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Wild Youth → Gold Virgo

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    I




    Non uno dei tuoi amanti
    Non uno dei tuoi preferiti,
    Chi sarebbe sfuggito alle tue trappole!
    Vieni qui, lascia che ti reciti
    il triste destino dei tuoi amanti!



    L'aria è pesante. Fai fatica a respirare.
    Tu sei pesante. Non sei abituata a sentirti così.
    Il respiro del mondo è appena udibile, ma una volta che lo percepisci tra il fruscio dell'erba e oltre il battito d'ali degli uccelli, sembra che le tue orecchie ne vengano perforate. È un lamento, una lunga nota continua, apparentemente infinita che vibra da chissà dove e chissà quando.
    Nessuno chiede aiuto, nessuno urla per il terrore. Non avresti difficoltà a focalizzarti su qualcosa di tanto diretto. È come se i tuoi sensi stessero cercando di dar forma a una sensazione o a un presentimento, facendolo riecheggiare nella tua mente senza darti riposo.

    Il tempo passa. Nulla cambia. Non davvero.
    Un'ombra malinconica si tende sulla nota, risvegliando un nodo di nostalgia nel tuo petto.
    Perché quel suono che non esiste riesce a toccarti tanto nel profondo?


    6vgdAlI



    Note Master:

    Eccoci qui. Ti lascio il primo post liberissimo. Non hai limiti per quanto riguarda l'interpretazione, oltre alle sensazioni descritte in traccia, ma come avrai capito non si tratta di un vero suono, quanto piuttosto di una sinestesia. Fermati quando decidi come comportarti nei confronti di questo "disturbo nella for ehm cosmo".


     
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    « Vehement »
    ~

    Combatteva a mani nude, senza armatura.
    Incendiando un corrotto dopo l'altro, coprendosi di sangue, di interiora e di putridume nerastro. Quel paese ormai senza nome della Bulgaria era un inferno, un cluster della Corruzione di cui il Grande Tempio era stato avvertito da tempo; non c'era nessun motivo impellente per cui lei dovesse essere lì. I civili - quelli che restavano - erano stati evacuati da tempo, e quel conglomerato si muoveva lentamente, attendendo di venire richiamato in qualche altro angolo del mondo.
    Eppure, Andrea era lì. Infilò il braccio nel petto di uno di quei mostri, e toccando il cuore con le dita lo fece esplodere: il suo corpo si sbriciolò in cenere pochi istanti dopo. I suoi compagni ringhiarono e gridarono, risuonando nelle sue orecchie. Era quello che voleva, pensò, mentre si scagliava in una tempesta di fulmini su di loro, incendiando l'aria e scagliando flash luminosi tutto intorno a sé, per accecarli e renderli folli di dolore. Voleva quell'odio e quel furore, voleva che i sensi del Leone prendessero il controllo, impedendole di pensare e di sentire... ciò che non voleva sentire.

    Quella nota. Ogni tanto, oltre le esplosioni e i ruggiti, la sentiva ancora.
    La costringeva a fermarsi, a rallentare, a esporre il suo corpo per attimi preziosi a quei mostri. Riusciva a riprendersi in tempo solo perché il suo istinto la richiamava a combattere, a salvarsi. Schivava di lato le artigliate e rispondeva tagliandoli a pezzi con lame di luce. E quei mostri sembravano non finire mai. Era la parte divertente della Corruzione, la loro mente a sciame li rendeva pericolosi ma anche... prevedibili. Si gettavano come falene contro una fiamma, e quella fiamma era Andrea.
    Ogni tanto lo faceva, quando non voleva pensare ad altro rispetto ai suoi compiti da Eforos e sgranchirsi le gambe. O quando i suoi soldati erano tutti in missione, e riceveva voce di un gruppo di civili in pericolo. Ma mai così. Mai con un simile disdegno della propria vita e della propria sicurezza.
    Quel giorno non riusciva ad avere silenzio. Aveva cercato quindi il furore, e l'aveva trovato. Si immerse di nuovo nel sangue, distruggendo mentre avanzava ogni cosa: corrotti, macerie, palazzi a stento in piedi. Nulla importava.
    « Di più, di più! » Gridò, quando sentì che la pressione diminuiva e che gli assalti si facevano sempre più sporadici e deboli.
    Fino a quando non fu tutto finito.

