[TRAMA] Do you know what day is today?

Test Nera per B.F.G

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    Il tuo tempio.
    Stracolmo.
    Il tuo esercito.
    Pronto e schierato nella sua assoluta e massima potenza. Ogni soldato del rosso esistente in questo universo, ogni veicolo.

    Una direzione, nord.

    Oggi è il giorno in cui riconquistate il nord america.

     
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    Dove CAZZO è finito?

    Huli stava girando nervosamente per le strade ed i sentieri del bosco. Il suo comunicatore acceso nelle orecchie, illuminato da un led che ne dimostrava l'avvenuta accensione.
    Che significa che non riuscite a trovarlo? È altro un metro e novanta e pesa più di cento chili, è il vostro cazzo di Re! Se ha fatto un'altra volta il giochetto della goth basta tracciare la sua impron- Ah lo avete già fatto...Gea benedetta GEA BENEDETTA!
    Lo aveva cercato ovunque, aveva quasi nuotato nella miriade di persone e creature gremite dentro il Tempio del Rosso. Ogni singolo elemento capace di impugnare un fucile aveva risposto alla chiamata, ed il Tempio era diventato la cuspide di uno degli eserciti più numerosi e potenti che mai avevano camminato sotto il cielo del pianeta Terra: Centinaia di veicoli pesanti tra cui carri armati recuperati, tripodi dorati di fattura Gea, automezzi civili modificati e con sopra saldati cannoni terra-aria, tutti gremiti intorno al tempio insieme alla fanteria e all'aeronautica. Un esercito tanto vasto che si estendeva tra due dimensioni collegate dalle Api dorate. Un esercito che usava intelletti sconfinati come fossero nervi di una creatura composta da carne, sangue e metallo. Quel mostro si sarebbe rivelato agli occhi del mondo nel giro di due ore, avanzando come un golem di coscienze verso il confine sud degli Stati Uniti, letteralmente strappando fino all'ultimo centimetro di terra da sotto i piedi dei Mostri che abitavano quella zona, imponendo la loro violenza con estremo pregiudizio contro qualsiasi cosa non seguisse le regole imposte dalla Dea.
    Ma quella macchina bellica non poteva partire senza la scintilla del suo motore, quella quasi impercettibile ma vitale carica elettrica che pervade un corpo vivo, spingendolo a muoversi, ad interagire con il mondo che lo circonda. E quella scintilla era P.A.N., la vera essenza vivente delle creature viventi, della loro forza, del loro dolore.
    P.A.N. Non era stato reperibile per quasi un'ora. E la cosa stava portando l'ufficiale medico Huli all'esasperazione. Cosa era successo? Perché non rispondeva alle chiamate? Perché non era con il suo esercito, a pochissime ore da quella che poteva essere classificata come la più importante operazione bellica degli ultimi anni?
    L'Ufficiale si sentì spaesato per un momento. Poggiò la schiena ad un albero li vicino, portandosi le mani agli occhi. Un sottilissimo mal di testa aveva già cominciato a stringergli il cervello in una morsa dolorosa.

    Non adesso, Dennis...non adesso. Ti voglio un bene dell'anima ma non puoi farmi questo, non oggi, non adesso, non con tutte quelle-

    In un lampo improvviso, un'idea gli venne in mente. Era così ovvio a pensarci bene, si maledì per non averci pensato prima, per non aver scelto quel posto per primo nella sua ricerca. Avrebbe potuto risparmiare quasi un'ora di ricerche. Sospirò strofinandosi gli occhi, e si avviò.

    La radura era quasi deserta.
    L'era e gli arbusti erano ancora appiattiti da anni di stoccaggio di materiale, ma qua e la qualche piantina stava già cominciando a raddrizzare la testa. Ci erano volute settimane per svuotare la rimessa, non per la difficoltà dell'azione, ma per decidere dove stoccare i mezzi. Buona parte delle apparecchiature militari vennero date in affido alla S&D per essere usati come template per qualcosa di meglio. Le auto areano state date a persone specifiche, persone che avrebbero saputo apprezzarne anche il valore simbolico oltre a quello materiale. Per quando riguardava l'ultimo treno a vapore degli Stati uniti, dopo un'estenuante lavoro di restauro amatoriale ora era esposto come “opera d'arte” davanti all'orfanotrofio. Nessuno aveva obbiettato a quella scelta.

    Ciò che rimaneva in quella radura era Matilda, il caravan di Dennis.
    Erano anni che quel bestione rattoppato non usciva da Agartha, gli pneumatici erano sgonfi e piatti, il parabrezza pieno di polvere, e buona parte dei “rattoppi” erano sul punto di cadere rovinosamente sul terreno.
    E seduto sullo scalino che portava all'interno c'era P.A.N.
    Huli si strinse ancora una volta la radice del naso con le dita, chiudendo gli occhi e cercando di calmarsi, per poi avvicinarsi al suo Re.

    Dennis? Disse con tono di voce calmo.

    Do you know what day is today?

    Il tono calmo era puntellato dallo sforzo di non urlare.

    P.A.N. Rispose annuendo, senza distogliere lo guardo da cosa aveva tra le mani. Pochi secondi bastarono all'ufficiale medico per trovare la sua compostezza e la sua empatia. Dennis non faceva certe cose a caso, qualcosa era accaduto per far si che l'Araldo rimanesse seduto da solo come un liceale vestito completamente di nero.

    Perché sei qui? Cosa è successo?

    Le dita di Dennis non si fermavano. Stringevano un paio di cuffie dall'aspetto rovinato, con l'arco tenuto insieme da vari pezzi di nastro adesivo. Quelle cuffie erano una reliquia per Dennis, l'unica cosa che si era portato dietro da quando il mondo era ancora “normale”, e con esse aveva superato avvenimenti indicibili: La morte di guerrieri più forti di lui, l'esplorazione delle terre devastate, il suo viaggio nel mondo dei sogni, il suo diventare una cosa sola con ogni singolo animale mai esistito. Ogni singolo avvenimento di quel genere si era coronato con il semplice rituale di collegare a qualsiasi dispositivo di riproduzione disponibile quelle cuffie rovinate che Dennis si ostinava ad usare, attribuendo la cosa al fatto che “le aveva pagate ottanta euro”.

    Quella mattina si era alzato, aveva mangiato, aveva preso quelle cuffie per ascoltare California Love, ed aveva notato il connettore jack piegato.
    Una sensazione nauseante lo pervase come un veleno. Non era paura, non era timore, non era fastidio, ma era qualcosa di indescrivibile con una sola parola, qualcosa dentro di lui aveva messo a confronto tutto quello che aveva vissuto fino a quell'esatto momento, ed una constatazione quasi eterea gli bloccò i movimenti, costringendolo a cercare rifugio in una momentanea solitudine:

    Questa volta sarà diverso.

    P.A.N. Alzò finalmente lo sguardo verso il suo ufficiale, con uno sguardo pieno di fredda tristezza. Si alzò dal suo posto a sedere, arrotolò il cavo delle cuffie su se stesso, e lo porse ad Huli, il quale ricambiò con uno sguardo scettico, mentre allungava la mano per prenderle.

    Avevo bisogno di stare da solo...tutto qui.

    Dennis avrebbe voluto tanto esprimere davvero cosa pensasse, avrebbe voluto dirgli di ciò che gli stava martellando il cervello da ore, di ciò che lo aveva costretto a distogliere lo sguardo dall'obbiettivo degli Stati Uniti, anche solo momentaneamente.
    Ma non lo fece. Non c'era posto per la vulnerabilità, non ora, non in quel momento.

    Un varco di api dorate si aprì dietro le spalle del medico, e P.A.N. Vi si incamminò senza voltarsi. Si fermò sulla soglia, mentre la Darian cominciava a coprirlo come liquido scuro e viscoso.

    Huli...sei il mio migliore amico...
    Ti voglio bene.


    Pronunciate quelle parole, si incamminò verso la sua destinazione, lasciando Huli da solo, incredulo, ed in qualche modo intimorito da quelle parole.

    P.A.N. Comparve sulla balconata più alta ed in vista del suo tempio. Il lampo dorato non rimase inosservato, e appena venne visto un boato di approvazione si innalzò per tutta la zona circostante. L'Araldo alzò lo sguardo, contemplando la macchina bellica sotto il il suo comando, per poi dirigere i suoi occhi verso la destinazione dell'operazione Mayflower:

    A nord.

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    Edited by B.F.G. - 3/6/2021, 15:31
     
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    Animate dalla volontà del rosso e dalla tua le tue truppe - le truppe di P.A.N - si muovono, attraversando i portali che vi conducono alla realtà materiale che si sovrappone alla locazione del tempio in cui risiede il tuo trono. Si riversano nel mondo distrutto e infetto con l'efficienza di una malattia che si fa strada in un organismo indifeso. E lo senti. Fino a questo momento, ti è solo sembrato un eco lontano nella tua psiche, qualcosa di infimo, quasi indistinguibile dal suono del sangue che scorre nei propri timpani nei momenti di silenzio assoluto nella notte. Ma ora lo senti davvero. Il suono di tamburi.

