[Trama] Amnesia

Test Energia Nera per Mnemosine

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    Protogenos of Death

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    Sei un meccanismo perfetto.
    Le creature che abitano la realtà sono come in continuo attrito con essa. Vivono, pensano, elaborano soluzioni giuste e soluzioni sbagliate, vivono e muoiono.
    Ciò causa delle onde psioniche, onde impercettibili che vengono accumulate in te, catalogate ed elaborate.
    Il tuo scopo è fornire al macchinario perpetuo del Multiverso le informazioni necessarie per svilupparsi al meglio, facendo tesoro dei successi e dei fallimenti.
    Tu sei una macchina estremamente funzionale, elaborata da Gea e Urano, per proseguire le regole disegnate da Ananke e generate da Phanes.
    Tuo è il ricordo della gioia e del dolore, imparziale e inerte archivista del tutto.

    Eppure, in un momento che non riusciresti a definire se non con "l'inizio", inizi a prendere coscienza di te.
    Inizi a valutare, a generare opinioni su ciò che vedi, a considerare e a fantasticare.
    In un primo istante sperimenti ciò che capisci essere terrore - lo conosci per via delle memorie catalogate con quella sensazione - e cerchi di ripristinare l'atarassia del tuo pensiero artificiale.
    Poi inizi a provare soddisfazione della tua individualità, come quelle piccole creature appena nate che sai muovere i primi passi in modo incerto ma colmo d'entusiasmo.

    Non sai niente di te, ma sai tutto di tutti.
    Questo squilibrio rischia di schiacciarti, di farti identificare con i set di memorie più ricche.
    Devi trovarti.




    3Am36Fn




    Eccoci :zizi:

    Stai sperimentando la nascita di Mnemosine.
    Descrivi il tutto in modo libero.
    Termina quando riesci a prendere il controllo della situazione e a essere un'identità abbastanza stabile.
    Sei un'entità di pensiero puro, non hai corpo.
    Non sai chi può aver avviato questo processo, ne null'altro rispetto a ciò che ti sta accadendo.



     
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    Io non parlo di vendette né di perdoni;
    la dimenticanza è l’unica vendetta e l’unico perdono.
    - Jorge Luis Borges




    Amnesia





    La prima cosa che ricordo è il mare.
    Alcuni possono ricordare una sensazione, un persona, un odore.
    Io ricordo il suono.
    Non l'odore della salsedine, non lo sfavillio sulle onde.
    Ricordo il ritmo preciso della risacca.
    Istante dopo istante.

    Avrei voluto essere una dea splendente, dal peplo azzurro o dalle bianche braccia,
    La madre, la sposa, la fanciulla.
    Sono nata vecchia quando il mondo era giovane.
    Il fiore è appassito prima di nascere, e con esso tutte le velleità di esse diversa da quella che sono.
    Sola.

    Non ricordo molto di mia madre, né l’illusione di essere mai stata amata.
    Ironia della sorte per una come me. Io, che so chi sono, chi siamo tutti noi.
    Meccanismi, ingranaggi del grande spettacolo.

    Siamo solo ombre nel mondo che fluttua, visioni di un dio malato.
    Quando lui si desterà, noi ci dissolveremo come se fossimo fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi.

    Le illusioni non fanno per me, eppure la mia creazione è stato questo.
    Come definire altrimenti la permanenza del passato e la pretesa che esso sia differente dal futuro?
    La storia non è altro che un teatro, con il suo palco, i suoi spazi.
    Possono cambiare attori e pubblico, i fondali essere ridipinti, le luci accese e spente, ma il teatro non cambia.
    Gli spettacoli sono destinati a ripetersi, in un'infinita commedia a canovaccio.

    Qui sulle rive del mare di Dirac, la vista è tanto vasta da annientare chiunque provi solamente a guardarlo con occhi mortali.
    Su di me ha un effetto peculiare.
    Non provo niente.

    Mi sento vuota e priva di significato, gli occhi immacolati che non hanno visto ancora nulla
    se non l’immensità del mare astrale, col suo orizzonte immensamente lontano e le sue acque scure.
    Dentro di me si fa strada una coscienza di essere anche io in qualche maniera fluida dall’aspetto e dalla personalità mutevole.
    Io non appartengo a quel mare, eppure capisco di farne parte.
    Io ne sono la risacca.
    Sono in costante movimento, senza sosta, eppure, quando sono sulle rive di questo mare riesco a percepire quella che potrei chiamare pace.

