Heghemonìa - Reprise

Luke¬ (2°pg) → Gold Sagittarius

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    I




    Da diversi giorni la frenesia ai margini del territorio del Santuario non fa che aumentare. L'hai visto accadere altre volte negli ultimi anni. Vedi i veterani che scherzano con le reclute fresche di addestramento, i vari plotoni dell'esercito che si riorganizzano e ispezionano l'equipaggiamento, i comandanti che vanno avanti e indietro tra le postazioni ad assicurarsi che tutti siano pronti.

    I campi di addestramento sono molto più silenziosi, senza il vociare dei soldati che si allenano o assistono alle vostre esercitazioni. Voi aspiranti cavalieri siete sempre rimasti ai margini, dopotutto, lontani dalle prime file della battaglia. La responsabilità di difendere la terra di Grecia appartiene - per loro stessa scelta - a coloro che non sono riusciti a entrare in sintonia con le stelle oppure a chi, dopo infinite battaglie e chissà quanti sacrifici, ha rinunciato a vestire una Sacra Armatura.
    Almeno questo è ciò che ti ricorda quasi tutti i giorni il vecchio Philippe, l'uomo che ha selezionato te e una manciata di altri giovani promettenti sperando di fare di voi la prossima generazione di difensori della pace e della giustizia. Dopo un anno siete rimasti solo in due.
    Il vecchio dovrebbe partire entro poche ore insieme a un plotone di Esemplari e Dervisci, ma ha voluto vedervi come ogni altro giorno per portare avanti il vostro addestramento, tale è la sua dedizione alla causa.
    Con tuo sommo stupore però, le parole che ti rivolge hanno ben altro sapore rispetto alle solite raccomandazioni.

    Oggi partirete anche voi con me. Per quanto mi riguarda eviterei volentieri di gettarvi nella mischia e sperare nel miracolo, ma il tempo passa, i mostri avanzano e non possiamo più essere tanto schizzinosi. Ora preparatevi: non sappiamo quanto tempo passeremo fuori dalle mura. E un'altra cosa...

    Vi guarda negli occhi per un lungo momento, spostando lo sguardo solo per passare da uno all'altro. I capelli grigi lunghi e ricci scivolano di lato, mostrando una profonda cicatrice che avete ormai imparato a conoscere: un segno profondo che parte dalla tempia, sfiora l'occhio sinistro di un verde pallido e scende fino alla guancia, perdendosi nella barba ispida.

    Giuro su Atena che se ci lasciate la pelle, vi faccio riportare in vita solo per ammazzarvi di nuovo.


    6vgdAlI



    Note Master:

    Benvenuto nel tuo cambio. Sono stato sintetico, dandoti solo le info necessarie per permetterti di inserire il più possibile del tuo pg. Come avrai notato, la battaglia per la riconquista della Grecia è ripartita. Ti ricordo per chiarezza che gli ultimi fatti sono stati la Megaquest e in seguito il primo tentativo fallimentare di riconquista, risolto in nulla di fatto e vari saint dispersi, oltre a ingenti perdite nell'esercito.
    I png sono Philippe (un francese che serve il GT da chissà quanti anni, prima come cavaliere e poi come maestro, che ti ha preso sotto la sua ala e insegnato i fondamenti del cosmo) e questo/a tuo/a compagno/a di addestramento che puoi caratterizzare come vuoi tu.
    Gestisci come vuoi i tempi della narrazione e fermati quando siete tutti pronti per partire.


     
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    Non era la prima volta che il Santuario prendeva vita in preparazione della guerra, nemmeno la prima volta che egli stesso vedeva quell'esatto insieme di attività.
    Voci, suoni e rumori, urla gioiose, incoraggiamenti e preghiere, tutte insieme in un connubio indistinguibile di fede e speranza. Lunghe file di portavano rifornimenti ai vari battaglioni, soldati che ispezionavano armi e ultimavano pianificazioni di linee di rifornimento e zone di attacco, e gli ultimi preparativi che venivano ultimati. Non era la prima volta che Vahid aveva visto la macchina bellica ateniese accumularsi ai confini del territorio che difendevano in attesa di proiettarsi al di fuori come un'onda di marea senza poter partecipare di persona, ormai poteva considerarsi quasi un veterano della panchina, come Anna era solita canzonarlo quando cercava di far valere la sua anzianità in quanto a presenza nel Grande Tempio. Era lì da molto tempo, da quando aveva sedici anni, e aveva visto tante cose, tanti Cavalieri di ogni tipo, tanti compagni e fratelli anche più giovani o che erano letteralmente appena arrivati al Santuario, erano andati e venuti sotto il suo sguardo. Com'era giusto che fosse, la via di un Saint e di un devoto della Dea era pregna di sacrifici per il bene comune.
    Egli stesso non mai avuto, fino a tempi recenti, una vera e propria occasione per servire la Dea in una maniera particolarmente attiva; c'era poco da fare, per ognuno che nasceva benedetto dalle stelle altri cento dovevano sudare e lavorare, pazientemente, per avere un'occasione. Anche quando Philippe l'aveva preso come apprendista per l'armatura d'argento di Sagitta, Vahid non era mai stato il migliore o il più talentuoso tra gli allievi: non gli appartenevano lampi di genio o predestinata grandezza, i suoi progressi erano lenti e arrancanti, marcati con fatica e sangue di allenamenti massacranti che lo avevano portato più e più volte oltre il limite dell'esaurimento fisico.
    Ma, da parte sua, non si era mai arreso. Mai, neanche quando quasi l'interezza degli altri suoi compagni avevano abbandonato la tutela dell'ex Cavaliere, lui aveva semplicemente abbassato il capo e raddoppiato gli sforzi; anche se sapeva in fondo al cuore che non sarebbe stato lui a ereditare la Sacra Armatura, questa era la sua migliore occasione per fare qualcosa di buono per il mondo, in un modo o in un altro, nell'estrema piccolezza delle sue possibilità. Non se la sarebbe fatta scappare tanto facilmente.
    La novità, tuttavia, lo fece scattare in piedi di sorpresa. Non credeva fosse mai successo di far scendere in campo gli aspiranti Cavalieri, e la consapevolezza che presto egli stesso avrebbe dovuto, per la prima volta da quando era arrivato al Santuario, uscire dalla sicurezza delle mura per avventurarsi nell'ignoto lo colpì come un pugno nello stomaco.
    Tensione, il tambureggiare del cuore nelle orecchie, reazioni naturali davanti a un qualcosa di così grande e inaspettato, spezzate immediatamente da un sorriso smagliante e un'approssimativa imitazione del saluto che ormai Philippe aveva rinunciato a vedergli eseguire come si doveva.
    Sì Maestro, non vi deluderemo!
    Si parlava, dopotutto, di fare il proprio dovere per il mondo e per Atena. Se avanzare e morire era quello che gli veniva chiesto lo avrebbe fatto con un sorriso sulle labbra.

    Gli attimi di preparazione successivi, quando Philippe lasciò la stanza comune in cui dormivano i suoi apprendisti, furono un lampo di frenesia. Cosa prendere e cosa scartare, quanto bisognava appesantirsi in riserve alimentari e scorte da campo, era come se tutto stesse avanzando in maniera stranamente accelerata. Effetti di tensione e adrenalina, se non fosse stato per Anna si sarebbe dimenticato anche torce e razioni.
    Tutto bene? Hai a malapena parlato.
    Mh. Stavo pensando.
    Vahid scostò con le mani la manciata dei suoi lunghi capelli castani, facendola cadere davanti al corpo della ragazza, mentre, con mani ancora tremanti per l'improvvisa novità, cercava di aiutarla nell'allacciarsi i pezzi di armatura che erano stati forniti loro. Niente di pesante, pezzi di cuoio indurito giusto per non andare in possibili battaglie con indosso solo semplici vestiti; era ormai fin troppo ovvio che anche le basilari forme di opposizione nemica potevano fare ricorso a forze in grado di distruggere ogni forma di difesa fisica convenzionale, quindi era inutile appesantirsi con qualcosa che non era una Sacra Armatura. Tanto valeva andare leggeri.
    Anna era pensosa, stranamente meditabonda, nonostante non fosse strano vederla ponderare; la ragazza era arrivata al Santuario molto dopo di lui, era sicuramente più giovane anche se non avrebbe saputo dire di quanto, si erano incontrati effettivamente solo quando entrambi avevano ricevuto approvazione per iniziare l'addestramento da Philippe. A differenza sua Anna era attenta e razionale, estremamente intelligente e istruita, e incredibilmente talentuosa nei passi che aveva percorso fino ad ora: erano molto diversi, in circostanze normali non avrebbero avuto niente a che fare l'uno con l'altra, ma la vicinanza e le situazioni di una lunga convivenza avevano creato un legame di amicizia tra i due. Abbastanza forte da capire quando qualcosa non andava.
    E' strano. Non era mai successo che gli allievi venissero chiamati alle armi.
    Sicura?
    Mh. Può voler dire due cose: o Philippe ha qualcosa in mente, o c'è carenza di uomini dopo l'ultima sortita e la situazione è davvero grave. La ragazza reclinò il capo all'indietro, fissando occhi azzurri in quelli neri di Vahid, un'espressione neutra e difficilmente decifrabile. Spostò le mani sulle sue spalle, in un istintivo gesto che voleva confortarla.
    Sei preoccupata. Non era una domanda, una semplice constatazione.
    Tu no?
    Un pochino.
    L'ha detto anche Philippe che non ci avrebbe mandato sul campo.
    A dire il vero Philippe dice molte cose, tra un racconto di guerra e un altro.
    Stavolta sembrava serio.
    Eh...
    Sospirò, guardando il vuoto per un istante. Era molto da processare in poco tempo, ma lui era estremamente ottimista e, forse, anche solo un po' sconsiderato.
    Non so nulla della situazione e di cosa fare, ma penso che potrebbe toccare a noi adesso. Sai, che è il nostro turno per fare qualcosa di buono per Atena e per il mondo. La Dea ci aiuterà e indicherà la strada. Sorrise, stavolta in maniera vagamente scherzosa, ma nemmeno troppo.
    Non preoccuparti, se finiamo nella merda io distraggo tutti e tu scappi.
    Si interruppe per annaspare vagamente, avendo ricevuto un diretto impatto delle nocche di Anna alla bocca dello stomaco, masticando una rapida serie di termini difficili da ripetere mentre la donna riprendeva a guardare avanti, un mezzo sorriso sul volto e una sola parola detta all'indirizzo del ragazzo alle sue spalle.
    Coglione.
    Legittimo, si trovò a pensare. Più che legittimo.

    Gli ultimi preparativi furono ultimati in poco tempo, accumulando le provviste ed equipaggiamento a loro dovuto in zaini da viaggio, pronti per iniziare una giornata che era cominciata in maniera estremamente inaspettata.
    Uscirono entrambi, senza sapere se sarebbero mai tornati ma col coraggio di continuare ad andare avanti semplicemente perché era la cosa giusta da fare.

    Per Atena, pregò Vahid tra sé e sé prima di incamminarsi verso Philippe.
     
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    II





    Varcate le porte del Grande Tempio insieme a un plotone misto composto da venti soldati, voi compresi. Prendete subito la direzione est, stipati nel container di un camion rinforzato per l'occasione.
    La mancanza di mezzi bellici si fa sentire in queste occasioni più che in altre. Te lo fa notare Philippe, prendendola come un'occasione per istruirvi sulle recenti tattiche adottate dall'esercito ateniese. Di fatto, la sicurezza del mezzo è affidata all'autista, a un navigatore che lo assiste e ad altri tre uomini posti sulla cima del container, due sui lati e uno in coda. Poco più che pura formalità, a sentire il vecchio, considerando che la strada per Corinto è presidiata da anni, persino da prima dell'ultima operazione miseramente fallita.

    Una volta arrivati venite subito condotti nella parte alta della città, sede del comando provvisorio. Vi accoglie il vicecapitano dei Templari Arnold Torroja, un uomo sulla quarantina di altezza media, capelli neri e carnagione scurita dal sole, sostanzialmente privo di filtri che si mette immediatamente a sbraitare in faccia ai luogotenenti che vi hanno condotti lì.