    0qVuOPt


    Seduta sul suo trono di devastazione, non si sentiva meglio.
    Il Keraunos aveva guarito quelle ferite superficiali che aveva riportato, lenendo nello stesso tempo anche la stanchezza. Sapeva che avrebbe potuto continuare così per ore, forse giorni, ma non c'era più un corrotto nel raggio di chilometri. I suoi sensi glielo dicevano chiaramente. Sentiva solo il crepitare delle fiamme che si spegnevano, la cenere che toccava terra in suoni soffocati che solo lei sulla faccia della terra poteva udire. Il suo stesso battito del cuore era un tamburo che diventava via via più regolare. Era di nuovo sola.
    Respirò a fondo. Chiuse gli occhi, perché sapeva che stava per succedere. E, dopo un'istante e un'eternità, udì di nuovo quella nota. Malinconica, distante, eppure così pressante, come una richiesta di aiuto che non poteva soddisfare. Non si era mai veramente allontanata durante quella battaglia, era sempre rimasta come un pensiero fisso e un peso sopra la testa.
    All'inizio, aveva pensato che fosse un'allucinazione. Poi, che doveva essere una qualche ferita al timpano rimediata durante un combattimento, che il Keraunos non era riuscita a guarire. Si era fatta visitare in segreto dai migliori medici del Grande Tempio.
    Non c'era niente. Solo quella nota.

    Strinse i denti e colpì a terra con un pugno, creando una voragine profonda decine di metri.
    Era inutile restare lì. Serviva solo ad attirare individui dotati di cosmo che potevano averla sentita, e che avrebbero potuto approfittare della sua stanchezza. Sprigionò tre lampi di luce a intervalli regolari, il segnale convenuto perché un portale si aprisse e la riportasse a casa.
    Pochi istanti dopo era nella Quinta Casa. Non ebbe tempo di rilassarsi, perché Ines, la sua vice dell'Avanguardia, era lì, in piedi, non si era seduta e la aspettava con contegno marziale non sapeva da quanto. Non si ricordò se le aveva chiesto lei di presentarsi per fare rapporto. Sentì ancora quella nota e strinse di nuovo i denti. Sapeva senza doverla guardare che Ines la stava scrutando, chiedendosi perché fosse ricoperta di sangue e senza la sua armatura. Non le badò mentre cercava di ricomporsi.
    « Sono venuta con gli aggiornamenti sulla nuova campagna, ma posso tornare se non è un buon momen- » Iniziò a dire la donna, notando che qualcosa in Andrea non andava.
    « Sì, grazie. Tra mezz'ora. Anzi. Ti manderò a chiamare io più tardi... domani, forse. » La interruppe lei, cogliendo l'opportunità che la gentilezza di Ines le aveva dato.
    Sentì lo sguardo di lei, confuso e deluso, e la pesante porta della Quinta Casa chiudersi. Fu di nuovo sola.

    Si lavò e tornò nell'ampio salotto senza sentirsi meglio.
    Aveva cercato di studiare quel fenomeno in ogni modo possibile. L'aveva cercato di ignorare, poi l'aveva disprezzato e infine tentato di sommergere nel clamore. Nulla aveva funzionato. Quella nota era ancora lì, a lacerarle - non l'udito - ma l'anima.
    Si sedette a terra, a gambe incrociate, e chiuse gli occhi. Fuggire non aveva più senso.
    « Sono qua. Cosa volete da me? » Chiese a tutti e a nessuno, e decise di fare l'unica cosa che non aveva ancora tentato di fare. Invece di fuggire quella nota, tentò di concentrarsi su di essa. Anche se faceva male, non distolse lo sguardo e non tentò di ignorarla. Cercò di mescolarsi a essa, di risuonare con lei, di armonizzarla prima col suo spirito, poi col suo cosmo. Di colmare i vuoti che lasciava, di curare lì dove feriva.
    A volte perdeva il controllo, lanciando saette involontarie attorno a sé quando il dolore si faceva più pungente. Eppure non era solo dolore. Era anche una mancanza, quasi un richiamo di qualcosa di lontano che non riusciva ancora a comprendere.
    Ma doveva. Quella nota la stava paralizzando, la rendeva inutile e fragile e non era un nemico che poteva sconfiggere. Poteva solo cercare di comprenderla, avvolgendola col proprio cosmo. E così tentò di fare, risuonando e suonando le note dell'universo.
    Sperando di trovarne una che si adattasse a essa.

