Mono no aware - La Sensibilità Delle Cose

Andrea x Amaterasu

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    Sengen Sama, l'Eletto del Monte Tate e quello del Monte Haku stavano salendo le scalinate del Grande Tempio.
    Passi calmi in una notte di quiete, con un vento giocoso che danzava tra le Dodici Case.
    Le tre donne erano vestite a lutto però. Vi era festa, vi era gioia per una grande vittoria, per quel colpo di schiena che aveva fatto risollevare tutti loro dall'oblio e dalla fanghiglia dove stavano affogando da troppo tempo. Ma non potevano dimenticare il sangue dei loro fratelli. Non potevano dimenticare del dolore del Giappone, né del sangue dato da Amaterasu per cementare questo nuovo muro.
    Non potevano dimenticare, loro che più di tutti avevano combattuto, il dolore del Giappone, di quanto avevano sofferto e combattuto affinché tutto questo potesse essere. Avevano combattuto per una speranza. Avevano dato tutto. E il Sole era tornato. Mischiato all'Oro.
    Ed ora il Sanreizan, Le Tre Montagne Sacre, salivano la scalinate del Grande tempio perché portavano un messaggio.

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    «Siamo arrivate Sengen sama?»



    Il Tate aveva un kiseru in bocca. Fumava e piccoli cerchi disegnava nell'aria. Il suo vestito scopriva le spalle dove un irezumi ne copriva il seno e le spalle.
    L'Haku restava in silenzio. Non parlava mai perché le parole andavano dosate. Restava in silenzio ad osservare il paesaggio e le piccole luci che, come fiaccole, si accendevano tra le ombre.
    Aveva i lunghi capelli neri, la pelle di porcellana e un kimono nero con gigli del ragno rosso ricamati sopra.
    E non fu ornamento a caso. Il Giglio del ragno rosso era il fiore dei morti, il fiore del filo che lega le anime. Che le fa passare a Chernobog, che era la fiaccola per non farle disperdere, per non farle perdere e per proteggerle. Era il fiore della malinconia. Il fiore che cresceva sulle tombe, il fiore della tristezza e dell'abbandono ma anche della rinascita.
    Haku era triste ma un lieve sorriso ne increspava il volto solcato dal dolore ma c'era anche speranza. Quel fiore era l'omaggio a chi aveva dato la vita affinché quelle fiaccole venissero accese, affinché vi fossero canti e gioia.
    Il sangue era stato dato, per alcuni molto per altri tutto, affinché non ne fosse versato altro. Loro erano le Tre Montagne Sacre. Erano le Montagne che vegliavano sul Giappone e sulle sue genti, sulla sua vita e che combattendo lo avevano protetto ma avevano anche permesso che la Corruzione non dilagasse, che non consumasse il Creato.
    Per questo molti erano morti. Per questo la Corte di Mezzanotte, la Corte che sfida l'Oblio e l'Abisso, aveva dato il suo sangue aiutando i cavalieri di Athena. Per far si che vi fosse ancora un Creato dove poter vivere ed essere. Sbagliare addirittura, ma che vi fosse un posto dove poter vivere. Quel fiore era triste, rosso come il sangue, ma che pulsava ancora perché sempre avrebbe ricordato l'onore e il dovere della Corte più selvaggia di G.E.A.
    Quel fiore segnava il sentiero alle loro anime, e ricordava, a tutti loro che erano vivi che ora facevano parte di questo magnifico tutto.

    «Dovrebbe mancare poco. Haku...cosa stai guardando?»

    Sengen sama posò una mano sulla sua spalla.

    «Nulla, andiamo..»

    Imperscrutabile.


    La casa del leone svettava davanti a loro. Silente come un gatto addormentato su un tetto, immensa come un leone che si ergeva con tutto il proprio orgoglio. Salirono gli ultimi gradini.
    Sapevano che sarebbero state percepite. Non avevano fatto nulla per nascondersi, né mostravano intenzioni malvagie ma avevano espanso i loro cosmi, come a manifestarsi, e ad attendere che la Leonessa uscisse dalla sua caverna per annusarle.
    Non erano immense le tre donne, e non brillavano né per abilità né per ampiezza di cosmo, eppure erano lì perché qualcuno aveva chiesto loro di recapitare un messaggio ad Andrea del leone, il Gold Saint della Quinta Casa.
    Che aveva combattuto in Giappone ed ora il Giappone nella sua forma più spirituale e simbolica si stava inginocchiando di fronte all'ingresso della Quinta Casa. Saluto. Riconoscenza. Orgoglio. Speranza. Tristezza. Malinconia.
    Tutto questo traspariva da quei cosmi che si ergevano maestosi come le Tre Montagne di cui avevano potestà e su cui il Giappone si era nascosto per sopravvivere.
    Anche loro avevano perso. Persino troppo. Eppure quando il Sole arrivò da est, scendendo dai Carpazi e attraversando l'Asia su venti detti furia e vendetta, loro erano lì e piansero. Quando videro i Gold Saint contro le macchinazioni di Ponto, quando videro La Corte di Mezzanotte farsi muro di artigli e lance di contro alla furia senza senso della Corruzione. Quando Kusanagi si fece vento a spazzare quel dolore e a cantare per la Vita e la Realtà, loro erano lì.
    E sempre sarebbero state, fino a quando avrebbero avuto un cuore che batteva.
    Erano lì a ringraziare. Perché nessun sangue era troppo importante. Quando si combatteva si mischiava l'uno con l'altro, nemici e amici.
    E quando la videro, Sengen sama si inchinò e con lei le altre due.


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    «Andrea del leone noi siamo il Sanreizan del Giappone e la ringraziamo per quello che avete fatto e per il dolore che avete sopportato. Voi e i vostri compagni...avete la nostra benedizione.»



    Sengen sama era bella. Troppo da renderla perfetta. Da renderla al di là di ogni cosa eppure lacrime ne rigarono il volto, rendendola di colpo umana e vicina. Rendendola piccola e debole. Ma gli eletti di G.E.A soffrivano molto di più degli altri per le ferite inferte al Creato, e loro tre avevano sofferto per il Giappone in tutti quegli anni che ogni ferita infertagli, l'avevano sentita su di loro moltiplicata per cento.
    Avevano vissuto gli ultimi anni con il cuore e l'anima grondante lacrime di sangue. Rabbia e odio. Impotenza. E poi Amaterasu o mi kami. Poi la Spada Nelle Tenebre si era ridestata. E con essa il Giappone si rialzò, distruggendo le catene della Corruzione fino a quel giorno.

    «Le parole non bastano. Perdonate se non saprò ringraziarvi e farvi capire quanto abbiate tolto un macigno dal mio cuore. Sappiate però che mai più scorderò il vostro nome e il volto della donna che ha permesso questa speranza. »

    Caddero lacrime, come pioggia, sul freddo marmo della Quinta Casa. Fu Haku a prendere parola adesso. Una voce più rude. Vi era più orgoglio. Più fuoco.

    «Ma siamo qui non per ringraziarvi e basta, perché non siete stata la sola a dare dolore e sangue sul campo di battaglia. Siamo qui perché Amaterasu o mi kami vi invita al tempio Sud e ha chiesto a noi di accompagnarvi...»

    Parole come lapilli. Eppure la guardava. Era inchinata ma per dire queste parole sollevò la testa e il suo unico occhio fu dentro quelli della leonessa.
    Mentre Tate restava in silenzio con gli occhi chiusi e un sorriso impercettibile sul volto. Respirava e sentiva ogni cosa. Mentre Haku guardava fiera la leonessa. Le tre Montagne Sacre...ognuna legata ad un aspetto dell'anima.

    «Verrete con noi? Amaterasu vuole parlarvi per motivi tutti suoi. L'Araldo della Creazione va per strade tutte sue. Nemmeno noi vediamo quello che vede... »

    Tate fermò Sengen sama. Si alzò. Avvicinandosi ad Andrea, per prenderle le mani. Vi era un sorriso su quel volto. Mani nelle mani? Un tocco lieve, delicato, timido, attendeva sulla soglia dell'anima di Andrea di poter entrare.

    «Ci sarà sempre un pezzo del Giappone in te. Accettalo... questo viaggio non è ancora concluso. Stringi le mie mani e fai questo viaggio. Rifiuta pure se vuoi, capirò e capiremo.»

    Lasciò le sue mani. Si aprì la Via Dorata. Le api erano intorno a loro. Dal nulla erano apparse e dal nulla aprirono lì quel portale verso Agartha. Lì nel Grande Tempio. Ma in fondo tutto era sotto la loro potestà. Ogni cosa della Realtà.

    Loro tre erano sulla soglia.
    L'invito di Sengen sama.

    «Vuole seguirci, Andrea? »


    Il Crogiolo era lì. Il Tempio Sud. Gli elementi vorticavano, ruggivano, cantavano, mescolandosi, fondendosi. Un canto, una danza che invitava Andrea. Ne accarezzava il suo cosmo, la sua luce, il Keuranos.



    Edited by Lyga - 3/1/2021, 21:14
     
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    I motivi sul soffitto iniziavano ad assumere forme grottesche.
    Con poco più di sette ore di sonno in due notti la sua testa era pesante, gli occhi spenti, la bocca impastata. I riflessi non erano lucidi. Tutto il mondo si muoveva al rallentatore. Era stanca, ma non voleva dormire. L'ultima volta aveva sognato di nuovo un drago rosso sangue che minacciava di divorarla, e si era svegliata pensando di aver udito una risata familiare a pochi metri da lei.
    Erano solo i corvi fuori dalla finestra. Ma pensava che Karl fosse venuto a finire il lavoro. Si alzò le coperte fino al naso. Che cosa avrebbe fatto, quella giornata? Mettere i piedi fuori dal letto poteva essere un inizio. Mostrarsi forte, decisa, andare a parlare alle truppe. Contattare la Grado. Controllare che la sua Dea avesse trovato tutto il necessario al suo posto. Sì, sarebbero state tutte cose degne del Cavaliere del Leone. Di uno dei Saint che era riuscito a colpire così duramente la Corruzione, e di cui già in Grecia si narravano le gesta. Eppure sapeva che non l'avrebbe fatto.
    Erano due giorni che oscillava tra il voler prendere a pugni chiunque o qualunque cosa a uno stato di apatia forzata. Una parte di lei era rimasta in Giappone, ci aveva pensato e ripensato. Aveva perso qualcosa, ma la cosa più tragica era che, avendola persa, non poteva nemmeno definire con certezza cosa fosse.
    Era ormai mezzogiorno inoltrato quando trovò la volontà di scendere dal letto.

    Il primo passo non le diede problemi. La gamba sinistra invece formicolava.
    Sotto le fasciature che la avvolgevano quasi completamente sentiva un gran prurito. Quello della pelle che si cicatrizza. Avrebbe dovuto cambiare le bende, pensò. Sarebbe stato molto più comodo guarirsi col Keraunos, ma aveva dato fondo a ogni energia in Giappone, e ancora non riusciva a utilizzarlo per periodi prolungati. Si stava rimettendo a rilento, quasi da normale essere umana.
    Si sforzò di aprire la porta con la mano sinistra. Si sorprese nel vedere che aveva ritrovato la sensibilità alle dita, anche se solo quel semplice movimento le provocò una fitta di dolore. Strinse i denti, se quel braccio era ancora attaccato al suo corpo era solo merito dell'armatura del Leone. Scese le scale una alla volta. Complimenti Andrea, si disse. Che atto di eroismo incredibile. Scosse piano la testa. Era un inizio.
    Quando arrivò al salone notò di non essere sola. Gramàn la aspettava, tamburellando con la coda sulla scrivania da lavoro. Ogni movimento sollevava scintille. La osservava con i suoi occhi brillanti, studiando i suoi movimenti. Era strano. Non era quasi mai in casa, eppure non si era mai allontanato da quando era tornata dal Giappone.
    Ancora brutti sogni? ❜ Le chiese il gatto. Lei non ebbe bisogno di annuire.

    Gramàn posò gli occhi sull'armadio. Inarcò la schiena e si preparò a saltare.
    Dall'armadio superò le librerie, per poi posarsi, leggero come una piuma, sulla spalla di Andrea. Solo quel tocco la fece stare meglio. Il Keraunos di cui era composto era abbastanza intenso da lenire le sue ferite, e il gatto faceva del suo meglio per aiutarla. Non ricordava fosse mai stato così affettuoso, così bisognoso di attenzioni e di coccole. Lo sapeva, era per starle vicino e guarirla. Non poteva essere altrimenti, per un'essere nato dal più puro degli elementi divini – eppure gli era grata.
    Andiamo in cucina. ❜ Disse lui, e Andrea esitò. Sentì le sue zampe farsi un poco più pesanti sulla sua spalla, così annuì piano. Avvicinò le dita al suo mento e gli diede una grattata: era come poter toccare la calda fiamma di un camino. Gramàn scese con un balzo e si appoggiò al tavolo, guardandola preparare una Caesar salad con aggiunta di pollo alla piastra. Mangiò in silenzio, guardando la valle piena di vita fuori dalla finestra.
    Lavò i piatti e si fece un the caldo.
    Decise che avrebbe lavorato un po'.

    I registri andavano aggiornati, gli eventi raccontati e archiviati.
    Era suo dovere. Si mise sulla scrivania in salotto e tirò fuori moduli, registri, penne e inchiostro, e iniziò a prendere appunti. Decise che avrebbe trattato la questione nel modo più impersonale possibile, come se stesse raccontando qualcosa che non aveva vissuto lei stessa.
    Dopo poco Gramàn la raggiunse, acciambellandosi sulle sue gambe. Gli grattò distrattamente dietro l'orecchio. L'orologio a pendolo aveva già battuto cinque volte prima che avesse finito con la prima bozza. Raccolse tutto insieme e lo ripose nel cassetto. Si alzò e Gramàn, indispettito, saltò giù con la coda ritta in aria, allontanandosi. Si sentiva già più leggera. Si stava riprendendo la sua vita, che fosse il lavoro o le funzionalità del suo corpo.
    Si stiracchiò, pensando a cosa fare. Era ancora troppo presto per la cena... e non aveva per niente fame. Sbadigliò mentre si avvicinava alla libreria. Avrebbe scelto un libro leggero, qualcosa da fare per ammazzare il tempo e rilassarsi prima della sera. Iniziò a cercare, dall'alto verso il basso, qualcosa che non avesse ancora letto.
    Si sentiva davvero stanca.

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    Riaprì un'occhio percependo una luce improvvisa davanti a lei.
    Gramàn la fissava, il muso troppo vicino alla faccia. Era l'unica fonte di luce presente nella sala. Gli ultimi fuochi del tramonto stavano cedendo il passo alla notte. Si passò una mano sul viso, tirandosi su e appoggiando la schiena sulla libreria. Alzò un sopracciglio verso il gatto, come chiedendo spiegazioni.
    Ti sei appoggiata mentre cercavi un libro nell'ultimo scaffale. ❜ Le disse. Lei annuì, stropicciandosi gli occhi. Si sentiva la testa leggera, la sensazione di non sapere bene dove fosse o cosa dovesse fare.
    Devi prepararti. Hai visite. ❜ Subito Andrea scattò in piedi, passando lo sguardo sul salone per cercare qualcuno. Poi capì cosa intendeva. Non bruciava il suo cosmo, nemmeno allo stato latente, da giorni. Non appena lo fece si accorse, distintamente, che tre persone si avvicinavano alla Quinta Casa, procedendo nella scalata.
    Si concentrò su quei cosmi. Gea. Sì, si disse. Si erano ripromessi di restare in contatto, dopo il Giappone, e avevano mantenuto la parola. Si riscosse e andò in bagno, dove si sciacquo il viso, mise un filo di trucco e indossò una veste nuova.
    Si guardò allo specchio. Ci ripensò. Avrebbe indossato la sua armatura.

