The Act of Excision

Test nera Lyga

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    «La parola del samurai è più salda del metallo.»
    Yamamoto Tsunetomo






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    Puoi abbandonare il tuo corpo, ma devi preservare l'onore.
    Non perdere mai la Via.
    Myamoto Musashi.



    Toda SeigenMaestro del Kodachi



    «Come mai non ti alleni più nel taglio, sensei

    «Perché dovrei? Da quando quella donna è entrata nella mia vita non so più cosa significhi tagliare.
    Cos'è davvero il taglio? É l'arte della spada?»


    «Sensei ma lei non diceva che la spada era l'unica cosa importante? Che il taglio era l'azione, come il respiro ci fa essere vivi, così il tagliare rende la spada affilata e la nostra anima in risonanza con essa?»

    «Si...eppure ora tutte le mie certezze sono state distrutte.
    Spazzate...tagliate via da quella donna. Il suo ricordo è indelebile. Mesi sono passati eppure non ho più il coraggio di prendere in mano una spada. La mia filosofia distrutta. Il mio dojo anche. Persino la mia spada è spezzata.»






    Miyamoto MusashiGorin no sho. Appendice finale




    Ho scritto questo libro con in mente Lei. O Lui.
    Ma nessuno lo saprà. Perché Sasaki è stato il mio più grande avversario ma ora so cosa significa essere una spada. Un bushi è una spada, sbagliavo a pensarlo prima di vedere Lei.
    Ora so cosa significhi essere una spada, una spada che taglia, l'atto del pensare, agire e fare nello stesso movimento.
    Non è lo Tsubame Gaeshi di Sasaki, né il Niten Ichi-ryu è un qualcosa che incide se stessi nella Realtà stessa.
    Non esiste una spada.
    Questa è la verità. Oltre il Velo di Maya delle mie verità, delle certezze del mondo, ho capito cosa significa taglio.
    Mi ha colpito con un semplice ramo. Non era una spada, non era un'arma ma lo è diventata nelle sue mani. Perché il taglio viveva in lei. Lei lo era.
    Con una naturalezza che sembrava infinito e finito nello stesso tempo. Abbracciava il mondo e solamente me.
    Il vuoto...lo stadio ultimo. Ku.

    The power to cut infinity with the blade of Want is what makes true Royalty.... anche se furono queste le parole che sentì nella mia testa, sussurrate dal vento, dalla terra, da ogni elemento fondante la Realtà, l'esistenza. Sgorgare dalla mia anima.
    Il Vuoto è la fine della dottrina della spada.
    Conoscendo l’esistente, si conosce il non esistente. Solo praticando la via del guerriero ogni giorno e ogni ora, senza alcun cedimento o segno di pigrizia si potrà arrivare a comprendere che la mente è il vuoto, ovvero, che una mente libera ed in sintonia con l’universo è in grado di non soffermarsi più su alcuna cosa ma tutto compenetrare indistintamente.
    Ecco il fine ultimo del taglio...alla fine del mio viaggio ho incontrato il Sole e il Niten Ichi-ryu.
    Avrei voluto battermi. Ganryu...siamo stati sofrtunati io e te. Entrambi abbiamo incontrato l'altro non alla fine del percorso ma all'inizio...chissà cosa sarebbe accaduto se l'avessimo incontrata allora.
    Se avessimo visto davvero cosa significa 切断Setsudan.
    Il Taglio.







    E così in ogni epoca vi era qualcosa che portava il guerriero ad eccellere nell'arte della spada. Alla ricerca spasmodica del taglio perfetto. Non dell'uccidere, ma della perfezione dell'agire che rendeva pari...anzi no superiori agli Dei.
    Che poteva far sanguinare un Dio.
    La spada divenne il simbolo della guerra. Della volontà. Dell'uccidere. Dell'accrescere se stessi, quando guerriero e spada diventarono un tutt'uno in quella perfezione, in quel moto dell'essere che spingeva l'uomo verso orizzonti sconosciuti. Ogni uomo trovò la propria strada. Trovò risposte nella filosofia, nell'eccellere, nella perfezione del movimento, o solo nell'accresciuta pratica della tecnica fino a farla diventare perfetta.
    Ma tutti loro erano accomunati dal pensiero di scalare una montagna. Di arrivare ad una nuova e più profonda consapevolezza di sé, del nemico, della Realtà, di cosa avevamo intorno, di cosa eravamo, delle possibilità, delle scelte, del giusto e dello sbagliato.
    Tagliare.
    Come atto di volontà.
    Di supremazia guerriera. O solamente d'orgoglio. L'uomo ebbe questo moto dentro di sé. Perché vi fu un tempo in cui qualcosa si muoveva per un mondo giovane, danzando davanti all'Uomo che gattonava in tutto questo.
    Un quid. Significante e significato del taglio e di ogni sua accezione nel corso delle innumerevoli ere fino ad oggi.
    Quello che ogni uomo che impugna una spada vorrebbe. Quello che ogni guerriero ricercava nelle battaglie e nella pratica spasmodica e pazza del taglio.
    Chi pensava che la spada fosse solo un pezzo d'acciaio per uccidere, chi per elevarsi verso la divinità, chi per difendere la vita, chi per trovare il senso della propria.
    Ma sempre l'uomo fu attratto dalle spade, da un pezzo d'acciaio che poteva portarlo a battersi con e contro gli Dei fino a superarli. Fino a superare chiunque.
    Un pezzo d'acciaio, di rame, di legno, lungo o corto, chiamato in mille modi diversi ma sempre tagliare fu associato alla spada e sempre il taglio fu associato alla volontà. Alla supremazia. All'orgoglio. A rendere possibile l'impossibile.
    Un moto. Che l'uomo sentiva dentro di sé. La scintilla ancestrale del Taglio Primordiale.
    Dell'Inizio.
    E quelle parole enigmatiche che, come vento, sussurravano ai loro cuori spingendoli verso orizzonti nuovi. Possibilità. Infinito e finito. Scelte. I passi che plasmavano il mondo e la Realtà.



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    Ricordatevi...NON ESISTE UNA SPADA







    Sotto un albero le dita pizzicavano le corde della chitarra. Un suono duro e ritmico. Ogni petalo riluceva, danzava con il vento e su quelle note. Suonava l'Araldo dell'inizio, ricordando il suo d'inizio e gli innumerevoli altri che aveva visto nel corso di Ere che si perdevano nel tempo ma non dimentiche nella sua mente.
    Suonava e ogni nota ricordava un momento, l'Inizio di una storia, sorridendone al ricordo.
    Così come i volti di chi aveva conosciuto. E quella voglia che animava i loro cuori.
    Quella volontà di raggiungerlo. Di essere il Taglio. Di farlo proprio di poter recidere Tutto e il Nulla.
    Il Tameshigiri non era null'altro che questo. L'uomo che si esercitava nel taglio, nella perfezione del movimento, della fluidità di un unico, perfetto, movimento senza pensieri, senza volerlo ma farlo come moto interno dell'anima.
    Continuare ad esercitare il Taglio fino ad arrivare alla Volontà e da lì spiccare verso l'Orizzonte dell'Infinite Possibilità e poter dare Inizio e Fine a Tutto. Come fece lui quando G.E.A mise pensiero alla Realtà e lui tagliò affinchè tutto fosse libero di essere.
    Quel Taglio si impresse nel cuore degli uomini riecheggiando lontano; sussurrando, a volte, urlando altre e portandoli a scontrarsi con Lui. A rivaleggiare con il Taglio Primigenio.

    Ma quante volte lui fu messo alla prova?
    Perché nemmeno lui si era mai fermato. Non si era mai domandato se il suo taglio potesse migliorare, perché da sempre ricercava ogni strada possibile da percorrere, ogni possibilità, ogni scelta. Mai fermo. L'Inizio non conosceva requie, né stasi alcuna. I suoi occhi non vedevano quasi mai al passato ma sempre al futuro.
    Perché era proprio dell'Inizio non avere passato. Una pagina bianca su cui scrivere ogni cosa.
    Così ogni prova era da affrontare.
    Lui stesso era il Tameshigiri. Il continuo e assiduo movimento, in quel mutamento continuo che portava il suo taglio ad essere Infinito.
    Per questo ogni sfida l'accettava sempre. Per Lui non esisteva l'Impossibile. Il taglio era la volontà che si incideva nella Realtà mutandola, cambiando direzione alla nostra Vita.
    Il Tameshigiri era l'atto con cui Amaterasu misurava i suoi intendimenti, i suoi ideali, la forza della spada della sua anima.
    Ed ora aveva una prova immane con cui misurare il suo taglio.
    La Corruzione. Ponto. Nemici visibili e invisibili. Riunire le caste in un unico, grandissimo esercito con cui muovere guerra alle forze del Caos e di chi attentava a quello che era il suo Impero.
    La Realtà.

     
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    Sei mai stato innamorato Amaterasu? O sei sempre stato innamorato della Vita? In generale. Mai nel particolare quindi? Perché hai sempre visto il Tutto? Perché nella tuo continuo camminare in avanti non hai mai sentito la necessità di fermarti.
    Mai?
    O ci fu un momento in cui i tuoi occhi si sono soffermarti su qualcuno, in cui sei stata più umana. In cui il Sole brillava solo per farsi guardare da qualcuno in particolare, e quel qualcuno dava colore a tutto il resto.
    Difficile ricordarlo? Doloroso ancora? Dopo tutto questo tempo ancora il tuo cuore piange? Perché era reale. Per questo non ti sei più mischiata a nessuno. Per questo apprezzi P.A.N e Johanna. Non perché sei sensibile ma perché quel sentimento lo hai provato anche te tanto tempo fa e sai quanto può essere bello, ma terribile allo stesso tempo. Per questo combatti allora.
    Per amore.
    Romantico. Stupido diresti ora, vero? Perché anche il tuo cuore si è fatto affilato, si è temprato nel fuoco del dolore, si è fatto più duro e cinico. Per nasconderti? No. Ma perché era l'unico modo per, non dimenticare, ma poter riuscire a guardare avanti. Vero?
    Hai sentito la prima volta quella volontà di girarti indietro. Faceva male. Perché hai dovuto imparare a convivere con i ricordi, tu che hai sempre vissuto il presente proiettata al futuro. Il Sole sorge. Ogni giorno. Continuamente. Non esisteva mai l'ieri ma sempre il domani. Eppure ora ti sei fermata e chiudi gli occhi. Perché è così difficile ricordare? Ogni volta un ricordo diventa più sbiadito e tu non vuoi. L'unico modo per riavere quella sensazione. E chiudere gli occhi diventa più difficile. Perché si sogna. Perché si desidera.

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    «Dai insegnami...tanto continuerò a chiedertelo all'infinito.»



    Il Crogiolo. Il tempio Sud. La Corruzione avanza mentre un'alleanza vasta tra uomini ed eletti di G.E.A si stava delineando all'orizzonte. Perché si è ricordato quel viso e quelle parole?
    In fondo furono con quelle che iniziò tutto. Un tempo aveva un corpo diverso. Anche i tempi erano diversi. Lei sopratutto.
    Perché proprio ora? Per Andrea? No. Non perché Andrea si era avvicinata al suo cuore, né perché il momento era terribile per la Realtà ma perché di motivi non ve n'erano. Riaffiorò dalla sua mente semplicemente e come sempre gli riscaldò il cuore, ma odiò pure. Rancore.
    Vi fu un momento in cui lasciò questo mondo e andò sul Muro, contro l'Abisso, a cercare gli Dei del Caos, a combattere.
    L'amore faceva male più delle ferite ma non pianse mai. Né quel giorno quando il Tempio Sud rimase in silenzio e il Crogiolo divenne meno luminoso, la sua luce pallida, la penombra avvolse ogni terra dei domini di Amaterasu, mentre i suoi occhi si fecero rossi e la notte era terribile mai pianse. Ingoiò il dolore. Ingoiò anche il sogno di un ritorno, di un momento romantico e inattuabile che tutto tornasse come prima.
    Non potevano esserci né scuse, né parole, né amici che potevano far guarire questa ferita. Il tempo ci sarebbe riuscito.
    Lei che era l'Inizio si trovò ad odiarlo il tempo. Un nuovo giorno. Una nuova alba. E scoprì come il mondo fosse grigio.
    Per lei. Perché i colori morivano nei suoi occhi che divennero bianchi. Non più arcobaleno...scoprì che il mondo rimase uguale ma per lei aveva perso attrattiva.

