava. Lui voleva ferire il Daimon il più possibile e avrebbe fatto esplodere qualunque cosa si mettesse tra lui e il suo verde obiettivo. Perché lui apparteneva alla Fondazione e ai cavalieri di Atena. Era lì per proteggere l’umanità da qualunque cosa, inclusi piccoli esseri verdi dall’aspetto di vecchi raggrinziti.


    Statistiche

    Stato Fisico: Piccola botta.

    Stato Mentale: Angry

    Stato Armatura: [V] Intatta e Indossata.

    Riassunto: Assorbo il tuo colpo con il mio sigillo (ricordo essendo di durezza straordinaria è più difficile da spaccare) e poi te lo spiaccico rinforzato addosso alle pareti esterne del mulino creando una rete che rinforzi le mura e mi avvisi se le rompi. Come attacco vero e proprio uso la mia tecnica 宇宙的觉醒 (vedi sotto) in modo da “tappare” il mulino che hai distrutto.

    宇宙的觉醒 (Yǔzhòu de juéxǐng) – ghiaccio + sigilli
    La forza dei cavalieri di Athena proviene dalle costellazioni, ma anche quelle che l’uomo ha dimenticato donano loro energia. Di questa forza si nutre il custode di Thule per il suo colpo. Il mondo si fa scenicamente buio attorno al custode e al suo avversario, l’unica luce essendo il cosmo dei guerrieri. Il cosmo del custode si diffonde lungo la cupola di oscurità bucandola e formando tantissimi puntini luminosi. Questi condividono fra loro la loro luce unendosi in piccole geometrie formando disegni di costellazioni estinte. Queste finte stelle iniziano quindi a piangere grandine che impattano contro tutta l’area dello scontro e causano danni da impatto e in maniera minore congelanti.
    Con sigilli le stelle piangono si cristalli di ghiaccio, ma avvolti in una rete sigillante che fa in modo che i chicchi esplodano al contatto liberando la loro devastante energia condensata.




     
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    IV - chains of greatness

    Così scese a picco, fendendo l'aria. Risucchiato nella cavità.
    I suoi minuscoli piedi toccarono presto il terreno, ritrovandosi all'interno del mulino. Nel buio.

    L'edificio dentro era strutturalmente fatto di legno. Era provvisto di un solo piano rialzato, collegato a delle scale che portavano in cima ad una finestrella ed a una macina. Egli era atterrato proprio qui, in mezzo a tozze casse e cumuli di grano raccolto.
    Il colpo che aveva portato poc'anzi non avrebbe dovuto suscitare grossi danni al cavaliere di Atena; difatti era stato pensato per creare un diversivo afffinché riuscisse a scappare. Quindi era sicuro che il ragazzo fosse solo più che arrabbiato lì fuori.

    Appena guardatosi intorno, il vecchio si lanciò dal piano per ricadere a terra, poco più giù, dove vi era l'entrata antistante uno spiazzo vuoto. Così da acquisire spazio e decidere il da farsi. Ma sentì subito accadere qualcosa. Il suo opponente si era mosso, adoperando qualche tipo di strategia intorno a lui.
    Sentì cosmo ed energia dipanarsi tutti intorno nell'area, nel mulino stesso, come se stesse affondando le proprie radici nel terreno; ma non vide cosa stesse facendo. Lo sentì tremare allarmato per poi affievolirsi. Nel nulla.

    Doveva uscire. Il suo piano doveva iniziare:
    Colpire dove meno se lo aspettava, sbucare all'improvviso come un predatore. Ma non poteva in quelle condizioni, aveva bisogno prima di qualcosa. E quindi decise.

    Cominciò a degrignare i denti, ad espandere il cosmo dorato facendolo accadere.
    La polvere cominciò ad alzarsi. L'aria a fremere. Boati a ripercuotersi nella terra, indelebilmente giungendo nel fato.
    Voci incomprensibili, quasi sussurrate, cominciarono a volteggiare tutt'intorno la sua figura fino a cozzare sulle pareti con tonfi sordi. E man mano che continuavano, crescendo sempre più, diventavano delle onde incontrastabili, paralizzanti, suscitando timore.

    Amphtytrion Amphytrion Amphytrion

    Voci di uomini, di fratelli.

    Amphytrion Amphytrion
    Di eserciti, di soldati che nella sconfitta pregavano il proprio generale prima della caduta.

    Amphytrion Amphytrion
    Lui che non si arrese mai. Anfitrione. Eroe Perseide del mito.

    I muscoli si tesero. I tendini si contrassero diventando sempre più visibili mentre il suo corpo, piegato, cominciava a mutare. Il suo saio si straccio. La pelle si spezzò con enormi crepe d'oro che eruppero in luci sfocate e nubi grigiastre. Nel guerriero, dominante, dall'armatura e l'elmo scintillante di riflessi.
    L'antico uomo. Il re che combattè eserciti, bestie e fato. Apparendo come un'anatema, una malattia non debellata del tutto. Una maledizione.

    Completata la trasformazione, fece svolazzare immediatamente il mantello scarlatto, che fulgidamente lo accompagnò posizionandosi terra. Ciò fu dovuto alla neve che vide scendere. Ghiaccio portatore di sventura che, appena cadde proveniente dall'alto, esplose in milioni di colori non percettibili.
    Già piegato portò l'avambraccio sopra di sé, disegnando una cupola elissoidale di energia cosmica per proteggerlo da quella pioggia torrenziale. Perché il nemico lo stava attaccando.
    Prima di riuscirci però, dei colpi penetrarono esplodendo sulla spalla destra, ferendolo e provocandogli lieve congelamento. Ma resistette, anche grazie all'armatura.

    Stette in quella posizione con il corpo teso, resistendo a quella grandine cosmica che pioveva letale senza scampo. L'avversario aveva in qualche modo fatto piovere cosmo da quel buco apertosi sul tetto, indondando l'intero mulino di esplosioni e ghiaccio.
    Fu così preciso che le pareti non furono nemmeno toccate, mentre tutto ciò che si trovò all'interno fu sotto una pioggia maledetta. Distruggendosi irremediabilmente.

    Pioggia di ghiaccio e cosmo. Esplosioni, portate fitte come nugoli di frecce. Poi silenzio.
    Quando finì, l'aria divenne quasi gelida permettendo ad Anfitrione di condensare il fiato.

    Non si aspettava un simile mossa. Era stato astuto l'Ateniese, ma ora toccava a lui.
    Muovendo il braccio - che gli diede fastidio per la ferita - si rialzò con un gesto secco, facendo scomparire lo scudo ormai non più utilizzabile da sopra il capo. Si posizionò saldo dinanzi la parete principale - dove era situata l'entrata - esplodendo la sua energia cosmica.
    Emettendo suoni gutturali come una bestia, fece esplodere tutto il suo potere violentemente. Il vecchio guerriero non poteva indugiare, lo scontro era iniziato. La pugna per chi sarebbe stato più forte avrebbe messo a tacere le ostilità.

    Cosicché creò una enorme galassia cosmica dìnanzi le sue mani, spezzandola in tre parti e lanciandola in tre direzioni diverse. La prima lanciata contro il muro dell'entrata, la seconda dietro di sé - al muro opposto - e l'ultima un poco più su, sopra l'entrata, verso il perno delle pale che davano all'esterno.
    Per far esplodere le pareti in tre varchi differenti, con l'intento di non far capire da che parte egli sarebbe uscito.
    E in più provocare la rottura delle pale esterne, provando a danneggiarle e staccarle.

    Le esplosioni - se accadute - sarebbero state rallentate con il potere del Tempo, creando quasi una stasi dei suoi detriti che sarebbero volati in ogni dove, e la sabbia e la polvere che sarebbe stata alzata, sarebbe rimasta come un muro a celare e cercare di non far capire cosa ci fosse o potesse attraversarlo.

    Infine il guerriero balzò in aria volando con il suo rudimentale potere da Daimon, e si diresse verso il soffito per poter fuoriuscire come un proiettile.
    Affinché avesse poi avuto completa visione del campo di battaglia e attaccare.

    Prepararò altra energia cosmica nele mani. Lance arrivavano.
    Mancava poco.