    Tre donne salivano gli ultimi gradini per la Quinta Casa.
    Lei li aspettava davanti alla porta d'ingresso, l'armatura indossata, Gramàn acciambellato, con gli occhi socchiusi, sullo spalliere destro. Le guardò inginocchiarsi davanti a lei, come fosse una divinità o qualcuno a cui dovevano un grosso favore. Lei scosse piano la testa, ma non chiese loro di alzarsi. Abbassò a sua volta il capo, in un gesto di saluto.
    Si presentarono come le tre montagne sacre del Giappone, ambasciatrici di Amateratsu, che con i Saint aveva combattuto in Giappone la battaglia contro la corruzione. Ascoltò le loro parole cariche di gratitudine, pensando che non poteva comprendere a pieno la loro felicità nel sapere che la loro terra era stata liberata. Aveva vissuto qualcosa di simile, ad Atene, ma quella era stata casa sua solo per pochi anni.
    « Ho fatto solo il mio dovere, adesso sta a voi la parte difficile. Dovete rendere quella terra di nuovo abitabile. » Disse, e si rese conto che erano le prime parole pronunciate in tutta la giornata dal tono roco con cui le uscirono. Si schiarì la voce, e ricambiò la stretta di mano delicata di Tate.
    « Vi ringrazio per l'invito. Io stessa volevo parlare con Amateratsu. Verrò con voi. » Una nube d'api la circondò, e il Grande Tempio scomparve.

    Fece fatica ad abituare i sensi a tutti quegli stimoli.
    Indossare la sua armatura voleva dire tenere il cosmo attivo, e bruciarlo voleva dire percepire ogni cosa in modo più intenso, i sensi del Leone che lavoravano per cogliere ogni aspetto del Crogiolo. Non solo il tatto, la vista, l'udito, i sapori e gli odori. Ma anche il cosmo stesso, che fluiva in ogni cosa e essere vivente nello stesso modo.
    Sentì la testa vacillare sotto il peso di tutte quelle informazioni. Sentì che Gramàn se ne era accorto. Iniziò a fare le fusa, scendendo dallo spalliere e iniziando a fare le fusa, inarcando la schiena e strusciandosi sulle sue gambe. Ogni suo movimento sollevava scintille. Amateratsu avrebbe potuto sentire che il cosmo stesso di cui era composto, puro Keraunos, era più intenso di quello che poteva generare Andrea stessa.
    La sua testa si schiarì dopo l'impatto iniziale. Anche l'armatura pesava meno sul corpo, come se non sentisse più il bruciore e il fastidio delle ferite in rimarginazione.
    Alzò gli occhi verdi, cercando Amateratsu con lo sguardo, beandosi del territorio nuovo e inesplorato in cui si trovava.
    « Finalmente ci incontriamo, questa volta in un posto e un momento più tranquillo. Lieta di conoscervi. Io sono Andrea del Leone. » Disse, con un lieve sorriso sul volto. Le sembrava giusto condurre delle presentazioni ufficiali. In Giappone, tra i furori della guerra, non ce n'era stato il modo.

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    Energia ~ Viola.
    Cloth ~ Gold Leo - VII - indossata.
    Condizioni ~ Ok.
    Abilità ~ Keraunos

    Il Keraunos, nel tempo, ha assunto molti nomi. Che venga chiamato Fulmine Sacro o Saetta Deicida questo elemento è potenzialmente devastante, pericoloso sia per gli umani che per le stesse divinità. Perché non cadesse nelle mani sbagliate Atena, dopo averne sottratto un frammento a Zeus, lo donò ai suoi cavalieri del Leone, perché lo custodissero e lo utilizzassero per illuminare la via degli uomini.
    Andrea è stata l'ultima a ottenere questo dono, che come tutti i cavalieri di Leo le consente di controllare il fulmine in ogni suo aspetto. Maestra dell'elemento elettrico, è in grado di manipolarlo per dare vita a scosse, fulmini, tempeste elettrostatiche, capaci di paralizzare le parti colpite, causare danni al sistema nervoso o provocare bruciature, fino a stordire i suoi nemici. {Elettricità}
    Il Keraunos le permette un controllo tale del fulmine da poterlo manipolare persino nelle sue più piccole manifestazioni, i fotoni, le particelle minime del campo elettromagnetico. Questo le dona la capacità di controllare anche la luce in tutte le sue forme, potendo dare vita a fenomeni ottici così luminosi da danneggiare la retina dei suoi avversari, ma anche di poterla condensare per dare vita a raggi concentrati e taglienti, fino anche a emulare la vita creando delle lame rudimentali o degli scudi di luce. Inoltre, sfruttando la rifrazione, sarà possibile per Andrea nascondersi in piena vista, ottenendo un effetto simile, ma non altrettanto perfetto, all'invisibilità. {Luce}
    Il Fulmine Sacro, in virtù della sua origine divina, le permette di difendersi contro ciò che normalmente colpirebbe la maggior parte dei cavalieri. I suoi effetti non si fermano alla sola materia. Il Keraunos, infatti, le permette di danneggiare e di proteggersi da costrutti spirituali e dagli attacchi capaci di colpire l'anima. {Capacità di contrastare gli attacchi portati con Spirito}
    Tra le doti che le garantisce la Saetta vi è quella di poter, con la sua luce, guarire le ferite degli uomini. Andrea può lenire sia le ferite altrui che le proprie, permettendole, una volta a duello, di guarire un unico tipo di danno, purché non sia così profondo da essere fatale. In questo modo è possibile, per Andrea, protrarre il combattimento fin dove non sarebbe possibile altrimenti. {Guarigione}
    Tutti gli attacchi portati dal cavaliere del Leone, in virtù della potenza del Keraunos, risulteranno più potenti del normale, potendo lei richiamare più cosmo con minore dispendio di forze. Questo le consente un vantaggio tattico nei confronti di numerosi nemici, dovendo questi, a parità di forze, sforzarsi di più per generare attacchi pari ai suoi. {Cosmo Straordinario}


    Illuminazione Cosmica

    Se il cavaliere della Vergine è quello più vicino agli dei, quello del Leone è da sempre il più vicino alla natura. Andrea possiede una sorta di empatia portata all'estremo, che le consente di percepire il cosmo in ogni cosa, sia questo negli uomini, negli animali o negli oggetti inanimati. É in grado di intuire anche la più flebile traccia cosmica, ottenendo più informazioni di quanto non sarebbe normalmente possibile. {Percezione Straordinaria}
    Inoltre, facendo risuonare il suo cosmo con la natura, Andrea è in grado di aizzare o di quietare l'ambiente circostante, per esempio potendo addomesticare anche la belva più feroce, per renderla innocua e una fedele compagna. {Empatia con la Natura}
    Andrea è così abile nel percepire le anche minime alterazioni nel cosmo che sarà più difficile, per lei, cadere vittima di illusioni ambientali o di simili alterazioni sensoriali. Ciò le permette di uscirne più facilmente, di percepire di essere caduta in un inganno e di restare lucida mantenendo la percezione del mondo circostante. {Capacità di contrastare le Illusioni Ambientali}
    I suoi sensi sono così sviluppati da essere dotata di un istinto che le consente di rendere le sue difese o i suoi attacchi particolarmente precisi ed efficaci. È difficile prenderla di sorpresa, e per lei è sempre possibile variare le sue tecniche per renderle più adatte al cosmo dell'avversario e agli attacchi che si trova a fronteggiare. {Difese e attacchi più precisi}
    Tuttavia non solo può migliorare le proprie offensive e le proprie difese, ma persino emulare quelle dei suoi avversari. Purché non siano poteri a lei totalmente estranei, come quelli spirituali o illusori, Andrea sarà in grado di imitare le tecniche altrui, creandone di simili a partire dai poteri di cui lei dispone. Le sarà possibile, in questo modo, dare vita ai colpi più disparati, imitandone le caratteristiche e funzionamento, ma sempre utilizzando come base il proprio cosmo, la luce o l'elettricità. {Capacità di emulare le tecniche altrui}
    L'ultimo potere che le garantisce la sua empatia cosmica è quella di, facendo risuonare il proprio cosmo con quello avversario, tentare di prendere il controllo dei suoi costrutti per un turno. Potrà, in questo modo, appropriarsi di essi, muoverli, fino a persino fargli attaccare il loro stesso creatore. La sua capacità di entrare in contatto con tutte le emanazioni cosmiche le consente, in questo modo, di influenzare tutti quei costrutti non estemporanei, comprese anche le armi cosmiche. {Capacità di controllare i costrutti altrui}
    Come tutti i cavalieri, raggiunto un certo livello, Andrea ha sbloccato la capacità di comunicare telepaticamente, senza bisogno di parole, potendo trasmettere i propri pensieri direttamente alla mente dell'interlocutore. {Telepatia}
    Inoltre, come tutti i cavalieri di Atena, la sua fede nei confronti della sua dea è così grande che, invocandola, sarà possibile per Andrea continuare a combattere per un intero turno quando ormai allo stremo. La sua devozione, infatti, le garantirà la possibilità di potersi ancora muovere e di poter superare quelle condizioni che normalmente glielo impedirebbero, come illusioni, ferite debilitanti, stanchezza estrema o altro. {Favore di Atena}


    Tecniche ~ Lightning Chain

    Tecnica che Andrea ha sottratto dall'arsenale del cavaliere di Andromeda, la sua precedente armatura. Concentrando la luce, Andrea darà vita a un gran numero di quelle che sembreranno a tutti gli effetti delle catene. Facendole roteare, in un omaggio alla Nebulosa di Andromeda, Andrea le scaglierà contro il nemico. Lo scopo non è quello di causare un danno diretto, ma di intrappolare il nemico tra le loro spire, impedendogli qualsiasi movimento. Se infatti le catene riusciranno a intrappolare l'avversario, queste prenderanno a stringersi sempre di più, rilasciando contemporaneamente scariche elettriche. In questo modo i danni che, se colpito, riporterà l'avversario, saranno lesioni causate dalla pressione esercitata sul proprio corpo, ustioni da luce e uno shock dato dalla corrente elettrica che attraversa gli anelli delle catene di luce. [img] {Tecnica emulata + Luce + Elettricità + Cosmo Straordinario}


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    La sala accolse, con silenzio, Andrea. Il Crogiolo intero era in fermento. Il keuranos stava danzando con gli elementi del creato. La matrice da cui lo avevano generato, trovava il suo corrispettivo in quel palazzo che non aveva una forma. Ma infinite.
    La sala era vuota.
    Il Grande Specchio al centro. E poi il trono. Anch'esso vuoto. Solo Kusanagi era poggiata alla sua destra.
    Ogni elemento danzava intorno ad esso. Era come se si trovasse in una tempesta.
    Ed era una tempesta in effetti. Un vento si alzò. Lì, in quella sala, grande, semicircolare, con storie antiche disegnate alle pareti, di lotte e guerre che i figli di Gea avevano dovuto sopportare, di quando P.A.N lottò con la Dea Athena, di due esseri – uno bianco e l'altro nero – che affrontavano un Orrore sconosciuto difendendo gli elementi, di Oberon e Nerthus, del Martello di Chernobog. Oriente ed Occidente fusi in un unicum.
    Tutto questo abbracciava quel vento che soffiava tra le gorgiere delle armature, o tra gli arazzi, tra storie antiche e perdute e il presente. Il presente che erano Andrea e quello che portava con sé in questo momento. Dubbi e incertezze, paure recondite ma anche una volontà e una storia.
    La Forma di Amaterasu era il vento. Con quella si presentò di fronte ad Andrea, nascendo da ogni dove, una brezza che accarezzò il leone d'Oro e il suo compagno come stesse osservando le loro anime e gli elementi che le componevano.
    E poi fu davanti a lei.

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    «Andrea, ben arrivata.»



    Nessun orpello. Nessuna corona. Nessuna armatura. Un semplice uomo. O così era ora.

    «Dammi del tu. Non credo sia un qualcosa di ufficiale e così ampolloso questo incontro, soprattutto dopo che abbiamo combattuto insieme.»

    Giocò con un ciuffo della lunga barba. E poi i suoi occhi arcobaleno incontrarono quelli di Gramàn e qualcosa ci fu. Amaterasu si scordò di Andrea e si inginocchiò di fronte a quel gatto fatto di puro Keuranos. Lo poteva sentire quasi sulla sua pelle, sentiva la forza di quell'elemento farsi largo tra le pieghe della sua anima, e sorrise. Si... sorridete sul serio. E rise di gusto.

    «Hai accompagnato qui la tua amica.» Guardò Andrea. «Questo è bene. Il crogiolo è casa tua. Forse un giorno giocheremo assieme. Fino a quel momento fai quello che vuoi.»

    Non perse un attimo il contatto con gli occhi di Gramàn, non perse nulla della sua forma, della sua forza, e la voglia di acchiappargli la coda fu troppo forte. Di vederlo sfrecciare nel crogiolo, di vedere quanto fosse veloce, quanto fosse furbo, quanto le sue zanne fossero affilate.
    Ed era strano pensare che in quella sala vi fossero tre felini. Si lisciò la barba.


    «Adoro i gatti. Sono gli esseri che amo di più. I più fedeli a loro stessi e sanno amare più di chiunque altro. Perché un gatto non vuole che tutto il mondo lo ami, solo quelli che lui ha scelto di amare. » e guardò Andrea. Se era lì perché la stava proteggendo. A suo modo. E questo era un bene.
    Si rialzò.

    «Ah...non sei tra nemici Andrea, quindi puoi fare a meno della tua armatura qui. Anche se...»

    Vi era qualcosa di strano. Lo sentiva. Era una nebbia. Era come se la luce di Andrea fosse meno brillante. Il crogiolo aveva toccato Andrea, ed il Crogiolo era Amaterasu stesso o una minima parte. Aveva sentito lo spirito, la luce, il cosmo e il Keuranos. La forza di Gramàn ma anche la sofferenza di Andrea. Si lisciò più volte la barba, giocando con un baffo, arricciandosela come se stesse pensando a qualcosa.

    «Non ti sei ripresa a quanto pare.
    Proprio di questo volevo parlarti. Ma al momento può aspettare, tu no. Prima bisogna farti tornare a ruggire. Un micio spelacchiato non è utile. Ma un leone in piena forma si.»


    Gli fece cenno di seguirla.

    «Qui ad Agartha abbiamo molte cose utili. Una tecnologia antica, molto a dire il vero ma utile. Non sono le Camere della Vita anche perché non stai morendo, ma ho un qualcosa che può aiutarti. Il tuo cosmo fa parte degli elementi, quindi ne sarai immersa.»

    Creazione e Distruzione. Amaterasu non era né un medico, né un essere che si dilettava di medicina o di tecnologie – Nerthus era svariate galassie sopra di lui – ma ogni Araldo presiedeva ad un aspetto della Realtà e ad un suo Codice.
    Condividevano successi e insuccessi, scoperte e tecnologie.
    Amaterasu aveva creato un piccolo lago fatto di ogni elemento. Poteva essere acqua o vento rispondendo all'elemento corrispondente perché in ogni vita vi era una piccola parte di un elemento predominante.
    Quel lago era puro cosmo, puro spirito, era ogni elemento che aveva dato Inizio alla Realtà.
    Le chiamava solamente Le Acque.
    Perché era un liquido che sembrava pulsare. Si adattava facendo si che il cosmo e gli elementi tornassero al loro massimo vigore. Accelerando i processi di rigenerazione, ricaricando la vita di energia nuova.
    La Forza del Crogiolo era un continuo rimescolarsi, distruggersi e riformarsi, al tempo stesso le Acque facevano lo stesso con il cosmo.
    Rimescolando, fondendosi, distruggendosi ricreavano la forza e la potenza originarie


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    Una sala circolare, con colonne di differente colore. Il Bianco della Luce, il giallo del Fulmine, il Blu dell'acqua, il Rosso del Fuoco, il Marrone della Terra, il Nero dell'Oscurità e così via.
    Tutto era un fondersi e ricrearsi. Persino il Keuranos non era null'altro che un elemento creato partendo da questi. E come tale Amaterasu poteva, in minima parte, applicare le sue conoscenze su di esso. Ceo era un genio, un Titano immenso e una mente che era un gorgogliare di intuizioni, idee e magnificenza, ma anche di terribili segreti e pazzia. Non era al suo livello ma qualcosa poteva fare.

