Stava tra terra e cielo con la spada sguainata in mano

Add Dr Stein - Gloria di Azrael Angelo della sorte

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    CRUNCH




    Le bocche sporche di sangue. La disperazione negli occhi. Il freddo e il ghiaccio che stridevano mentre il vento tagliava la pelle del viso, faceva male eppure non quanto quello che stavano facendo.
    Di nuovo un morso. Con gli occhi chiusi. Eppure sopravvivevano. Eppure continuavano a vivere.
    Le bocche si chiusero, un singhiozzo soffocato ma lo stomaco non brontolava più. Stranamente si sentivano meglio.
    In forze.
    Mors tua vita mea.
    Ma era giusto? Si stavano nutrendo dei cadaveri dei loro compagni...non dovevano...ma non avevano scelta. Ed era questo il terribile peccato che stavano commettendo.
    Perché avevano ucciso i più deboli. Sgozzati e il sangue caldo aveva lenito i geloni dalle mani. Mani che tremavano quando aprirono le gole. Mani che ora tenevano, come artigli e presse, i pezzi di carne da cui strappavano la carne di un amico, di una madre, di un fratello.
    Di uno sconosciuto.
    Che davano la vita. La davano a loro. Ma era giusto morire così?
    Un ombra svettò su di loro. Nero abisso. Il sorriso squarciò un volto fatto di oscurità mentre il vento soffiava inquieto e in esso una turpe risata.


    La morte è giusta.
    La morte non conosce morale. É un meccanismo affinché l'esistenza possa continuare. Un ingranaggio che se si rompesse l'intera struttura ne subirebbe le conseguenze.
    Si può dibattere se chi muore avrebbe potuto continuare a vivere e chi vive si merita la morte.
    Ma la Morte non si fa queste domande. Arriva. E basta.
    Non ha morale, né utopia, né idee, né dogmi. Non ha i legacci della fede o di un sogno. La vita affichè continui ha bisogno della morte. Così come il giardiniere strappa le erbacce e le foglie appassite da un roseto, la morte fa altrettanto. Perché tutto ha un inizio e una fine.
    E in questo perfetto equilibrio qualcosa stride.
    Un cancro oscuro ha attecchito in questo mondo.
    Si chiama Corruzione.
    La non morte. Una vita che non conosce fine. Una massa perversa che ingloba, consuma e divora ogni cosa che trova. E come cancro sta portando la Realtà al collasso.
    Chiunque muova i fili di questo assurdo piano lo sta facendo da eoni ed ere. Ma molti già si stanno muovendo.
    Chi a difesa, come gli Araldi di G.E.A preposti al suo controllo e alla protezione della Creazione della loro madre, chi come i Titani per riprendersi i loro antichi domini e il loro orgoglio disceso nel Tartaro con loro.
    E chi come i Daimon per conquistare e prendersi il controllo di tutto.
    Un Gioco. Un Gioco tra esseri immortali ed enormi che si scontrano per il predominio.
    Ognuno mosso da brame personali o per il controllo totale eppure la corruzione gioca su questo equilibrio la partita della variabile impazzita.
    Non è possibile farla avanzare. Non è possibile che continui a divorare tutto e a renderlo nulla.
    La vita deve avere la morte. Devono tornare i meccanismi affinché l'ingranaggio continui a muoversi.
    Ed ecco che gli occhi di Azrael si riaprono.
    La morte torna. Un aspetto della morte. Uno dei meccanismi in questo motore assoluto denominato Creazione.
    Torna. Il richiamo lo scuote e quegli che sono occhi dall'oblio tornano ad essere e a posarsi su tutto questo.
    Perché la morte è giusta.
    E c'è qualcosa che si muove al di là dei percorsi prestabiliti portando una morte che non aiuta il sistema ma lo devasta, lo distrugge, lo fa a pezzi sostituendolo con qualcos'altro.



    NOTE MASTER: Salve. Benvenuto in questa avventura.
    Considera questo post come una traccia per sbizzarrirti, parlare del tuo pg, fare qualsiasi cosa. Sia prima, dopo, durante il tuo risveglio.
    Sai solo che sei stato richiamato ad adempiere al tuo scopo perché vi è come una interferenza che sta creando un inceppo nel Sistema.
    Fermati proprio a questo punto.

     
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    Stava tra terra e cielo con la spada sguainata in mano

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    Sogno. Oblio e sogno. Se si dovesse provare a descrivere con parole umane quanto stava accadendo in quel momento non penso che si sarebbe potuta trovare una parola migliore. Ma nonostante ciò sogno non era che un simulacro vuoto rispetto a quanto vi era nella mia testa. Qualcuno avrebbe potuto dire che stessi dormendo, ma ciò, ovviamente, non era esatto, era una attesa, un'attesa lunga secoli. Il momento propizio, il ritorno, tutto sarebbe stato compiuto nel momento in cui mi sarebbe stato chiesto.

    E aspettando sognavo.

    I fiumi di pensieri simultanei che affollavano la mente partivano ciclicamente dallo stesso momento, inarrestabili, ma fissi; odiosi eppur sublimi.

    Vedete è giusto che inizi questo mio racconto da un momento ben preciso, il momento antecedente alla mia discesa sulla Terra, non la prima volta che mi mischiai agli uomini, il principio della mia missione che fu, magari - forse - un giorno sarà importante, ma oggi no, oggi sono rilevanti altri avvenimenti, quelli che mi sono oscuri e che non conosco a pieno; quelli che mi hanno rimandato tra gli uomini, non più come legge, ma come giudice. I tempi erano cambiati, lo percepivo, nonostante il mio "sogno" - si, continuerò a chiamarlo così per mancanza di termini intelligibili migliori - nonostante il mio torpore comprendevo che il tempo trascorreva e che nel multiverso qualcosa di profondamente sbagliato stava accadendo. Non potevo capirnela natura, nè il movente né tantomeno sapere cosa fosse in realtà, ma un sentimento di angoscia mi turbava e ogni volta che si faceva più forte, più presente, il ciclo di sogni e ricordi riprendeva e io continuavo a rimanere nel torpore della meditazione.

    Si accavallavano, come in un film senza inizio nè fine, tutti gli avvenimenti della mia prima "esperienza umana", termine improprio, ma esplicativo, li riviivevo come la mossa di una pedina all'interno del Grande Gioco, una pedina che a sua volta muoveva altre pedine inconsapevoli; rivivevo così la scrittura delle leggi per il popolo di Israele, la caduta delle mura di Jericho, il triste giorno in cui scesi come furia sui figli dell'Egitto, tutti questi avvenimenti continuavano a scorrere ad una velocità così folle da essere in perfetta stasi, finoa giungere al momento in cui tutto ciò cessò, mi venne ordinato di tornare e obbedii, da allora lo stato di trance in cui versavo si fece sempre più profondo e il Grande Sogno cominciò lì dove ebbe fine il Gioco.

    Tutto taceva da allora e Ananke muoveva i fili, come un motore immobile di un enorme macchinario perfettamente oliato, il mio intervento tra gli uomini come protagonista attivo non era più richiesto, almeno finchè il ciclo si interruppe nuovamente e il sogno cessò portando con sé la mia meditazione, che giunse al termine. Fui richiamato, le antiche reliquie che mi ero lasciato alle spalle in quei tempi che furono, vennero riportate a nuova luce e il mio Signore aveva nuovamente bisogno di un alfiere al suo servizio.

    Era il 21 Dicembre 2012.

    Un piccolo nugolo di luci iniziò a danzare, dapprima poche e lontane, non era possibile metterle a fuoco chiaramente per i miei occhi, avevano indugiato troppo a lungo sull'abisso perchè potessero rimanere incolumi alla vista del bagliore dell'alba. Alba, ecco si, era quello il chiarore che per primo investì le mie retine, gli occhi dolevano, chiusi e riaprii le palpebre diverse volte tentando di mettere in ordine i pensieri e le immagini. Una fitta alla testa, un dolore che non provavo da tanto, troppo, tempo venne a presenziare ed accogliere il mio ritorno. La messa a fuoco fu brutale, polvere e sabbia era tutto ciò che circondava il luogo del mio ritorno, una sensazione, come il profumo della più famosa tra le madeleine, mi accompagnava e mi ci volle poco per comprendere come mai tutto mi fosse stranamente familiare.

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    Mi rimisi in piedi, avevo preso una forma umana per mischiarmi tra la gente, mi era stata suggerita una forma atletica, prestante e veloce perchè il Profeta del passato, che agiva in maniera sottile e invisibile, avrebbe dovuto far spazio ad un agente più diretto e incisivo. Mi continuavo a guardare intorno oramai conscio dle perchè conoscessi in cuor mio quel posto, notai la vecchia cassa sotto le macerie, dissotterrata dal suo riposo, divelta e profanata del suo contenuto, vi rimaneva solamente una sciarpa bianca che usavo portare sulle spalle un tempo, la presi e la misi indosso, si abbinava bene anche al mio nuovo aspetto, instintivamente frugai le mie tasche. Erano lì, il mio "vecchio e caro vizio" - tanto ambito e mai realmente gustato - feci una profonda boccata di quel delicato intruglio di erbe, il suo sapore era così diverso da come me lo ero sempre immaginato, nonostante ciò lo assaporai con gioia. Il mio sguardo percorse i vasti spazi che mi si stagliavano d'innanzi, gli stessi che un tempo avevo imparato a conoscere come ricolmi di gente, luoghi e rumori, adesso erano macerie, rottami e sangue. Non sapevo, non capivo, perfettamente cosa stava succedendo così mi misi in viaggio con l'unico obiettivo di riportare ordine.

    Ordo Ab Chao.

    Passavano i giorni e la confusione cresceva, non riuscivo a comprendere cosa stesse accadendo, iniziò così il mio vagare per la Terra e ovunque andassi lo scenario non si discostava troppo da quello visto durante il mio risveglio: devastazione, ma qualcosa strideva ancora di più in quella nota di profondo dolore, una “radiazione cosmica di fondo” che non veniva registrata a pieno dal mio Io.