    I tamburi del rosso che ruggiscono in un coro amplificato dalla semplice presenza di ogni singolo essere vivente ai tuoi comandi, che darebbe la vita per servire P.A.N, il martello della madre, la macchina di distruzione e furia che protegge il mondo dall'orrore della furia stessa. Il suono rimbomba nel tuo cervello e nel tuo sangue al ritmo del tuo cuore e del tuo cosmo granulare che ti ronza intorno come calabroni impazziti. Le svariate divisioni seguono il piano alla perfezione, una perfezione così aliena che quasi ti sconvolge nel profondo. Stai assistendo e dirigendo la realtà stessa a fare il proprio sporco lavoro.

    La concentrazione di energia dei portali subisce un picco tremendo, una torsione dimensionale così violenta da generare uno stridio che perfora i tuoi timpani, e mentre le tue truppe attraversano il portale, ogni cosa viene inondata da luce rossastra.

    Ti guardi le mani, sono ricoperte di sangue. Non sai di chi. Il tuo corpo fa male in una infinità di punti, attorno a te il suono di armi da fuoco, cannoni a positroni e torsori di realtà. Ogni arma sta facendo fuoco in tutte le direzioni. Sotto di te il cadavere polverizzato e disgustoso di un corrotto grande svariati metri. Sei immerso nelle sue interiora. Attorno a te i tuoi guerrieri combattono disperatamente, non hai idea di cosa sia successo ne di dove ti trovi. Siete in una città in rovina, da quello che resta di grandi grattacieli sembra che sia una città importante degli stati uniti, ma non riesci ad identificarla. Le tue orecchie ronzano, ma il rombo dei tamburi copre persino quello.

    [Improvvisamente non sai come non sai perché ti ritrovi in piena schermaglia in mezzo a una città non identificata degli stati uniti, non hai idea di che cazzo stia succedendo o che altro, ma dalle ferite che hai e dal fatto che sei circondato di mostri pugnati è chiaro che stai combattendo da un bel pezzo. Improvvisamente - pop - ti ritrovi lì. Il tuo esercito le sta prendendo bene, siete incasinati, dispersi per le strade e state subendo del buon gorilla warfare. Riorganizza le tue forze e conduci una controffensiva autoconclusiva cercando di ristabilire una location sicura ]
     
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    Marciarono.
    Uomini e donne, creature e macchine, spiriti e animali. Marciarono scuotendo la terra e i cieli, facendo tremare l'aria ed i loro stessi cuori. L'operazione Mayflower era iniziata.
    P.A.N. Scese dalla balconata senza passare per le scale, un salto e atterrò direttamente sul terreno, crepandolo tutto intorno. I portali brillavano di luce propria, e L'Araldo si ritrovò a fissarli per un momento mentre le sue truppe li attraversarono con fare deciso. Si portò davanti ad uno dei portali, camminando lentamente mentre la Darian cominciò a coprirlo, muovendosi sul suo corpo come plastica fusa. Si guardò intorno, cercando di capire da dove provenisse quel rumore ritmico che gli rimbombava nelle orecchie. Chi stava suonando dei tamburi? Perché quel suono risuonava così bene con i suoi pensieri? Ad ogni passo che lo avvicinava al portale, un sorriso maligno si allargava sempre di più sul suo viso, il suo respiro diventava sempre più profondo, le mani cominciarono a tremargli, mentre il suono di quei tamburi diventava sempre più potente. Stava adempiendo al suo dovere, si sentiva come il tassello di un mosaico andato perduto da tempo immemore. Come l'ingranaggio di una macchina che stava per muoversi per la prima volta in eoni. La marcia era iniziata.



    Sangue.
    Sangue sulle mani, sangue sul viso, sangue tutto intorno a lui. Le gambe immerse nelle budella fino alle ginocchia. Dolore acuto in tutto il corpo, e quel maledetto rombo di tamburi che non smetteva di martellargli le meningi. Sangue, urla, rumori d'arma da fuoco ed esplosioni. Come aveva fatto ad arrivare li? Un secondo prima attraversava il portale, un secondo dopo era con le gambe nella poltiglia, e quella non era neanche la notizia peggiore della giornata. Le sue truppe stavano subendo attacchi a sorpresa, mirati e calcolati, una vera e propria guerriglia urbana. I mezzi pesanti si erano ritrovati con la loro efficacia praticamente dimezzata. Mentre le creature più grosse venivano imbottite di proiettili, altri soldati del caos facevano piovere fuoco e piombo sull'esercito del Rosso. Si stava mettendo male, davvero, davvero male. E P.A.N. era appena tornato in se, confuso e frastornato. Cosa doveva fare? Cosa doveva-

    RIPIJATI COGLIONE.

    ...Claudia?

    L'Eletta del Tasso del Miele gli stava urlando contro. Una delle sue mani stringeva una mostruosa testa mozzata, mentre il sangue copriva la sua Darian bianca.

    Quello l'hai ammazzato mezz'ora fa, vai cor prossimo! Stamo a morì qui! Gli urlò la sorella, mentre colpiva a pugni gli agenti del Caos facendogli esplodere ossa e organi. Si, PAN doveva muoversi, doveva reagire, tutto l'Esercito del Rosso doveva reagire. Si mise una mano sul collo, ordinando a tutti i soldati davanti a lui di ritirarsi di mezzo chilometro, mentre le altre unità gli avrebbero offerto fuoco di copertura. Aveva anche ordinato loro di abbandonare ogni veicolo e di attivarne il protocollo di autodistruzione, così da fare terra bruciata e rallentare l'eventuale ripresa del caos con violente esplosioni di fuoco e lamiera metallica. Infine comunicò al reparto aereo di triangolare la sua posizione e di aspettare il segnale.

    Mentre i suoi soldati lasciavano terreno prezioso dietro di loro, Pan avanzò. Il suo cosmo cominciò a vibrare come uno sciame di insetti. Decine, se non centinaia di fili incredibilmente resistenti si formarono sulle sue braccia. Quei fili avvolsero due dei grattacieli li vicino come corde di pianoforte. Un sottile strato di cosmo venne propagato su quei fili, mentre il corpo della Palingenesi si preparava ad uno sforzo non indifferente:
    Se il Caos stava usando l'ambiente a suo favore, allora GEA avrebbe usato l'ambiente come un'arma.
    Pan scattò in avanti, il suo corpo coperto di vene vistose, ed in quello scatto quasi luminare, i fili provenienti dal suo corpo sradicarono letteralmente i due grattacieli e li lanciarono in avanti ad una velocità terrificante, con tale slancio da provocare un effetto domino sulla schiera di palazzi, che crollarono sulle schiere caotiche, diventando la loro tomba di cemento e ferro, mentre una nuvola di polvere e detriti avanzò verso il cuore del loro esercito, agendo come una letterale cortina di fumo. E nel momento esatto in cui metà della città venne rasa al suolo dai giganteschi proiettili di PAN, L'Araldo lanciò l'ordine alla unità aeree, chiedendo un bombardamento a tappeto sul nuovo plateau appena creato e oltre. Ancora esplosioni, questa volta causate da JDAM costruite ad Agartha e portate a destinazione da macchine aeronautiche color bronzo. Quando anche questi fuochi pirotecnici finirono, quando la Palingenesi si rese conto di aver tagliato le gambe alle tattiche di guerriglia urbana ai suoi nemici, solo allora diede l'ordine di avanzare ancora una volta, tra la polvere e le macerie, non più come un esercito in guerra, ma come disinfestatori che si liberavano dei parassiti e degli infestanti, usando ogni mezzo a loro disposizione: Armi da fuoco, lanciafiamme e persino esplosivi. I nemici non avevano più l'elemento sorpresa dalla loro parte, la loro roccaforte era stata letteralmente spazzata via, ma per Agartha non aveva importanza: Una città poteva essere ricostruita, ma i guardiani dell'esistenza avrebbero raso al suolo intere nazioni, pur di non lasciare nulla al Caos, o agli agenti del Nulla. Mentre i soldati del Rosso sradicavano centimetro per centimetro le rimanenti resistenze caotiche, P.A.N. avanzò, coperto di sangue ossidato, sorridendo malignamente sotto il suo elmo, circondato da un sacro massacro che urlava alle mostruosità un semplice concetto, una verità assoluta:


    This land is ours.



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    FISICAMENTE - Dolore sparso per tutto il corpo
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    RIASSUNTO AZIONI - SNAP BACK TO REALITY, dico ai soldati di arretrare leggermente, afferro due grattacieli coi fili e li sradico facendoli cadere sul resto dei palazzi creando un effetto domino così da dare un taglio alla gorilla warfare, per poi chiedere un bombardamento a tappeto e solo dopo ordino agli appiedati di avanzare un'altra volta e di disinfestare le macerie.
    ABILITÀ -

    TECNICHE - 3:

    Ragno Caerostris darwini.

