Takachiho no Seishin

Kalego per Eletto di Ama-no-Iwato

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    Il mondo è finito.
    Il pensiero ti coglie di sfuggita quando il solito via vai di turisti e viaggiatori viene sostituito da urla lontane, esplosioni distanti e nubi di fumo che si arricciano nell'aria. Sebbene a conti fatti del mondo ti interessi poco, capisci che ciò costituisce un problema per la tua routine. Dove prima qualche anima pia ti offriva qualcosa da mangiare e bere, qualche panno pulito o parole gentili, ad uomini sono sostituiti mostri usciti da qualche incubo lontano.
    La presenza di altre persone è un lusso ormai lontano, sei rimasto solo tu con i tuoi pensieri e i tuoi bisogni.
    La caverna ti parla, ne sei sicuro di questo, sussurri lontani in una voce che non capisci e che accompagna le tue meditazioni. I giorni passano ma tu non riesci a comprenderla meglio, eppure rimani lì; qualcosa dentro di te ti dice di restare lì, che quello è il tuo posto e che non devi stare in nessun altro luogo.
    Eppure, sebbene il tuo spirito sia sempre pronto a darsi alle verità della sacra caverna, il tuo corpo è debole; richiede cibo, sonno, calore, medicine, tante cose che, ad un certo punto, semplicemente vengono a mancare nel santuario.

    Dunque devi adoperarti per sopravvivere, perché se morirai nessun altro potrà cogliere i sussurri che tu ascolti.
    Anche se non li capisci, sai questo per certo.

    CITAZIONE
    Angolo Master: benvenuto nel tuo add. Post introduttivo semplice semplice, sei nel santuario di Ama-no-Iwato e devi sopravvivere all'ovvio arrivo della corruzione come puoi. Fai cose da sopravvissuto in piena libertà, interrompi pure dove ritieni opportuno e sentiti libero di aggiungere npc come meglio credi.
     
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    TAKACHIHO NO SEISHIN
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    E
    ravamo sopravvissuti, nonostante tutto. Questo è quello che continuavamo a dirci quando il sole sorgeva, oscurato dalle dense nubi di fumo che salivano dalla baia di Tōsa, e quando lasciava il posto alla luna d'argento e alle sue numerose figlie. Rimanemmo in ascolto, nonostante tutto. La caverna ci parlava in una lingua fatta di spifferi di vento e di suoni cupi che rimbalzavano sulle pareti rocciose, simili ai rumori ventrali della fame che ci coglieva quando eravamo allo stremo delle forze. Erano passati troppi giorni dall'ultimo pasto, lo sapevamo. Stringemmo con forza il ventre, attendendo la carità dei pellegrini che giungevano fino ad Ama no Iwato dal santuario lungo il fiume, intonando canti e preghiere nelle speranza di ricongiungersi con la profondità del sé, l'essenza spirituale che i monaci chiamavano anima.

    "Dobbiamo vivere, questo è certo. La voce della caverna non può essere ignorata"

    Sapevamo qual era il nostro posto, il luogo in cui dovevamo restare; conoscevamo lo scopo della nostra vita senza averlo mai compreso del tutto. Allontanarsi dal complesso del tempio era pericoloso, così come lo era restare digiuni per giorni nella speranza di un aiuto che non sarebbe mai giunto, in balia di eventi che non potevamo controllare. Che fare, allora? La nostra casa, ormai, era un piccolo rifugio di fortuna addossato alla parete orientale esterna dell'entrata della caverna celeste, appena sufficiente a ripararci dalla pioggia durante il bayu o dalla neve dei mesi invernali, per quanto sporadica potesse essere.

    "Prenderemo il bastone e cercheremo delle lepri. Torneremo prima che scendano le tenebre"

    Aiutandoci con le mani ci alzammo da terra, grattando distrattamente la schiena contro la parete rocciosa della caverna, nello stesso punto, tra le scapole, in cui era nata una piccola piaga fastidiosa. La lingua batte dove il dente duole, dicevano i nostri genitori appellandosi ad un antico proverbio che aveva la brutta abitudine di non sbagliare mai. Un tempo avremmo imprecato e poi riso di gusto di fronte ad una casualità così sciocca. Avremmo chiamato nostra moglie, la bella Masako, chiedendole di portare delle garze e del disinfettante, strizzando gli occhi, di tanto in tanto, per simulare un dolore che non provavamo davvero. Ricordavamo il suo odore, prima del giorno dell'hanamatsuri, una fragranza di rosa centifolia e ribes nero, audace e gentile nelle sue note contrastanti, proprio come la donna che avevamo sposato.

    "La carne ci terrà in vita. È quello che deve fare, dopotutto"

    Afferrammo il bastone di legno ed utilizzammo la parte piatta per accompagnare i nostri passi incerti, battendo il suolo ritmicamente per non spezzare il fluire dei ricordi in uno di quei rari frangenti in cui le voci parevano essersi chetate. Accadeva ogni volta che ci allontanavamo dalla caverna, in quei rari momenti della giornata dedicati all'evacuazione delle feci e alla detersione del corpo, una pratica obbligatoria per evitare che le malattie ci consumassero senza pietà, obbligati a sopravvivere senza l'ausilio dei farmaci, troppo costosi per quelli come noi. Una fitta di dolore tra le scapole ci costrinse a fermarci per riprendere fiato.

    "La piaga permane ma la città è morta, le sue vene svuotate degli uomini e delle donne che la nutrivano. Stiamo morendo e non possiamo impedirlo"

    Risalimmo il corso del fiume, sudati e febbricitanti, le palpebre pesanti che ci oscuravano la vista a fasi alterne, spinti soltanto dalla fame e dal ticchettio del bastone che scandiva il tempo ritmicamente, con la stessa monotonia di un vecchio metronomo. Il sentiero che conduceva al corso superiore del fiume e poi all'area metropolitana era stretto, disagevole, inadatto a chiunque avesse delle disabilità fisiche o delle semplici difficoltà motorie, com'era il nostro caso. Utilizzammo il costone di terra compatta che accompagnava il percorso come supporto, cercando di risparmiare le forze per la breve battuta di caccia dalla quale sarebbe dipesa la nostra sopravvivenza. Breve perché eravamo esausti e di lì a qualche ora la voce della caverna ci avrebbe di nuovo condotti al santuario, in attesa di essere ascoltata per tutto il tempo del suo strano ed incomprensibile chiacchiericcio.

    "Forse la tana che abbiamo trovato lo scorso inverno è ancora lì. Abbiamo ucciso solo il maschio della coppia, non dovrebbero esserci problemi"

    Giunti alla fine del sentiero deviammo verso una piccola macchia boschiva, la stessa che ci aveva generosamente offerto la grossa lepre catturata nel mese di gennaio. Impugnammo il bastone a due mani, la punta acuminata sporca di sangue rappreso e terra, illuminata dai raggi di sole che filtravano tra le fronde ampie delle querce mongoliche. Sgombrammo la mente da ogni pensiero inutile, regolando il respiro fino a renderlo lento e profondo, stando ben attenti a non calpestare le foglie secche che formavano un tappeto sottile e irregolare che copriva buona parte dell'area.

    "La tana c'è ancora, siamo fortunati. Un sasso ed il bastone saranno sufficienti per abbattere la preda"

    Iniziammo a girare intorno alla tana che si trovava vicino ad uno degli imponenti alberi che dominavano quella piccola sezione di bosco, nient'altro che una semplice buca nel terreno coperta da sterpaglia secca e frammenti di ramoscelli. Prima di metterci in posizione con il bastone, pronto a scattare al minimo movimento delle ignare lepri, raccogliemmo un sasso, più piccolo del palmo della nostra mano, ma abbastanza pesante da produrre un tonfo secco non appena lo avessimo lasciato cadere. L'unico dettaglio di cui non potevamo essere certi era la presenza o meno degli animali all'interno della tana, un'eventualità a cui preferimmo non pensare.
    Giunti a poco meno di un metro dalla buca, lanciammo il sasso in direzione opposta alla nostra, abbastanza vicino da poter essere udito dalla preda che non tardò a mostare la testa, facendo capolino quel tanto che bastava per essere trafitta dalla punta acuminata del bastone. La piccola creatura squittì di dolore, dimenandosi in preda agli spasmi finchè le ombre della morte non artigliarono la sua anima, lasciandosi dietro soltanto un corpicino freddo e senza vita.

    "Dobbiamo consumarla qui, non possiamo attendere oltre"

    Ci inginocchiammo sulla buca per tirare fuori la lepre e, nel farlo, notammo che la tana era completamente vuota. Un animale solo, proprio come noi, gli stessi che lo avevano privato del compagno per poter andare avanti, per sopravvivere anche solo per un altro giorno. Utilizzammo le sterpaglie ed i rami secchi improvvisando un piccolo focolare e posizionandolo all'interno della tana della lepre per evitare che le fiamme si propagassero, incontrollate, nei dintorni. Tirammo fuori un cerino da una piccola scatola di carta che ci era stata donata da un pellegrino parecchi mesi addietro e strofinammo la capocchia di zolfo rosso lungo la striscia abrasiva che avrebbe compiuto il miracolo della combustione. Più complessa ed estenuante fu la scuoiatura della creatura, dovendo fare affidamento esclusivamente sul bastone appuntito che, evidentemente, non era adatto ad un compito del genere. Il pasto fu breve, orrendo da guardare per chiunque possedesse un minimo di civiltà e di buone maniere. Divorammo ogni parte della lepre lasciando soltanto le ossa, sporcandoci le mani, la bocca e i vestiti con il siero denso della carne ed i liquidi fetidi degli organi cotti maldestramente, asciugandoci la fronte imperlata di sudore tra un morso e l'altro, ansimanti per la febbre e la fatica della nutrizione forzata dal corso degli eventi. Sazi e doloranti, riprendemmo il cammino fino a tornare sul sentiero stretto e serpeggiante guardando, di tanto in tanto, l'orizzonte che iniziava ad imbrunire.