    «Sono felice. Tu lo sei?»

    No. Perché quello che la faceva felice non ci fu più.


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    «Le lacrime del Sole...sono preziose. Adoro tutto questo. Disperati. Che la tua luce affoghi. Affoga il mondo nell'oscurità. E affoga te stesso. Sai che ho assaggiato il suo sangue? Sai che pensava che Ama no Murakumo potesse portare il Sole e farmi male. Ma la mano di un uomo non può competere con me. Il loro cuore è così fragile che quando si spezza mi da sollievo. Un attimo, sempre e solo un attimo, ma come amo quel momento che orgasmo ogni volta.»




    Osservi la tua Corte partire per chiamare le Caste a raccolta. Osservi Nikolaus...combattete insieme da troppo tempo e per un momento ti ricordi di queste parole, di un altra guerra, di un altro nemico più sordido e bastardo che si prese un pezzo del tuo cuore. Da quel giorno nemmeno tu fossi più uguale.

    «Ho sempre paura di non riuscire a stringere le mani di chi proteggo. Perché quella più importante scivolò dalle mie e non riuscì né a vendicarlo, né a sfogare la mia rabbia. Fu una delle prime volte che la caverna divenne per me una gabbia. Non un luogo per ricominciare ma per affogare del tutto.»

    Non arrivò nemmeno per impedirlo. Non fu perché la sua debolezza fu palese, non fu perché la sua Royalty non fu forte a sufficiente o perché la sua volontà fosse meno tagliente. Sakabato.
    Una katana dalla lama invertita...lo pensò sempre. E diede la colpa a qualcun altro quando fu meno spada e meno rabbiosa. Ma la verità era solo una...e a volte la verità faceva ancora più male quindi cercavamo facili vie per non dover affrontare tali demone.
    La verità fu che non arrivò per impedirlo perché ognuno sceglieva la propria strada.
    Lui lo aveva fatto e sapeva i perché. Ma sopratutto anche i pericoli. Ma volle farlo. E fu allora che il Giappone divenne per lei così importante. Perché mischiò alle sue acque, ai suoi fiumi, alle sue montagne, le ossa e lo spirito di Ninigi-no-Mikoto.


    «Se posso lo farò. Lo farò perché è mia responsabilità, in più ho la possibilità. Se non l'avessi forse ci ripenserei ma se tu fossi al mio posto, che cosa faresti? Davvero ti gireresti dall'altra parte? Fidati...»

    Le dita scivolavano le une sulle altre. Il suo tocco non lo ricordava. Ma il tepore si. Il brivido misto al fuoco. Non ricordi ma tieni quel fuoco e sei pronta ancora a darlo. Ma non lo chiedi per te.
    Così capisci Johanna e P.A.N e speri che vada tutto bene, che nessuno di loro due debba soffrire ma saresti pronto a morire per dargli la possibilità di viverlo appieno.
    E lo tieni dentro di te questo rancore ancora. Che non ti fa aprire del tutto. Ma hai preferito così.
    Colpa?
    Si...per te fu una colpa anche. Se fossi stata quello che dovevi essere, se fossi stata più forte avresti evitato tutto questo.
    Perché non lo avresti messo in pericolo. Invece sei stata debole. Ma era debolezza? Credere nell'amore è debolezza? Anche se fa così male, anche se il dolore rimane ancora, anche se quella ferita nel cuore piangerà sempre lacrime di sangue, c'è stato. È valsa la pena viverlo. È valsa la pena piangere fino a disperarsi perché sei diventata più forte...ora, dopo così tante ere, puoi dirlo. Lo hai capito. Ma quel giorno no.
    Quel giorno una lama sorse, non vista, dalle tenebre e dipinse la notte con pennellate cremisi.






    Te lo ricordi?
    Accarezzare Kusanagi...un gesto che facevi sempre. Che hai sempre fatto da quel giorno.


    «Prendi questa spada. È la mia. È la tua. Falcia i tuoi nemici.»

    E davanti alla Corte di Mezzanotte quell'uomo marciò. Mentre una battaglia immane si combatteva da un altra parte. Tu contro il Rinnegato. La tua Nemesi. Il cielo fu rosso,screziato di nero, mentre l'orizzonte si fece di fuoco la Corte di Mezzanotte si unì sotto quella spada. I loro passi furono tamburi di guerra, che la terra si aprì al loro passaggio. Ogni elemento fu con loro. Furono le loro armature e armi mentre quella spada danzava e falciava ogni ombra che si trovava di fronte a se.


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    ODIO TUTTO ODIO TUTTI
    MA DISTRUGGERTI SARÀ PIACEVOLE. TUTTO ANCHE L'ANIMA



    La lingua schioccò sul palato. La luce e il ghiaccio turbinarono attorno a lui, cristalli di ghiaccio che divennero come specchi. Fendente di luce che rimbalzò di specchio in specchio ad accrescere la sua intensità. Fasci di luce caotici, non avevano un senso, né una direzione, ma se colpivano tranciavano come raggi laser, cauterizzando subito la ferita per il gradiente distruttivo.
    E da quegli specchi emerse l'Imperatrice, il sorriso sul volto che fu squarcio come quello che aprì sul costato del Dio Rinnegato. O per meglio dire della sua emanazione su questo piano di realtà.

    "We shall deny Nurgle their flesh to fester and rot.
    We shall deny Khorne their blood and skulls.
    We shall deny Tzeentch their destinies and fates.
    We shall deny Slaanesh their pleasure and pain.
    Death to the Dark Gods!
    For the Renegade God!
    Let the galaxy burn!"



    Questo il canto blasfemo che la Corte affrontò. Che Amaterasu e il Crogiolo affrontarono.
    E vittoria fu dolce. Tanto dolce che non gli bastò mai. Il giorno era troppo corto, la notte anche. Il tempo sembrava non bastare mai. Il tempo...per un essere che non ne aveva ora sentiva che scorreva troppo veloce, che ogni momento era piccolo, che ogni secondo così importante da rendere una vita veramente vissuta.


    E poi tutto tacque. Tutto divenne silenzio rotto solo dai singhiozzi. Da un amore mio sussurrato perché aveva paura che anche quello si potesse spezzare e venir distrutto e cancellato.


    TSUJIGIRI




    Così fu. Un uccisione all'angolo nascosto della strada di Amaterasu. Li dove pensava che niente potesse colpirla, che niente potesse nascondersi al suo sguardo quella lama arrivò e spezzò ogni cosa.
    Da vigliacchi. Ma perché per arrivare da lei uccisero una parte del suo cuore. Vide la sua spada spezzata sotto il corpo del suo amato.
    Fu allora che Amaterasu o mi kami divenne tutt'uno con la sua spada che divenne Kusanagi no tsurugi.
    La Falciatrice d'Erba. Perché i suoi nemici divennero come erba sottile. Spighe di fronte alla falce.
    Venne riforgiata nel cuore del Monte Fuji. Il suo filo ritemprato, la sua lama battuta con il fuoco del cuore del Giappone.
    E una parte di Ninigi no Mikoto fu utilizzata per farla rivivere. La sua anima. E ancora oggi ronza Kusanagi quando combatte, ancora oggi sussurra all'anima di Amaterasu dandole forza e coraggio.
    Dove vi era Kusanagi da quel momento vi fu sempre Amaterasu.
    Nessuno dei due lontani. Nessuno dei due poteva essere senza l'altro.
    Quel giorno nacque Kusanagi ma nacque anche Amaterasu. Trovò nella sua rabbia il fuoco con cui dare battaglia contro ogni nemico della realtà.
    E da quel giorno non diede mai più la sua spada a nessuno. Da quel momento diede lei battaglia sul Muro ponendosi davanti a tutto e tutti.
    Non fu più Imperatrice ma guerriera. E si mise sempre alla prova.

    Il destino sussurra al guerriero Non puoi sopportare la tempesta.
    Il guerriero gli ribatte Io sono tempesta



    Guardò ogni cosa e fu come se Amaterasu e Ninigi no Mikoto fossero sempre insieme. Ogni nemico saggiò Kusanagi. Ne saggiò il filo, ne sentì il ronzio e sempre in essa si poteva ascoltare un soffio di vento malinconico di cose perdute, di cose che non sarebbero più state solo quando e se la Realtà fosse stata resettata, il Mondo distrutto e una Nuova Storia sarebbe stata.
    Anche allora però Kusanagi ronzava a cantare di un giorno dove Amaterasu danzò per un solo singolo uomo. Che fu il Sole solo per il cuore di quest'uomo, che fu vento ad accarezzare i suoi capelli, a dargli sollievo, ad asciugare il corpo dal sudore della fatica, ad essere acqua, ad essere fuoco e tepore per dargli forza e accudirlo.
    Vi furono giorni egoisti. Vi furono giorni dove l'Imperatrice fu umana. Fu una semplice donna che amava semplicemente un uomo e ne venne riamata. Non fu araldo. Non fu figlia di G.E.A, fu solo e semplicemente Amaterasu o mi kami.
    Come la chiamava lui.
    E da quel giorno maledetto venne conosciuto anche come Taglio. Come una spada ronzante odio e rabbia. Protezione. Fu tempesta che spazzava le nubi temporalesche, fu il Sole che continuava a sorgere e a bruciare le tenebre, a dissipare l'oscurità. La sua lama fu posta al servizio non di Uno ma di Tutti.

     
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    «Nella mente del principiante vi sono molte possibilità, nella mente dell'esperto soltanto alcune. »

    Così dicevano alcuni. Perché un giorno Amaterasu o mi kami disse

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    «Un maestro è per sempre studente.»



    Ma la Dea Che Splende Tra I Cieli non si riferiva alla maturità della tecnica ma al possedere un atteggiamento di apertura, determinazione, passione e assenza di preconcetti; di quando si studiava una materia, anche quando si studiava ad un livello avanzato, proprio come avrebbe fatto un principiante.
    Significava non chiudersi mai.





    Il battere del ferro. Il Monte Fuji eruttava, oscurando il cielo, oscurando la luce del Sole. La spada che inseguito sarebbe stata conosciuta come Kusanagi era spezzata.
    Come il cuore di Amaterasu o mi kami. La vedeva lì: in frammenti, schegge di ferro ormai perdute; il filo smussato e spezzato, la lama distrutta, macchie di sangue rappreso sull'elsa ormai divenute così scure come il volto terribile dell'Araldo.
    Le nocche sbiancarono. L'odio fu terribile.

    «Per farla rinascere ho bisogno di quel frammento, Araldo dell'Inizio. Per quanto sia terribile tale è il prezzo. Ne vale la pena?»

    Takemikazuchinō, il Dio Drago della Spada era di fronte a lei. Quello che rimaneva di Ama No Murakumo giaceva spenta e nera di fronte a lei. Avvolta in un panno come un sudario. Bara per un corpo che non vi era più. Ricordo per chi era ancora in vita e doveva prendere tale decisione.

    «Va bene...fallo.»