    Il tempo passava e la mia ricerca di informazioni continuava, una voce a Ovest, un sussurro più a Nord, piccoli pezzi di un puzzle di cui non riuscivo a comprendere l'immagine, ma piano piano si stava componendo, l'inverno era iniziato quando raggiunsi la Sierra Nevada in America, California. Erano giorni che camminavo, a volte con la neve alta fino al ginocchio, il freddo era tale da spezzare il fisico e piegare la volontà anche all'uomo più forte e risoluto. Quando la neve pareva aver vinto il mio spirito giunsi in cima, lo spettacolo di un'alba vista rifrangersi sulla neve era qualcosa di incommensurabile, solo abbassando gli occhi però la meraviglia che tanto aveva attratto i miei occhi, lasciò spazio allo sgomento nel mio cuore: sangue, brandelli di carne e viscere umane inzozzavano il sentiero al di sotto.

    Mi chiusi in preghiera, tentando di far arrivare le mie parole a Tiresia che mi aveva mandato per uno scopo, un obiettivo ben preciso...

    «...Ma quale? Qui non pare avere nulla più un senso.»

    Una sensazione di freddo mi corse su per la schiena e il sentore di pericolo mi spinse a voltarmi. Ma nulla, se non me e le mie paure umane, troppo umane.


    Nome: Azrael  Energia: Bianca  Armatura: Gloria di Azrael [IV]


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    NARRATO    
    «PARLATO PG»    
    «PARLATO ALTRUI»    

    ✧ Stato Armatura Integra[IV]

    ✧ Condizioni Fisiche Perfette anche se leggermente infreddolito;

    ✧ Condizioni Psichiche Agitato;

    ✧ Abilità//

    ✧ Tecniche: //


    ✧ Note: Forse sono andato un po' lungo, ma la trama mi ha dato modo di parlare e mi son fatto trasportare. Spero di non essere andato fuori traccia e di non aver sforato il punto di arresto.



    Credits per la grafica della scheda: Dr. Stein



    Edited by Dr. Stein - 7/9/2022, 23:17
     
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    II


    Lo scopo della morte cerchi. Il tuo scopo. Ritornare nel Sistema per far funzionare l'ingranaggio ormai fermo e bloccato. Confusione nella testa.
    Perché non sei più tu. Devi ritrovare te stesso e con esso lo scopo di chi ti ha formato. Lo scopo che fa di te Azrael. E allora che qualcosa attraversa la tua essenza. Non solo nella mente ma anche nel corpo, nell'anima, tutto quello che fa di te Azrael viene scosso, viene proiettato in piani di esistenza e dimensionali che nessuna mente potrebbe reggere.
    Nessuna
    Tranne la tua.


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    Sei in mani che non sono mani. A guardare Eoni scorrere, contrarsi, nascere, diventare, essere. Forme che si disgregano le une sulle altre come liquido che trabocca.
    Il Multiverso
    Vedi galassie nascere e contrarsi.
    Poi la voce ti attraversa. La tua essenza si disgrega e si riforma ad una velocità superiore a quella della luce. Assisti allo scorrere del tempo ad una velocità tale che sembra essere in un caleidoscopio di immagini e sensazioni, di colori e di suoni. E sopra tutta questa cacofonia quella voce ti ferma e ti riporta all'attimo presente.
    Una voce. Ma sembrano infinite. Sovrapposte eppure distinguibili. E solo allora che qualcosa ti attraversa. La consapevolezza di chi è di fronte a te.

    L'Oracolo


    «Vai a Namibia.
    Azrael il tuo ruolo è riportare ordine nel caos. Un Caos strisciante in un torbido mare di corruzione. Qualcosa opera in quelle terre ed è da fermare. Ordine ed equilibrio per le anime.
    Invece di essere un pasto per altri.»


    Poi tutto si ferma. Esplode e si scioglie davanti ai tuoi occhi. Pentagrammi e sigilli si muovono impazziti andando l'uno a confluire negli altri, diventando tutto e niente allo stesso tempo.
    E sei di nuovo in questo piano della Realtà. Con la consapevolezza che non sei più una zattera sperduta in un oceano di dubbi; né sei più preda di correnti avverse che ti trascinano in luoghi remoti facendoti perdere.
    La Namibia è il tuo obbiettivo. Lì si annida qualcosa. Ora lo sai.


    NOTE MASTER: Hai la visione dell'Oracolo.
    Puoi trovare il tutto a questo link Cliccami

    Nel tuo essere senza scopo e sbattuto in questo Gioco da Immortali, ti si danno le coordinate per riessere Azrael e portare equolibrio alle anime che a quanto pare qualcosa sta scardinando.
    La namibia è il tuo obbiettivo. Le tue percezioni una volta giunto ti trascinano verso un villaggio (libero di descrivere tutto anche l'ubicazione).
    Ma un appunto: il villaggio è stranamente pieno di vita. Se ti fermi ad interagire con qualcuno, o appena sei entrato, fermati pure.

     
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    Stava tra terra e cielo con la spada sguainata in mano

    II

    La sensazione dietro la schiena sparì non appena mi voltai, non c'era nessuno, inoltre il sole era praticamente sorto quando un suo raggio, riflesso dalla candida neve mi costrinse a chiudere gli occhi.

    Il freddo svanì e, ripresa la vista, fluttuavo nuovamente, non più senza forma, ma nei miei panni umani ed innanzi a me il tutto, una sensazione a me tanto cara e nota che finora non avevo mai saggiato imbrigliato in quella forma fisica, vedevo il multiverso in tutto il suo splendore attraverso gli occhi umani; le mille sfumature dell'infinito erano ancora più sfavillanti e le trame di milioni di mondi si dipanavano e restringevano davanti a me, l'espansione di centinaia di stelle e la loro lenta decandenza in nane bianche o buchi neri non durava che millesimi di secondo, mentre io restavo lì, sospeso a farmi cullare da quella sensazione di armonia e pace; finché sentii un richiamo possente quanto antico che riportò al presente il mio pensiero.

    La Mente di Metallo, l'Oracolo, mi aveva offerto una visione, un dono e un obiettivo per iniziare a tirare le somme di quanto stesse accadendo; la sua voce - o forse erano milioni di voci sovrapposte? Non saprei dirlo per quanto comunque cristallina appariva per le mie orecchie - era profonda quanto l'abisso e il solo essere lì a fluttuare davanti a quella manifestazione di pura energia mi fece ritornare un po' di forza di volontà.

    La visione - non pensavo veramente di essere stato dinanzi ad uno degli esseri più riluttanti a mostrarsi che l'Universo conoscesse - mi parlò di un male da fermare, nelle sue parole colsi un indizio, una idea mi venne allora in mente su quelle che forse potevano essere pratiche di cannibalismo o forse un qualche rituale sciamanico volto alla consumazione dei defunti. Finanche del loro spirito.

    "Un pasto per gli altri" quella frase continuava a ronzarmi in testa mentre mi dirigevo verso la mia meta designata, l'Africa, più precisamente un piccolo centro cittadino del sud-ovest della Namibia. La nave cargo sulla quale mi ero imbarcato ingrassando un pochino lo stipendio del pingue capitano danese, tale Escarrendtar Olsen, mi fece arrivare senza troppi problemi fino al porto di Lüderitz; la traversata andò tranquillamente, il vecchio della ciurma mi prese in simpatia, un uomo abbastanza magro per stare su di una nave del genere, che durante uno dei nostri pasti si mise al mio fianco e attacò un discorsone - aiutato anche dall'abbondante vino della serata - sulla bellezza dei vari porti

    «...Si, Rotterdam è il porto più bello del mondo, ma nulla raggiunge lo stupore di quando la luce si alza su Lüderitz, la Monaco del deserto.»

    In realtà non mi aspettavo granchè da quel posto, me lo immaginavo come la brutta copia di un porto europeo alla fine, ma la città portuale mi stupì era veramente un festival di luci e colori, le case raccontavano una gioia di vivere che, però, non si riscontrava tra le strade gremite di gente, sentivo inoltre che il mio viaggio non era ancora finito.

    Ero arrivato da poco più di un paio di giorni in quel posto, quando per puro caso mi imbattei in un vecchio cimitero locale, una fitta di dolore mi trapassò le tempie e una sensazione di smarrimento mi colse, avevo perso la cognizione del tempo e avevo perso di mente il mio obiettivo, per qualche strana ragione mi era passata la sensazione di sbagliato che percepivo e che fino a quel momento mi aveva guidato.

    Ma ecco che d'un tratto ritornò da me, alla vista di quel luogo sacro, un presentimento viscerale di mancanza e errore, avevo come il presentimento che l'anomalia che sentivo fosse vicina, ma non così come pensavo, mi sentivo come uno dei messi di Ulisse approdato dopo tanto mare sull'isola dei Lotofagi: quasi felice di percepire nuovamente quell'errore nelle trame del mondo.

    Mi incamminai verso l'entroterra, sarebbe stato un viaggio periglioso e lungo da fare, diversi giorni di cammino verso quello che
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    sembrava essere puro deserto, non sapevo bene perchè ma sapevo di dover andare verso sud-est. Passarono diversi giorni finchè non arrivai, la pelle era mangiata dal sole e la camicia era più un ricordo doloroso che un vero indumento, avevo bisogno di una doccia e di un cambio.

    «Per fortuna ho fatto scorta di sigarette e fiammiferi, ma...cos'è quel posto?»

    Mi fermai ad osservarlo, da fuori pareva il tipico villaggio dell'Africa centrale le case in paglia e fango con le mura di protezione in legno, sembrava uno stereotipo uscito fuori direttamente da un libro di storia anni '50, entrai, la sensazione di essere giunto nel posto giusto venne combattuta solo dalla stranezza del posto: la quantità di vita che vi era, non avrei mai potuto immaginare di trovare quella vitalità all'interno di un posto del genere in un luogo dimenticato dalla civiltà.

    Un uomo anziano dalla barba bianca e dai capelli crespi mi si palesò all'ingressò del villaggio, era particoarmente arzillo per l'età che dimostrava

    «Salve buon uomo sono A...»

    Mi interruppi, presentarmi come Azrael non è forse la cosa più intelligente del mondo, così, con un sorriso per l'idea che mi era venuta, continuai

    «mi chiamo Erza e vengo da molto lontano, ho viaggiato a lungo a piedi e non so dove mi trovo, potrebbe aiutarmi?»

    Non avrei fatto fatica a farmi passare per uno sperduto viandante che si era allontanato troppo dalla sua guida turistica così conciato, speravo solo che se la fosse bevuta.



