Ikari No Tora - Le Tigri Dell'Ira - La notte di primavera è finita. Sui ciliegi sorge l’alba.

Chapter VII - Saint

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    In un giorno qualunque, mentre il Grande Tempio era preso dalle sue faccende, mentre gli uomini e le donne continuavano le loro vite, mentre la vita sembrava uguale al giorno prima, dove il sudore si mischiava al profumo del pane, la risata dei bambini al battere del ferro, mentre occhi attenti vigilavano su tutto questo, in un giorno qualunque, lieve fu la brezza che accarezzò le 12 Case.

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    Qualcosa si stava avvicinando, non nascondendo la propria presenza. Un abbraccio?
    Era come se quei cosmi si allargassero al Grande Tempio, come se risuonassero con ogni vita che vi fosse, come se chiamassero i saint tutti.
    Ma più di tutti stavano chiamando Bartolomeo del Toro.
    Il Grande sacerdote. Cavaliere d'oro del Grande Tempio. Il baluardo di Athena.
    Lo stavano chiamando. Quei cosmi erano lì per lui. E per lui portavano un messaggio e al tempo stesso un ricordo.
    Di un tavolo e di una promessa. Di una bevuta in amicizia dove prese forma un quid.


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    Vuoi combattere con me?




    Quei tre cosmi rimandavano questa frase.
    La frase che Amaterasu e Bartolomeo si dissero sancendo un alleanza e una folle idea. Era la frase che poteva cambiare tutto. Combattere insieme per la vita e la libertà della Realtà, per sancire il proprio diritto a vivere e di dare battaglia a chiunque volesse farli affogare nel buio e nella dimenticanza.
    Era il patto di un Araldo con il Grande sacerdote e, come quei tre cosmi stavano abbracciando il Grande Tempio, così loro avrebbero fatto con il mondo degli uomini.
    Le Sanreizan del Giappone erano in attesa. Tutte e te in ginocchio aspettando che i saint arrivassero.


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    Haku
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    Tate
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    Sengen Sama




    In ginocchio mentre il Cha no yu, 茶の湯, "acqua calda per il tè, in altre parole la cerimonia del Tè era in procinto di iniziare.
    Persino Minosse prese il tè con Amaterasu, persino uno dei suoi più grandi nemici aveva bevuto e fu allo stesso piano dell'Imperatrice. Così Bartolomeo stesso.
    Perché quel rotolo, con il sigillo di Amaterasu stesso, posto alla sinistra di Sengen sama era molto di più di un semplice invito. Era la personificazione di un utopia.
    Era il momento di renderla realtà.

    A cosa serve l'utopia? A questo: serve per continuare a camminare. Quindi non fermiamoci ora, amico mio.



    Le parole di Amaterasu.
    Mattoni per costruire.

     
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    Bart?!

    Elena non era un Cavaliere e non era nemmeno dotata di cosmo, ma avendo vissuto con quel pazzo di Gran Sacerdote tutti i pericoli che una vita costantemente sul filo del rasoio può offrire, aveva ormai sviluppato una sorta di sesto senso per gli avvenimenti inaspettati. Era stata lei, infatti, il primo campanello di allarme alla Seconda Casa del Grande Tempio quando qualcosa era cambiato nella normalmente folle routine degli abitanti di quella roccaforte dell’umanità. La donna, infatti, aveva alzato il capo di scatto, bloccandosi mentre preparava il pranzo per le decine di bambini presenti tra le mura, inclusi i suoi pargoli adottivi. Aveva voltato lo sguardo di lato, come per aguzzare l’attenzione, per poi fissare Bart a occhi socchiusi.

    L’hai sentito anche tu?

    Chi? Cosa? Come? Ormai non gli servivano parole per comprendersi a pieno, e l’omone aveva già capito che qualcosa nell’aria era cambiato. Restituì l’occhiata a Elena, ma il suo sorriso cominciò immediatamente ad allargarsi, lento ma inesorabile.

    Oh oh oh, mi sa che finalmente è arrivato il momento!

    Spiegare qualcosa di più no, eh? Nemmeno il tempo di scambiarsi quelle poche parole criptiche, e Bart era già in procinto di uscire dalla Seconda Casa, dopo aver salutato i suoi figlioli e aver dato un bacio in fronte alla donna della sua vita.