    Dieci volte più resistente del kevlar, la tela di questo ragno è uno dei materiali più sorprendenti del regno animale, e viene usata per costruire strutture anche di venti metri di lunghezza. Questa forma dona all'Araldo della vita animale la capacità di creare fili straordinariamente resistenti che possono essere usati in concomitanza alla terrificante forza dell'Araldo.
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    Guidate dal martello della madre, le tue truppe si ricompongono in fretta, forse fin troppo in fretta. Dubiti che avresti visto una tale efficienza o dedizione al proprio ruolo di soldato o guerriero in un esercito normale, umano. Altamente improbabile. Tuttavia sei pienamente consapevole del fatto che l'esercito attorno a te è tutt'altro che umano. Sono macchine, funzioni matematiche fatte carne e violenza disposte sotto il tuo comando per portare furia e guerra ai nemici della simulazione ricorsiva di cui sei uno dei guardiani. La guerra è stata incisa su ogni atomo del tuo DNA, vibra in ogni pulsazione del tuo cosmo e della tua esistenza. TU sei la guerra portata dalla madre, ed è più che giusto che ogni cosa sotto il tuo dominio non sia altro che una estensione di tale fenomeno. Sei la violenza manifesta, la crudeltà indistinta degli animali che difendono il proprio territorio. Il fatto che il vostro territorio sia l'intera esistenza è solo una vaga formalità. Eppure c'è qualcosa. Qualcosa di strano. Ti senti come se stessi correndo su per una salita ripida di montagna.

    Ogni passo ti porta avanti, sì, ma c'è sempre qualche sassolino che scivola sotto i tuoi piedi, che rotola verso il basso fuori dalla tua visuale. A volte c'è un piccolo smottamento, e c'è un intero blocco di terriccio che scivola verso il basso, che a sua volta sparisce. O forse sei tu ilo sentiero.
    È una sensazione molto strana di certo. Ti sembra di essere in più punti contemporaneamente, poco distanti tra loro in modo che tu sia sempre in quella zona generale dove ti trovi. Sfarfallare è forse il termine giusto. O lampeggiare. Forse il cercare una parola per definire cosa ti stia succedendo non fa altro che accentuare la cosa.

    E ora è notte. Prima non lo era. Attorno a te c'è un intero campo base, stabilito, definito e fortificato. Ci sono ronde, veicoli in perlustrazione attorno al largo perimetro che avete riconquistato, apparentemente.
    Huli finisce di dirti quella che sembra una risposta ad una tua domanda, poi con un saluto si allontana. Nel suo sguardo noti qualcosa, come un maggiore rispetto. Qualunque cosa tu abbia fatto o detto, sembra averlo scosso nel profondo, rinnovando la sua devozione al re delle bestie. Ma quando l'hai detto? No, davvero. Quanto tempo è passato? Sembra qualcosa di diverso da un'amnesia. Dopotutto – sopratutto dopo scelte poco felici – hai sperimentato buchi di memoria, ma mai qualcosa del genere. Ti sembra quasi di aver cominciato ad esistere in quel momento. Sei abbastanza convinto di aver combattuto a lungo. Forse hai condotto tutto il resto delle tue truppe avanti per vari chilometri. Hai mappe davanti a te, sei in una improvvisata sala della guerra che in verità è un tavolo da picnic all'interno di un parchetto. Avete guadagnato una trentina di km dalla posizione relativa del tuo tempio rispetto alla realtà. Avete incontrato e incontrerete pesente resistenza, come ipotizzi che indichino gli mm's disposti sulla mappa che possono indicare le orde corrotte, mentre le skittles avrebbe senso che siate voi. Immagini? Forse c'era tutta una logica dietro quando lo hai pensato. Se lo hai pensato tu...?
     
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    Con quell'atto di assoluta violenza, Pan portò ordine tra le sue truppe. La macchina bellica del rosso vide il Pilastro della Vita scrostare via interi palazzi ed usarli come arma, vide L'Arma Finale in piedi che mostrava loro la schiena, una schiena che mai sarebbe stata mostrata al nemico. La loro mente quasi trascese a quella visione di controllata brutalità, come se stessero assistendo al momento di un crescendo di una sinfonia che andava oltre i sensi. In una ripresa che ebbe del miracoloso, i soldati del Rosso si espansero sul territorio, estendendosi come vene, arterie e capillari, rubando fino all'ultimo centimetro di terreno agli abomini che combattevano. Pan li vide sfoggiare quell'infinita malizia che rasentava la perfidia contro i loro nemici, li vide bruciarli, li vide crivellarli di piombo, li vide infilzarli con le fiocine, trascinarli con violenza ed eviscerarli con lance e coltelli. La terra sotto i loro piedi si stava tingendo di Rosso, il Rosso della vita che reclamava il suo posto dovuto nell'universo, Il suo Pilastro avanzava, e mentre avanzava la sua mente sembrò annebbiarsi. Erano ancora i tamburi? No, c'era qualcosa di diverso, come se nei suoi occhi si fossero creati svariati punti ciechi, la percezione di continuità dello spazio che lo circondava sembrava mostrare delle brusche interruzioni. Si strofinò gli occhi con il dorso della mano, credendo fosse solo la polvere, o in un caso estremo la sua sovrumana veemenza alimentata dalla causa per il quale si stava muovendo, per la quale stava anche solo respirando.
    I “buchi” non smisero di presentarsi, Dennis strinse gli occhi, se li coprii con le mani cercando di annullare quel minimo ma cruciale fastidio, non poteva permettere che qualcosa del genere potesse cambiare il corso della sua storia.
    I suoi occhi ripresero a funzionare, ma era già notte.
    Non nel senso che il cielo si stava incupendo ed il sole stava completando la sua parabola discendente, no, in un attimo infinitesimale Dennis si era trovato in un altro luogo sia spaziale che temporale.

    Potenza al 97%, ricevuto.

    Huli gli era davanti. Da dove era saltato fuori, dove si trovava? Si guardò intorno rapidamente, un campo militare, uno di quelli che la sua gente era in grado di costruire in un'ora circa. Non ricordava di essere arrivato li, non ricordava neanche di cosa stesse parlando il suo ufficiale medico negli occhi, il suo sguardo era carico di rispetto, un rispetto tanto grande da sforare nel timore. Mentre lo vide allontanarsi dopo aver sfoggiato un saluto militare, Dennis notò il tavolo davanti a se: Mappe, segnalini, caramelle, era tutta roba che aveva addosso l'inconfondibile stile della Palingenesi, ma in quel momento Dennis non aveva memoria neanche di aver aperto il pacchetto di m&m's disposto sul tavolo. Si sentiva come qualcuno che tentava di cantare la sua canzone preferita senza accompagnamento per la prima volta in assoluto, con alcune parole che semplicemente non esistevano nella sua memoria.
    Dennis era abituato a quel genere di cose, l'amnesia locale lo aveva accompagnato per anni, era arrivato a farci l'abitudine, ma in quel frangente non riusciva a stare tranquillo riguardo alla cosa. Perché quella nozione lo disturbava così tanto? Perché si sentiva quasi in dovere di dover risolvere la cosa, li ed ora?
    Si passò la mano sui capelli.
    Era pulito da anni ormai, niente droghe pesanti nel suo organismo. Il THC nel suo sangue era monitorato settimanalmente così da non dare problemi al suo organismo, così come l'uso dei vari anestetici per eventuali interventi chirurgici. Cercò nelle sue memorie un qualche genere di motivo per cui non riusciva a ricordarsi di ciò che era successo, o di cosa aveva fatto.
    Fu allora che notò il sangue secco sulle sue mani.
    Ma certo, un trauma cranico, una botta in testa non propriamente rigenerata. Doveva essere quella la ragione per cui si sentiva così, si, era sicuramente quella. Si guardò intorno, e vicino ad un camion notò un tubo di ferro poggiato li per chissà quale ragione. Lo raccolse e cercò qualcuno, non una persona precisa, un qualcuno qualsiasi. I suoi occhi trovarono un ragazzino di diciotto anni che dormiva vicino ad un fuoco da campo. Pan gli si avvicinò, e lo svegliò toccandolo leggermente con lo stivale.

    Ehy. Ehy! Svegliati.

    Oh-w-che-Oh, sire! Cosa-

    Alzati, devi farmi un favore.

    Il ragazzino si svegliò completamente e si mise in piedi. Non era particolarmente alto, ma aveva le spalle di chi aveva lavorato per gran parte della sua infanzia, forse nelle cucine, forse nella costruzione edilizia delle basi. Dennis si chiese cosa ci facesse li insieme ai suoi soldati, ma scacciò subito la domanda dalla sua mente. Prese la mano del ragazzino e gliela riempì con il tubo di ferro, fissandolo caparbiamente negli occhi.

    Colpiscimi.

    Cosa?

    Sulla testa. Non sulla mascella o sugli zigomi, dalle tempie in su.

    Sire ma-

    Senti, non è il momento...non è il luogo di discutere. Prendi questo tubo e colpiscimi.