    Nome: Azrael  Energia: Bianca  Armatura: Gloria di Azrael [IV]


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    «PARLATO PG»    
    «PARLATO ALTRUI»    

    ✧ Stato Armatura Integra[IV]

    ✧ Condizioni Fisiche Perfette anche se decisamente accaldato e anche un po' assetato;

    ✧ Condizioni Psichiche Incuriosito dal villaggio e dai suoi abitanti;

    ✧ Abilità//

    ✧ Tecniche: //


    ✧ Note: Arrivato in Namibia, approdando al porto di Lüderitz avverto una sensazione che mi manda sempre più a sud est come richiamato da qualche cosa che non so ancora spiegare, la stessa sensazione di "sbagliato" che mi attanaglia da quando mi sono risvegliato.


    Credits per la grafica della scheda: Dr. Stein



    Edited by Dr. Stein - 9/9/2022, 17:44
     
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    III


    Qualcosa sfarfalla. Una sensazione che scivola addosso al Daimon per poi perdersi chissà dove. Appena messo piede fu colto come da un conato. Come un malessere. Sensazione vero...ma lo era? O era solo la sua forma incostante? Il suo non essere ancora parte di un meccanismo più grande?
    I piedi alzarono una nuvola di terra e sabbia. Un semplice gesto. Una semplice domanda e allora perché il mondo improvvisamente aveva cessato d'essere?

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    AGONIA
    TUTTA DA INFLIGGERE



    Cos'era questa visione? Perché sentì come se qualcosa lo attraversasse a livello spirituale? Come se la sua coscienza, la sua essenza, quello che lo rendesse Azrael per un attimo, un singolo attimo ma che sembrò lungo un eternità, venisse cancellata dal flusso di tempo e coscienza.
    Si sentì mancare ma le mani di quell'uomo lo presero subito. Mani forte. Vigorose, calli e dita dure come roccia. Mani di chi lavorava duro. La vita non si coglieva sugli alberi, ma veniva coltivata, veniva raccolta col sudore della fronte e la forza della propria schiena.


    «Che hai ragazzo?
    Pfu! Il deserto fa brutti scherzi a volte e questo sole non aiuta. Andiamo all'ombra. Acqua e frutta ti rimetteranno in sesto. Non ho mai capito perché voi giovani dovete sempre fare i super eroi. Quelli lasciali ai fumetti. La fantasia è fantasia ma la realtà è la realtà e il deserto è un infame bastardo. Bisogna trattarlo con i guanti. Mio nonno diceva...»



    Un grugnito mentre mise il braccio del daimon sulla sua spalla, reggendolo di peso.

    «Il deserto non è il mare. Il mare è capriccioso il deserto è un figlio di puttana insensibile.»


    Il fresco asciugò il sudore del viso. Si sentì meglio all'ombra, con una brocca d'acqua fresca, frutta e un una bella pagnotta calda. Il forno del villaggio era in attività, così come il villaggio. Il suo mercato florido. Il commercio buono.
    In anni così disastrosi questo posto sembrava un angolo di paradiso.
    Non c'era corruzione. Non c'era morte senza scopo che faceva cadere le anime nel nulla.
    Nulla.
    Solo vita.
    Lo scalpiccio dei bambini, una risata, l'incudine a battere il ferro, le pagnotte calde che lievitavano nel forno. Sudore, fatica, campi arati ma niente morte, niente dolore, niente di quell'assurda malattia che aveva contagiato il mondo.

    «meglio vero?
    L'acqua è la miglior compagnia per chi si avventura nel deserto. »


    Lo squadrò da capo a piedi.
    La curiosità.

    «Oshikuku. Ma forse lo dovresti sapere, vero? Oppure hai camminato senza meta? Cosa sei un santone?»

    Curiosità. Domande legittime.
    L'urlo.
    Un gol.
    Una delle due squadre formate aveva appena segnato, tra le risa generali e il malumore degli altri. Le risate dei bambini con i loro giochi.
    La normalità in un mondo ormai preda di caos e vuoto.




    NOTE MASTER: Hai completa libertà d'azione.

     
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    Stava tra terra e cielo con la spada sguainata in mano

    III

    La terra sotto i piedi venne meno per l'ennesima volta, da quando mi risvegliai erano più le volte che non capivo cosa stesse succedendo e che strani mancamenti mi coglievano che non le volte in cui stessi bene, non sapevo come mai ma il senso di straniamento cresceva e non voleva saperne di placarsi.

    Dopodichè qualcosa di ancora più strano accadde, una sensazione o forse una visione non saprei cosa fosse di preciso, ma sicurmante nulla di buono; le parole strozzate dal suono più simile a quello di unghie sulla lavagna che di un essere senziente raggiunsero le mie orecchie e una figura ammantata di tenebre senza volto mi apparve.

    Fu nell'istante in cui mi sentii svenire che dei calli con attorno delle mani mi ripresero, la stretta salda e forte intorno al mio braccio e la voce dell'uomo che tentava di rassicurarmi

    «Eh si, penso che tu abbia proprio ragione, purtroppo a questo punto credo di aver sovrastimato le mie capacità. Il mare lo gestisco meglio a quanto pare»

    L'uomo mi aveva praticamente preso di peso e mi trascinò ai piedi di un grande albero vicino una piazzetta in cui dei bambini giocavano, la frescura e le cibarie che mi venivano offerte mi rimisero in sesto, la calura parve scemare e quella che era stata una visione di pochi attimi pirima parve un lontano ricordo perso per sempre.

    La situazione nel villaggio era cacofonica, era un errore, lo percepivo c'era qualcosa che non tornava, mi ci volle un pochino per capirlo, il sole aveva picchiato forte contro la mia testa, non riuscivo a focalizzare i pensieri, poi quell'uomo non la smetteva di parlare, domande incessanti che finivano a scombussolarmi come una sassaiola.


    «No, non sono un santone, sono solamente...perso. Si credo che perso sia la definizione giusta. Oshikuku eh? Non ve la passate per niente male, questo posto pullula di vita»

    Eccola! Idiota che non ero altro, tutto quello che non capivo era proprio lì nascosto nel migliore dei modi: lasciandolo in bella vista. Quel luogo era un ginepraio di attività, non c'era traccia di nulla che andasse male era come se il boom economico fosse appena esploso nel villaggetto e tutti ne stessero beneficiando. La vita era proprio l'elemento che risaltava così prepotentemente ma così subdolamente si lasciava cercare.

    Mi alzai e girai lo sguardo nella piazza, l'urlo dei ragazzini mi aveva distratto dal mio ragionamento, un goal. Un altro momento di gioia in un mondo sconvolto dalle disgrazie e quel villaggio, come una specie di Shangri-La ante litteram, che se stava immerso nel fango a cantare di felicità.

    «Non credo di aver capito il tuo nome, ma lascia che ti faccia i complimenti per la situazione nella tua città, un paradiso in terra...»

    Non mi piaceva. Non mi fidavo e non capivo perchè. Sapevo solo che la sensazione provata all'entrata di questo villaggio aveva toccato corde molto profonde del mio animo. Non mi piaceva.

    Mi rimisi sotto l'albero, una sigaretta per far fluire i pensieri era ciò di cui avevo bisogno, poi magari fare buon viso a cattivo gioco e vedere dove portava la corrente, con il mare me la cavavo ma il deserto sa essere un figlio di puttana no?

    «Che ne dici di portarmi a visitare questo posto? Così magari capisco come mai la sorte ha voluto portarmi qui e se vorrai essere tanto buono da spiegarmi come mai questo villaggio pare essere sospeso in un mondo tutto suo te ne sarò grato»

    Non era il caso di andare all in, dopotutto il mio era un bluff palese, ma come in ogni bluff che si rispetti puntai forte ugualmente, vediamo se avrà le palle di venire a vedere.

    Misi la sigaretta in bocca e guardai la fiamma scaldare la carta e dare fuoco al tabacco, feci un lungo sospiro e una scarica mi colse dietro la schiena come un brivido alla prima boccata di nicotina, per un secondo pensai fosse un altro mancamento, mi girai verso il vecchio. Sbuffai fumo caldo dalle narici e con un sorriso aspettai la risposta.


    Nome: Azrael  Energia: Bianca  Armatura: Gloria di Azrael [IV]


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    ✧ Stato Armatura Integra[IV]

    ✧ Condizioni Fisiche Quasi ottime, ancora leggermente accaldato ma decisamente rifocillato;

    ✧ Condizioni Psichiche Sospettoso del villaggio e dai suoi abitanti;

    ✧ Abilità//

    ✧ Tecniche: //


    ✧ Note: Sconcertato dalla visione, riesce a capire cosa trova di strano in quel villaggio, l'eccesso di vita rispetto a tutto il resto del mondo in cui ha viaggiato finora. Il che non fa altro che insospettirlo.


    Credits per la grafica della scheda: Dr. Stein

     
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    IV



    «Non è che sei un predone?»


    Lo disse con una tale noncuranza che fu strano.


    «Ma se anche lo fossi saresti un pessimo predone. Anche se fossi assoldato da uno dei signorotti della guerra locali che ancora pensano di comandare.
    Non si riducono così quelli.
    Sei passato dal mare...sei strano


    Più di quel posto?
    Più di questa situazione?

    «Dakarai.
    E se ti stai chiedendo se ha un significato il mio nome si ce l'ha. Significa allegria.»


    Calzava a pennello. Il modo di fare, di parlare, di gesticolare. La risata, gli occhi vispi e attenti , quel corpo che nonostante l'età era ancora attivo ed energico.


    «Perchè? Ti ci vorresti trasferire? Aspetta...devi mandare ai tuoi compagni che hai trovato un buon posto per fare razzie? Così ti rifaresti del calcio in culo che t 'hanno dato?
    Ma non sarebbe meglio lasciar perdere? Come lo hanno fatto una volta lo rifaranno ancora. Lascia perdere.»


    «Ma in ogni caso farti fare un giro non ci vedo nulla di male.»