    SPOILER (click to view)
    FISICO Ferita alla spalla destra, in forma di umano.
    MENTE Divenuto concentrato.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Indossata [No VeraForma] - Intatta

    RIASSUNTO AZIONI
    Cadendo all'interno mi trasformo nella forma da Guerriero. Appena finito arriva la pioggia di ghiaccio e mi proteggo con una cupola fatta di cosmo [DIF], ma vengo ferito alla spalla. Successivamente lancio tre colpi cosmici da dentro la costruzione in direzione: della parete dove è situata l'entrata, la parete posteriore del mulino e l'ultima verso il perno interno che regge le pale esterne del mulino. Le esplosioni sono poi rallentate con detriti e sabbia spinte molto lentamente (quasi in stasi) per permanere e offuscare l'interno o cosa ne può uscire.
    Infine mi lancio verso il buco del soffito provando ad uscire.
    Anfitrione [IV]Daimon della SorteEnergia Rossa
    ABILITÀ E TECNICHE
    Tempo
    Organizza la mobile continuità di stati in cui s'identificano le vicende umane e naturali, ricollegandola a un'idea di successione e di evoluzione: il fluire, il passare, lo scorrere, l'andare, il variare d'affetti e di pensieri.
    Anfitrione potrà velocizzare, rallentare o spingere alla stasi selettivamente un essere vivente nelle sue azioni (ne consegue quindi processi biologici inclusi pensieri/stati mentali e spirituali) oggetti fisici e azioni personali.
    Potrà manipolare materia ed energia all'interno del proprio raggio di azione, provenienti sia da un attacco che presenti gia nell'area circostante (flussi d'acqua, elettricità, incendi ecc.). Inoltre ciò che verrà toccato da questo potere, se facente parte dall'ambiente, verrà considerato come costrutto cosmico di pari livello.
    La concentrazione per attuarla sarà necessaria, ma sempre meno dispendiosa di abilità provacanti medesimi effetti o abilità quali telecinesi; mentre la sua efficacia su altrui varrà sempre dalla differenza di livello energetico.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:40
     
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    Korin Agente della GRADO ♦ Energia Rossa

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    - Chapter IV -



    Per un attimo ci fu calma, come se il solo bombardare il nemico di ghiaccio e sigilli fosse bastato per metterlo al tappeto. Sarebbe stato bello aver già vinto, forse fin troppo per essere vero. Era stato troppo facile abbattere quella bestia: non era niente in confronto al terribile mostro che lo aveva reso così aggressivo nei confronti della specie. Il gigante di Yaroslavl li avrebbe potuti sterminare tutti con facilità e ogni attacco sembrava uno stuzzicadenti contro la sua pelle. Era inquietante come potesse ignorare con tanta facilità i colpi dei blaster. Ma lui, il rospo verde, era tranquillo. Fin troppo tranquillo. Ebbe la sensazione di avanzare, spalancare la porta e buttare un occhio dentro per vedere le condizioni del suo avversario, ma no, non ancora. Era stato fin troppo facile liberarsi di lui.

    Il che voleva dire che non si era liberato davvero di lui. Aveva solo colpito lui o le sue difese, forse il nulla se aveva poteri dimensionali o la stessa comunione con le ombre con la quale si era presentato il suo fratellone. Sentiva ancora il suo cosmo bruciare quindi era ancora lì vicino forse in attesa proprio del suo passo verso la porta, o semplicemente stava caricando un qualche devastante colpo.

    Ed infatti è quello che successe. In rapidissima sequenza avvertì i suoi sigilli urlare di dolore mentre l’energia del Daimon li spezzava con forza brutale oltrepassando come burro la struttura del mulino e facendola implodere in precisi punti. La ragnatela di codici si sciolse spezzandosi in più frammenti più o meno grandi di muro, dissolvendosi in mancanza del codice che li teneva uniti.
    Korin avrebbe saltato all’indietro di qualche metro, ma fu l’energia residua del cosmo altrui a trascinarlo più lontano dalla struttura parzialmente collassante, in un certo senso facendogli il favore di aiutarlo a scappare dai calcinacci cadenti. O forse no.

    Si aspettava un tempesta di polvere, paglia e legno, ma questa restò sospesa in aria come avesse perso peso istantaneamente o come se la gravità stesse fallendo nello schiacciare quel materiale al suolo. No, non la gravità, il tempo. Il tempo era estremamente rallentato in quel luogo. Il cosmo del daimon avvolgeva i detriti che con il loro posizionamento mascheravano le possibili uscite che si era creato. Una scelta molto intelligente da parte dell’angelo, ma non sarebbe stato abbastanza per svignarsela da sotto il suo naso. Non se lo sarebbe fatto sfuggire così. Si piegò più vicino al terreno e appoggiò una mano su di esso immettendo nel suolo il suo potere glaciale avrebbe cercato di congelare uno strato di terreno di circa un metro di diametro sotto di sé, quindi vi avrebbe sovrapposto un altro strato e un altro e un altro ancora lasciando che sotto si se si creasse un pilastro sempre più alto che lo elevasse poco più alto del mulino ora privo del tetto. Da quel punto poteva vedere oltre ogni foschia, sarebbe stato facile trovare il suo sfuggente amico.

    Un flash. Un déjà vu, un dejà fait. Quella occasione era già successa tra un Daimon e un umano. L’incontro col nero, con l’angelo che si diceva umano. Era proprio lui che lo osservava dall’alto dei suoi poteri mentre l’umano, Korin, cercava inutilmente di scappare dalle sue grinfie. La situazione si stava ripetendo con poteri diversi, a parti invertite. Che strana cosa il tempo.

    Però dal suo punto di vista nel ghiaccio che stava salendo sempre di più, ancora non vedeva nessun rospo minuscolo scappare in campo aperto. Non c’era un essere terrorizzato dal predatore. C’era solo un… soldato antico? Dal tetto saltò fuori un umano vestito con abiti di ere passate. Era la guardia del corpo del rospo? Una sua evocazione? Puzzava della stessa energia dopotutto. « Affrontami senza i tuoi sgherri!» Incitò il rospo ignorando di averlo davanti solo cambiato nella sua forma umanoide originale. Sapeva che i Daimon potevano presentarsi in più forme, lo aveva letto, ma in quel momento non gli passò di mente che le due figure potessero essere la stessa persona. « E tu togliti di mezzo » minacciò lo spartano bruciando ancora il proprio cosmo pronto all’ennesimo attacco. Non avrebbe indugiato. Avrebbe attaccato qualunque nemico gli si sarebbe parato davanti, soprattutto se Daimon. Quello nero lo aveva umiliato abbastanza, lasciando semi di dubbio e domande nella sua mente scavalcata più volte senza il suo consenso. Però la ferita rimaneva aperta e la promessa fattagli più vera che mai: avrebbe difeso l’umanità combattendo contro chiunque. Il Daimon di quel giorno era solo un sacco da boxe per tornare in Vietnam a fermare quello grosso.

    Il suo potere si condensò in una catena di lettere e simboli serpeggiante attorno al suo corpo, quasi fosse una catena del RNA pronta ad essere analizzata e lui il ribosoma a cui era destinata. Il cosmo crebbe attorno alla catena spezzettandola in tanti sigilli più piccoli, frammenti del codice madre autosufficienti e tutti programmati con un solo scopo. Raccolse tutti i filamenti lanciandoli verso il guerriero nemico, quasi come coriandoli con cui condividevano forma e la leggerezza. L’obiettivo era fare in modo che questi arrivassero addosso al nemico, petto, braccia, il posto era indifferente, basta che aderissero al suo corpo. Se fossero giunti all’obiettivo sarebbero entrati in azione influenzando i tessuti sottostanti con lievi scariche cosmiche atte a disturbare il flusso nemico, indebolendolo a tutto tondo. Non era quel guerriero antico il suo obiettivo, quanto più una stupida e fastidiosa distrazione che andava tolta di mezzo.

    I sigilli che lo mancavano o che il soldato evitava, erano inutili ai suoi fini e Korin aveva intenzione di farli esplodere appena avrebbe notato che questi non avessero aderito al corpo altrui. Le esplosioni erano atte ad indebolire ulteriormente il nemico per sbarazzarsene il più velocemente possibile per poi tornare dal vero cancro della realtà.


    Statistiche

    Stato Fisico: Più botte.

    Stato Mentale: Angry

    Stato Armatura: [V] Intatta e Indossata.

    Riassunto: Ho deciso di subire parzialmente la tua distruzione del muro anche se teoricamente non era propriamente un attacco diretto a me, che era già “tankato” dai sigilli esterni. Per il resto mi sollevo su un pilastro di ghiaccio e vedo la tua vera forma credendola un tuo seguace, che attacco per pura stizza. Prima creo diversi sigilli base di vincolo che ti lancio addosso al fine di drenare il tuo cosmo ed indebolirti [AD] quindi faccio esplodere i sigilli che eviti [AF]


     
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    V - Explosion of Dust

    Vento. Fiumi d'aria. Tempesta. Così egli viaggiava nei mondi, accompagnato da eventi che auguravano il suo arrivo. Vestito di coraggio e forza. Vestito di quella sacralità che voleva dire Destino.

    Appena fuoriuscì verso l'esterno, Anfitrione si fermò in aria per qualche secondo. Con sguardo pronto e guardingo, a contrattaccare se l'Ateniese fosse stato ancora lì. Ma non lo vide.