    "Abbiamo bisogno dei farmaci. Ci recheremo in città, qualsiasi cosa comporti"


    Per raggiungere la vicina cittadina di Takachiho occorevano quasi due ore per le persone in salute, più di tre per per tutte le altre categorie, compresa la nostra. Il sole batteva forte, soprattutto sull'asfalto della strada che collegava il santuario alla moderna città dove una volta abitavamo con la nostra famiglia, impiegati, come tanti, nel settore dei trasporti pubblici. I ricordi di quel lontano periodo svanivano poco alla volta, giorno per giorno, diventando ombre amorfe di uno scenario che cadeva a pezzi, inquietante e sacrilego come la corruzione che dilagava da tempo e di cui non ci eravamo mai curati.

    Il nostro compito era quello di ascoltare, di rimanere in silenzio all'approssimarsi delle voci e della loro verità. La caverna aveva bisogno di un guardiano paziente e noi eravamo nati per rispondere a quell'esigenza di cui nessun altro si sarebbe potuto occupare. Quel che ancora riuscivamo a capire, però, era il modo in cui avremmo dovuto interpretare delle parole che non rientravano nell'accezione classica del termine e che sfuggivano a qualsiasi tentativo di imbrigliarle in categorie comuni, comprensibili, fosse anche superficialmente.

    Con la mente assorta da questi ed altri dubbi, iniziammo il nostro lungo cammino verso la città di Takachiho.



    u3RWw9c


    narrato parlato "pensato" °telepatia°

    NOME Junichi
    ENERGIA Bianca
    CASTA Eletti di Gea
    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Sazio, stanco e febbricitante. Piaga infetta tra le scapole che necessita di cure.
    MENTE Determinato, di tanto in tanto assorto negli stralci dei ricordi passati.
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI Sto cercando di scrivere utilizzando la prima persona plurale per fini narrativi, abbi pietà :arross:

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




    TECNICHE



    Edit: errore di battitura corretto!

    Edited by Kalego - 5/8/2022, 21:06
     
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    Takachiho non è mai stata una città molto grande, poco più di quattordicimila anime per un'esistenza che gravitava attorno al turismo portato dalla gloria del santuario.
    Ora, con il tramonto dell'uomo, la cittadina è se possibile ancora più isolata e persa, preda degli elementi e di cose ben peggiori.
    La vegetazione serpeggia tra edifici, ampi rampicanti si avvolgono attorno ai centri della vita umana e li stritolano tra le loro morse, mentre resti ormai arrugginiti di automobili o altri mezzi di trasporto tradiscono il profondo abbandono di cui soffre ormai ogni luogo del pianeta. In giro trovi abbondanti i segni del passaggio di creature innominabili: profondi squarci di artigli che hanno tranciato marmo e acciaio come se fossero stati carta, resti umani semidivorati, e ampie fenditure nel terreno e negli edifici attorno, quest'ultima manifestazione di distruzione stranamente regolare e quasi geometrica.
    Importa poco, nella tua mente sono chiare le priorità.
    Neanche qui e ora le voci si interrompono, sussurri ai quali però tu, aguzzando l'orecchio, ti sembra quasi di comprendere. La realizzazione ti ferma dove sei; cos'è che stanno dicendo?

    Attento!
    Attento!



    jpg

    Il suono, unico e duale, ti scuote e ti risveglia alla verità che ti circonda: un gruppo di almeno sei creature quadrupedi stanno infestando le strade davanti a te, saggiando l'aria con lunghe estremità seghettate che schioccano come fruste. Non sembrano averti notato, ma hai pochi dubbi sul fatto che, se rimarrai fermo, è uno stato di cose che durerà poco. Cosa fare?

    CITAZIONE
    Angolo note: in città trovi sei di questi simpaticoni che stanno setacciando le strade. Non ti hanno ancora notato, ma dovrai superarli se vuoi sperare di raggiungere la tua destinazione. Inventati un modo per passare oltre, lasciando l'esito al condizionale.
     
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    C
    amminammo a lungo, accompagnati dai raggi del sole che arroventavano l’asfalto della stradina serpeggiante, l’unica che portava a Takachiho da Ama no Iwato. Grosse gocce di sudore ci imperlavano la fronte, corrugata da un’espressione severa, affaticata, dolente; la febbre continuava il suo corso offuscandoci, di tanto in tanto, la vista.

    “Ci lamentavamo sempre della lentezza dei bus, della mancanza di aria condizionata e dei modi burberi dell’autista. Quanto vorremmo sederci su uno di quei sedili sgangherati, tirare le tendine di tessuto rosso e dormire per tutta la durata del tragitto”

    I minuti trascorrevano interminabili ed i metri si avvicendavano l’un l’altro finché non furono troppi per poter proseguire oltre. La vecchia pensilina di una fermata del bus, coperta da rampicanti e danneggiata dal passaggio di chissà quale tipo di creatura, ci fornì l’unica sosta disponibile fino al cuore di Takachiho. Ci sedemmo a riposare, il bastone poggiato sulle gambe e le braccia aperte, ben lontane dal resto del corpo per non accumulare altro calore. Il cielo era terso e le nubi di fumo scorte al santuario non erano che un vago ricordo, così come il rumore delle esplosioni che ci avevano allarmati.

    «Himari…»

    Pronunciammo quel nome quasi distrattamente, un automatismo che credevamo aver ormai soppresso tanto tempo fa, quando ci lasciammo tutto quanto alle spalle, il lavoro, la famiglia e le ambizioni. Aveva i capelli neri, corti, con una frangetta che le nascondeva appena le sopracciglia sottili e leggermente arcuate, sempre distese, proprio come il suo sorriso. Amava disegnare i fiori di pesco che chiamava, scioccamente, mo-mu sebbene la madre le dicesse che non era quello il modo giusto di pronunciarne il nome. Ridendo e rispondendo con finta alterigia a Masako, comunque, Himari si ostinava a chiamarli in quel modo fanciullesco perché ai suoi occhi lo spirito del fiore era composto proprio da quelle due sillabe.

    «Dobbiamo proseguire prima che cali la notte. Le voci attendono il nostro ritorno»

    Il viso di nostra figlia tornò a confondersi tra le pieghe dei ricordi, null’altro che nebbia, priva di qualsiasi significato. Proseguimmo, passo dopo passo, finché non scorgemmo il cartello di benvenuto della città di Takachiho, arrugginito e piegato in modo innaturale su un lato, come se un enorme rapace vi si fosse poggiato sopra, incurvandolo orribilmente. Riconoscevamo alcuni dei locali e degli uffici del centro cittadino, dal supermercato della grande catena Lawson all’edificio che ospitava le Poste e tutti, indistintamente, erano caduti in rovina, preda di enormi rampicanti e piante infestanti di ogni genere.

    Le carcasse delle automobili e dei mezzi pubblici intasavano sia la strada principale, che divideva in due quadranti l’area cittadina, sia le vie laterali, piccole e strette, ampie a sufficienza per consentire il passaggio di un adulto ed un bambino affiancati. I segni della corruzione erano evidenti e la loro influenza, quasi tentacolare, aveva divorato ogni cosa, dissacrandola e riportandola allo scempio dello stato di natura, quando gli uomini avevano una sola legge, quella del più forte.
    Corpi divorati, edifici mutilati da squarci lineari che non avevano risparmiato nulla al loro passaggio, ridefinendo il concetto stesso di struttura abitativa in quello di desolazione programmata per soddisfare un egoistico diletto. Ci fermammo involontariamente nello stesso istante in cui le voci reclamarono la nostra attenzione, ogni muscolo bloccato dai dettami del sistema nervoso; l’epifania della grotta non poteva essere ignorata.

    «Attento!»
    «Attento!»

    Respirammo profondamente, una, due volte, fino a calmare il battito cardiaco che aveva iniziato a galoppare senza intenzione di chetarsi. Guardammo oltre un’ampia fenditura nel terreno riempita, in parte, da rottami e resti di vetture annerite dal fuoco e dalla ruggine. Un gruppo di creature deformi, quadrupedi, coperte da aculei rigidi che ne delineavano la colonna vertebrale dalla coda al garrese, pattugliavano la zona sferzando l’aria con un’appendice seghettata, vagamente assimilabile ad una lingua filiforme rivestita di barbigli.

    “Non ci vedono. Siamo abbastanza lontani da loro, ma ben visibili da qualsiasi lato della strada. Forse la loro vista non è così buona come quella degli altri predatori e hanno bisogno di saggiare l’aria con quella strana lingua”

    Entrare nella fenditura ci avrebbe condotti in trappola, rendendoci prede indifese che annaspavano cercando di avere la meglio su sei mostri creati per distruggere e lordare il mondo in ogni modo possibile. Camminammo lentamente verso la zona pedonale, evitando movimenti bruschi, mantenendo il contatto visivo con quei segugi contaminati nella speranza che proseguissero oltre la nostra posizione senza notarci. Entrammo in un piccolo negozio che più degli altri sembrava aver subìto la furia del caos, completamente coperto dalla vegetazione, privo di porte e finestre, rotte di chissà quanto tempo, ormai.
    Un corpo completamente scarnificato e danneggiato in più punti era addossato al bancone del locale, ricoperto da uno spesso strato di muschio verdastro, immortalato nella stessa posa dell’attimo in cui la vita lo aveva abbandonato rendendolo l’ennesimo pasto dei predatori.