    Schifosi incompetenti. Pensavo di avervi ordinato di avvertirmi per tempo dei rinforzi in arrivo. Non posso trovarmi soldati in mezzo ai piedi in ogni momento, che mi guardano con occhi da pesce lesso chiedendomi "posso andare a pisciare, signore?" senza sapere manco dove cazzo sta il bagno.

    Urla una serie di altri ordini e rimproveri, facendo scattare almeno dieci soldati in direzioni diverse. Il suo viso sembra distendersi per un attimo, prima di rivolgersi al vostro gruppo, soffermandosi brevemente su Anna e te.

    Cambia il vento, truppa. Dovete ripartire verso Argo. Il capitano Barres ha chiesto rinforzi per gestire un gruppo di corrotti che una ventina di minuti fa si stava dirigendo verso le fortificazioni.

    Vi conduce personalmente in armeria, dove a ciascuno viene consegnata una sovra-corazza rinforzata in fibra metallica dall'aspetto decisamente moderno. Controluce puoi osservare come sembrino percorse da una particolare filigrana a disegni regolari. Sono il frutto del lavoro dei templari non direttamente impegnati nella sorveglianza delle fortificazioni: protezioni semplici ma dall'altissima resistenza garantita da un accumulo notevole di sigilli cosmici. Torroja stesso si prende la briga di consegnare a te e alla tua compagna di addestramento le vostre, senza però dirvi nemmeno una parola.
    Dopo poco meno di dieci minuti state già accelerando su una strada sgombrata di recente, direzione sud-ovest.

    Tra le due città si stende un denso cordone di sicurezza. Il territorio è in mano ai Templari per ovvie ragioni logistiche, ma da ciò che racconta il vostro maestro capisci che il piano iniziale doveva essere molto diverso. Vi spiega come l'assalto guidato dai Saint si fosse perso nel nulla subito dopo la prima ondata. Corinto e Argo erano state ripulite in una sola giornata, ma nel frattempo i corrotti rimasti nelle regioni adiacenti avevano interrotto l'attacco alla cieca, spingendo l'esercito a un giocoforza insostenibile, che le truppe non potevano gestire dato il loro esiguo numero. Templari e Santificatori avevano sacrificato molti uomini in una serrata caccia ai corrotti, che a loro volta avevano subito iniziato a tendere trappole e agguati agli inseguitori, dimostrando ancora una volta la spaventosa capacità adattiva della mente alveare.
    Alla fine, i comandanti erano stati costretti alla ritirata, stanziandosi lungo il confine sicuro per non perdere i territori liberati e riorganizzarsi. A quel punto avevano perso il vantaggio di una guerra-lampo, così come la possibilità di coordinarsi con l'altra sezione dell'esercito diretta a nord, che stava avendo gli stessi problemi.

    La lezione sulle tattiche da campo continua. Siete partiti da meno di mezz'ora. Stando al navigatore siete tra Nemea e Argo, a pochi minuti dall'accampamento fortificato.
    La sentinella di coda inizia a battere sul portellone del container il segnale convenuto: attacco in corso.
    Il mezzo si ferma lasciandovi appena il tempo di scendere. Un gruppo di corrotti da circa una cinquantina di unità avanza in campo aperto verso di voi, calando in direzione perpendicolare alla strada. Stanno cercando di tagliare la via ai rinforzi per Barres.
    Sentite Philippe sbraitare a denti stretti.

    Dietro di me. Su la guardia.

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    Note Master:

    Stavolta mi scuso per lo spiegone ma andava riassunta la questione riconquista. La situazione è molto semplice, loro sono più del doppio rispetto a voi, perlopiù in forme animalesche/insettoidi solite con poteri misti, divertiti pure.
    Le "armature" sigillose hanno una resistenza pari a una grado IV ma si indeboliscono progressivamente. Tu hai cosmo base, Anna (che puoi muovere a tuo piacimento) se vuoi può dimostrare un'abilità a tua scelta. Siete entrambi tra la rossa e la verde per intenderci. Gestisci una prima parte di scontro come vuoi tu, ma non eliminare tutti subito.


     
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    Che ci fosse carenza di mezzi e materiali era ormai un fatto noto, la disfatta dell'impresa precedente aveva privato l'esercito Ateniese di preziose risorse, e a quanto pareva non era possibile attendere che i Saint recuperassero le forze. No, dopotutto avevano aspettato fin troppo a muoversi e ora, dopo la difficile vittoria in Giappone, era imperativo fare rapidamente di necessità virtù.
    Nel frattempo, nella superficie chiusa e vagamente claustrofobica del container in cui erano tutti stipati, Philippe provvide a fare un rapido corso sulle strategie belliche dell'esercito regolare di Atene e su come la loro applicazione, e carenze in essa, potessero essere valide per la situazione non ottimale in cui si trovavano tutti: il rischio di una guerra lampo era di allungare il fronte più di quanto fosse sostenibile, se la linea si faceva troppo sottile le forze che avrebbero dovuto portare avanti l'attacco sarebbero state separate dalla catena di rifornimenti che ogni esercito necessitava per sopravvivere, specialmente se le forze nemiche erano sufficientemente astute da assicurarsi che questa eventualità si verificasse.
    Sulla carta, come la spiegava Philippe, pareva quasi facile non cadere negli inganni dei nemici, ma era ovvio che la realtà non doveva essere così in bianco e nero; c'erano molte variabili nella guerra, infinite decisioni da prendere nella frazione di istanti che avrebbero potuto cambiare il fato di una campagna intera. Vahid non poteva, non doveva e né voleva giudicare le circostanze che avevano portato all'effettiva disfatta dell'esercito ateniese; per la Dea, lui era solo uno stupido ragazzo che voleva dare una mano, di certo non avrebbe fatto di meglio se si fosse trovato nella stessa situazione.
    La testa dell'armata si era trovata bloccata a Corinto e Argo, impossibilitata ad avanzare oltre e ricongiungersi con la metà dell'esercitò diretta a nord. Non che lì le cose stessero andando meglio, a conti fatti.
    Con l'effetto sorpresa perso, la linea del fronte era ormai impantanata in una continua guerriglia che non faceva altro che ridurre le già esigue risorse a disposizione dell'esercito Ateniese, sia uomini che mezzi; d'altra parte invece i corrotti non sembravano avere troppi problemi a generare nuovi orrori a rimpiazzare quelli persi. Era a tutti gli effetti una partita giocata in condizioni di estremo svantaggio, non disponendo dei mezzi per sostenere una guerra d'attrito.

    Chissà, magari era anche per quello che stavano buttando gli apprendisti nella mischia, forse stavano sperando che nelle ultime forze di cui disponevano ci fosse qualcosa in grado di spostare finalmente gli equilibri.
    Uscire all'aria aperta fu un vero sollievo rispetto al container chiuso nel quale si trovavano, non era un grande fan di spazi chiusi e ristretti ma bisognava sopportare anche quello per la causa; anche se sentire Torroja urlare in faccia a subordinati che non sembravano avere sufficiente coraggio o titolo per replicare. Anche se non aveva fatto nulla di suo, c'era qualcosa nello sguardo del vicecapitano che lo faceva sentire in colpa di qualcosa. Si irrigidì nuovamente nell'approssimazione di saluto che aveva forzatamente imparato a rivolgere ai superiori, pregando alla Dea che non decidesse di sbraitargli in faccia.
    Per sua fortuna invece era il loro turno di essere forniti di qualcosa di un po' più utile rispetto alle vesti in cuoio che indossavano; poteva vedere e sentire il potere infuso nelle sopravvesti, ammirando i disegni schematici e regolari che danzavano sotto la sua superficie. Non aveva la più pallida idea di che cosa fossero ma non si azzardò a chiedere informazioni davanti al vicecapitano, fu Anna, una volta trovatisi fuori la portata del suo orecchio, a dirgli che si trattava di una particolare applicazione di poteri cosmici, sigilli nello specifico: sarebbero decadute col tempo se fossero state sottoposte a più forza di quella che potevano gestire, ma era certamente meglio che non avere nulla. Un incentivo in più a non farsi colpire.
    Servivano rinforzi ad Argo a quanto pareva e, sfortunatamente, avrebbero presto avuto occasione di scoprire quanto erano necessari.
    Tre colpi sul portellone, poi l'improvviso fluire di luce naturale, l'avviso di Philippe e ed eccoli, buttati nel tritacarne della guerra; prima di saltare giù, i due giovani si concessero uno sguardo, mani guantate strette l'una sull'altra, un fugace momento per darsi coraggio.

    Il piano d'azione era semplice, ma calibrato sulle forze e talenti di entrambi gli apprendisti: Anna saltò sul tetto del container, in una posizione sopraelevata, mentre lui rimase a terra ad assieme a Philippe per assicurarsi che le perdite tra le loro forze fossero minime. Egli stesso, sebbene non il migliore, non si considerava esattamente carente; una placida luce gli danzò negli occhi mentre la fiamma del suo Cosmo lo avvolse interamente, bianca, spandendosi lievemente verso l'esterno mentre la famigliare sensazione di incremento delle sue forze e capacità gli provocò un brivido, naturale mentre tutto attorno a lui sembrava muoversi quasi al rallentatore.
    Ovvio, ad eccezione dei corrotti.
    Più di loro, sembravano muoversi da ogni direzione per circondarli e soverchiarli per pura forza di numeri. Era imperativo liberarsi di loro immediatamente e impedire che il mezzo e gli altri uomini venissero danneggiati e feriti; erano loro i rinforzi, dopotutto, non avrebbero fatto una bella figura se avessero dovuto farsi salvare.
    Scattò avanti, il suono della barriera sonora infranta seguì i suoi movimenti mentre le mani dardeggiarono contro una creatura che stava saltandogli contro; la intercettò prima che l'essere lupino potesse prendere troppo slancio, poggiò l'avanbraccio destro sul collo per arrestarne l'impeto e con la sinistra rilasciò un raggio di pura energia cosmica diretta al suo ventre, disgregandone la struttura in una rivoltante pioggia di carne fumante. Non c'era tempo di pensare o ragionare, nemmeno di constatare che questa era effettivamente la sua prima battaglia; il resto dell'orda stava per abbattersi su di loro.
    Generò in avanti sfere di luce, che detonarono in più punti, facendo volare ed esplodere via un paio di gruppetti nel tentativo di indebolire quello che sarebbe inevitabilmente giunto contro di loro. Sospirò, in preparazione della mischia che si sarebbe scatenata a breve.

    Seguì la guida di Philippe, a terra insieme a lui nel tentativo di limitare le perdite al mimino assoluto e salvare quante più vite possibile, a discapito anche della propria. Dovette ringraziare la pseudoarmatura un paio di volte per averlo salvato da un artiglio un po' troppo affilato o da un'impatto che in condizioni normali l'avrebbe sfracellato, colpi evitabili o quantomeno minimizzabili se avesse considerato la sua incolumità come primaria, ma lui era lì per salvare vite. Il suo corpo era il migliore scudo che i suoi compagni avrebbero mai potuto avere.
    E Anna? Beh, c'era un motivo se lei si trovava in una posizione sopraelevata.

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    L'unica tra i due ad avere dimostrato un'effettiva e immediata affinità verso la Sacra Armatura non stava certamente esitando a mostrarla: le sue dita scoccarono frecce argentate in ogni dove, concentrandosi principalmente nelle zone che Vahid e Philippe non potevano coprire, ma ogni tanto riuscì a ritagliarsi abbastanza tempo e spazio per dare supporto ai due. Più di una volta il ragazzo vide degli esseri trafitti dalle sue frecce, in punti che si intuivano essere nelle sue zone cieche. Avrebbe dovuto offrirle da bere alla fine della giornata, se ne fosse uscito vivo.
    FORZA UOMINI, ATENA E' CON NOI!
    Un urlo d'incoraggiamento, seguito da un cranio chitinoso esploso dalla stretta delle sue mani, nel tentativo di rinfrancare il morale della truppa.
    In un paio di punti sentiva una bruciante puntura, dolorosi impatti. Sentiva che il suo braccio destro stava sanguinando, sotto il parabraccio e la sopravveste, un familiare senso di spiacevole calore che si spandeva sulla sua pelle. Non se ne curò, avevano molti altri nemici da eliminare.
    Per la Dea, quanti erano.
     