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    «Così sia. Riforgerò Ama No Murakumo con il frammento dell'anima di Ninigi No Mikoto. Porterai un grave fardello con te Araldo. Ma se G.E.A ti ha posto a vegliare sulla Realtà ti avrà donato anche la volontà e la forza per reggerne il peso e i dolori



    E così Amaterasu divenne tutt'uno con Kusanagi.
    E da allora persino l'uomo volle raggiungere tale unione. Ma più di una volta l'Imperatrice disse

    NON ESISTE UNA SPADA





    Ti hanno buttata tra i lupi. Ne sei uscita capobrancoChernobog





    Il modo in cui Amaterasu agisce non è mai stato uguale ai suoi fratelli. Anche nell'odio, anche nella vendetta e nella battaglia l'Araldo rimane imprevedibile.
    Ama ed odia con la stessa intensità. Beve e fa l'amore con la stessa selvaggia irruenza.
    Eppure mai la sua mente è ferma.
    Perché?
    È il codice di G.E.A inscritto nell'essenza che fa di Amaterasu essere. Che lo fa Araldo. Perché è come reagisce ed interagisce con la Realtà.
    Danzare nella tempesta su di un oceano, tra la pioggia e il vento, dormendo tra le fronde degli alberi di una foresta accarezzandone lieve le foglie o ruggendo come eruzione di un Vulcano.
    Ma i perché non si capivano.
    Molti credevano alla superbia, all'orgoglio di un Essere, alla regalità ma non era questo. L'Imperatrice non era tale, né si sentiva superiore a niente e a nessuno. Né cercava la dottrina ultima di una tecnica o l'essenza primigenia del Taglio.
    Il non esiste una spada era un affermazione. Perché la spada non era nulla. Non esisteva davvero. Era la nostra mente e il pensiero che formavano di essa il significante e il significato. Null'altro.
    Viveva grazie a noi.
    Amaterasu non si fermava mai, né si curava di nulla perché G.E.A, nella sua magnificenza, sapeva che dovesse esserci qualcosa che si autodistruggeva annientandosi e ricostruendosi. Non solo corpo ma anima e mente.
    Perché il Rinnegato era molto più forte degli altri Dei del Chaos e nella sua cupidigia e malvagità era più terribile di ogni cosa.
    Amaterasu non aveva forma. Così come l'Inizio. Ogni storia, ogni giorno, ogni Alba, ogni Creazione non erano mai uguali all'altro. Né potevano essere ricreati se non nell'atto del presente in cui esistevano.
    Per chi portava Tutto alla Stagnazione, alla Distruzione senza forma e senza pensiero, vi era qualcosa che in questa Distruzione ricostruiva se stesso in forme che il pensiero non poteva conoscere. Nel Vuoto il Tutto dei significanti a cui il pensiero di cose che essi portavano con sé avrebbe creato i significanti, mattoni, con cui formare e dare senso ed esseread una realtà per Tutti e Uno allo stesso tempo.

    Gli Araldi vivono e difendono il Codice a loro preposto per far continuare l'Universo e l'Idea di G.E.A. La casa per i suoi figli. Seguendo regole e leggi affinchè tutto non si trasformi in una bara di fiamme.
    Combattono e vivono seguendo questo. Più umani, più eterei, più vicini agli uomini o distanti come gli Dei. Eppure sono nel Codice e del Codice ne sono signori e guardiani allo stesso tempo.
    Ma l'Araldo dell'Inizio non ha un Codice.
    Perché è quell'imprevedibilità che da al Codice una non regola con cui sovvertire le altre e formarsi in modi del tutto nuovi e inaspettati.
    Ogni regola e legge avrebbe posto il Tutto verso la non forma. Non più Creazione ma la stasi della perfezione a cui niente può giungere perché il Cerchio si è chiuso.
    Amaterasu e l'imprevedibilità di ogni storia. Di ogni anima. Di ogni idea. Di ogni pensiero. Nero e Bianco. Vuoto e Pieno. Tutto e Uno.
    Amaterasu è il Taglio della Legge per permettere alla Vita di essere libera e allo stesso tempo di proteggerla nel rispetto della Realtà.
    A farle continuare il suo esplorare. Il suo sbagliare. Essere Luce e Tenebra. A darle la libertà per poter essere.

    Mushin No Shin



    Così l'uomo cercò di capire Amaterasu. La mente no mente. Fu su questo concetto che cercò di arrivare al modo di essere dell'Imperatrice. Alla sua imprevedibilità. A quel modo di combattere di forme e al tempo stesso di non tecniche. Inventate sul momento. Copiate da altri. Usate e poi dimenticate.
    Combattere come tutto e nulla.
    Una mente libera.


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    Mente Piena di Vuoto



    Un concetto filosofico a cui l'uomo arrivò per spiegare la mente e l'imprevedibilità d'azione e di pensiero dell'Araldo dell'Inizio. Avere la mente, libera da pensieri di rabbia, paura o ego durante il combattimento o la vita di tutti i giorni. Esistendo un’assenza di pensiero e giudizio discorsivo, la persona diveniva totalmente libera di agire e reagire verso un avversario senza esitazione e senza disturbi da tali pensieri. A questo punto, non ci si affida a ciò che si pensa dovrebbe essere la prossima mossa, ma alla reazione naturale addestrato o ciò che viene percepito in modo intuitivo. Tuttavia, non è uno stato di rilassatezza o assopimento. Perchè la mente lavora ad altissima velocità, ma senza intenzione, piano o direzione. L'imprevedibilità del Codice di Amaterasu. Il LifeStream in cui danza l'Araldo del Taglio e della Creazione. E al tempo stesso si crede che Mushin sia lo stato in cui una persona comprende finalmente l’inutilità delle tecniche e diventa veramente libera di muoversi. In effetti, queste stesse persone non si considereranno più come combattenti ma semplicemente esseri viventi che si muovono attraverso lo spazio plasmandolo, vivendolo appieno e divenendo con esso e per esso.

    Uno spazio vuoto che si riempie grazie alla vibrazione della nostra anima.
    Come se fossimo in un cerchio. Ma non chiuso. Aperto.
    Così come sugli stendardi della Corte di Mezzanotte sventolava lo stesso cerchio con due linee nell'alto e nel basso, così gli uomini tentarono di spiegarne il significato con l'Enso.
    Esprimere un momento in cui la mente fosse libera di lasciare che l’insieme corpo-spirito fosse creativo.
    Una pennellata d’inchiostro che disegnava il cerchio veniva tracciata in un unico gesto, senza alcuna possibilità di cambiamento o correzione rappresentando il movimento dello spirito, in quel preciso momento.
    Poteva essere chiuso o aperto ma chissà perché fu sempre disegnato aperto. Come a simboleggiare che questo cerchio non fosse separato dal resto delle cose, ma facente parte di qualcosa di più grande.

    Mitakuye Oyasin



    Nessuno lontano. Nessuno da solo. Una spada per proteggerli. La Luce per confortarli e guidarli verso il moto delle loro anime.
    Un semplice cerchio. Così l'uomo cercò di comprendere Amaterasu. La sua spada. Perché non se ne separasse mai.

    Amaterasu O Mi Kami... l’unione tra l’inconscio e il consapevole, il vuoto al il pieno, l’esecuzione di un esercizio senza pensiero.

    E quando danzava tutto questo danzava con lei e lei con il Tutto pur essendo Uno.
    La sua imprevedibilità era il moto più puro della sua anima. Il suo modo di difendere la Realtà. E fu osservandola danzare che Zen Takuan Sōhō disse: «La mente deve essere sempre nello stato di ‘fluire’, perché quando si ferma ovunque ciò significa che il flusso viene interrotto ed è questa interruzione che è dannosa per il benessere della mente. Nel caso dello spadaccino, significa morte. Quando lo spadaccino sta contro il suo avversario, non deve pensare all’avversario, né a se stesso, né ai movimenti della spada del suo nemico. Sta semplicemente lì con la sua spada che, dimentica di ogni tecnica, è pronta solo a seguire i dettami del subconscio. L’uomo si è cancellato come il possessore della spada. Quando colpisce, non è l’uomo, ma la spada nella mano del subconscio dell’uomo che colpisce.»


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    Ricordatevi...non esiste una spada...




    E così l'uomo dette il suo significato al Taglio Della Creazione
    Perché quando Kusanagi fu di nuovo integra, quando ronzò nelle mani di Amaterasu e il Taglio dell'Inizio fu di nuovo libero di mostrarsi nel mondo che il Rinnegato capì che sarebbe stata il suo nemico più maledetto. La sua Nemesi. Che nella sua follia di distruzione doveva prima annientare e cancellare Amaterasu O Mi Kami dal Tutto. Eppure non sarebbe mai riuscito a cancellare quello che aveva insegnato all'uomo.
    Il suo errore è stato questo. Perché in ogni cosa dell'uomo Amaterasu la protesse e la fece nascere. Non guidò gli uomini ma diede loro la possibilità di crearsi e camminare sulle loro gambe. Seguendo il corso di questo Fiume detto Vita.



    E Amaterasu combatté contro Malal nella non forma che porta al Vuoto.
    Lo cercò a lungo. Cercò la sua emanazione e la trovò. Ma la mente dell'Araldo mai vacillò si disse in quel momento. Come non vacillarono Bianco e Nero quando si trovarono il Rinnegato di fronte a loro.
    Nero voleva danzare ancora con gli elementi, mentre Bianco voleva difendere le anime che riempivano il Materium e dargli un posto dove potersi sentire a casa.
    Cristallino e Ago furono le loro armi.
    E quel giorno Amaterasu danzò.

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    la comprensione di tutto e la via dell’Illuminazione e il tutto è il Vuoto.



    E fu Tutto e Vuoto. Fu il Nulla che si distrugge. Fu il taglio che si autocreava nel mutamento. Fluiva nella disperazione e nell'odio del Rinnegato. Fluì trovandosi di contro la Distruzione dell'Annientamento Ultimo. Quello dove vita e non vita generavano il Niente dei Significati e dei Significanti.
    Il Silenzio Tombale.
    Ma Amaterasu danzando trovava nella sua mente non mente, nel suo agire senza pensieri, senza volontà, senza odio né amore il Taglio Ultimo.
    Quello che generava la vita, che dava ordine. Che difendeva la Realtà e dava a tutti loro la possibilità di avere il libero arbitrio.
    E lo faceva battendosi al di là del codice. Lo fece portando il ronzio di Kusanagi nel Silenzio del Nulla Angosciante ed Alienante.
    Si muoveva anche quando era immobile. La spada oscillava anche quando era ferma nella parata.
    Amaterasu era Vuoto. Com'era l'Inizio.
    Vuoto di ogni cosa eppure pieno.
    La tecnica di Amaterasu non esisteva perché la creava nel momento. Durante una stoccata. Durante il movimento per intercettare gli artigli del Rinnegato. In una finta. In un affondo. Nel sangue che versava trovava altre forme per adattarsi continuamente, continuamente mutarsi e adattarsi persino alla Distruzione Alienanate che portava con sé il Rinnegato.


    Quando la mente si svuoterà da ogni tecnica, potrà percepire il movimento pur restando ferma: perché la mano sarà guidata dall’istinto, non più dalla mente razionale.



    Amaterasu era divenuto la Realtà. Perché senza Inizio non vi poteva essere niente. E sentiva ogni cosa e danzando con il Tutto ritornava al grado zero.
    Cambiando. Adattandosi. Mutando. Annullandosi. Cancellando ogni pensiero. Anche se stesso fino a nascere di nuovo.
    Dal Nulla la Vita.
    Ecco cosa fece G.E.A quando pose la sua mente e la sua essenza creando Amaterasu: le diede la possibilità di essere un grembo, una madre per dare la possibilità alla Vita di nascere in ogni dove e in ogni luogo. Anche dopo la distruzione senza senso.
    E la spada era per difendere. Per far si che la vita scorresse libera e tagliare ogni cosa.
    Con la mente non mente.
    E lo avrebbe fatto sempre.
    Anche tra milioni di ere. In una storia di rinascita il Mushin lo avrebbe accompagnato anche se non sapeva ancora dargli un nome. Perché immaturo.
    Ma quel giorno, contro Airone, disse...

    UN UOMO CHE COLPISCE SENZA PENSARE ALLA SUA AZIONE PUÒ TAGLIARE DIO



    E lui avrebbe tagliato quella tecnica, questo mondo, se stesso finanche, Airone, ogni cosa fino a raggiungere Tutto.
    Il suo taglio sarebbe diventato tutto e avrebbe colpito.
    Mente, mano, corpo, anima sarebbero divenuti filo, lama, acciaio e manico e il suo essere sarebbe divenuto l'azione del taglio che avrebbe impresso se stesso nella Realtà e contro quella tecnica.
    Tagliare.
    Persino il destino.
    Persino Dio.
    Malal.
    I Daimon.
    I Titani.
    Gli Specter.
    Gli Uomini finanche se avessero attentato alla Realtà portandola alla distruzione.
    La Corruzione.
    Tutto e Nulla.