    “Potremmo continuare ad avanzare usandolo come copertura. Se la lingua dei mostri dovesse toccarlo, non lo riconoscerebbe né come minaccia né come cibo, sperando che la loro dieta non comprenda anche le ossa dei mammiferi”

    Avremmo sollevato quei poveri resti senza sforzo, ma la febbre rese l’operazione faticosa, estenuante, mettendo a dura prova la nostra resistenza fisica. Sbirciammo fuori dall’edificio per controllare la situazione, aspettando che i sei abomini si allontanassero dalla strada per poter attraversare incolumi quel piccolo tratto che ci separava dall’ospedale ma la fortuna non era dalla nostra parte. Tutto era rimasto esattamente com’era. Dopotutto, non restava altro da fare che tentare di superarli nella maniera più pericolosa possibile, sfruttando ogni mezzo possibile per evitare un epilogo tetro ed estremamente doloroso.
    Uscimmo dal negozietto con le dovute cautele, stringendo il cadavere all’altezza delle costole e tenendolo di fronte a noi. Il tanfo era sgradevole e penetrante ed alcune parti della cassa toracica rischiavano di incollarcisi ai vestiti ormai zuppi di sudore. La luce del sole era abbacinante e scendeva a picco sia su di noi che sulle creature, proiettando ombre corte e dense ai loro piedi. Il momento adatto per agire era giunto e non ce ne sarebbe stato un altro migliore per tentare di raggiungere la nostra mèta. Iniziammo a camminare, sperando che i nostri calcoli fossero giusti.

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    narrato parlato "pensato" °telepatia°

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    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Stanco e febbricitante. Piaga infetta tra le scapole che necessita di cure.
    MENTE Impaurito, attento e concentrato.
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    RIASSUNTO AZIONI Recupero un cadavere in stato di decomposizione avanzata da un negozio e lo piazzo davanti a me come uno scudo, sperando che i mostri siano ciechi e vadano a caccia utilizzando soltanto le sensazioni che la lingua spinata restituisce al loro cervello. Cammino piano lungo il marciapiede tentando di evitare rumori bruschi.

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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    Edited by Kalego - 17/8/2022, 01:28
     
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    Lentamente, un passo alla volta.
    Avanzi, il puzzo del cadavere e soprattutto la sua consistenza al tatto è rivoltante, ma anche questo bisogna fare per sopravvivere. Ora che sono bene in vista, sperimenti esattamente cosa vuol dire avere davanti un'essere così contorto e terribile: paura. Non paura di morire, un terrore esistenziale ben più primordiale, come se la stessa cosa che ti definisce come essere umano ti stesse urlando di quanto sono sbagliati quelle creatura.
    Gli schiocchi delle loro lunghe lingue acuminate si fanno sempre più frequenti, ma questi non sembrano notarti o focalizzarti sulla tua avanzata mentre li oltrepassi. Per una volta sta andando tutto bene, ora devi solo allontanarti e poi li avrai supera
    Qualcosa si muove alle tue spalle. Uno spostamento d'aria netto, un tonfo sordo di carne che impatta contro asfalto; giri lo sguardo, un'altra di quelle creature è a poco meno di due metri da te.
    La sua grottesca estremità lo precede, con sciocchi ossei continui, e senza fare un suono si avvicina verso di te. Sempre di più.

    Un altro suono risuona nell'aria, e stavolta è foriero di un impatto così forte da sbalzarti a terra, come se un muro di vento ti avesse colpito alle spalle. Una cacofonia di schiocchi e stridii che sembrano rivolti verso un'altra direzione, e presto seguono altri suoni come di scoppi, seguiti da altri impatti che però ora sei più preparato a sostenere.
    La creatura che stava venendo verso di te è svanita con un balzo, attratta da qualsiasi cosa stia succedendo.
    Le voci risuonano di nuovo, e di nuovo le comprendi, ma stavolta... sono in disaccordo?

    Fuggi.
    Resta.

    Sai bene che non avrai un'altra occasione per dileguarti, eppure... senti l'innegabile puntura della curiosità farsi strada in te. Magari c'è qualcosa da vedere, a dispetto dei rischi.

    A chi dare ascolto?
     
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    TAKACHIHO NO SEISHIN
    III

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    I
    l piano sembrò funzionare, facendoci tirare un sospiro di sollievo che si trasformò in un gemito strozzato quando il tanfo di putrefazione ci investì nuovamente le narici. Un trucchetto vecchio come il mondo che funzionò a meraviglia anche con quelle creature anomale, bizzarre e terrificanti che risvegliarono il nostro senso del pericolo scuotendolo profondamente.

    "Noi... non dovremmo essere qui..."

    La febbre e la tensione ci immobilizzarono per istanti che parvero interminabili, trattenendoci dal proseguire verso la nostra meta. Quella sensazione di alterità aberrante colpì la nostra mente, il nostro cuore, perfino la nostra anima, attanagliando le membra e stringendole fino a provocarci uno sgradevole senso di nausea.

    "Figli dell'agonia. Forse non hanno un nome, ma è questo che la loro esistenza rappresenta. Un errore, una pennellata rossa su una tela blu scuro"

    Come un branco di randagi le creature continuarono a muoversi, a schioccare le appendici viscide in cerca di prede grattando l'asfalto con i loro artigli ricurvi e spessi, incidendolo in profondità. La città di Takachiho urlava mentre la sua pelle d'ebano veniva lacerata senza ritegno e le sue vene salassate, giorno dopo giorno. Ritrovando la compostezza e la lucidità mentale necessarie a superare lo stallo che ci aveva inchiodati al margine della strada, avanzammo tra le macerie, un corpo vivo ed uno morto in una stretta ripugnante che rappresentava alla perfezione il mondo moderno, un luogo violento dove sopravvivere era l'unica cosa che contasse veramente.

    Uno spostamente d'aria netto, repentino ed innaturale seguito da un tonfo sordo e pesante ci costrinse a fermarci ancora una volta. Anche se non potevamo ancora vederla, presagimmo la causa della nostra fine prematura. Il filo rosso del destino non era più collegato all'anima di Masako, ma alla grigia terra dei morti che ci attendeva con pazienza dal giorno in cui decidemmo di abbandonare ogni cosa per seguire le voci della grotta. Lentamente, ci girammo per poter affrontare la creatura che si stava muovendo senza esitazione verso di noi, la lingua lunga che frustava l'aria producendo suoni secchi e cadenzati.

    "Che misera fine, la nostra. Se solo potessimo tornare al santuario e liberarci di questa bestia ripugnante, la nostra vita tornerebbe ad avere utilità"

    Tutti gli sforzi e le privazioni che avevamo sopportato non sarebbero state altro che i tentativi di un folle di sottrarsi alla perversione del Caos, tanto appariscenti quanto patetici. L'ordine delle cose, però, è al di là della comprensione comune e fu un boato a ricordarcelo, il contatto duro e sgraziato di qualcosa con il suolo sconquassato, talmente potente da farci cadere rovinosamente a terra con il cadavere ancora tra le braccia. Lo spostamento d'aria era avvenuto alle nostre spalle.

    "Un altro predatore? Abbiamo sete e siamo troppo stanchi per pensare lucidamente. Dobbiamo... prendere... le medicine..."

    Fuggi.
    Resta.

    "Le voci... come...? Mi parlano ancora eppure... sono così lontano"

    La creatura che avevamo di fronte, attratta dal rumore, si dileguò con un balzo e così fecero le altre sei, ben più distanti ma non meno attente della prima. L'aria si saturò dei suoni prodotti dalle loro macabre appendici e di altri frastuoni simili a scoppi che monopolizzarono l'attenzione di quei mastini grotteschi; non avremmo avuto un'altra possibilità di scappare, non così ghiotta. Cosa fare, dunque? Le voci, da sempre concordi e criptiche, ci avevano mostrato due vie, distinte tra loro ed insondabili.

    "Cosa volete che facciamo? Perché ci lasciate decidere? Noi... dobbiamo solo ascoltare la vostra verità ed assistere senza interferire. Siamo dei semplici testimoni di una volontà superiore"

    Quello era il nostro compito eppure un vecchio rancore si destò, scosso dalle forti emozioni patite negli ultimi minuti. Le voci non avevano mai risposto alla nostra domanda, per quanto le pregassimo e rimanessimo in attesa. Svolgevamo il nostro compito con pazienza ma loro avevano sempre taciuto sull'unica cosa che avevamo osato chiedere nel corso degli anni.

    "Cosa cambia la natura di un uomo?"

    Di nuovo silenzio. Di nuovo, la stessa sensazione asfissiante di solitudine. Rimaneva poco tempo per decidere, lo sapevamo, ma non volevamo più rassegnarci a quella mancanza di considerazione. Scegliemmo una terza strada. Abbandonato il cadavere cercammo di raggiungere velocemente l'entrata di un piccolo bar semidistrutto, sbandando per la fatica ed il panico che ci serrava il petto in una morsa opprimente. Una volta all'interno, avremmo cercato un riparo, un punto sicuro dal quale poter vedere quel che sarebbe accaduto. Le voci sapevano tante cose e la loro conoscenza, forse, era in grado di penetrare anche il velo del tempo.


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    narrato parlato "pensato" °telepatia°

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    CASTA Eletti di Gea
    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Stanco e febbricitante. Piaga infetta tra le scapole che necessita di cure.
    MENTE Impaurito, attento e concentrato.
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI Le emozioni forti subite negli ultimi minuti mi scuotono dallo stato di torpore in cui verso dal giorno in cui ho abbandonato tutto per diventare un auscultatore della grotta [BACKGROUND]. Decido di scegliere una terza opzione (sempre se possibile, altrimenti modifico il post :yeye:), ovvero quella di entrare in un baretto poco distante, nascondermi e cercare di vedere quel che succederà, credendo che le voci abbiano predetto il futuro.