    Strana sensazione. Non gli importava minimamente che fosse o meno un predone.
    La zona era da sempre terreno di caccia per quei bastardi travestiti da esseri umani, la corruzione non aveva mitigato la situazione, ma reso più brutale assalti, la sopravvivenza, persino la morte era diventata quasi una compagna.
    Una facile scappatoia. Sempre che non fosse la corruzione a ghermirli. E li non si poteva più parlare di morte. Persino vivere sarebbe divenuto una prigione.
    Per molti combattere era l'unica scelta. Per altri la morte per mano di esseri umani era preferibile alla Corruzione. Le violenze fatte da esseri umani erano gestibili.
    Perché sempre di esseri umani si trattava.
    Ma quando non erano fatte da esseri umani?
    Ecco che un colpo di pistola in bocca era preferibile a quello che poteva succedere dopo.

    «Poi se vorrai dire ai tuoi compagni di questo posto starà a te.
    Preferirei non lo facessi ma mica posso dirti quello che devi o non devi fare, no?»


    Il sorriso sornione di chi non ha preoccupazioni. Di chi vive con leggerezza d'animo.
    Un santo?
    Aveva raggiunto un elevazione spirituale?

    «Mondo tutto suo? Addirittura!
    Magari lo fosse non dovremmo preoccuparci ancora di Corruzione, gente strana, morte e devastazione. Siamo solo fortunati. In un mondo in lotta con cose che non capiamo.
    Ma per fortuna Chuku scese tra di noi.»


    L'intervento di una divinità?
    Probabile visto che questo villaggio era rigoglioso, fertile, campi arati a nord e ad ovest, dei forni in cui il grano veniva reso pane, magazzini per i viveri. Le case erano basse ma ben costruite, solide, la gente attiva tra attività varie tra cui irrigazione, coltivazione, caccia, falegnameria, carpenteria. Commercio.
    Sia di viveri che di materie prime. Era grande il villaggio. Altri si erano uniti alla sua protezione.
    Avevano uomini e mezzi.


    «Chuku ci concesse la sua protezione. Noi rendiamo grazie alla sua misericordia e grandezza. Tutto quello che vedi viene da Lei. Noi siamo solo poveri mortali che la veneriamo e lei ci da in cambio la serenità da un mondo distrutto e in guerra.
    I nostri bambini giocano e le lacrime non adornano più il loro viso, i ragazzi si sposano, le donne ridono e le famiglie hanno sicurezza e serenità. In un mondo devastato Chuku ci protegge.»


    Poteva essere vero?


    «Ma posso capire che non ci credi. Come non ci credevo io la prima volta. Come tutti noi.
    Eppure eccoci qui. Vuoi ammettere il contrario?
    Hai detto che ti ha portato qui la sorte...ti sei perso...tutto può essere allora. Chissà forse anche questo fa parte del suo disegno. predone o meno che tu sia.»


    NOTE MASTER: Hai completa libertà d'azione.

     
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    Stava tra terra e cielo con la spada sguainata in mano

    IV

    Ho sempre pensato che quando si cerca un eroe, bisogna partire dalla cosa di cui ogni eroe ha bisogno: un cattivo. Per questo, cercando il nostro eroe Azrael - che poi sarei io ed eroe mica mi ci sentivo troppo, mai stato un eroe e mai l'ho voluto essere - dovevo trovare prima i miei antagonisti. Uno era sicuramente qui ed era alla mia portata: la Vita.

    Quel villaggio continuava a pullulare e odorare fino al più profondo buco interrato di Vita, era ovunque, pareva che la stessa Fontana della Giovinezza sgorgasse dalla piazza centrale. Certo il vecchio mi parve un po' tocco, ma il suo sorriso scaldava veramente il cuore, ma a mano a mano che parlava riuscivo in qualche modo a capire che non fosse poi così sospetto, era solo uno che si era spaccato la schiena per campare in un posto dimenticato da tutti

    «Predone? Io? Sarei il peggiore di loro o la più grande delle spie»

    La risata mi venne dal profondo come non capitava da tanto, ero forse la persona più lontana da un predone che in quel momento riuscissi ad immaginare; ma la cosa che mi fece ridere è che effettivamente l'accostamento non era così sbagliato, il loro - forse inconsapevolmente - bene più grande era la Vita all'interno del villaggio, e beh inutile sottolineare che il mio ruolo un giorno sarebbe stato quello di eradicare il loro spirito dalle mortali spoglie, per quanto doloroso questo potesse sembrare...

    «...Un eroe ha bisogno del proprio antagonista...Scusa pensavo ad alta voce. No, non sono un predone Dakarai, sono solamente uno che si è perso e ha avuto la fortuna di arrivare qui»

    Il che era vero, non ero mai stato così perso in eoni di esistenza, ero il dente scheggiato in un ingranaggio ben oliato, non mi piaceva la sensazione, ma non riuscivo neanche a vederlo l'ingranaggio figuriamoci a rimettermi al suo interno; perciò presi il giro turistico come un momento per riconoscermi in quella diversità.

    Il vecchio parlava visibilmente orgoglioso di quanto stesse succedendo in quel posto, comprensibile, dopotutto chi non lo sarebbe stato? Un posto in cui non dovevi preoccuparti di trovare il tuo vicino sopra di te durante la notte pronto a infilarti un coltello nei reni, era decisamente un bel luogo in cui vivere, la proverbiale canna del gas in quel paese mi sembrava solo una lontana iperbole.

    «Chuku hai detto? Non penso di aver mai avuto l'onore di conoscere quella che immagino sia una divinità, nè di suoi fedeli, parlami di lei. Come mai dici che sia stata opera sua? Si è forse rivelata a voi in qualche modo?»

    Non avevo mai sentito quel nome "Chuku" che diamine è? Una qualche divinità tribale? Non ho mai sentito questo nome, così come non capisco perchè il mio istinto mi abbia portato qui, l'Oracolo ha parlato di Caos Strisciante, che sia questo il male a cui voleva illudere? Un essere così perverso da travestirsi da benefattore per farsi...si potrebbe essere...

    «Immagino abbiate delle Chiese in cui poter adorare la Divina Chuku, è possibile assistere? Sono un tipo curioso e quando vengo a conoscenza di qualcosa di nuovo mi piace lasciarmi trasportare da questa mia curiosità»

    Possibile che fosse una mia supposizione sbagliata, l'ennesima da quando avevo intrapreso il cammino, ma le parole dell'Oracolo mi tornarono alla mente come un fulmine che squarcia la notte, di come le anime fossero diventate da queste parti nient'altro che " un pasto per altri"

    Il mio sguardo girò frenetico quasi tradendo la calma con cui avevo tentato di parlare, cercava una qualche impronta terrena del Dio, come aveva fatto a ripulire quel posto dalla Corruzione? Sembrava fin troppo bello.

    Nome: Azrael  Energia: Bianca  Armatura: Gloria di Azrael [IV]


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    NARRATO    
    «PARLATO PG»    
    «PARLATO ALTRUI»    

    ✧ Stato Armatura Integra[IV]

    ✧ Condizioni Fisiche Buone, rifocillato;

    ✧ Condizioni Psichiche Incuriosito;

    ✧ Abilità//

    ✧ Tecniche: //


    ✧ Note: Inizia a fidarsi del vecchietto ma comunque è ancora guardingo, volendo capire, chi o cosa sia Chuku inizia ad investigare su questa divinità


    Credits per la grafica della scheda: Dr. Stein



    Edited by Dr. Stein - 29/7/2022, 12:00
     
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    stava tra terra e cielo con la spada sguainata in mano
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    «Perchè non si fa vedere troppo spesso.
    Nemmeno io credevo agli Dei...»


    Lo guardò a fondo.


    «Non credere che non abbia capito cosa vuoi fare. Tu mi prendi per pazzo, e ci sta anche come discorso. Figurati se esistono gli Dei. Credevo fossero solo un mucchio di stronzate. Non è che pregando un Dio cade la pioggia o i campi si arano da soli. Così come quando ero giovane pregare non ci salvava dai predoni, dai signori della guerra e dalle violenze.
    Lo so che non ci credi ma è così.»


    Era così. Ed era vero. Benevolenza?
    Poi qualcosa interruppe la sua esistenza in questo piano di realtà. Ancora una visione.
    Morte e distruzione. Una risata a riecheggiare in un mondo morto, anime depravate che si cibavano le une con le altre.
    Una visione di disperazione e malvagità più turpe.
    Fluttui per metà tra cumuli titanici, tremante e spaventato, nel vortice cieco dell'inimmaginabile. e subito un brivido correre sulla schiena. Un brivido mentre il caldo dell'africa scema dalle tue mani e dai pensieri; poiché mentre cammini in questa landa disperata, intorno alla tua anima, in alto in un cielo spazzato da u vento malevolo, lo scintillio lunare infernale. Nevi impercettibili e inesplicabili, spazzate via in una sola direzione, dove si stendeva un abisso tanto più nero per le sue pareti scintillanti.
    E lì qualcosa a divorare tutto questo. Ridendo a crepapelle; di gusto, con un iniquità tale che la visione si spezza e il vomito prende lo stomaco. Un sentore di nausea mentre le parole del vecchio tornano alle orecchie.
    A questa realtà. A questo tempo e sei di nuovo qui.
    Realtà? Finzione? Eppure quel gusto acre sul palato, quella stretta allo stomaco, ogni tua fibra che urla come a volersi ribellare, a voler portare morte e distruzione a chi sta trasgredendo alle Regole del Grande Gioco. È il tuo compito. È la tua missione. Lo scopo della tua creazione. Ogni cosa vibra di una consapevolezza nuova. E il mondo lo si inizia a guardare con occhi del tutto nuovi. Come se fossi un neonato che apra i suoi occhi per la prima volta su questo mondo.

    «Ma se vuoi restare libero di farlo.
    Non credo che Chuku gradirebbe alzate di testa. Non sei il primo a farlo...non sarai l'ultimo. Eppure lei ci protegge.
    Sempre lo farà...»


    C'era qualcosa che non andava. Era come trovarsi di fronte ad un vetro che distorceva la verità delle cose.
    Qui qualcosa si era annidato. Qualcosa che si nascondeva ma la cui presenza non poteva essere occultata al Daimon. Perché?
    Perché era come se ne avvertisse la presenza. Seppur lieve la traccia l'avvertiva al livello della sua stessa esistenza.
    Qualcosa strisciava non visto eppure c'era. Qualcosa stava accadendo.
    Qualcosa si nutriva di anime. Quella visione era chiara. Ma chi e che cosa?
    Il villaggio era quieto. Erano umani. Il loro cosmo, le loro anime, non erano state toccate...eppure...eppure ora i suoi occhi e la sua presa sul suo ruolo si erano espanse.
    Ora poteva sentire la vita. I loro spiriti.
    Le anime e i loro sussurri. Eppure anche quelli tacevano.
    Vita. Ma non morte.
    Oppure una perfetta illusione per depistare?