    REACH HEAVEN BY CUT


     
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    Scrivo queste parole più per me che per il mondo.
    Il mondo...la Realtà...mi fregio del titolo di Imperatrice, ogni cosa sotto il Cielo di Mia Madre appartiene a me. Non ai Daimon. Nemmeno ai Titani.
    Tutto questo su cui si posa il mio sguardo è mio. É parte di me. Nascendo, prima di tutto e di tutti, io ho sostenuto G.E.A in questa impresa. Ho infuso in essa la mia forza e la mia volontà, sostenendo di fatto la Creazione Iniziale.

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    E quando caleranno le tenebre sul mondo, che la mia guardia avrà inizio.
    Non si concluderà fino alla mia morte. Io vivrò al mio posto, e al mio posto morirò.
    Io sono la spada nelle tenebre.
    Io sono la sentinella che veglia sulla realtà.
    Io sono il fuoco che arde contro il Chaos, la luce che porta l'alba, il corno che risveglia i dormienti, lo scudo che veglia su Gea.
    Io le consacro la mia vita e il mio onore.



    Quando fui taglio, quando il mio ruolo e scopo, concepito dalla mente e volontà di mia Madre, fu manifesto e manifestato nella Creazione Iniziale le mie parole furono queste. Quando mossi la mia essenza e con essa ogni cosa fu libera di essere, di creare, di distruggere e di formarsi, mutevole e caotica, questo fu il mio pensiero. Da un ammasso scuro e silente fu esplosione, gioia, luce, male, tenebra, odio, amore, volontà, bramosia. Tesi e Antitesi.
    Ma quello è stata la prima volta che misi in atto la mia volontà in questo Mondo. Non scesi in esso appropriandomene, volendolo per me e solo per me, non fui Dio dispensatore di doni, né qualcosa di oscuro e malvagio che incuteva terrore e disperazione.
    Non fui P.A.N. Non fui Chernobog, né Nerthus, né tantomeno Oberon. Non mi mischiai mai con l'uomo, con la Vita.
    Osservai fin dall'inizio.
    Imperatrice...non lo sono mai stata. Un Imperatrice...parola che non sentì mai totalmente mia, sebbene il mio orgoglio lo fosse e mi beavo di questo titolo. Tra tutti i figli di G.E.A solo io ero così in alto da non dover mai alzare lo sguardo ma solo abbassarlo. Erano gli altri a doverlo alzare.
    A pensarci ora non ho mai avuto un altro modo di approcciare alle cose. Non sono mai stata totalmente dolce o totalmente malvagia. Sono stata come fuoco, ma anche come acqua. Ma il fuoco può divorare ogni cosa, non solo riscaldare e scacciare il freddo, così come l'acqua può far affogare e distruggere tutto quello che incontra.
    Io sono gli Elementi fondanti la Realtà e come loro, in me, albergano Creazione e Distruzione.
    Posso essere selvaggio come P.A.N, o maledetto e sanguinario come Chernobog. Una madre e un maestro come Nerthus, ma anche camminare tra la luce e la tenebra essendone bilancia e principio equilibratore come Oberon.
    Ho sempre camminato non essendo schiavo né della luce, né delle tenebre. Ma nemmeno di me stesso o del mio orgoglio. Creazione...un artista non è geloso delle sue opere ma è solo un gradino che occorre ed è necessario per avanzare verso non l'orizzonte della perfezione tecnica ma verso l'orizzonte dello scoprire se stessi e il mondo. Indagare se stessi e il mondo contemporaneamente. Un processo mentale e filosofico di conoscenza.
    Il mio modo di essere. Non essere schiavo di nulla, nemmeno dell'opera di Mia Madre ma continuare a osservare con quella sensibilità delle cose.
    Mono no aware. Il mutamento di ogni cosa. Io osservo, ne sono estasiato, partecipo a tale danza che mi fa felice.
    Danzo su ogni ritmo, oscuro o lucente, basso o alto ed ogni volta mi crea e mi forma in nuovi pensieri e concetti.
    Sapevo che sarebbe stato solo un momento, perché la vita è una folgore. Sprazzo di luce così intensa che abbaglia e poi scompare. Di lei rimane il ricordo e che mai più i miei occhi avrebbero visto la stessa luce con la stessa intensità.
    Con Andrea del Leone fu uguale. Mai la sua vita sarebbe stata più magnifica e splendente di quel momento e mai avrebbe toccato il Nero come quel giorno. Mai più sarebbe stato uguale. Mai quell'attimo a ripetersi.
    Mai l'avrei rivista così bella.
    Eppure tutto questo tengo dentro di me.
    Lo proteggo. È come se fossi un database di tutto quello che è stato. Di com'era. Perché mi conforta il passato sebbene sia sempre proiettato al futuro, ma senza il passato non avrei questa forza, questo lancio propositivo verso il domani e l'orizzonte. Ed osservo. Sono il Sole e continuo a farlo per tutti. Sorgo come speranza e come monito. Per gli amici e per i nemici.
    Non mi lego a nulla perché non c'è nulla per cui devo farlo. Io sono il tutto e il nulla allo stesso tempo. Sono la spada e il fodero.
    Ecco perché mia madre mi ha creato così: libera e selvaggia da non essere legata a nulla affinché tutto fosse sempre presente nella mia mente. Creare senza orgoglio, senza possesso ma con quel fuoco, quel quid, che mi permette di voler scoprire, di voler danzare ancora, di voler bere e fare l'amore, ma di non fermarmi mai e di lasciarmi tutto nel passato.
    Per questo non mi lego a niente e a nessuno. I rischi sono e saranno sempre troppi. Ma osservo e difendo. Sono sul muro e continuo a starci.
    La mia spada è con me, così come la promessa che feci. Così come il giorno in cui aprì gli occhi e decisi di vegliare su G.E.A e su tutto questo.
    Danzare e combattere.
    Imperatrice e guerriera.
    Artista e contadino.
    Studente e maestro.
    La contraddizione di un esistenza. Voglio confrontarmi contro tutti eppure non sono schiavo della superiorità né della tecnica, né della spada o del taglio. Per questo non riescono a vincermi. Per questo mio orgoglio, che al tempo stesso non lo è. Perché proteggere tutto ma non averne possesso, osservandolo, partecipando alla sua danza e al tempo stesso lasciarlo scivolare via dalle mie mani che mi rende invincibile.


    Amaterasu Non Perde Mai




    Non ci sono competizioni. Un vero guerriero rimane invincibile perché non compete contro nulla. Vincere significa sconfiggere la mente conflittuale che si annida dentro di noi. Rimanendo studente e perdente. Ridendo contro Johanna e la sua scherma occidentale. Confrontandomi contro Mephistofele prendendo in giro lui e il suoi signori. Lasciando andare il Minotauro o prendendo il té con Minosse. Guardando negli occhi Oceano e portando con me Eunoé.
    Competere significa essere schiavo. Del peggior carceriere: noi stessi.
    Competere non con l'obbiettivo di vincere ma farlo per trovare un nuovo orizzonte, ridendo di una sconfitta, di un taglio, di una spada che volteggia rimanendo fedeli a se stessi.
    Stupirsi di una farfalla ma arrabbiarsi ancora per un tradimento.

    ZANSHIN
    QUI ED ORA



    I miei occhi fendono il Velo e il Chaos. Sono il Mostro nelle loro menti. Perché non sanno come poter sconfiggere me, l'Inizio. Perché sempre trovo il modo di riformarmi dalla mia caverna. Di rinascere. Di essere. Di riscrivermi.
    Di non essere attaccato a nulla. Nessun possesso. Eppure sono Imperatrice. Ma non di questa realtà.
    Sono Imperatrice di me stessa. Di come sono. Di quello che voglio.
    Di voler fare un alleanza da pazzi e cercare di creare un Muro fatto da cavalieri e caste diversi. Da voler avere un nuovo mondo e una nuova alba. Di crearmi il presente per costruire il futuro con ogni mattone che poserò giorno per giorno.
    Continuanado a mutare a non rimanere ancorato a quello che ero ere fa. A non pensare alle sconfitte o alle vittorie, non piacendo a nessuno o amato da tutti non è importante. Continuare ad avanzare. Il pugno chiuso e la rabbia in esso.


    NUTRISCO ET EXTINGUO



    Questo sono alla fine. Una fiamma che brucia. Acqua che scorre. Il pugno di un uomo distrutto che violentemente afferma se stesso contro il destino, un uomo che scrive e basta, il vento che si fa tempesta o carezza non a caso ma per volontà. Sono il fulmine che squarcia i cieli, sono la luce nelle tenebre e quelle stesse tenebre. Il ghiaccio che si scioglie e la terra che rimane salda. Sono magma. Lo spirito. Il cosmo. Acciaio.
    Vinco con la spada nel fodero. Vinco snudando Kusanagi e il suo filo roboante.
    Cerco un alleanza folle, cerco di essere me stesso guardando al di là di oggi e del domani. Mai schiavo di ieri.
    Combatto come tutto questo. Scegliendo di esserci sul muro. Forse stupidamente perché potrei essere molto altro. Potrei essere più grande di ogni cosa su questo mondo e rivaleggiare con Phanes e G.E.A ma poco m'importa.
    Non voglio vincere. Osservo e danzo. Voglio essere me stesso.
    Voglio continuare a danzare con Andrea, a scontrarmi col pugno di P.A.N, a vegliare sui miei fratelli da lontano, ad esserci quando le mani degli uomini chiederanno aiuto.
    A combattere i Giudici ed Hades ridendo di loro, portando di fronte al Muro della Disperazione la Luce che mai lambì quelle lande.
    Avanzare senza mai essere schiavo della propria azione. Ma metterla in atto.
    Farla come respirare.
    Ma per fare questo devo stare in alto. Guardare tutto. E allo stesso tempo starne lontano in modo tale da non rimanerne avvolto nelle sue spire ma potendo vederne il Tutto. Non una parte.
    Ecco perché ho bevuto del té con Minosse. Ecco perché non ho distrutto i Black Saint, ecco perché lascio parlare gli Atlantidei e il loro orgoglio.
    Tutti sono ugualmente importanti.
    Perché parte di quel tutto che proteggo e veglio.
    Ma lontano sempre da loro. Perché solo così posso essere la sentinella sul Muro della Realtà.
    È il mio modo per non dare a Malal nessuno spazio di manovra. Non sono io ad andare verso di lui ma lui. Lui deve alzarsi così tanto da dover stare a portata della mia spada.