    «Non sono al livello di Nerthus, Giapeto, Ceo o Rea ma anche io ogni tanto mi diletto in queste cose. Anche se amo di più altro.»

    Disegnò cerchi sulla superficie di quella vasca che sembrava come oro fuso, stava entrando in sintonia e in risonanza con Amaterasu e così la sua superficie brillò di luce spuria.

    «Immergiti e sentirai il tuo cosmo e ogni fibra di te stessa esplodere al loro massimo livello. Sarai immersa nel Crogiolo e il Crogiolo sarà te. Guarirà le tue ferite, guarirà il tuo spirito, farà di nuovo ruggire il tuo cosmo alla sua massima potenza.
    In fondo io creo e distruggo proprio partendo da questo...quindi ti sentirai come appena arrivata qui ma sarà una sensazione ancora più forte. La tua Vita pulserà di nuova energia. È il mio ringraziamento per aver difeso il Giappone. »

     
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    « Mono no aware »
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    Tutto vorticava.
    Quella era la vita, Andrea la sentiva. Tutta insieme, mescolata, tutte le cose del mondo coesistevano in un'armonia precaria. Sarebbe bastato un piccolo gesto, e tutto sarebbe crollato nel disordine. Un domino che si reggeva in piedi sull'equilibrio delle parti e del tutto. Proprio per questo, era impressionante.
    Lei stessa dominava due elementi nella loro forma più pura. La luce e la saetta del Keraunos. In un certo senso, lei era sempre stata lì. Però lei era anche altro. Era gli Occhi del Leone, che le permettevano di sentire ogni variazione di quel luogo sulla sua pelle. Le faceva tremare i polsi. Viveva col fiato sospeso, come in una tensione infinita, in attesa di un crollo che non avveniva e che non sarebbe avvenuto mai.
    Seguì l'Araldo in silenzio, cercando di mantenere il controllo di sé. In Giappone non poteva averci fatto caso, ma lui era quel posto stesso. Non era umano nel senso stretto della parola, lo sentiva nella sua emanazione cosmica. Aveva visto ciò di cui era capace: se lasciato libero era impressionante.
    Persino lei, che di chi controllava gli elementi era la regina, doveva riconoscerglielo.

    Non aveva bisogno della sua armatura.
    Annuì a quelle parole. E ringraziò che fosse vero. Quella tra loro due sarebbe stata una di quelle mitologiche guerre dei cento anni, altrimenti. L'armatura del Leone svanì in un lampo di luce dorata, ricomparendo, a qualche universo di distanza, in Grecia.
    Gramàn, intanto, in un solo balzo si era appoggiato con le zampe di fulmine alla spalla di Amateratsu. Tipico suo, pensò. Gramàn era il Keraunos, e il Keraunos era uno degli elementi costitutivi della realtà, uno dei più antichi. Ma era anche quello che più di tutti si era rinnovato, che rinasceva ogni giorno diverso. Passato di mano in mano, da Ceo, a Zeus, ad Atena, e poi a generazioni di Cavalieri del Leone. Fino ad Andrea. Gramàn era così. Antichissimo, ma con la sfrontatezza di un giovane gatto.
    Mru. Io vi lascio qua. Perdonala se è strana, in questi giorni è così. Di solito è più divertente. ❜ Andrea alzò gli occhi al cielo sbuffando, ma prima che potesse riprenderlo Gramàn era saltato via dalla spalla di Amateratsu.
    Torno da solo. ❜ E, a rapidi balzi, iniziò a correre nel Crogiolo. Andrea seppe che avrebbe esplorato il Tempio del Sud, ripresentandosi alla Quinta Casa solo quando fosse stato affamato, annoiato o bisognoso di coccole. O tutte tre.

    Andrea scosse piano la testa.
    « Spero non combini troppi guai. Se la sua curiosità dovesse diventare impertinenza rimandalo alla Quinta Casa senza problemi. » Si fermò a osservare il lago davanti a cui erano arrivati. Era una vista imponente. Non per il lago in sé, o per le colonne dei vari elementi che adornavano la sala. Quelle acque erano come il Crogiolo: erano vive, erano vita. Eppure...
    « Scusami. Non sono abituata a tutti questi stimoli, e mi sembra che la mia testa per riuscire a gestirli mi stia facendo pensare al rallentatore. » Era dubbiosa. Non era solo perché Amateratsu aveva nominato Giapeto o Rea – quei nomi le avevano fatto meno male di quanto avesse pensato possibile – ma perché fino a quel momento per guarire dalle sue ferite si era affidata solo a sé stessa, o ai guaritori cosmici del Grande Tempio. Ma c'era anche una verità. Non erano solo le ferite fisiche che Amateratsu aveva sentito nel suo cosmo. Fukushima non le aveva lasciato solo cicatrici.
    « Vedi, noi Saint del Leone siamo collegati alla natura, alla vita. La sentiamo. » Respirò a pieni polmoni. Forse, se c'era qualcuno che poteva capire i Gea, quella era lei.
    « Per ciò questo posto per me è tanto strano. È troppo. Sono certa che sai di cosa parlo. O forse no, visto che... anche tu sei così. » Nulla, parte e tutto insieme: Amateratsu. Forse lui si era dovuto abituare, come lei, a tutto quello. Forse no, perché apparteneva a quel luogo e quel luogo apparteneva a lui.
    Ma lei era solo un'umana.

    Provare non costava nulla.
    Ma sarebbe stato come andare in apnea. Immergere la testa sotto l'acqua, coi suoni che arrivano distorti dalla riva. Con la luce che si mescola all'acqua e mostra ciò che non è. Così, ma cento volte più intenso. O forse non era un paragone esatto, perché nulla poteva descrivere quelle sensazioni. Ciò che vedeva, ciò che sentiva, ciò che respirava, il vento che le arrivava sulla pelle.
    « Avrei bisogno di anni per comprendere questa Vita. E forse non basterebbero. Per ora, cercherò di lasciarmi trasportare. » Annuì piano, e iniziò a sbottonare piano la veste bianca che indossava.
    Si prese tutto il tempo, per lasciare ad Amateratsu il tempo di voltarsi se avesse provato pudore, o se si fosse aspettato che lei entrasse nell'acqua vestita.
    « Però – è proprio perché noi Leoni siamo legati alla natura che hai sentito il mio cosmo pallido. A Fukushima sono caduta nel cuore della Corruzione. Ho rischiato di diventare un Avatar. Non mi sono mai allontanata così tanto dalla Vita, da ciò che l'Occhio del Leone dovrebbe vedere. Deve essere anche per questo che questo posto mi turba. Forse lo vivrei con gioia, se non mi avessero violata. » Si interruppe, ma si impose di continuare, per non ripensare a quei momenti.
    « Forse si sono presi qualcosa in più del mio sangue. Qualcosa che non so nemmeno più riconoscere. È stato come con l'innocenza. Una volta persa, non può più essere riconquistata. » Si era sbottonata e aveva lasciato cadere la veste dalle spalle, scoprendo la schiena cosparsa da ferite ricucite di recente. Il braccio sinistro si era mosso lento e, violaceo, le ricadeva ora sul fianco.

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    Era magra. Forse più del solito.
    Si sarebbe vergognata di mostrarsi così fragile a chiunque, ma Amateratsu aveva combattuto con lei. E poi, se quelle acque avrebbero funzionato, facendole dormire almeno una notte senza incubi, ne sarebbe valsa la pena.
    « Però, Amateratsu, ho bisogno di un favore. Due condizioni, in realtà. » Gli disse, voltando la testa per guardarlo, un lieve sorriso sul volto.
    « La prima è che non tu non nomini più Giapeto. O – Rea. » Indugiò su quel nome, e il sorriso le morì sulle labbra. Il primo nome riuscì a dirlo senza inflessione, quasi con orgoglio. Per lei, però, la sua voce si ruppe.
    « La seconda, è che tu accetti un ringraziamento per questo. E no, non saremo pari per il Giappone, quello era il mio dovere. Difendere questa terra è un compito che entrambe le nostre fazioni hanno svolto per secoli. La tua invece è gentilezza, e ne sono ammirata. Mi inventerò qualcosa per ringraziarti. » I nomi dei titani erano già sfumati nella sua mente. Ora sorrideva di nuovo.
    « Al momento sto pensando a un paio di bottiglie di vino e a una serata da mio ospite alla Quinta Casa. Ma, fino ad allora, avrai un favore da riscattare dal Cavaliere del Leone. » Ed era seria. Forse Amateratsu poteva pensarla diversamente, ma era stato il suo aiuto a essere fondamentale per loro, in Giappone.
    Fece scivolare le gambe dalla veste in due movimenti fluidi. La ripiegò al bordo del lago. Sperò che quelle acque avrebbero funzionato, che i suoi sensi non sarebbero impazziti ulteriormente mentre ne era immersa. Stavano migliorando, ma era ancora molto da digerire tutto insieme.
    Però era come aveva detto Amateratsu. Doveva tornare a ruggire. Prese fiato.
    Ed entrò nelle acque.

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    Energia ~ Viola.
    Cloth ~ Gold Leo - VII - indossata.
    Condizioni ~ Tutta gnuda.
    Abilità ~ Keraunos

    Il Keraunos, nel tempo, ha assunto molti nomi. Che venga chiamato Fulmine Sacro o Saetta Deicida questo elemento è potenzialmente devastante, pericoloso sia per gli umani che per le stesse divinità. Perché non cadesse nelle mani sbagliate Atena, dopo averne sottratto un frammento a Zeus, lo donò ai suoi cavalieri del Leone, perché lo custodissero e lo utilizzassero per illuminare la via degli uomini.
    Andrea è stata l'ultima a ottenere questo dono, che come tutti i cavalieri di Leo le consente di controllare il fulmine in ogni suo aspetto. Maestra dell'elemento elettrico, è in grado di manipolarlo per dare vita a scosse, fulmini, tempeste elettrostatiche, capaci di paralizzare le parti colpite, causare danni al sistema nervoso o provocare bruciature, fino a stordire i suoi nemici. {Elettricità}
    Il Keraunos le permette un controllo tale del fulmine da poterlo manipolare persino nelle sue più piccole manifestazioni, i fotoni, le particelle minime del campo elettromagnetico. Questo le dona la capacità di controllare anche la luce in tutte le sue forme, potendo dare vita a fenomeni ottici così luminosi da danneggiare la retina dei suoi avversari, ma anche di poterla condensare per dare vita a raggi concentrati e taglienti, fino anche a emulare la vita creando delle lame rudimentali o degli scudi di luce. Inoltre, sfruttando la rifrazione, sarà possibile per Andrea nascondersi in piena vista, ottenendo un effetto simile, ma non altrettanto perfetto, all'invisibilità. {Luce}
    Il Fulmine Sacro, in virtù della sua origine divina, le permette di difendersi contro ciò che normalmente colpirebbe la maggior parte dei cavalieri. I suoi effetti non si fermano alla sola materia. Il Keraunos, infatti, le permette di danneggiare e di proteggersi da costrutti spirituali e dagli attacchi capaci di colpire l'anima. {Capacità di contrastare gli attacchi portati con Spirito}
    Tra le doti che le garantisce la Saetta vi è quella di poter, con la sua luce, guarire le ferite degli uomini. Andrea può lenire sia le ferite altrui che le proprie, permettendole, una volta a duello, di guarire un unico tipo di danno, purché non sia così profondo da essere fatale. In questo modo è possibile, per Andrea, protrarre il combattimento fin dove non sarebbe possibile altrimenti. {Guarigione}
    Tutti gli attacchi portati dal cavaliere del Leone, in virtù della potenza del Keraunos, risulteranno più potenti del normale, potendo lei richiamare più cosmo con minore dispendio di forze. Questo le consente un vantaggio tattico nei confronti di numerosi nemici, dovendo questi, a parità di forze, sforzarsi di più per generare attacchi pari ai suoi. {Cosmo Straordinario}


    Illuminazione Cosmica

    Se il cavaliere della Vergine è quello più vicino agli dei, quello del Leone è da sempre il più vicino alla natura. Andrea possiede una sorta di empatia portata all'estremo, che le consente di percepire il cosmo in ogni cosa, sia questo negli uomini, negli animali o negli oggetti inanimati. É in grado di intuire anche la più flebile traccia cosmica, ottenendo più informazioni di quanto non sarebbe normalmente possibile. {Percezione Straordinaria}
    Inoltre, facendo risuonare il suo cosmo con la natura, Andrea è in grado di aizzare o di quietare l'ambiente circostante, per esempio potendo addomesticare anche la belva più feroce, per renderla innocua e una fedele compagna. {Empatia con la Natura}
    Andrea è così abile nel percepire le anche minime alterazioni nel cosmo che sarà più difficile, per lei, cadere vittima di illusioni ambientali o di simili alterazioni sensoriali. Ciò le permette di uscirne più facilmente, di percepire di essere caduta in un inganno e di restare lucida mantenendo la percezione del mondo circostante. {Capacità di contrastare le Illusioni Ambientali}
    I suoi sensi sono così sviluppati da essere dotata di un istinto che le consente di rendere le sue difese o i suoi attacchi particolarmente precisi ed efficaci. È difficile prenderla di sorpresa, e per lei è sempre possibile variare le sue tecniche per renderle più adatte al cosmo dell'avversario e agli attacchi che si trova a fronteggiare. {Difese e attacchi più precisi}
    Tuttavia non solo può migliorare le proprie offensive e le proprie difese, ma persino emulare quelle dei suoi avversari. Purché non siano poteri a lei totalmente estranei, come quelli spirituali o illusori, Andrea sarà in grado di imitare le tecniche altrui, creandone di simili a partire dai poteri di cui lei dispone. Le sarà possibile, in questo modo, dare vita ai colpi più disparati, imitandone le caratteristiche e funzionamento, ma sempre utilizzando come base il proprio cosmo, la luce o l'elettricità. {Capacità di emulare le tecniche altrui}
    L'ultimo potere che le garantisce la sua empatia cosmica è quella di, facendo risuonare il proprio cosmo con quello avversario, tentare di prendere il controllo dei suoi costrutti per un turno. Potrà, in questo modo, appropriarsi di essi, muoverli, fino a persino fargli attaccare il loro stesso creatore. La sua capacità di entrare in contatto con tutte le emanazioni cosmiche le consente, in questo modo, di influenzare tutti quei costrutti non estemporanei, comprese anche le armi cosmiche. {Capacità di controllare i costrutti altrui}
    Come tutti i cavalieri, raggiunto un certo livello, Andrea ha sbloccato la capacità di comunicare telepaticamente, senza bisogno di parole, potendo trasmettere i propri pensieri direttamente alla mente dell'interlocutore. {Telepatia}
    Inoltre, come tutti i cavalieri di Atena, la sua fede nei confronti della sua dea è così grande che, invocandola, sarà possibile per Andrea continuare a combattere per un intero turno quando ormai allo stremo. La sua devozione, infatti, le garantirà la possibilità di potersi ancora muovere e di poter superare quelle condizioni che normalmente glielo impedirebbero, come illusioni, ferite debilitanti, stanchezza estrema o altro. {Favore di Atena}


    Tecniche ~ /
    Riassunto ~ Vai, masterizzami cosa succede ora. :kuku:


    Edited by Wild Youth - 31/3/2021, 00:28
     
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    «Rispetto il tuo volere, Andrea.»