    NOTE MASTER: Sblocchi spirito grazie a questa visione oscena di cose depravate.
    È come se qualcosa avesse attivato una parte del tuo compito, come se prendessi più coscienza del tuo ruolo. Ancora non lo sai controllare ma puoi avvertire gli spiriti di chi abita nel villaggio e sfruttarlo per le tue indagini.
    Il vecchio ti accoglie in questo villaggio e non sembra avere nessuna paura, né la popolazione stessa. Ora puoi tranquillamente aggirarti e dare la caccia a chi sta dietro sto casino.

     
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    Stava tra terra e cielo con la spada sguainata in mano

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    Non credere agli Dei, buffa questa, se solo l'allegro vecchietto avesse potuto scorgere una frazione della verità, su chi fosse il suo interlocutore veramente, su chi io fossi.

    «No, non è una questione di credere o meno agli dei; sai, in un modo che forse è diverso dal tuo, ma anche io sono un discreto fedele. Mi preoccupa altro amico mio.»

    Mi girai sorridente sperando di placare i suoi dubbi, quando di nuovo una strana sensazione, come quando una televisione perde il segnale e le immagini si sovrappongono per millesimi di secondo, poi di nuovo il buio. Fluttuavo appena sopra una coltre di nevischio spazzato senza sosta da un vento innaturale che soffiava inclemente da dietro le mie spalle.

    «Neve? Di nuovo neve, eppure mi ritrovo in Namibia. L'AVEVO RAGGIUNTA LA NEVE!»

    Avrei voluto urlare in quel momento ma nulla, neanche un impercettibile suono uscì dalla mia bocca che impietrita rimase a guardare quelle anime divorarne alrte per poter saziare una fame che non era loro. La nera voragine, più nera della notte stessa, resa splendida e luminosa dal contrasto con la neve che al confronto pareva essere solamente una pallida imitazione del bianco puro a cui ero abituato; attraeva la mia attenzione come un maelstrom. Forse non era il vuoto al suo interno però che mi attraeva quando più quella sadica ed egoistica risata che ne fuoriusciva, come moderno Ciacco tra i golosi mi chiamava e mi disgustava.

    Il disgusto si fece tangibile e una morsa allo stomaco interruppe lo scenario macabro, abbassai lo sguardo un attimo per riprendermi e mentre facevo questo gesto così istintivo e naturale una sensazione mi colse, oramai ero acclimatato a quel modo di fare ero pronto, ma nulla, il "glitch" rimase ma io non venni trasportato in luoghi innevati nè in presenza dell'Oracolo. L'Errore era reale.

    Neemia? Come mai il ricordo di quell'uomo si fece vivo in quel momento? Ricordavo una sensazione antica, risalente ad anni, secoli e millenni prima, strano che proprio adesso si riversasse in me il ricordo.

    الشبح


    Alshabah, il djinn islamico, il grande spirito dei nativi americani nonchè l'anima cristiana, ecco cosa mi ricordava quel momento, ecco perchè mi ricordai di Neemia; fu lui a dire che ero in grado di vedere "I fantasmi" - povero ragazzo, ma che amico fedele, non rivelò mai a nessuno questa mia capacità - in effetti le anime che avevo imparato a vedere a quel tempo e che dal mio risveglio non si erano ancora mostrate, si mostrarono all'improvviso, causando un senso di vertigine ai miei occhi fuori allenamento. C'era un problema, è vero scorgevo intorno a me i visi e le anime della popolazione, ma un velo ottundeva il reale, uno sfarfallio nella mia percezione, un sovrapporsi di immagini in movimento.

    La realtà stava subendo un'alterazione, non solo la realtà materiale, ma anche l'etereo, il mondo spiritico era camuffato sotto questa grande menzogna, come una cupola che chiudeva questo posto. Dove diamine sono finito? Una seconda morsa allo stomaco, questa volta non era dovuta dalla visione in sè, ma dalla consapevolezza, dal capire che qualcuno stava facendo di questo posto il proprio parco giochi personale e che questo andava a incrinare il meccanismo del vero Gioco.

    Mi fermai a controllare il mio Cicerone, era davanti a me e potevo vederne le spalle, parlava con una signora, una sua conoscente forse, ma ciò che vidi mi inchiodò sul posto



    «Dakarai, scusa per averti arrecato disturbo e grazie per il tuo aiuto, ti lascio alle tue cose, io faccio un giro e poi vado via. Se non ci dovessimo rivedere, stammi bene amico mio.»

    Vedevo più o meno chiaramente quello che stava succedendo, ma non lo capivo, o meglio mi rifiutavo, anime erranti e senza meta che infestavano il villaggio senza la possibilità di riposare in pace, una calamita che non lasciava andare le povere paglie di ferro ecco cosa sembrava quel posto, anzi dal comportamento di alcuni di quegli spiriti sembrava che volessero scappare, da qualcuno o qualcosa. Forse quell'essere nella mia visione ha veramente trasformato questo posto nel suo magazzino personale di anime?

    Dovevo assicurarmi di una cosa, perciò aspettai che Dakarai si allontanò e feci qualche passo in giro per il villaggio, certo non era Manhattan ma non era piccolo il posto, si vedeva che la nomea di "posto felice" aveva attratto i poveri abitanti delle zone limitrofe come moscerini alla carta moschicida; così mi presi tempo e girai per il posto cercando quello che sarebbe dovuto essere il cimitero.

    Per evitare troppo dispendio di energia che non potevo certamente permettermi data la mia situazione fisica e il fatto che forse avrei dovuto affrontare qualcosa di brutto, quest'ultima era più una sensazione viscerale che una vera certezza, ma comunque era meglio andarci cauti, dopotutto non era saggio sforzare un potere riacquisito da poco, inoltre vedere quelle povere anime in pena senza nessuna pace non faceva altro che aumentare il mio senso di impotenza, non potevo essere vinto dalla tristezza e dalla rabbia.

    Iniziai a camminare, cercando quello che in ogni villaggio non poteva mancare: un cimitero, lì avrei potuto forse trovare il bandolo della matassa, il famoso pulsante per resettare quella situazione e, magari con un po' di fortuna, il bastardo che si celava dietro tutto questo orrore.

    Un misero recinto di pietra separava quello che doveva essere il luogo di riposo delle anime dal resto della cittadina, diverse lapidi erano presenti, ognuna di un materiale e con una foggia diversa, oltrepassai il muretto, tutto sembrava calmo, stranamento calmo.

    «Ananke guidami e dammi la forza, الشبح»

    Con un filo di voce, quasi in preghiera, utilizzai il poco cosmo in mio possesso per poter tornare a vedere il mondo spirituale, un breve istante di raccoglimento ed aprii gli occhi sperando di non trovare quello che in realtà vidi:



    Anche in quel posto la sensazione di un velo che mascherava la realtà, che questa fosse in qualche modo camuffata e contraffatta; ma più grave di tutto il resto: le anime non dimoravano lì. Non vi era nessun trapasso, nessuno a riposare in pace, non vi era proprio niente; gli spiriti dei defunti non erano mai arrivati da quelle parti. Ma come è possibile? Ho bisogno di parlare con una di queste anime, vediamo di iniziare a farle collaborare. Presi una sigaretta e tirai una profonda boccata per rilassare i nervi tesi.

    Adesso tutto sta nel trovare uno spirito e farlo parlare, facile no?


    Nome: Azrael  Energia: Bianca  Armatura: Gloria di Azrael [IV]


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    «PARLATO PG»    
    «PARLATO ALTRUI»    

    ✧ Stato Armatura Integra[IV]

    ✧ Condizioni Fisiche Buone;

    ✧ Condizioni Psichiche Innervosito e anche spaventato;

    ✧ Abilità

    • الشبح [Alshabah]:
    Capace di attingere il potere grezzo dell'energia spirituale, Azrael lo utilizza per portare micidiali attacchi direttamente all'anima avversaria causando un tremendo dolore e uno sgomento tale da indebolire anche la tenacia del nemico, intaccandone la determinazione e la forza di volontà. In casi estremi può portare chi subisce questi colpi a perdere conoscenza e finanche la propria anima. Al contrario, però, il corpo non è intaccato da tali offensive che non lasciano segni esteriori sul nemico, rendendola una abilità infida da individuare ad un occhio esterno, non potendo distinguere con precisione cosa ha inflitto tanto dolore al nemico che ha subito la tecnica. Inoltre, è in grado anche di modellare tale energia per imbastire difese grezze a protezione del suo stesso spirito.


    ✧ Tecniche: //


    ✧ Note: Iniziando a vedere il velo di schifo che ricopre il posto indago sul cimitero per scoprire che anche qui è presente lo stesso errore, anzi anche peggio. Decido poi di iniziare a cercare indizi direttamente dagli spiriti per capire chi li sta tenendo bloccati qui.

    Credits per la grafica della scheda: Dr. Stein



    Edited by Dr. Stein - 8/8/2022, 16:58
     
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    VI


    Le anime erano irrequiete. Ognuna di loro sembrava impazzita, relegata a vagare senza meta in questo mondo. Cercavano una via di fuga, perché sentivano che questo mondo non era più loro, che non appartenevano più a questo piano d'esistenza e soffrivano in un mondo che non potevano più toccare, che non potevano più vivere.
    Angoscia, disperazione, odio e paura.
    Questo il daimon sentiva provenire da quelle anime vaganti che turbinavano attorno a lui, per poi vagare senza meta, senza schema.
    Perché?
    Domanda esistenziale, domanda la cui risposta avrebbe dato senso ad una storia senza schema, senza punti cardinali, senza angoscia.
    Perché quelle anime facevano ribollire l'essenza di Azrael. Non c'era dogma, non c'era regola, c'era solo caos.
    Un caos che portava la disperazione a diventare qualcosa di torbido che avrebbe affogato quelle anime facendole diventare una minaccia. Un male ancora più oscuro.
    Non doveva essere così. Bisognava portare la Legge a chi operava in questi luoghi.
    La paura era palpabile, così come la bramosia. Le anime più restavano in questo mondo più non se ne distaccavano. Più odiavano e più sarebbero diventate una minaccia per i vivi. Come se questo avesse dato loro una seconda occasione. Ma per tutto vi era un posto ben preciso nella Legge Dell'Equilibrio.
    Una legge che Azrael avrebbe riportato.
    E la sua presenza dette quiete. Come se la Legge che incarnava potesse dare sollievo alla pena che provavano.
    Fu l'anima di una bambina che si avvicinò.