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    III





    La battaglia prosegue senza soste. I continui attacchi ti danno l'impressione che i corrotti non facciano che aumentare. Sebbene i loro corpi esplodano, i loro arti cedano, il loro cosmo sporco smetta di ardere e il loro sangue nero ricopra il terreno, i vostri sforzi sembrano svanire contro una forza inarrestabile.
    Gli Esemplari cercano di mantenere la posizione; ogni passo perso si fa sentire. I Dervisci riescono a colpire con più facilità il centro del gruppo nemico con saette e bombe d'aria. Due di loro si sono lanciati in alto grazie alle correnti che governano, sperando di guadagnare un'altezza favorevole a un'assalto aereo. Un gesto eroico.
    Vengono falciati da un tentacolo affilato ancora prima di mettere in atto il loro proposito offensivo. Almeno altri tre cadono tentando una sortita o nell'atto di difendere i compagni, vinti dalla fatica o schiacciati dalla potenza di un mostro. Tutti loro vengono vendicati, ma il nemico non sa nemmeno cosa sia l'individualità, l'identità, il valore di un solo cuore, una sola mente e una sola anima.

    Resistere a quell'orda, per quanto piccola, porta voi tutti al limite. Il sangue rosso, il vostro sangue, si mischia a quello nero. Non in egual misura, certo, ma ogni goccia equivale a un sacrificio per voi uomini, voi mortali, che non potete contare - al contrario del nemico - su un apporto costante e pressoché illimitato di materia biologica ribollente che ingrossi le vostre fila.
    Philippe sembra essere ovunque. Lo vedi muoversi con un'agilità che mai ha mostrato negli allenamenti. Compare e scompare nel nulla subito dopo, avvolto da polvere e dai brandelli di carne marcia. Gli attacchi si generano dalla fiamma del suo cosmo argentato senza che tu possa distinguerne nemmeno la forma, non nella concitazione della battaglia. È concentrato a proteggere voi due molto più di quanto lo sia per sé stesso.

    Proprio mentre gli ultimi colpi vengono assestati, mentre iniziate ad assaporare la prima, piccola vittoria, una delle vedette rimaste sulla cima del container insieme ad Anna grida un avvertimento. Un altro attacco, direttamente dalla strada che stavate percorrendo. Vengono da Argo.
    Sono molti di più, stavolta.

    Tale è la forza della corruzione. Combatterla è come tentare di fermare una valanga a mani nude.

    6vgdAlI



    Note Master:

    Alur, andiamo avanti. Beh, via tipo The Walking Dead stagione 3, ormai un corrotto non fa più paura a nessuno, quindi ce ne sono TANTI. Tanti da diventare un problema per soli 15 uomini già stanchi. Facciamo pure rossa piena per te e Anna, che tanto siamo adulti e vaccinati. Combatti fino a quando non ti è più fisicamente possibile, considerando che i nemici sono molto, molto probabilmente troppi :zizi:


     
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    L'onore, il valore e la giustezza valgono poco contro orde che non conoscono numero o individualità, impervie alla fatica e al dolore. Dove i prodi di Atena sanguinavano e, nella disperazione sempre crescente del loro accerchiamento, cercavano di fare quello che potevano per uscire da una situazione disperata, i corrotti continuavano semplicemente ad arrivare; sempre di più, orrori senza nome che frustravano speranza dopo speranza e si prendevano le vite dei loro compagni.
    Vahid li vide cadere uno ad uno al suo fianco, ogni perdita era una pugnalata nello stomaco e un grido di disperazione soffocato, vide corpi devastati e arti amputati volare in ogni dove, il terriccio della strada era ormai così pregno di sangue e frattaglie che ogni passo provocava un disgustoso e umido suono. Nella foga del combattimento stava opponendo arti e mani nude e cosmo contro carne, carne resa arma mortale e devastante, fasci unici di muscoli e volontà blasfema che si muovevano con coordinazione impossibile da concepire. Caddero tanti sui suoi colpi, altrettanti contro le frecce di Anna, e molti di più abbattuti da Philippe, ma non abbastanza. Mai abbastanza da salvare l'interezza della loro forza, mai abbastanza da impedire che fratelli cadessero uno dopo l'altro, vinti da un'onda continua che non conosce rimorso.
    Il corpo del ragazzo non aveva mai subito un quantitativo tale di dolore, nemmeno nei più brutali allenamenti ai quali il maestro l'aveva sottoposto: l'acre sapore del suo stesso sangue iniziava a invadergli la bocca, aveva un paio di costole incrinate e il dolore pungente stava rendendo difficile mantenere un costante ritmo di respirazione, le mani stavano tremando per adrenalina e l'inesorabile accumularsi di continua fatica. Non era un guerriero esperto Vahid, la sua totale inesperienza gli aveva provocato svariati dolori e danni che forse un combattente che aveva calcato più campi di battaglia avrebbe evitato. O forse era il suo più totale disinteresse alla sua personale incolumità.
    Per quanto tempo avevano combattuto? Sembravano ore e ore ma probabilmente si trattava di pochi minuti, nella rapidità che caratterizzava ogni loro azione e spostamento, un turbinio di luce baluginante e un continuo flusso di carne e malignità e sangue.

    Nemmeno nel momento in cui pareva che la Dea avesse ricompensato il loro dolore con una piccola vittoria, quando l'orda sembrava essersi finalmente fermata, l'avvertimento di Anna gli fece raggelare il sangue nelle vene. Uno sguardo passato con i suoi compagni a terra e con Anna sul tetto del furgone confermò un pensiero che stava serpeggiando tra tutti: era davvero la fine questa? Sotto i loro occhi stava stagliandosi un'altra ondata di corrotti, proveniente da Argo. Erano in trappola. Quanti erano morti già solo in quel primo attacco? E davanti ai loro occhi stava arrivando un'altra ondata ancora più sterminata della precedente, con quale forza si sarebbero opposti ad essa?
    Era questa la fine? Su una strada polverosa, colti in trappola come ratti, vittime senza nome, ragazzini mandati a danzare su un palco troppo grande per loro, fiammelle spente troppo presto. Questa realizzazione sarebbe stata sufficiente a spezzare qualcuno con una devozione meno che totale, ma mai i guerrieri di Atena si sarebbero lasciati andare alla disperazione. Ma adesso c'era da fare una valutazione, un calcolo così semplice che anche uno come lui avrebbe potuto arrivarci: tutti i suoi compagni, Esemplari e Dervisci, Philippe e Anna, erano molto più importanti di lui. Era perfettamente consapevole del proprio valore, se non fosse morto prima, al massimo, avrebbe potuto ambire ad essere un Esemplare egli stesso, occupazione sicuramente meno importante agli occhi di Atena di un Saint vero e proprio o di soldati che avevano già provato il loro valore in molteplici battaglie. Anna era brava e talentuosa, coraggiosa e gentile; l'Armatura avrebbe dovuto essere sua. E Philippe, per quanto difficilmente lo avrebbe ammesso, era ancora perfettamente capace di aiutare il Santuario molto più di quanto Vahid non avrebbe mai potuto; doveva addestrare la nuova generazione dei campioni della giustizia, dopotutto. In lontananza l'onda di morte stava avvicinandosi sempre di più, un terremoto che stava per travolgerli e lui, molto tempo prima in verità, aveva già preso la sua decisione.
    Scappate, se potete.
    Parlò a voce abbastanza alta da farsi sentire da tutti, prima di piegarsi sulle ginocchia e, dopo un istante di preparazione, rompere i ranghi e scattare in avanti.
    Non voleva che nessuno avesse il tempo di fermarlo, cosa necessaria considerando chi stava lasciandosi alle spalle, ma la cosa che gli dispiacque di più fu il non aver potuto parlare, davvero, con Anna un'ultima volta o scusarsi con Philippe per tutte le arrabbiature che gli aveva provocato.

    Oh beh. Magari in un'eventuale prossima vita.


    Se con questo fosse riuscito a rallentare l'orda anche solo per qualche secondo, per dare tempo a coloro che davvero avrebbero potuto fare una differenza di salvarsi, allora la sua sarebbe stata una morte ben spesa. Non aveva troppi rimpianti al riguardo, ora che era diventato essenzialmente una meteora bianca che stava per schiantarsi contro la linea di nemici vicini, sempre più vicini. Ogni pensiero si cancellò all'impatto, e la sua mente fu una sorda cacofonia di pura, totale e assoluta guerra; si lanciò in avanti dimentico di tutto, senza ogni freno, tattica, stile e strategia abbandonati in favore di violenza nella sua forma meno diluita.
    Il calore del cosmo che lo avvolgeva quasi letteralmente vaporizzò i primi corrotti che gli si trovavano davanti: un'avanzata inesorabile, un passo dopo l'altro, che però inevitabilmente si fermò contro un muro vivente. Ovunque attorno a lui c'erano volti e carne e ossa e sangue, sussurri di odio e urla di puro male, lui non se ne curò.
    Denti si conficcarono nella sua coscia destra, attraverso la barriera di cosmo rovente che aveva intorno, ma lui strinse i denti e richiamò a sé l'interezza del potere che aveva a disposizione, e un'esplosione si propagò a partire dal suo corpo. Luce bianca si propagò in ogni dove, avvertì la presa sulla gamba svanire ma, oltre il continuo flusso di energia, stavano affaccendandosi sempre più ombre e lui non era lì certo per sopravvivere. Era lì per guadagnare tempo.
    Interruppe l'afflusso di energia e, nell'abbraccio dell'ipersuono, fece appena in tempo ad abbattere il pugno destro contro il volto di un orrore vagamente umanoide che stava per avventarglisi contro, sfracellandolo in mille pezzi fumanti. L'istante successivo sollevò la gamba sinistra, a lui giunse solo la vaga sensazione di star toccando qualcosa di fragile e umido col dorso del piede e di vedere una scia di luce bianca che tracciava la traiettoria che aveva percorso. Tutto attorno a lui i corrotti sciamarono come un'onda di marea, così numerosi da bloccare la luce del sole, e Vahid li accolse con l'interezza della sua forza: continuò a combattere senza neanche battere ciglio, i suoi occhi sporchi di sangue suo e di mostri e sudore, ferite la protezione della sopravveste ormai completamente persa contro la pioggia di colpi che arrivava da ogni direzione. Mulinò le mani fin quando non sentì le ossa rompersi, e anche dopo, continuò ad avanzare zoppicando fin quando ormai non stava calpestando più terra ma corpi contorti e bruciati, una pila sempre più alta. Quando non poté più combattere col suo corpo richiamò il suo cosmo, raggi ed esplosioni, manifestazioni grezze che dipinsero il mondo della luce della Dea per pochi e fugaci momenti, sempre più flebili con ogni istante che passava.
    E infine, si fermò.
    Cadde in ginocchio su un grumo di carne indefinito, la stanchezza resa ormai invalidante, il respiro affannoso e pesante, le braccia rotte, il petto e la schiena aperte da orribili ferite, il volto sporco di sangue, un profondo taglio all'altezza dello stomaco stava portando via molta della sua forza ad ogni singolo momento.
    Non sapeva se gli altri avevano avuto occasione di scappare, sperava di sì.
    Una protuberanza ossea seghettata, posta in cima ad un oblungo tentacolo di carne portato da una cosa che aveva una forma solo vagamente bipede, dardeggiò contro di lui.

    Il ragazzo si permise un sorriso. Non aveva troppi rimpianti.

    Non ne aveva per niente.
     
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    IV





    Una luce accecante esplode a pochi centimetri dal tuo viso.
    Il cosmo che senti è diverso dalle emanazioni opache dei tuoi compagni d'arme: è puro e cristallino. Celeste.
    Per un secondo non capisci cosa sia successo, poi i dettagli nelle tue immediate vicinanze iniziano a farsi strada attraverso i tuoi sensi intorpiditi.
    Il corrotto che stava per affondare il suo artiglio nel tuo occhio è carne e cenere, un ammasso inerte che ancora si dibatte, che non vuole arrendersi, ma è solo agli ultimi spasmi della sua misera esistenza. Il terreno intorno a te è crivellato da buchi profondi, tanto che il sangue e la melma si stanno riversando in essi drenando dalla superficie arida della pianura. La cosa più straordinaria, però, è il bagliore che avvolge un oggetto in metallo lucente che ti sta davanti. Ora che ci pensi, è stato proprio quell'oggetto pulsante di cosmo a porsi tra te e l'attacco mortale del mostro, piombando dal cielo come una meteora, in tuo soccorso.