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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    Edited by Kalego - 7/9/2022, 18:05
     
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    Dai confini rovinati dell'edificio da te scelto come rifugio, riesci a porre lo sguardo sulla strada e su quello che sta succedendo all'esterno. Senti molteplici fragorose esplosioni, scoppi violenti che fanno tremare la terra e vibrare le pareti della baracca nella quale ti sei nascosto; vedi un'ombra vagamente umanoide apparire a tratti e poi svanire, e le creature quadrupedi sbalzate in ogni direzione in un battito di ciglia.
    Da lì la parete infranta ti fa pensare a qualcosa che hai già visto: nel momento in cui esci dalla caverna, allontanandoti dall'oscurità e osservando l'entrata del passaggio inondata da luce. Sebbene le tenebre portino conforto e leniscano ogni dolore, diano chiarezza e permettano di meditare con lucidità, ogni creatura, prima o poi, ha la necessità di uscire dal silenzio dei propri pensieri e avventurarsi nella luce. E per fare ciò, per compiere il necessario atto noto come Vita, ci vuole coraggio.
    Lo hai fatto anche tu, dopotutto.

    La realizzazione ti coglie, e con essa viene la sensazione di aver compreso qualcosa di importante sulla natura della caverna, cancellando ogni paura e inondandola della sacra luce.
    Quando una creatura viene scaraventata all'interno della struttura, ancora in vita, una nuova consapevolezza giunge.
    Ira.
    Questa cosa, questo insulto alla sacralità dell'esistenza, non può essere tollerato. Non deve essere tollerato; paura e allarme vengono sostituiti da sdegno e disgusto.

    Distruggi la creatura.
    Sai di poterlo fare, senti che qualcosa sta fluendo dalla caverna verso di te, dandoti un potere che... non avevi prima? O è sempre stato in te, e solo adesso te ne rendi conto?
    Importa?

    CITAZIONE
    Angolo note: abbastanza chiaro, prendi pure a metaforici pugni il mostrazzo piombato nel baretto. Sblocchi una versione base del cosmo, quindi capisci di poter fare esplosioni, raggi, sfere e quant'altro di non troppo complicato. Per ora sei a energia bianca, il mostrazzo con tutte le sue ferite è più o meno al tuo livello.
    Lascia la cosa al condizionale, come un normale duello. Hai la prima mossa.
     
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    E
    splosioni, rumori di ruderi in rovina ed il tetto del bar in cui ci eravamo nascosti che scricchiolava paurosamente. Il furore della battaglia, i suoni forti ed improvvisi che facevano tremare la terra rappresentavano vividamente la realtà che il mondo era costretto a patire da molto tempo e che noi avevamo dimenticato per prendere il nostro posto nell'ordine naturale delle cose. Quella era la cosa giusta da fare, la via da seguire ed il memento da non perdere mai di vista, qualunque cosa accadesse.
    Osservammo la scena inverosimile che si presentò ai nostri occhi, sbirciando con curiosità attraverso una delle tante crepe del muro perimetrale dell'edificio in cui ci eravamo rifugiati, cercando di distinguere i movimenti delle creature spinate e la sagoma di quel che le aveva attirate, qualche minuto prima, lontano da noi. Un'ombra, un profilo vagamente umano si muoveva tra loro, apparendo e scomparendo con una velocità tale da non consentirci di riconoscerne i tratti, forte al punto da scaraventare quei mostri in ogni direzione con la stessa semplicità di uno schiocco di dita. L'ennesima esplosione fece vibrare la parete del bar talmente forte da farla collassare, costringendoci ad uno scatto repentino per evitare di essere seppelliti sotto un cumulo di macerie.

    Serendipità. Quel semplice evento aveva risvegliato un'antica consapevolezza, qualcosa che sapevamo ancor prima di giungere, come Junichi, alla caverna di Ama no Iwato e di rimanere in ascolto, in silenzio, per tutti quegli anni. L'oscurità è un dono prezioso, un oblio che culla le anime inquiete concedendogli il lusso dell'attesa, della riflessione meditativa che non ha fretta di esprimersi in quanto non vessata dalle contingenze della quotidianità. Anche gli spiriti più puri, però, così come le creature che abitavano il cielo, la terra ed i mari, dovevano affrancarsi dalla prigionia del limbo e nutrirsi della vita; nel farlo, prendevano piena coscienza di sé, potendosi considerare completi.

    "La caverna nasconde ciò che deve essere protetto ma non smette di essere parte del mondo della luce, poiché essa è tale solo grazie all'esistenza degli opposti"

    Il giorno si alterna alla notte, il freddo al caldo, il caos alla legge, la giustizia all'iniquità. L'aria si riempì dei latrati osceni delle creature ed una di queste, un Figlio dell'Agonia, venne scaraventata all'interno del bar causando un secondo collasso della struttura, ancora in piedi solo grazie ai moderni sistemi di ingegneria sismica e ad una buona dose di fortuna. Orribilmente ferito ed ansimante, quell'abominio su gambe pareva sul punto di crollare da un momento all'altro, ma la sua carcassa non sarebbe stata di alcun sollievo per la terra che, in nessun caso, ne avrebbe tratto nutrimento. Stringemmo il pugno e provammo, ancora una volta, una rabbia sorda, profonda, senza limiti, un furore che credevamo di aver abbandonato in un passato remoto. La febbre era ancora alta ma a farci tremare non fu uno sbalzo improvviso di temperatura, quanto invece un sentimento d'ira che vedeva in quell'orrenda bestia del Caos una stortura da correggere, una malattia da debellare, una piaga purulenta da sanare nel minor tempo possibile.

    "Come faremo? Non ne abbiamo la forza, a meno che... da molti non torniamo ad essere uno. Dovremmo ricordare chi eravamo? Dovremmo tornare a soffrire, a preoccuparci degli affetti che abbiamo abbandonato? Dovremmo tornare ad essere i viandanti che cercano di comprendere la natura dell'uomo?"

    Le voci della caverna, diverse e potenti come gli affluenti del Fiume Azzurro, invece di sovrapporsi le une alle altre si sincronizzarono in una melodia incalzante le cui note evocavano il sangue, la guerra ed il massacro. La melodia del creato che andava oltre la materia, spingendosi fino agli astri remoti, risvegliò la nostra antica coscienza. La mia, antica coscienza.

    Serrai la mascella e concentrai quel potere, ogni sua singola stilla, nel pugno chiuso della mano destra. Spinto da un mare di coscienze che erano ormai una, accorciai le distanze con la creatura, deciso a spegnerla definitivamente, come un mozzicone di sigaretta sotto la dura suola di una scarpa. Caricai il colpo oltre la spalla e lo rilasciai insieme al potere che vi avevo accumulato, cercando di colpire il mostro all'altezza dell'inserzione della mandibola. Avendo una struttura corporea simile a quella dei quadrupedi, forse potevano presentare le stesse debolezze e gli stessi punti di forza.

    ezgif

    "Questa conoscenza... le voci mi hanno parlato così a lungo del mondo, ma non le ho mai capite davvero. Cercavo la salvezza nella molteplicità quando ciò di cui avevo bisogno era sempre stato a mia disposizione"

    Coraggio. Il mosaico di frammenti sparsi che ero sempre stato, ancor prima di visitare la caverna, iniziava ad acquisire un senso, sebbene fossi ancora lontano dalla verità.

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    RIASSUNTO AZIONI Principalmente filosofia eraclitea e sofismi vari, poi gigapugno all'inserzione della mandibola col succosissimo potenziale da Energia Bianca :riot:
    P.S.: la gif è solo estetica, non ho le placche di adamantio sulle dita :asd:

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    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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    Edit: errore di battitura corretto!
     
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    Il tuo pugno si abbatte rapidissimo contro il muso della creatura, la tua pelle tocca qualcosa che dovrebbe essere tessuto molle ma che è duro come metallo, una giunzione impossibile di muscolo e osso.
    Nonostante tutto, passi attraverso e l'esplosione seguente di energia è sufficiente per far saltare in aria la mandibola superiore del mostro. Si rialza di scatto, la metà superiore di quella che dovrebbe essere la sua testa schizza icore nerastro in ogni dove mentre si agita furiosamente di dolore. Dovrebbe essere morto, non è biologicamente possibile che quella cosa sia ancora viva, eppure continua a muoversi e a ringhiare, e ora la sua furia è diretta contro di te.
    La lingua scatta contro di te con il suono lurido di carne che scorre contro sé stessa, in un'estensione schifosamente innaturale: fa per avvilupparsi attorno alle tue gambe innanzitutto, poi con un unico giro della sua lunghezza, chiudersi attorno al tuo petto e torso e bloccarti entrambe le braccia mentre ti stritola con la sua forza.

    Ma questo è solamente un preludio per la vera offensiva della creatura, che inizia a gonfiarsi all'altezza di quello che dovrebbe essere lo sterno prima di emettere dalle sue fauci un enorme raggio di energia rossastra, intento a travolgerti nella tua interezza.

    CITAZIONE
    Angolo Note: complice la sorpresa, colpisci il mostrazzo e gli fai malino, ma se i corrotti andassero giù così facilmente non sarebbero un problema.
    Cerca di avvolgerti il linguozzo attorno per bloccarti e stringerti un po' (attacco debole), poi ti spara un megaraggio di cosmo base addosso (attacco forte).
     