    Gli occhi dell'Araldo osservarono il corpo di Andrea. Nessun pudore. Nessun sguardo malevolo, sessuale, ma anzi uno sguardo che non era umano. Era come se guardasse Andrea di cosa fosse fatta, di emozioni e paure, di gioie e dolori. Di sogni. Era come se leggesse il suo codice, la sua vita, in ogni sua più recondita piega, in ogni anfratto nascosto, in ogni angolo nascosto e al buio per nascondersi e nascondere.
    L'avevano violata...aveva ragione. Avevano strappato qualcosa e quel qualcosa era ancora lì. Un veleno. Nei pensieri e nel corpo.
    Nell'anima e nella sua vita.
    Il braccio violaceo cadde al suo fianco come morto, come inutile appendice. E le acque si incresparono quando Andrea fu in esse. Lo sentiva ora chiaro. Poggiò la sua mano sull'acqua...o fu l'acqua a poggiarsi sulla mano di Amaterasu?
    Sentiva la vita della giovane, sentiva la paura, sentiva che qualcosa si annidava dentro di lei e l'avrebbe condotta alla pazzia.
    Essere un Avatar della Corruzione...per quanto avesse combattuto, per quanto si fosse ribellata, per quanto i suoi artigli avessero squarciato e le sue zanne dilaniato quell'ammasso di non vita, qualcosa era rimasto.
    E come un cancro la stava divorando. Togliendo il sonno. Togliendo la gioia. Portando tutto ad una stasi dove la morte non avrebbe portato dolce riposo, fine della propria storia ma sarebbe stato un inganno. Andrea non sarebbe morta. Ma avrebbe sentito il richiamo, di una nota stonata nel mondo, di un qualcosa che si rompeva e che continuava a farlo nella sua anima fino a che non avrebbe più avuto la forza di rimetterne insieme i pezzi.

    E se così fosse stato avrebbe perso le mani di Andrea per sempre. Non perché fosse tornata al Codice, nell'insieme del Lifestream, ma perché inglobata, distrutta, annientata in quella moltitudine senza senso denominata corruzione. Non avrebbe permesso che questa Luce fosse stata inghiottita da una Moltitudine di fauci.


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    «Andrea non sei mai stata sola. Puoi pensare che questa sia gentilezza, invece questo è il mio scopo e la mia essenza. Per questo sono un Araldo. Riprenderò le tue mani e il tuo ruggito squasserà i cieli.»



    Le acque turbinarono. La vita inondò l'anima e il corpo di Andrea.
    Esplosione di luce. Il fulmine cadde. L'acqua scrosciò mentre la terra si spaccò e da essa nacque il fuoco che incendiò ogni cosa. Persino Andrea. Persino quella che un tempo fu chiamata Andrea ma che adesso non era null'altro che un quid indefinito.

    Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce



    Quello che successe fu che Andrea venne scomposta. Fu come perdersi nelle Acque. Sentì che quello che fu scivolava via preda della corrente. In un bianco. Nella totalità del bianco dell'inizio. Lì dove tutto veniva scritto per la prima volta, lì dove si creava, lì dove gli elementi turbinavano selvaggi e liberi formando nuove forme, nuove identità, nuovi Io.
    Andrea era nel bianco e il Bianco era Andrea. O quella che un tempo si faceva chiamare Andrea, Gold Saint del Leone. Cavaliere di Athena.
    Le acque avevano distrutto il Gold saint...ma cosa rimaneva di lei? Perché un qualcosa rimaneva.
    Le mani di Amaterasu ne avevano afferrato l'essenza e quell'essenza avrebbe riformato Andrea.
    Creare e distruggere. L'inizio selvaggio che porta un quid, una vibrazione nella stasi e nel caos. L'ordine dell'Io.
    L'ancora della singolarità nel Tutto caotico. La creazione...




    CITAZIONE
    ENERGIA: Viola

    STATUS DARIAN( LV VII): /////


    STATUS FISICO: //

    TECNICHE UTILIZZATE: //


    ABILITà:
    Kusanagi No Tsurugi
    «Se nel tuo viaggio dovessi incontrare Dio, lo trapasserai.»

    La Falciatrice d'erba.
    Ama no Murakumo. La Spada del Paradiso.
    L'arma che da sempre accompagna Amaterasu nella sua lotta contro l'Abisso e il Terrore. La spada che falcia i nemici come se fossero giunchi.
    La spada lucente che taglia il Buio.
    Una spada che è leggendaria come la mano di chi la impugna. perchè non vi è mano senza quell'elsa.
    Non vi è la risata sprezzante di Amaterasu senza il ronzio acuto di Kusanagi.
    Non vi è la forza dirompente dell'araldo dell'Inizio senza il tocco ferale e mortifero della spada che nacque da Orochi, il Drago ad 8 teste.
    Così come Harlan e astolfo era un tutt'uno - fuoco e veleno per G.E.A - così Kusanagi e Amaterasu sono essenza e significante l'una dell'altra.

    Il valore di Amaterasu lo si misura dal filo della sua spada.
    Che non è solo un arma. é molto di più: compagna, sorella, incarna il valore e la volontà di Amaterasu. Non un arma semplicemente...Amaterasu che si è fatta spada e arma per G.E.A.
    Non una katana ma una spada. Dalla lama lunga 90 cm, con l'elsa finemente decorata a ricordare un drago; la sua forma ricorderebbe un calamo, dall'acciaio lucente e bianco che sembra aver catturato i raggi del sole.
    Sul filo interno vi sono 8 anelli a ricordare Yamata no Orochi, il drago a 8 teste da cui, la leggenda dice, fosse nata tale spada.
    Ogni volta che si muove un ronzio particolare sembra invadere l'aria, come suono di tempesta e di guerra.
    Come vento che soffia tra gli steli d'erba.
    Delicata come il tocco dell'erba, ferale come il Drago da cui è nata, leggendaria come chi la impugna.
    Si dice che il suo filo sia indistruttibile[Stesso grado e resistenza della cloth] e che possa tagliare sia l'anima che il corpo.
    Sulla lama vi sono incise queste parole:
    Come rugiada al cespite Dell'erba inaridita, Fresca negli arsi calami Fa rifluir la vita

    :: Abilità Arma

    La Vita è Straordinaria
    «La cosa più bella che possa capitare a un essere umano, è di scoprire il fuoco sacro, il fuoco della sua anima.
    E di fare in modo che la vita intera sia l’espressione di questa anima»

    La vita è un impeto di gioia, di rabbia, di violenza, di amore, di dolore, di malinconia. la vita cos'è se non un qualcosa che brilla più del sole e delle altre stelle? Cos'è se non un universo?
    Unica. è un privilegio vivere. Harlan lo sapeva molto bene. Lo aveva sempre saputo perché per capirlo la vita ti deve sfuggire di mano, come granelli di sabbia. Perché è preziosa. Perché inestinguibile. Luminosa.
    Vivere significava avere il coraggio anche di prendere il dolore e di accettare i propri sbagli, perché vivere era anche questo. Non era una strada dritta e uguale per tutti, ma infinita. Infinita come le strade che potevamo prendere, come le mani di chi potevamo incontrare, come gli amori che ci avrebbero accompagnati e le cicatrici che potevamo farci cadendo su questa strada magnifica.
    Harlan lo aveva capito mentre combatteva il suo tumore.
    Perché aveva preteso che la vita doveva avere un senso già imposto da Dio, ma la vita non aveva un senso imposto da chissà quale mano.
    Aveva il senso che noi stessi eravamo disposti ad attribuirle. E per esso si doveva combattere. E con esso avrebbe dato al pugno una forza senza eguali.
    E Harlan questo senso straordinario ancora oggi non l'ha perso; Amaterasu lo custodisce gelosamente e con tale forza combatte i suoi nemici.
    E, sfruttando tutto il potere di questa vita, può infondere ai suoi attacchi e alle sue difese una forza mai vista prima.
    Una forza che è La potenza della Vita Stessa.

    :: Abilità Cosmo Straordinario

    La Vita è Carne e Anima
    «Lei ci crede a questo? A un fuoco inestinguibile che ti divora eternamente»

    La vita è sia carne che spirito. dall'unione di questi elementi che il fuoco arde in essi e in essi può continuare ad essere.
    è un fuoco.
    Amaterasu modella questo fuoco. Non solo la carne e gli elementi fisici ma sopratutto quelli spirituali infondendovi la fiamma primordiale.
    Grazie alla fiamma primigenia, può interagire con spiriti incarnati e disincarnati, muovere la propria e altrui anima verso Dimensioni Spettrali e Spirituali ed anche il corpo, sia il suo che di altri.
    Ma non solo può formare la vita, crearla per compiacere il disegno di G.E.A ma anche sfruttarla per attaccare. Perché il male ha innumerevoli forme. Trova sempre un modo per sgusciare, non visto, tra le pieghe della realtà.
    Ecco perché, prima la Salamandra e ora Amaterasu, hanno il compito di poter osservare i vari mondi e tagliare il Velo di menzogne e orrori che il Male genera per i suoi loschi scopi.
    In termini pratici può usare tale energia per colpire direttamente altra energia spirituale o anime.
    Può modellarla per creare sfere o globi. Difese o raggi qualsiasi cosa per fermare le Tenebre e le oscenità che le abitano.
    Per farli provare tutto il dolore necessario, per abbattere tutta la loro determinazione, per estinguere e divorare il loro fuoco ed estirparlo dalla realtà come il veleno da una ferita infetta.
    Egli è inoltre in grado [dall'energia blu] di staccare la propria anima dal corpo ed operare tramite una proiezione astrale che potrebbe essere utile sia in combattimento - nonostante la pericolosità che derivi da essa - sia per scopi non bellicosi. Allo stesso modo, tramite il suo potere l'Araldo dell'Inizio, può accedere (da solo o con altri) ai mondi di mezzo alla dimensione materiale, come la Dimensione Spirituale e la Dimensione Spettrale, dove l'energia spirituale si manifesta in forma fisica.

    :: Abilità Spirito

    Riconoscere la Vita in ogni forma
    « Non devi ascoltare ma percepire»

    Come gran parte dei cavalieri di un certo livello, proiettando il suo cosmo all'esterno può comunicare telepaticamente con le persone che lo circondano.

    :: Abilità Telepatia



    NOTE: Masterizzare qualcosa è sempre difficile perchè mi sento sempre un ameba a farlo. Quindi faccio qualcosa che tanto tempo fa fecero a me: distruggerti il pg per poi riformarlo. Cioè l'atto della creazione stessa. Per far tornare a ruggire il leone, le acque dissolvono completamente quello che è Andrea, Corpo, mente, spirito.
    Amaterasu la distrugge per poi riprendere dal bianco assoluto un quid. Un qualcosa che sia l'essenza più vera e profonda di Andrea. Quello che fa di lei Andrea. Un concetto che si concretizza in un oggetto, da cui iniziare a formare Andrea stessa.
    e questo oggetto sarà l'unica cosa che farà da ancora nel Tutto.
    dai sfogo alla tua fantasia smembra Andrea e se dovessi concretizzarla in un oggetto quale sarebbe?
     
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    Lasciarsi andare fu difficile.
    All'inizio Andrea si ribellò. Perdere la lucidità era una cosa che aveva sempre odiato. Non si era mai lasciata andare veramente. Le Acque avvolgevano la sua carne. Entravano nei polmoni a ogni respiro. Gli elementi costitutivi della realtà la lambivano, cercavano di agire su di lei. Distruggere, per rinascere.
    Ma Andrea non era pronta. Fu così che, mentre la sua coscienza vacillava, il Keraunos si ribellò. Il suo corpo già stanco iniziò a ruggire. A ribellarsi. Non voleva più cedere. Lei, che aveva creduto che il cambiamento era tutto, ora voleva conservarsi. A ogni costo. O forse era solo una parte di lei. Quella guasta. Quella che la rendeva Andrea.
    Aveva paura di non essere più riconoscibile, alla fine. Non agli altri, ma a sé stessa. Le saette gridavano e gridavano. Incendiavano le Acque attorno a lei, bruciando il suo corpo con il calore ustionante del vapore. Il Keraunos si scontrava con gli altri elementi da cui era nata la realtà. E faceva male. Come in uno scontro tra fratelli.
    E Andrea era in mezzo. Troppo spaventata per ricrearsi di nuovo da capo. Per ricominciare senza certezze del futuro. Ma ormai coinvolta in quello scontro, in quella tensione verso il cambiamento.

    I flutti iniziarono a vincerla.
    L'ultima cosa che sentì fu il cosmo di Amateratsu sincronizzato al suo. Era quasi una promessa. Non sarebbe stata sola in tutto quello. Poi, il mondo cedette. Le Acque la divorarono. Il suo corpo affondò, gli occhi si chiusero. Le saette erano solo scintille pallide. Andrea era nel nulla, e Andrea era il nulla.
    Ma non era sola. Non era ancora il momento di ricominciare. In quel vuoto, in quell'assenza, c'era ancora qualcosa. C'era una ragazza magra, dai capelli verdi, illuminata solo da una luce fioca. Le guance smunte, troppo pallide. Il corpo in cui si intravedevano le ossa. La guardava e si guardava da fuori. Rannicchiata, come a volersi riscaldare. Le ginocchia portate al petto. Le braccia strette attorno alle ginocchia. In corrispondenza del cuore c'era una cicatrice mai rimarginata.
    Gli occhi verdi erano percorsi da occhiaie profonde. Le faceva pena. Avrebbe voluto parlarle, ma non riusciva.
    A parlare fu lei.

    Guardati.
    Sei di nuovo qui.
    E non eri così malridotta da un po'. Brutta notte, eh? Trovi sempre più difficile aggrapparti. A tutto. Si muove tutto e non si ferma ed tu vuoi che si fermi e non si ferma e poi pensi e se peggiora? Capisci? E se peggiora?
    Sì, non puoi parlare in questo momento. In realtà, non esisti più. Non esisti ancora. Esito solo io, quella che ti sei lasciata indietro. No, meglio. Quella che ancora non riesci ad abbandonare. L'Andrea che odi così tanto da volere che soffra il più possibile.
    Ti arrabbieresti? Se morissi? Ormai penso di essere viva solo per soddisfarti. Non lo accetti. Ti preoccupi della mia vita. E invece la tua, di vita? Una volta che sarò morta, dovrai pensare a te stessa. A cosa sarai senza tutto questo odio per te stessa.
    Senza la vendetta. Guarda questa cicatrice sul cuore. Senti questo ventre arido, in cui non potrà mai crescere nulla. Tu, che padroneggi il Keraunos, avresti potuto guarirli da sola molto tempo fa. Non l'hai mai fatto.
    Perché tu, senza questo scontro, senza questo odio e rancore, non esisteresti.

    E per cosa? Non hai forse uno scopo?
    Non ti chiedo di perdonare. Di accettare. Ma di andare avanti. Invece, tu fai di tutto per aggrapparti, per rimanere indietro, per impedirti di dimenticare il male che ti hanno fatto. E così, lo rivivi ogni giorno. Come se meritassi questa sofferenza. Hai il senso di colpa tipico di tutti i sopravvissuti e di tutte le vittime. Ma non è colpa tua. È ora di accettare che puoi essere libera. Ancora non ci riesci.
    È per quello che ti ha fatto tuo padre? È morto, Andrea. Insieme ad altre miliardi di persone uccise dalla corruzione. E questa cicatrice? Vuoi davvero che il tuo corpo sia un altare imperituro della pericolosità dei titani? Di Giapeto?
    Giapeto non c'è più. Hai sentito la sua traccia svanire da questo piano di esistenza. L'ha sentito chiunque abbia prestato attenzione. Non è ancora tornato e non tornerà. Non hai bisogno di lui. Non hai bisogno di un nemico da odiare così tanto da distruggerti. Eri un gioco. Eri debole. Ma oggi non più. Non sei più il gioco di nessuno.
    Lasciami andare, Andrea.

    Non guardare indietro con odio.
    C'è un motivo, se la corruzione ha scelto te e non Bartolomeo o Aleksander. Non è perché sei rotta, perché sei guasta. È perché credi di esserlo. È perché ti sei convinta di esserlo. Perché hai scelto, di esserlo.
    Il tuo passato è solo una storia. E una volta che te ne rendi conto, ascoltarla non ha alcun potere su di te. Quando capisci che quella che racconti è solo una storia. Che non sta più succedendo. Quando realizzi che la storia che stai raccontando sono solo parole, quando puoi sbriciolarla e gettare il tuo passato nel secchio dell'immondizia, allora riusciremo a capire chi sarai.
    Forse non migliorerà mai. Forse la tua vita non sarà mai come quella degli altri. Ma finché ti costringi a rivivere il dolore di ieri non potrai cogliere le possibilità di oggi. Andrea. Devi comprendere una cosa.
    Non c'è nessuno che ti odi quanto tu odi te stessa. Lasciami indietro. Lasciami le cicatrici e il male e gli incubi. E prova a ricominciare. Da un'altra parte, questa volta.
    Vai, ora. E non voltarti.