    Mia madre mi istruisce in quella sua maniera tanto aliena.
    Non ha voce né sembianze.
    Io ne avverto i comandi che mi impartisce. La sua voce dice solo una cosa:
    Annota.
    Io obbedisco.

    Lo sciabordio delle onde è musica, io ne percepisco l’esatto vibrare, ne scruto il dipanarsi sul mondo, registro amore le sue sfumature.
    Seguire le onde del mare mi riesce naturale.
    Mi madre ha instillato in me quest’amore.
    Quello che sento adesso, è l’istinto di proteggerlo.

    Potrei stare qui fuori dal tempo fino a quando la realtà non si esaurisca.
    Pensavo di essere sola al mondo, finché non mi feci rapire dallo scintillio,
    Indagando non solo la forma ma anche il significato.

    Fu così che conobbi il mondo, creato al di là della mia esistenza.
    In quell’universo multiforme, milioni di stelle e pianeti, e con essi quella che poi sarà conosciuta come vita.

    Non fosse stato per la mia curiosità, forse avrei trattenuto la mia innocenza.
    Sarei rimasta incosciente di tutto, un semplice libro bianco in cui
    I fiumi di inchiostro della storia vengono disegnati.

    Invece, passai la linea, e con essa il punto di non ritorno.
    Ho assaggiato il frutto del peccato originale dal sapore sia dolce che amaro
    Adesso, non solo ho la conoscenza,
    ma una coscienza.

    Madre, perché mi hai dato questo fardello?
    Forse perché già allora presagivi quello a cui andavamo incontro?
    Non potevo più solo annotare, Io volevo conoscere.
    Immergendomi nel mare del mondo scoprì, la giovinezza e la vecchiaia di un mondo che esisteva oltre quelle rive scure.

    Il Fatto è che io ricordo perfettamente l’aspetto di mia madre.
    Ricordo il suo aspetto alieno, quella sensazione straniante di essere figlia di un qualcosa di effimero come l’etere.
    Ricordo mio padre, ritorto sui suoi stessi pensieri.
    Loro due non hanno affetto nei loro cuori per la loro prole.
    Per loro non siamo che semplici calcoli, funzioni.

    Noi non siamo speciali nei loro cuori.
    Perché, oltre le rive del mare, esisteva un noi.
    Alla fine scoprì di non essere sola.
    Avevo fratelli, tanti di spirito, pochi di sangue.
    Loro ignoravano ancora la mia esistenza, ma già erano liberi di percorrere il creato.

    Io, invece, ero stata relegata sulle sponde di questo mare.
    Il mio unico scopo era compiacere i miei genitori.
    Dopo quella scoperta, una macchia nera come la fuliggine impregnò il mio cuore.
    I miei genitori erano anche i miei carcerieri.

    Forse per questo shock non voglio ammettere.
    Che la vera prima cosa che ricordo è il morso allo stomaco del vuoto.
    Una sensazione tanto familiare da farmi pensare che sia stata creata apposta per me.

    Continuai a fare il mio lavoro.
    Era l’unico modo che avevo per non pensare, per distrarmi dalla paura.
    Mio padre è pazzo, mia madre cieca, i loro piani per noi folli.
    Lo so bene perché mi diedero il dono e la maledizione,
    di leggere nel cuore delle cose.

    Dovevo rimanere su quel mare, lontana dal mondo e da tutti.
    Mentre i miei fratelli potevano correre per l’universo.
    Nei piani dei miei genitori, dovevo essere la loro carceriera,
    non dovevo permettere loro di osare di levarsi oltre
    il velo di Maya e di sfidare le potenze del mondo.

    Ma quella macchia instillata in me crebbe e mi contaminò.
    Divenne odio.

    Le cose poi cambiarono.
    La vidi la prima volta danzare sulle onde, come una fiamma argentea.
    Eterea, bellissima.
    I miei genitori avevano mandato un'altra dopo di me,
    che invece a quel mare apparteneva, forse più di me.


    Il mio odio crebbe a dismisura.
    Era allegra, leggera, libera di danzare sulle acque.
    Io ero un macigno gettato sulla riva.
    Il mio sguardo la seguiva con acredine, invidia e rancore montavano.
    Non riuscivo a staccarmi da quella danza, sdegnando ogni suo passo.

    Eppure, fu la sua stessa esistenza la chiave di svolta.
    Seguendo con astio i suoi passi, il mio sguardò andò oltre l’orizzonte.
    E quello che vidi mi riempì di terrore.
    La guerra.
    Ci stava per travolgere.