    Non puoi non riconoscerla: è una Sacra Armatura.

    L'attacco dell'orda, tuttavia non è cessato. Le urla che si sono interrotte nell'esplosione riprendono subito e una nuova selva di arti e protuberanze si chiude intorno a te. Altri proiettili passano a pochi centimetri dal tuo corpo nel disperato tentativo di difenderti. Non puoi fare nulla, sei a malapena cosciente.
    La Cloth sembra risuonare come una campana. Si scompone in una pioggia di scintille.
    Ti senti improvvisamente leggero. Stai volando. Per il tempo di un solo battito del tuo cuore non senti più il dolore e la fatica.
    Poi percepisci una sensazione di vertigine e un urto attraverso i tuoi tessuti. Ti riprendi quel tanto che basta per vedere il tuo maestro indossare l'Armatura d'Argento. Ti ha sollevato di peso e riportato dietro al camion, prima di tornare a lanciarsi contro la massa corrotta in un saettare di strane immagini sovrapposte e frecce di luce.
    I minuti passano. Ti sembrano giorni. Hai continui flash di sensazioni cosmiche e fisiche che non riesci a ordinare, né tanto meno a spiegare. Devi aver preso una bella botta in testa. Tutto diventa nero.
    È un'oscurità terribile, che ti striscia dietro agli occhi sprofondandoti nel suo fetore. Cresce intorno a te. Fiorisce dall'abisso allungando le sue dense propaggini per raggiungervi tutti, uno a uno. È strano: i tuoi sensi stanno scivolando nella misericordia dell'incoscienza, ma quella sensazione rimane chiara e immutata fino all'ultimo istante. E oltre.

    -


    Quando ti risvegli, capisci di essere in una sorta di pronto-soccorso, un luogo che forse un tempo doveva essere improvvisato per accogliere i feriti della tanto chiacchierata "Battaglia dei Tre Giorni", ma che ormai ha assunto coi mesi le caratteristiche della stabilità e della permanenza. Philippe e Anna sono accanto a te con l'aria di chi non dorme da troppo tempo, piuttosto conciati male tra sporcizia, sangue e graffi... ma stanno bene. Entrambi si dimostrano chiaramente sollevati nel vederti cosciente, ma il tuo maestro assume subito il cipiglio più furioso che tu gli abbia mai visto in faccia.

    Stupido ragazzino.

    Non dice altro, prima di alzarsi e uscire.
    Per riprenderti del tutto ti serve vuole qualche altra ora e un paio di sessioni di cure da parte di un Santificatore con faccia smunta segnata da profonde occhiaie. Anna resta vicino a te quasi per tutto il tempo, allontanandosi solo qualche minuto per ripulirsi dai segni della battaglia. Anche lei è arrabbiata e arriva a darti dello stupido e dell'ingenuo non sai nemmeno quante volte per il tuo gesto sconsiderato, ma riesci a cogliere nei suoi rimproveri una sfumatura di orgoglio per i nobili propositi che ti hanno portato a compierlo.
    Nel frattempo cerca di aggiornarti come può sulle parti che ti mancano: Philippe è riuscito appena a salvarti dalla mischia, ma ha rischiato di rimetterci un braccio per quanto fosse protetto dall'armatura. Per assurdo, le sue ferite erano più gravi e urgenti delle tue. Ironicamente, quelli che dovevano essere i tanto attesi rinforzi da Atene erano stati aiutati dal grosso della guarnigione a difesa di Argo, guidati dal capitano dei Templari in persona, Helga Barres. Il secondo gruppo di corrotti che vi ha attaccato dalla strada stava dando assedio alla città, prima che la loro mente alveare li avvertisse di nemici in arrivo alle loro spalle. Barres, accorgendosi del cambio di formazione nelle loro schiere, aveva ordinato di pressare sulla loro apparente ritirata, riuscendo a travolgerli completamente un attimo prima che riuscissero a sopraffarvi.

    -


    Argo è in fermento più di quanto lo fosse Corinto. L'ultimo attacco ha costretto i capitani ad allargare il cordone di sicurezza tra le due città, non potendosi permettere ritardi nei trasporti e soprattutto perdite umane, ma le risorse sono quelle che sono. Ogni uomo è fondamentale. E gli uomini non sono mai abbastanza, soprattutto considerata l'ampiezza del fronte.
    Nella settimana che segue, altri tre convogli scaricano un centinaio di uomini che si distribuiscono tra i vari presidi ateniesi. Dieci dei dodici sopravvissuti del vostro gruppo di rinforzo vengono impiegati per sostituire i soldati persi negli ultimi attacchi. Rivedete Philippe poche volte e solo di sfuggita. Sembra che lui e Barres siano sempre in prima linea.
    Tu e Anna non venite considerati per le sortite e nemmeno per le ronde. Restate semplicemente lì a osservare le lente, snervanti meccaniche di una guerra di logoramento. Il meglio che potete fare è offrire il vostro aiuto alle attività collaterali, come l'organizzazione delle risorse e il rinforzo delle barricate. Per la maggior parte del tempo, però, la rigida organizzazione militare dei diversi battaglioni vi esclude anche dai lavori più semplici. Non vi resta che trovare un posto isolato nei quartieri più a sud dove allenarvi per i fatti vostri, lontani da tutto, per non sprecare il tempo ciondolando tra i piedi dei soldati.

    6vgdAlI



    Note Master:

    Post di transizione? Dal prossimo entriamo nel vivo. Considerami gli esiti della vostra prima vera battaglia e riflettici un po' sopra. Si, Phil era il Silver di Freccia prima della "pensione" ma non ne sapevate nulla: per voi era solo un veterano dell'esercito. Lascio a te decidere quando concludere la routine e come.


     
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    Beh. Che dire.
    Non era andata come aveva pensato, per niente, ma, se fosse stato un po' più considerato riguardo a chi lo circondava, si sarebbe reso conto che era prevedibile. Dopotutto era circondato da seguaci di Atena, era un dato di fatto che ognuno di loro avrebbe dato la vita per salvare i propri compagni, ed era ovvio che nessuno di loro avrebbe semplicemente lasciato qualcuno a morire.
    Comprensibile, ma non meno gradevole; avrebbe voluto urlare a pieni polmoni di andarsene, di approfittare dell'attimo di distrazione per mettersi in salvo e non curarsi di lui, ma a stento aveva la forza di restare cosciente. In ogni caso, dubitava avrebbe sortito qualche effetto. Fu una sorpresa vedere una Sacra Armatura da vicino, sebbene ogni attimo di quell'esperienza fu... vago. Suoni, immagini, luci e sensazioni, impossibili da comprendere ma che comunque si susseguivano davanti ai suoi occhi; non aveva la più pallida idea di cosa stava succedendo, si sentiva quasi senza consistenza, come se bastasse un briciolo di volontà per issarsi oltre quell'inferno di fango e sangue e volare, senza dolore o fatica, ma si chiese semplicemente perché. Perché una Sacra Armatura si era presentata davanti a lui?
    Si scompose e... nulla.
    Nulla di comprensibile se non la sensazione di essere sollevato come un fuscello da Philippe, e poggiato da qualche parte. Si provava questo a morire? Era strano, Vahid era convinto che alla morte ci fosse semplicemente nulla, la fine, eppure non era come avrebbe descritto quell'esperienza: era tanto, troppo da ricordare e comprendere, ma quello che rimase purtroppo con lui fu il buio del nulla.
    Si sentì soffocare, trascinato verso il basso e lasciato lì a macerare, e la sensazione di qualcosa che stava per avvolgerglisi attorno e stritolarlo fu forse l'unica cosa che lo mantenne vagamente cosciente di sé. Provò sconforto e orrore, avrebbe voluto aprire la bocca e urlare, ebbe paura. Poi, grazie alla Dea, scivolò finalmente nell'oblio di un sonno senza sogni.
    Eppure quella cosa innominabile rimase con lui, attaccata come una macchia, nel tentativo di tormentare anche un placido riposo.

    Quando riprese i sensi, Vahid provò dolore.
    Non era tipo da lamentarsi, o curarsi della sua incolumità più di quanto non fosse strettamente necessario, ma in quel momento si concesse all'unica vaga espressione di dolore che anni di addestramenti massacranti non erano riusciti a strappargli.
    ... cazzo...
    Era inesatto dire che aveva dolore, la realtà dei fatti era che il ragazzo era un cumulo di sofferenza in forma vagamente umanoide. Gli faceva male TUTTO, perfino il contatto con la superficie del letto che l'ospitava era un'agonia, poteva giurare che che l'aria che cercava di inalare per forza di cose aveva la consistenza del piombo fuso schiantato dritto nei polmoni. Eppure niente fece male quanto il vedere Anna e Philippe in quelle condizioni; per la Dea, non si erano neanche dati una ripulita? Conoscendoli erano rimasti lì per tutto il tempo. Avrebbe voluto dire loro di riposarsi, ma l'unica cosa che uscì dalle sue labbra fu un verso strozzato e indistinguibile che, quantomeno, allertò i due sul fatto che fosse sveglio.
    Se gli sguardi potessero fare del male quello di Philippe l'avrebbe scorticato vivo. Fu alquanto sgradevole sentire la sua palese disapprovazione, le parole lo colpirono quasi fisicamente, come se fossero stati pugni veri e propri; avrebbe voluto spiegarsi, chiedergli scusa, o quantomeno cercare di sembrare meno patetico, ma né le sue condizioni e né Philippe stesso parevano avere troppa intenzione di permetterglielo. Non ebbe neanche la forza di chiamarlo quando girò le spalle e se ne andò.
    Sei un pazzo incosciente.
    ... non ora...
    E invece ora, guarda un po'. Che cazzo ti è saltato in mente?!
    ... te l'avevo detto...
    Si ma non pensavo fossi così DEFICIENTE da farlo davvero.
    Continuò così per molto, molto, molto tempo. E a quanto pare avrebbe anche potuto risparmiarsi quell'atto di sgangherato eroismo, visto che sarebbero comunque arrivati dei rinforzi da Argo per salvarli: ironicamente, considerando che sulla carta sarebbero dovuti essere loro i rinforzi. A saperlo, si trovò a pensare tra sé e sé con un'amarezza e frustrazione mai sperimentate prima di quel momento, si sarebbe risparmiato la figura di merda e un sostanziale quantitativo di dolore. E soprattutto Anna che stava rivolgendogli più improperi in quei pochi momenti di quanti gliene avesse mai sentito pronunciare; tutti pienamente meritati, ovviamente.

    Il senso di impotenza non fece altro che aumentare nei giorni che seguirono. Con il prosieguo della guerra e lo spostarsi delle risorse verso Argo e il corridoio che la collegava con Corinto, e con l'arrivo di ulteriori convogli di rinforzi fortunatamente interi, e soprattutto considerando la generale scarsezza di risorse che attanagliava la loro fazione, fu quasi sorprendente realizzare di essere stati messi sulla proverbiale panchina.
    Certo, non che prima di quel momento avessero dato dimostrazione di fulgida competenza, specialmente Vahid, ma essere buttati lì senza una parola fu vagamente fastidioso. Di sé stesso aveva poca cura, ma almeno Anna avrebbe dovuto essere destinata ad un ruolo un po' più attivo, i suoi talenti erano sprecati in mansioni... no, neanche compiti, non erano stati assegnati a nulla. Dovevano semplicemente trascinarsi da qualche parte e stare fuori dai piedi. Era strano, prima della partenza avevano avuto entrambi la sensazione di non essere ancora pronti per prendere personalmente parte in quella guerra, ma ora che davanti ai loro occhi si era mostrata l'apparente impossibilità della situazione, ora che avevano avuto quel primo assaggio di conflitto, sembrava quasi impossibile tornare indietro ad una vita di semplici allenamenti. Ora che avevano visto quanto la situazione fosse grave, ora che ne avevano avuto l'ennesima conferma, volevano aiutare.
    Scattò in avanti, il pugno destro impattò contro le braccia di Anna alzate a guardia del volto, poi fu costretto a sollevare il ginocchio per bloccare il calcio della ragazza; tutto avvenuto a velocità ben superiori a quelle che un normale occhio umano avrebbe potuto seguire, ma per loro era prassi di allenamento, un modo per non perdere l'abitudine e per avere la sensazione di star facendo qualcosa delle loro giornate. Avevano dovuto cercarsi un angolo abbastanza isolato per non dare fastidio, difficile considerando che l'interezza di Argo pullulava di soldati, ma quantomeno stavano ricevendo solo l'occasionale sguardo di un soldato che passava nelle vicinanze.
    Philippe non gli aveva ancora rivolto parola, impegnato com'era a stare in prima linea. Lui, almeno.