    0qVuOPt

    Energia ~ Viola.
    Cloth ~ Gold Leo - VII - non indossata.
    Condizioni ~ Il fastidio.
    Abilità ~ Keraunos [Luce+Bonus, Elettricità, Cosmo Straordinario]; L'Occhio del Leone [Sensi Acuti]; L'Occhio del Re [Bonus a Sensi Acuti]; Comunione Cosmica [Percezione Straordinaria, Difese e Attacchi più Precisi, Favore di Atena] → Scheda.
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    II




    Quando lei dirà "Oh il mio cuore!",
    voi dovrete rispondere:
    "Siete turbata, mia signora, oh il vostro cuore!"
    Quando lei dirà "Oh le mi viscere!",
    voi dovrete rispondere:
    "Siete turbata, mia signora, oh le vostre viscere!
    Poi lei chiederà: "Chi siete voi?
    Dal mio cuore al vostro cuore,
    dalle mie viscere alle vostre viscere,
    consentitemi di parlare così con voi -
    se siete divinità, datemi udienza;
    se siete mortali, che un destino sia decretato per voi."
    Fate sì che lo dichiari per la terra e per i cieli.


    La tua coscienza si espande lentamente.
    Troppo lentamente.

    Superare i cinque sensi, andando ben oltre la comune concezione fisica è uno sforzo solitamente banale per te, eppure stavolta la tua essenza sembra vittima di un particolare attrito. L'accesso al Microcosmo, la soglia percettiva che va oltre il comune, ti crea non poche difficoltà. Riesci a fatica a sfiorare la sorgente di quella nota prima di sentirla nuovamente lontana, virtualmente irraggiungibile. È una danza frustrante, un gioco che non puoi vincere.
    Ampliare ulteriormente la tua ricerca, immergendoti nelle profondità siderali del Macrocosmo, ti provoca un dolore quasi insostenibile. La risposta si trova lì, in un crogiolo di energie libere e vincolate che si divorano a vicenda senza mai estinguersi, il gioco incomprensibile che regge la Realtà immobile.

    Archi elettrici si alzano dal tuo corpo, fondendosi in una tempesta di fotoni ed elettroni liberi, un prodigio di distruzione che forse per la prima volta riesce a spaventarti davvero, per quanto tu sia sprofondata tra incommensurabili meccaniche cosmiche.
    E ti spaventa perché non ne hai controllo.
    Sei solo il centro, il conduttore, il tramite della potenza deicida del Keraunos.

    Così, mentre la Quinta Casa rischia di venire devastata dalla tua stessa potenza, le tue sensazioni vengono attratte magneticamente da un singolo elemento, esterno alla sfera normalmente osservabile. Perduto in un tempo passato, o almeno così credevi.

    La nota diventa sapore: metallo e carne che si alternano tra le tue labbra.
    La nota diventa odore: gli umori della passione, la pioggia di montagna e le fragranze degli unguenti.
    La nota diventa stimolo termocettivo: il freddo della terra, il calore delle fiamme che tutto divorano.
    La nota diventa vibrazione luminosa: il rosso acceso del sangue, la sfumatura delle rose, il bianco del marmo.

    E infine, la nota si apre come un bocciolo, rivelando una ricca corolla di grida soffocate, qualcosa che sei certa di non aver mai udito.
    Non potresti.

    Dopotutto, quando arrivasti nella sala del tempio, il suo corpo era già freddo, le viscere disposte in un preciso disegno attorno alle membra immobili, una catena argentata a cingerle i capelli.