    E quella ragazza dai capelli verdi fu polvere.
    Non c'era più niente. Non c'era nemmeno l'oscurità, perché l'oscurità era solo la negazione della luce, e la luce non era mai stata.
    C'era solo una sconfinata distesa di possibilità. Di direzioni da intraprendere. Andrea non era più, non era ancora e non era mai stata. Il dolore era cessato per sempre. Era in un grembo caldo e sicuro. Nascosta dal mondo in una tana profonda.
    Ma qualcosa pulsava per nascere. Non poteva rimanere lì per sempre. Il mondo la attirava a sé. Ma le serviva un'ancora a cui aggrapparsi. Qualcosa da cui cominciare. Una scintilla da cui creare tutto il resto.
    Una scintilla. Una luce. Capì cosa sarebbe stata. Da dove poteva ripartire. Per prima cosa, avrebbe voluto qualcosa con cui illuminare quella distesa di niente. Non un incendio, non ne aveva la forza. Voleva qualcosa di più timido, qualcosa da proteggere e da nutrire. Qualcosa con cui poteva indicare la via agli altri e a sé stessa.
    Sarebbe partita da lì. Dalla fiamma di una candela, accesa nel mezzo dell'oscurità. Desiderò il conforto di quella luce.
    E le Acque la modellarono per lei.

    γενηθήτω φῶς

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    Sia fatta la luce


    Era solo una piccola fiamma.
    Se qualcuno ci avesse soffiato sopra si sarebbe esaurita in sbuffi di fumo. Ma a lei andava bene così. Qualcosa di piccolo. Che poteva passare inosservato. Ma qualcosa che poteva riscaldare e ipnotizzare con i suoi guizzi.
    Qualcosa che, nel buio, brillava come un sole. Come lei, era una fiamma accesa per i momenti peggiori. Quelli in cui anche quella scintilla poteva fare la differenza. Una candela che, a giorno, immersa nella luce, sarebbe passata inosservata. E ne sarebbe stata contenta. Ma che, di notte, avrebbe continuato ad ardere. Quasi una promessa del giorno successivo. Quasi a voler sottrarre un raggio da sole, per aspettare l'alba.
    Perché nessun giorno era eterno. Ma nemmeno nessuna notte. E, nell'oscurità, c'era sempre un poco di buio.
    Sarebbe partita da quello. Sarebbe partita da lì. Si sarebbe aggrappata a quella candela. Sarebbe nata da lei e come lei sarebbe stata timida e piccola. Ma con la forza di illuminare anche le tenebre più fitte.

    Pensò a come sarebbe voluta rinascere.
    Andrea. Partì da quel nome. Partì dai piedi. Poi le sue gambe. Lunghe, slanciate. Poi un utero. Di nuovo intero, di nuovo adatto ad accogliere la vita. Un grembo stretto, ma accogliente. Un ventre piatto, ma non così magro.
    E il petto. Liscio. Senza più cicatrici sul cuore. Delle spalle su cui poter piangere. Un viso affilato, ma capace di grande gentilezza. Occhi verdi con cui guardare tutte le cose meravigliose del creato. Una mente con tanti dubbi e certezze, ma senza più rancori per un passato che non sarebbe più tornato.
    Braccia con cui cingere e abbracciare. E poi le mani. Dita affusolate con cui stringere quella candela. Era nata. Senza dolore e senza lacrime. Andrea era lì. Quello era il corpo che si era scelta. Aveva accettato di voltare pagina. Di ripiegare il passato e lasciarlo andare, quasi come dei souvenir da mettere in un cassetto e da dimenticare.
    Ricominciare. Vivere ogni giorno come fosse il primo. Ci avrebbe provato. Le Acque l'avevano rimodellata. Non aveva perso nulla della sua essenza. Aveva oltrepassato la tempesta e aveva riscoperto sé stessa.
    Era rinata nella luce.

    καὶ ἐγένετο φῶς

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    E la luce fu


    Non si chiese dove fosse finita quella ragazza pallida e stanca che aveva visto prima.
    Non se la ricordava più. E anche quel posto, ormai, era per lei troppo piccolo. Troppo angusto per tutta la vita che esprimeva. Voleva tornare al mondo. Voleva rinascere. Le Acque la ascoltarono e la esaudirono.
    Riaprì gli occhi e la sua vista era offuscata. Le Acque la facevano vedere come attraverso uno specchio opaco. Non erano limpide. In esse si agitavano la luce, l'oscurità, la terra e l'aria, il fuoco e l'acqua, il ghiaccio e l'elettricità.
    I suoi polmoni ne erano pieni. Ma non si sentiva soffocare. Però avrebbe voluto respirare di nuovo ossigeno. Era sul fondo, e la luce della superficie era distante. Troppo distante perché ci arrivasse da sola. Iniziò a nuotare.
    A risalire. Verso la superficie. Una bracciata dopo l'altra, muovendo come una forsennata quelle nuove gambe. Il braccio distrutto dalla corruzione non le faceva più male. Era famelica, però. Aveva fame. Di tutto. Di cibo, di aria. Di rivedere la terra con quei suoi occhi. Continuava a nuotare e le Acque, ora placide, non la trattennero.

    Non era stanca. Ma la luce era lontana.
    Nessuno poteva nascere da solo. Neanche Amateratsu, realizzò in quel momento. Lottava per andare avanti. Non voleva più essere sola. Non ancora, non di nuovo. Se non avesse avuto la luce del sole sopra di lei sarebbe stato impossibile distinguere il sopra e il sotto. Però l'aveva. Avrebbe sempre avuto la luce.
    Continuò a risalire. Ma sapeva che avrebbe avuto bisogno di aiuto. Che le gambe e le braccia iniziavano a stancarsi. Inviò un timido segnale di cosmo, perché Amateratsu lo captasse. Perché sapesse che, dopo aver raggiunto il fondo delle Acque, stava per tornare alla vita. Perché le sue mani la aspettassero.
    Come aveva promesso. La superficie era vicina, sempre più vicina. Prese a nuotare più forte. Ma le Acque iniziavano a tirarla verso il fondo. A riportarla a loro. Ogni volta che avanzava, cedeva inevitabilmente terreno. Ma non voleva. Le ultime bracciate le fecero dolere i muscoli. I polmoni volevano accogliere di nuovo aria pura. La testa le girava.
    Si diede l'ultima spinta verso l'altro. Allungò la mano, sospesa verso il futuro. Gli occhi le si chiusero, a ormai un solo tocco dalla luce.
    Ma Amateratsu fu lì ad aspettarla.

    una mano la afferrò

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    E la riportò alla luce


    Mentre il suo corpo veniva sollevato dalle Acque sentì ogni cosa.
    Sentì l'aria fresca soffiarle sul corpo bagnato, facendole venire i brividi. Sentì il sole illuminarla e riscaldarla. Sentì il tocco di Amateratsu, le sue mani forti portarla a sé. E sentì la terra su cui aveva appoggiato i piedi. Con gli occhi ancora chiusi, era come se vedesse ogni cosa. Iniziò a respirare. I polmoni si riempivano e si svuotavano a ritmo folle.
    Sentiva il contatto con Amateratsu. La sua pelle nuda cercava quel calore quasi in modo disperato, per asciugarsi e per riscaldarsi. Aprì gli occhi, poi li richiuse, come per abituarli di nuovo alla luce del sole. In quel flash si accorse di essere abbracciata ad Amateratsu. Non seppe chi aveva iniziato quel contatto, se fosse lei a essersi gettata tra le sue braccia dopo aver afferrato la sua mano o se fosse stato lui, come per proteggerla. Ma era ininfluente. Riaprì gli occhi. Lo guardò. Fece un piccolo cenno col capo.
    « Grazie. » E lo baciò.

    Piano, solo appoggiando le labbra, se fosse stato preso di sorpresa.
    Con trasporto, se avesse ricambiato. Non con intenti di lussuria. Un bacio primordiale, di ringraziamento. Quasi come l'usanza con cui gli uomini dotti si salutavano nel medioevo. Per fargli conoscere l'ultimo angolo di sé stessa che altrimenti avrebbe potuto solo immaginare.
    Sentì che il Keraunos era tornato a ruggire. Lo lasciò fluire senza freni, non per distruggere, ma per risuonare con gli altri elementi del Crogiolo. Strinse ancora una volta Amateratsu. Poi, poco a poco, si allontanò. Non aveva bisogno di indossare la veste, perché una patina di luce calda la copriva e la riscaldava.
    « Hai visto cosa sono. » Avrebbe detto con dolcezza. Hai visto anche cosa ero. Ma non cosa sarò. Quello, dipende dal destino. E nessuno di noi può sapere cosa ci riserverà il futuro. Ogni giorno, però, basta a sé stesso.
    « Fammi vedere chi è Amateratsu. Saranno le nostre presentazioni. » E, per la prima volta da molto tempo, non pensò a nulla. Era solo sensi e intenzione.
    La coscienza avrebbe potuto aspettare domani.

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    Energia ~ Viola.
    Cloth ~ Gold Leo - VII - non indossata.
    Condizioni ~ Tutta gnuda.
    Abilità ~ Keraunos [Luce+Bonus, Elettricità, Cosmo Straordinario]; L'Occhio del Leone [Sensi Acuti]; L'Occhio del Re [Bonus a Sensi Acuti]; Comunione Cosmica [Percezione Straordinaria, Difese e Attacchi più Precisi, Favore di Atena] → Scheda.
    Tecniche ~ /
    Riassunto ~ :mke:
     
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    Mani colsero la candela. Mani accudirono quella flebile fiamma che lottava per affermarsi, per divenire.


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    Dammi la tua mano…
    Vedi?
    Adesso tutto pesa la metà…
    >



    Non era così difficile, vero Andrea? Non era poi così brutto riuscire a guardare avanti, trovando in un orizzonte nuovo la volontà di camminare ancora.
    Certo facile non è mai stato, ma le cose che si guadagnano con il sudore della fronte, con la fatica del cuore non sono doppiamente preziose?
    Andrea tu non hai messo oro nelle tue ferite, facendo si che esse divenissero medaglie al tuo valore, perché le ferite e le cicatrici non sono medaglie e metterle in risalto significa osannare il dolore che hanno causato.
    Tu non sei solo dolore, non sei solamente rotta, sei tanto altro.
    Altro che dovevi solo trovare, rovistare tra i pezzi di un anima che pensavi distrutta, andando al di là di una cicatrice sul cuore che non era un peso né poteva decidere della tua vita e del tuo destino.
    L'avevi posta sull'altare del sacrificio e del dolore ma perché?
    Non può una cicatrice raccontare di te, né può significare la tua vita. Come il bambino che cadendo impara a rialzarti le cicatrici sono solo il nostro modo di conoscere il cammino, ma sta solo a noi e ai nostri passi condurci su di un sentiero o su di un altro.
    Il Sole brilla?
    Certo.
    Splende. Ma rimane lontano perché dovete alzare lo sguardo mai tenerlo basso, guardate solamente i vostri piedi e la terra, il percorso è solo davanti a voi e vi è troppo che si nasconde dietro ad una curva.
    Non tenere più gli occhi bassi, aprili e puntali in una direzione che sia solo tua e tua soltanto. Non Giapeto ha la tua anima in mano, né Phanes, nè Angra Mainyu, né tanto meno io.
    Vedi la fiamma? Di chi è? Tu sei una candela?
    Lo sei.
    E se lo sei è perché ti sei formata come tale.
    E se credevi di non essere sei ora. Piccola? No...sei enorme. Perché hai un universo dentro di te. Fatto di emozioni, paure, sentimenti, gioie, dolori. Condividilo. Come la fiamma che spande calore. Come questa piccola candela che continua ad ardere nella notte. Insignificante?
    Ugualmente importante. Perché non sono gli atti eroici, i grandi gesti compiuti nell'estremo bisogno a proteggere questo mondo. Sono i gesti come i tuoi. Sono le piccole candele che nella quotidianità continuano a dare luce, a dare calore, ad essere importanti nella notte perché un piccolo gesto quotidiano è più grande di un singolo atto.
    Enorme, certo, ma sempre singolo. Non può cambiare nulla. Così come l'onda enorme non può distruggere lo scoglio. Ma la singola goccia d'acqua, ripetuta nel tempo, ecco che scava la roccia. Nel tempo.
    Andrea tu sei come la goccia d'acqua che scava la roccia. Singola ma ripetuta perché riscegli sempre ogni giorno di dare e donarti nonostante le cicatrici e il tuo essere rotta. Ma nessuno è mai rotto finché non lo crede e non lo pensa.
    Sii il tuo gesto quotidiano.
    Sii la semplice candela a rischiarare il buio di una camera, ad accarezzare le labbra di due amanti, di un boccale di birra sollevato, di una risata. Ma anche di uno schiaffo, di un dolore, sii presente anche in questo accettandolo come parte della vita e di un equilibrio. Ma non perdere la tua fiamma. Non perdere il tuo essere candela, semplice, piccola, ma a volte la luce di una candela quando è solo buio intorno a noi è ugualmente importante. Più importante, persino, del Sole.
    Ecco...si...sii il tuo Sole Andrea.
    Tieniti stretta la tua fiamma ed ora ruggisci.



    Mentre Andrea rinasceva, finalmente libera, gli occhi di Amaterasu furono taglio e lama.

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    « ...mia... »
    « lei è mia»



    Nel mentre Andrea risplendeva, quel bastardo uscì fuori. Come rigettato da quella stessa vita che ora pulsava magnifica; piccola fiamma ardente che riscopriva se stessa e la sua forza riscrivendosi nel Bianco.
    Andrea stava risalendo, mossa dalla Vita, dalla voglia di emergere e fare il ruolo di Amaterasu era compiuto.
    Ma non prima di aver piantato i suoi occhi in quella cosa.
    L'intero Crogiolo sembrò sul punto di eruttare. L'intera essenza dell'imperatrice fu Vulcano; ogni elemento vorticò intorno a lei, intorno alla sua presenza e la Darian ne ricoprì il corpo mentre Kusanagi si formò nella sua mano. Fatta di vento e spirito.

    «Lei non è di nessuno!
    Ognuno di loro è libero di fare le proprie scelte. Lei ha fatto la sua.
    Ora sparisci dal mio tempio, dai miei occhi e »



    Kusanagi ronzò e fu tempesta. Ogni cosa di Amaterasu, che faceva di Amaterasu essenza, fu vento e tempesta. Lo spirito e il vento furono lama e braccio.
    E quella cosa si gettò nelle acque. La bramava ancora.
    Ancora e ancora.
    Ma Amaterasu divenne Byakko. La sua Vera Forma si mostrò quando colpì prima ancora che Andrea potesse tornare a scrivere un suo nuovo capitolo, ancora prima che potesse accorgersene, la rabbia dell'Araldo tuonò.
    Il Crogiolo divenne fendente. La Corte di Mezzanotte divenne elsa. Amaterasu acciaio.
    Urlarono tutti quel nome.