    Più dolorosa dell'inazione per lui fu forse la consapevolezza di aver sia deluso il proprio maestro e sia di aver coinvolto Anna nelle conseguenze di un suo stupido errore. Forse non era vero, difficilmente le sue sciocchezze potevano cambiare il giudizio oggettivo di Philippe o di chi per lui, ma il senso di colpa per la semplice possibilità di star rallentando una persona a lui estremamente cara lo stava mangiando dentro.
    Non disse una parola al riguardo, ovviamente. Non era tipo da lamentarsi, quando stava male lui tirava su il suo miglior sorriso e andava avanti nella consapevolezza che sarebbe potuta andare peggio; sarebbero potuti morire, per dirne una. Non che aiutasse di molto ma, nella strada di ritorno nelle postazioni dove avrebbero dormito, quantomeno riusciva a guardare Anna in faccia senza sentirsi un verme.
    Era una notte serena, per ora.
     
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    V





    Non passano molti giorni, ma la noia sembra dilatare ogni ora a dismisura. Pur continuando ad allenarvi insieme, entrambi percepite questo lasso di tempo come uno spreco, considerando che non vi viene nemmeno più chiesto di aiutare a scaricare i convogli. Per questo motivo vi pare strano, di punto in bianco, ricevere una convocazione direttamente dal comando della città.
    Venite scortati all'interno dell'edificio, un vecchio hotel reso quasi irriconoscibile dalle barricate e dai disegni geometrici posti su quasi ogni muro e superficie piana dell'ingresso. In quella che doveva essere la sala conferenze era sistemato un lungo tavolo pieno di mappe e segnalini. Philippe sta discutendo animatamente con una donna tanto alta e robusta da farlo sembrare un gracile vecchietto a confronto. Non riuscite a distinguere nemmeno una parola, dato che si zittiscono nel momento stesso in cui venite annunciati dalla guardia che vi sta scortando.

    Ah, i ragazzini. Bene. - dice con un tono a dir poco stizzito. Con altrettanta impazienza si passa una mano tra i capelli biondo cenere, chiaramente più lunghi di quanto sia abituata a portarli, per sistemarli al meglio.

    Capitano Barres.

    Dopo la lapidaria presentazione non aggiunge nemmeno una parola, limitandosi a fissare con insistenza Philippe. Il vostro maestro ha il viso ancora più stanco rispetto a un paio di sere prima, quando l'avete intravisto di rientro da una sortita.

    Statemi a sentire molto attentamente. Tutti e due. Se fosse per me domani ve ne andreste di qua e tornereste al Grande Tempio di corsa. - Sospira. Prende tempo. Sembra nervoso. - Ma è il capitano che ha l'ultima parola sull'impiego delle risorse. La situazione era molto più tesa del previsto e io ho fatto un grave errore di valutazione accettando di portarvi con me. È stata una leggerezza imperdonabile pensare che foste pronti. - la sua voce si ammorbidisce lievemente - Nemmeno io lo sono. Nessuno lo è mai.

    Dato che siete qui, tuttavia, tanto vale che vi rendiate utili. Sono a corto di uomini e non intendo sprecarne neanche mezzo. Tu, ragazza, sei una tiratrice niente male e tu... tu hai un bel po' di grinta. A differenza di quanto dice Phil, credo che ti serva solo una buona dose di disciplina. Siete appena stati arruolati. Congratulazioni.

    Senza cerimonie vi mostra una cartina della zona, sulla quale una linea rossa segna il cordone di sicurezza tra Argo e Corinto. Vedete anche una seconda linea, tracciata approssimativamente con un evidenziatore blu appoggiato lì accanto.

    Il branco che ha attaccato prima la città e poi voi era allo sbando. Nei giorni scorsi abbiamo spostato il confine a nordovest lungo questa linea blu, praticamente senza resistenza di sorta e siamo riusciti a consolidare la posizione, mettendo in sicurezza una considerevole fetta di territorio. Ora, mentre io e Torroja portiamo avanti i nostri uomini, voglio stanziare due squadre vicino a Nemea in caso di bisogno. Visto che non ho intenzione di vedervi correre qua e là come bambini irrequieti, voi farete parte di una di queste due squadre.

    Non voglio sentire lamentele. - si affretta ad aggiungere Philippe - Seguite gli ordini senza protestare o verrete riportati ad Atene all'istante. E dovrete cercarvi un altro maestro, perché non perderò nemmeno un altro minuto per addestrare qualcuno che non è in grado di seguire semplici ordini mettendo in pericolo i suoi compagni per fare l'eroe.

    Il suo sguardo si ferma su di te e sembra passarti da parte a parte. È uno sguardo di rimprovero, ma nasconde tante altre cose. Le più facili da intuire sono paura... e tristezza.

    Abbiamo finito? Bene. Pronti a partire tra un'ora. Seguirete gli ordini diretti dell'ufficiale responsabile del campo.

    _

    Campo di Nemea
    Nove giorni dopo


    Ti è bastato poco per capire che, nonostante il vostro arruolamento quasi coatto, siete stati relegati in una posizione in cui potreste creare ben pochi problemi, anche volendo. Quantomeno avete dei compiti. Come accennato da Barres, il talento di Anna le ha riservato un bel posto di guardia sopraelevato sul tetto dell'unico edificio integro del quartiere, da cui scende solo per dormire e mangiare. Le vedette sono sempre due per ogni turno: un tiratore e un sensitivo. Tu, invece, sei assegnato a tutta una serie di mansioni che ti tengono occupato per gran parte del giorno: rifornimento del magazzino, riparazione delle barricate e - con tua sorpresa - turni di guardia e di pattuglia intorno all'accampamento.
    Sarebbe quasi una piacevole novità rispetto alla tua solita vita abitudinaria, se non fosse per quella sensazione di disagio crescente. I giorni passano, ma non riesci a scollartela di dosso. Di giorno e di notte, durante la veglia o il sonno... non importa, l'ombra che si espande nella tua mente è sempre più vivida, malgrado i tuoi sensi non riescano a captare nulla di insolito. I sensitivi del campo non sentono nulla di simile, né tanto meno lo percepiscono gli altri soldati, che ti prendono in giro e ti danno del paranoico.
    Eppure non si tratta di uno stato ansioso o di un incubo. È una sensazione reale. Concreta. Ne sei certo.
    Mentre la notte cala su quel nono giorno ti senti sull'orlo dell'abisso, al pari di camminare su un oscuro lago ghiacciato mentre una ragnatela di crepe si apre sotto il tuo peso, tanto che rimanere coi piedi a terra diventa insopportabile. Fortunatamente proprio in quel momento Anna ti chiama, attirando la tua attenzione dalla sua postazione a una decina di metri di altezza.

    Sei troppo nervoso. Vieni a farmi compagnia. Quell'altro è scomparso da quasi un'ora.

    Hai appena il tempo di raggiungerla. Una scossa spezza il silenzio e la monotonia della sera. Una macchia scura si sparge a velocità folle tra le strade della cittadina, inondando l'accampamento di urla e schiocchi. La casa abbandonata che fa da dormitorio esplode pochi istanti dopo. I soldati non sanno nemmeno come reagire. Nessuno aveva previsto l'attacco. Nessuno tranne te.

    6vgdAlI



    Note Master:

    Iniziamo a complicarci la vita con qualche piano di battaglia: il grosso dell'esercito si sta spostando. Restano guarnigioni ad Argo e Corinto per emergenza (in caso di ritirate improvvise le due città sono semi-fortificate), ma la maggior parte delle forze sta al momento sulla nuova linea di sicurezza (azzurra) e nell'accampamento provvisorio (sulla mappa il bollo giallo). Voi venite mandati a Nemea per mantenere il controllo sulla linea rossa (che rimane come perimetro difensivo sempre in caso di ritirata) senza possibilità di scelta, dato che ora dovete fare i bravi soldatini sull'attenti. E boom. Un altro attacco. Nel mezzo di quella che doveva essere la zona sicura. E nessuno ha visto niente. I corrotti sembrano usciti da sotto terra, ma pare strano che nessuno li abbia percepiti...a parte te. Un altro po' di botte: siete come al solito in forte svantaggio numerico tipo 5:1 e loro hanno pure l'elemento sorpresa. Fate fronte comune come potete e lascia in sospeso la conclusione. Tu puoi sbloccare Elettricità in un momento di grave difficoltà, decidi pure tu in che modo.


     
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    Quando entrambi furono convocati direttamente al comando di Argo, Vahid disse che sarebbero stati rispediti a casa a calci in culo. Certo, restava uno spreco di tempo scomodare qualcuno al centro operativo dell'esercito solo per dar loro il benservito, ma chissà, magari era riuscito a far incazzare qualcuno così tanto da giustificare una sfuriata dalle alte sfere.
    Almeno disse questo ad Anna nel tentativo di sdrammatizzare la situazione, più per sé stesso che per lei, non aveva la più pallida idea del perché volessero entrambi, ma in tutta onestà non credeva che la sua battuta fosse troppo errata; beh, come sempre aveva torto.
    Dire che il Capitano Barres avesse una presenza nella stanza era riduttivo, la forza e l'autorità che comandava la donna era tale da dare pausa persino a una persona implacabile come Philippe. Era fin troppo chiaro che fosse lei al comando, anche senza che si presentasse.
    Non seppe cosa provare alle parole di Philippe, forse sollievo per non aver combinato niente di eccessivamente irreparabile, forse avrebbe semplicemente voluto dirgli che non aveva commesso alcun errore con loro due ma, non era una cosa che poteva fare in buona coscienza. E fu sorpreso di rendersi conto di quanto, effettivamente, Philippe tenesse a loro due; si sentì ancora peggio per aver creduto che potesse lasciarli in buona coscienza. Non ebbe tempo di pensare a cosa dire o come scusarsi, il Capitano aveva altri piani per loro.
    Arruolati, eh? Era molto più di quello che credeva di meritare, ma la gioia per poter finalmente fare qualcosa della propria permanenza fu temperata dallo sguardo e dalle parole di Philippe. Era fin troppo ovvio cosa pensasse al riguardo, specialmente riguardo a Vahid; quello sguardo che gli aveva rivolto parlava davvero più di mille parole. Ma non rovinò il momento con promesse, o richieste di scuse, semplicemente agì.
    Anna e Vahid scattarono sull'attenti e dissero una sola parola in unisono.
    Sissignora.
    Sissignora.

    Non che potessero effettivamente fare disastri, anche volendo e mettendosi di impegno erano state messi in posizioni dove eventuali passi falsi sarebbero potuti essere non immediatamente fatali. Beh, a meno che Vahid non lasciasse cadere qualche cassa in testa a qualcuno; non che si stesse lamentando, era sicuramente molto meglio che non fare nulla, e quei nove giorni di fatica, sudore e mancanza di sonno quantomeno stavano dandogli la sensazione di star facendo qualcosa di utile. Non che fosse disabituato al duro lavoro o che gli dispiacesse mettersi in gioco.
    Ma... c'era qualcosa che non andava. Dentro di sé lo sentiva, una stretta soffocante attorno al collo, una paura sempre crescente, non semplice sensazione ma assoluta certezza di un pericolo imminente; i primi giorni cercò di ignorarla e camminarci sopra, forse era la tensione, forse il fatto di essere quasi morto stava lasciandosi degli strascichi, ma quell'ansia crescente era un qualcosa di sempre più netto e difficile da trascurare. Parlarne con gli altri non aiutò, i sensitivi non avevano avvertito niente di strano nei movimenti dei Corrotti o peculiari tracce cosmiche che giustificassero la sua inquietudine, e questa ogni giorno si faceva sempre più insopportabile: come guardare una bomba in procinto di esplodere con piena consapevolezza del pericolo che stavano correndo tutti. Ogni giorno chiedeva novità con sempre più insistenza, alla disperata ricerca di qualcosa che validasse quell'orripilante senso di pericolo, ma nulla; gli altri stavano cominciando a dargli del paranoico e, davvero, avrebbe voluto che fosse così. Avrebbe voluto convincersi che la sua era solo una stupida impressione, che si fosse lasciato solo suggestionare, che magari stesse anche cominciando a impazzire. Non era così, Vahid SAPEVA che c'era un pericolo in avvicinamento, lo sentiva ad un livello così profondo da essere ancora più terrificante. Sapeva che erano tutti in pericolo, ne era assolutamente certo, ma non aveva nulla per provarlo oltre quella orripilante paura che non voleva andarsene, quella macchia nera nell'anima che si stava facendo sempre più grande.
    Sempre più vicina.
    Gli sarebbe bastato fare un passo e sarebbe precipitato nell'abisso che stava aprendosi davanti a lui.