    «Sei qui per me?»


    Girò attorno alla sua figura. Curiosa, attratta, sentiva da essa che la disperazione scemasse via e qualcos'altro ne prendesse il posto.


    «Mi fa paura questo posto.
    Gli altri sono cattivi. Sei qui per me e il mio papà? Lui però non lo è più. È cattivo.
    Mi fa paura.»



    Ognuna di quelle parole era sia una nuova domanda che risposte.


    «Devi stare attento. Loro sono cattivi. Loro non vogliono andarsene e odiano tanto. Anche il mio papà lo dice sempre che non è giusto che noi siamo qui. Lui vuole tornare dalla mamma.
    Anche io...ma pur sforzandomi non ci riesco. Voglio la mamma ma ho paura di lei e di questo posto. Anche di papà.»


    Vi era una paura che la costringeva in una gabbia. Vi era l'amore che si tramutava in un desiderio irrealizzabile, l'angoscia di non capire a cosa si appartenesse. Vi era l'ansia che era divenuta un cappio.
    L'anima di quella bambina soffriva. E più soffriva più l'angoscia diveniva veleno che l'avrebbe resa un mostro.
    Un mostro in caccia della Vita, che attentava alla Legge.
    Le anime bramavano la Vita che Azrael emanava; erano falene attratte dalla luce; squali che annusavano l'odore di sangue.
    Erano furenti. Erano malvagie. Avrebbero fatto del male.
    Avrebbero reso questo mondo un cimitero. E il Caos sarebbe dilagato.
    Vorticavano in scie luminescenti, luci spuri che si accendevano e sparivano di fronte ai suoi occhi.
    Lo avrebbero attaccato. Lo sentiva. Lo sentiva con l'essenza della Legge che ne incarnava i principi di Enanke.
    La Legge doveva riportare in questo luogo.


    NOTE MASTER: Assoggetta le anime con spirito al massimo del suo potenziale.
    In questo momento hai il cosmo sbloccato.
    Diventa la Morte di Enanke e porta un po' d'ordine in questo macello.
     
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    - VI -
    La sigaretta si era quasi spenta, ma nessuna anima, nessuno spirito si era mostrato o si era reso disponibile a parlare, finchè una piccola fiammella, una bambina, non aveva più di 5 anni al momento del trapasso; anzi della morte, dato che quell'anima in pena non era mai effettivamente trapassata.

    Il dolore della bambina si riversò su di me, come una giara troppo piccola per contenere l'amaro fiele distillatosi da quella situazione. l'anima si confidò e più lei parlava più quella tristezza si tramutava in rabbia: la mia, che presto si saarebbe riversata senza freni nei confronti di chi aveva creato una situazione simile.

    «Non avere paura, presto tu e i tuoi cari sarete di nuovo insieme.»

    Non era nella mia indole una cosa del genere, non sono mai stato avvezzo a sentimentalismi, certo non disdegnavo la compagnia nè la conversazione, ma ero sempre stato abbastanza bravo a contenere le mie valutazioni personali, però in quella situazione particolare in cui il "lavoro" andava nella stessa direzione della mia rabbia mi sentii come autorizzato a sfogarmi.

    «Dimmi, chi vi tiene qui? Conosci chi ha fatto tutto questo e da quanto tempo va avanti?»

    Guardai con occhi pieni di speranza la bambina, magari avrebbe saputo darmi qualche spiegazione, confusa forse, ma era un inizio; tentai di rassicurarla nuovamente mentre mi portavo verso il luogo addetto al riposo che quelle anime meritavano: il centro del cimitero. Una canzone mi venne in mente durante il breve cammino, un vecchio mantra un tempo usato e da molti dimenticato per allietare il passaggio - a volte troppo doloroso - delle anime, così, piano iniziai ad intonare quella melodiosa cantilena, lasciandomi andare ai ricordi.

    «Ieyui nobomeno Renmiri yojuyog Hasatekanae kutamae»

    Espansi il mio cosmo, incurante del fatto che qualcuno avrebbe potuto essere in ascolto, se quell'abominio avesse voluto lo scontro sarei stato pronto, quella situazione mi fece notare come in anni di vicinanza con gli umani, questi ultimi dovevano aver toccato qualche corda nel profondo del mio spirito, ero sul punto di esplodere per il dolore che mi portavo dietro e che percepivo da tutte quelle anime così inquiete.

    I piedi si staccarono dal suolo di una decina di centimentri, gli spiriti intorno a me erano agitati, come se in qualche modo avessere presagito quanto stessi per fare, potevo percepirlo quasi chiaramente, ma vi era anche una seconda emozione che li muoveva: l'invidia, l'invidia per la mia essenza vitale, l'invidia perchè io potevo ancora camminare come un "uomo" sulla terra.

    Non usavo tanta energia da secoli,
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    non sapevo se effettivamente ne sarei stato capace nuovamente, iniziai a concentrare il mio potere appena risvegliato, quasi non mi resi conto di aver inconsciamente ripreso la mia vera forma - sentivo le infinite ali che riprendevano la loro posizione naturale e le mani che libere dal giogo della forma umana si espandevano nuovamente, un'aureola splendente d'ira apparve sopra il mio capo, non potevo vederla, ma al contempo sapevo che c'era - conggiunsi una delle coppie di braccia, le più elevate, sopra la testa mentre due coppie di mani si intrecciavano sul mio petto, incanalando tutta l'energia necessaria affinchè i dettami dell'Equilibrio, della Vera Legge, dell'Editto di Ananke tornassero in quei luoghi.

    Spiegai tutte le innumerevoli ali a mia disposizione, non riuscivo a padroneggiare i movimenti di quegli arti così intorpiditi dal lungo non utilizzo, ma erano in grado di farmi fluttuare quanto necessario per avere sotto controllo la zona; il cosmo fluiva irrequieto e dagli occhi chiusi iniziarono a sgorgarmi lacrime di rabbia, mentre, nel momento stesso in cui slegai i nodi sul petto formatisi con le mie braccia, dalle mani giunte a formare un triangolo sopra il capo, l'energia - che aveva preso i colori dell'ambra - si riversò come una pioggia salvifica e terribile sulle anime.

    Avrei tanto voluto che fosse veramente così, avrei tanto voluto che il fiume di energia avesse effettivamente esorcizzato quel luogo e indicato la via alle anime, cosicchè potessero arrivare lì dove avrebbero trovato finalmente la pace.

    Sentivo gli occhi gonfi e per le lacrime che ne sgorgavano, rabbioso e triste per quello che stava succedendo, non perchè qualcuno fosse morto o perchè adesso, forse, erano stati esorcizzati, no. Dopotutto quello era il mio compito in quel mondo in preda al caos, ero abituato alla tristezza umana e a non farmi influenzare dal trapasso, ma qualcuno che si permetteva di interferire con il giusto proseguire degli eventi, un abominio che continuava a mettere i bastoni tra gli ingranaggi perfettamente oliati di un meccanismo più grande di lui, questo non lo potevo sopportare, quell'essere era la causa di una sofferenza inenarrabile per quelle anime.

    «Ascolta, chiunque tu sia, riesci a sentire questa campana? Suona per la tua fine. Accettala e sciogli la tua anima, perché questa è la tua ultima possibilità di dormire in pace»

    Ma presto quest'essere avrebbe capito quanto grande il suo sbaglio fosse stato. Riaperti gli occhi diedi un rapido sguardo intorno a me, il cimitero era ancora lì, ma la mia forma era di nuovo quella umana e non fluttuavo più, solo una linea salata mi solcava la guancia, usai la mancina serrata in un pugno per asciugarmi via il dolore e mi misi all'erta.

    Bene e adesso cosa succederà?

    Nome: Azrael  Energia: Bianca  Armatura: Gloria di Azrael [IV]


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    ✧ Stato Armatura Integra [IV]

    ✧ Condizioni Fisiche Ottime;

    ✧ Condizioni Psichiche Inc****to nero con quello che sta manomettendo il sistema;

    ✧ Abilità
    • الشبح [Alshabah]: Capace di attingere il potere grezzo dell'energia spirituale, Azrael lo utilizza per portare micidiali attacchi direttamente all'anima avversaria causando un tremendo dolore e uno sgomento tale da indebolire anche la tenacia del nemico, intaccandone la determinazione e la forza di volontà. In casi estremi può portare chi subisce questi colpi a perdere conoscenza e finanche la propria anima. Al contrario, però, il corpo non è intaccato da tali offensive che non lasciano segni esteriori sul nemico, rendendola una abilità infida da individuare ad un occhio esterno, non potendo distinguere con precisione cosa ha inflitto tanto dolore al nemico che ha subito la tecnica. Inoltre, è in grado anche di modellare tale energia per imbastire difese grezze a protezione del suo stesso spirito.


    ✧ Tecniche:Nessuna;
    ✧ Note: Tento un esorcismo generale della zona per le anime che non riescono ad oltrepassare il velo del materiale, tentando inoltre di far uscire allo scoperto chiunque stia dietro questa situazione, mostrandomi per ciò che sono.


    Credits per la grafica della scheda: Dr. Stein



    Edited by Dr. Stein - 24/8/2022, 19:00
     
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    VII


    La Morte è una Legge.
    O un meccanismo di controllo se così lo vogliamo intendere. Se la Vita fosse lasciata alla sua naturale inclinazione ad espandersi, diverrebbe un qualcosa senza controllo.
    Così come se le anime non fossero portate al loro luogo designato potrebbero creare interferenze, rompere il continuum tempo spazio, diventare un veleno per la Vita.
    Vita e Morte dovevano operare sullo stesso principio. Essere l'una il guardiano dell'altra.
    Ed è questo che finalmente stava succedendo. Un principio regolatore, una Legge in un luogo che non ne aveva più.
    O forse si?