    Scese planando immediatamente, in direzione del tetto e delle pale danneggiate.
    Il loro rallentamento permaneva facendole rimanere salde alla struttura; un colpo ben portato le avrebbe divelte, ed era ciò che aveva predisposto.
    Vide poi, continuando, gli altri due diversivi lanciati. Le esplosioni concatenate che avevano alzato detriti e polvere. Non voleva aspettare, voleva sfruttare il vantaggio strategico che aveva acquisito. L'ingegno lo aveva aiutato fino ad ora con l'esperienza e sensi, pianificando azioni nel presente con un obiettivo chiaro nel futuro.
    C'era in atto una guerra mentale e psicologica, dove anche il conquistare una piccola porzione di terreno avrebbe fatto la differenza. E lui lo sapeva.

    Quando fu ancora in volo, l'Ateniese sbucò da tutto ciò sopra un pilastro di ghiaccio, superando d'altezza la cima del mulino e arrivandogli faccia a faccia. Egli non temeva lo scontro frontale. Lo bramava.

    Lanciò un'offensiva fatta di catene, di blu e cosmo colori, trasformandole poi in lettere e strani simboli. Singolarmante, in direzione di Anfitrione.
    C'era risentimento in costui. Qualcosa che andava ben oltre la scelta, la veemenza con cui si rivolgeva, con cui lo stava guardando. Era turbato e sembrava non riconoscerlo.

    L'antico guerriero non capiva di quale potere potesse essere portatore. Né riconosceva il cavaliere né le sue tecniche; e ciò lo metteva in posizione di svantaggio. Tuttavia poteva sfruttare e manipolare quella energia rivoltagli. Perciò si concentrò nei meandri del suo cosmo, intaccando quel principio di fluire dell'universo di cui era padrone: Il Tempo.
    Cominciò a rallentare i sigilli nella folle corsa verso le sue membra, diminuendo la loro rotazione, la loro accellerazione. E avendo un controllo del volo grezzo, prese anche a cambiare posizione per poter schivare i colpi che giungevan pericolosi. La pioggia di simboli - che il nemico ne aveva evidentemente un gusto particolare - passarono come acqua fluire in un torrente, sfiorandolo nel moto il corpo. Ma quando accadde, questi esplosero liberando - come dapprima - la loro energia cosmica intrinseca.

    Il Daimon se lo aspettava. Non si stava facendo prendere alla sprovvista grazie ai Sensi Acuti, continuando a rallentare anche le esplosioni percepite mentre si allontanava da loro raggio d'azione. Quelle troppo vicine, però, non riuscì a controllarle a pieno, ed esplosero danneggiandolo lievemente dietro la schiena. L'armatura prese una botta, proteggendolo da danni maggiori - in quanto ricopriva egreggiamente tutta la zona - tranne all'altezza dell'anca, dove si aprirono delle ferite sanguinanti.

    Tutto questo accadde parallelamente al giungere sulle pale, capovolto con i piedi in avanti, sospinto dall'onda d'urto.
    Isolando il dolore, ne approfittò per atterrare sul terreno e dare inizio ad una offensiva di sfondamento. Staccò una pala dalla stasi, velocizzandola, per poi lanciarla con forza verso l'Ateniese.
    Lunga 15 metri e permeata dal Tempo, prese a correre verso Korin e il suo pilastro di ghiaccio affinché potesse sbilanciarlo e spezzare il basamento. Provando a farlo cadere da quell'altezza. In concomitanza con l'altro braccio, creò un paio colpi cosmici a forma di saetta, che scagliò anch'essi verso il cavaliere in direzione di zone specifiche: il volto, l'addome e le braccia. Nonostante le ferite e il poco tempo, la precisione sarebbe stata data dal suo Ingegno intrinseco.

    Mentre osservava quest'ultimo partire, infine, continuò a far fluire il Tempo usato poc'anzi, concentrandosi e cercando di rallentare la sua gamba destra. Per provocare ancora più difficoltà in un eventuale movimento che sarebbe avvenuto.

    Malgrado tutto rimase un poco stordito, e la spalla ferita continuò a sanguinare. Correndo lungo tutto il braccio. Insieme all'anca. Erano utilizzabili pienamente ma il sangue bruciava all'aria aperta.
    Nel dolore del suo uso, sgorgando.

    E non gli piacque.

    SPOILER (click to view)
    FISICO Ferita alla spalla destra e dietro la schiena.
    MENTE Concentrato nella strategia, ma stordito per la botta presa.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Indossata [Forma Umana] - Ha preso una bella botta.

    RIASSUNTO AZIONI
    Arrivo planando verso le pale precedentemente danneggiate dall'interno. Il colpo mi arriva in aria e sfrutto l'abilità Tempo per rallentarne il moto e schivarle con il volo. Quelle troppo vicine non riesco a controllarle ed esplodono ferendomi dietro l'anca. Poi arrivo sulle pale del mulino, ne stacco una lanciandotela addosso per rompere il piedistallo e farti cadere. Essendo toccata dal Tempo la sua resistenza è pari ad un Costrutto di Energia Rossa [AD]. A questa, con l'altro braccio, lancio una manciata di colpi cosmici a forma di saetta per colpirti direttamente al volto, addome e braccia. Insieme cerco di rallentare selettivamente la tua gamba destra con il Tempo, creandoti difficoltà eventualmente a muoverti [AF + Div].
    Anfitrione [x] ✦ Daimon della SorteEnergia Rossa
    ABILITÀ E TECNICHE
    Ingegno di Anfitrione [Sensi Acuti]
    Plasmato in numerose battaglie e corti, nelle Ere e nella Storia, Re Anfitrione ha sviluppato una capacità sensoriale acuta, in grado di percepire al meglio la realtà cui si pone dinanzi. Che sia un nemico, una illusione, un ambiente ostico e velato, egli potrà ampliare i propri sensi, soprattuto il sesto, per poter fronteggiare varie situazioni. Potrà percepire/intuire la natura di un cosmo, una parola celata, uno sguardo, delle intenzioni altrui (only gdr).
    Ciò porterà ad avere una maniacale precisione e reattività nei propri colpi e movimenti, incredibilmente degni di un esperto e ingegnoso Re.

    Tempo
    Organizza la mobile continuità di stati in cui s'identificano le vicende umane e naturali, ricollegandola a un'idea di successione e di evoluzione: il fluire, il passare, lo scorrere, l'andare, il variare d'affetti e di pensieri.
    Anfitrione potrà velocizzare, rallentare o spingere alla stasi selettivamente un essere vivente nelle sue azioni (ne consegue quindi processi biologici inclusi pensieri/stati mentali e spirituali) oggetti fisici e azioni personali.
    Potrà manipolare materia ed energia all'interno del proprio raggio di azione, provenienti sia da un attacco che presenti gia nell'area circostante (flussi d'acqua, elettricità, incendi ecc.). Inoltre ciò che verrà toccato da questo potere, se facente parte dall'ambiente, verrà considerato come costrutto cosmico di pari livello.
    La concentrazione per attuarla sarà necessaria, ma sempre meno dispendiosa di abilità provacanti medesimi effetti o abilità quali telecinesi; mentre la sua efficacia su altrui varrà sempre dalla differenza di livello energetico.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:40
     
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    - Chapter V -



    Certo che quel tipo era veloce. No, non veloce. Riusciva ancora a seguirne i movimenti, erano gli attacchi che gli aveva lanciato contro che si erano fatti più fiacchi. Le scie azzurre si muovevano a rallentatore, le esplosioni erano un tripudio di slow motion di cui Michael Bay poteva andare fiero.
    Tempo. Aveva già osservato quell’insidioso potere abbracciare i detriti del mulino che ancora precipitavano con estrema lentezza verso il suolo e ora il Daimon manifestava tutto il suo spaventoso potere andando ad agire direttamente sul cosmo altrui, quasi del tutto vanificando la potenza che potevano avere i sigilli. Aveva schivato la catena che avrebbe dovuto limitarne il potere, ma non era riuscito a scappare alle troppe esplosioni alle sue spalle, ma anzi fuggendo a diverse catene aveva provocato più botti che alla lunga lo sopraffarono. Il tempo non risparmiava nessuno. Poteva anche saperlo manipolare, ma doveva comunque scegliere tra il creare una timeline piuttosto che un'altra. Quindi un intuizione gli perforò la mente con la stessa rapidità di un fulmine. Il parallelismo con Alman era ora evidente. Il perché il Fondatore si fosse estraniato dal tempo assolutamente logico. La sua condizione era assolutamente necessaria. Il suo fuggire da ogni flusso temporale non lo rendeva solo spettatore di ogni cosa, ma parlando con le genti poteva influenzare le scelte di ognuno, agire su una linea senza effettivamente farlo. Chissà, si chiese, chissà che conseguenze si sarebbero avute senza il loro incontro. Cosa sarebbe successo se non avesse accettato quel peso che gli gravava sulle spalle, se non avesse mai usato il cosmo, o ancora prima se non avesse mai accettato di seguire Stenson. No, non era il momento di perdersi negli infiniti what if. Magari un giorno, magari proprio al fianco del Fondatore mentre questi gli insegnava come astrarsi dal tempo a sua volta.