    MKDJAS0
    DA ANDREA



    Il fendente portò con sé la Legge di G.E.A. Il Codice della Realtà. Lì, nel Crogiolo, Intercapedine e Colonna di questa Architettura detta Realtà, la Corruzione non poteva ancora avere la meglio.
    Non in quello stato di semplice ombra, semplice tumore che per vivere si cibava di Andrea e della sua luce. Parassita che avrebbe completato il suo sviluppo annegandola nella Moltitudine e nell'informità delle cose.
    Colpì il fendente, come se fossero centinaia. Ogni fendente strappava e distruggeva. Lo spirito entrava nelle ferite portando la Distruzione della Legge di G.E.A disintegrandolo, annichilendolo, facendolo non essere più in questa Realtà.
    Cancellato dall'esistenza stessa.
    Senza più niente su cui aggrapparsi rimaneva vuoto e nel Nulla Amaterasu lo rigettò.
    E poi luce abbagliante.
    Si...Andrea rifulgeva di luce propria.
    Era tra le braccia dell'Araldo più sciocco tra i Cinque. Il più schivo. Ma quello più vigile.
    Risollevò Andrea dalle acque, la pelle perfetta, il braccio vivo, quegli occhi sprizzavano energia nuova, la nascita di Andrea.
    Il roboante rombo delle acque.
    Spruzzi in ogni dove, giochi di luce, mentre il fulmine correva sulla superficie di essa. La luce colpì le gocce d'acqua, rifrangendosi in un arcobaleno senza eguali.
    Per un attimo Andrea fu il Crogiolo stesso. E il Crogiolo cantò. Un ronzio...ma che alle orecchi del saint fu come melodia.
    Poteva sentire. Poteva essere elemento e far parte di questa bellissima Architettura riscoprendosi forte, importante, non un pezzo unico ma unito ad infiniti altri, ognuno risuonava con la sua propria melodia su quella più grande e magnifica della Creazione.
    Loro erano le note con cui suonarla.



    Andrea era tra le sue braccia e lui nelle sue.
    La stava portando fuori dalle Acque. Completamente bagnato. I capelli sulla schiena, gocce che cadevano sul viso, splendido, di Andrea.

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    Grazie.



    Avrebbe voluto dire qualcosa ma le labbra di lei furono sulle sue. Avrebbe voluto dirle che non c'era bisogno nemmeno di questo, che non era necessario, che era suo dovere e sua responsabilità. Ma non disse nulla. Non capiva cosa fare ma chiuse gli occhi, si lasciò baciare dolcemente e con un lieve tocco.
    Poi la vide allontanarsi, ricolma di energia, di luce, il Keuranos scorreva libero in ogni sua piega sia nel corpo che nello spirito. La mente libera.
    Sorrise.
    Alla sua domanda perché voleva vederlo davvero. Voleva scoprire cosa si nascondesse sotto quell'abito. Allungò una mano.

    «Sei ancora connessa a questo luogo. Sei un elemento ora quindi può vedere. Per un solo momento... »

    E se avesse preso quella mano ecco che tutto sarebbe cambiato.
    In un tempo prima del tempo avrebbe visto due piccoli esseri, un qualcosa che assomigliava a un ago e ad un piccolo vassoio che reggevano quelle mani.
    Uno danzava, l'altro era attento.
    Uno creava con gli elementi selvaggi, l'altro proteggeva gli spiriti. Insieme stavano creando qualcosa.
    Stavano dando tutto loro stessi nel farlo. Era come se sapevano che fosse importante. E più si formava più gli elementi trovavano il loro posto, gli spiriti una casa, le cose nascevano...e poi un ombra oscura. Lunga. Enorme.
    Sovrastava quell'universo che stava nascendo. Ed ogni cosa si fermò. Si fermò la danza. Si fermò quel giocoso vorticare l'uno nell'altro.
    La stasi maledetta.
    Mani che non erano mani che bramavano tutto questo. Il Chaos che portava al Nulla. Alla Distruzione che lasciava il Vuoto. Dove niente sarebbe stato.
    Annichilire.
    E quei due esseri, con quelle cose nelle loro mani, una lunga una rotonda, Ago e Specchio, diedero Guerra.
    Per proteggere gli amici Elementi, per farli danzare e poter danzare con loro, per dare agli Spiriti un luogo che fosse loro da plasmare con la melodia che anche loro portavano con sé.
    Diedero guerra senza quartiere. Paura, esitazione, eppure Bianco e Nero si alzarono entrambi e furono insieme e insieme combatterono.


    Un bastione.
    Ecco cos'era Amaterasu. Schivo, ma mai perdeva ognuno di loro; li portava nel suo cuore che era diventato una Fortezza. Perché? Perché doveva combattere Malal.
    Doveva combattere chi, tra i Cinque Dei del Chaos, primeggiava in perfidia e distruzione. Un essere temuto e odiato anche dagli altri Quattro. Un essere che odiava tutto, persino se stesso.
    Per poterlo combattere doveva diventare una Fortezza Inespugnabile in modo tale che tutti avrebbero trovato un luogo dove rifugiarsi dalla tenebra, mentre lui amava tutti ma nessuno in particolare perché era troppo pericoloso, troppo rischiava con quel nemico subdolo.
    E Andrea vide una Guerra contro Orrori inenarrabili, occhi famelici che osservavano sempre ma che venivano guardati a loro volta.
    Lo sguardo dell'Imperatrice della Realtà. E dietro le sue spalle vi era la Realtà. La sua Corte di Mezzanotte perché nelle Tenebre trovavano la loro luce e la portavano, come una fiaccola, in Abissi dove non sarebbe mai nata.
    Eppure quel quid si accendeva, bruciava, proteggeva, divorava fiamme oscure.

    E quando caleranno le tenebre sul mondo, che la mia guardia avrà inizio.
    Non si concluderà fino alla mia morte. Io vivrò al mio posto, e al mio posto morirò.
    Io sono la spada nelle tenebre.
    Io sono la sentinella che veglia sulla realtà.
    Io sono il fuoco che arde contro il Chaos, la luce che porta l'alba, il corno che risveglia i dormienti, lo scudo che veglia su Gea.
    Io le consacro la mia vita e il mio onore.





    Queste le parole che sentì nella sua anima. Perché Amaterasu fu creato per essere un arma. Era una parte di G.E.A. Gli Araldi erano le dita di G.E.A stessa con cui accarezzare e proteggere, ma che potevano chiudersi a pugno per dare battaglia a chiunque avesse attentato alla Creazione e alla Vita.
    Ma Amaterasu, pur non potendo scegliere, scelse giorno per giorno di stare sul Muro. Da solo.
    Guardando nemici orribili, incubi, alcuni conosciuti altri meno, in un Abisso che non riusciva a piegarlo, né a farlo tentennare dalla sua scolta.
    Andrea vide le sue battaglie e il sangue versato eppure sempre col sorriso. Ad ogni battaglia l'urlo di rabbia e lucida follia riempiva il Vuoto, il fendente arrivava ognuno ed ogni volta a risollevarsi trovando dentro di lui un altro Inizio, l'ennesimo per non perdere mai.
    Un Imperatrice eppure servo.
    Un arma eppure una carezza.
    Un amico. Ma anche un guerriero.
    Un tradito ma anche traditore.
    Solo Chernabog conosceva profondamente Amaterasu, meglio dei suoi fratelli perché erano le facce di una stessa medaglia. Luce e Tenebra direbbero altri, ma Chernabog era la Fine che senza l'Inizio non poteva essere. L'uno era dentro l'altro.
    E sempre Amaterasu avrebbe vegliato sul Dio Nero. Ma ora Andrea scorgeva quello che era l'Araldo.
    Scorgeva una spada nata dalle tenebre, impugnata da mani in cui vorticava luce e fuoco.
    Andrea era la luce che vorticava in quella mano.
    Dietro quella spada la Realtà.
    Bartolomeo. I saint di Athena. Lei. Rigel. Dhawyt...vi era Asgard...vi era Atlantide...vi erano gli Araldi e gli altri Eletti di G.E.A...le loro Corti pronte a dar battaglia.
    Eppure erano dietro quelle spalle perché il Muro di G.E.A era Amaterasu.
    La Fiamma che nutriva la Vita e che estingueva le fiamme malvagie.
    Nutrisco et Extinguo.
    Quello che aveva fatto a lei.
    Aveva ridato forza alla sua Fiamma e nel mentre aveva divorato quel tumore che la stava corrodendo da dentro.
    Poi il sorriso di Amaterasu...

    Che non era né maschile, né femminile. Era solo un sorriso rivolto ad Andrea. Sinceramente.
    E gli occhi del Leone poterono vedere il suo cuore e la sua anima. Certo lacerata. Certo ferita. Eppure mai doma. Mai sconfitta.
    La caverna l'aveva presa tante volte, perché l'Abisso era un freddo che avvelenava, era un fuoco che divorava e Amaterasu non era onnipotente ma la sua forza non era nella spada o nell'abilità. Non nel suo cosmo.
    Era proprio quel cuore. Che riusciva a trovare sempre il suo Inizio. Che ritrovava la fiamma per farla divampare per poi passarla di cuore in cuore, da anima ad anima fino a che tutti loro non fossero stati il Muro.




    Tutto questo finì.
    Andrea era Andrea. Il Crogiolo stava lentamente lasciando la sua presa su di lei. Ma fu abbastanza per permetterle di vedere.
    Di vedere anche Amaterasu inginocchiato di fronte a lei.

    «Ne sono degno?»

    Su questo si basava Amaterasu. Non sulla sua abilità, sul suo orgoglio, sulla sua rabbia, non sulle ali di Zmaj o sul ruggito del Byakko.
    Non sulle sconfitte o le vittorie. Non sulle mani che perdeva o quelle che salvava. Non sul sangue che versava o su quello che sporcava le sue mani.
    Era quella domanda che faceva di lui un qualcosa che Malal avrebbe fatto fatica a sconfiggere.
    Era quella domanda che faceva di lui in grado di vedere oltre.
    Di continuare a scegliere la sua scolta. Di scegliere di vegliare il Muro. Di essere quella sentinella silente che non li lasciava mai soli.
    Era quella domanda. Era il suo essere Imperatrice ma al tempo stesso inginocchiarsi di fronte ad Andrea, lasciandosi vedere più a lungo e in profondità di chiunque altro.

    Non cercare l'approvazione degli altri ma domandandosi sempre; sempre dubbioso, perché non vi era mai una strada. E solo chi rimaneva per sempre studente poteva essere maestro. Solo chi non pensava nel momento del fendente allora tagliava. Solo chi nutriva i dubbi prima del cozzar di lame poteva affrontare la battaglia col cuore leggero.
    Scegliere e scegliersi.
    Essere degno di qualcosa e cercare di non scordarselo mai.
    Era degno di aver salvato Andrea? Si sarebbe salvata ugualmente?
    Era degno di quel bacio?
    Amaterasu chiuse gli occhi.
    Servo e Imperatore.
    Contadino e guerriero.
    Poi la guardò e le sorrise ancora.

    «Ma anche se non lo sono continuerò a fare di tutto per esserlo.
    Correre è quello che da senso alla Vita...io continuerò a correre, domandandomi se sono degno dell'essere figlio di mia madre, di un tuo bacio o di questa responsabilità. Continuando a fare di tutto per tenervi al sicuro.»


     
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    Andrea vide e accolse ogni cosa.
    Anche ciò che non comprendeva. Perché non era fatta per comprendere. La sua mente era umana. Alcuni l'avrebbero definita intelligente, sveglia. Il cosmo le apriva vie della percezione sconosciute ai più, le faceva provare un'empatia per ogni cosa vivente.
    Anche Amateratsu. Ma poteva solo intuirlo, cogliere un frammento, non l'intero. E forse non avrebbe potuto fare di più. Non era come memorizzare, come un'attenta scolara, tutti i libri della sua biblioteca, ricordando ogni data e protagonista. Ma quella che stava vedendo non era storia umana.
    Non era storia, nel senso di successione razionale di eventi, di causa ed effetto. Era un crogiolo di immagini, di contraddizioni. Ed era troppo, per lei. Ma fu felice di averlo vissuto e di averlo visto. Perché si era avvicinata, anche solo di un passo, alla comprensione. Non aveva ancora avuto contatti degni di nota con i Gea. Conosceva la teoria, ma non conosceva la pratica dei loro compiti. Ma ora sì. Ora aveva visto.
    Aveva visto i sacrifici, le lotte, le guerre. Creare la realtà, ma anche mantenerla in piedi. E, in quello, erano simili ai Saint. Ognuno si era occupato di minacce diverse, ma che non potevano e non dovevano trionfare: il Chaos, gli Spectre.

    Loro esistevano, e i Gea e i Saint erano la cura necessaria.
    Perché i Gea sapevano combattere il Chaos, rinunciando spesso alla loro stessa essenza nel tentativo. E i Saint, dopo generazioni intere falciate, non avevano mai lasciato che gli Spectre trasformassero la realtà in un cimitero. Erano entrambi necessari. Al funzionamento del tutto. Per quello, pensò, Amateratsu non era solo. Non era l'unico muro di quella realtà.
    Poteva sentirsi solo, certo. Era l'interminabile solitudine della guerra, di chi, come loro, combatteva in prima linea, senza chiedere nulla a nessuno. Ma, a volte, era solo questione di prospettiva. Di alzare lo sguardo e vedere che, anche se non lo si era notato, di fianco a te sta combattendo qualcun altro. Come era successo in Giappone. Per questo sorrise, un cenno del capo, per ringraziarlo. Ma anche per riconoscerlo. Perché ora lo vedeva.
    « Non posso sapere cosa provate voi immortali. » Era vero. Ma nonostante quello, poteva parlare solo da umana. Da Andrea.
    Si portò una mano sul petto, su quella pelle liscia circondata dalla luce, senza più alcuna ferita e cicatrice. Sotto le sue dita batteva un cuore. Un cuore che era stato spezzato tante volte, ma che ancora si agitava.
    « E non potrò mai sapere cosa ci sia qui. » Cosa ti agita, cosa ti tormenta, cosa ti rende felice e cosa ti fa piangere. Ma non importa. Quello è solo per te. Ma lo abbiamo tutti. Un cuore spezzato.
    Ma che ancora batte frenetico.

    0qVuOPt


    Alzò lo sguardo su Amateratsu. I suoi occhi verdi lo guardarono a lungo.
    Come per studiare ogni suo dettaglio. Ogni ruga, ogni imperfezione, ogni spigolo. Come per vedere i suoi occhi, le sue labbra, come per vedere perfino sotto al suo petto. Sentendo il suo cuore battere. Come se, per un istante, potesse avere lo stesso ritmo del suo. Un istante. E, quello dopo, abbandonarsi ancora, tornando ognuno alla sua guerra. Ma quell'istante ancora durava. Ancora non si interrompeva. Ancora, quei cuori, battevano all'unisono.
    « Ma io ti vedo, Amateratsu. » Non ti capisco. Non sono uguale a te. Ma ti vedo.
    « Non sei solo. Non adesso. Forse lo sei stato, in passato. Ma nessuno può portare il peso di tutto il mondo sulle spalle. Non te, non io. Non Atena, non Gea. Siamo parte di un tutto. » Un tutto in cui c'erano e dovevano esserci loro, ma anche le cose negative. Anche l'odio, la morte, il Caos, gli Spectre. La vita e la morte. Ogni cosa era indispensabile, ma nulla era insostituibile. Quello che c'era oggi non ci sarebbe stato domani.
    Oggi. Ora. Non tra un minuto. Quel momento esatto, nel Crogiolo. Le Acque ancora scosse in increspature dalla presenza di Andrea. Il vento sulla loro pelle. Quel raggio del sole, e non un altro. Contava solo quello. Solo quello era reale.
    « E ora, nel tutto, sei di fianco a me. Sei di fianco a noi Saint. Forse domani non sarà più così. Forse spariremo nelle sabbie del tempo. » Ne era consapevole. Come ogni guerra, non si poteva vivere pensando di vincere sempre. Di non morire mai.