    Le anime si acquietarono. Potè sentire dentro di sé, la loro gioia. Era come una comunione di spirito e Io.
    Una gioia si.
    Perché la Morte non era terribile. La Morte non era né giusta, né avida, né bastarda od egemone.
    La Morte era e rimaneva solo Morte. Non giudicava. Né assoggettava.
    Guida, fiaccola e faro per chi si perdeva in un mare vasto come l'infinito. Era la strada che tutti dovevamo intraprendere.
    Una Madre.
    Così come venivamo al mondo, trovavamo gli occhi e le braccia di chi ci partoriva, e in esse calma, quiete e protezione, così quando morivamo trovavamo l'Ultima Madre che ci accompagnava alla fine del viaggio.
    E aver paura significava abominio. Come si poteva aver paura della Morte? Era come odiare la propria madre, era come se odiavamo la nostra stessa vita.
    Tutto terminava. Le feste iniziavano per poi placarsi, dal vino si passava alla calma e a parole dette piano, per poi lasciare, chi prima chi dopo, i tavolini su cui avevamo riso, scherzato e bevuto.
    La fine di un amore. La fine di un viaggio.
    Soffrivamo? Certo. Ma non era bello averlo vissuto? Non era stata bella la festa? Non era stato bello amare, fare sesso, bere, divertirsi, odiare, proteggere, tentare e combattere?
    Tutto finiva. Non era questo l'importante. Era come avevamo affrontato quello che ci era stato messo di fronte.
    Così quelle anime finalmente trovavano la quiete. Non più perse nel loro odio, non più perse in se stesse, spaventate e sole in un mare che non conoscevano, a urlare aiuto, a cercare in un buio che non era più calma e quiete, ma carnivoro e predatore quelle stesse mani che trovavamo quando la Prima Luce ci investiva e i nostri occhi si aprivano per la prima volta al Mondo.
    Trovavamo Lei.
    Ma quando li avevano richiusi, quando il buio li aveva abbracciati solo freddo, odio e disperazione furono i loro compagni e i demoni scellerati con cui banchettarono con quelle povere anime sole.
    Ma sole non lo erano più.
    La Madre era arrivata. Così come quel canto. Una nenia, come la ninna nanna cantata piano e con affetto al neonato che del mondo ancora non aveva visto che solo gli occhi di quell'essere che lo cullava e lo proteggeva, iniziandolo alla Vita.


    «Grazie.»

    Il Grazie di un anima non per essere morta, ma per aver vissuto ed ora si sentiva protetta. Ora sola non lo era più. Quella bambina stava con il proprio padre finalmente. Mano nella mano nel loro ultimo viaggio. Si lasciavano dietro la Vita ma il loro posto non era più qui. Così come le altre che si unirono in un abbraccio che era anche speranza per chi invece si era perso. E chissà quanti altri.

    Vorticarono attorno al daimon. Nelle sue mani aveva tale responsabilità. Tale compito.
    Ora lo sapeva.
    Ora era chiaro. Finalmente si era svegliato.
    Ed ora qualcosa si manifestava e le anime si fecero irrequiete ma non più paura vi era in loro, ma voglia di vendetta. Ma di quella giusta. Di quella sana.
    Combattere.
    Chi?
    Quelle mani nere come la tenebra che le aveva strette, avviluppate e soffocate.


    sbwJGph
    Finalmente!Vedo che ti sei svegliato alla fine. Così come vedo quelle anime che tanto adesso si sentono sicure. Piacevole.
    Sarà piacevole toglierli l'ultima cosa e farle cadere nel Nulla.




    Lo poteva vedere adesso. Lo poteva sentire nella rabbia e nella paura delle anime. Perché ne avevano paura e si strinsero alla Madre Ultima.
    E poi finalmente grattò qualcosa nelle sua essenza.
    Una voce?
    Faceva male. Troppo.
    Il centro del villaggio fu apparizione improvvisa, come quegli occhi ambrati che lo guardavano, il sorriso sdegnoso e una mano che accarezzava il capo di Dakarai.
    Piangeva e i singhiozzi scuotevano il suo corpo; un corpo ai piedi di quella donna che, senza la minima attenzione, continuava ad accarezzargli il volto in un gesto robotico quasi.
    Non c'era anima.
    La sinistra si sollevò. L'invito a raggiungerla.



    NOTE MASTER: Finalmente ti si mostra chi c'è, presubilmente, dietro tutto questo casino.
    Sai che si trova al centro del villaggio ma in uno spettacolo desolato e miserevole. Dalla vita si è passati alla morte ma quella brutta.
    Hai libertà. Accanto al bastardone, in sembianze femminili, cè Dakarai in condizioni pietose. Lacrime, dolore, singhiozzi
     
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    Stava tra terra e cielo con la spada sguainata in mano

    - VII -




    Lo sentivo, in qualche modo, un millisecondo prima di aprire nuovamente gli occhi lo sapevo. Era veramente andato a buon fine, stavo assolvendo al mio compito anche se era solo l'inizio, anche se era solo metà del problema che affliggeva il villaggio.

    «Riposa e non preoccuparti piccolina, sei stata bravissima. Adesso ci penso io»

    Sentivo scorrere il potere e l'energia cosmica come acqua tra le mie mani, riuscivo a modellarne il flusso ne percepivo l'intesità e il colore, non mi sentivo così vivo da intere vite umane, era bellissimo. Ma come tutte le cose belle anche quella aveva una fine, l'epilogo innaturale che attanagliava il mio viaggio e il villaggio nonchè il granello di sabbia che aveva bloccato il Meccanismo fino a quel momento, il bug in un sistema ben progettato, il quarzo smussato dell'orologio caricato al millesimo di secondo.

    Adesso lo percepivo.

    Un conglomerato di emozioni negative e perverse strisciava sul suolo, come un serpente che ha visto sfuggire la propria preda, e si allontanava da quel luogo oramai riportato all'armonia, all'Ordine.

    Ordo Ab Chao

    La Legge di Ananke, il principio manicheista che bilanciava da millenni l'universo stava per essere ristabilito e a quella immonda esistenza questo non andava giù. Era stata disturbata durante il pasto principale e il suo volto gridava rabbia e vendetta per questo.

    Così vidi la piazza, il cimitero era lontano alle mie spalle, avevo seguito quella scia di putridume invisibile, ma al contempo palese per i miei occhi, fin nel centro della cittadina. In quel piccolo spiazzo dove fino a pochi attimi prima avevo ricevuto assistenza dagli abitanti locali, dove mi ero emozionato per una partita di calcetto ed un grido di esultanza così fuori luogo in quei tempi bui.

    Adesso, quel luogo si era uniformato al resto del mondo.

    Un essere antropomorfo dalle sembianze di una donna era lì al centro, rideva e quel riso mi procurava dolore, l'assenza di un'anima in quel corpo rendeva il suo gesto freddo, perverso e meccanico, quasi quanto il movimento dei suoi arti: il destro che subdolamente - quasi come se non sapesse quali implicazioni avesse quel gesto, che avrebbe dovuto esprime affetto, ma che in quel momento, in quella piazza, era carico di un odio che lo rendeva ripugnante al solo guardare - accarezzava il volto del povero Dakarai. Mentre la mancina mi esortava con gesti plateali ad andare da lei, giurai che avrebbe rimpianto quella scelta.

    «Un baco che va debellato, un verme all'interno di una splendida mela, un errore da sopprimere in quanto ingiusto. Ecco cosa sei tu per me e per questo mondo. L'ingiustizia nella sua forma più perversa, quella che si nutre dei vivi per rimanere non morta.»

    Non sapevo se avesse sentito il mio monito, poichè la visione, di questo si trattava, durò un attimo che parve estendersi all'infinito e poi di nuovo il cimitero.

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    Il cammino tra i palazzi bassi del villaggio fu breve, il tempo di pochi minuti e qualche svolta, quel posto era così piccolo che chiunque avrebbe potuto imparare le strade al primo passaggio - no, non è vero. Neemia sarebbe stato capace di perdersi anche lì, conosceva due strade: quella da casa sua a casa mia e quella da casa sua al tempio - un sorriso mi mosse il labbro a quel pensiero.

    Il ricordo del mio "amico" mi diede coraggio in qualche modo, insieme a me vi erano le anime del cimitero, che mi avevano seguito come un corteo, come una schiera di bambini che segue con prudenza la propria madre mentre questa tende la mano e li accompagna dall'altro lato della strada, come a voler in qualche modo assistere a quanto stava per accadere; sentivo la loro paura man mano che ci avvicinavamo al centro cittadino, alcune erano recalcitanti, non volevano sapere e non volevano vedere, ma le altre le incoraggiavano.

    Paura era l'emozione predominante, ma vi era di più, una voglia di espiare, di cambiare e di pace; una volontà di riattivare il motore immobile che muoveva il Meccanismo, volevano che fosse fatta giustizia - e giustizia avrei fatto - così superai un altro paio di svolte e lei fu davanti a me.

    Lo stesso essere di prima, la stessa ripetizione meccanica di un gesto a lei estraneo, lo stesso sorriso vuoto e senza emozioni, un'ingiustizia.

    «Non aver paura Dakarai, presto tutto sarà concluso...non temere»

    Guardai quei due braceri ardenti che erano accesi lì dove normalmente c'erano gli occhi.

    «Io sono colui che riporterà la legge in questi luoghi, sii saggia e collabora. Non hai speranza di uscirne vittoriosa»

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    La nuova e riconquistata fiducia in me stesso, che bella sensazione dopo tanto girovagare, dopo tutto il tempo perso a cercare il mio posto e il motivo per il quale ero stato riportato lì; adesso sapevo, lo sentivo: portare ordine e far in modo che il Grande Gioco vada come è stato preannunciato, di nuovo un Demiurgo tra gli uomini.

    Ma prima dovevo essere Giudice, in quel luogo, in quel momento. La Legge deve esseere rispettata, indipendentemente dalla propria natura, razza e credo.

    La Legge Deve essere Rispettata.

    E quando ciò non avviene, quando qualcuno si pone al di là di essa e bara nella partita con il Meccanismo ecco che questo si difende, come un organismo sviluppato alza la propria temperatura per combattere i batteri, così l'Equilibrio tra Vita e Morte si preservava attraverso di me che in quel momento ero Giudice, Giuria e Boia.