    Adesso c’era una pulizia raziale da portare a termine. Notò Però anche un’altra cosa assistendo all’ennesima esplosione alle spalle del nemico: il cosmo che influenzava i sigilli proveniva dallo spartano ed era completamente inumana. Questo voleva dire che lo spartano era inumano per quanto assomigliasse in tutto e per tutto a loro. Anzi, non inumano, puzzava di Quell’inumano. Aveva la stessa frequenza del rospo verde. Se lo spartano fosse stato un costrutto, o un evocazione di Yoda, questi sarebbe stato sì ammantato del cosmo del Daimon, ma avrebbe sparato colpi utilizzando il proprio, che aveva un sapore e una frequenza ben diversi. Quello dello spartano avrebbe dovuto sapere di umano, ma non lo faceva. Tutto questo portava ad una sola possibile conclusione: lo spartano e il rospo verde erano la stessa persona. Il rospo doveva essere la forma che l’umano aveva acquisito ascendendo ad essere immortale. Quindi non era un diversivo per scappare, bene, sarebbe stato abbattuto in maniera molto più onorevole.

    Stava ancora concentrato nello studiare il cosmo avversario anche quando questi avvolse una delle pale distrutte del mulino scagliandogliela contro. Era veloce, molto più di quanto il suo cosmo gli concedesse di reagire. O forse no. Non veloce, cioè anche. Era veloce non perché stesse percorrendo tanto spazio in poco tempo, ma poiché il tempo era stato piegato di nuovo al volere del Daimon. Cercò di usare il proprio pilastro come base per farci sorgere un ramo di ghiaccio atto ad assorbirsi lo schianto della pala, ma la velocità inaudita della stessa, unita alla sua resistenza stupefacente, impedì quel tentativo. La pala spezzò il ramoscello nascente come nulla fosse impattando con ancora molta forza contro la cima del pilastro e sul cavaliere che vi stava sopra. Crepe si allungarono dal punto colpito sulla base piatta del pilastro infilandosi sempre più a fondo nella struttura. La pala rimbalzò addosso al cavaliere accucciato prendendolo in pieno. Korin ebbe appena la prontezza di spostare le braccia protette dall’armatura a difesa del volto scoperto prima che la botta enorme lo destabilizzasse sul ghiaccio crollante spingendolo giù dal suo stesso pilastro che andava frantumandosi. La pala impattò anche sulla testa coperta dal nuovo elmo aggiuntosi con il recente upgrade della cloth, ma questi poté solo salvarlo da qualcosa di ben peggiore del forte tintinnio che udirono le sue orecchie mentre la vista diventava completamente oscurata per qualche istante. Se le ossa fossero state acqua si sarebbe potuto vedere i cerchi allontanarsi dall’epicentro percorrendo tutta la superficie. Un dolore terribile fu quello provato sulla testa che metteva in ombra ogni altro colpetto ricevuto al braccio proteso a difesa e l’addome che erano le parti più esposte rispetto alle ginocchia fortunatamente più indietro. Quando la vista sfuocata tornò stava cadendo all’indietro circondato da frammenti di ghiaccio che precipitavano al suolo dissolvendosi in polvere sempre più fine. Adocchiò il terreno non troppo distante e protese le braccia per pararsi dalla caduta. Fu in quel momento che un nuovo attacco giunse preciso come un orologio svizzero e ancora più forte del precedente. Lo percepì arrivare solo tramite lo sfrigolio dei loro cosmi a contatto, mentre la vista vide solo un’energia sfuocata, cosa che gli diede giusto il tempo di creare la più basica delle barriere cosmiche che non fu nemmeno sufficiente a contrastare i colpi. Due dei fulmini cosmici si schiantarono nuovamente contro l’armatura, una all’altezza del bracciolo, l’altro poco sotto lo sterno facendo rimbombare le placche protettive e i tessuti subito sotto, mentre il terzo ebbe molta più fortuna raggiungendolo appena a sinistra del naso. Il dolore lì fu colossale, anche peggio di quello al cranio. Il sangue iniziò a sgorgare dal setto nasale parzialmente distrutto colorando tutto il suo viso di cremisi mimetizzando i danni inferti anche alla mandibola superiore. Tre denti si scheggiarono pesantemente finendogli in gola e i loro fratelli sottostanti di abbassarono, le punti ridotte in polvere. Gli occhi faticarono a riaprirsi mentre il sangue sgorgava a fiotti impastandosi tra i capelli.

    Il dono di Alman simbolo delle mansioni che era chiamato a compiere lo stava servendo bene, meglio di sempre, da quando era stata irrobustita dopo la quasi totale distruzione, ma non poteva proteggere una parte che non le competeva. Sarebbe stato bello modificarla ancora, magari applicando una maschera, come quella che copriva il volto del finto Daimon nero che aveva incontrato.

    Il suo corpo reagì in maniera automatica spingendolo in una rotolata improvvisata sulla spalla destra, in modo da attutire i danni da caduta. I polsi irrigiditi dal dolore delle saette cosmiche fremettero all’impatto, ma era niente rispetto ai colpi precedenti. Le mani corsero a proteggere il viso, macchiandosi anch’esse di dolore e sangue. Provò a rialzarsi in un movimento elegante dopo la rotolata, ma la sua gamba destra non rispose per tempo al comando. Era ferma, immobile. No, non immobile, solo estremamente lenta. Dannatissimo Daimon. Odiava la sua stirpe con tutto il suo cuore. Ogni momento in loro presenza era agonia.

    Ancora a terra alzò lo sguardo iniettato di sangue verso lo spartano cercando di seguirne le imprevedibili mosse. Sputò i denti persi impastati con la saliva e tossì via altro prezioso liquido rosso. «Quindi è vero… Eri un umano…. Quindi spiegami…. Perché?» La voce nasale come mai era stata scagliò odio contro l’angelo. Aggrumò il cosmo in direzione della gamba destra, come una pressa che potesse schiacciarsi contro il cosmo altrui spezzandolo, ma al contempo mutò le forze grezze di cui disponeva traendone nuovi filamenti bluastri, serpenti che si avvolgevano alla sua gamba come alla verga di Asclepio cercando di spezzare le forze che la vessavano. Cercava di intessersi addosso un sigillo di purificazione atto a contrastare quella modifica alla realtà di cui il Daimon andava tanto fiero. Il tempo era qualcosa di grande e pericoloso che era saggio maneggiare con cura, cosa che lo spartano non sembrava fare. Non aveva rispettato il tempo di quei mulini, costruzioni leggendarie sopravvissute miracolosamente alla calamità di Ponto e non stava rispettando quella risorsa così preziosa per gli umani, così effimera e fuggevole. «Perché hai venduto la tua umanità per unirti a chi gioca con le nostre vite come niente fosse?!» Un’accusa lanciata al vento, urlata contro lo spartano traditore. Per i Daimon, creatori di tutto, gli umani dovevano essere solo bambole di pezza da muovere come faceva comodo, pedine su una scacchiera gigante, soldati in una battaglia che alla fine dei conti non serviva a nulla. Cosa ci guadagnavano loro nel gestirsi le vite di questo o l’altro umano? Niente. Era un gioco, un grande gioco. Un passatempo creato per intrattenere esseri immortali che non avevano altro da fare che stabilire chi ce l’ha più lungo. «Dimmi ti stavi divertendo ad aspettare delle prede? Ti piace muoverci come burattini tramite il potere che il cosmo ti ha donato?»

    Curò la gamba, ma non poteva fare nulla per il suo viso se non imbrattarsi la mano guantata dell’armatura cercando di togliere l’eccesso cremisi. Si rialzò lentamente in piedi senza mai staccare gli occhi gonfi dal nemico bruciando il suo cosmo sempre più forte come manifestazione tattile dell’ira che provava e del veleno che sputava con ogni sua parola. Diresse il suo cosmo in quel che rimaneva del pilastro di ghiaccio inondandone le crepe con sigilli sottilissimi atti a far esplodere la struttura in migliaia di frammenti sempre più fini, polvere di ghiaccio con la quale avrebbe voluto oscurare la vista del Daimon mentre scartava di lato, forse nascosto dalla nebbia ghiacciata, con lo scopo di raggiungerne l’estremità sinistra, per direzione tra la spalla destra del daimon e la sua schiena, un punto forse cieco per l’essere immortale, dal quale provò a lanciare una bolas di lettere antiche pronte a stringersi con svariati giri attorno al petto del Daimon. Lo spartano aveva evitato il colpo precedente, ma prima o poi le catene sarebbero giunte a fare il loro lavoro indebolendone lo scorrere del cosmo e la resistenza. Lo voleva sottomettere, piegare e fargli provare la sensazione di essere inutile, a terra, di fronte ad un destino segnato. Lo voleva punire per le morti che un suo fratello aveva causato a Yaroslavl, per Roth e gli altri commilitoni e per la Artemis, la sua vecchia steel cloth che era morta al posto suo nelle gelate lande russe. Avrebbe potuto essere ancora uno steel saint. Avrebbe potuto combattere ancora al fianco di Highball, la figura più vicina ad un padre che avesse mai avuto e invece no, gli era stato strappato tutto per colpa di uno stupido gioco tra angioletti che non avevano nulla di meglio da fare.