    Sei troppo nervoso. Vieni a farmi compagnia. Quell'altro è scomparso da quasi un'ora.
    Avrebbe dovuto fare una statua a quella donna, poco ma sicuro, anche solo per avergli dato qualche istante in cui non avrebbe pensato a quanto gli scoppiasse la testa. Almeno, fino a che non vide degli edifici esplodere, ai quali seguì a stretto giro la loro torre di guardia. Quando il mondo smise di girare vorticosamente, Vahid si trovò a terra. Cosciente, ammaccato in qualche punto, ma vivo; Anna? Era vicina, aveva perso i sensi per l'impatto, l'avere il proprio appoggio disintegrarsi sotto i piedi fu talmente tanto sorprendente che per un attimo quasi non prestò attenzione ai suoni di battaglia che stavano levandosi ovunque attorno a loro. Perché nessuno si era accorto di questa cosa? Erano stati colti di sorpresa dai corrotti per la seconda volta, e di nuovo nessuno si era accorto di questo gruppo di mostri in avvicinamento: solo Vahid, a quanto pareva, aveva visto l'ombra della bestia. Aveva, tristemente, avuto ragione.
    Movimento attorno a loro due, Corrotti, sciacalli pronti a lanciarsi su due presunte carogne.
    Provò rabbia. Com'era possibile che ogni volta che si faceva un passo avanti, qualcosa doveva per forza andare storto? Per quale motivo i Guerrieri della Giustizia non riuscivano neanche più a guardarsi le spalle?! Perché ogni cosa sembrava cospirare per crollargli attorno come un castello di carte?! Non lo avrebbe accettato.
    Qualcosa gli ribollì dentro, l'aura bianca del suo cosmo cambiò presto consistenza e forma: si estese verso l'esterno in strali di luce rossa sempre più sottili, l'aria schioccò con intensità sempre maggiore ad ogni istante che quella rabbia lo prendeva. Il suo Cosmo cambiò, non in maniera più potente o meno riconoscibile, semplicemente più definita; se c'era una cosa che detestava, era l'impotenza. Il sentirsi incapace di proteggere le persone a lui care, impossibilitato ad aiutarle, troppo debole per fermare l'ombra che stava per stritolare tutti.
    Mai più, si disse o forse urlò in quell'attimo di puro delirio, mentre tutta l'energia che stava accumulandosi attorno al suo corpo lo ricopriva a mo' di manto: gli schiocchi divennero così tanti da essere assordanti, la luce rubino emessa di riflesso illuminò in un attimo di palese e grottesca chiarezza le forme contorte e innaturali dei mostri che li circondarono. Poi, tutta l'elettricità che aveva richiamato a sé, detonò in maniera quasi naturale verso l'esterno all'apice di un processo al quale Vahid non sapeva neanche di essersi abbandonato.
    Strali di elettricità si diressero in ogni direzione, inarcandosi come rami di un albero, mentre il calore e la forza di quest'emanazione vaporizzava carne e macerie, lasciando l'intera zona come un cumulo di roccia rovente e arancione, ancora passata da scintille e scariche di un qualcosa di completamente inaspettato. Il suo urlo furibondo fu eco di un eco di un eco di qualcosa di infinitamente più grande, ma bastò in quell'istante e perforare la notte che era calata sull'animo di ognuno. In piedi, al centro della devastazione e ancora pervaso da scosse di potere vermiglio, c'era lui. Una volta che la rabbia svanì, quasi scaricandosi assieme al fulmine richiamato, rimase solo la tetra consapevolezza del dovere che ancora gli era rimasto da compiere. Anna aprì gli occhi, e lui la rialzò senza troppe cerimonie.
    In piedi Anna, forza.
    ... ma cosa...
    Dobbiamo raggrupparci con gli altri, non c'è tempo. Andiamo.
    Annuirono entrambi. Prima avrebbero salvato quante più persone possibile, poi, se fossero stati ancora vivi, ci sarebbero state domande. Forse.

    Nella notte era ancora più difficile trovare i loro compagni d'arme, i corrotti parevano muoversi sottoterra, probabilmente avevano scavato vari tunnel sotto i loro piedi senza che nessuno fosse in grado di rendersene conto. Che una cosa del genere fosse possibile lo riempiva di frustrazione, ma adesso la priorità era sopravvivere.
    Gli altri soldati sembravano essere completamente in preda al panico, persi e impossibilitati; probabilmente il comando nella regione era stato perso nelle fasi iniziali di quell'attacco, avevano bisogno di direzioni e ordini. Né Anna e né Vahid avevano alcun diritto di prendersi responsabilità di quel tipo, ma qualcuno avrebbe dovuto fare qualcosa; gruppo di soldati dopo gruppo di soldati, circondati e senza una guida, provvidero a serrare i ranghi all'arrivo dei due apprendisti. In quei pochi attimi di respiro che avevano riservò una parola per chiunque gli fosse vicino in quel momento: memore degli insegnamenti di Philippe e dell'esperienza avuta precedentemente, la scelta migliore in quella circostanza era raccogliere il maggior numero possibile di uomini e affrontare l'orda nella speranza di riuscire a respingere l'attacco con la forza del loro valore o, se non ci fossero riusciti, quantomeno trattenere i corrotti abbastanza a lungo da dare tempo al resto dell'esercito di riorganizzarsi dopo questa spiacevole sorpresa e mandare rinforzi, se potevano.
    Una volta raggiunto un numero sufficientemente elevato di soldati, l'unità improvvisata rinunciò alla mobilità e si fermò, combattendo schiena a schiena e spalla a spalla contro un'orda che non finiva mai. E Vahid era davanti a loro, e ogni volta che faceva per richiamare il suo Cosmo, invece di potere grezzo e indefinito, fluirono strali su strali di elettricità.
    Fulmini rossi che passarono un numero incalcolabile di nemici, quanti erano morti per mano sua? Quanti ancora restavano? Troppi, fin troppi. Quanti soldati erano morti in quell'improvvisata ultima resistenza? Di nuovo, troppi.
    Se ne fosse uscito vivo avrebbe dovuto organizzare qualcosa per ricordarne la memoria, ma per ora potevano tutti solo combattere. E pregare che i corrotti finissero, prima o poi.
     
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    VI





    - dal sottosuolo... divora -


    Il nuovo potere vibra attraverso il tuo essere al punto da spaventarti. È l'eco di una tempesta devastante che rischia di esploderti ogni volta nel petto... e invece si scarica all'esterno all'ultimo istante, portando la giusta morte agli abomini che vi assalgono.
    Ma non è abbastanza. Non è mai abbastanza, non è vero?
    Sai di non poter sostenere per molto quel tipo di sforzo. Perfino i cavalieri più abili, come ti ha insegnato Phil, possono combattere al massimo del loro potenziale solo per pochi minuti. Quel tempo l'hai ormai esaurito. O quantomeno sei pericolosamente vicino al limite.
    I tuoi compagni l'hanno notato. Ti trattengono. Creano dei piccoli grumi di cosmo che sembrano sostenerti per qualche altro secondo e iniziano a trascinarti verso il centro della formazione insieme ad Anna, per lasciarvi riprendere fiato.
    Per quanto nessuno possieda singolarmente la vostra potenza grezza, ciascuno di loro ha molta più esperienza alle spalle. Svolgono il loro compito con efficienza. Calcolano le risorse sacrificabili e difendono quelle più preziose. Dopotutto è pur sempre una guerra.
    "Per Atena!" gridano. "Proteggimi, Atena" mormorano. Hanno paura, eppure restano saldi. Tale è la loro unica consolazione, sapendo di essere spacciati.

    L'oscurità martella sul tuo petto. Ti sta schiacciando. Si mischia alla stanchezza. Quando ne capisci la ragione è ormai tardi.
    Il terreno torna ad aprirsi direttamente sotto i vostri piedi. Un'esplosione di zanne e lingue taglienti. Non hai quasi il tempo per comprendere cosa stia accadendo. Il comandante della guarnigione vi spinge a forza da un lato.

    Giù!

    Quasi vi lancia. Vedi una gabbia di linee di luce bianca e tremolante che si formano attorno a te e alla tua amica. Poi un urto. Dolore. Macerie che crollano. Tutto si ferma per pochi attimi.
    Sei ancora incredibilmente stordito quando Anna ti afferra da dietro tappandoti la bocca e bloccandoti le braccia. Il comandante è riverso a terra a pochi metri da voi, gli occhi sbarrati e il cranio spaccato. Un corrotto striscia oltre le mura e i calcinacci della casa che avete sfondato nell'impatto. La ragazza ti trattiene con ancora più forza. Sai che puoi fidarti di lei, ma ti stupisci comunque per il fatto che il corrotto non vi stia minimamente considerando.
    Allunga un artiglio chitinoso verso la casacca del comandante e lo vedi tremolare alla luce dell'incendio che divampa alle sue spalle. Le letali protuberanze si arrotondano, divenendo simili a una mano umana. Estrae un comunicatore da una delle tasche, una sorta di radiolina artigianale modificata che sta emettendo un basso ronzio. La avvicina al becco irto di denti aguzzi, che si ritraggono fino a far comparire due labbra orrende, ma funzionali.

    Qui Nemea2. Si, confermo: un piccolo gruppo ci ha attaccati poco fa, dovevano essere allo sbando e isolati. Abbiamo perso un barile di carburante. Nessuna perdita umana.

    Non puoi che rabbrividire sentendo quella voce, un'imitazione approssimativa ma convincente di quella dell'uomo morto ai piedi del mostro.
    Qualcosa però sembra turbare la creatura, che per un attimo pare... spaventata?
    Prima che abbiate la possibilità di muovervi, però, il corrotto riassume la sua forma mutata e spicca un salto per raggiungere il tetto dell'edificio parzialmente crollato e si riversa nel marasma di creature, il comunicatore ancora serrato nel pugno. Pochi secondi dopo sono scomparsi nel nulla, lasciandosi dietro nient'altro che morte e distruzione.

    Siete i soli rimasti della guarnigione di Nemea.

    6vgdAlI



    Note Master:

    Evviva. Il comandante vi salva con una bolla di sigilli da morte certa, perché siete quelli con la maggior probabilità di salvare la pellaccia. Descrivimi pure tutta la scena dal tuo pdv. Anna si è esercitata con le ambientali e vi ha occultati tra le macerie, gestisci la rivelazione come desideri.
    Ora, il problema è: cosa fare? Come hai intuito, i corrotti si nascondono sottoterra e se ti concentri ora puoi percepire le intenzioni maligne, sbloccando una versione nerfata della peculiare vista di Sagitter, ma non tanto accuratamente da prevederne gli spostamenti. Possono attaccarvi in qualsiasi momento e solo l'occultamento di Anna vi permette di non lasciarci le penne in cinque minuti, quindi non potete muovervi troppo velocemente.
    Considera che siete solo voi due, senza mezzi immediatamente disponibili e senza possibilità di comunicare via radio. L'operazione militare è praticamente già compromessa (ora il grosso delle truppe potrebbe essere chiuso da un momento all'altro tra due fuochi) e dovete fare quello che potete per salvare capra e cavoli. Ovviamente la soluzione più pratica (ma non l'unica) sarebbe raggiungere Barres, se solo sapeste dove si trova ora la linea di avanzamento dell'esercito ateniese. Ragiona sulla direzione e preparati per un bel pellegrinaggio. In base alla meta che scegli, ti dirò dove interrompere.