    Gli occhi del ragazzo si riempirono di paura e confusione, non capiva cosa stesse succedendo, non capiva il senso di quella richiesta, ma il Re del Rosso era davanti a lui che gli chiedeva di fargli volare via le cervella con un home run. Esitò qualche momento, ma lo sguardo impaziente di Pan fu abbastanza da mettergli fretta. Il colpo impattò contro il cranio con un rumore disgustoso. La testa dell'Araldo si illuminò di cosmo scintillante prima ancora che il resto del corpo si piegò di lato per via dell'impatto. Pan non emise un suono, mentre la sua testa rigenerava i danni.

    Ancora.
    Più forte.


    Il ragazzo caricò con tutto il suo peso il secondo colpo. Sentì le ossa scricchiolare e rompersi sotto il metallo, un rumore accompagnato da quello della pronta guarigione. Due rivoli di sangue cominciarono a scendere dal naso e dall'occhio sinistro dell'araldo, segni di ferite che stavano diventando già parte del passato.

    Ancora!

    Spinto da una paura inspiegabile, il ragazzo prese tanto slancio e impresse tanta forza in quella battuta da sentire dolore alla spalla. L'impatto portò l'araldo a genuflettersi, i suoi sensi vennero pervasi da una breve ma potentissima nausea che lo portò a vomitare sul terreno erboso, mentre la sua testa era avvolta da un'aureola di cosmo.

    Non...non sta funzionando...perché? Perché non FUNZIONA?

    Quello spettacolo aveva attirato l'attenzione di vari occhi indiscreti, occhi che videro L'Araldo della Forza rimettersi in piedi e pulirsi la bocca con il dorso dell'avambraccio. Vide vicino a se un uomo sulla cinquantina vestito con pantaloni di una tuta ed una canottiera bianca, con indosso una fondina con una TT-30 dentro. Con velocità disarmante Pan prese la pistola, la piantò nella mano ora libera del ragazzo e se la puntò in fronte.

    Spara.

    Sire non potete chiedermi questo.

    Lo sto facendo ora. Spara.

    Sire io non-

    Hai dieci secondi.

    Il ragazzino sentiva la forza dell'araldo nella sua mano, sentiva i suoi occhi innaturali fissarlo fino in fondo all'anima. Un lieve tremore si impossessò delle sue gambe, mentre il suo respiro si accelerava sempre di più.

    Io- Io n-

    Bah, lascia perdere.
    Si girò verso gli altri. Andate a letto tutti quanti. La festa è finita. Restituì la pistola e si incamminò verso il tavolo della guerra lasciato poco prima. Il brusio di voci ebbe vita breve, ed una relativa calma si stese sull'accampamento. Dennis fissò il tavolo, seduto scompostamente ad un lato, senza riuscire a dormire. Un pensiero peregrino lo scosse dalla sua stasi: Si avvicinò con la sedia al tavolo, e comincio a muovere le dita, in modo ritmico e preciso, come un esercizio per ricordare un brano ben preciso. Le sue dita arrivarono a metà di quell'esercizio mentale, fermandosi solo quando il suo cervello esigette un po' di sonno ristoratore. Si avviò verso la sua branda, alzando lo sguardo ad un cielo pieno di stelle. Non si aspettava di sentirsi meglio dopo una dormita, ma doveva almeno provarci, se non per se stesso, per chi contava su di lui.

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    Il sonno ti assale immediatamente.

    O meglio, cessi di esistere nuovamente. I tuoi sogni sono rossi, ricolmi di rosso pulsante in cui scorre rosso liquido. Ti sembra di scorrere ad altissima velocità su di una infinita rete di vasi sanguigni che si affinano in capillari così sottili da diventare invisibili. Stai letteralmente fluttuando su qualcosa di grande, enorme, troppo enorme per essere compreso sia in senso di dimensione che in senso di tempo. Sei un piccolo elettrone che orbita attorno ad un nucleo così vasto e composto da particelle così distanti da farti dubitare persino che sia mai esistito in primo luogo. Ogni cosa è lontana, ma allo stesso tempo centrale e fottutamente fondamentale. Non c'è modo per descrivere quanto tutto quello che stai sperimentando ti sembri importante, essenziale alla tua esistenza. Eppure, ti sembri disperso.

    Diluito. Un colore di acquerello in cui il pennello si sta agitando troppo e in cui c'è stata messa troppa acqua. Ogni cosa che è te sta venendo sfibrata in granelli rossastri. O forse sta tornando allo stato iniziale in cui era ciò.

    Qualcosa è davanti a te.

    Hlm2-header-e1426263541202

    Sei tu. Ma dalla tua esistenza si agitano, si generano e si distruggono bestie. Il tuo dominio si agita dentro di te, lo stai vedendo. Ma non riesci a capire se sia qualcosa di metaforico, un qualche sogno lucido o che diamine di altro stia succedendo.

    Senti la tua stessa voce mormorare, mentre questo te è squassato dall'agitarsi della carne delle bestie nella sua.

    Sai che giorno è oggi?


    Riapri gli occhi. Una grande distesa polverosa si distende di fronte a te. Il paesaggio è tagliato verticalmente solo da una lunga striscia di asfalto nero e spaccato, picchiettato da relitti di automobili. Una di quelle lunghissime strade americane, quelle classiche, da film.
    Stai cavalcando qualcosa, una grande bestia, delle tue. Una bestia che non ha mai calcato con le sue zampe artigliate questo pianeta fin dalla sua concezione nell'antichità, ma ora è il tuo destriero, mentre sei alla testa di una grande carovana di mezzi e bestie da trasporto e da guerra. Non sembra per nulla l'armata raffazzonata che hai tirato fuori per la collottola dall'inferno della guerriglia. Sei a comando di un grande esercito di conquista. Attorno a te riconosci volti noti. Vedi cicatrici nuove, bende, trofei che pendono ovunque. Carri decorati con grandi ossa non ancora sbiancate di grandi creature corrotte.

    Il rosso sta risalendo in gloria gli stati uniti.

    Ma sembra che tu te lo stia perdendo.

    [Carovaneggia per il sud degli stati uniti, hai libertà ma tieniti vago sulle location ]
     
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    No...no no no NO!
    Circondato dal rosso, Dennis si ritrovò davanti ad un'immagine familiare, la proiezione di se stesso, o meglio, la proiezione di se stesso esposto all'enorme potere della Vita. La sua mente aveva sofferto terribilmente nell'interfacciarsi con un concetto basilare della realtà lo aveva portato ad avere incubi orribili, ad avere allucinazioni terrificanti in ogni momento della giornata, era sicuro che ancora un po' ed il potere della Palingenesi lo avrebbe bruciato dall'interno come un albero colpito da un fulmine. Aveva affrontato quel problema, ne era sceso a patti, era diventato una cosa con il potere di P.A.N., non c'era più bisogno dell'orrore quotidiano, delle allucinazioni e delle voci che gli sussurravano da dietro gli occhi, era andato avanti.
    O almeno così sembrava.
    L'immagine di se stesso in quello stato sembrava quasi insultarlo. Tutto il dolore del mondo non era bastato, tutto il potere della vita stessa non era bastato, non c'era riposo per uno spostato come lui. Non ci sarebbe mai stato.

    Sai che giorno è oggi?

    Avrebbe voluto chiudere gli occhi, avrebbe voluto portarsi le mani sulla faccia, piegarsi sulle ginocchia e grugnire dalla sofferenza, ma non aveva ne mani, ne faccia, e probabilmente neanche gli occhi, era solo Dennis davanti a qualcosa che non riusciva a comprendere. Cosa c'era ancora da fare? Quanto sangue chiedeva ancora l'altare sacrificale della Vita? Avrebbe potuto darne a litri a cisterne perfino, avrebbe dipinto il mondo di rosso se solo glielo avessero chiesto, avrebbe ucciso a mani nude ogni singola cellula di corruzione e caos presente nell'universo usando i suoi nudi pugni, solo per chiedere alla dea la grazia di un riposo sicuro, di un granello di pace nel mare dell'eternità.

    Ma non era quello il tempo di riposare.

    Dennis aprì gli occhi. Era seduto su qualcosa di grosso, mobile e sopratutto vivo. Una creatura antica quasi quanto le montagne degli Appalachi. Un facocero? Un orso? Una specie di cervo? Non aveva la minima importanza, quella sarebbe potuta essere una creatura uscita fuori dal nucleo ferroso del pianeta e a Dennis non sarebbe importato nulla, l'unica cosa che aveva un briciolo di importanza per lui al riguardo era che in quel momento era al servizio della Madre come veicolo e macchina da guerra. Dennis ovviamente non aveva idea di come ci fosse finito li sopra, ma era evidente che una chiara percezione del tempo che passa era diventata per lui un privilegio. Si strofinò gli occhi, ora che poteva, prima di guardare davanti a se: Una strada monotona che andava avanti per svariati chilometri, in puro stile cinematografico. Intorno a lui riusciva a scorcere parte dell'esercito del Rosso, non più al cento per centro della forma, ma con ancora quell'aura di pura violenza assolutamente intatta. Macchine da guerra dall'aspetto rattoppato e impolverato, decine, no, migliaia di persone, creature e droidi armati che marciavano verso verso nord come alcool su una ferita infetta, pronti a pulire la lordura lasciata sul mondo. Ogni cosa, ogni individuo sulla quale posava gli occhi portava addosso i segni della battaglia, la traccia del tempo che era passato. Tutte quelle ferite, quei capelli incolti, quei bendaggi freschi. Da quanto tempo stava marciando? Da quanto tempo questa guerra era in atto?