    Torni a te stessa senza sapere come. La nota è diventata uno spasmo di agonia che ti trafigge il petto, risvegliando il ricordo di un'antica cicatrice.
    Le superfici intorno a te sono butterate, bruciate, spaccate dalla pressione della Saetta.

    Gramàn ti fissa da un angolo buio della Casa.
    Ringhia.


    6vgdAlI



    Note Master:

    Decidi come muoverti. Gramàn non risponde, si rifiuta di parlare o di farsi toccare.


     
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    « Vehement »
    ~

    Andrea odiava perdere il controllo.
    Era capitato raramente. Con il Primarca che le aveva spaccato il viso a pugni obbligandola a combattere, aveva perso il controllo. Con gli Spectre e i loro giochi sadici, aveva spesso perso il controllo. Nell'incontro con la Corruzione, quando era stata vicina come mai a diventare un Avatar... aveva perso il controllo, ma era stata salvata da Atena. Eppure, non si era mai sentita così debole e vulnerabile senza un nemico, senza qualcuno con cui rispondere colpo su colpo.
    Il suo cosmo si allargava, ma non rispondeva più a lei: scintille si scatenavano intorno a sé e diedero fuoco a un mucchio di rapporti sulla scrivania. Non poté fare altro che guardarli bruciare. L'odore intenso le arrivò alle narici, ma fu subito sovrascritto da ciò che stava cercando di raggiungerla. Era un puzzo simile, ma non più di carta bruciata. Le sembrò di riconoscere... sangue.
    La sua coscienza vacillò mentre le retine restituivano immagini che non stavano vedendo e che non riusciva a riconoscere.

    E faceva male. Più cercava di mantenere e di riconquistare il controllo, più faceva una violenza contro sé stessa.
    Eppure non voleva essere lambita da quell'incertezza, perché non sapeva cosa sarebbe capitato al suo corpo... e ad Atene. Il Keraunos saettava e ruggiva, ma non era ancora senza freni. Riusciva a evitare, stringendo i denti e dominando sé stessa, che si scagliasse sulle colonne portanti, che distruggesse le opere d'arte e tutti i beni, i ricordi preziosi che Andrea custodiva nella Quinta Casa. Ma soprattutto, che spaventasse gli altri cavalieri, i civili, che avrebbero visto i segni della distruzione nel cuore della Grecia, come se fossero sotto attacco.
    Quando invece era solo lei. Era colpa sua.
    Era... colpa sua. Il cuore rimbombò nel petto come una cannonata. Aveva già detto quelle parole, una volta, tanto tempo prima. La nota lontana risuonò più forte, come nutrendosi di quella rivelazione.
    Urlò di dolore, ma non ne uscì un grido, ma un tuono. Una saetta trafisse l'aria e colpì il quadro di Botticelli appeso alla parete, incendiandolo e crepando il muro sottostante.
    Andrea urlò, ma non fu la sola.

    Nel tempio qualcun altro stava urlando, alla raFAMALEFAMALEgazza servirono parecchi istanti per capire di essere nel suo letto, da sola. Un timido sole che filtrava dalle finestre le permise di vedere le coperte a terra, come se nel dormire si fosse mossa troppo. Si portò le mani alla fronte, si ricorFALLOSMETTEREdava che nel sogno qualcosa l'aveva terrorizzata, qualcosa di antico e terribile come una leggeTORNAINDIETRO