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    P
    rovai un immenso piacere nel colpire quella mostruosità senza nome, una creatura figlia di un parto malato del disordine e della corruzione. Il solo fatto di averle strappato la mascella con un unico colpo aveva reso il mio cuore più leggero, facendomi raggiungere un senso di beatitudine che non ricordavo di aver mai provato prima. Congelato nell'istante in cui il mio pugno intriso di potere era entrato in contatto con l'abominio, quando la percezione del corpo e degli organi sensoriali aveva ormai raggiunto l'apice, capii che qualcosa era andato storto. Lì dove l'articolazione avrebbe dovuto cedere senza sforzo, si era frapposta una resistenza inaspettata, come se una placca di ferro avesse coperto o addirittura sostituito il punto molle che avevo cercato di sfruttare per eliminare definitivamente quell'orrendo flagello a quattro zampe.

    "..."

    Dall'orrenda mutilazione che ero riuscito ad infliggerle sprizzò un fluido denso e scuro accompagnato da movimenti scomposti e violenti. La sofferenza ed il dolore della creatura non riuscivano a suscitarmi alcun sentimento di pietà o compassione ma solo un profondo disgusto, a malapena celato dall'espressione severa e corrucciata che mi incorniciava il volto. Indietreggiai di alcuni passi, pronto a lasciare l'edificio per riprendere il cammino alla ricerca dell'ospedale, ancor più affaticato di quanto non lo fossi stato entrando a Takachiho quando un suono viscido mi riportò alla spiacevole durezza della realtà. La lingua ricoperta di barbigli del mostro scattò come una frusta, avvolgendomi le gambe in un battito di ciglia e bloccandomi, con un unico movimento, anche le braccia. Ero in trappola, immobilizzato dalla sua forza disumana che permettava agli uncini cornei della lunga lingua di perforarmi muscoli e carne con facilità, torturandomi e costringendomi all'impotenza.

    Più cercavo di divincolarmi, più sentivo il sangue stillare dalla miriade di piccole ferite che si estendevano sulla quasi totalità del mio corpo.

    "Vuole uccidermi dissanguandomi un po' alla volta, oppure vuole stritolarmi per potermi divorare con calma?"

    Le ipotesi iniziarono ad affiorare una dopo l'altra e, ad ogni domanda, cercavo di dare una risposta, stringendo i denti per ritrovare la lucidità necessaria ad elaborare un piano di fuga. In altri frangenti la paura mi avrebbe impedito di rispondere a quel dolore talmente acuto da farmi lacrimare, appannandomi gli occhi tra uno spasmo muscolare e l'altro, ma quel che ero stato prima del risveglio, prima della caverna, non mi apparteneva più. Le voci mi guidarono ancora una volta, consigliandomi di affidarmi unicamente all'istinto, al qui ed ora.

    Attento.
    Spostati.

    Lo sterno del corrotto cambiò conformazione, gonfiandosi a dismisura come se stesse per esplodere o prepararsi ad una qualche forma di attacco rudimentale.

    "Devo spostarmi ma... non riesco... più cerco di liberarmi e più mi..."

    ...stringe. Quell'appendice carnosa funzionava come le sabbie mobili, né più né meno. Tentare di liberarsi con la forza non avrebbe fatto altro che procurarmi ulteriore dolore. Avevo bisogno di tempo per trovare una soluzione ma il mostro era di tutt'altro avviso. Un raggio rosso di pura energia mi trapassò la spalla sinistra distruggendo quel che rimaneva della parete del locale. Ebbi appena il tempo di richiamare, sul mio corpo, lo stesso potere che mi aveva permesso di sfondare la mandibola della creatura, ma valse appena ad attutire gli effetti sinistri di quel colpo micidiale sparato a bruciapelo. Caddi in ginocchio mentre dal foro fumante, spogliato di muscoli e ossa, iniziò a scorrere un rivolo di sangue.

    "È... la fine? Le voci... non posso abbandonare la grotta... devo trovare la mia... verità"

    La lingua della creatura, ora, era assai meno stretta attorno alle gambe e alle braccia, come se quell'attacco avesse richiesto una quantità enorme di energia. Quanto mi rimaneva da vivere? Perché non ero crollato a terra privo di sensi? Che fossi anch'io una stortura della natura? Respirare era come trangugiare piombo e non riuscivo a muovere la parte destra del corpo ad eccezione della gamba, perforata in più punti dai barbigli cornei del mostro.

    Ira.
    Vendetta.

    Se il destino aveva deciso che quella sarebbe stata la mia tomba, il mio ultimo compito era sradicare la corruzione che animava la creatura, pronta a sbranare la sua preda, un uomo qualunque che si era isolato dal mondo per ritrovare se stesso. Boccheggiai per qualche istante mentre la saliva ed il sangue caddero a terra, mischiandosi alla polvere e al cemento in un amalgama marrone dalla consistenza gelatinosa.

    Un passo dopo l'altro.
    Mordi e strappa.

    002-80

    Morsi l'appendice carnosa con tutte le mie forze, attingendo all'energia delle voci che scorreva dalla grotta di Ama no Iwato fino a me. Sapevo di poterlo fare perché questo era l'unico modo per estirpare il caos alla radice. Forza con violenza, entropia con rigore e colpa con castigo. La colpa della creatura era quella di essere nata, di infestare la città e la Terra con la sua sola presenza. Tornai in piedi, curvo ma colmo di una determinazione che cresceva costantemente, simile ad un fiume in piena che non può essere costretto da alcun argine. Ogni morso era seguito dall'avvicendarsi dei miei passi che diventarono prima una rincorsa e poi un balzo finché raggiunsi l'obiettivo, scaricando l'adrenalina ed il potere accumulati nella gamba sinistra in direzione del cranio spezzato del caduto.

    "Caduto... non credo esista un nome migliore per quest'orrore"

    Più il battito cardiaco aumentava, più il mio torso e l'addome venivano bagnati dal sangue che scendeva copioso dal foro sulla spalla all'addome, proseguendo fino all'inguine per poi trasformarsi in grosse gocce che macchiavano i detriti sparsi al suolo.

    Una vita.
    Per una vita.
    u3RWw9c


    narrato parlato "pensato" °telepatia°

    NOME Junichi
    ENERGIA Bianca
    CASTA Eletti di Gea
    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Stanco e febbricitante. Piaga infetta tra le scapole che necessita di cure. Grosso foro che ha trapassato il muscolo sottoscapolare destro danneggiando anche la clavicola. Ferite multiple da perforazione su tutto il corpo causate dai barbigli della lingua del mostro.
    MENTE In Berserk, guidato dalle voci e dall'ira.
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI Vengo trattenuto dall'attacco debole del mostro [lingua] e mi becco il mega raggio sulla spalla assorbendo minimamante i danni con una patina di cosmo richiamata all'ultimo secondo [difesa], non essendo ancora in grado di sfruttare appieno i miei poteri. Mordo la lingua della creatura richiamando il cosmo per cercare, in tal modo, di allentare la presa ferrea del caduto ed attirare la sua attenzione sull'appendice che sta usando come catena/corda [AD], poi corro accumulando quel che resta del cosmo nella gamba sinistra. Concludo tirando un calcio diretto al cranio danneggiato della creatura sperando di finire l'opera.
    Modalità Discepolo di Pan -anche se non lo sono-: ON

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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    Il sapore è rivoltante.
    Nel momento in cui i tuoi denti si serrano contro ciò che ti sta trattenendo, avverti rivoli di rivoltante icore scorrerti in bocca. Sangue, o qualsiasi cosa passi per esso in quegli assoluti errori, che ti farebbe vomitare se non fossi così preso dalla volontà di distruggere quegli abomini.
    Il tuo morso lo coglie di sorpresa, e il calcio ben assestato sfracella ciò che rimane di quella forma blasfema e immonda. Il suo corpo pulsa e cade, carne ormai priva di forza e volontà, rovina al suolo e, dopo qualche tremore, smette di muoversi; ma la furia non si placa. Avverti altre presenze, due, ma ora i tuoi sensi si aguzzano: ti sembra quasi di percepire qualcosa di più.

    Guarda.
    Ascolta.

    Vedi tracce di distruzione farsi sempre più lontane, ascolti esplosioni e scoppi e urla, grida cacofoniche, percepisci qualcosa, una presenza. Non oscura, non errata come quella dei mostri davanti a te, ma non per questo meno aliena e incomprensibile. Altri due mostri sono davanti a te, ringhianti, ma il tuo potere continua a crescere. Il tuo coraggio straborda, il riflesso di una luce antichissima, oh così antica, e molto più grande di qualsiasi cosa tu abbia mai avvertito prima di questo momento.
    Non la comprendi, ancora.

    Sei pronto.
    Ritorna.

    Le voci ti chiamano, ti esortano a lasciarti dietro quelle insignificanti materie terrene, dietro le loro parole una promessa non detta e un urgenza malcelata.

    CITAZIONE
    Angolo note: molto bene, il mostrazzo viene ribaltato dalle tue botte. Il tuo entrare in più profonda comunione con la caverna potenzia ulteriormente il tuo cosmo, facendoti raggiungere un'energia gialla e dandoti controllo sull'elemento Luce. Fatto questo, risolvi pure lo scontro con gli altri due tipetti in maniera autoconclusiva sbizzarrendoti col tuo nuovo potere, poi scegli cosa fare e se rispondere o meno alla chiamata delle voci.
     