    Che giorno era oggi?

    Con un balzo da medaglia d'oro, Pan atterrò sul terreno, guardandosi intorno confuso, quasi allarmato. Mentre camminava tra i suoi soldati, spostava lo sguardo a destra ed a sinistra. Qualsiasi cosa gli stesse succedendo, stava divorando la sua vita, la stava sgretolando come intonaco su un muro, con crepe e chiazze di incuria che mostravano i mattoni nudi sotto la superficie. Si mantenne la testa tra le mani, respirando piano. Non poteva avere un attacco, non in quel momento, non davanti a tutti, ma stava per accadere. Quanto tempo aveva passato in quello stato? Quanti soldati erano morti senza che lui ne ricordasse la faccia? Quanti amici aveva perso? L'assoluta magnitudine di quelle considerazioni gli pulsava da dentro, e sarebbe esploso da li a poco. Si morse il labbro fino a farlo sanguinare, e l'unica soluzione che trovò non fu affatto stellare.
    Un vecchio M113 stava proseguendo in direzione della marcia, in modo abbastanza anonimo vista la varietà di veicoli e la sua forma alquanto semplice. Dennis si avventò al fianco di quel veicolo e batté forte la mano sul suo lato, intimando al conducente di fermarsi.

    OH? CHE C'-Ah è lei sire? Cosa è successo?

    Dennis respirava affannosamente sotto il suo elmo, ignorò la domanda dell'autista, che nel durante si era fermato.

    Mi serve questo veicolo. Solo per cinque minuti. Uscite fuori e proseguite a piedi dietro di me. Le sue mani si strinsero a pugni involontariamente, come uno spasmo. Vi prego, non fate storie. Cinque minuti.

    I soldati si fecero ripetere la richiesta una seconda volta, raccolsero parte del loro equipaggiamento, lasciando libero il veicolo. Dennis ci si fiondò dentro, chiuse il portellone, si mise al posto di guida, e chiuso in quella scatola di metallo, cominciò a ridere. Prima una serie di versi sghignazzanti, versi che presero sempre più forza, come in una valanga di risate isteriche. Mentre la sua bocca era contorta in un sorriso forzato, i suoi occhi mostravano segni di preoccupazione, se non di paura. Dennis non era un neurologo, ne uno psichiatra o uno psicologo, non sapeva perché il suo cervello avesse deciso di agire in quel modo. Mentre le risate gli rendevano difficili la guida, mentre la sua pelle si copriva di sudore freddo di terrore, Dennis non riusciva a capire quale pattern il suo cervello stesse seguendo per mostrare una reazione del genere. Il suo diaframma era colto da spasmi, i suoi occhi lacrimavano, ma quella risata continuava a sembrare più un grido di disperazione frammentato e discontinuo.
    Ciononostante, Dennis mantenne la sua parola. Fermò il veicolo dopo cinque minuti esatti, e se ne andò senza neanche guardare in faccia nessuno. Si diresse verso una stazione di rifornimenti mobile, ne prese una bottiglia d'acqua semi congelata, la stappò e se la versò addosso, mentre la sua armatura spariva, mostrando il suo abbigliamento da combattimento. Nessuno dei suoi soldati disse qualcosa a riguardo, nessuno reagì in modo lampante, la marcia continuò, mentre il loro leader portò lo sguardo al cielo, pregando silenziosamente di non perdersi in quel mondo, non in quel momento, non durante una guerra.

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    Infinita, terribile guerra. Assoluta guerra. Miracolosamente la tua coscienza si è mantenuta per un lungo periodo di tempo stavolta, abbastanza da tornare ai resti distrutti della civiltà. Sei riuscito a raccogliere i pezzi di quello che hai fatto mentre non sapevi di averlo fatto, di mantenere la competenza e la gloria che apparentemente hai dimostrato quando non eri te stesso. Non hai mai visto nessuno dei tuoi soldati così devoto e concentrato. Un tempo ci sarebbe stato tempo per battute, per citazioni di cultura pop di tempi che non sarebbero mai più tornati. Ma non ora. Ognuno è un assoluto e perfetto ingranaggio dell'orologio che è l'azione della madre su queste terre. La vostra tattica è semplice, avanzare il più possibile, con così tanta VIOLENZA e DISTRUZIONE nel territorio nemico in modo da diventare bersagli che non possono essere assolutamente ignorati, anzi. Siete lì per attirare l'intera e assoluta potenza distruttiva del vostro nemico. Il piano non era quello in origine, doveva essere un'avanzata più graduale, ma l'assoluto successo delle piccole campagne che hai apparentemente condotto ha permesso di riadattare il metodo. Ora state facendo terra bruciata, mentre molti chilometri più indietro le forze di ricostruzione piantano entità organiche nel terreno per stimolare la ricrescita e il riarricchimento del suolo. Questa seconda avanzata è aiutata in parte dalle forze del verde, e da esse è difesa. Non è quindi una vostra preoccupazione al momento, e vi concentrate con il fare il più grande danno possibile alle forze corrotte.


    Tuttavia più avanzate, più queste forze corrotte sono potenti. Sono organizzate. Sono...variegate. Andando avanti cominci a notare un certo pattern nelle tattiche, e i vostri rilevamenti energetici si fanno peculiari. Sembrano quasi non essere solo rilevamenti di corrotti...?

    Ma non riuscite a dare sostanza ai vostri dubbi. Tuttavia questi non fanno che aumentare il livello di guardia e preoccupazione del tuo esercito. La sensazione che ci sia qualcosa che non va si fa sempre più chiara. Siete in una vallata. Il che è strano, non ci sono molte valli in quella zona degli stati uniti in cui siete. Non ci sono infatti, non dovrebbe esserci. Quella valle è un enorme cratere irregolare, scavato da qualcosa. Stanno...estraendo qualcosa? La superficie di quella miniera a cielo aperto è ricoperta da filamenti verdastri, intrecciati in tal modo che da lontano vi sembravano ridenti alberi verdi, ed il fluido che cola lungo un fianco della scarpata sembrava un fiume. Un odore orribile vi assale esalando da quell'enorme buco nel terreno. Stanno facendo qualcosa.

    Sire...percepiamo solo vaghe tracce caotiche...sono.......soffocate da altro? - Il soldato al tuo fianco non fa in tempo a terminare la sua frase che l'aria attorno a voi vibra, trema, URLA. L'aria si torce e si spacca crollando come frammenti di vetro. Un terrificante e disgustoso QUALCOSA emerge dalla frattura.

    SgWQUHn

    [4 BLASPHEMES TO SPITE THE WILL OF GOD]
    Energia suprema



    Il cosmo dell'angelo caduto soffoca ogni cosa. Dai bordi della frattura spaziale eruttano infinite creature. Corrotti. Una infinità di corrotti che immediatamente si avventa sul tuo esercito. Le grida, gli spari, le fiamme. Ogni cosa si scatena contemporaneamente. La massa energetica emessa dal caduto è immensa, supera la tua. Volge i numerosi occhi verso di te, mentre la massa di carne venosa che sono le sue ali fremono così rapidamente nell'aria da risultare virtualmente immobili. Attorno al suo corpo oscillano simulacri di corpi celesti che danzano in movimenti distorti e incontrollati, orribile parodia di immensa sovranità e maestà che genererebbe una creatura pura di egual potere. Hai di fronte a te un assoluto nemico della realtà, che sta comandando qualcosa di troppo grande per essere considerato un semplice esercito dell'ALTRO nemico assoluto della realtà. Caduti e corrotti sembrano avere congiunto gli sforzi. Se questo non è un caso isolato, la cosa è

    infinitamente

    grave.
     
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    Quindi finirà così, uh?