    Avrebbe continuato lo scatto, sempre in movimento incurante di star uscendo dalla nebbia ghiacciata, sperando che il potere sigillante lanciatogli gli desse qualche istante di distrazione in più. Cercò di arrivare al fianco sinistro del Daimon, posizione quasi opposta a quella precedente, dove avrebbe evocato una selva di appuntite lance di ghiaccio, una blanda imitazione di quell’arma di cui indirettamente portava il nome e con la quale uno spartano era spesso immaginato. Era una dolce vendetta rivoltare quelle armi contro il traditore che le aveva abbandonate. Non importava se e dove lo avrebbe colpito, una parte valeva l’altra, voleva solo colpirlo duramente, infilzarlo, punirlo, farlo soffrire come la sua stirpe aveva condannato lui.


    Statistiche

    Stato Fisico: Botte pressochè ovunque, compreso un danno ingente al volto che mi ha spaccato il setto nasale e 3 denti dell'arcata superiore.

    Stato Mentale: More Angry

    Stato Armatura: [V] Intatta e Indossata.

    Riassunto: Subisco tutti I tuoi attacchi riuscendo a stento a diminuirne l’impatto in vari modi. Successivamente ad una piccola chiacchierata, distruggo ciò che rimane del vecchio pilastro di ghiaccio [DIV] per spostarmi non visto e spararti prima un sigilli di vincolo avanzato che ti riduca il cosmo e la resistenza fisica [AD] e poi, dopo essermi ulteriormente mosso, una ventina di lance di ghiaccio [AF]
    约束 象征 (Yuēshù Xiàngzhēng) : Sigillo di vincolo avanzato – offensiva/difensiva
    Questa tecnica si mostra graficamente a seconda del suo obiettivo perché i contenuti scritti nel sigillo variano a seconda dell’aspetto fisico, mentale o spirituale su cui va ad agire, perché diverso è il modo di “scrivere” l’obiettivo nel sigillo. Quando un sigillo disegnato e applicato sul bersaglio viene attivato rilascia delle catene cosmiche fatte di lettere e simboli azzurrini che si avvinghiano alla creatura portante il sigillo. Le catene provocano una sensazione di stritolamento, causando danni da costrizione e strangolamento, danni che si intensificano se il nemico prova ad opporvicisi, ma non sono catene reali che possono essere aggrappate e tirate.
    -身体链 (Shēntǐ Liàn): la catena del corpo tenta di limitare una, per lancio di tecnica, caratteristica fisica del soggetto a cui si lega. Potrebbe instaurare una sensazione di fatica o ridurre la forza fisica, velocità, resistenza del soggetto intrappolato, così come può disturbarne la coordinazione l’equilibrio. Essendo che queste catene agiscono direttamente sul corpo e non sul cosmo portano all’estremo il controllo della mobilità articolare che era già fattibile con i sigilli di vincolo base. Sono le catene di simboli più visibili in quanto si annodano attorno alla parte del corpo che è stata targhettata in maniera ben visibile, scrivendosi tutto attorno.




     
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    VI - Explosion of Seals

    Quando scosse la testa per riacquistare più visibilità e concentrazione - essendo ancora stordito - vide la grossa pala conficcata nel pilastro, e Korin caduto al suo lato. Sanguinante. Colmo d'odio.

    Si susseguirono parole d'ira che risuonarono per tutta Mykonos. Qualcosa di molto profondo vi era in ballo nel giovane cavaliere.
    Egli lo ascoltò, percependo un passato molto doloroso negli uomini ai tempi quando lui scomparve: Vite si erano rovinate, destini distrutti. Quello che accade fu solo il preludio della discesa ultima che portò il mondo degli uomini al collasso, come l'ateniese testimoniava. La previdenza dell'Universo.

    Così carico di risentimento, l'ardore umano che ancora possedeva gli fece provare empatia per il giovane.
    Per Anfitrione la violenza non era mai stata una risposta. Eppure quando qualcuno lo attaccava non si sottraeva.
    Non importava la missione. L'antico retaggio da cui proveniva, nonostante l'ingegno e la saggezza in vita, si imponevano sempre. Anche se fronteggiava un ragazzo che di innocente non aveva più.

    Continuando la lotta, gli strani simboli del cavaliere si rimanifestarono all'improvviso, costruendosi rapidamente su tutto il pilastro fino ad esplodere, portando con se la materia su cui era comparsa. Colmò tutta l'aria da una nube ghiacciata, impenetrabile. Come diversivo.
    Dove nascose il terreno che li divideva e si celò. Tatticamente.

    Ma il vecchio Anfitrione non poteva rimanere in silenzio: doveva rispondere a quelle illazioni e calmarlo. Doveva sapere. Era sotto Atena, dopotutto.

    Il perché tu mi chiedi. E il perché io ti dirò.
    Sono stato salvato da colei che tesse i fili di ogni strada.

    Nella propria natura, ineluttabile di essenza.
    A differenza della Dea della Guerra per cui tu combatti, che l'unica cosa che fece è spargere finte promesse di pace. E quando giunse il momento, pur sapendo della mia maledizione, mi lasciò morire. E lasciò morire tanti altri


    Voleva mettere disprezzo in tale parole. Ma egli non sentiva più rimorso.

    Ti racconterò la mia storia. Perché di nulla io più temo.
    E voglio che tu capisca.

    La mia anima era imprigionata nel nulla, perduta nel tempo.
    Lasciato a marcire e sfruttata da coloro che tu servi, da quelle entità in cui credi.
    Che sapevano.
    Che tradirono. E hanno tradito molti, oltre me.
    Prima nella mia unica vita, e poi nelle seguenti che ci sono state.
    All'epoca non volevo vederlo.
    Ingannavano seguendo i loro scopi, avendo l'egemonia del mondo conosciuto.


    Girò varie volte lo sguardo, acutizzando i sensi e l'ingegno, cercando di capire dove fosse e quali fossero le prossime mosse.
    Poteva sbucare in qualsiasi momento e, peggio ancora, con qualsiasi tecnica a lui sconosciuta.
    Aveva subito i suoi colpi pienamente. Ed oltre che sanguinante, sentiva che fosse molto arrabbiato.

    Aumentò il senso dell'udito, sentendo i passi di una corsa muoversi sulla sinistra o più o meno in quella zona.

    Il mio compito è solo di salvare le anime che sono imprigionate e hanno bisogno del mio aiuto. Qui.
    Sono tornato solo per ricambiare un favore.
    Nella linea di tutte le cose.

    Io faccio solo questo per Ananke, l'essenza stessa delle stelle del destino. A cui anche gli Dei devono sottomettersi.

    Non uccido. Non combatto per guerra, non mi interessa.
    Non sono come tu mi puoi immaginare.
    Io non sono contro di te.


    Tu mi hai attaccato, mentre meditavo.
    Io ho solo risposto.


    Troppo tempo perso a parlare. Qualcosa di pericoloso uscì dalla nube, allo scoperto.
    Provò ad agguantare e rallentare qualsiasi cosa stesse arrivando col potere temporale, ma fu troppo tardi. Il cavaliere si era spostato sulla sinistra posizionandosi in un angolo morto per prenderlo di sorpresa, e senza la concentrazione adatta egli non ce la fece.
    Il colpo arrivò riuscendo a stringersi come delle serpi con spuntoni scrivendosi su tutto il suo petto: I Sigilli del Guerriero della Grado.

    Presto si illuminarono pulsando, cominciando ad indebolire e risucchiare il suo cosmo.
    Annientando ogni forma energetica che avesse.
    Sentì dapprima una scossa, poi una lenta sensazione di spossatezza. Sopratutto sulla parte colpita che divenne sempre più debole non riuscendo a fare fluire agevolmente la propria energia.
    Un breve affanno si palesò, come un masso schiacciato sul petto mentre strinse gli occhi dal dolore.

    Sfragides...

    Fu l'unica parola sussurrata che fuoriuscì. Aveva il potere di un marchio antico che lui ancora manteneva. E che una ancora permaneva in lui. Nel solo nome passato.
    Prima che si accorgesse di quello che stava per accadere, spuntoni di ghiaccio con una velocità soprannaturale sbucarono questa volta dalla sua destra. In un nuovo attacco. I sigilli presero a fare il loro sporco lavoro, rendendogli difficoltoso anche sola una sinapsi che portasse a un movimento. Indebolendolo.
    Non ebbe scampo.