    Ho perso tutto. Ho tutto.
    Imperatrice e vassallo. Osservo e combatto. Nel silenzio. Nessuna gloria perché è solo un sudario dorato. La mia spada è per tutti. E per te solamente. Amo ed odio. Contraddico me stesso e bevo rumorosamente. Ruggisco contro gli dei del Chaos e non ne ho paura.
    Paura di nessuno. Paura di me stesso sempre. Litigo con G.E.A e con questa responsabilità eppure la onoro giorno per giorno perché sono Io. Perché il mio potere è questo e la responsabilità che ne nasce è sulle mie spalle.
    Sono un gatto che dorme incurante di tutto. Sono il Byakko che dilania la tenebra e i Mostri.
    Non voglio onori. Mi basta che il mio nemico sia a terra.
    E non essendo più schiavo delle cose le tengo lontane e vicine. Posso osservare ed avere uno sguardo neutro. Leggere il mio avversario e la sua tecnica, rimanendo Amaterasu. Adattandomi divenendo un altro Amaterasu.
    Scrivendo un altra storia, di un'altra Amaterasu o mi kami. Nascendo da ogni pagina scritta. Ogni parola è la mia. Ogni parola fa di me quello che sono. Ogni azione i mattoni con cui sono stato costruito.
    E distrutto.
    Ma da essi rinasco. Continuamente. Migliore e peggiore. Potete ancora sentire il suono di Kusanagi. La mia risata che, scrosciante, continua a rumoreggiare negli anfratti più reconditi. Potete ancora alzare il vostro sguardo e vedere un nuovo giorno e con esso un cambiamento. Perché è questo, infine, quello che sono


    SPERANZA
    MUTAMENTO



    Lontano da tutti combatto per la speranza di ognuno. Di potere e d'orgoglio. Di sudditanza o di fratellanza. Di un alleanza o di combatterci tutti insieme.
    Avanzare ancora. Rimanendo fedele a me stesso. Con le mie ferite e i dolori nascosti. Con questo sorriso sardonico e maledetto che squarci il mio volto prendendo in giro i nemici di mia Madre. Intoccabile. Irraggiungibile.
    Inarrivabile Sotto i Cieli.
    Non è un atteggiamento è la mia essenza. É la parte più vera di me. Non il mio modo ma la natura con cui interagisco con la Creazione Iniziale facendola essere creta nelle mie mani.
    Spada e contadino.
    Madre e guerriero.
    Ma in fondo sono solamente

    AMATERASU



    Tra danza di petali e il volteggiar di spade continuo a proteggervi, a darvi la speranza e la possibilità.
    Perché siete meravigliosi.

     
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    灼熱の心…ココロ そんな不器用さに似て - Shakunetsu no kokoro…kokoro Sonna bukiyousa ni nite
    My burning heart...that heart is the same in its clumsiness





    «Sei ancora qui? Non pensavo ti piacessero così tanto.»

    «Ah sei tu...mi ero assopita.»

    «Assopita? Strano anche questo. Vero che ti addormenti ovunque, anche nei momenti meno opportuni, ma è da un po' che vieni qui e ti addormenti. Ti piace questo posto?»

    «È tranquillo.»

    «Non sei mai stata il tipo da essere tranquilla. Ti stufi velocemente, non dimentichi nulla, ti annoi se le tue mani non sono in fermento insieme alla tua mente. Né cerchi i posti tranquilli...quindi?»

    «È tranquillo, te l'ho detto. Non c'è null'altro. O devi iniziare un interrogatorio? Stavo dormendo...»

    «Sei un fuoco. Ti scaldi così presto. Ho colpito un tasto dolente?»

    Occhi sorridenti. Si sedette vicino all'Imperatrice. Nerthus la guardava sotto quella sua nuova creazione.

    «Stai bene?»

    «Sto bene.»

    Occhi chiusi. Distesa, mentre nel cielo una pennellata rosata sotto forma di un petalo.

    «Io ci sono per ogni cosa. Se vorrai parlare, sfogarti, io ascolterò.»

    «Voglio solo dormire. Non è perché lo faccio qui significa che sto male. Sto bene. Non sparirò di nuovo se di questo hai paura. Ma mi piace anche stare sola. E questo è un posto tranquillo che posso pensare senza preoccuparmi di nulla.»

    «Si hai ragione...è un posto tranquillo...ma resterò un po' qui con te. Posso? Ho sonno anche io...»

    «È di tutti la Realtà.»

    Il respiro intenso ma una mano strinse l'altra in un abbraccio.

    «Mi andava di farlo ora dormiamo.»

    Cullate dal vento dove quel petalo danzava tra il vento e i ricordi. Accarezzando un dolore, cercando di alleviarlo.

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    SAKURA



    E un incendio di pensieri e azioni divampò, bruciando il passato, facendo emergere il presente e un altra Amaterasu.





    Aveva la sua spada appoggiata alla spalla, le spalle appoggiate all'albero, il suo spirito appoggiato ai petali.
    Dormiva.
    Cullato dal vento e dai petali, da queste pennellate rosate che coloravano il cielo cobalto a chiazze, mentre il Sole filtrava, lieve e delicato, tra le fronde accendendo di tonalità più chiare o scure i fiori.
    La sua ombra si proiettava intorno, mentre ombre passeggere danzavano sul suo volto. Tutto era quiete al Tempio Sud. Era un momento. L'Araldo dal continuo evolversi per un singolo attimo si era fermato.
    Il Tempio Sud tutto si era fermato. Mentre i ciliegi esplodevano nella loro bellezza, mentre il vento melodico e lieve, cantava tra le loro fronde, tutto sembrava essersi fermato. Solo il Sakura esisteva.
    Nemmeno Amaterasu. Nemmeno il Crogiolo.
    La calma. Questa sconosciuta. La contemplazione. Questo moto dell'anima così estraneo ad un essere come Amaterasu...ma era poi vero che non gli apparteneva?
    Kusanagi era silente. Il respiro di spada e Araldo all'unisono. Il suo battito ritmo per i petali che venivano mossi dal vento dei pensieri del figlio di G.E.A.


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    «Stai dormendo o fai finta?»



    La voce di una persona che mai del tutto si era allontanata da questa storia. La voce della Salamandra di G.E.A. Quel Draka che ancora, persino da morto, continuava a vegliare, ad essere un fuoco a protezione dei figli di G.E.A.
    Amaterasu si svegliò. Sembrò come un gatto grasso. I suoi occhi avevano sempre quel quid che gli rendeva arcobaleno. Mutevoli.
    Eppure sembrò che il Sole e la sua luce avevano delle nuvole. Non colori spenti. Ma più grigi.
    Il Byakko di G.E.A non era famelico ora. Era contemplativo. Quel grigio erano i pensieri. Maturità. Responsabilità. La consapevolezza del proprio ruolo e di che cosa comportasse tale potere. Peso che portava con dignità.

    «Mi hai svegliato. Il tuo tempismo è pessimo. Se vedi che dormo non disturbarmi. Odio essere svegliato mentre dormo. Amo dormire. Mi rilassa e tu mi hai disturbato....perchè? Ti annoi da morto

    Draka si sedette accanto.

    «I tuoi occhi sono tristi. Somigliano ai miei...»

    «Non sempre si può essere felici. Non sempre tutto è bellezza.»

    «Se tutto fosse sempre bellezza significherebbe che siamo perfetti. In movimento...anche se avrei voluto provare meno sofferenza nella vita. Incontrare meno stronzi, essere nato in un epoca diversa, non essere divenuto un Eletto anche. Morire così...ma va bene. Nessun rimpianto la mia storia è servita a qualcosa in fondo.»

    «Lo avrei voluto anche io. Non mi fermo molto al passato ma oggi si...oggi è l'Hanami

    O un funerale? Lo disse greve. Quella parola uscì pesante, come se dirla alleggerisse un peso segreto nel cuore. Kusanagi restava silente. Grigia anch'essa come gli occhi dell'Araldo della Creazione e della Distruzione.

    «È importante quindi? Sembra che l'intero Crogiolo sia qualcos'altro. Stando qui si ha l'impressione che ogni cosa inizia, si distrugge, muta ad una velocità incredibile. Ma oggi il tempo sembra rallentato. Il Crogiolo non parla. Né le sue colonne d'acqua e magma, né gli elementi che si scontrano tra di loro. Tutto sembra fermo.»

    Alzò gli occhi al cielo.

    «Maledettamente perspicace. Ma solo chi ha è passato nel dolore, nell'abbandono, nella vera tristezza può capire il dolore negli altri. E tu lo hai sempre capito un po' per la tua storia, un po' per la tua sensibilità caratteriale.»

    «Questo...hanami...ha a che fare con quegli occhi?»

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    «I ciliegi in fiore...li amava un persona a me cara. A me non sono mai piaciuti.
    Fioriscono in fretta ma velocemente appassiscono e bisogna affrettarsi a vederli in fioritura. Tutto in loro è veloce. Lieve. Un solo singolo attimo che non torna



    Come la felicità. L'amore. Una persona perduta per sempre.
    Accarezzava, lieve e delicata - amorevole, kusanagi.

    «Hanami...ammirare la bellezza dei ciliegi in fiore. Lo faceva questa persona tutte le volte. Non si perdeva mai la fioritura. Ogni volta gli dava qualcosa di nuovo. Una sensazione diversa perché dipendeva sempre da in che modo e con quale spirito stessimo osservandoli. Potevamo uscire dall'odio e dal rancore, oppure essere felici e soddisfatti di come stava procedendo la nostra vita. Ogni volta diceva era diverso perché erano diversi il suo cuore e i suoi occhi.
    Pfu...noioso stare ore ed ore ad ammirare qualcosa di così inutile. Se creo qualcosa ho già la mente sul prossimo momento. Non sto lì a rimuginare sul passato, su un opera creata. Ma solo su quella da creare


    qCQpbSI
    un attimo, in perenne bilico tra il nulla e l’eternità



    Si lisciò la barba. Draka si sistemò meglio con la schiena. Alzò un ginocchio appoggiandosi col gomito sinistro.

    «È difficile stare fermi a pensare ad un momento. Ci costringe a doverci ascoltare. Non è che sempre sia bello fare.
    Ci sono attimi che valgono una vita. O una vita a rincorrerli.»


    «Si...»

    «Che schifo però. Ma non hai detto tutto. Non è che sei quei perché pensi a quello che è stato?»

    L'araldo lo guardò di sottecchi.

    «Maledettamente perspicace come sempre. Odioso questo tuo modo di essere.»

    Si alzò. Pigramente. Stiracchiandosi mentre i lunghi capelli, come una coda di drago, caddero sulla schiena.

    «Stare qui mi ricorda questa persona. Quegli attimi passati. Un singolo momento. Come un momento è la loro fioritura. I petali di ciliegio sono bellissimi ma così fragili. Questa bellezza è così malinconica. Da quel momento mi sono soffermato più sul momento...cercando di dargli il posto che merita nel mio cuore. Così forse non lo avrei perduto del tutto. I ricordi hanno questo di brutto. Svaniscono in fretta e ti lasciano un vago senso di qualcosa d'indefinito.»

    Un sospiro. Pesante.

    «Amavi questa persona?»

    «Si...e l'ho persa. Da quel momento questi ciliegi sono diventati un monito.»

    «Molto di quello che hai sofferto, di quello che hai fatto ha influito su molti. Te ne rendi conto?»

    «Perché mi vedevano contemplare il dolore? Perché è questo che faccio ogni volta. Contemplo. Ricordo. E continuo ad arrabbiarmi, continuo a stringere i pugni. Dopo ere ho ancora un sapore amaro in bocca. Ancora provo rancore. Però guardando questi ciliegi in fiore provo malinconia. Rabbia, certo, ma anche un vago ricordo di felicità.
    L'attimo è divenuto per me importante. É divenuto un qualcosa di così importante e terribile da rendermi ancora più affilata. Da rendermi ancora più spada di quanto credevo. Contemplando e vivendo il ricordo del mio dolore ha affilato il mio animo temprandolo, facendomi diventare più sensibile alle cose. Più attento a quello che mi circondava perché in ogni vi era quell'attimo che avevo perduto.»


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    Ma chiunque abbia avuto un dolore così grande da piangere fino a non avere più lacrime, sa bene che ad un certo punto si arriva a una specie di tranquilla malinconia, una sorta di calma, quasi la certezza che non succederà più nulla.



    «I ciliegi mi ricordano anche quando non vorrei. Per me odiosi perché lontani dal mio modo di essere divennero un tratto caratteristico di Amaterasu O Mi Kami.
    E capì una grande lezione. La più importante. Fu questa a rendermi ancora più lontano e vicino da tutti voi.
    Scoprì che i momenti importanti nella vita non sono quelli annunciati, non le grandi vittorie, avversari battuti, i matrimoni, non i grandi obiettivi raggiunti. Le vere pietre miliari sono meno pretenziose. Arrivano alla porta della memoria senza essere annunciate, cani randagi che entrano, annusano un po’ in giro e semplicemente non se ne vanno più. La nostra vita è misurata da questi momenti.»