    Era poco distante dalla prima linea, questa in marcia in mezzo ai suoi soldati, senza destriero mostruoso, senza macchine particolari da guidare. Solo la terra e la povere sotto i piedi, ed il rumore di un esercito che si espandeva sul mondo come una chemio. Milioni di cadaveri corrotti erano stati maciullati, tritati e bruciati dalla macchina da guerra del Rosso, guidata da una mano invisibile creata dal sistema G.E.A. L'avanzata era così avanti sulla tabella di marcia da rendere i lavori di riparazione un vero inferno. Il Verde stava tentando di rendere abitabile e stabile il terreno sottratto alla corruzione, togliendo quel peso dalle spalle dell'esercito Rosso. La Macchina da guerra aveva tanto a cui pensare, e rendere il PH del suolo accettabile non poteva gravare su di loro, mentre mostruosità infinite gli si paravano davanti con attacchi aerei, campi minati, imponenti fortificazioni di pietra e metallo che sembravano cresciute dal terreno, non costruite. Ad ogni chilometro i mostri diventavano sempre meno bestiali, sempre più organizzati in un sistema di milizia, piuttosto che come uno sciame d'insetti. Avevano cercato di piegare le forze del Rosso con bombardamenti ad alta quota tramite enormi creature volanti cariche di acido, avevano tentato il combattimento sulla distanza tramite l'uso di cecchini che potevano sbriciolare un edificio di tre piani con un colpo, avevano tentato anche varie tattiche suicide.
    Nulla di tutto quello aveva funzionato, la Macchina del Rosso continuava ad avanzare, alimentato dalla vista del sangue corrotto che macchiava la polvere. Quelle erano tutte buone notizie, l'Operazione Mayflower era un successo strepitoso al momento, ma nessuno, assolutamente nessuno cantava canzoni, nessuno festeggiava intorno al fuoco quando la notte calava su di loro, nessuno scherzava e rideva mentre intingevano il pane nella zuppa durante il rancio. L'aria che si respirava era pesante e uggiosa, la mente di ogni soldato concentrata al massimo delle capacità pur di strappare fino all'ultimo metro dalle unghie infette della Corruzione. I visi erano tesi, gli occhi (di chi ce li aveva) quasi sempre spalancati, pronti a registrare i più piccoli dettagli. L'alcool non era più un modo per sollevare gli animi, ma poco più di un ansiolitico.

    Pan non usciva quasi mai dall'armatura.
    La indossava quando mangiava, quando dormiva, quando spostava enormi macigni per facilitare il passaggio dei mezzi. L'unico momento in cui mostrava la sua pelle era durante la veloce doccia la sera, non più di dieci minuti ogni volta. Non sentire il metallo duro e irregolare della Darian lo faceva sentire prima inquieto, poi un vero e proprio disagio cominciava ad attanagliarlo se non sentiva addosso quel metallo vivente. I suoi giorni erano segnati da sangue, polvere, fango e olio motore, circondato da una solitudine opprimente anche mentre era al centro delle folle più numerose che aveva mai visto. E nonostante tutto, durante i brevi periodi di bonaccia, Dennis cercava la solitudine. Si isolava da tutti, una borsa con dei fogli di carta ed una penna in mano, seduto ad un tavolo o vicino ad un cofano, con la mano sugli occhi e la mente annebbiata. Cosa doveva scrivere? Cosa doveva fare mentre la sua mente veniva spazzata via come un castello di sabbia in preda alla marea. Stava scomparendo pian piano, la sua vera esistenza assimilata dal groviglio del Rosso giorno dopo giorno, secondo dopo secondo. Un mattino il sole sarebbe sorto, e Dennis non sarebbe esistito più, ingoiato dalla demenza, e sole sarebbe sorto tra poco, ne era certo. Il suo fato non gli interessava, morire non lo spaventava, smettere di esistere neanche, Pan avrebbe continuato per la strada che Dennis aveva segnato, circondato da persone e creature che non avrebbero esitato a spezzargli il collo al primo tentativo di tornare ai vecchi metodi. No, non era quello il problema.
    Ciò che lo turbava era il sapere che aveva passato troppo poco tempo con chi amava.
    Abbandonare chi credeva in lui, chi aveva avuto l'audacia di accettarlo e addirittura amarlo, scomparire nell'aria come una nuvola di polvere, era qualcosa che non riusciva ad accettare.
    Non potendo tornare indietro, ne potendo entrare in uno stato delirante mentre era a capo dell'esercito più vasto che il continente americano avesse mai visto, decise di scrivere delle lettere, ognuna diretta a chi era stato tanto gentile da farlo entrare nella propria vita come un ospite gradito, personalizzata in ogni singola parola.
    O almeno quella era l'idea.
    Prova dopo prova, tentativo dopo tentativo, era tutto inutile. La mano gli tremava, i pensieri si affollavano, e non riusciva a trovare le parole con le quali esprimersi. Alla fine di ogni sessione si presentava lo stesso spettacolo, ovvero Dennis circondato da cartacce, con la testa tra le mani. Non ci riusciva, semplicemente non ci riusciva.


    Dennis si guardò intorno, notando che c'era qualcosa che non andava:
    Il terreno era cambiato, l'aria portava un odore orribile e per nulla familiare. Gli scout del rosso furono i primi a portargli la notizia, intimandolo di correre verso l'avanguardia.
    Lo spettacolo che gli si presentò davanti fu terrificante: Qualcosa stava scavando nella terra, riempiendo quella ferita rocciosa di un pus maleodorante color verdognolo. L'energia della corruzione era ovunque in quel luogo, permeava l'aria e la terra con quell'odore nauseabondo. I navigatori erano disorientati: Avevano davanti quella che sembrava una vallata, un canyon in pieno stile U.S.A., ma secondo le mappe non doveva esserci niente del genere, quella zona doveva ipoteticamente essere una pianura.

    Sire...percepiamo solo vaghe tracce caotiche...sono.......soffocate da altro?

    Cosa inte-

    Non ebbe tempo di finire la frase, che la realtà venne mutilata ancora una volta. Una frattura della struttura spaziotemporale dell'universo si propagò dall'interno del Canyon verde mucillagine. Un'energia immonda colò da essa, un'energia caotica e blasfema.

    Un angelo caduto.

    Quella forma innaturale sotto ogni aspetto, quella massa di carne sanguinante e tentacoli circondata da una corte di mostri del caos e corrotti che si muovevano come un mare in tempesta verso ogni direzione. P.A.N. Ebbe solo il tempo di elargire un singolo ordine:

    Flood them with bullets.

    E così fecero.
    Fuoco, proiettili, esplosioni, l'esercito del Rosso cominciò istantaneamente a gettare tutto ciò che aveva contro quella cancrena esistenziale, cercando di fermarla con tutto quello che aveva, con così tanta veemenza da far sembrare Verdun una battaglia di paintball tra ragazzini. L'angelo caduto volse i suoi occhi distorto verso il Re Delle Bestie, i loro sguardi si incrociarono con odio immane l'uno verso l'altro, un pilastro della realtà contro un affronto all'esistenza stessa. Definire la situazione come grave sarebbe stata la madre di ogni eufemismo esistente. E tutto solo per contenere l'orda.

    Il divario energetico, il suo dilemma esistenziale, la sua possibilità di sparire nel nulla in qualcosa migliaia di volte peggiore della morte, tutto venne spazzato via. Non sapeva cosa sarebbe successo in futuro, ma ora, in quel preciso momento, era li, come ultimo baluardo contro una coalizione che avrebbe potuto far sprofondare il mondo in una fogna di buio e marciume. Doveva agire, doveva agire adesso.

    I suoi muscoli si gonfiarono, mostrando le vene in modo vistoso e quasi rivoltante. I suoi denti digrignarono sotto la pressione di una rabbia atavica incisa in ogni molecola di DNA presente in nel corpo della Palingenesi, il rumore della sua energia rivaleggiò con quello della battaglia che lo circondava, mentre i suoi occhi on si staccarono dalla sua preda, ogni singolo respiro era soffocato dall'ira più grande che l'esistenza avesse mai potuto osservare.

    Una rincorsa veloce, abbastanza per allontanarsi leggermente dalle sue file, e poi un balzo tanto potente da crepare la terra, tanto rapido da portare il suo corpo al limite estremo della sua velocità. Il suo cosmo mutò, diventando un guscio di energia caustica, un guscio che dalla dimensione di svariati metri si ritrovò ipercompresso in un guscio di noce sul pugno destro della Palingenesi, un pugno pronto a scontrarsi su quella carne purulenta che formava una parodia di un viso. Un Angelo caduto dall'energia immensa, la cui forza era supportata dalla necrosi dell'universo, stava per scontrarsi con essere che si stava sgretolando atomo dopo atomo, tenuto insieme da due forze polarmente opposte:

    L'assoluta rabbia verso i suoi nemici, e l'immane affetto per chi amava.

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    RIASSUNTO AZIONI - La morte esistenziale può attendere, vedo il caduto, ordino l'attacco contenitivo mentre comprimo tanto necrocosmo sul pugno detro, e salto per piantare il suddetto pugno sulla faccia del mostro.
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    Loxosceles reclusa.

    Il ragno eremita marrone, come la maggior parte della famiglia Sicariidae, ha la particolarità di trasmettere una condizione patologica nota come Loxoscelismo, una patologia che provoca necrosi nei tessuti, condizione tanto rara da essere estremamente difficile da curare ed addirittura diagnosticare
    Il cosmo selvaggio di Pan può interfacciarsi con tale capacità, diventando un agente necrotico a bassa potenza, con la tipicità di non provocare dolore nella sua vittima, proprio come il morso del ragno eremita.

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    Sei ferito. Svariate parti del tuo corpo sono state danneggiate in modo tremendo. Sei pienamente consapevole del numero di ossa frantumate nel tuo corpo, e hai una vaga idea del sangue che hai perso, con un errore di calcolo che si aggira sul decilitro. Il tuo braccio sinistro è attaccato a malapena al resto del corpo, probabilmente contribuisce di più l'armatura a mantenerlo in sede rispetto alla tua carne.