    Cercò di proteggersi meglio che potè, incrociando le braccia davanti il volto. Volò da sopra il mulino, colpito e trafitto da una ventina di spuntoni che cozzarono sulla sua armatura, mentre altri lo infilzarono nelle parti scoperte.
    Lasciando in aria una scia di sangue quando poi cadde dalla parte opposta. Svanendo nella nebbia che si mischiò alla sabbia.
    Si trascinò per alcuni metri graffiando la terra col corpo, sputando sangue e spezzando alcuni spuntoni che si erano conficcati nella carne. Lividi e ferite si lacerarono.
    Si aspettava di certo un contrattacco dal suo opponente, ma non in quelle condizioni. Era stato troppo superficiale nei calcoli, abbassando la guardia e perdendo troppo tempo a scegliere parole adatte.
    Non lo faceva mai, ma quel ragazzo di Atene gli aveva suscitato emozioni instabili.
    Emise fuori l'aria a denti stretti, cercando di rialzarsi una volta fermo, mentre la testa gli girava per l'urto.

    Issandosi sulle braccia. La spalla precedentemente ferita era spezzata, e il costato destro aveva subito una bella botta da provocargli un trauma interno. Bruciando alla sua elevazione. Qualcosa si era rotto.

    Di certo capiva i sentimenti che muovevano l'Ateniese, ma egli non si sarebbe sottomesso a lui. Ne alla sua Dea. Voleva soltanto che sapesse dove si trovava, perché ogni cosa spesso poteva essere diversa anche se la si credeva chiara.
    Sapeva e aveva visto che le strade di ognuno erano sempre insondabili e imprevedibili. Il futuro cambiava ogni secondo, e qualsiasi sintomo di pietà o debolezza mostrato poteva trasformarsi in arma.
    Poteva benissimo un giorno egli morire per i suoi valori o contrastarli così tanto da divenire ciò che sempre aveva odiato. Non poteva saperlo. Sopratutto sotto l'egemonia di Atena, degli Dei minori del Pantheon Greco che in ciò erano sempre stati più trasportabili degli umani.

    Ma non era compito suo. Ogni anima decideva per se. Lui non doveva intromettersi nel destino.

    Hai libero arbitrio nel non credere...

    Io non dirigo la tua strada.
    L'unico cosa che posso fare e metterti in guardia.
    L'ira dei tuoi pensieri potrebbe condurti dove non vuoi.
    Flebile è...
    Il futuro di ogni cosa.


    Si tenne il costato dove sentiva maggiormente dolore, mentre sputò sangue che si unì a quello delle sue ferite sul suo corpo.

    Sento che sei sincero in te.
    Compi le scelte più sagge, quando arriverà il momento.

    Chiunque tu sia.


    Bastava così. Aveva parlato anche troppo.
    Espanse il cosmo bianco dorato dei tempi antichi. Il petto era ancora ricoperto da quei simboli - quella catena che lo circondava succhiandogli energia - e non potè contrattaccare in quelle condizioni; si sarebbe messo tatticamente in svantaggio. Doveva eliminarla.
    Così vi si oppose più del normale, richiamando la propria forza a spezzarla. E non fu facile.

    Espanse più che potè l'energia nell'aria. Piantando i piedi a terra.
    Facendogli sprofondare nel terreno come se il suo peso si fosse centuplicato all'improvviso. Alzando la stessa sabbia insanguinata che aveva macchiato.

    Strinse i pugni.
    Luccichii misti a strani fulmini attraversarono la brina quasi in un rito mistico. I sigilli stavano resistendo più del dovuto e risucchiavano più di quello che bruciava.
    Alla fine, fece culminare se stesso con una esplosione molto forte e un grido, disperdendo il cosmo in una roboante deflagrazione lanciata concentricamente per molti metri. Così forte da spezzare le catene sul suo petto, e facendo ciò, anche danneggiando il mulino antistante.
    Ma non si fermò. Pensò di utilizzarlo - anche perché avrebbe dovuto riprendersi un momento da quegli attacchi e non poteva fare altro - continuando a generare un'onda durto cosmica contro il mulino finché non fosse crollato. E quando il basamento fu abbastanza danneggiato, diede un ultimo colpo con l'ultimo grido di forza.

    Tirò un colpo cosmico che lo spezzò definitivamente, provando a farlo crollare dalla parte opposta. In direzione dell'Ateniese.

    Velocizzando la caduta con il potere del tempo.

    SPOILER (click to view)
    FISICO Spalla sinistra danneggiata e sanguinante. Ferite aperte sul corpo e lividi sotto l'armatura. Costola destra rotta.
    MENTE Indebolito dai sigilli. Empatizzando con Korin per le sue emozioni.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Indossata [Forma Umana] - Altre belle ammaccature.

    RIASSUNTO AZIONI
    Ascolto le parole di Korin ed empatizzo con lui percependo il buon cuore e gli avvenimenti che si sono susseguiti sulla terra col mio Ingegno. Successivamente racconto la mia storia ma non riesco ad individuarti. Così vengo imprigionato dai sigilli e poi vengo colpito dagli spuntoni che mi feriscono e fanno cadere dal mulino.
    Poi cerco di liberarmi dalla costrizione con una esplosione cosmica che spezzi i sigilli e, non potendo fare molto per la stanchezza, continuo fino a far crollare il mulino provando a fartelo cadere addosso. Velocizzo la caduta con il Tempo e quindi diventa anche questo Costrutto Energia Rossa.
    Anfitrione [x] ✦ Daimon della SorteEnergia Rossa
    ABILITÀ E TECNICHE
    Ingegno di Anfitrione [Sensi Acuti]
    Plasmato in numerose battaglie e corti, nelle Ere e nella Storia, Re Anfitrione ha sviluppato una capacità sensoriale acuta, in grado di percepire al meglio la realtà cui si pone dinanzi. Che sia un nemico, una illusione, un ambiente ostico e velato, egli potrà ampliare i propri sensi, soprattuto il sesto, per poter fronteggiare varie situazioni. Potrà percepire/intuire la natura di un cosmo, una parola celata, uno sguardo, delle intenzioni altrui (only gdr).
    Ciò porterà ad avere una maniacale precisione e reattività nei propri colpi e movimenti, incredibilmente degni di un esperto e ingegnoso Re.

    Tempo
    Organizza la mobile continuità di stati in cui s'identificano le vicende umane e naturali, ricollegandola a un'idea di successione e di evoluzione: il fluire, il passare, lo scorrere, l'andare, il variare d'affetti e di pensieri.
    Anfitrione potrà velocizzare, rallentare o spingere alla stasi selettivamente un essere vivente nelle sue azioni (ne consegue quindi processi biologici inclusi pensieri/stati mentali e spirituali) oggetti fisici e azioni personali.
    Potrà manipolare materia ed energia all'interno del proprio raggio di azione, provenienti sia da un attacco che presenti gia nell'area circostante (flussi d'acqua, elettricità, incendi ecc.). Inoltre ciò che verrà toccato da questo potere, se facente parte dall'ambiente, verrà considerato come costrutto cosmico di pari livello.
    La concentrazione per attuarla sarà necessaria, ma sempre meno dispendiosa di abilità provacanti medesimi effetti o abilità quali telecinesi; mentre la sua efficacia su altrui varrà sempre dalla differenza di livello energetico.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:39
     
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    - Chapter VI -



    Il discorso del Daimon non aveva senso. Erano parole vuote recanti un ragionamento fallato che non dava giustificazione alcuna. Per come lo sentiva lui, l’angelo accusava Atena di averlo abbandonato nella sua ultima ora e lui, impaurito, era asceso alla ricerca della vita eterna pur di non dover più affrontare il gelido vuoto della morte. Lui, un guerriero famoso che ancora si citava nei libri di storia, un’anima che aveva lasciato un segno indelebile nella società, aveva abbandonato la stessa senza rimorso. Lui che aveva raggiunto la gloria più grande a cui la cultura di Korin gli aveva insegnato ad aspirare, aveva rinunciato a tutto per un’inspiegabile paura o senso di tradimento. L’agente della Grado non poteva comprendere una cosa così distante dal proprio modo di vedere le cose. Una tale assurdità non faceva che aizzarlo ancora di più colorando il suo cosmo di rosso e nero.

    «Non capisco» Gli confessò mentre l’altro si agitava nelle catene di vincolo con cui l’aveva legato. Gioiva nel sentirlo prigioniero, mentre il Daimon si dibatteva come un pesce fuor d’acqua per divellere gli anelli nel tentativo di liberarsi. Quel potere faceva uno strano effetto di euforia. Era come avere al guinzaglio un demone, schiavizzandolo al proprio potere. Il Daimon lottava ovviamente, ma era sua intenzione fiaccarlo finché non avrebbe avuto più forze per alzare la testa. Quel potere gli avrebbe dato alla testa, ma non importava in quel momento. Più quei pensieri neri avanzavano più lui era euforico. Si sentiva bene, stava bene, era idilliaco crogiolarsi in quel sogno di dominazione dove il padrone diventa lo schiavo, dove chi aveva da sempre giocato con le vite degli umani si trovava ad essere una pedina nelle loro mani. Un sospiro, doveva calmarsi se non voleva essere trascinato da quell’emozione abbagliante.