    Il sakura per Amaterasu era un ricordo maledetto. L'amore perduto. Glielo strapparono dalle mani.
    La caducità dell'attimo che da sempre fu in bilico tra eternità e nulla.
    Cadeva nella dimenticanza oppure rimaneva a segnarci per sempre. L'hanami era questo in fondo. Amaterasu o mi kami stava insegnando all'uomo a godere anche della caducità.
    Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi.
    Solo essi ci formavano davvero.
    L'attimo in cui a Draka gli dissero che aveva due tumori maledetti. L'attimo in cui vomitò per la prima volta per colpa della chemioterapia e della radioterapia.
    Lo scoprirono più forte. Si scoprì più forte e sensibile di quello che pensava davvero. Fecero emergere la vera essenza dell'anima di Harlan, senza nascondersi, senza ombre. L'attimo in cui il suo corpo cambio ma senza perdere quei muscoli che rimanevano sotto la pelle tirata, sotto le vene visibili. Così come la barba che continuava a crescere nonostante il veleno che aveva in corpo.
    Così Amaterasu contemplando il ciliegio si ricordava dell'attimo e di quando fosse importante viverlo.

    «Il mio dolore che mi accompagna, l'attimo che ho raccolto nel mio cuore, quelli che ho perso, sono stati necessari per farmi arrivare qui ed ora. Ricordarmi della caducità. Che tutto ha un Inizio e una Fine. Anche il mio dolore. Un giorno non lo proverò più. Ma in mezzo a questo c'è la felicità.
    Perché quest'attimo c'è stato. Ogni fiore è un attimo. Ogni petalo che cade la fine. Pensavo diversamente tanto tempo fa...»


    Draka in quel momento capì quanto Amaterasu avesse significato per l'Oriente. Da troppo tempo camminava in quella parte di mondo. Con i suoi silenzi, con il suo modo di essere, con i dolori che nascondeva aveva influenzato un modo di pensare. E con esso buona parte del mondo. Il concetto di taglio. Dell'essere spada.
    Il Capricorno d'oro e la sua Excalibur erano solo la superficie. Era l'espressione più pura e ideale dell'ossessione dello spadaccino.
    E insieme a questo alla filosofia che accompagnava ogni guerriero. Amaterasu invece non era solo questo. Ma l'uomo doveva darle un senso e una spiegazione. L'uomo era questo: fondava tutta la sua esistenza sui perché. E non avrebbe saputo nulla, non avrebbe capito tutto ma era sulla percentuale che si basava la forza dell'uomo e il suo spirito che lo portava ad essere sempre più in alto.
    A puntare al Sole.
    Si basava anche sullo 0,01%. Ma su questo 0,01% che si giocava tutta la vita dell'uomo e di quelli intorno a lui. Perché sommando ogni percentuale che l'uomo imparava. Non solo da se stesso ma anche dagli altri.
    Soprattutto dagli altri.

    «E quando ti guardavano pensavano che tu fossi quel fiore vero? Quindi se Amaterasu ama i ciliegi significa che si rispecchia in essi. Un singolo attimo...la spada che taglia...la mente lontana...l'attimo farsi eterno.
    Ma è anche la purezza. Degli ideali.»


    «Hana wa sakura gi. Hito wa bushi.
    Tra i fiori il ciliegio. Tra gli uomini il guerriero.
    Si... ma hanno sbagliato. Per me è un monito. Il mio Memento Mori. È il mio dolore che torna. Il mio non dimenticare. Il mio voler essere più forte ancora affinché ogni vita possa godere dell'attimo di felicità dovuta.»



    Il respiro tra i fiori di ciliegio.


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    «Io morirò. Perché anche io faccio parte del Ciclo della Creazione e Dell'Idea di Mia Madre. É questo rappresenta il Sakura. Il ciliegio in fiore. Non è né purezza come dicono i samurai, né onore e una vita vissuta morendo per esso.
    È un singolo attimo. Ma che da significato al vivere. Anche se è stato breve, come questa fioritura, c'è stato


    Il sakura era ricordo.
    Il ricordo di ciò che era stata la vita di Amaterasu e dei suoi attimi.
    Che viveva nel suo taglio. In Kusanagi. Nella sua volontà di non permettere a nessuno di sacrificarsi se lui avesse potuto evitarlo. Di continuare ad avanzare per risparmiare un po' di dolore al mondo e all'uomo. di farsene carico perché lo conosceva e ci conviveva. a capire la sensibilità delle cose, la sensibilità dell'animo.
    Tutto questo viveva sul filo della spada.
    temprata dall'odio, dal sangue dell'amore, dal suo, dalla rabbia, dal rancore, dalla volontà.
    Un petalo si posò su Kusanagi ed essa ronzò. melodia.
    In un petalo.
    In una singola lacrima sul volto di Amaterasu.
    Quel petalo volò tra le sue mani. Lo strinsero. Come stringeva i ricordi belli e brutti.
    E poi il suo cosmo divampò ancora insieme al ronzio di Kusanagi.
    Entrambi avevano perduto qualcosa.
    Ecco perché non perdevano mai. Perché conoscevano il significato della perdita. della caducità dell'attimo. dell'infamia di un bastardo. Del dolore provocato dall'invidia e da un animo vigliacco.
    Per questo, continuando a soffrire e a perdere, Amaterasu era divenuto Inarrivabile fino a che non avrebbe mai più mancato di cogliere anche un singolo petalo.

     
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    G.E.A creò Amaterasu.
    Per supportarla durante la Creazione. Amaterasu è l'Inizio da cui gli altri Araldi hanno potuto attingere per nascere ed essere nell'opera di G.E.A. Pilastri del Sistema Realtà. Erano lo scheletro, l'architettura da cui tutto si formò e nacque.


    ONESTÀ LEALTÀ GIUSTIZIA COMPASSIONE DOVERE CORAGGIO SINCERITÀ EROISMO ONORE



    Significanti. Concetti. Che presero forma quando Amaterasu fu formata. Con questi l'uomo e le creature del Codice dovettero dare il proprio significato. Dipingendoli sia di bene sia di male eo con entrambi. Dove i due colori si mischiavano creando sottili linee di grigio in cui il male e il bene si fondessero creando nuove strade e nuovi percorsi. Dove dal male poteva nascere il bene e viceversa.
    Amaterasu fu il Sole che accecò gli uomini. E nell'ultima , fugace visione, l'uomo tentò di ricercarla, di poterla rivedere. Che quelle sensazioni che provarono furono trascritte e decodificate dalle loro anime e poste nell'agire.


    ONESTÀ LEALTÀ GIUSTIZIA COMPASSIONE DOVERE CORAGGIO SINCERITÀ EROISMO ONORE
    LA VERITÀ È UN ALTRA



    Da quando la Realtà fu che ad Amaterasu furono dati questi valori. Creata per sostenere G.E.A e dare la sua forza affinché nascesse la Realtà e il disegno di G.E.A fosse metto in atto. Ma non fu vero. Non tutto. Amaterasu non ne parla perché non gli interessa questo.
    Oberon si dice fu il primo e Amaterasu fu il secondo dei figli di G.E.A così forte, come big bang, come migliaia di Soli che esplodessero contemporaneamente che attingendo a tale forza G.E.A riuscì a plasmare e a farne essenza il suo pensiero.
    Falso anche questo.
    Amaterasu fu il primo non creato per supportare ma per difendere G.E.A nell'atto della Creazione del Sistema.
    Quando Bianco e Nero, con Puntura e Piatto nelle loro mani, si unirono e dettero battaglia al Rinnegato in quel preciso istante l'essenza di Amaterasu fu immessa nel Codice.
    Non per supportare G.E.A.
    Ma per proteggerla durante l'atto della Creazione. Da un qualcosa di terribile.

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    IL CAOS STRISCIANTE
    L'ombra che si contorce in mani che non sono mani e vortica ciecamente oltre le mezzanotti popolate di fantasmi d'un creato putrescente, oltre i cadaveri di mondi morti solcati da piaghe, oltre i venti sepolcrali che spazzano le stelle evanescenti e ne attenuano il chiarore. E su tutto, in questo ripugnante cimitero dell'universo, si ode un sordo e pazzesco rullio di tamburi, un sottile e monotono lamento di flauti blasfemi che giungono da stanze inconcepibili, senza luce, di là dal Tempo; la detestabile cacofonia al cui ritmo danzano lenti, goffi e assurdi i giganteschi, tenebrosi Dei del Caos. E tra loro il più abbietto, rinnegato da loro e da tutto, dal Vuoto e dalla tenebra, aberrante abominio la cui anima risponde al nome di

    Malal




    Questo è veramente Amaterasu.
    E fu coniata una parola per spiegare l'Araldo che mosse guerra perenne al Caos Strisciante, al Rinnegato.

    Saburau Servire



    Amaterasu è al servizio di G.E.A e della vita che dal suo pensiero trovò un posto per essere. Servitore degli elementi. Lo si trova posto di lato ai suoi fratelli mai al centro ma sempre distaccato e in ombra.
    L'Araldo che è il Sole è posto non al centro ma intorno al Tutto. La spada sguainata sempre per difesa mai per offesa. La vita e l'Inizio che non sono né male né bene e che trovano in Amaterasu protettore e servo fedele.
    Perché il Sole indica non la strada ma LE strade. I cammini che non possono essere visti nella notte più buia, quando il dolore offusca le nostre menti, quando la felicità non è che sale su ferite che ancora sanguinano.
    Amaterasu è luce. Amaterasu è unguento. Amaterasu è il caldo soffio della vita che ci fa apprezzare la giornata di pioggia così come quella di Sole. Che ci fa amare ed odiare una persona.
    Che ci fa stringere in un abbraccio.
    È la spada che G.E.A usò per difendere la Creazione e il Codice. E fu battaglia davanti al Tutto Creato. Ma nulla è riportato e Amaterasu non ne parla, nel nel suo Tempio vi sono affreschi o arazzi che ne raffigurano il momento.

    «Quando Amaterasu esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.»

    Su queste parole espresse contro il Rinnegato che si basa l'essenza dell'Araldo. La sua spada è al servizio dell'umanità, dei figli di G.E.A, di tutta al Vita nel Codice. Al servizio dei suoi fratelli e di sua madre.
    Ed ogni cosa che G.E.A usò per la Creazione fu messa nelle mani di Amaterasu. Mani che Creavano nuove forme, che non erano mai ferme, che si opponevano al Caos Strisciante che voleva portare il Tutto alla stagnazione. Era la scintilla che si agitava nelle più buie profondità. Era la Fiamma che infiammava i cuori.


    NUTRISCO ET EXTINGUO



    Nutrire la speranza. Estinguere la stagnazione delle tenebre più aberranti. Portare la luce nel vuoto e nel Nulla. Essere tempesta. Boato nel silenzio angosciante di mondi resi cimiteri. La spada che fende orrori ed abomini squarciando il velo di pazzia e follia che fa smarrire l'anima della Vita.

    «Per Amaterasu compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Assumerne la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Amaterasu è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.»

    Perché era questa la sua missione. Quando incrociò Puntura con Malal e i loro occhi si incontrarono, il Rinnegato non scorse né paura, né volontà di potenza. Quelle parole furono cristalline e corsero sul filo di Puntura incidendosi in profondità nell'anima nera del Bastardo Tra I Bastardi.
    Cicatrici indelebili, un dolore tale da ricordargli che G.E.A aveva eretto un muro intorno alla Creazione e al Codice. Che vi era una spada e degli occhi che non avevano paura né dell'Orrore, né del Vuoto. Che per quanto sconfitto e ferito avrebbe sempre trovato il modo di tornare. Di ritrovare motivazioni e forza per impugnare le sue armi.
    Non per narcisismo, non per egoismo o volontà di potere e protagonismo ma perché era


    VOLONTÀ E DECISIONE



    «Solo io sono padrone e giudice di me stesso. Le decisioni che prendo e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sono in realtà. Non posso nascondermi da me stesso.
    Così come tu non puoi più nasconderti da me.»



    oki nami l'onda in mare aperto
    Lo specchio è chiaro
    e terso
    tra i fiori di neve.