    Respirò a fondo, come se fosse stata in apnea per ore.
    Il suo corpo era scosso dai sussulti, il petto le pulsava e senza accorgersene aveva portato le mani alla testa, come per tenerla e impedirle di spaccarsi a metà.
    « Avete profanato col sangue il tempio. Avete profanato col sangue il tempio. Avete profanato col sangue il tempio. Avete profanato col sangue il tempio. » Quella era la sua voce, e per quanto si sforzasse non riusciva a evitare che la sua bocca si muovesse per pronunciare quelle parole, quell'accusa che aveva lanciato una volta, due vite prima.
    Si era tirata indietro da quel ricordo, era riuscita a sottrarsi a quella nota che la stava portando dove non voleva, in un passato ridotto in cenere e ormai sepolto... o così credeva. Ma resistere a lungo era una violenza, più dolorosa di vedere il proprio corpo straziato. Era un male che non poteva guarire col Keraunos, che nella sua ira stava dando fuoco ai tappeti, alla carta da parati, distruggendo le mensole e mandando in frantumi le porcellane.
    « Non voglio. Basta. » Sussurrò, in un alito di voce che le morì in gola. Si sentì sempre più debole, desiderava solo che finisse. Il suo corpo tremava sempre più forte, mentre le forze per combattere venivano meno e sprofondava, sprofondava... si perdeva in quella nota.
    Terribile e lontana. Lunga e profonda come un grido.

    Elena.
    Elena stava gridando. Un grido che lei non aveva mai sentito.
    Era quella la nota. Era il suono della prima morte che non era riuscita a evitare. Che forse... aveva causato. Un suono che non aveva mai voluto immaginare, tornato a perseguitarla, scoperchiando un vaso di Pandora che pensava di aver sepolto da tempo.
    Come i morti.
    Era un grido soffocato, lacerante, di chi sa che la propria vita sta per finire. Rimbombava tra soffitti alti e muri bianchi che lei conosceva bene. I muri di un tempio di cui era stata l'unica custode per dieci anni. Un passato che aveva voluto dimenticare e richiudere dietro di sé, per andare avanti.
    Non le era più possibile. Quella nota la riportava indietro.
    Il grido si spense, e quella vita finì.
    Elena era morta.
    SVEGLIATI

    0qVuOPt


    Non riuscì subito a riaprire gli occhi.
    Le lacrime e la cenere le irritavano la vista, il gonfiore deformava quel senso su cui aveva fatto affidamento tante volte.
    Aveva smesso di tremare, ma il dolore non era passato. Anzi, era ricominciato. Una fitta le attraversava il petto, in corrispondenza a una ferita ormai rimarginata, a una cicatrice che un tempo aveva portato, fino a quando Amateratsu non l'aveva aiutata a ricreare il suo corpo. Non era possibile, si disse. Giapeto. Quel nome le fece venire la nausea, come ogni volta che attraversava i suoi pensieri.
    Eppure non era lui, non poteva raggiungerla ad Atene, sarebbe stato ucciso prima ancora di provarci. Alcuni luoghi era ancora sacri e impenetrabili. Si sforzò di riprendere quel controllo che aveva perso, placando il Keraunos, spegnendo la sua furia.
    Era la sua arma, era la saetta deicida del Leone. Non poteva agire così, senza di lei - si impose di fermarla, e, con fatica, i fulmini divennero scintille, gli scoppi di luce bagliori.
    Non sapeva quanto tempo fosse durato, se fosse finito... ma era un pericolo, lì.

    Se ne rese conto non appena riuscì a riaprire gli occhi e a vedere cosa aveva fatto.
    Aveva visto solo una volta così tanta devastazione all'interno della Quinta Casa, ed era stato quando aveva vissuto i ricordi della guerra sacra di Aleksander Seraf. Non tutti i muri erano ancora in piedi, e quelli che lo erano erano attraversati da ampie crepe da parte a parte e avevano perso il loro colore, assumendo quello della cenere che ancora continuava a cadere.
    Alcune fiammelle ardevano ancora dove c'era molto da divorare - un antico tavolo di mogano, un'armadio che era ormai uno scheletro svuotato. Il soffitto era stato colpito in più punti e faceva filtrare la luce flebile del tramonto, illuminando ogni cosa del colore del sangue.
    La scena era della più totale devastazione... ed era stata lei. Le sue orecchie captarono, in lontananza, le voci concitate dei civili ai piedi delle dodici case. Aveva risvegliato in quella povera gente la paura, il dubbio che nemmeno quel posto fosse al sicuro dai mostri, che forse la corruzione stava attaccando e a breve avrebbero dovuto fuggire o morire.