    «Se è vero che sei emissario del Destino, dovresti vedere meglio di me che la dea non ti ha mai abbandonato. Ti ha solo lasciato percorrere la tua strada, quello di umano fallato il cui fine ultimo è l’incontro con la cupa signora. Se nemmeno gli dei possono sottrarvisi, perché dovrebbero lottare contro di esso per salvare una sola vita?» Si aspettava che l’altro si muovesse, che lo venisse a cercare per balzargli addosso, ma non aveva fretta di andare incontro al cane rabbioso che era l’angelo. Lo avrebbe lasciato sfogarsi contro i suoi sigilli, fiaccando il suo animo mentre lui riposava al sicuro dall’altra parte del mulino. Perché andargli incontro e sprecare le sue energie infondo? « L'ira dei tuoi pensieri potrebbe condurti dove non vuoi. » Uno sbuffo. «Non preoccuparti per me Daimon. Se dovessi diventare un mostro incontrollabile » Incontrollabile era la parola chiave poiché era già un mostro, o almeno si percepiva come tale. « c’è già chi è pronto a terminarmi. »Ma non era quel Daimon, ne uno della sua spregevole specie. Si sarebbe assicurato di non morire per le loro squallide mani, avesse dovuto combattere con l’ultima cellula che gli rimaneva.

    Quella frase però non era passata sorda da un orecchio all’altro. Complice anche la situazione si sentì immediatamente trascinato nel passato, nel Sottosopra, a combattere contro il finto Daimon in nero. Stava vivendo la stessa situazione, solo a ruoli invertiti. La storia si ripeteva. Sempre. L’unica grande differenza era che lui al nero non era riuscito a fargli nemmeno un graffio.
    Però se lui stava al nero e il nero emulava la stronzaggine di suo Padre, voleva forse dire che lui era…?

    Quindi avvertì la frattura. I sigilli erano stati spezzati e con essi l’illusione di quel mondo in blu e la spirale di orrido che era il pensiero a Rain si nascose subito in un recondito cassetto della propria mente. Il mulino venne distrutto definitivamente dall’urlo travolgente del Daimon che trascinò con sé i detriti facendoglieli franare addosso. Erano veloci, troppo per i suoi sensi, forse nuovamente accelerati dall’insidioso potere di quella creatura. Fece appena a tempo a piazzarsi bene a terra piantando i piedi e ad alzare le braccia a protezione della testa e del collo mentre una piccola nube di sigilli si formava sopra di lui. Come la frana fosse passata per la nube questa avrebbe liberato piccole esplosioni atte a far spezzare i detriti in parti più piccole e maneggevoli. Nonostante il tentativo fu travolto in pieno e sepolto vivo fra i calcinacci.

    Aveva affrontato di peggio, molto di peggio, eppure fu solo il potente fischio nelle orecchie a fargli realizzare di essere ancora intero. Tutto ballava, l’armatura scricchiolava e non c’era alcuna parte del corpo che potesse dire di essere ancora sana. Ma era l’orgoglio quello più ferito di tutti. Maledetti angeli, imprecò mentalmente sputando un grumo di sangue che gli impastava la bocca. Seguì in tragitto del blob e tramite esso capì dove scavare per rivedere la luce. No, non scavare. Non avrebbe spostato una roccia dopo l’altra, come l’ultimo degli inetti. No, avrebbe fatto esplodere tutto se necessario. Condensò il suo cosmo bruciandolo di luce fredda tutto addosso al suo corpo, in ogni incrinatura dell’armatura, in ogni spazio d’aria dei detriti e con un unico gesto lì allontanò da sé, travolti dalla mera forza delle detonazioni e dell’urlo furente del custode di Thule. Respirò l’aria libera e pulita con ampie boccate veloci prima che i suoi occhi iniettati di sangue si posassero nuovamente sul traditore. Il suo cosmo ancora aizzato nello sforzo si compattò nuovamente attorno alla sua figura cristallizzandosi in frammenti ghiacciati e mini sigilli rosso cremisi e nero ebano, coriandoli colorati che quasi soverchiavano il più placido blu nel quale erano immersi. «Per me, la scelta più saggia, Daimon, è rispedirti tra le creature a cui hai scelto di appartenere.» Il suo potere ruggì ancora e la tempesta cosmica infuriò attorno all’agente, quasi come un boa costrittore che lo stringe nelle proprie spire prima di aizzarsi ululare aria gelida e scagliarsi contro l’angelo con l’intenzione di stringerlo nelle sue fauci, iniettandogli veleno gelido e puntellarlo con spire costrittive per limitare la sua fuga. Non gli sarebbe scappato. Lo voleva annichilire con la stessa brutalità con cui in America i G.E.A. avevano sconfitto il Caduto.


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    Qualcuno non troppo distante li aveva sentiti. Qualcosa stava tornando.



    Statistiche

    Stato Fisico: Botte pressochè ovunque, compreso un danno ingente al volto che mi ha spaccato il setto nasale e 3 denti dell'arcata superiore.

    Stato Mentale: More Angry

    Stato Armatura: [V] Intatta e Indossata.

    Riassunto: Mi difendo facendo esplodere I detriti per scompattarli in blocchi più piccolo, ma comunque mi seppelliscono. Faccio esplodere tutto per liberarmi e quindi ti sparo addosso la tecnica Blue Impulse, che riporto in spoiler.

    Per l’immagine è la corruzione che ci ha sentito e sta arrivando, ma visto che tu hai sensi acuti dovresti percepirla prima di me.

    Blue Impulse: ghiaccio/sigilli - offensiva Il Blue Impulse è una delle tecniche create ai tempi del mito quando il popolo di Thule ricevette l’aiuto del titano Menezio, per poi essere tramandata dai vari custodi prima ai Blue Warrior poi.
    Il cosmo dell’utilizzatore genera una corrente di aria gelida con la quale si cerca di infliggere bruciature da gelo all’avversario rallentandone al contempo i movimenti per evitare che possa scappare dalla tecnica stessa. Dentro la corrente scorrono minuscoli sigilli di vincolo ghiacciati dalla forma di piccoli fiocchi di neve che se impattano contro il corpo avversario interagiscono con l’abilità nemica di usare il proprio cosmo cercando di sopprimerla. Come il ghiaccio rallenta lo scorrere del sangue, che del cosmo è veicolo, così i sigilli inficiano sul cosmo stesso cercando di rendere più difficoltoso al nemico il suo utilizzo.
    Il nome deriva dal colore azzurrino del ghiaccio unito all’impulso continuo dei sigilli che vengono applicati sul corpo nemico, che risuonano intermittenti causando lo scompenso nel flusso cosmico.



     
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    VII - Farewell

    Dopo il crollo egli si piegò sulle ginocchia, ansimante per la fatica del gesto. Korin era stato sepolto dalla roccia, ma fu a discapito di tanta energia. Anfitrione cercò quindi di accorciare il diaframma, ed opporsi allo stiramento dell'addome per riprendere più velocemente fiato possibile. Aveva anche perso sangue ma non da provocargli giramenti di testa.
    Sperava che il giovane si fosse calmato ora, dopo l'ingente botta, ma quando fu pronto per avanzare, un tremolio lo scosse. Il terreno tremò, e i detriti di quello che rimaneva della pietra cominciò a zampillare. Sentì molta rabbia nascere dal cosmo di Korin; come lo erano state le sue parole d'altronde.
    Evidentemente c'era qualcosa di molto radicato in lui, qualcosa che non poteva fargli vedere diversamente la questione. Lo considerava un mostro. E non poteva fare nulla per cambiare tutto ciò.

    Il ragazzo poi uscì dalle macerie, senza attendere, gettò tutto il suo vigore in un attacco di spire gelanti. Un impulso di gelo ed aria misto alla sua padronanza di sigilli cosmici.
    Era davvero tenace quel cavaliere. Ma dalla controparte Anfitrione non si intimorì. Rimase sempre saldo, fermo; non avrebbe ceduto alle sue sferzate. Anzi, questa volta non avrebbe combattuto il colpo. Lo avrebbe accolto come una larva che si chiude in un bozzolo: aveva una idea.
    Prima di essere inglobato dall'attacco, evocò dei mistici raggi cosmici dalle mani - chiome di cui era padrone - che lo avvolsero in un bozzolo protettivo a proteggersi dalla bufera.
    La protezione si disegnò velocemente, e resistette, salda e intricata sul suo corpo. Mostrandosi in cangianti colori dorati, divenendo poi bluastri con lo scontro tra due corpi. Parte del colpo nemico però riuscì a penetrare, andando a provocargli in forte dolore di bruciatura e spossatezza.