     
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    Non era mai davvero abbastanza.
    A dispetto di tutto quello che facevano, tutto quello che pensavano, di quanto ognuno di loro si sforzasse e sacrificasse pareva davvero non bastare mai. Vedere tutti i membri della guarnigione morire, in un modo o in un altro, senza poter fare nulla per salvarli gli spezzò il cuore; uno dopo l'altro, valorosi eroi che stavano lottando con tutte le loro forze per trattenere un oceano a mani nude, tutti che stavano facendo la loro parte per la Dea. E quando l'ombra oscura gli si avvolse attorno, perforandogli l'animo da parte a parte, fu troppo tardi: per la seconda volta fu costretto a guardare mentre altri si sacrificavano per salvarlo senza poter fare nulla, circondato da un male troppo grande per lui. Quante vite gli furono spezzate davanti, compagni e amici che aveva conosciuto in quei giorni, futuri radiosi completamente spenti contro quell'unico cancro che stava spargendosi sempre di più.
    Stordito tra le macerie, tra polvere e fumo e sangue, tra i cadaveri dei suoi fratelli. Vide la figura strisciante di un corrotto farsi largo tra i corpi dei suoi alleati; l'avrebbe combattuto fino alla morte, ma una mano gli tappò la bocca. Sentì la pressione di un corpo umano sulla schiena e un'altra mano che gli serrò il polso: Anna. La fiducia che nutriva in lei era assoluta, sapeva che aveva piena consapevolezza di quello che stava facendo, non l'avrebbe fermato senza un piano, per questo colse il segnale e occultò il suo cosmo come gli era stato insegnato.
    Ma fu davvero difficile farlo quando si rese conto del vero scopo del corrotto, con la radio presa dal cadavere del comandante, imitando una voce umana in maniera credibile. Volle urlare, avvisare gli altri della trappola, ma sapeva che fare questo avrebbe condannato a morte Anna. Non gli rimase altro che guardare la scena consumarsi, di nuovo quel senso di furia impotente bruciargli dentro, fino a che non rimasero soli: completamente soli, le uniche cose vive rimaste a Nemea.

    Anna gli rotolò via dalla schiena, al suo fianco. Nessuno disse una singola parola per minuti interi, ognuno riverso a terra completamente travolti da stanchezza, dolore ed emozione: Vahid era un cumulo di rabbia e frustrazione, ora che la soffocante presa della malignità stava allentandosi sul suo animo poteva effettivamente constatare quanto fosse disperata la situazione. Volevano aiutare, ma non potevano farlo; dubitava che qualcuno potesse fare la differenza in quell'orrendo tritacarne.
    E ora sapevano entrambi le motivazioni per cui Philippe aveva detto che non erano pronti: nessuno lo era.
    Nel volto di Anna vide le stesse cose che c'erano sul suo: polvere, capelli appiccicati di sudore e sporcizia, sangue e lacrime. Impossibile non disperarsi dopo quello che avevano visto, davvero impossibile; portò la mano alla sua guancia, arrancando tra crampi e dolore per stringerla a sé in un abbraccio che non portò nessun conforto se non quello della reciproca presenza, di un calore ormai familiare, la consapevolezza di non essere soli in quell'inferno. Nel punto più basso che entrambi avevano toccato finora.
    Ma non erano persone normali loro, erano aspiranti Saint, devoti ad Atena più che alle loro stesse vite, dopo la disperazione, dopo essersi asciugati le lacrime e puliti i volti, dopo aver constatato di essere davvero gli unici sopravvissuti, sarebbe venuto il tempo della vendetta. Finché potevano stare in piedi, finché entrambi avevano fiato in corpo, non si sarebbero arresi a quell'orda di bestie.
    In occhi arrossati da lacrime, brillò una scintilla di vera determinazione. Si rimisero in piedi, constatando l'assenza di ferite che sarebbero state immediatamente mortali, sebbene entrambi avessero qualche acciacco e Vahid sentisse molto il peso della stanchezza.
    E ora? Un attimo di pausa piombò, pesante come un macigno, prima della risposta del ragazzo.
    Dobbiamo avvisare il resto dell'esercito o finiranno in trappola... tutte quelle persone... Si interruppe per annaspare di fatica, aveva bruciato molto più cosmo di quanto non fosse sano farlo e adesso stava patendone le conseguenze. Non importava, avrebbe riposato da morto.
    Potremmo andare a Argo o Corinto, ci sono degli uomini lì e di sicuro avranno strumentazioni. Poia Anna scosse il capo, con fare sconsolato. Ma il grosso delle forze sono con il Capitano Barres.
    E i Corrotti stanno per prenderli alle spalle.
    Era un rischio, stavano essenzialmente andando nella stessa direzione dell'orda di corrotti, e se avessero incontrato un altro gruppo sarebbero stati condannati a morte. Ma anche se fossero andati verso le due altre città, non avevano la certezza che già non fossero cadute o che ci fossero abbastanza uomini per fare la differenza contro tutti quei corrotti. No, se volevano avere una speranza di salvare il grosso dell'esercito ateniese avrebbero dovuto ripercorrere i loro passi e sperare che la linea del fronte non si fosse spostata di troppo.

    Una volta deciso questo, dopo aver preso quello il minimo di riserve da quello che restava di Nemea, si incamminarono. Non fu una camminata piacevole, anche dopo essersi allontanati dalla macelleria a cielo aperto che era diventata la guarnigione, la consapevolezza di dover fare in fretta per mettere al sicuro l'interezza dell'esercito pesava molto su spalle troppo giovani.
    Nessuno dei due disse una parola in più di quello che era strettamente necessario per comunicare, nessuno dei due fece domande sulle stranezze che si erano rivelate nella battaglia: bene, si disse Vahid, perché non avrebbe avuto risposte da darle. Le domande finirono nel retro delle loro menti, la priorità ora era muoversi in fretta e null'altro, il resto sarebbe arrivato dopo.
    La nuova consapevolezza che Vahid aveva acquisito, quella sensazione di orripilante disagio, gli diceva che i gruppi di mostri stavano muovendosi sottoterra, masse irregolari che si agitavano sotto il cuore della Grecia: ecco perché non erano riusciti a vincere prima di questo momento. Ovviamente, la corruzione stava usando il sottosuolo per spostarsi come meglio credeva e fermare ogni avanzata.
    Ma ora, magari, avrebbero potuto fare qualcosa al riguardo; almeno, questa era la folle speranza che nutriva nell'animo.
    Il viaggio a piedi fu lungo e snervante, solo il potere di Anna stava impedendo a entrambi di essere immediatamente individuati da Corrotti; ma ciò veniva ad un continuo costo per lei, oltre che per la fatica che portava anche per il fatto di non potersi muovere a più di una certa velocità.
    Dovettero cercare strade secondarie e nascoste, sentieri complicati da seguire, ed era imperativo che nessuno dei due usasse il proprio Cosmo, o l'occultamento sarebbe stato infranto. Camminarono per... quanto tempo? Troppo, i piedi bruciavano e la stanchezza e fatica di prima non stava facendo altro che peggiorare per entrambi. Ma non si fermarono, mai, neanche un secondo.
    Nessuno dei due si azzardò a lamentarsi o a chiedere una pausa, erano fin troppo consapevoli di cosa c'era in gioco. Tuttavia, per una volta, le cose sembrarono andare apparentemente bene. Giunti al lago di Stinfalia, dove si trovava il precedente accampamento, fu facile trovare e seguire le tracce del passaggio di mezzi e uomini che portavano fino al monte Cilene.
    Fu quasi surreale sentire in lontananza suoni e rumori provocati da altri esseri umani, quasi un promemoria che esisteva ancora un'umanità al di fuori di loro.
    In quell'ultimo tratto, inconsapevolmente, diedero fondo alle ultime forze che gli restavano nella consapevolezza che non c'era più tempo da perdere: ogni secondo avrebbe fatto la differenza tra la vita e la morte.
     
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    VII




    Il primo accampamento che riuscite a scorgere da lontano è probabilmente quello della retroguardia, sul fianco sud del monte Cillene.
    Anche da quella distanza, pur vedendo a malapena gli uomini, capite che non si tratta di un vero e proprio presidio, quanto piuttosto una piccola unità di vedetta composta da una decina di soldati: Barres probabilmente ha preferito tenere quanti più uomini con sé nell'avanzata, senza sguarnire troppo Argo e Corinto in caso di ritirata.
    Anna, stanca almeno quanto te, sta per far cadere il velo illusorio che vi nasconde, ma si blocca sul posto. Nello stesso istante anche tu inizi a percepire qualcosa di preoccupante. Segui il suo sguardo. Sembra aver intuito qualcosa. Sta fissando con attenzione l'accampamento davanti a voi.

    C'è qualcosa di strano.

    In più punti accanto a voi il terreno sembra rivoltato. Dove prima avete scoperto le tracce del passaggio dell'esercito ateniese, ora rimane un sentiero di terriccio fresco e irregolare. La ragazza si volta di scatto. La vista alle vostre spalle spazia per gran parte della regione, per quanto non vi troviate a un'altitudine particolarmente elevata. Dà una sola occhiata alla bussola e torna a guardare nella foschia, cercando di individuare qualcosa.

    Il fumo. Non c'è fumo sopra Nemea. È impossibile, mezza cittadina era in fiamme poche ore fa.

    Mentre ancora sta parlando, la sensazione di poco prima satura interamente i tuoi sensi, proprio come è avvenuto durante l'attacco. Attira la tua attenzione verso la retroguardia. Stavolta, però, non viene da sotto terra. Viene dalle tende.
    E oltre. Molto oltre. Se prima sentivi una sensazione generalizzata percorrere il sottosuolo, ora la tua mente è invasa da un'onda anomala di oscura malvagità che si agita e si abbatte al di là del monte. Li percepisci tanto chiaramente da poterli quasi vedere: battaglioni su battaglioni di esseri deformi che si muovono come una sola creatura, attaccando e difendendo con una precisione mortale.

    È tardi ormai.

    6vgdAlI



    Note Master:

    (Evviva)2. Il piano della Corruzione inizia a rivelarsi in tutta la sua complessità: non è più un gioco di forza bruta, ma una strategia ragionata e mooolto pericolosa. A quanto pare riescono a nascondere molto bene le loro tracce, come avete visto anche poco fa col metamorfo. Anna sente un'interferenza di tipo mentale, tipo illusione rozza, mentre tu ti accorgi col solito evil radar (sempre più preciso) che i soldati non sono propriamente ciò che sembrano.
    Decidi tu cosa fare: intervenite contro i corrotti vedetta o proseguite oltre su un altro sentiero? In ogni caso risolvila in maniera autoconclusiva (sono pochini, non troppo pericolosi anche per voi due esausti). Nello stesso momento ti accorgi di qualcosa di GROSSO indicativamente sul versante nord-ovest del monte. In questo caso non hai molta scelta. Bisogna menare un esercito intero, a ciascuno la sua parte. Divertiti pure e considera sbloccata Resistenza, a sto punto. Interrompi quando lo ritieni logico e sensato, tenendo ben presente la roba che stai sfidando.