    Non fare tardi, mi raccomando.

    Solita raccomandazione che spesso finiva nel vuoto, ma quella volta il gigante avrebbe cercato di rispettarla. Agghindato come se fosse una domenica pomeriggio dedita all’ozio – che era un’utopia irrealizzabile di quei tempi, purtroppo – il Cavaliere del Toro scese le gradinate delle Dodici Case indossando un paio di jeans leggermente logori e una semplice maglietta teoricamente bianca ormai ingrigita. Purtroppo in quei tempi bui non potevano permettersi il lusso di badare troppo all’abbigliamento, anche se – se proprio vogliamo essere onesti – il nostro caro Bart non ci aveva mai fatto molto caso. La sua sola presenza, comunque, bastava per riempire gli spazi, sia fisici sia morali, quindi non gli serviva granché d’altro per essere l’anima di ogni incontro.
    Arrivò in poco tempo alle porte del Grande Tempio, salutò con un enorme sorriso le guardie, e come al solito aprì con la sola forza delle sue possenti braccia l’abnorme entrata della loro roccaforte, così da trovarsi nello spiazzo antecedente le mura. La sensazione che provava era molto simile a quella che caratterizzò il suo ultimo incontro con il Cavaliere di Gea, il suo amico Amaterasu. Percepiva ancora la forza della convinzione e del cambiamento, così come quando si erano scambiati la promessa di combattere insieme contro un male che era impossibile sconfiggere da soli. Si guardò attorno seguendo quella scia di orgoglioso coraggio, fino a scorgere tre donne inginocchiate a terra. Erano vestite in modo alquanto preciso e sfarzoso, seguendo una perfetta tradizione orientale giapponese, e stavano attendendo il Gran Sacerdote con pazienza e compostezza. Una situazione che sembrava davvero la piena espressione della perfetta eleganza di un’educazione ormai persa nel tempo, e che meritava...

    Ciao, io sono Bart.

    Ecco, ovviamente era arrivato il caro Bartolomeo a cambiare tutte le carte in tavola, presentandosi nel modo più informale che si possa immaginare.
    Lui che era Gran Sacerdote di Atena, Cavaliere d’Oro del Toro, Baluardo di Atene e tante altre cose. Tutte cose che non gli erano mai davvero importate. Lui era Bart, punto. Titoli pomposi, grandi successi del passato e una vita costellata di eventi che erano già entrati nella leggenda – sì, ok, siamo tutti un po’ fanboy di Bart – non valevano nulla per quel gigante buono e dal cuore enorme come la sua stazza. Era fatto così e non si poteva cambiarlo.
    Aveva, quindi, optato per un “ciao” estremamente informale e per un’accoglienza molto rustica ma decisamente efficace.

    Non state scomode, così, in ginocchio a terra?

    Il gigante non aveva mai potuto girare il mondo prima dell’Armageddon, e dopo la catastrofe che aveva quasi posto fine al mondo, non aveva avuto altre esperienze se non legate a battaglie, sangue e morte. Non poteva sapere che, magari, le tre ragazze fossero semplicemente in attesa del suo arrivo nel modo che più si confaceva alla loro tradizione e cultura. Per questo motivo, aveva interpretato quella – per lui – strana postura come un qualcosa di scomodo e forzatamente formale. Si era preoccupato per loro, insomma, probabilmente senza motivo.

    Non formalizzatevi, per favore, se non ne sentite il bisogno.
    Fate come se foste a casa vostra qui al Grande Tempio.


    La sua voce era pacata ma possente, con un calore tipico della sua tanto eclettica quanto semplice personalità.

    Benvenute nella nostra grande Famiglia allargata.
    Un po’ sgangherata, certo, ma pronta ad accogliervi a braccia aperte.
    Oh oh oh.


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    E mimò a gesti le sue parole, spalancando le sue enormi braccia fino a quasi oscurare il sole con la sua mole inumana. Fissò, poi, ognuna delle ragazze per includerle in egual modo nella discussione, cercando di indovinare quanto già aveva probabilmente intuito.

    Ditemi figliole, avete per caso un messaggio da parte del mio amico Amaterasu?