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    TAKACHIHO NO SEISHIN
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    L
    a creatura finalmente crollò a terra, tra spasmi muscolari e gorgoglii cupi. Avevo ancora in bocca il sapore di quel liquido viscoso e rancido che mi causava conati di vomito, mentre la spalla sinistra aveva preso a pulsare dolorosamente, facendomi digrignare i denti ad ogni passo e rendendo ogni respiro una tortura. Sputai un grumo di sangue e bile, cercando di riprendere il controllo della situazione e di attenuare la rabbia primordiale che non voleva cessare in alcun modo.

    "Ce ne sono altri... sento il loro fetore, i passi che si avvicinano e..."


    Guarda.
    Ascolta.

    Le voci della caverna non mi stavano soltando parlando, ma fluivano in ogni fibra del mio essere raccontandomi una verità che avevo sempre saputo, eppure dimenticato con il passare del tempo. Guardare ed ascoltare fanno parte della quotidianità, sono semplici azioni che ci consentono di interagire con il mondo in modo elementare, diretto. Anch'io, come tutti, avevo guardato ed ascoltato un gran numero di cose e creature, ma non ero mai riuscito a capire cosa significasse vedere nel senso più puro del termine.
    La luce filtrava nell'edificio distrutto da ogni punto, sfruttando i crolli per illuminare la mobilia rovinata ed inutilizzabile come un grande riflettore su un palcoscenico decadente. Mi avvicinai all'uscita facendomi guidare dall'antica saggezza della caverna, i sensi allerta pronti a cogliere ogni variazione, ogni sussulto discordante con l'ambiente che mi circondava.

    "Devo ascoltare il ritmo della terra... la sua armonia... il suo cuore che galoppa per ogni ferita inferta dai caduti..."

    Altri due mostri, della stessa specie di quello appena abbattuto, irruppero nel bar, sfondando intere sezioni di muro e saettando le appendici uncinate, sia come monito che come preludio ad un attacco combinato. La distanza che ci separava era infima, non più di qualche metro in linea retta e, considerando le mie condizioni, sarebbe stato impossibile reagire efficacemente ad un qualsiasi tipo di assalto a meno che non fossi stato più veloce degli assalitori.

    "Più veloce... se riuscissi ad essere più rapido di loro, potrei abbatterli con facilità"

    Dalla ferita alla spalla continuava a colare sangue e rimanere concentrato era un calvario. La mano destra, viscida e rossa per il contatto con il foro slabbrato lasciatomi dal primo caduto, mandava bagliori scuri che si riflettevano sui frammenti di vetro sparsi a terra. La luce immortalava ogni centimetro di pelle, ogni ombra che scivolava tra le dita, nascondendosi e cercando riparo tra le pieghe degli abiti strappati e laceri.

    "La luce rende chiara ogni cosa, mettendola a nudo e manifestandone l'essenza. Vediamo di che colore sono i loro organi e se sono in grado di sopportare la verità di una saggezza che si perde nell'alba della creazione"


    Espirai lentamente, richiamando il potere che la caverna mi aveva donato per poter fronteggiare le aberrazioni che avevano invaso e distrutto Takachiho e, d'istinto, cercai un contatto con i fasci luminosi che rischiaravano a chiazze la stanza. I pensieri correvano veloci in un flusso di informazioni confuse eppure coerenti tra loro, dal mito dell'origine e della creazione della Terra al crogiolo di luce che permetteva la vita tanto quanto era in grado di estinguerla in un battito di ciglia. Compresi di non poter superare le due creature con la semplice forza fisica o con la mobilità in una stanza piccola ed ingombra di macerie, quindi sfruttai quello che a tutti gli effetti era uno svantaggio tattico trasformandolo in un'arma da rivolgere contro i caduti.
    Manipolare la luce, anche in forme semplici, era estremamente complesso e richiedeva uno sforzo ideativo enorme. Ascoltando le voci della caverna ed osservando i fasci luminosi riuscii ad emulare un debole roverso¹ di luce, sottile, e lo rivolsi ad una sezione del soffitto che si trovava esattamente sopra i caduti, provocando un crollo ne rallentò i movimenti e li danneggiò abbastanza da indebolirli in vista della reale manovra d'attacco, quella che li avrebbe messi fuori gioco definitivamente.
    Il caduto alla mia sinistra riuscì ad evitare in parte il crollo del soffitto, venendo colpito soltanto ad una delle zampe posteriori grazie ad un rapido disimpegno laterale. Mi sferzò con la lingua irta di barbigli il fianco, strappando quel che rimaneva del mio vecchio abito rovinato, nient'altro che semplice tessuto grezzo, lacero ed inutilizzabile. La frustata fu dura, ma il dolore e le piccole ferite che si aprirono velocemente in seguito al colpo furono meno dolorose del previsto.

    "Dovrei temerli, avere paura per la mia vita e scappare, eppure non è questo quello che provo. La luce non arretra di fronte alle tenebre perchè è essa stessa a generarle nella grandezza della sua maestà"

    La seconda creatura, per sua sfortuna, non fu reattiva come la prima e venne travolta da interi blocchi di cemento che la costrinsero a piegarsi ed urlare la propria rabbia. Il suono di carne schiacciata fu il segnale inequivocabile per attuare la manovra successiva, l'unica in grado di estinguere la pretesa di quei due abomini di potersi considerare parte dell'ordine naturale delle cose.
    Aprii i palmi delle mani e li rivolsi in direzione delle mostruosità, scaricando l'energia accumulata in due getti luminosi, grezzi e concetrati che colpirono in pieno lo sterno dei mastini deformi. Da quello stesso punto, infatti, era partito il raggio rovente della creatura che aveva cercato di farmi fuori nonostante fosse stata privata di metà del cranio. La luce condensata attraversò lo strato duro di pelle dei caduti come burro e raggiunse lo sterno, unico punto in cui era ammassata una grande quantità d'energia, provocando una violenta reazione a catena che causò un collasso degli organi interni ed un'innalzamento della pressione corporea tale da risultare in un'esplosione di carne e frattaglie.

    Coperto di icore e resti fumanti, rimasi immobile a contemplare la scena ripugnante che mi si presentava in tutta la sua crudezza. Confinando sul fondo della coscienza le urla lontane e le esplosioni proveniente dall'esterno, cercai nuovamente una connessione con la caverna, stremato dalla fatica e dal dolore.

    Sei pronto.
    Ritorna.

    Dovevo abbandonare ciò che ero stato, il pellegrino in balìa del destino che si aggrappava ad ogni cosa cercando la stabilità in un mondo tempestoso, confuso al punto da scambiare la mèta per le coordinate ed incapace di scrutare oltre il velo delle apparenze.
    Una presenza incomprensibile, diversa da quella dei caduti ma non meno misteriosa, si trovava a Takachiho, ne ero sicuro. Qualcuno o qualcosa stava combattendo nelle vie della città, tra i palazzi distrutti e le carcasse sbiadite di automobili, pullman e qualsiasi altro mezzo di trasporto fosse sopravvissuto alla corruzione dilagante.
    Di nuovo solo, risposi all'esortazione delle voci, interpretando l'urgenza del loro tono come un segno inconfondibile di bisogno. Io le avevo cercate per anni, rimanendo in ascolto ed attendendo all'ombra del santuario e loro avevano atteso con pazienza il mio risveglio.

    a969448c10befb88f93cca58a0d69a0f

    «Ritorno per portare nuovamente nel mondo la vostra saggezza e la vostra verità, che è anche la mia. Mi resta poco fiato in corpo, ma sarà sufficiente per condurre all'oblio quanti più caduti possibili»

    u3RWw9c


    narrato parlato "pensato" °telepatia°

    NOME Junichi
    ENERGIA Gialla
    CASTA Eletti di Gea
    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Esausto e febbricitante. Piaga infetta tra le scapole che necessita di cure. Grosso foro che ha trapassato il muscolo sottoscapolare destro danneggiando anche la clavicola. Ferite multiple da perforazione su tutto il corpo causate dai barbigli della lingua del mostro.
    MENTE Determinato, guidato dalle voci e dall'ira.
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI Genero un fascio di luce sottile e orizzontale scagliandolo verso una porzione di soffitto che sta proprio sopra la testa dei caduti e provoco un crollo che li rallenta, ferendoli lievemente ed intralciandoli a causa dello schiacciamento [AD], poi genero due getti di luce dal palmo delle mani colpendo lo sterno delle creature così da provocare un bell'effetto a catena [AF]. Nel combattimento precedente, infatti, ho notato che questa particolare specie di caduti accumula energia in un punto specifico del corpo che si trova proprio nei pressi dello sterno, così ho pensato di ampliare il potenziale distruttivo del mio attacco facendo scontrare la luce condensata con l'energia dei mostri :zizi:

    roverso¹: colpo di spada orizzontale portato da sinistra verso destra e generalmente indirizzato al tronco del nemico. In questo caso sto emulando la tipologia di attacco, generando un semplicissimo fascio di luce orizzontale che va ad impattare contro il soffito per causare un crollo.

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




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    i have no idea what i'm doing

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    Ritorni, osservando come tali energie a te sconosciute iniziavano a fluire ovunque nella zona.

    Percepivi come i Corrotti uno dopo uno cadevano, ma non per tua mano. Qualsiasi cosa stesse avvenendo, sembrava che ti ignorasse come se tu fossi un qualunque sasso o albero della foresta, meno di un insetto, qualcosa che non avrebbe mai dato problemi.

    Eppure, la voce continuava a chiamarti, sempre più forte, chiedendoti, pregandoti di fare presto.


    Veloce, non è possibile fermarlo
    Veloce, non è possibile evitare la connessione.

    Tu sei l'unico che può rispondere al nostro richiamo.
    Tu che hai vissuto e contemplato in noi. Ma il tempo è giunto.


    Veloce.
    Veloce.