     
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    Per un singolo istante, pensò di avercela fatta. Di essere stati più veloci della tragedia, di aver fatto una minima differenza in un mondo crudele; quando davanti a lui si rivelò l'accampamento della retroguardia, Vahid non riuscì a trattenere un sorriso nervoso, conscio di essere a un passo dal non rendere insignificante tutta la morte che aveva alle spalle, e fu quasi in procinto di richiamare la loro attenzione quando Anna lo fermò.
    E ogni accenno di gioia gli morì in volto mentre una nuova, ben più tetra, consapevolezza si faceva strada in lui: erano arrivati tardi, i corrotti avevano fatto scattare la loro trappola. Era finita. I suoi sensi lo confermarono, la malignità di quegli orrori palese ai suoi occhi e, oltre, quella di un esercito che si muoveva come una sola mente contro avversari ingannati e colti di sorpresa. La disperazione nello sguardo di Vahid si specchiò in quelli di Anna, e vide in quello stesso attimo la comprensione che c'erano ben poche speranze, per loro e per gli altri.
    Fossero stati più saggi sarebbero scappati, avrebbero limitato le perdite tornando ad Atene, nelle loro condizioni sarebbe stato difficile arrivarci ma era sempre meglio che lanciarsi verso morte certa contro un esercito di quelle dimensioni, ma chiedere a Vahid di abbandonare tutte quelle persone alla loro morte era impensabile: probabilmente non esisteva possibilità di salvarli, nessun modo per evitare una disfatta disonorevole, ma finché aveva fiato in corpo l'avrebbe inseguita con tutte le sue forze. Non sarebbe mai più scappato da loro, anche a costo della vita.
    Ma Anna, d'altra parte, forse poteva anco-no.
    Fece appena cenno di aprire la bocca, provare ad argomentare le motivazioni per cui lei avrebbe dovuto allontanarsi, ma lei fu più veloce. Gli poggiò l'indice sulle labbra, un gesto fin troppo gentile per dirgli di stare zitto una volta tanto. Non lascerò te e Philippe a morire, fuori discussione. Annuì. Non poteva fare altro davanti ad una determinazione che non aveva niente da invidiare alla sua, a quel lampo di luce in un oceano di tenebra; sì, si disse, poteva essere una follia ai limiti dell'irreale, ma meglio morire che vivere abbandonando tutto quello in cui credevano. C'erano troppe vite in pericolo per poter girare le spalle.
    Non disse nulla, un po' per la stanchezza e un po' perché sapeva che se avesse aperto bocca avrebbe probabilmente rovinato il momento, fu solo grato alla Dea per averle dato una compagna così. Non sarebbe arrivato da nessuna parte senza di lei. Le strinse la mano e baciò la fronte, un attimo di fugace dolcezza prima di buttarsi, forse per l'ultima volta, nel furore della battaglia.

    Sebbene esausti, quei pochi corrotti che stavano impersonando i veri fedeli della Dea non potevano impensierirli. Pochi e separati dalla loro forza principale, erano facili prede per i due: magari, eliminandoli in un turbinio di fulmini e frecce, eventuali rinforzi avrebbero avuto vita facile a prestare loro un'insperato aiuto. Una speranza flebile, ma bisognava aggrapparsi a tutto quello che avevano per restare a galla tra le tenebre.
    Man mano che si avvicinavano alla battaglia, alle spalle dei corrotti probabilmente allertati dal loro utilizzo palese di cosmo in quella circostanza, e più l'orripilante sensazione si stava facendo forte. Sempre più malvagità, sempre più pura e concentrata in quell'unico posto, una cosa così disgustosa da dargli quasi dei conati di vomito. Strinse i denti e andò avanti a passo veloce, verso il fianco nord-ovest del monte, tenendo il fronte di quell'unità improvvisata mentre Anna si sarebbe impegnata a coprirgli le spalle per quanto poteva, lui le avrebbe tenuto lontani tutti i corrotti che poteva.
    Quando furono davanti a quel mare di bestie, ebbe quasi un momento di pausa: un istante in cui effettivamente si rese conto della follia in cui si stava buttando a capofitto, di quanto fosse fuori da ogni sanità e logica, e pensò di essere impazzito. Beh, non che importasse, se avesse voluto fare una vita lunga non avrebbe certo chiesto di unirsi ai Saint. Alzò la mano e, di nuovo, la rabbia montò in lui: fredda stavolta, controllata, diretta contro quell'enormità di bersagli meritevoli di distruzione. Non avrebbe avuto carenza di scelta, poco ma sicuro.
    Il fulmine rosso rubino colpì il suo palmo aperto e, da lì, un flusso continuo di elettricità si concretizzò in una forma precisa: un falcione formato di crepitanti saette cremisi.

    v0xwIH8


    Ci fu un momento in cui il ruggire del fulmine superò la cacofonia blasfema dei corrotti, ma fu solo un attimo in cui alle sue spalle si materializzò una pioggia di frecce dorate che lo superarono, dirette contro l'orda a colpo sicuro. Contro numeri così elevati Anna poteva concedersi di sparare nel mucchio e comunque fare considerevoli danni.
    Quando però Vahid giunse nelle vicinanze dei suoi nemici, portò l'altra mano sull'improvvisata impugnatura delle saetta che stringeva e menò un colpo con tutta la forza di cui disponeva. Girò su sé stesso una volta, due volte, avvertì l'impatto di innumerevoli corpi contro quello che impugnava, vide in quel turbinio di colori corpi non esattamente tagliati, ma separati dall'immenso calore emanato dalla saetta, folgorati e bruciati. Un flusso che seguì la linea della punta della lama, una leggera linea di elettricità che, nell'istante in cui il suo fendente si interruppe, si estese verso l'esterno toccando l'orda che, superata la sorpresa iniziale, stava per affogarlo come un mare in tempesta. Ormai stava facendo l'abitudine a combattere in circostanze di severo svantaggio numerico.
    Lanciò il falcione in avanti, senza neanche guardare a cosa stava mirando, semplicemente constatando una linea aperta di corpi morti nella massa di carne viva e pulsante, prima di lanciarsi per forza di cose in corpo a corpo.
    Dosare le energie da destinare alla battaglia era difficile, se non altro perché non ne aveva più da dare; la battaglia precedente e la lunga camminata l'aveva portato oltre ogni limite di sopportazione, ma aveva quasi la certezza che, se avesse smesso di dare l'assoluto massimo di cui disponeva, sarebbe stato sopraffatto. Eppure ebbe un momento in cui dovette smettere di concentrare fulmini scarlatti, un momento in cui qualcosa superò le frecce di Anna e gli si avventò alle spalle.
    Peso, calore, dolore: avvertì qualcosa conficcarglisi all'altezza della spalla destra, qualcos'altro artigliare e strappare violentemente alla schiena, e un altro corrotto che, cogliendo l'attimo di pausa, gli si parò davanti conficcando una mano artigliata all'altezza della pancia. Sentì che le sue energie avrebbero dovuto finire in quel momento, già ne aveva molto poche e quelle ferite erano gravi, a dir poco: ma invece di cadere, invece di morire, Vahid guardò gli orrori che stavano sciamandogli attorno e constatò di averne ancora. Poteva ancora andare avanti, poteva ancora ignorare quel dolore, poteva ancora combattere.
    L'elettricità fluì da lui nei corpi degli esseri che lo stavano trafiggendo, provocando urla bestiali da corpi immediatamente sfracellati da rapidi movimenti della mano sinistra.
    Non era ancora morto, per ora. Poteva continuare a uccidere e combattere per la Dea.

    Camminò avanti, disegnando una linea di morte al suo passaggio, e aveva tutte le intenzioni di continuare a farlo fino a che qualcosa non fosse letteralmente collassato di fatica.
    Non mancava molto ormai, ma non si sarebbe fermato prima di allora.
     
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    Heghemonìa - Reprise

    VIII




    La carne corrotta viene fatta a pezzi con una facilità disarmante. I mostri cadono uno dopo l'altro e si ammucchiano al suolo. Non esiste tregua per nessuno dei due schieramenti, ma l'orda di Ponto sembra subire una disfatta quasi unilaterale. Un'onda che si infrange sugli scogli.
    Se solo non fossero così numerosi...

    La patina che ti è calata sugli occhi si fa sempre più opaca e scura. Ti sei fatto strada per decine, forse centinaia di metri, abbastanza da essere sfiorato dal cosmo degli uomini e delle donne che, come te, stanno mettendo in gioco la loro vita per proteggere il mondo intero. Il loro coraggio ti infonde vigore. La loro luce ti guida nel labirinto di membra e sangue nero. Le loro mani ti sostengono quando la marea di corrotti ti fa barcollare.
    Presto, però, non è più sufficiente. Il tuo corpo giunge a un limite meccanico che non può essere superato con la sola forza di volontà.
    Sbagli. Inciampi nei cadaveri. Una cresta ossea ti lacera la caviglia. Cadi in ginocchio. La piastra pettorale si spezza e la corazza dei Templari viene perforata con una facilità imbarazzante. Non hai nemmeno la forza di capire dove sei stato ferito.


    -



    Mi dispiace. Non doveva finire così.

    La voce del tuo maestro taglia il silenzio e ti invade la mente. È più profonda di quanto la ricordassi. Ha un che di selvaggio, una sfumatura gutturale. Il dolore che ti invade il petto ha qualcosa di strano. Non senti la pelle tirare o la ferita bruciare... è più come un peso opprimente. Ti serra la gola. Il tuo corpo reagisce in maniera esplosiva a quella sensazione. È un corpo perfetto, nato per combattere, plasmato da una genia creata attraverso ere di sapienza e civiltà. Viene attraversato da una scarica di rabbia che contrae i muscoli e ti fa scattare in avanti. Ti è difficile contenere il tuo stesso cosmo, che si agita e infuria come la più terribile delle tempeste.
    Senti sulla spalla la mano del tuo mentore, il tuo insegnante in ogni arte e mestiere. Il tuo migliore amico. Il tumulto che ti sconvolge pare attenuarsi, lasciando nuovamente spazio al vuoto della perdita.

    Ti chiedo di perdonarmi, almeno tu, poiché mai potrò perdonare me stesso.

    Il volto di Chirone non è né giovane né vecchio. Nel taglio grezzo dei suoi lineamenti puoi scorgere un dolore profondo quanto il tuo, adombrato dal ricordo di infiniti lutti sopportati nel corso dei millenni. Il centauro è parte della tua famiglia da così tanto tempo da farti quasi sentire un estraneo, a confronto.

    Credevo che tuo fratello sarebbe stato il più grande Re tra i Dodici. Lo credevamo tutti. Era più potente di tuo padre e più saggio di me.

    L'aria torna a riempirti i polmoni. Il sangue che ti sgorga da una profonda ferita nel costato si sta fermando. Una luce flebile ti avvolge, dandoti sollievo. Scivoli nell'incoscienza ogni pochi secondi, mai abbastanza per capire cosa stia succedendo davvero. I corrotti si abbattono contro difese fatte da riflessi effimeri, reti di cosmo tese contro l'inevitabile.
    Il dolore fisico si mischia a una sofferenza più intima. Una famiglia distrutta, un popolo in ginocchio. Tanti sacrifici in fumo. Tante vittime rigettate ogni giorno sulla costa, dove la sabbia ha ormai assorbito il sangue, divenendo color ruggine.
    Vuoi giustizia. Vuoi che quella follia finisca, anche se dovessi essere tu stesso a porvi termine. Non ascolti gli avvertimenti e le suppliche di Chirone. Tu combatterai. Non per l'onore della tua famiglia, ma per il bene di tutti. Non per la memoria di tuo padre e tuo fratello, ma per la Speranza.

    Non perché sei stato incoronato Re Santo, ma perché è tuo dovere farlo.

    La tempesta ti avvolge. Non è più nel tuo cuore, non pulsa più nel corpo perfetto del sovrano, ma attraversa quello di un ragazzo stanco e sanguinante. Il vento ti solleva, ti abbraccia. La forza di un tornado ti culla come se fosse brezza estiva. Scariche elettriche fluiscono al pari di carezze sulla tua pelle. Ti senti più pesante, eppure ti levi in alto sopra la carneficina della battaglia.
    Due ali lucenti si aprono e sfidano le correnti.

    Davanti a te l'oscura presenza ribolle e si intreccia. I corpi si allungano sfilacciandosi in spire. L'amalgama è torreggiante, getta ombra sullo spargimento di sangue che sta avvenendo al livello del suolo. L'abominio non ha occhi, non in quel groviglio di tessuti sciolti, ma sei sicuro che stia guardando te.

    6vgdAlI



    Note Master:

    Ammazzi corrotti fino a raggiungere un lato dello schieramento alleato. Quando ti fai male male male inizi a vedere queste scene che si sovrappongono al momento presente. Qualcuno ti sta curando.
    Alla fine, quando ti riprendi, hai Energia Blu, cloth e pieni poteri (tranne una certa arma ehe). Il corrotto vedilo come un gigaserpentone-vermone che si agita tra i corrottini piccolini e ora hai tutta la sua attenzione. Emana una forza pari a Energia Nera. Hai la prima mossa.


     
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