    Bisognava anche saper perdere.
    Solo chi accettava la sconfitta poteva rialzarsi. E solo chi si rialzava poteva vincere. Era quello che avevano fatto ogni volta i Saint. La loro casa era stata distrutta mille e mille volte ancora. Da Atlantide, da Roweena, dagli Spectre, dalla Corruzione. Ma il minuto dopo erano già in piedi. A ricostruire, pietra dopo pietra, il loro Tempio.
    « Ma, fino a questo momento, ce la siamo cavata parecchio bene. Non abbiamo mai perso e non perderemo mai. Siamo troppo ostinati per farlo. Abbiamo protetto l'umanità per secoli, per millenni. E, per altri lunghi millenni, lo faremo ancora. » Difendere l'umanità e la realtà erano due cose diverse, ne era consapevole. Ma erano battaglie complementari, perché gli umani erano anche la razza eletta da Gea per farne i suoi guardiani. In quello, nella fiducia che Atena aveva sempre riposto in loro, erano simili e diversi insieme. Due tasselli dello stesso mosaico.
    « Non potrà più farlo Andrea, o Bartolomeo. Ma lo faranno i nostri successori. È l'unico modo in cui noi umani possiamo sfidare la morte, e continuare a vivere dopo di essa. » E sorrise. Anche se si stava parlando della sua, di morte.

    Perché Andrea la sentiva, quella responsabilità.
    Ma sapeva anche che prima di lei c'erano stati mille e mille altri Cavalieri del Leone. Che la Saetta Deicida aveva punito chi aveva osato avvicinarsi troppo al sole, e che anche quando lei sarebbe stata polvere ciò sarebbe stato ancora vero.
    Non era la prima, e non sarebbe stata l'ultima. Ma era l'unica in quel momento e in quell'istante. Hic et nunc.
    « Continua a tenerci al sicuro, Amateratsu. E noi lotteremo anche per te. » Era una promessa portata col sorriso. Perché, se solo avesse alzato lo sguardo, Amateratsu avrebbe visto che, con lui, nel campo di battaglia c'erano stati anche loro, che c'erano sempre stati. Fin dai tempi di Tifone, quando Atena era stata l'unica a opporsi a quella follia senza freni. Perché ognuno aveva il suo posto nel mondo.
    « I nostri compiti non sono sovrapponibili, Amateratsu. Ma sono complementari. Quello che è successo in Giappone ci ha dimostrato che alcune minacce sono troppo per noi da soli, sono troppo per voi, e sono troppo perfino per i daimon. » Nessun muro, da solo, è insuperabile e inscalfibile. Non quando, mai come prima di allora, le minacce della realtà e degli umani – non erano la stessa cosa? – si univano e si mescolavano. Caos, Corruzione, Caduti. E gli Spectre ai margini, pronti a divorare chiunque fosse sopravvissuto a quella guerra.

    Andrea sapeva del patto tra Amateratsu e Bartolomeo.
    E voleva sottolinearlo. Ancora e ancora. Perché lui non era solo.
    « Continuiamo a camminare insieme. Solo così il peso su ognuno di noi sarà meno pressante. » E, nel dirlo, si avvicinò a lui. Si piegò su un ginocchio, portandosi alla sua altezza. Guardandolo negli occhi, ancora mai così vicina a lui. Sorridendogli e passandogli una mano sul viso. Poi sul petto. Lungo il braccio, fino alla sua mano. L'avrebbe stretta, per poi portarsi di nuovo in piedi, aiutando anche lui ad alzarsi.
    « Non so se tu sia degno. » Gli disse, quando sarebbero stati entrambi in piedi, uno davanti all'altra. Nessuno a sovrastare l'altro. Diversi ma uguali, con la stessa dignità dei vivi.
    « Francamente, Amateratsu, penso che non importi. Davvero. Degno per chi? » Non voleva essere scontrosa, né dare l'impressione di non comprendere i suoi timori. La sua voce era calda e accogliente. Ma allo stesso tempo voleva dirgli che a lei non importava. Che a lei non doveva dimostrare più nulla. Che, per lei, aveva già fatto molto. Troppo.

    Eppure, proprio per quello, se avesse dovuto rispondere alla sua domanda...
    avrebbe detto di sì. Perché le aveva fatto del bene. Perché quell'incontro era servito a mostrare all'altro il proprio cuore, e in cambio aveva visto il suo.
    « Dobbiamo fare il meglio che possiamo nel tempo che abbiamo su questa terra. Breve, per noi. Lungo, per te. Abbiamo solo una vita per cambiare il corso delle cose. Per produrre degli echi che deformino l'universo. Abbiamo reso il mondo un posto migliore, nel tempo che avevamo da vivere? » Gli chiese, ben sapendo la risposta per entrambi. La nostra vita è stato un mero esercizio di egoismo, di accumulo di esperienze piacevoli solo per noi, oppure abbiamo davvero verificato dei piccoli cataclismi attorno a noi? Delle scosse in grado di cambiare le cose? Delle increspature come in quelle Acque?
    « Se sì, anche di poco, anche solo per una persona, sarà stato sufficiente. Ne sarà valsa la pena. » Allora, saremo stati degni. O meglio. La nostra vita sarà stata degna di essere vissuta.
    « Non devi dimostrare niente a nessuno. E di certo, non devi dimostrare nulla a me. » Concluse. Perché, anche se aveva visto molto di Amateratsu, quella vita non sarebbe mai stata la sua. Erano direzioni diverse, che però si erano incontrate in un punto. E, in quel punto, Andrea aveva capito e imparato molto. Come le accadeva sempre, anche dai suoi peggiori nemici.

    Guardò oltre ad Amateratsu.
    Guardò verso il Crogiolo. Per un breve istante si fermò, smise di parlare. Respirò a pieni polmoni quell'aria, sentì la vita attorno a sé. I suoni, i colori. Le voci e i versi. Sentì il cuore di Amateratsu e sentì il suo. Non battevano più all'unisono. Ma era giusto così. Restò ferma, nello stesso tempo chiusa in sé stessa e aperta al mondo, ancora un momento. Poi riaprì gli occhi verdi. Guardò Amateratsu, mai così seria. Statuaria. Perché, più di prima, si stava mettendo a nudo. Esponendo ciò in cui credeva e i suoi ideali, perché Amateratsu li vedesse. Non perché li comprendesse, o li condividesse. le bastava solo li conoscesse.
    « Non so cosa ci riserverà il futuro, Amateratsu. Con questi occhi non sono mai riuscita a vederlo. Ma il domani non esiste. E ieri non ha più alcun potere su di noi. Esiste solo il presente. Ne sono convinta. » Ora. Oggi. Vivere adesso, nel presente, e mai pensando al futuro. Fare del proprio meglio, vivere ogni momento come se fosse l'ultimo. Credere, anche se non è così, che non ci sarà un domani per sistemare le cose, per migliorarle. Che, se si vuole vivere davvero, bisogna farlo adesso.
    « Conta solo l'adesso, l'oggi. » E lo guardò negli occhi. Ancora una volta, allungò la mano verso di lui. Ancora una volta, gli chiese di prolungare quell'attimo. Di rinnovare quella promessa.
    « Vuoi camminare con me, oggi? » Gli chiese, un sorriso dolce sul viso.

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    Abbassò la testa l'Araldo. Di fronte ad Andrea, l'Imperatrice abbassò la testa. Depose l'orgoglio, depose la spada della volontà e del pugno. Depose se stessa ai piedi del Leone di Athena.

    «Mitakuye Oyasin, Andrea.»

    Tutto era conesso. Ogni alito di vento, ogni vita che bruciava, ogni vita che nasceva e moriva, ogni albero, ogni Leone di Athena da quando le loro armature ricoprirono i petti, quando l'oro svettò sul loro capo, quando Amaterasu combattè, quando PAN fronteggiò Tifone, quando Chernabog difese Atlantide dal Chaos.
    Sempre erano connessi in una spirale che non si abbracciava mai ma viveva nell'altra. Nasceva da e per l'altra.
    Non era facile però darsi e apririsi agli altri.
    Paura?
    Si.
    L'alleanza che voleva fare, quell'ideale da pazzi che ruggiva nel suo cuore portando quella fiamma ad essere sua ragione e volontà, era importante ma non aveva pensato, mai, di doversi aprire. Di dover mettere nelle loro mani il suo cuore. I pericoli erano troppi. Troppo pericoloso farlo per lui e per loro.
    Doveva restare in alto per non perdere di vista nessuno. Doveva stare davanti per proteggerli fino a che avesse avuto sangue in corpo e forza per stringere Kusanagi.
    Eppure era inginocchiato. Eppure stava dando una parte di se stesso ad Andrea.
    Che questa fosse la via più giusta, che questo fosse il tassello che mancava non ne era sicuro. Ma inginocchiarsi era l'atto estremo di darsi e dare.
    Non si inginocchiava mai Amaterasu o mi kami. Per niente e nessuno. Solo per G.E.A. Solo per sua madre.
    Solo per i suoi fratelli. Solo per gli eletti lo avrebbe fatto.
    Oggi no. Oggi si inchinava di fronte ad un saint, oggi era solamente Amaterasu senza titoli, senza spada, senza corona, senza orgoglio, donando null'altro che quella fiamma che divampava nel suo cuore.
    Si stava dando. Stava dando quello che nascondeva. La sua gemma.
    La sua Yasakani no Magatama.
    E quella gemma brillò nel palmo della mano di Andrea.
    Brillante di una luce bianca. Pulsava al battito del cuore del saint. Ogni battito una pulsazione. Calda. Tepore e delicata ma solida, dura, levigata e grezza allo stesso tempo. Tesi e Antitesi.
    Era un qualcosa di piccolo. Un qualcosa che stava sul palmo di Andrea eppure era in Andrea stessa.
    Il respiro. Sentì un respiro, un qualcosa che ronzava in quella pietra. Come se fosse viva, ma scoprì che non era la pietra ad esserlo che lo era perché Andrea respirava, Andrea combatteva, dava il suo sangue, la sua sensibilità per creare qualcosa.
    Era la sensibilità delle cose, per le cose che Andrea portava dentro di sé a farla essere Andrea.
    Quella pietra era la promessa che Amaterasu combatteva non con loro ma per loro. Non come un alleato, ma come un fratello. Non come compagni ma come amici.
    Come un marito, come un uomo e una donna,come una moglie. Come una figlia. Era una promessa che aveva le sue radici in una promessa più antica, solcata da quel ne sono degno che era l'essenza più intima e profonda di un Araldo dubbioso e rabbioso, di chi rideva più forte degli altri ma più forte degli altri si disperava. Sensibile e cinico per proteggere e anteporre il dovere e lo scopo a se stesso.
    Una scelta e una promessa fatta all'Inizio di una storia antica che esisteva solo nel pensiero di G.E.A.
    E qualcosa vorticò nella sua mente. Mentre quella pietra pulsava, brillando del colore dell'Anima di Andrea, qualcosa si incise nel suo cuore e nella sua mente. Mentre quell'Araldo la guardava con occhi arcobaleni che non conoscevano stasi, quel qualcosa danzò tra i suoi pensieri. Come petalo leggiadro preso da un vento di primavera.


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    Siete tutti le mie relazioni, i miei parenti, senza i quali non sarei vivo. Siamo nel ciclo della vita insieme, co-esistenti, co-dipendenti, co-creando il nostro destino. L'uno, non meno importante dell'altro. Un popolo che si evolve dall'altro e tuttavia ognuno è dipendente da quello appena sopra e da quello appena sotto. Tutti noi siamo parte del Grande Mistero.
    Grazie per questa vita.



    «Grazie per le tue parole.»

    Grazie.
    Una parola difficile da pronunciare. Esprimeva gratitudine, umiltà e comprensione. L'umiltà di ammettere di essere fragili. Che il filo di questa spada non fosse tagliente e ben levigato, che seppur l'acciaio fosse dei migliori, la lama non avesse conosciuto sconfitta su di essa vi erano minuscole e sottili crepe. Date dalla sofferenza di ogni battaglia, data dal sangue degli amici versato, date dalla propria incapacità di comprendere gli eventi. Di sentirsi piccoli e insignificanti rispetto a tutto questo. Di non avere forza a sufficienza per proteggerlo.
    Queste erano le crepe. E riconoscerle rendeva la spada più forte, non perché fosse scheggiata ma perché sapeva delle proprie cicatrici e dolori. Non si mostravano agli altri, ma solo a noi era dato saperle e quando qualcun altro le avesse riconosciute allora non eravamo più soli. Che i dolori non si condividevano ma si comprendevano con quella sensibilità data dalle cose, da una vita veramente vissuta non sognata e dipinta con acquarelli che si scioglievano a poco a poco.
    Ma costruita con marmo e decisione.
    Quei dolori erano le fatiche per essere, ora, Amaterasu e Andrea. Che mai più ve ne sarebbero stati di uguali. Che mai più quest'attimo sarebbe stato ma nei cuori avrebbe vissuto per sempre. Un eco di armonia che avrebbe rotto il tempo e lo spazio risuonando in un eternità data da quel filo rosso che univa ognuno di loro da quando la Realtà fu.
    E quel grazie sarebbe stato una rosa in un giardino. E non lo avrebbe dimenticato.
    Accudita dalle mani della riconoscenza, annaffiata con l'acqua dell'amore, quella rosa avrebbe perdurato nell'animo di un Araldo che non dimenticava nulla.

    «Cammino oggi con te.»

    Mani dentro le mani.

    «No...ho sbagliato. Camminerò con te sempre. Come se fosse sempre oggi.
    Io non dimenticherò questo giorno. Ma oggi, si, camminiamo insieme. Anzi...»


    L'avrebbe presa. Forse non lo avrebbe permesso, forse si, ma Andrea avrebbe danzato con Amaterasu sulle note della Musica della Creazione che riempiva il Crogiolo. Sul vento e sulla luce. Sul fulmine e sul fuoco avrebbero danzato.
    Perché amava danzare. Lo fece all'Inizio della sua storia e lo faceva sempre per i suoi amici. Lo faceva per Chernabog e per PAN, per Oberon e Moko, per Nerthus e Draka. Per Andrea e Bartolomeo. Per Charlie e Astolfo. Per Axel e Atlantide.
    E se avesse danzato con Andrea, con lei e grazie a lei avrebbe danzato per ogni saint, per la Fondazione, per il sacrificio offerto e sopportato. Avrebbe danzato per la sua Corte di Mezzanotte e per il sangue che continuava a versare per G.E.A seguendo quell'Araldo imprevedibile in oscuri meandri. In Abissi dove non c'era luce.
    Danzando, Amaterasu ringraziava. Danzando tra gli elementi, danzando con Andrea era come se avesse danzato con tutti loro. Mano nella mano.
    Fino alla fine.
    E all'Inizio...


    Aveva fatto una promessa a Bartolomeo. Rinnovava questa promessa. Che quella gemma risplendesse lì dove vi era una cicatrice. Dal male il bene. Dall'oscurità la luce.
    Sfiorando le dita di Andrea, riscoprendo e facendole riscoprire come bisognava amare la pioggia, ma anche la neve, la tempesta e la quiete. Così come i momenti terribili e il dolore – che non potevamo evitare mai – che dovevamo essere grati di ogni momento.
    Perché? Perché essere grati del dolore, di un tradimento, di un abbandono, della tenebra?

    «Finchè siamo vivi possiamo fare tutto. Danzare. Ma anche piangere. E se abbiamo pianto allora solo dopo capiamo quanto fosse importante danzare con un amica.
    Solo dopo che molto ci viene strappato capiamo quanto fosse importante. Vivendo capiamo e apprezziamo. Il dolore lo imprime nei nostri cuori, così quando vedremo l'Alba sarà ancora più magnifica di quanto ricordavamo. Bisogna sempre ricordarsi che tutto si basa su questo. Che non possiamo sfuggirne. Io non ti ho salvata sei stata tu. E facendolo hai salvato anche me.
    Anche loro. Un increspatura. Ma che diventerà maremoto Andrea.
    Tu sei quel maremoto.
    Tutti voi lo potete essere. Perché la morte non ha nessuna risposta, le domande e le risposte trovatele qui ed ora. Sempre.»


    Avrebbe lasciato le sue mani.

    «La Corruzione non durerà finché capirete questo. E tenendolo conservato lo trasmetterete agli altri.
    Trasmetti tutto questo Andrea. Non chiudere i tuoi occhi ma tienili aperti. Proteggi questa fiamma, questa speranza, il desiderio di due sciocchi e la pazzia che agita i loro cuori. Difendici. Difendili.
    Io difenderò te


    E con lei tutti loro. Ognuno unito. Come fili spezzati e poi legati di nuovo insieme. Spessi.
    Più forti. Cosicché sarebbe stato sempre più difficile sconfiggerli.