    Le anime tremavano ma io ero calmo e compassato, quella figura muoveva i miei istinti, ma non mi faceva paura, era più disgusto e, in un certo modo, curiosità. Non sentivo provenire da quel mostro alcuna presenza spirituale o almeno così smebrava, nessuna anima, nessuna alito nè spirito vitale o come lo si volesse chiamare; nulla di nulla, il che m i portava ad una considerazione non proprio entussiamante: non avere un'anima doveva essere una cosa orribile ed in quel frangente per me lo era, dato che non sapevo come poter effettivamente creare propblemi o addirittura sconfiggere un soggetto simile. Le mie appena risvegliate capacità si collegavano solo al mondo spirituale, se quell'essere era veramente senz'anima il mio bluff sarebbe stato scoperto di lì a breve, perciò tanto valeva esagerare, no?

    «Non te lo chiederò di nuovo, accetti la mia misericordia?»

    Nome: Azrael  Energia: Bianca  Armatura: Gloria di Azrael [IV]


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    ✧ Stato Armatura a.a.a. cercasi xD

    ✧ Condizioni Fisiche Ottime;

    ✧ Condizioni Psichiche soddisfatto per il rito al cimitero, ma ancora nero con l'essere che infesta quei luoghi;

    ✧ Abilità
    • الشبح [Alshabah]: Capace di attingere il potere grezzo dell'energia spirituale, Azrael lo utilizza per portare micidiali attacchi direttamente all'anima avversaria causando un tremendo dolore e uno sgomento tale da indebolire anche la tenacia del nemico, intaccandone la determinazione e la forza di volontà. In casi estremi può portare chi subisce questi colpi a perdere conoscenza e finanche la propria anima. Al contrario, però, il corpo non è intaccato da tali offensive che non lasciano segni esteriori sul nemico, rendendola una abilità infida da individuare ad un occhio esterno, non potendo distinguere con precisione cosa ha inflitto tanto dolore al nemico che ha subito la tecnica. Inoltre, è in grado anche di modellare tale energia per imbastire difese grezze a protezione del suo stesso spirito.

    ✧ Tecniche:Nessuna;

    ✧ Note: A capo del corteo di anime mi dirigo verso la piazza dove si trova il "nemico", portando avanti quello che credo essere un bluff. Non percependo un'anima all'interno del corpo della creatura, penso che non possa fargli troppo male con le mie abilità.


    Credits per la grafica della scheda: Dr. Stein



    Edited by Dr. Stein - 6/9/2022, 17:09
     
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    VIII


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    Lei era lì. La mano ad accarezzare, come una madre, la testa di quell'uomo. Ormai divenuto un neonato. Perché stringeva la veste immacolata, perché la stringeva tra i singhiozzi che facevano scuotere quel corpo.
    Vi era la morte intorno a loro. Vi era il nulla. I cadaveri puzzavano.
    Eppure le loro ferite erano particolari. Se questa parola poteva essere detta. Perché in una storia come questa cosa poteva essere definito normale?
    I corpi erano atteggiati in posizioni assurde.
    Come se avessero urlato, corso, cercato di scappare chissà dove. Le schiene erano state spezzate e strappate via. I crani aperti e i loro cervelli mangiati. Pezzi di interiora sui visi osceni, in smorfie di paura e terrore, con quegli occhi aperti e vacui dove ancora il velo di follia e paura insondabile ne velavano i colori e la pupilla.


    «Accettare?»

    La parola fu come una melma. Il suono sembrò un sudario. La mano continuava a ad accarezzare Dakarai.
    Il sorriso verso l'angelo della morte fu enigmatico? Lo guardava e rideva. Come se tutto questo avesse un qualcosa di comico.


    «Dakarai vuoi essere salvato?»

    Le mani ne raccolsero il viso. I singhiozzi si fecero meno intensi.


    «è stata colpa sua vero? Non hai potuto fermarlo...povero bambino mio. Come potevi anche solo pensare che di fronte a te vi era un demone?»

    «Loro sono morti...a..a...ca...causa mia!»

    Urlò quella parola. Tra singhiozzi, lacrime e un dolore che era terribile da sopportare.

    «Vero. Perché non sei stato attento. Eppure lo sapevi che non dovevi reputarti un Dio.
    Hai fatto il passo più lungo della gamba...spezzandotela


    «Volevo offrirtelo mia signora! A te! A loro!»

    «Perché?»

    «Per continuare a vivere.»

    «L'atto di vivere è altrettanto malvagio. Noi, dal momento della nostra nascita, continuiamo a prendere cibo, connessioni, anche il sangue degli altri. Tu, Dakarai, volevi vivere. Non volevi più vedere nulla...ti sei nutrito della sofferenza e della carne altrui per non soffrire più.»

    «Ma loro sono morti!»

    «Lo hai detto tu...a causa tua. Perché non hai saputo proteggermi e proteggerli. Ti sei reputato troppo in alto solo perché eri il mio preferito.»


    Le mani artigliarono la testa, strappando i capelli, avvicinandolo a quel viso così bello da sembrare irreale, ma quel sorriso...era un ghigno da predatore.
    Schioccarono le mandibole sulla spalla di Dakarai.
    L'urlo si mischiò al sangue, la carne strappata e il gocciolare del sangue a terra.
    Il rivolo rosso a sporcare le labbra.
    L'orrendo rumore di carne cruda masticata.

    « Eri il mio preferito fino ad ora.»

    Si era stancata del gioco. Perché Dakarai fin dall'inizio fu una bambola nelle mani di un burattinaio.

    « Debole. E quindi inutile...muori e sono morti per questo...»

    « No!No!No!No!No!No!No!No!»



    NOOOOOO
    OOOOOOOOOOOO!



    Tra il dolore e la paura vi era l'odio. Vi era l'animo nero dell'essere umano. Il suo essere un escremento.
    Non voleva morire.

    «Sono utile! Posso mettere a posto tutto. Loro ritorneranno...e mi perdoneranno. Lei, mia signora, mi perdonerà vero' Se rimetto tutto a posto lei mi perdonerà? Tutto sarà come prima?»


    «Ma sei debole!
    Tua nipote è morta. L'avevi promesso a tuo figlio di proteggerla. Ha perso la madre per un incursione...Sono stati tre giorni incredibili vero? Violenza, morte, stupri. Per cos'era? Ah si...questione di etnia? O era di religione? In fondo che importa? Morta è!»


    Nessun sentimento. Era come leggere le note a piè di pagina.

    «Poi tuo figlio per la corruzione. Debole anche allora. Ed ora morta l'ultima cosa della tua famiglia. E qui non puoi appellarti ad un signore della guerra, agli dei o a qualcos'altro. Debole perché colpa tua.
    I tuoi desideri, si vede, non erano così forti in fondo. Non eri pronto...»


    Dakarai era scosso. Fin dal profondo.

    «Ci sono momenti in cui devi abbandonare qualcosa per occuparti di qualcos'altro. Sei debole

    «Non voglio più esserlo! Voglio che vivano! Voglio vivere!»

    «Anche a costo di sacrificare qualcosa?»
    «ANCHE A COSTO DI SACRIFICARLA!»
    «Anche a costo di uccidere qualcuno?»
    «ANCHE A COSTO DI AMMAZZARLO!»

    Il sorriso fu ancora più sadico. Ancora più abissale. Come se in esso si agitasse una malvagità che non voleva nient'altro che divorare tutto e tutti.


    «Allora divorami! Bimbo mio...vivere significa divorare gli altri Quindi mangia pure. Saziati.»

    Le mascelle si chiusero sulla gola. Tra risate, sangue, quel corpo che si contorceva come se fosse un animale senza più intelletto né anima. Mosso unicamente dal proprio desidero che lo costringeva a divorare per vivere.
    Per poter far si che il suo desiderio fosse reale.
    E le sue fattezze cambiarono. Di Dakarai non c'era più nulla. Aveva divorato la sua umanità.


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    «le tue carni avvereranno i miei desideri. Il tuo sangue non mi farà più essere debole.»



    Quel cosmo era ruggente di un desiderio di uccidere che nulla aveva a che fare con l'animo umano, mentre le risate di quell'abominio accompagnavano tale cacofonia, tale odio, tale scelleratezza.
    Si rialzò con la gola squarciata, con le budella in mano e rideva ancora.

    «L'essere umano è fantastico!
    É un cannibale. Di se stesso e degli altri. Divora tutto pur di poter vivere. Pur di sentirsi vivo, che i propri desideri si avverino. Vivere è l'atto più osceno di tutti.
    E quanto amo vederli poi contorcere e divorarsi l'un l'altro. Vedi? La morte non è una Legge ma un Caos.
    Il mio


    Schioccò la lingua sul palato.
    E Dakarai saettò in avanti. Lo avrebbe dilaniato. Lo avrebbe squarciato e si sarebbe cibato della sua carne.
    Per non essere più debole. Per non perdere più nessuno. Il colpo lo avrebbe trapassato da parte se le anime non si fossero mosse richiamando la Gloria.
    La sua armatura. Furono loro che si unirono per proteggerlo e richiamarli dal tempo senza tempo, in spazi senza spazi.
    La richiamarono dal Piano di Ananke perché Azrael doveva essere la spada che portava la legge.


    STARE TRA TERRA E CIELO CON LA SPADA SGUAINATA IN MANO A DIFENDERE LA LEGGE



    E il colpo venne bloccato.
    Ma questa volta quel cosmo esplose ancora più forte, vi era l'odio in esso.

    Si mosse e questa volta fu vero scontro. Era veloce. Così veloce da sembrare più di uno, più di due. Immagini residue?
    Si...e l'attacco vero da quale posizione sarebbe arrivato?
    Da destra?
    No.
    Dall'alto. Un pugno intriso di cosmo dall'alto in basso, a mirare al collo. Spezzare. Ma non solo.
    Divorare.
    Quel pugno lo avrebbe divorato se avesse colpito.

    NOTE MASTER: è il momento delle botte.
    Hai la gloria, il cosmo ad energia verde ma non tempo ancora.
    Il bastardone è a verde anche lui e ti attacca sfruttando velocità straordinaria creando immagini residue per confonderti e coprire l'attacco[DIVERSIVO]
    Il pugno arriva da dietro e dall'alto in basso portato con cosmo distruttivo[ATTACCO FORTE]
     
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