    Quando il colpò finì, egli esplose i fili liberandosi, lasciando un nevischio cadere dal cielo come polvere traslucida.
    Nessuno dei due voleva mollare. Il duello era ancora lungo. E Anfitrione ansimava di stanchezza. La costola incrinata gli doleva, e anche le ferite sul suo corpo cominciavano a ribellarsi.
    Quando stava per contrattaccare dando inizio alle ultime battute, qualcosa catturò la sua attenzione. I sensi acuti pericolosamente si intromisero in lui, aizzando l'attenzione con un vago sentore sulla sua destra.

    Girando il capo di scatto, scorse una nube di terra farsi strada sulla collina antistante - molto lontano - nella loro direzione. Questa poi scomparve per rivelare ciò che il vecchio cercava fin dall'inzio:
    I corrotti. Un mare di corrotti scendere verso la cittadina dove si trovavano, come piccoli insetti.
    Ricomparsi o tornati - forse dal grosso baccano che avevano provocato - si manifestarono a centinaia inglobando ogni cosa sul proprio cammino. Portando il loro tanfo putrido e le loro forme da bestie quali erano. Nella distruzione per cui erano stati creati.

    Il vecchio Anfitrione non tentennò. Era stato sempre pronto agli imprevisti ma in quel frangente, in uno scontro in atto con ferite debilitanti, poteva essere problematico fronteggiare tali creature.
    Ed era da solo. No anzi, erano in due. Avrebbe davvero ricombattuto fianco a fianco di un Ateniese? Se ciò voleva dire la sopravvivenza, sua e di altri a cui non era data la fine, lo avrebbe fatto volentieri: era anche questo un suo compito.
    Quando i corrotti scesero, saltando e dilaniando, si diressero verso i due cavalieri. Come uno stormo. All'unisono. Stava per cominciare una grossa battaglia.
    Ma prima che potessero giungere, accadde l'imprevisto. Quell'imprevisto favorevole che non ci si aspettava.

    Uno schiocco cadde dal cielo, un raggio multi colore si fiondò dalle stelle al terreno. Irruppe in mezzo agli abomini e spazzò in un attimo metà del loro esercito. Alzando la terra e sconguassando le nuvole fece comparire una grossa creatura sestipode, bianca, che con versi animaleschi distrusse metà orda. Li fece volare con le sue zampe nodose e le dilaniò con raggi viola fotonici provenienti dal proprio capo. Qui aveva delle protuberanze colorate e una fessura perpendicolare dove vi era quello che poteva essere il muso, decorato da tentacoli cerulei. La sua grandezza era enorme, era il quadruplo di una balena. Era Maestoso.

    Xanthi!

    Fu l'unico cosa che disse Anfitrione quando lo vide. Era l' ultimo re di Alpha Centauri, aveva combattuto per la salvezza del proprio popolo prima dell'estinzione del suo pianeta.
    Il loro primo incontro era stato alquanto carico di tensione, ricordò. Fu austero quando giunse nel Panarmonium. Ma un grosso rispetto aleggiava tra i due, facendogli trovare - più passava il tempo - similitudini in quel mondo.

    Quando l'esercito fu sventato, Xanthi emise vittorioso un ultimo gorgogliante verso, per poi girarsi e dirigersi verso i due. A passo lento. Lasciando dietro di sé una massa di putridi cadaveri.
    Anfitrione si avvicinò - non senza stanchezza - portando la mano al cuore e inchiandosi alla creatura in un saluto. Questa poi fece lo stesso, piegandosi elegantemente con la sua mole.

    Lord Xanthi, è un onore...

    La creatura rispose con suoni gutturali, alieni, che solo il vecchio poteva comprendere evidentemente.

    Un re viene sempre in soccorso di un re, giusto...

    Accennò un sorriso.
    Poi si girò verso Korin, non aveva più senso continuare la lotta. Se l'erano già date abbastanza. Tenendosi senza vergogna il costato destro, il Daimon si trasformò rimpicciolendosi, tornando alla sua vera forma quale era. Di un piccolo, verdastro, vecchio.

    Mhhh...

    Boffonchiò tra sé mentre la creatura rimase ferma al suo fianco. Non avendo per nulla ostilità contro l'Ateniese, ma mantenendo una posa fiera di una grande cavalcatura; era stato anche lui un re dopotutto.
    Anfitrione fissò il terreno per un momento, come pensando a qualcosa, poi rialzò lo sguardo guardando Korin negli occhi.

    Quello che hai detto prima è giusto. Perché rischiare di salvare un uomo che non ha molta importanza contro poteri più grandi...

    Fece un pausa.

    Eppure qualcuno poi lo ha fatto...
    Alla fine non è quello che facciamo anche noi? Rischiare tutto per loro?


    L'espressione si incupì. Ma non rimase a lungo.

    Non nego il destino. Fraintendi le mie parole, ragazzo. Ma ho troppa delusione per gli olimpici, ne ho visti lati che non fanno bene agli uomini. E dopo tanto lungo andare, nella mia esistenza, si capisce che la strada a cui si appartiene un'altra è. E questo non vuol dire per forza male, come tu dipingi tutto.

    Poi guardò la creatura.

    Ci sono luci, nella nebbia delle cose. Bisogna solo saper cercare.

    Rise tossendo malamente, tenendosi per le ferite. Nella Vera Forma l'armatura scompariva, fondendosi con la propria essenza. La Gloria ne era l'emanazione dopotutto.
    La creatura si piegò con un cenno, facendo salire in groppa il vecchio che si mise in una posizione stabile per non cadere. Era il momento di andare.

    Spero che questo incontro, anche se costellato da molte cose spiacevoli, abbia portato qualcosa ad entrambi.

    Spero tu possa trovare la tua via, giovanotto, non cedendo in strade buie dove molti son caduti in passato. Come anche io...


    Soppesò molto le parole che disse, fissando profondamente Korin.

    Se mai ci rivedremo, in altre circostanze spero.
    Forse dalla stessa parte, chi dirlo può.
    Anche se sono di altri mondi e non sono più di chi voi credete, io rimarrò sempre dalla parte degli uomini.
    E della loro esistenza.
    Nonostante tutto.

    Addio ragazzo.


    Infine partì verso il cielo assumendo forma di raggi prismatici e perdendosi nella volta che stava divenendo stellata.
    Abbandonando la Terra dei Giganti.

    SPOILER (click to view)
    FISICO Spalla sinistra danneggiata e sanguinante. Ferite aperte sul corpo e lividi sotto l'armatura. Costola destra rotta.
    MENTE Stanco e indebolito.
    STATUS GLORY Grado [IV] - Non Indossata [Vera Forma] - Ammaccata su varie parti.
    RIASSUNTO AZIONI
    Mi proteggo dal colpo e concludo con l'intervento di un Png a salvarci.
    Anfitrione [X] ✦ Daimon della Sorte ✦ Energia Rossa
    ABILITÀ E TECNICHE
    Ingegno di Anfitrione [Sensi Acuti]
    Plasmato in numerose battaglie e corti, nelle Ere e nella Storia, Re Anfitrione ha sviluppato una capacità sensoriale acuta, in grado di percepire al meglio la realtà cui si pone dinanzi. Che sia un nemico, una illusione, un ambiente ostico e velato, egli potrà ampliare i propri sensi, soprattuto il sesto, per poter fronteggiare varie situazioni. Potrà percepire/intuire la natura di un cosmo, una parola celata, uno sguardo, delle intenzioni altrui (only gdr).
    Ciò porterà ad avere una maniacale precisione e reattività nei propri colpi e movimenti, incredibilmente degni di un esperto e ingegnoso Re.

    Chiome di Cometo [Cosmo + Tempo]
    Altra impresa fu quella di riconquistare il suo regno, che era sotto l'egemonia di Re Pterelao. Costui era dotato di un esercito invincibile (i Tafi) ed era lui stesso invulnerabile: aveva una ciocca dorata, donatagli da Poseidone, che lo rendeva immune a qualsiasi tipo di offesa. Ma Cometo, che era sua figlia, innamoratosi perdutamente di Anfitrione, staccò per amore il capello dal padre condannandolo alla morte.
    Onorando il gesto nella fedele indefeltà della donna, il guerriero creerà dalla sue dita dei raggi cosmici, ricordando delle chiome dorate, che si avvilupperanno dinanzi al suo corpo, andando a formare una intricata e spessa ragnatela in grado di poter arrestare colpi cosmici, fisici ed elementali. Essendo intrisi di energia cosmica e temporale, potrà utilizzarli anche come strumento di offesa velocizzando e rallentando la loro velocità di esecuzione.


    Edited by Anfitrione - 18/10/2023, 22:39
     
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