    Lui è qui.



    Una sagoma si erge davanti alla Caverna, e una mano inspiegabilmente umana per quella sensazione che ti inonda come onde di tempesta tocca l’aria davanti all’apertura.
    Simboli a te sconosciuti ma familiari, spirali di antichi kanji mischiati a differenti altre lingue si muovono come foglie morte, sovrascritte… da altro.

    Non senti una violenza nell’azione, è come se la strana figura stesse ricoprendo in qualche modo l’esistenza stessa della grotta, la cui voce sembra sempre più un sibilo che si perde nelle tenebre.


    La figura ti ignora, presa nel suo compito, ma senza andare di fretta.
    Ogni cosa intorno a te sembra bloccata nel tempo e nello spazio, ma la luce del Sole si alza, proiettando la tua ombra, ombra che sembra toccare le tenebre del sottosuolo, perdendosi in esse, sentendo quel legame e quella idea, quella volontà di voler difendere quel luogo da qualsiasi cosa stesse accadendo.




    CITAZIONE
    Angolo Note: Howdy, sono il nuovo master, scusa per l'attesa.

    Distrutto i Corrotti, ritorni verso la caverna ma ti accorgi che non trovi nessuno che ti blocchi, e nessuna presenza pericolosa, solo un senso di qualcosa di "innaturale" che circonde la zona. Non noti niente, ma è più come se avessero lasciato libera l'area dimenticandoti dentro che per una mancanza di attività.

    Arrivato, vedi una persona ammantata con un cosmo simile a quello che hai avvertito in giro tentare di "connettersi" alla caverna in qualche modo. La vicinanza ti fa risvegliare anche la tua seconda abilità (Oscurità) e la possibilità di sentire ancora meglio l'essenza e la volontà delle voci.

    Non sembrano volere questo, eppure questa misteriosa persona non sta forzando in alcun modo il suo controllo sul luogo, che sembra fluire in modo quasi automatico, riempiendo di questo cosmo alieno il vuoto della caverna a poco a poco.


    Agisci come ritieni più logico (e figo) e per qualsiasi cosa mandami pure un PM.

    Enjoy,
     
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    S
    correre, fluire con forza lungo gli argini come la corrente impetuosa del fiume Kitakami, eppure restare ancorati nell'alveo molle, intrappolati nelle radici filamentose dell'itadori. La città di Takachiho continuava a gemere, ribollendo di agonia per il male e le ferite inflitte da una corruzione che non conosceva riposo né pietà. Una dopo l'altra le presenze dei caduti vennero meno, piccole fiammelle tremolanti estinte da un vento implacabile che non portava il mio nome.

    "Qualunque cosa sia... chiunque li stia eliminando, mi ignora completamente"

    Le voci mi incalzavano, urlavano alla mia coscienza di indirizzare ogni briciolo di energia all'unica cosa che contasse davvero: raggiungere Ama no Iwato il prima possibile. Sanguinavo ed ero terribilmente stanco, ma un pellegrino che riesce a scorgere la verità dopo tanto vagare non può tornare ad abbassare il capo alla triste, nuda terra perché i suoi occhi hanno ammirato le stelle, le loro luci e la loro bellezza aliena. Corsi, sostenuto dal poco potere che ancora avevo in circolo e dalla ferrea forza di volontà che avevo costruito negli anni di solitudine e contemplazione, lasciandomi alle spalle la città in rovina e ripercorrendo lo stretto ed accidentato trerreno montuoso fino a raggiungere il bosco. Mi fermai per qualche minuto, il fiato corto e la testa in fiamme per la febbre alta che non ero riuscito ancora a curare; il braccio destro pendeva inerte lungo il fianco. Una fitta acuta, un dolore penetrante alle tempie riportò le richieste delle voci e della grotta, la casa dello spirito e la prigione di Amaterasu.

    "Perché questo nome? Conosco le tradizioni, so che il Sole è il suo dominio ma... ricordo anche la luce dei suoi occhi"

    La luce dei suoi occhi. Il colore è ciò che più si ricorda quando si riporta alla mente lo sguardo, l'atto stesso di osservare qualcuno con profondo interesse, ma io non avrei saputo descriverlo. Quel che sapevo, anche se non ne avevo memoria, riguardava un aspetto diverso del contatto visivo con la dea, qualcosa di più intimo e profondo. Qualcosa di estremamente personale. Strinsi i denti e continuai a correre, guidato dal terrore e dall'ineluttabilità di un destino amaro che si stava abbattendo sul santuario.

    Veloce, non è possibile fermarlo
    Veloce, non è possibile evitare la connessione.


    Tu sei l'unico che può rispondere al nostro richiamo.
    Tu che hai vissuto e contemplato in noi. Ma il tempo è giunto.

    L'ultimo tratto prima di raggiungere il santuario interno era ripido e accidentato, viscido a causa dell'umidità esalata dal piccolo corso d'acqua sottostante. Cercai di fare attenzione senza rallentare il passo, ma il dolore ebbe la meglio e scivolai maldestramente cadendo sui sassi levigati, a poco più di un metro dal punto più basso del sentiero. Ero stremato, a malapena in grado di mantenere una coerenza tra le voci che mi spingevano a proseguire ed i miei pensieri, la mia coscienza separata, il mio Io. Battei le palpebre più volte per mettere a fuoco la scena surreale che si impose ai miei sensi con una violenza maggiore di quella prodotta dal sangue e dal tradimento. Era la violenza del naturale svolgersi delle cose, una delle più grandi contraddizioni del creato.

    Lui è qui.

    Raccogliendo ogni briciolo di determinazione mi rimisi in piedi ed osservai un uomo, o almeno quel che pareva essere tale dalle forme disegnate dai deboli raggi di luce che sfidavano le asperità della grande volta della grotta. La sua mano si muoveva leggera nell'aria tracciando simboli che mi appartenevano ma non avevo mai usato, kanji ed ideogrammi antichi che si accostavano a lingue straniere in spirali concettuali impossibili da decifrare. Una sensazione terribile mi colse con la forza di un uragano, la stessa che la figura misteriosa aveva utilizzato toccando l'aria dove l'apertura della grotta si mostrava ai suoi visitatori.

    «Come le foglie lasciano i rami in autunno per poi tornare a rinverdirne le chiome in primavera, allo stesso modo tu stai cercando coprire il passato per scrivere un nuovo futuro. Tu porti uno strano oblio, viandante, perché si limita semplicemente a quello che rappresenta la caverna, tralasciando tutto il resto»

    Mi rivolsi alla figura ammantata istintivamente e, nel farlo, la mia ombra cresceva, allungandosi e sprofondando nelle viscere della terra dove l'oscurità dona riposo a chi non vuole essere visto, come lei. Lei non voleva che la sua debolezza splendesse alla luce del giorno, che i suoi fallimenti adombrassero la grandezza delle vittorie ottenute col sangue ed il sudore. Forse quell'individuo voleva cancellare tutto questo? Secoli, millenni di storia e preghiere, di voti mantenuti ed infranti, di desideri lasciati al cuore del santuario in cerca di una saggezza che li custodisse, puri, fino alla fine tempi. Questo non sarebbe accaduto.

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    «Cosa vuoi nascondere, esattamente? Quali sono le voci che intendi ridurre al silenzio?»

    Ogni cosa sembrava essersi arrestata in un istante preciso della storia del mondo, singoli tasselli che formavano l'imponente mosaico dell'esistenza ridotti alla stasi, privati del loro senso globale che era tale solo in funzione del movimento, del procedere del tempo e di ogni elemento secondo la concordia del codice.

    "Il codice. È sempre esistito nella sua semplice complessità poiché è alla base di tutto e, come le fondamenta di una casa, tutti sanno che ci sono anche se non le hanno mai viste di persona"

    Dovevo difendere il santuario ad ogni costo ma non avevo più forze per combattere, specialmente con qualcuno in grado di manipolare l'essenza stessa della grotta. Dovevo trovare nutrimento dall'unico luogo che potesse fornirmene in abbondanza e alla svelta. La piccola zona di terra e sedimenti ai lati dell'ingresso della caverna era stata testimone di tutti i pellegrini che vi erano transitati e, forse, aveva assorbito i residui effimeri delle loro speranze, delle loro paure, dei loro sogni. Bisognava guadagnare tempo ad ogni costo e distogliere quell'individuo dal suo compito prima che l'ultimo barlume di coscienza di Ama no Iwato sparisse per sempre. Se la connessione non poteva essere interrotta, come le voci avevano detto, forse avrei potuto cercare un contatto con la grotta senza calamitare le attenzioni del visitatore sgradito.

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    «Chi sei?»

    Lentamente, mossi l'oscurità generata dalla mia ombra verso la figura misteriosa, inviando solo poche propaggini dove si ergeva il piccolo altare rurale decorato con i fiori ed onorato con le offerte dei credenti. Volevo che il programmatore si concentrasse sulla mia voce e su quei miseri filamenti di oscurità che avrebbero giocato un ruolo cruciale nella composizione della scena distrattiva mentre, sull'altro fronte, avrei tentato di stabilire una connessione con la grotta fungendo, all'occorrenza, da backup dati vivente. L'energia che mi era stata donata per combattere i corrotti era l'unico legame tangibile con la caverna e la sua essenza, quindi sarebbe stata anche la via più semplice per entrarvi in comunione.