    Certo, poteva essersi sbagliato, ma il potere che lo aveva attirato fin lì era troppo familiare, troppo legato al suo amico Araldo di Gea. Ricordava perfettamente il loro ultimo incontro e la forza con cui avevano condiviso i loro folli ideali. Bart era così impaziente di sapere il motivo di quella visita, che strinse il pugno destro quasi in modo involontario, come se fosse già pronto a scagliarsi nella mischia contro la Corruzione, combattendo insieme a tutti i loro inaspettati alleati. Come se stessero già agendo come un solo guerriero.

    Come mai non è qui con voi?
    Avrei tanto voluto bere ancora una birra con lui.


    Effettivamente il pensiero di quella birra deliziosa gli fece improvvisamente rimpiangere il non aver visto alcun boccale da riempire e scolare in un secondo, ma si sarebbe certamente adattato.
    Passò, quindi, alla parte più seria di quel suo discorso di benvenuto.

    Non so quale motivo vi porta qui da noi, ma posso immaginarlo.
    Io e Amaterasu c’eravamo lasciati con una domanda.
    Una domanda che era anche una promessa.


    Fece una pausa per dare la massima importanza a quello che stava per dire.

    Vogliamo combattere insieme?

    Una domanda che racchiudeva l’essenza del patto stretto con Amaterasu. Un’espressione che Bart stesso aveva voluto cambiare da “Vuoi combattere con me?” a “Vogliamo combattere insieme?”, proprio per dare ancora più importanza alla sincera collaborazione tra fazioni che, sin dalla notte dei tempi, non erano mai riuscite a unire le forze.

    Se siete qui per questo, sappiate che la mia risposta e quella dei Saint di Atena non è cambiata.

    Avrebbero combattuto insieme, eccome se lo avrebbero fatto.
    Forse quello era davvero il momento giusto. Finalmente. Un’utopia che era a un passo dal realizzarsi.

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    BARTOLOMEO - GOLD TAURUS [VIII] - ENERGIA SUPREMA
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    Riassunto:
    Bart, come sempre, arriva in un modo tutto suo :mke:

    Condizioni:
    Ottime.

    Tecniche:
    -

    Abilità:
    -

    NARRATO - PARLATO - PENSATO - TELEPATIA - BAMBINI - ELENA - SOLDATO

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    «Amaterasu sama ci aveva avvertite che lei era poco incline alle formalità.»

    La voce di Sengen sama era tranquilla, un lieve sorriso ne increspò il volto mentre i lunghi capelli neri le scendevano fino a toccare terra.

    «Quindi perdonateci. Averlo saputo avremmo portato della birra ma la prossima volta non mancherà.»

    La prossima volta. Una speranza. Il carattere della Corte Di Mezzanotte si vedeva anche in questo: non rimanere incastrati nelle tenebre e nella disperazione, ma muoversi sempre verso il Sole, un'altra via, possibilità in divenire.
    Una semplice frase. Ma che stava a significare una cosa sola: non avrebbero perso.
    Il carattere della Corte di Amaterasu rimandava il carattere tagliente e orgoglioso di quell'araldo imprevedibile.

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    «Prego, comunque, si sieda. Noi siamo comode non si preoccupi. Ma la ringrazio per averlo chiesto ma le nostre usanze sono, ai vostri occhi, strane. Ma denota anche una preoccupazione per chi le sta intorno. Ma non siamo qui per questo come ha ben capito.»



    Haku aveva una voce più gentile. Era come se avesse un animo più sensibile, più propenso a capire gli altri. Ad andare oltre le verità degli occhi.
    Porse verso Bart una tazza di tè. Solo adesso poté vedere che accanto ad ognuno dei tre eletti vi era una spada. Anzi ve n'erano due. Una katana, vista la forma, e una più piccola.
    Tate, invece, passò al Gran Sacerdote il rotolo con il sigillo di Amaterasu.

    «Questo è l'invito ufficiale per Voi e i vostri Saint. Amaterasu ha mandato altri inviti per ognuna delle caste di questo mondo. Dai Black saint, fino ad Asgard.
    Al momento non sappiamo se i Black Saint accetteranno ma, Amaterasu dice che arriveranno al momento opportuno.
    Per tutti gli altri invece si presenteranno quando tutto sarà pronto.»