    Anche il tuo avversario è ferito. Alcune delle sue ali non vibrano più, sono spezzate, squarciate da un'immensa violenza e crudeltà, numerosi settori del suo corpo deforme sono lacerati e incavati da una violenza che può essere solo quella che tu porti su questo mondo come martello della Dea. Siete circondati da una enorme distesa di poltiglia rossa, un lago di carne macinata e ossa polverizzate che appartengono a tutto ciò che c'è di esistente in quel campo di battaglia. Corrotti, caduti, tuoi soldati. Ogni cosa è uguale sotto i tuoi stivali in quella che sembra essere una killzone di svariate centinaia di metri, al cui perimetro la guerra continua.

    Una quantità incredibile di - cose - è stata uccisa dal vostro scontro, dal semplice agitarsi dei vostri corpi e dei vostri cosmi.
    E ancora una volta, tu te lo sei perso. Ancora una volta la tua esistenza ha saltato un battito, ancora una volta PAN è andato avanti senza di te, portando avanti uno scontro terribilmente violento contro un nemico assoluto della realtà, ignorando completamente il fatto che tu fossi lì con lui o meno. Dennis, per PAN, è quasi un pensiero inconscio, un ricordo vago che non serve in quel momento.
    Eppure ora sei di nuovo tu ad avere le redini di uno scontro di cui hai perso l'inizio.

    La lancia fiammeggiante dell'entità disegna complicati angoli acuti nell'aria mentre distingui movimenti necessari a recuperare la guardia dopo un colpo di incredibile violenza che non ricordi di aver sferrato, poi riprende la propria presa sulla realtà, puntando l'arma in avanti.

    Immediatamente dove ti trovi tu e in un centinaio di metri di diametro si genera una terrificante pressione gravitazionale che immediatamente livella il suolo attorno a te, spalmando ulteriormente la poltiglia rossa, grumosa e viscida. Una pressione tremenda, volta a schiacciarti contro il terreno e frantumare il tuo intero corpo dentro la tua stessa armatura. Allo stesso tempo l'aria si fa rovente , al punto che i liquidi evaporano all'istante e i residui solidi si inceneriscono e accartocciano. La pressione del punto combinata all'immensa temperatura scuotono l'esistenza in un terribile intreccio.


    [Schiacciata gravitazionale rovente a suprema ]
     
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    Non sapeva più neanche cosa pensare.
    Un altro salto, ed era nel pieno della lotta contro l'angelo. Il dolore delle ossa rotte gli torceva i nervi come aghi roventi, il braccio sinistro penzolava inutilmente dalla sua spalla, l'orribile odore di sangue e carne maciullata gli permeava le radici. Qualsiasi cosa fosse successa in quei momenti in cui era diventato uno con il nulla, era stata enormemente sanguinolenta e crudele contro il concetto di carne. A Dennis Dettermann gli era stata negata anche la possibilità di essere presente alla sua capitolazione, e quella fu inequivocabilmente una sottile crepa nel muro sulla sua determinazione.

    Nella cuspide di confusione sulla quale si trovava, Dennis si domandò perché era in quella situazione.
    Ore, Giorni, settimane passate a tempestarsi di domande: Perché P.A.N. gli aveva mentito? Perché proprio ora, durante la guerra? Perché gli era stata negata una fine netta e veloce? Chi si era divertito nel vederlo scivolare via come orme sulla spiaggia?
    In quel crogiolo di violenza, con carne e sangue che bagnavano il terreno di liquido rosso, Dennis si sentiva solo come se fosse ai limiti estremi dell'universo. Era inondato da luci, suoni e odori, ma era solo, stava per morire da solo, non in un un fragoroso tuono di pura potenza, ma in uno sciabordio anonimo, lontano da chiunque volesse ascoltare.

    Il caduto ignorava qualsiasi cosa passasse per la testa per il Guerriero di Dettermann, e con arcani gesti invocatori, il suo potere piegò la realtà al suo volere.
    La punta della sua lancia indicò il Re delle Bestie. In un cerchio di un centinaio di metri, la forza gravitazionale venne elevata in modo spaventoso. La terra stessa si riempì di crepe, le rocce si spaccarono in sbuffi di polvere soffocata, mentre la poltiglia di carne che copriva i suoi piedi venne pressata al livello del terreno. Dennis sentì quella potenza gravitazionale in ogni fibra del suo essere. La sua stessa Drian divenne una trappola mortale per la sua stessa carne, una Vergine di Ferro che lo lacerava semplicemente esistendo. Senza neanche avere il tempo di abituarsi al suo nuovo peso gravitazionale, l'aria intorno a lui divenne rovente. L'odore di carne bruciata riempì istantaneamente l'aria, e l'istinto di Pan lo portò a riempirsi i polmoni d'aria una volta sola per evitare che aria rovente gli entrasse in corpo e lo cuocesse dall'interno.

    Dennis era ancora li. Non c'era l'oblio a sottrarlo da quel dolore. Sarebbe morto per mano di un reietto dei cieli, o sarebbe scomparso come le memorie di un cervello divorato dalla demenza. Da solo, senza che qualcuno potesse sentire la sua voce.
    E fu in quel momento, nel buio più assoluto in quell'abisso in cui si trovava, che una scintilla si permise di illuminarlo.
    La domanda era sbagliata.
    Non doveva chiedersi perché stesse scivolando via, no. Doveva chiedersi perché era ancora lì, perché il concetto universale di Vita non lo aveva assimilato all'istante, perché Dennis era ancora li, e lui conosceva la risposta ad ogni singola domanda.
    Dennis Dettermann, nato nell'Universitätsspital di Zurigo alla fine del secolo breve da Jarno “Jones” Dettermann e Aurora Mariani. Quel bambino che non avrebbe dovuto vedere l'alba del suo sesto mese di vita. Quel bambino che divenne uno dei tanti simboli di un concetto tanto semplice quanto terribile:

    L'amore è capace di far fare cose orribili.

    E Dennis lo sapeva, sapeva cosa era capace di fare una persona che amava. Lui stesso era una prova vivente di quanto poteva spingersi qualcuno pur di salvare suo figlio, e non c'era stato un giorno da quando gli venne presentata la verità senza che il peso della sua stessa esistenza non gli schiacciasse il petto. Ogni suo respiro, ogni battito del suo cuore era stato possibile solo grazie alla sofferenza altrui, il mondo, no, la realtà stessa era il suo creditore, e Dennis non aveva finito di pagare il suo debito.

    L'incredibile potenza del Re delle Bestie fu usata allo stremo per evitare che la sua spina dorsale schizzasse via come gelatina. Al centro di quell'inferno rovente, Dennis alzò il suo braccio ancora funzionante. Non poteva muoversi, spostarsi da quella posizione significava contrastare ancora di più la potente gravità che lo ancorava al terreno. La paradossale energia della morte avvolse il suo corpo, concentrandosi sulla punta dell'indice sollevato, concentrata in un proiettile che roteava sempre più veloce per stabilizzare la sua futura traiettoria verso il viso del caduto. In quella trappola gravitazionale, solo la pura energia aveva qualche possibilità di non essere influenzata dall'opprimente gravità di quella zona mortale. Si, tienimi fermo. Pensava Dennis. Bruciami le palpebre, ustionami fino alle ossa, cucimi vivo, non ti muovere.
    Prima che quella granata d'artiglieria venisse lanciato contro il caduto, in quei momenti racchiusi nei battiti di palpebre, Dennis si lasciò andare all'ultimo rifugio degli uomini soli:
    La preghiera.

    Gea.
    Non so se mi stai ascoltando, non l'ho mai saputo, ma se questa preghiera raggiunge anche solo una parte di te, ti prego, salva gli altri.
    Portali via, portali lontano da questo campo di battaglia, portali al sicuro, lontano da lui, lontano da me. Ognuno di loro combatterebbe per noi con sassi e bastoni fino all'ultima goccia del loro sangue. Sono capaci di compiere azioni straordinarie in tuo nome. Portali via, salvali tutti loro. Ti amano oltre ogni cosa, non abbandonarli adesso, salva i tuoi figli...


    Lascia che il tuo figlio adottato onori i suoi debiti.


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    FISICAMENTE - Braccio inutilizzabile, ossa rotte, perdita di sangue estrema, belle che inizia a carbonizzarsi.

    MENTALMENTE -
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    RIASSUNTO AZIONI - Mentre l'angelo mi tiene fermo e mi cuoce, vado di obice necrocosmico putato sulla sua faccia
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    Loxosceles reclusa.

    Il ragno eremita marrone, come la maggior parte della famiglia Sicariidae, ha la particolarità di trasmettere una condizione patologica nota come Loxoscelismo, una patologia che provoca necrosi nei tessuti, condizione tanto rara da essere estremamente difficile da curare ed addirittura diagnosticare
    Il cosmo selvaggio di Pan può interfacciarsi con tale capacità, diventando un agente necrotico a bassa potenza, con la tipicità di non provocare dolore nella sua vittima, proprio come il morso del ragno eremita.