    Prima che potesse capire cosa fare o dire, sentì una presenza.
    La conosceva bene, perché era qualcosa che le apparteneva. Era Gramàn, il gatto creato da lei e da Aleksander, una manifestazione del Keraunos. Era certa di trovarlo spaventato, che fosse andato a chiedere aiuto a Bartolomeo per fermarla.
    Invece era fermo in mezzo a ciò che rimaneva della sala - e ringhiava. Di nuovo il Keraunos si mostrava ostile, e lei rimase a bocca aperta per un secondo, non sapendo cosa fare. Allungò una mano verso di lui, come d'istinto, per calmarlo, per avvicinarsi e accarezzarlo; lui ringhiò più forte, il pelo divenne più lucente e gonfio di elettricità.
    « Non capisco. » Disse, abbassando la mano. Aveva sentito parlare di rigetto dell'armatura del suo possessore, ma era avvenuto solo in casi eccezionali, quando ci si macchiava di colpe troppo estreme per Atena. Non... non era possibile. Non lei.
    Eppure aveva paura. Si sentì un nemico in terra ostile. Fu un attimo, un brivido che le corse lungo la schiena, e si vide braccata, inseguita, cercata e infine catturata e condannata per alto tradimento. Per una colpa che non sapeva di aver commesso, forse. Gramàn continuava a ringhiare piano, con le gambe in tensione, come se stesse per prendere la misura del balzo per attaccarla alla gola.

    Fu allora che lo seppe.
    Aveva distrutto la sua casa, il suo tempio, quello che doveva custodire. Il Keraunos - e Gramàn ne era l'esempio - era irato con lei, e non rispondeva più ai suoi comandi. La sua anima le trasmetteva ricordi passati che aveva voluto seppellire e che stavano tornando alla luce.
    Non c'era nulla di giusto, ma non poteva restare. Non lì. Ma prima di cercare di comprendere perché il tempio del Desiderio la richiamava a sé, doveva cercare di capire, non arrivare impreparata, non buttarsi in quella missione senza la sua unica arma possibile.
    La conoscenza. Guardò Gramàn con malinconia, con gli occhi abbassati e velati di pianto. Sarebbe tornata e avrebbe spiegato ogni cosa. Ma prima doveva studiare che cosa volevano dire quei sintomi, se si erano mai verificati in passato. Doveva studiare più a fondo il Keraunos, capire fino a che punto era autonomo e se poteva rivoltarsi contro il possessore come sembrava stesse facendo con lei.
    Forse più importante, doveva trovare una storia, quella che non aveva mai cercato nell'Hypomnesis perché pensava di poterla ormai dimenticare. La storia di un tempio, ma non greco. La storia del tempio del Desiderio. Doveva tracciare le vite dei cavalieri, cercando un qualsiasi contatto, una missione, un momento di piacere cercato tra infinite battaglie. Le bastava un segno qualunque, qualcosa da cui partire, qualcosa che non fosse ciò che le era stato raccontato dai suoi maestri.
    Non poteva usare la saetta deicida senza pericolo per quelli attorno a lei. Non sapeva se poteva più indossare l'armatura del Leone. Ma le rimaneva ancora la chiave della biblioteca, una collana lemuriana appesa al collo e che le saette non avevano toccato.
    La afferrò e la strinse con la mano, preparandosi a lasciare la Grecia per la dimensione del ricordo e della conoscenza.
    Lì sarebbe stata al sicuro. Lì avrebbe potuto proteggere gli altri...
    da sé stessa.

    0qVuOPt

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    Abilità ~ Keraunos [Luce+Bonus, Elettricità, Cosmo Straordinario]; L'Occhio del Leone [Sensi Acuti]; L'Occhio del Re [Bonus a Sensi Acuti]; Comunione Cosmica [Percezione Straordinaria, Difese e Attacchi più Precisi, Favore di Atena] → Scheda.
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    III




    Lei non ha dimenticato i miei comandi.
    Non ha ignorato i miei ordini.
    Sui tumuli in rovina,
    lei ha pianto per me.
    Nel santuario,
    lei ha suonato per me.
    Presso la casa degli Dei,
    lei ha seguito le processioni per me.