    Ecco Amaterasu. L'onda che si innalza. Lo specchio. Tra i fiori di neve l'ombra si allunga e il disgelo colora il bianco.
    La spada che divenne fuoco. La volontà e il desiderio. La risata scrosciante e una Corte che vedeva Creazione e Distruzione tra le sue fila. L'ombra divenne una parte di Amaterasu come suo contraltare. Perché tanto più il Sole diveniva accecante, tanto più l'ombra si allungava. La Corte di Mezzanotte venne creata e la spada fu richiamo per innumerevoli creature che trovarono il loro posto nell'ordine e nell'equilibrio.
    Fu battaglia lunga e sordida. In ogni dove Malal e Amaterasu si diedero battaglia. Sul Muro i due si fronteggiarono, mentre la Corte di Mezzanotte iniziò ad essere e a porsi di guardia come sentinella impassibile e che mai dormiva. Scolta che non cosnosceva tregua, né tentennamento. Per ogni assalto risposero con artigli e zanne, con sangue e acciaio, con morte e distruzione. Vittoria però, come Sole, fu sempre davanti a loro. Guida e monito. Esempio e ossessione.
    Amaterasu mai fece un passo indietro, né conobbe sconfitta se non quella causata dalle sue mani e dalle sue azioni.
    Continuò a proteggere G.E.A e i suoi fratelli con la sua stranezza e imprevedibilità. Un mmodo d'essere che venne codificato nel tempo.
    E onore e compassione vennero coniati. Lealtà e abnegazione. Dovere e volontà. Servire una causa. Dogma e fede.
    Nel tempo furono questi i modi con cui l'uomo espresse Amaterasu, per spiegarla e capirla.
    Cavalleria.
    Bushido. La Via del Guerriero. Etica e morale di chi faceva del campo di battaglia la sua esistenza. Condotta da seguire al di fuori per assomigliare a quell'Araldo imprevedibile ma che aveva sempre la spada pronta a perseguitare ombre e terrori.
    Una spada che mai fu levata per sopruso ma sempre a protezione anche del più bieco essere, solo per far si che fosse.

    «Per me giusto o sbagliato non esiste. Esiste la Vita e la sua protezione. Perché Luce e Ombra sono uguali ai miei occhi. La morte è la tenebra sono parte integrante del Codice.
    E intervengo solo quando e se l'intera Creazione fosse in pericolo. Non guardo al singolare ma all'universale. Per chi è stato ma soprattutto per chi dovrà essere. La Vita e la Realtà sono le uniche cose che contano davvero.»


    Come poter battere una simile essenza? Come spezzare tale volontà? L'amore pervadeva la sua anima, ma anche la tristezza per quello che poteva essere e non sarebbe mai stato. La malinconia di vite perdute e che non poteva salvare.
    Aveva perso questo.
    Non aveva mai perso una battaglia o uno scontro ma aveva perso cose ben più importanti. Aveva ferite ben più profonde perché nel sue cuore racchiudeva la tristezza e la paura di questo mondo. E potendo sentire ogni lamento, ogni vita a cui veniva negato l'inizio che si alzò a protezione.
    L'unico tra gli Araldi a scegliere.
    E che continuava a farla questa scelta nonostante le Ere, nonostante il sangue e il dolore.
    E da quel momento fu


    天照大神の魂
    Tenterudaijin no tamashī La Via di Amaterasu




    Ma fu conosciuto in tutto il mondo col nome di


    BUSHIDO



    perché non fu mai Imperatrice ma Guerriera. Un arma terribile che combatteva contro Cose ancora più oscure e terribili. Una fiamma che trovava nella distruzione di questa Tenebra Oscena la sua ragione d'essere. Estinguerla per sempre. Proteggere la Fiamma che albergava nel cuore delle cose che vivevano.
    Immergersi in profondità terribile per far risuonare una risata che era l'Inizio del Tutto e dell'Uno.
    Il suo braccio divenne spada. Lui arma.
    Imperatore fu il titolo per nascondere la sua vera essenza per proteggere se stesso e gli altri. Ma non lo fu mai.
    Era vassallo.
    Era samurai.
    Era guerriero e contadino. Era il padre che combatteva per sua figlia. Nikolaus.
    P.A.N che combatteva per il mondo e per un amore strano ma ugualmente importante.
    Combatteva per proteggere Chernobog ed Oberon.
    Era l'acqua per dissetare Nerthus.
    Era l'uomo che si batteva per la sopravvivenza del suo villaggio. Per difendere la propria nazione. Per un dogma. Una fede. Per Poseidone o athena. Per il proprio egosimo.
    Era tutto questo. Era Amaterasu.
    Era


    義 Gi: Onestà e Giustizia
    勇 Yu: Eroico Coraggio
    仁 Jin: Compassione
    礼 Rei: Gentile Cortesia
    誠 Makoto: Completa Sincerità
    名誉 Meiyo: Onore
    忠義 Chugi: Dovere e Lealtà




    «In fondo tutto questo non conta. Mia madre mi ha posto sul muro. Ma prima ancora di questo avevo deciso di proteggerla. Perché avevo visto cosa poteva fare. Quello che tutto questo avrebbe portato. Non volevo che si perdesse.
    Ho deciso di proteggerla e di proteggere la Realtà. Se morirò sarà perché ho sempre seguito questo mio dovere e volontà. Di onore e gloria non mi è mai importato. Ma veder sorridere quelli a cui sono votato sono le mie medaglie.
    Le mie ferite sono lo scudo con cui evitare che la sofferenza affoghi i loro cuori.
    Questo sono Io.
    Non l'Imperatrice della Realtà.
    Ma il Servo

     
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    VenezuelaSalto Angel






    Salto_Angel



    Si trova lungo il corso del Río Churun, uno dei tanti affluenti del Carrao e precipita dall'altopiano della montagna Auyantepui. Il fiume che si trova alla fine del salto è il Kerepakupay, nel Parque Nacional de Canaima, in Venezuela. Data l'altezza della cascata e l'attrito di aria e rocce, anche nei momenti di piena, alla sua base viene avvertita al massimo come una forte pioggia. Quando è in secca e c'è un po' di vento, la cascata letteralmente viene vaporizzata a metà strada.
    Il nome viene dal suo scopritore, il pilota statunitense Jimmie Angel. Gli indigeni la chiamavano "Parakupa-vena" o "Kerepakupai merú" ossia Cascata Del Luogo Più Profondo ed era considerata insieme alla montagna un luogo sacro. La cascata si trova nel cuore della foresta amazzonica dello Stato di Bolívar, nel sud del Venezuela e per raggiungerla occorre fare un'escursione di due giorni attraverso il fiume oppure sorvolare la zona con piccoli aerei.


    Questo è quello che si sa.
    Quello che non si sa è che sotto di essa, anche adesso mentre la Guerra imperversava, Amaterasu rimaneva sotto le sue acque a meditare. Era come se rifluisse in lei stessa per poi espandersi e confluire in ogni insenatura della terra, portata chissà dove dal vento e dai fiumi.
    Io, Amacunu, osservo questo suo modo di purificare mente e corpo dopo ogni battaglia. Dopo ogni volta che affrontava, immergendosi, l'Abisso per poi riemergere.

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    «Ho bisogno di un momento per me.»



    Lo disse con quel sembiante femminile, più simile a quando la incontrai la prima volta.

    «Un eco dal passato. Dall'eternità...»

    I miei occhi ciechi la guardano mentre scompare sotto la cascata. Così diversa dall'uomo a cui ero abituato. Vedo quell'irezumi.


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    Ne copre la schiena e una parte delle gambe. Racconta una storia sotto forma di simboli.
    Era il modo di Amaterasu di ricordare. Ogni segno lasciato sulla sua pelle, ogni centimetro tatuato stava a significare un evento importante per lei. Importante per la Realtà e i suoi fratelli.
    Quando la incontrai la prima volta aveva tatuata sulla spalla sinistra a scendere per una parte della schiena il Byakko con ai suoi piedi il giglio del ragno rosso, mentre sembrava nascere da un ramo di ciliegio.




    La incontrai, come ho detto, con quel tatuaggio addosso, Kusanagi nella sinistra e una botte di sakè nella destra.
    Amava bere. Amava fare l'amore. Amava ridere più forte degli altri ed essere più chiassosa.
    Ero già vecchio mentre quell'Araldo era giovane. Ma non impulsivo. Impetuoso, col cuore di fiamme, lo spirito fatto di vento e terra, mutevole come acqua. Ero già vecchio quando Amaterasu aprì i suoi occhi. Antico. Non vecchio.
    Eppure rise quando mi inginocchiai alla causa di G.E.A e alla Creazione. Rise divertito l'Araldo della Creazione e della Distruzione.
    E pensai che fosse un controsenso avere potestà di questo potere. Creare e distruggere allo stesso tempo. Ma non ero ancora addentro al disegno di G.E.A né vestivo, come oggi, la Darian. Ma la Gloria dei Daimon.

    «Se hai scelto questa strada sarà solo tua. Insieme alle responsabilità. Per quanto mi riguarda non ho né la capacità né il pensiero di mia madre. Ma non mi fido.
    Però nemmeno farò nulla per impedirti qualcosa.
    Eletto di G.E.A»


    Già allora viaggiava su percorsi diversi. Era come un fiume che trovava il suo percorso tra caverne sotterranee, scavando lentamente e inesorabilmente verso un dove che non sapevamo nemmeno esistesse. Perché solo Amaterasu lo sentiva.
    E ogni tanto venne a farmi visita. Sulle prime pensai per tenermi d'occhio, per sondare la mia anima e i miei pensieri. Eppure mai lo fece. Mai vi fu una domanda sui perché. Mai chiese di combattere. Anzi fu diverso.
    Amaterasu venne a chiedere consiglio. A confrontarsi. E tutte le volte bevevamo insieme.
    Non capivo cosa cercasse da me. Eppure tentai di rispondere ai suoi dubbi. Che si trattassero di spada o lancia o altro.
    Dubbi semplici. Anche su cose futili.
    “Perchè Chernobog deve essere così stronzo?”
    “Ma se distruggessi questo Nerthus si arrabbierebbe?”
    “Meglio il pugno o la spada?”

    Cose stupide. Infantili. Di scarsa importanza. Sulle prime. Ma poi capì cosa stava facendo quell'Araldo pazzo e imprevedibile. Lo capì quando il male strisciò in quel territorio che poi venne chiamato Messico.
    Erano già tramontati e sorti infiniti Soli e Lune dal momento del mio tradimento. Gli Araldi erano divenuti Grandi tra i Grandi. In quel torno di tempo nei loro occhi si potevano vedere ancora il momento in cui Tutto divenne Essere.
    E Amaterasu fu un eco. Sapevo solo che dall'altra parte del mondo la Spada stava divenendo cruciale nell'esistenza dell'uomo. Ironico.
    Guerra si era sempre sentito superiore nell'arte del combattimento. Persino tra i Daimon più forti Guerra faceva strisciare un sordido brivido nelle anime. Lo vidi solo una volta. Tanto mi bastò per rimanere impietrito di fronte a quello che poteva fare.