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    Ogni cosa è rossa. Ogni cosa pulsa, si gonfia e si sgonfia premettendo il flusso di cose rosse all'interno di altre cose rosse. I tamburi del rosso sono più forti che mai, il suono rotola su se stesso come una sequenza infinita e infinitesimale di tuoni e rombi. Ogni cosa viene soffocata dal suono dei tamburi, e in quel momento scopri che cosa sono veramente quegli strumenti. Li vedi, li vedi distribuiti nel rosso, nascosti di rosso, fatti di rosso. Sono cuori. Tutti i cuori di ogni organismo mai esistito e che mai esisterà in tutto l'universo. Masse contrattili del più semplice dei vermi e oggetti enormi a ventiquattro camere di leviatani che nuotano in mari gassosi su pianeti lontani.

    Sei un piccolo nulla, una cosina insignificante. Davanti a qualcosa di immenso su cui forme nascono e muoiono senza controllo, qualcosa di squassato dalle correnti del rosso, qualcosa di immensamente potente e glorioso e infinitamente patetico e debole allo stesso tempo. Qualcosa che si sta agitando, sfaldando, ricostruendo, decostruendo e attraversando milioni di miliardi di iterazioni ogni istante davanti a te.

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    La sua voce ti raggiunge di nuovo, ti invade, si rovescia su di te schiantandosi col suono di una valanga.

    Che giorno è oggi?


    La cosa è confusa, persa, agitata, spaventata, ogni cosa che nasce dal rosso e muore in esso si agita in esso.
     
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    L'unica ancora che lo teneva saldato alla realtà gli venne strappata di dosso. Lo stimolo che lo costringeva a rialzarsi, che gli ricordava di essere, in un certo senso, ancora vivo.
    Dennis non sentiva più dolore.
    Un luogo familiare ed estraneo allo stesso tempo, come una memoria d'infanzia sepolta dal tempo. Il Rosso si espandeva in ogni angolo dell'esistenza, pulsando e premendo contro il limite dell'infinito il rumore gli tempestava l'ombra di quello che una volta era il suo senso dell'udito. Tamburi, milioni di milioni di tamburi dal ritmo e dal tempo diviso in due parti. Un suono che ogni grammo di ciò che rimaneva di lui riconobbe all'improvviso, una musica che accompagnava ogni singolo essere vivente nato, cresciuto e morto sotto il cielo dell'universo:
    Cuori. Erano cuori che con le loro contrazioni ed i loro tessuti formavano la materia cangiante del significato di essere vivi. E Dennis era davanti a lui, nella sua forma più diminutiva mai concessagli, tanto insignificante che l'essere morto sarebbe stato come dare spessore e massa ad un raggio di luce. La Vita, nella sua manifestazione più viva che potesse mai comprendere, ma c'era qualcosa di sbagliato in quella “creatura” dalla presenza terrificante.

    Una voce, un lamento di confusione e paura.

    Che giorno è oggi?


    La voce lo attraversò, ed in quell'unica frase la sua intuizione, la sua conoscenza profonda si ampliò, toccando ogni angolo di quel luogo, donandogli contesto prezioso:

    Era alla fine del Tempo, con il concetto di Vita affetto dalla demenza.

    Ma perché era li?
    Perché non era semplicemente scomparso in una nuvola di polvere? Perché ora era alla fine di tutto, dove anche le montagne non erano altro che ghiaia e polvere su un terreno alieno? Perché doveva essere spettatore di una scena tanto raccapricciante quanto penosa? Cosa poteva davvero fare?
    Avrebbe voluto chiudere gli occhi, mettersi le mani sulla faccia, respirare un secondo, un solo singolo secondo, ma non aveva occhi, ne mani, ne respiro. Era semplicemente Dennis, ed era alla fine del mondo.
    Perché?

    Ammirò con orrore ancora una volta quella patetica e terrificante “creatura”, percependone la condizione, l'incertezza e la profonda e gelida paura che lo attanagliava. Dennis in quel momento non era che una candela nel vento, ma c'era qualcosa dentro di lui, qualcosa che gli impediva di voltare lo sguardo, di ignorare cosa aveva davanti, non per pura curiosità, ma per necessità di fare qualcosa, qualsiasi cosa.

    Io sono il fuoco, ma tu sei la luce, Dennis.

    Senza che sapesse come, Dennis si avvicinò a quella massa, abbastanza da sentire il battito dei cuori modificarsi al suo arrivo.

    Forse sarebbe scomparso dopo un'ora, un minuto, o anche solo dieci secondi. Forse sarebbe diventato parte di un nulla che per definizione non sarebbe mai potuto essere contestualizzato. Ma in in quel breve, minuscolo lasso di tempo su scala multiversale, Dennis avrebbe acceso la luce, avrebbe reso la notte meno oscura. In quella lunga marcia verso il nulla più assoluto, Dennis avrebbe dato vita ad una stella, ci avrebbe anche solo tentato di farlo, perché tentare era già una cosa, e la differenza tra zero e uno è più grande di quella tra uno e infinito.


    Oggi è il giorno in cui morirò. Oggi è il giorno in cui rinascerai.
    Perché sei la Palingenesi dopo il Nulla.



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    La tua è una luce. Una piccola piccola luce, affogata in un immenso immenso rosso che si estende per il sempre e per il tutto. La tua luce semplicemente c'è, viene constatata la sua esistenza, ma sembra che il concerto di cuori sia indifferente, che la non luce rossa sia troppo grande ed eterna attorno a te. Così ogni cosa viene soffocata. Ogni cosa rallenta. Ti sembra che i cuori stiano rallentando, ma dopo milioni di anni ti rendi conto che non è vero. Sei tu a stiracchiarti nel tempo e nell'esistenza al punto che ogni cosa frenetica e agitata della vita ti sembra lontana e lenta. Ed in quel momento riesci a distinguere il suono.

    È musica. Il canto della vita, milioni di miliardi di cuori esistiti e che mai esisteranno ti accompagnano nell'eternità, scortando il tuo cammino verso la fine e verso la polvere. L'universo vivo e pulsante sta cantando il tuo addio. Hai fatto quello che potevi P.A.N, hai guadagnato il risposo alla fine di ogni cosa, l'uomo del Truman show che ha esercitato il suo continuo e violento dovere ha finalmente raggiunto la fine del set, quel muro con gli scalini e la porta oltre cui c'è semplicemente il resto, qualcosa che non sai e che non puoi sapere perché la tua esistenza è semplicemente stato "questo". Essere P.A.N.

    Arrivi al confine, riesci a sentirlo fisicamente davanti a te. Oltre di esso semplicemente c'è il resto, tutto ciò che non è l'universo. La fine, il nulla. Il riposo. La fine di quello che sei, P.A.N.
    E mentre stai per varcare la soglia, mentre stai per dare i tuoi buon pomeriggio buonasera e buonanotte , un piccolo pensiero attraversa la tua mente. Sei stato P.A.N, sei sempre esistito come P.A.N forse.

    Ma che male c'è nell'essere stato Dennis?
    Ed in quel momento, mentre quel piccolo pensiero alieno ti attraversa, la musica cambia.



    Le note cambiano, ogni cosa cambia. Dietro di te, compare qualcosa. È una piccola forma. Una bambina bionda, i suoi vestiti sono bagnati, i suoi occhi sono storti. Ti guarda come meglio può, fatica a metterti a fuoco. Le sue parole ti attraversano senza che muova la piccola bocca.

    Ti arrendi, Dennis?



    È una piccola voce, piccolissima, la senti a malapena. Accanto a lei un'altra forma. È un'altra bambina, dagli strani capelli viola. Ha un'espressione vagamente tetra, non troppo presente.

    Ti arrendi, Dennis?



    La sua voce si unisce a quella della prima bambina. Un'altra forma ancora. Un piccolo fauno, dagli occhi bendati.

    Ti arrendi, Dennis?



    Altre forme ancora. Altri bambini, adulti, creature che si uniscono diffondendosi sempre di più in quel nulla che hai raggiunto alla fine di tutti. Alcuni li conosci, altri no. Vedi anche Huli, vedi molti del tuo esercito, vedi sempre più persone.

    Ti arrendi, Dennis?



    Sono tutte vite che hai toccato con la tua, tutte persone che hanno avuto bisogno di te e a cui hai dato il tuo aiuto. Tutte persone che in quel momento non hanno avuto bisogno di P.A.N, hanno avuto bisogno di Dennis. La musica diventa sempre più forte, ogni nota vibra dentro di te con grande forza.

    Ti arrendi, Dennis?



    Sempre più persone, sempre più vite. Persone a cui hai dato quello che Dennis poteva dare. Conforto, gentilezza, quello che sei tu. Parole di conforto, una birra sul bordo di un ponte buio, un abbraccio, una ninna nanna.

    La musica non cessa.





























    Ti arrendi, Dennis?
     
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