    Ciò che è veramente accaduto nell'ultima manciata di ore non ti è del tutto chiaro.
    Ti senti pesante, ti sembra di nuotare, anziché semplicemente camminare. Avanzi, ma ti costa fatica. La tua pelle brilla sotto una Luna piena così grande, così vicina da scatenare in te una sensazione di atavico pericolo. Ci vuole ben più di uno sguardo per sincerarsi che il satellite non sia uscito dalla sua orbita perfetta iniziando una rovinosa caduta.
    No, deve essere colpa della confusione che ti dilania il petto dall'interno. La Luna è stupenda e si staglia contro il cielo notturno occupando il giusto spazio di sempre.
    Un altro dettaglio inonda però i tuoi processi mentali, un dettaglio che non puoi che definire tale, ma che di secondo in secondo si fa sempre più fondamentale, fino a diventare totalizzante: mancanza. Ti senti frammentata. Ti senti incompleta. Un circuito troncato.

    -


    Un passo indietro.
    Il salto che hai compiuto per arrivare in quel non-luogo che è la biblioteca da te custodita, in realtà, sembra non essersi mai davvero completato. Sei arrivata a destinazione, ma ti manca qualcosa. È come se stessi cadendo da un tempo indefinito e il tuo corpo iniziasse ad anelare la terra ferma sotto i piedi. Il senso di vertigine ti ubriaca, spingendoti a barcollare attraverso le sale piene di libri, sorretta a malapena dall'ultimo bagliore dei tuoi sensi preternaturali che poco a poco si spengono, venendo divorati dal nulla. Mnemone dovrebbe essere lì con te. Forse ti sta perfino sorreggendo, ma tu non lo senti ormai più.
    Il tuo legame con la natura si assottiglia, diventa sempre più effimero. Allo stesso tempo, la tua coscienza sembra vacillare.
    Dopo quello che ti sembra un secolo, le tue dita scivolano sul dorso di un libro, che cade con un tonfo sordo insieme a te. Si apre accanto al tuo viso, mostrandoti parole sfocate di un lontano passato.
    Leggerle ti è quasi impossibile. Perfino focalizzare le singole lettere è un'impresa disperata.
    Non è la semplice eufonia del Leone che ti abbandona. Sei tu che ti stai spegnendo.

    -


    In una pozza di luce lunare, i tuoi piedi calcano una strada familiare, la via che ha condotto innumerevoli uomini nel caldo abbraccio del Piacere.
    Ripensandoci potrebbe trattarsi di un sogno. Avrebbe senso, no? La strada ti è nota, ma sei certa di non riconoscerne la formazione o la direzione. Il luogo sacro che hai custodito per tanti anni era nascosto tra le montagne, eppure i tuoi piedi appoggiano da migliaia di passi alla stessa altezza, nella più assoluta assenza di pendenza. I tuoi vestiti sono raffinate volute di lino e seta che si aprono dalle fessure dell'armatura di Leo, bella e lucente come mai l'avevi vista prima d'ora. Una leggera brezza solleva i veli diafani del mantello, dandoti la fierezza e la delicatezza di una vera sacerdotessa guerriera... ma il tuo corpo è pesante, vincolato da una velocità predefinita che devi seguire, un pellegrinaggio forzato che nessun potere dorato è in grado di farti superare con la forza. Non puoi correre. Non puoi fermarti. Puoi solo camminare, camminare verso la tua vita precedente.

    Davanti a te, vicine e lontane in una prospettiva sfuggente, si delineano le forme del tempio.


    6vgdAlI



    Note Master:

    Abbiamo due momenti da esplorare. Puoi intenderli come preferisci: separati o uniti in un unico flusso di coscienza; non cambia. Da una parte riesci a entrare nella tua biblioteca, ma stai lentamente scivolando verso l'incoscienza (sonno, coma, morte?). Dall'altra sei tutta intera e apparentemente sana, ma continui segnali da dentro e fuori di te suggeriscono che ci sia un grandissimo problema. Reagisci pure a entrambe le cose come credi più opportuno.


     
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