    Fu Sengen Sama adesso a prendere la parola.

    «Amaterasu mi ha anche detto di riferirvi questo messaggio personalmente.
    Amico mio, il momento è quasi giunto. Forse sarà la mia ultima battaglia o forse la penultima,chi lo sa, ma so che da questa dipenderà il domani.
    Se mai dovessi morire affido ai saint la protezione della Realtà. Non so se mia madre avrà ancora voglia di creare un altro Araldo, ma fino a quel giorno ti affido il mio desiderio.
    »


    Lo disse con voce roca. Sengen sama era legata ad Amaterasu da tempo. Nella leggenda era sua zia, nella realtà era un eletto a protezione del Giappone. La Terra Sacra per l'Araldo del Tempio Sud. La terra che aveva chiamato casa all'inizio di tutto.
    Ma al di là di questo era facile intuire come quelle parole dovessero essere terribili da dire, da pensare. Ma Amaterasu le aveva affidate a loro tre.
    Le Tre Montagne sacre del Giappone. Da tempi immemori difendevano la Terra di Amaterasu, da tempo immemore continuavano a vegliare sul figlio di Amaterasu e su Amaterasu stessa.
    Quelle parole erano terribili, si. Ma le dissero.

    «In ogni battaglia che Amaterasu o mi kami ha affrontato per noi è sempre stata come se fosse l'ultima volta che potevamo vederla.
    Però sempre si è girata sorridendoci e dicendoci di prepararle da bere perché avrebbe mangiato e dormito per almeno una settimana.»


    Un lieve sorriso. Come un acquarello che si scioglieva.

    «Sempre è tornata. Sempre ci ha dato speranza. Ma mai come adesso Amaterasu ha il volto di ferro. Il perché lo capiamo.
    Questi nemici sono forti. E bisogna essere realisti. Così come sappiamo la nostra utilità sul campo di battaglia. Non siamo forti. E non possiamo combattere. Abbiamo difeso il Giappone e continueremo a farlo perché è come se nel farlo potessimo proteggerla.
    Non cerchiamo parole di conforto o bugie dette a fin di bene. Sappiamo chi siamo e cosa siamo.
    Sappiamo il nostro posto e lo accettiamo ma a lei, Bartolomeo, Gran Sacerdote di Athena, le chiediamo di vegliare su Amaterasu al posto nostro.
    Lei ha sempre vegliato su di noi ma noi oggi non possiamo farlo. E quindi lo chiediamo a lei.»


    L'inchino di tutte e tre. Come tre furono le lacrime che versarono. Tre righe sulle guancie.
    Come ferite.

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    «Se succedesse ci prometta che la riporterà indietro. Non aiuterà a farci passare il dolore ma almeno potremmo abbracciarla un ultima volta.
    Le chiediamo solo questo...»



    Una tazza di tè venne versata per terra. Ma la terra assorbì l'acqua così come fece con le lacrime.



    Edited by Lyga - 25/4/2022, 20:15
     
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    Poco incline alle formalità? Oh, quale eufemismo. Bart era praticamente allergico alle pomposità che spesso caratterizzavano la vita di molti Cavalieri, e non si vergognava certo di comportarsi diversamente. Era fatto così, ed era fermamente convinto che un approccio diretto e genuino valesse molto più di mille parole.
    Amaterasu aveva avvertito le tre messaggere giunte in Grecia, quindi fu molto semplice rompere il ghiaccio nel modo giusto in quella loro prima conversazione. Ovviamente, l’Araldo non avrebbe potuto metterle in guardia sul fatto che il Gran Sacerdote non fosse certo un grande conoscitore della cerimonia del te, ma l’atteggiamento così spontaneo di quel gigante buono fu in grado di appianare ogni differenza culturale.

    Oh oh oh, vi ringrazio, ma anche il te va benissimo.

    Imitò la posizione inginocchiata delle tre ragazze, creando un quadretto a dir poco esilarante. Anche se aveva le ginocchia poggiate per terra, infatti, Bartolomeo era praticamente alto come una persona di media statura. Con grande cura, dando fondo a tutta la sensibilità delle sue enormi mani da guerriero, il Cavaliere del Toro prese delicatamente la tazza che conteneva il te con la punta delle dita della mano destra, per poi tracannarselo in un solo sorso.