    IL COLPO DI MAGLIO DI ERU



    Ironico, pensai. Vi erano due spade tra due schieramenti così antichi. L'uno e l'altro erano l'apice. Ma pensai che Guerra fosse superiore. Lo era. Lo credevo. Per quello che avevo visto. Per quello che i miei occhi ciechi avevano impresso nella mia anima.
    E non tremai mai così tanto come quel giorno.
    Ma nonostante questo stavo sottovalutando Amaterasu O Mi Kami.
    Ma non capivo quanto un Araldo potesse essere forte. Quanta abnegazione al compito e a G.E.A avessero. Quanto implacabili fossero. Lo vidi solo ere più tardi. E se mai avessi avuto dubbi sulla mia scelta vennero spazzate via quel giorno.
    E i giorni che si susseguirono furono solo gloria e orgoglio.
    Vedere Chernobog lottare con gli Atlantidei contro gli Dei del Caos; P.A.N con Athena per sconfiggere Tifone; Amaterasu in Giappone per proteggere i Saint dai Caduti e dalla Corruzione. Nethus e Oberon nel risanare questo mondo da ferite invisibili e continuare a vegliare nonostante la merda e il sangue.
    No.
    Non mi pentì mai. Ma lo dovevo capire quel giorno quanto fossero forti; quanto Amaterasu fosse particolare.
    Ma non divaghiamo...
    Il Male strisciò in Messico perché stava cercando me. Che il mio tradimento non sarebbe passato inosservato e in sordina non lo speravo e non lo credevo affatto.
    Erebus non avrebbe voltato lo sguardo altrove. Nè tantomeno lui.
    Ma qualcosa iniziò ad appestare il centro America. Ma gli Eletti vigilano non intervengono se non in casi di grave pericolo. Non intervenirono tra Lemuria e Atlantide perché quello che conta è la Creazione non una minima parte di essa.
    Ma non potei fare a meno di chiedermi cosa potevo fare.
    Fu in quel periodo oscuro che iniziai a creare un rifugio sicuro per gli spiriti e gli uomini in fuga da questo male. Un oscurità che come un manto stava abbracciando ogni cosa.
    Più che un manto, un sudario steso sopra un cadavere.
    Si...eravamo cadaveri. In attesa di morire? No. Perché la morte non è la cosa peggiore.





    Ma non fu così rapido come si pensa. Per esseri come noi il tempo è un accessorio da usare a proprio uso e consumo. E così il tempo passò. Il Rio divenne non più un piccolo fiume ma scavò il suo corso dividendo il Sudamerica.
    E con lui anche io cambiai. Divenni così intimo di questi luoghi da sentire tutto il Sudamerica nella mia anima e col tempo molti altri si unirono a me, mentre le visite di Amaterasu divennero sempre più rare fino a non averne più notizia.
    La mia darian era il Brasile. L'acqua del Rio, il verde della foresta Amazzonica, la sua fauna, la sua flora, cangiante e mutevole come il tramonto che si perdeva tra i picchi montani e fiumi segreti.
    Il mio nome divenne Amacunu lasciando per sempre il mio vecchio me. Vegliavo su tutto questo ma qualcosa strisciò non visto e fu veleno e sangue.
    Gli uomini di quel popolo che venne conosciuto come Maya iniziarono a fare strani rituali.
    A fare sacrifici umani.
    A bearsi della morte dei loro nemici ma sopratutto a cibarsi dei loro cuori, a bere il loro sangue e a divenire sempre più oscuri. I giorni di pace tramontarono presto davanti a me e furono troppo veloci a passare.
    Molti si rifugiarono da me per sfuggire alla caccia brutale anche tra fratelli.
    Molti spiriti radunai per controllare e osservare. Il cuore umano lo conoscevo molto bene. Un tempo lo sfruttavo. Sfruttavo la malvagità e l'oscurità come menzogna e velo, come paura e terrore per poter cacciare le anime.
    Menzogna era la mia arma. E mai creatura fu più facile da irretire che l'uomo, più pronta alla perdizione. Lo sapevo bene e non mi stupì della loro tenebra. Ma sempre c'era qualcosa che non capivo.
    Ci arrivai troppo tardi. Non ero ingenuo e sapevo che potevano essere disposti a tutto per vendicarsi anche se non pensavo che lo facessero.
    Perché? Perché non ero mai stato il più grande.
    Ma questo stava a significare che avevo lasciato le schiere di Erebus da troppo tempo che ormai la loro voce era un eco lontano. Un eco perduto. Fossi stato quello di un tempo...ma non lo ero più.
    Per fortuna...





    Tutto fu consumato. Quel sudario ormai aveva coperto il mio mondo. Tardi capì di chi fu la mano e la mente dietro tutto questo. Lo capì quando lo vidi appollaiato come un grumo di oscurità e pestilenza.


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    CAMAZOTZ
    Il Pipistrello Della Morte




    Aveva portato i Maya alla distruzione. Lo aveva fatto con una lentezza e una precisione metodica. Niente fu lasciato al caso. Aveva reso le loro anime ubriache di potere e pazzia, la brama di sangue e di vita ormai divenne insaziabile mista al desiderio di avere più potere. Un potere dato dalla morte. Anche di se stessi...solo allora capirono che in quell'istante le manette e la gabbia scattarono intorno alle loro anime ormai solo giocattoli e strumenti da usare per i fini più turpi. Non avevano più nulla. Non avevano né libertà né possibilità. Incatenate alla sua.
    Non lo capì per tempo e tutto questo successe per colpa mia. Non seppi proteggere quel popolo per mia incompetenza, perché ero

    CIECO



    Piansi. Non lo avevo mai fatto prima. Ma piansi. I miei occhi che avevano perduto la luce piangevano di fronte a quelle innumerevoli luci che divenivano sempre più fioche fino a scomparire, inghiottite da quelle ali che portavano con sé il grido ultimo, disperato, di tutti loro. E poi il silenzio.
    No...non fu silenzio. Perché le ombre erano vive. Lo vidi scendere in picchiata verso di me.
    Quella mano a stringere l'anima e il corpo di un ennesima vittima. Il suo sguardo glaciale. Lo strappo che seguì fu qualcosa che mai orecchie dovrebbero ascoltare.
    Io l'avvertì perché vedevo oltre il velo. Perché ogni vita fluiva in me come il Rio fluiva in mezzo al Brasile nutrendo il Sudamerica.
    Bieco pasto per le ombre che si portava dietro come uno sciame di insetti che mai smettevano di avere fame.
    Ma quello che rese di ghiaccio la mia anima fu la sua risata.
    La risata di uno della schiera di Erebus.


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    Ho dovuto preparare un accoglienza degna del figliuol prodigo




    Come dimenticare il suo discorso? Così come la mia rabbia? Così come la sconfitta. Non ero ancora pronto. Era passato tanto di quel tempo dalla mia ultima battaglia. Erano passate ere. Io ero altro.
    Poi...


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    Quel ronzio. Quel movimento d'aria. Quella risata. Quel ticchettio.
    E nell'oscurità divampò Il Sole.

    «Hai bisogno d'aiuto, Eletto

    Furono queste le parole che sentì dopo la risata scrosciante, come una cascata, da Amaterasu o mi kami. E le raccolsi come di rimprovero, come un lo sapevo, sei inutile, mia madre doveva lasciarti a marcire. E ancora una volta sbagliai. Perché Amaterasu si mise davanti a me. La sua darian scintillava di una luce bianca in cui tutto era e in cui tutto poteva essere e divenire.

    «Hai fatto uno sbaglio, verme. Pensare che gli Eletti fossero soli.
    Noi siamo la Creazione. Ognuno di noi protegge l'altro.»


    E la luce divampò facendo urlare le cose nelle tenebre. I loro occhi bruciarono, i loro corpi carbonizzati, mentre continuava a sorridere quell'araldo. E capì che per questo G.E.A li aveva posti a vegliare la sua Opera. Perché portavano un raggio di Luce lì dove non poteva esserci. Perché non avevano paura né dell'Orrore, né del Chaos e di Erebus in persona.
    E fu allora che Amaterasu mi fece capire che fino a quel momento mi stava solo osservando. Stava osservando la mia vita nel Flusso della Creazione.
    Ogni domanda stupida, ogni dubbio inutile era solo per capirmi di più.
    Non puoi nasconderti da te stesso.
    Era vero...Amaterasu mi aveva capito più di tutti. Imprevedibile come il corso di un fiume che scava il suo letto per arrivare all'oceano, Amaterasu camminava su sentieri che si costruiva da solo per poi mostrargli a tutti.
    Distruggendo nel mentre ogni ostacolo.
    Creazione e Distruzione.

    «Gli Eletti non sono solo qualcuno o qualcosa da proteggere. Ti proteggono anche. Non supportiamo ciascuno perché siamo Eletti di G.E.A. Lo siamo perché ci sosteniamo a vicenda

    E intorno a me comparvero gli spiriti del sudamerica e altri Eletti. Alcuni li conoscevo, altri avevano trovato riparo da me e nel mio fiume. Non ero mai stato solo.
    Non vidi il movimento del rinfodero. Così come non stava capendo Camazotz quanto potesse essere pericoloso. Non lo comprendevo io nemmeno.
    Perché ero abituato a Guerra. Perché nei miei occhi ciechi erano impresse quelle immagini. La distruzione senza freni. Senza riguardi. Senza un perché. Solo

    DOGMA



    Non c'era nient'altro che questo. Un ordine. Lo si eseguiva. Guerra era un arma mandata a combattere se la prima avesse fallito. Di solito bastava.
    Di suo aveva solo l'esecuzione. Il resto non contava perché per lui non esisteva.
    Ma quando vidi Amaterasu e il suo colpo capì quanto fosse diverso.
    Perché era variabile. Era simultaneo. Era tesi e antitesi. Era il momento dell'atto della Creazione ma anche il momento della sua fine.
    Il movimento di quella spada nasceva nello spazio, si propagava nello spazio, trovava il suo esistere e coesistere nella realtà, in un atto di volontà di chi l'aveva posto in essere.


    Lo siamo perché ci sosteniamo a vicenda



    Ora avevo capito quanto il taglio e la spada non di Amaterasu ma Amaterasu stesso fossero invincibili.
    Non capì nulla la prima volta che la vidi. Non la capì nei secoli successivi, non la capì l'attimo in cui intervenne. La capì quando colpì. Quando con Kusanagi stessa sguainata aveva sguainato se stessa.
    Il suo vero Io.
    La capì vedendo gli altri eletti arrivare a combattere perché la Creazione era fatta da infiniti tasselli. Ognuno altrettanto importante. E per ognuno di essi quell'Arado e gli Eletti erano pronti a morire. Con un sorriso. Con quell'orgoglio indisponente e odioso.
    Colpì il Dio Pipistrello e lo colpì con una ferocia tale che non credevo possibile. Non da lei.
    Sbaglio madornale.
    E fu allora che quel ronzio vibrò con la mia anima. Amaterasu era una spada che fendeva con tutto ciò che faceva della Creazione Essenza.
    Aveva colpito con la mia anima, la mia rabbia, quella degli Eletti, la sua, con il cosmo e gli elementi che vorticavano, come gioielli di una corona, sopra la sua testa.
    Una simultaneità d'intenti e d'azione. Di chi poneva la sua volontà nella Realtà incidendola con il proprio Io.

    CHI NON PENSA ALLA SUA AZIONE MA LA PONE IN ESSERE DIVIENE DIO



    Ecco la differenza con i daimon. Ecco la forza degli Eletti.

    E CHI AFFERMAVA E AGIVA DIVENIVA DIO



    Era volontà.
    Una volontà ben precisa che sgorgava dal cuore libero di ognuno di noi.


    KI KEN TAI ICHI
    La simultaneità di volontà.



    Una volontà che univa in un unico fendente invincibile le nostre, quelle degli araldi, il cosmo, lo spirito, gli elementi, il corpo tutto ciò che faceva di Amaterasu araldo e Io.
    In quel frangente diveniva spada e colpiva. Non centinaia, non milioni ma infinite volte.
    Un taglio che si autodistruggeva e si formava da quelli distrutti.
    La vita libera che come il fiume traccia il suo percorso per arrivare all'Oceano.





    Questi sono i ricordi di come incontrai questo pazzo Araldo, di come ho imparato a rispettarlo e a fidarmi di lui. Di come non mi abbia abbandonato in Islanda al mio destino e di come non lascerà questa Realtà a soffrire ancora e con loro gli uomini.
    Di come abbia combattuto un altro suo nemico che ancora trama, non visto ma mai dimenticato, nell'ombra. E mi viene da sorridere a ricordare quando gli dissi che Camazotz avrebbe reso il suo cadavere uno spettacolo di tormenti per Erebus.

    «Oh beh...se ancora avrà questa voglia insana ci provi.

    Lo sfragnerò tutte le volte che alla fine sarò io a far divertire Erebus con lui.»


     
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