    "Che sia un programmatore? Può davvero riscrivere il codice a suo piacimento? Non permetterò che faccia i suoi comodi, dovessi soffocarlo con le mie stesse budella"

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    narrato parlato "pensato" °telepatia°

    NOME Junichi
    ENERGIA Gialla
    CASTA Eletti di Gea
    DARIAN Ama no Iwato [IV]
    FISICO Esausto e febbricitante. Piaga infetta tra le scapole che necessita di cure. Grosso foro che ha trapassato il muscolo sottoscapolare destro danneggiando anche la clavicola. Ferite multiple da perforazione su tutto il corpo causate dai barbigli della lingua del corrotto; a secco di cosmo.
    MENTE Determinato a salvare la grotta e ciò che rappresenta.
    STATUS DARIAN ///

    RIASSUNTO AZIONI Torno alla grotta per scoprire che un tizio ammantato cerca di sovrascriverla e, nell'ordine: scivolo sul sentiero ripido e viscido e cado a terra, più o meno a sei metri dal tipo, acquisisco l'abilità Oscurità e riporto alla mente delle memorie della caverna legate ad Amaterasu. Infine, dopo alcune provocazioni rivolte al signore inquietante dai poteri sconosciuti, cerco di manipolare l'oscurità generata dalla mia ombra per avvicinarmi a lui da un lato e al piccolo altare dove la gente è solita andare a pregare, dall'altro. Cerco di creare una connessione con la grotta utilizzando l'oscurità come "Link" e procedendo, qualora fosse necessario, a fungere da backup dei dati prima che lo straniero abbia finito di fare i suoi comodi :asd:

    ABILITÀ
    Il Ricordo dei suoi Occhi - Elemento Luce
    Quando entrò nella caverna capimmo che ogni cosa sarebbe stata diversa e che avremmo potuto finalmente vederla per quel che era. I passi delicati di Amaterasu non lasciavano alcuna traccia, ma l'acutezza dei suoi occhi ed il bagliore veemente che irradiavano avrebbero piegato anche un ateo a credere nell'operato di Gea. Di quel tempo ricordiamo assai poco ma la semplice presenza della dea ed il furore della sua luce ultraterrena raggiunsero le nostre orbite vuote e le riempirono dei colori accesi dell'estate, del mistero del movimento e della semplicità del mero esistere dei corpi immobili che abitano la Terra.

    In noi è rimasta la capacità di osservare le creature e la materia inanimata a partire dai punti in cui le particelle luminose colpiscono i loro involucri. Quando interagiamo con il Mondo della Luce attraverso il Codice riusciamo, in qualche modo, ad indirizzare i corpuscoli dei fasci luminosi e delle onde che lo compongono, addensandoli o disperdendoli, riflettendoli o diffondendoli con difficoltà essendo la padronanza di questo elemento ancora imperfetta e non del tutto risvegliata.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Interagire con quello che gli umani chiamano quanto di luce rientra nelle nostre capacità, sebbene il controllo di cui possiamo disporre non sia sufficiente a sfruttarne tutte le potenzialità. Possiamo addensare i corpuscoli della luce creando delle forme solide semplici, grezze, che non richiedano una strutturazione complessa dell'elemento, come scudi per poterci difendere o armi grezze per attaccare i nostri nemici; anche generare dei raggi sottili dalle qualità perforanti rientra nelle nostre possibilità. In presenza di luoghi fortemente illuminati, riusciamo a sfruttare il fenomeno di rifrazione per rendere difficile la localizzazione della nostra posizione.


    Il Dolore del suo Abbandono - Elemento Oscurità
    Conoscemmo la gioia quando ella posò lo sguardo su di noi e ci disperammo quando fu costretta ad abbandonarci per un vile tranello escogitato dagli altri dei, timorosi che la potenza vivificatrice del Sole potessere essere perduta per sempre. Nelle ombre eravamo nati e nell'oscurità più profonda saremmo tornati, consapevoli che fuori da Ama no Iwato la bellezza regnava sovrana e tutti potevano goderne senza sacrificio alcuno. Ci ritirammo negli angoli più bui della nostra essenza, nelle crepe delle pareti che formavano il nostro inconscio, spaventati e senza una direzione precisa. Imparammo a comprendere il linguaggio dell'Ombra, a piegarlo al nostro bisogno di sicurezza, a rispondere con crudeltà alle ingiustizie che il Codice prevedeva per il bene superiore dell'armonia. Esplorammo il Mondo di Tenebra perchè soltanto con l'accettazione ci saremmo potuti finalmente risvegliare ed andare a cercarla.

    Apprendemmo una dura lezione quando, per la prima volta, negammo alla felicità e ad ogni sentimento positivo di entrare nel nostro cuore, almeno finché avessimo dovuto manipolare l'Oscurità che imponeva il prezzo della solitudine. Trasformammo le lacrime in una sostanza viscosa simile alla pece e gli ansimi della respirazione irregolare in nebbie dense e asfissianti, cumuli tenebrosi che celavano chiunque avesse saputo sfruttarli. Riuscimmo a rendere tangibile l'amarezza del fallimento plasmandola in forme rigide e decise, a volte simili a lance acuminate ed altre a pesanti catene chiodate. Tale era l'infelicità causata dall'abbandono di Amaterasu da spingerci ad invocare l'Oscurità su chiunque fosse stato così avaro da sottrarcela tenendola soltanto per sé. Crogiolarsi nel dolore era cosa assai semplice, ma controllarlo e conoscerlo al punto da generare la sua manifestazione concreta, l'Oscurità che avvolge ogni cosa, è questione assai delicata, tanto da compromettere la sanità del corpo e delle sue funzioni.

    ❖ Quel che possiamo fare ❖


    Possiamo modellare la tenebra, rendenderla solida e concreta quando si mischia con il nostro cosmo, tanto da provocare danni fisici ai nostri nemici, oppure nebulizzarla così da farle assumere la consistenza di un gas in grado di occultarci, anche se non completamente, o di soffocare le vittime designate. Il dolore provocato dal semplice contatto con l'oscurità è tale da essere considerato superiore a quello indotto da un potere dello stesso rango.




    TECNICHE



    Edit: errore di battitura corretto!

    Edited by Kalego - 29/11/2022, 12:44
     
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    i have no idea what i'm doing

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    Il contatto avviene.

    Senti le infinite linee del Lifestream collegate alla Caverna Sacra unirsi a te e al tuo cosmo. La sensazione di ogni goccia di umidità che ricopre le rocce, di ogni piccolo insetto che si nasconde fra le sue fessure, di ogni lichene che si nutre dei rimasugli presenti. E le cosi le tue sensazioni entrano in loro, risanando nek frattempo corpo, spirito e cosmo.
    I ricordi dei giorni passati nelle tenebre concentrandosi solo sul sopravvivere fino a che non ci fosse stata più separazione fra uomo e natura, tali pensieri e diventano i loro, e insieme strali di Codice ritornano suoi propri passi. Deframmentando e rigenerando le sequenze ricoperte dal misterioso individuo che tolse lentamente la mano, per la prima volta mostrando di riconoscere la tua presenza.


    Senza tante cerimonie, voltandosi mosse lentamente il braccio dissolvendo le tue tenebre, guardandoti sotto ad antichi paramenti che nascondevano ancora la sua figura. Nonostante ciò, la sua presenza era opprimente, come se Ama no Iwato, sebbene sotto il tuo controllo, comunque si piegasse sotto la sua autorità.



    Chi sono, goccia di fango?

    Osi domandare con fare cosi impudente a colui che ha deciso di darti una possibilità di vivere per un altro giorno, alla luce del Sole di Amateratsu? Non rendere grazie e prendere la tua carne e il tuo spirito per fuggire lontano?

    E sia, se Ama no Iwato ha deciso di rendere una misero uomo suo Campione e Custode, vuol dire che sarebbe indecoroso non considerarti come una minaccia da schiacciare, tu scelto al posto del legittimo erede di questo luogo.

    Significa che otterrò la Caverna non solo per diritto di sangue, ma anche di forza.


    Hai chiesto chi sono?




    Un cosmo enorme scaturi attorno a lui, un cosmo antico e carico di Autorità che si estende per millenni. Una mano… una terza mano apparve dalla spalla e con un gesto plateale rimosse il mantello, mostrando un uomo senza età dai lunghi capelli corvini, il fisico tonico e con vestigia in onice che coprivano braccia e gambe, mentre nella mano sinistra brandiva uno yumi del medesimo colore.


    Sangue della Creazione

    Primo Sovrano Celeste

    Angelo della Sorte


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    Jinmu-tenno






    Dichiarati i suoi titoli e il suo intento, senza eccessive cerimonie l’angelo batte con forza il piede sul terreno, creando crepe sulla roccia dirette in tua direzione per tentare di sbilanciarti. Nel mentre, facendo un profondo respiro concentrò il suo cosmo in frecce di pura energia che vennero scagliate tramite il suo arco in una pioggia battente sopra la tua testa in un attacco ad area, pronto a investirti e trafiggerti in pochi istanti.


    La situazione era disperata, ma nonostante ciò sentivi come Ama no Iwato, dandoti il suo supporto, con le voci ormai silenti non perché morte. Ma perché erano diventate la tua voce.



    CITAZIONE
    Angolo Note:

    Ti sei riuscino a connettere e a bloccare qualunque cosa stava facendo il tuo amico. Il problema è che ora ha tutta la sua attenzione su di te.

    Il daimon tenta di sbilanciarti facendo letteralmente smuovere la terra sotto di te con la semplice pressione del suo cosmo (ad) per poi cercare di renderti un puntaspilli con una pioggia di decine e decine di frecce di energia (AF). Entrambie gli attacchi sono considerati Energia Rossa.

    Tuttavia, con la connessione ti sei rimesso abbastanza in sesto e un po' potenziato. Sei Energia Verde.

    Enjoy!
     
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23 replies since 5/8/2022, 09:18   1028 views
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