    Mmm, buono.

    E lo pensava veramente. Peccato che per lui quella quantità fosse come una goccia d’acqua caduta nel mare della sua sete. In ogni caso, il tepore della bevanda, unito a tutto il contesto, gli fece sperimentare il te più buono mai bevuto in vita sua. Si ricompose da quella sua espressione soddisfatta per poi precisare qualcosa cui teneva molto.

    E non fraintendetemi: la vostra visita è gradita tanto quanto quella di Amaterasu.
    Anche senza la birra, oh oh.
    Gli amici del mio amico sono sempre i benvenuti qui al Grande Tempio.


    Il suo sorriso si allargò come non mai, in quel suo modo così spontaneo da togliere ogni dubbio sulla sua genuina sincerità. Poi, si fece un po’ più serio e ascoltò con attenzione le parole delle messaggere, dando loro il massimo rispetto che una visita così importante meritava.
    Il primo e delicato argomento fu quello dei Cavalieri Neri, fazione da sempre solitaria e poco incline a unire le forze con altri schieramenti. Bart aveva appena avuto un incontro con il Black Saint dell’Acquario, sua conoscenza di lunga data, con cui era riuscito a scambiare parole in grado di dare una grande speranza per il futuro. Quell’incontro era avvenuto poco dopo la sua chiacchierata con Amaterasu e, quindi, non restava che informare anche le tre ragazze sull’accaduto.

    I Black Saint ci saranno. Almeno contro la Corruzione.
    Ho avuto un incontro con Anarygon, la loro attuale guida, e di certo non posso dire di aver stretto con loro una solida alleanza.
    Mi sarebbe tanto piaciuto farlo, per porre fine una volta per tutte a queste inutili guerre tra fazioni, ma probabilmente non è ancora arrivato il momento giusto.
    Anche se non ho assolutamente perso le speranze.
    In ogni caso, ci sarà almeno una sorta di tregua. Una tregua che ci permetterà di unire le forze contro quel nemico comune che da soli non riusciamo a sconfiggere.


    Avrebbe voluto fare di più, perché in cuor suo era certo che qualcosa nel mondo era cambiato. La Corruzione aveva scombinato gli equilibri millenari tra fazioni, basati su preconcetti ormai superati e principalmente dettati da uno status quo immutabile sin dalla notte dei tempi. L’Armageddon aveva distrutto tutto, compresi quegli stessi equilibri che dovevano essere necessariamente ricostruiti.

    So che non è molto, ma almeno è un inizio.
    Un inizio che potrebbe davvero essere il primo passo per qualcosa di grandioso per il futuro.
    Qualcosa di mai visto prima, che io e Amaterasu tanto sogniamo.


    Si spostò leggermente sulle ginocchia, per ritrovare una posizione comoda in quel contesto a lui del tutto nuovo. In realtà quell’atto dell’inginocchiarsi gli riportava alla memoria un tempo che sembrava essere ormai lontano anni luce, quando ancora non era Cavaliere e lavorava in Italia in una pizzeria. Piuttosto di perdere quell’unico lavoro che era riuscito a trovare per mantenere la sua Famiglia, era disposto a stare al forno in una posizione rannicchiata, spesso con le ginocchia a terra, per compensare con quell’innaturale postura la sua incontenibile mole.
    Il passato, però, era il passato, e in quel momento era ben lieto di condividere i discorsi su quella sua utopia insieme ai messaggeri di Amaterasu. Non restava che coinvolgere anche loro in quel bellissimo disegno che insieme volevano dipingere su quella tela bianca che era diventato il mondo.

    E Amaterasu deve continuare a credere in questo sogno, con la stessa forza con cui lo abbiamo pensato.
    Perché non voglio ascoltare queste sue parole.


    Le guardò deciso, quasi austero, ma in realtà voleva infondere in loro quel coraggio e quella forza cui avrebbero dovuto da fondo fino al loro ultimo respiro.

    Parole comprensibili, che a volte mi ritrovo anch’io a pensare, ma che non possono condizionarci.
    Non adesso. Non qui.