    Edited by Lyga - 16/4/2021, 09:06
     
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    La pietra di giada brillava nella sua mano.
    La pietra di giada era la sua mano. Un dono. Qualcosa di cui poteva solo intuire la portata, ma per cui era comunque grata ad Amateratsu. Qualcosa che sarebbe rimasto con lei, in lei, fino alla fine della sua vita, e poi umilmente restituito. Un segno del legame tra i Saint e i Gea. No. Tra Andrea e Amateratsu. Tra la donna più vicina alla natura e la creazione stessa. Fece scorrere il dito su quella superficie. Calda e fredda insieme. Vivente, anche se oggetto. Della stessa natura di Amateratsu. E, ora, per sempre con lei, in lei. Ne sentiva il cosmo, il colore, il sapore, l'odore, il calore.
    Accettò Yasakani no Magatama dentro di sé. Un memento, ma forse anche qualcosa di più. Qualcosa di cui forse, solo alla fine, avrebbe intuito lo scopo. Un filo teso tra loro due, un collegamento che sarebbe stato spezzato solo dalla negazione di ciò che Amateratsu rappresentava: la fine, la morte. Ma per cui Andrea non avrebbe avuto rimpianti.
    Si erano incontrati, loro, in quel momento e non un altro. Era un miracolo.

    I miracoli, eventi così improbabili da essere impossibili, come...
    L'ossigeno che si trasforma in oro. Qualcosa che non doveva avvenire, ma che si era verificato. In ogni accoppiamento fra umani, mille milioni di spermatozoi competono per un unico ovulo. Una probabilità da moltiplicare per innumerevoli generazioni con le probabilità che i suoi antenati fossero vissuti; si fossero incontrati; avessero generato proprio quel figlio, quella figlia. Finché alla fine sua madre non aveva amato un uomo, Eugène Beaumont, un uomo che aveva tutte le ragioni di odiare, ed era proprio da quella contraddizione, contro qualunque probabilità, che lei, solamente LEI, era emersa. Andrea. Riuscire a distillare una forma, così specifica, da tutto quel Caos... era come trasformare l'aria in oro. Era l'improbabilità suprema. Un miracolo.
    Andrea, tra i miliardi di morti sotto la Corruzione, era riuscita a sopravvivere, a diventare la Leonessa, e poi a incontrare Amateratsu. Una serie di improbabilità diventate reali, che l'avevano portata a quel momento. Una di fronte all'altra.

    Aveva ricevuto un pezzo del cuore di Amateratsu.
    Lo avrebbe custodito. Lo avrebbe accolto, perché Andrea si era sempre rifiutata di essere sé stessa. Sempre in tensione verso il nuovo, verso il cambiamento, tenuta insieme solo da un nome. Domani, irriconoscibile. Ma oggi lei stessa, di fronte ad Amateratsu. Di lui amica, sorella, amante. La nascita e la vita. La vita... più rara di un quark e imprevedibile ben al di là dei sogni di Heisenberg.
    Andrea era l'argilla nella quale le forze che plasmavano ogni cosa potevano lasciare con maggior chiarezza la loro impronta.
    Per quello danzò con Amateratsu. Stretta a lui, con il ritmo degli elementi e del Sole. Si fece guidare da lui, assorbì quella danza, fece in modo che quel ricordo rimanesse con lei, perché lei era la custode della conoscenza e della memoria. Ma quel momento era solo suo. Suo e di Amateratsu. La sua biblioteca non l'avrebbe avuto.
    L'avrebbe portato via con sé.

    Poi la danza finì, e lui riprese a parlare.
    Lei annuì piano, ma quando le parole finirono si portò un dito sulle labbra. Copriva il suo sorriso. Tutto era stato detto, e tutto era ancora da dire. Ma, per quel giorno, era abbastanza. Le promesse che si erano scambiati erano più forti di qualsiasi vincolo legato alle parole. Era il sangue che avevano versato in battaglia. Era il pezzo di Amateratsu dentro Andrea. Era la loro danza.
    « Non abbiamo più bisogno di parole. Danza ancora con me. » Tutto quello era abbastanza, ma Andrea non voleva che finisse. Non ancora. Solo per quel giorno avrebbero potuto dimenticare la morte, le guerre, i doveri. Avrebbero potuto danzare.
    Si avvicinò di nuovo ad Amateratsu. Cercò la sua mano, intrecciò le dita con le sue. Poggiò la testa sul suo petto, avvicinandosi al battito del suo cuore. Restò così qualche istante, come per ricordarsi quel momento. Poi portò quella di Amateratsu sul suo, di petto.
    Iniziò a muoversi lenta, a danzare. A modo suo, questa volta. Prima piano. Con la timidezza di un'anima inesperta, col timore di sbagliare i passi, di offendere, di ferire. Ma con la curiosità di andare più a fondo, di conoscere, di imparare il ritmo del corpo dell'altro. Vicini, sempre più vicini, come se una parte qualunque dovesse essere sempre collegata a lui, o l'avrebbe perso per sempre. Come le onde. Sincronizzati.
    Si iniziava sempre con un bacio.

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    Petto contro petto.
    Mani intrecciate, occhi che si riflettevano negli occhi. Come un fiore sbocciato accoglieva un colibrì, così lei strinse Amateratsu. Facendosi più grande di quanto non fosse, come se le sue braccia potessero, in quel momento, stringere l'intero mondo.
    Lo accolse, all'inizio. E poi iniziò lei a guidare. Dettava il ritmo perché entrambi lo seguissero, col respiro, coi movimenti, coi sospiri. Era il modo in cui lei, una vita, una donna, un'umana, poteva conoscere fino in fondo la Creazione.
    Voleva Amateratsu. Voleva danzare con lui, insieme, per quell'ultima volta e poi chissà, forse mai più. Ma custodire quel momento, non chiederne mai più un altro di uguale, perché un momento uguale non sarebbe mai esistito. Ma quello sì. Passava la sua mano sul suo braccio, sul suo collo, sul suo petto, sentendo ogni centimetro sotto le dita.
    Sapeva, nonostante stessero danzando, che Amateratsu non poteva essere suo. Non lo credeva possibile e non lo desiderava. Le bastava quella parte. Le bastava la pietra di Yasakani no Magatama.
    Le bastava sentire Amateratsu con lei, in lei.

    E danzò. Come fosse l'ultimo giorno sulla terra.
    Come fossero gli ultimi due esseri viventi al mondo. Senza più pudore, né paura, ma anzi con coraggio. Sfidando il destino, o il caso, che li avevano voluti lì in quel momento. Quasi con rabbia, ma mai raggiungendola, sempre fermandosi un momento prima. Non con amore, ma con tenerezza.
    E poi Andrea fece una cosa. Il Keraunos iniziò a scorrere, non con violenza, ma nella sua forma più pura. Quella che forse Amateratsu poteva riconoscere come forma della creazione. La luce iniziò a riscaldare, a ricomporre, ad avvolgere entrambi. A guarire e a confortare ogni aspetto, ogni cicatrice, ogni ricordo che potesse influenzarli. Corpo, mente, spirito.
    Un elemento primordiale, che si univa al loro atto primordiale. Perché la loro danza fosse pura. Senza sospetti, senza paura. Così come Amateratsu aveva donato una parte di sé ad Andrea, così Andrea gli stava donando ciò che aveva pensato, per lungo tempo, fosse la cosa che sapeva fare meglio. Una parte di sé che ancora esisteva. Ma che era cambiata per sempre.
    Era di nuovo innocente. Non più danzatrice del tempio, ora danzava per Amateratsu e per sé stessa. E per loro due soli. Perché quel giorno non poteva durare per sempre. Perché ogni giorno aveva il suo tramonto.
    Ma, finché danzavano, sarebbero restati uniti. Il filo tra i loro cuori non si sarebbe spezzato. E quel giorno non sarebbe finito.
    Le bastava un momento. Un momento ancora...

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    Tecniche ~ /
    Riassunto ~ Scegli tu se abbiamo danzato o abbiamo danzato. Tanto a entrambi piacciono le cose concettuali.
    Per me si può finire qui, sono per le cose lasciate in sospeso. In ogni caso grazie per la role molto sorprendente. :fiore:
     
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    Danza con me Andrea. Tra diecimila vite e mille universi questo rimarrà indelebile.
    Continuerò a farti danzare nel mio cuore. Continuerò a tenerti in un angolo della mia anima che sia solo mio. Egoista lo voglio essere oggi. Combatto da solo da sempre ma quando non avrò la forza, quando tutto mi sembrerà solo oscurità e morte allora mi ricorderò della tua Luce e di questo giorno. Non dimenticherò mai nè dimenticherò te. é una promessa che faccio a me stesso.
    Combatterò anche per te. Col tuo ricordo.
    E spero di rivederti. Ancora. Per danzare insieme in un nuovo mondo.
    Fino a quel momento starò con te, anche se non starò lì. Ti ringrazio per tutto... ora porta questa luce di speranza.





    CITAZIONE
    ENERGIA: Viola

    STATUS DARIAN( LV VII):

    STATUS FISICO:

    TECNICHE UTILIZZATE:
    ABILITà:
    Kusanagi No Tsurugi
    «Se nel tuo viaggio dovessi incontrare Dio, lo trapasserai.»

    La Falciatrice d'erba.
    Ama no Murakumo. La Spada del Paradiso.
    L'arma che da sempre accompagna Amaterasu nella sua lotta contro l'Abisso e il Terrore. La spada che falcia i nemici come se fossero giunchi.
    La spada lucente che taglia il Buio.
    Una spada che è leggendaria come la mano di chi la impugna. perchè non vi è mano senza quell'elsa.
    Non vi è la risata sprezzante di Amaterasu senza il ronzio acuto di Kusanagi.
    Non vi è la forza dirompente dell'araldo dell'Inizio senza il tocco ferale e mortifero della spada che nacque da Orochi, il Drago ad 8 teste.
    Così come Harlan e astolfo era un tutt'uno - fuoco e veleno per G.E.A - così Kusanagi e Amaterasu sono essenza e significante l'una dell'altra.

    Il valore di Amaterasu lo si misura dal filo della sua spada.
    Che non è solo un arma. é molto di più: compagna, sorella, incarna il valore e la volontà di Amaterasu. Non un arma semplicemente...Amaterasu che si è fatta spada e arma per G.E.A.
    Non una katana ma una spada. Dalla lama lunga 90 cm, con l'elsa finemente decorata a ricordare un drago; la sua forma ricorderebbe un calamo, dall'acciaio lucente e bianco che sembra aver catturato i raggi del sole.
    Sul filo interno vi sono 8 anelli a ricordare Yamata no Orochi, il drago a 8 teste da cui, la leggenda dice, fosse nata tale spada.
    Ogni volta che si muove un ronzio particolare sembra invadere l'aria, come suono di tempesta e di guerra.
    Come vento che soffia tra gli steli d'erba.
    Delicata come il tocco dell'erba, ferale come il Drago da cui è nata, leggendaria come chi la impugna.
    Si dice che il suo filo sia indistruttibile[Stesso grado e resistenza della cloth] e che possa tagliare sia l'anima che il corpo.
    Sulla lama vi sono incise queste parole:
    Come rugiada al cespite Dell'erba inaridita, Fresca negli arsi calami Fa rifluir la vita

    :: Abilità Arma

    La Vita è Straordinaria
    «La cosa più bella che possa capitare a un essere umano, è di scoprire il fuoco sacro, il fuoco della sua anima.
    E di fare in modo che la vita intera sia l’espressione di questa anima»

    La vita è un impeto di gioia, di rabbia, di violenza, di amore, di dolore, di malinconia. la vita cos'è se non un qualcosa che brilla più del sole e delle altre stelle? Cos'è se non un universo?
    Unica. è un privilegio vivere. Harlan lo sapeva molto bene. Lo aveva sempre saputo perché per capirlo la vita ti deve sfuggire di mano, come granelli di sabbia. Perché è preziosa. Perché inestinguibile. Luminosa.
    Vivere significava avere il coraggio anche di prendere il dolore e di accettare i propri sbagli, perché vivere era anche questo. Non era una strada dritta e uguale per tutti, ma infinita. Infinita come le strade che potevamo prendere, come le mani di chi potevamo incontrare, come gli amori che ci avrebbero accompagnati e le cicatrici che potevamo farci cadendo su questa strada magnifica.
    Harlan lo aveva capito mentre combatteva il suo tumore.
    Perché aveva preteso che la vita doveva avere un senso già imposto da Dio, ma la vita non aveva un senso imposto da chissà quale mano.
    Aveva il senso che noi stessi eravamo disposti ad attribuirle. E per esso si doveva combattere. E con esso avrebbe dato al pugno una forza senza eguali.
    E Harlan questo senso straordinario ancora oggi non l'ha perso; Amaterasu lo custodisce gelosamente e con tale forza combatte i suoi nemici.
    E, sfruttando tutto il potere di questa vita, può infondere ai suoi attacchi e alle sue difese una forza mai vista prima.
    Una forza che è La potenza della Vita Stessa.

    :: Abilità Cosmo Straordinario

    La Vita è Carne e Anima
    «Lei ci crede a questo? A un fuoco inestinguibile che ti divora eternamente»

    La vita è sia carne che spirito. dall'unione di questi elementi che il fuoco arde in essi e in essi può continuare ad essere.
    è un fuoco.
    Amaterasu modella questo fuoco. Non solo la carne e gli elementi fisici ma sopratutto quelli spirituali infondendovi la fiamma primordiale.
    Grazie alla fiamma primigenia, può interagire con spiriti incarnati e disincarnati, muovere la propria e altrui anima verso Dimensioni Spettrali e Spirituali ed anche il corpo, sia il suo che di altri.
    Ma non solo può formare la vita, crearla per compiacere il disegno di G.E.A ma anche sfruttarla per attaccare. Perché il male ha innumerevoli forme. Trova sempre un modo per sgusciare, non visto, tra le pieghe della realtà.
    Ecco perché, prima la Salamandra e ora Amaterasu, hanno il compito di poter osservare i vari mondi e tagliare il Velo di menzogne e orrori che il Male genera per i suoi loschi scopi.
    In termini pratici può usare tale energia per colpire direttamente altra energia spirituale o anime.
    Può modellarla per creare sfere o globi. Difese o raggi qualsiasi cosa per fermare le Tenebre e le oscenità che le abitano.
    Per farli provare tutto il dolore necessario, per abbattere tutta la loro determinazione, per estinguere e divorare il loro fuoco ed estirparlo dalla realtà come il veleno da una ferita infetta.
    Egli è inoltre in grado [dall'energia blu] di staccare la propria anima dal corpo ed operare tramite una proiezione astrale che potrebbe essere utile sia in combattimento - nonostante la pericolosità che derivi da essa - sia per scopi non bellicosi. Allo stesso modo, tramite il suo potere l'Araldo dell'Inizio, può accedere (da solo o con altri) ai mondi di mezzo alla dimensione materiale, come la Dimensione Spirituale e la Dimensione Spettrale, dove l'energia spirituale si manifesta in forma fisica.

    :: Abilità Spirito

    Riconoscere la Vita in ogni forma
    « Non devi ascoltare ma percepire»

    Come gran parte dei cavalieri di un certo livello, proiettando il suo cosmo all'esterno può comunicare telepaticamente con le persone che lo circondano.

    :: Abilità Telepatia



    NOTE: Ti ringrazio così con i pensieri di Amaterasu. O almeno solo uno. Quello che si porterà dietro fino alla fine dei tempi o del suo ruolo
    Un pò smielato credo ma Ama è un araldo molto fuffoso/gattoso se non si gira male XD
    Grazie ancora per la role sicuramente interessante e assolutamente sorprendente


    Edited by Lyga - 28/4/2021, 16:01
     
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10 replies since 3/1/2021, 16:14   453 views
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