    Puntò il dito indice a terra, rimarcando le parole con i fatti. Da buon italiano era molto gestuale, e gli veniva naturale coinvolgere nel suo discorso le persone con cui parlava anche attraverso i movimenti del suo corpo.

    Non possiamo permetterci di arrenderci a un destino che sembra ormai segnato, rassegnandosi ancor prima di iniziare.
    La nostra forza è stata proprio quella di andare contro ogni previsione, cercando di creare qualcosa d’impensabile e mai visto prima.


    Osservò quasi incredulo l’inchino che le tre ragazze fecero di fronte a lui, quasi toccando la terra con la loro fronte. Un gesto che ruppe qualcosa nel cuore di Bart, che non poteva sopportare di vedere ancora così tante persone soffrire e sacrificarsi per quel male che, come un cancro, stava cercando di uccidere il mondo.
    Avrebbe cercato di spiegare a parole il fuoco che ardeva dentro di lui, lo stesso fuoco che aveva infiammato di orgoglio quel suo incontro con l’Araldo di Gea e che, sperava, avrebbe potuto convincere anche le sue devote messaggere.

    Il mio caro amico Amaterasu non sarà l’ennesima vittima della Corruzione.
    E farò di tutto perché nessuno debba più soffrire per questo male che sta cercando di divorarci.


    Strinse i pugni quasi involontariamente, portando il destro all’altezza del petto.

    Lo farò con queste stesse mani.
    A costo di andare a strappare i miei amici dalle fauci della Corruzione a suon di pugni.


    Fece una breve pausa, perché quella richiesta disperata delle ragazze l’aveva davvero toccato nell’animo. Gli sembrava di rivedere la sua adorata Elena, squassata dal sollievo ogni volta che lo vedeva ritornare da qualche missione considerata suicida. Rivedeva anche i volti dei suoi pargoli, le loro lacrime e i loro sorrisi nel rivedere il padre adottivo di ritorno a casa, anche se malconcio e tremendamente dolorante.
    L’espressione del gigante si fece, quindi, comprensiva e paterna, sentendo quelle tre ragazze parte di una Famiglia allargata in cui tutti provavano sentimenti simili e speravano semplicemente in qualcosa di meglio per il loro futuro e quello dei loro cari.

    Figliole, riporterò indietro Amaterasu, qualunque cosa accada.
    Di questo potete starne certe.


    E il sorriso tornò sul volto di Bart. Un sorriso che non portava ilarità, bensì una promessa. Quello era il volto di una persona convinta di ciò che stava per fare, pienamente fiduciosa di essere nel giusto e, per questo, pronta a tutto per ottenere ciò che tanto sognava.

    Così come lui farà con me dopo aver combattuto un nemico che sembra invincibile.
    Torneremo alle nostre case, dalle nostre Famiglie e dai nostri amici.
    Insieme.


    “Insieme”. Quante volte aveva usato quella parola con Amaterasu, così come con tutti i suoi compagni Cavalieri e la sua Famiglia allargata. Quello era il vero credo di Bartolomeo del Toro, quell’omone un po’ impacciato che avrebbe voluto solamente vivere una vita felice e tranquilla con le persone che tanto amava.

    Ci vedrete tornare con le braccia appoggiate uno sulle spalle dell’altro, per sostenerci a vicenda, perché staremo festeggiando l’inizio di un nuovo mondo.
    Magari lo festeggeremo doloranti e con un enorme peso al cuore per i sacrifici che avremo dovuto fare.
    Ma lo festeggeremo insieme.


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    Ed ecco quella sua espressione di convinta follia in un’utopia che stava davvero diventando realtà. Quel sorriso che illuminò del tutto la sua espressione, condito con quel pizzico di orgoglio e coraggio che creavano il perfetto quadro composto dai suoi sogni. Quello era il volto di una persona convinta che l’impossibile poteva diventare possibile, e che aveva anche i mezzi per compiere quello che in molti avrebbero definito un miracolo.

    Ve lo prometto.
    Ve lo prometto sulla mia stessa vita, per quanto possa valere.


    E Bart era uno che le promesse le manteneva. Potete starne certi.

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    Riassunto:
    Suvvia, basta con queste parole di commiato. Andiamo a prendere a cazzotto la Corruzione :kuku: Insieme :addit:

    Condizioni:
    Ottime.

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