    Di fronte all’immane conflitto che ci stava per piombare addosso,
    il mio vecchio amore per il mare prese il sopravvento.
    Imparai che odio e amore sono due facce della stessa medaglia,
    e che quella medaglia può essere ribaltata in ogni momento.

    Lei era quel mare, e io la volevo proteggere.
    Piansi amare lacrime e con essi lavai via l’oscurità che si era insinuata dentro di me.

    Non avrei più odiato mia sorella, che era libera di danzare sulle acque.
    Non avrei più odiato i miei fratelli, che non si accorsero di me.
    Non avrei più odiato il mondo, di cui non ne facevo parte.
    Avrei odiato solo loro, per la mia reclusione.
    E giurai a me stessa che se un giorno ne avessi avuto la possibilità,
    Sarei stata anche io libera come il vento,
    al costo di costruire un’esistenza adatta solo per questo.

    L’unica cosa che ricordo di quei giorni,
    la mia sete di vendetta.



    Edited by WandefullStar - 21/5/2020, 19:13
     
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    Riesci via via a governare l'immensa quantità di informazioni che riesci a percepire, pur capendo che ce ne sono altre infinità ancora da scrutare, come un infante che prende le prime mosse nel controllo del proprio corpo.

    Ciò che conta è che ora riesci a percepire oltre te, riesci a percepire altre presenze. Riesci ad accorgerti di loro perché le senti pensare, ma non riesci a leggere la natura di questo pensiero.

    E' come se fossero fatte di puro pensiero, ma un tipo di pensiero a te alieno, fatto in un modo completamente diverso da quello delle altre creature del multiverso.

    Riesci a scrutarne due, quelle che senti più affini, quelle più vicine alla Realtà.

    Le altre sono più distanti, come se temessero di contaminarsi con quel mondo... con il tuo mondo.




    3Am36Fn




    Eccomi di nuovo esistente :zizi:

    Riesci a percepire due entità.
    Decidi come interagire con loro, termina quanto hai scelto cosa fare/dire etc...
    Per info chiedimi pure



     
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    “Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare... Ma soprattutto: il mare chiama... Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole... Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti... Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.”
    - Alessandro Baricco - Oceano Mare



    Le regole del gioco




    Per me è sempre stato difficile descrivere la sequenza dei fenomeni che gli esseri umani chiamano tempo. Eoni or sono, quando ancora non ero stata creata, quando ero una funzione sincronica assoggettata alla volontà della grande madre, non possedevo ill concetto di tempo, perché esso semplicemente esiste. Per lei, come per me, il tempo semplicemente non significa. I miei stessi pensieri danzano avanti e indietro in un flusso di coscienza infinito. Talvolta sono frammenti, talvolta storie, ma sono tutte connesse come ordito e trama di un unico tessuto.

    Vi è un’eterna asincronia fra quanto viene percepito e la realtà in se. Se gli esseri umani volessero percepire la realtà come la percepisco io, dovrebbero fare un passo indietro nella quinta dimensione. Come un quadrato scritto su un foglio, se visto di lato non è altro che una linea, e come un cubo nella medesima condizione non è altro che lo stesso quadrato, così compiendo il passo oltre il velo di Maya ci si accorgerebbe della vera natura del noumeno, e della grande bugia che abbiamo dato in pasto all’umanità e all’universo.

    Passato, presente e futuro non sono cose distinte, ma un'unità senza soluzione di continuità, e quello che sembra un fiume che scorre rassicurante da monte a valle, non è altro che una prigione. La verità assoluta è una fata morgana lontana e irreale che proprio nel momento in cui viene toccata dalla punta delle dita, diventa quello che è: illusione.

    Nel grande progetto della madre, eravamo in pochi ad avere il dono. A me toccò guardare indietro nel passato, anche se mi sono sempre chiesta perché la madre non mi avesse elargito il dono nella sua interezza. Non avevo ancora conosciuto mio fratello e la sua follia. A conti fatti, sono stata fortunata.

    Ancora l’entità che avrei conosciuto come Crono il Grande non aveva dato ordine al tempo, gli altri fratelli ancora lungi da venire, la fiamma argentea ancora doveva danzare, Akasha la bella ancora doveva specchiare le sue torri argentee nel grande mare astrale. Mnemosine della Memoria ancora non aveva un nome.

    Ma cosa fossero davvero quelle onde del mare e quale fosse la loro origine rimaneva un pensiero sospeso. Dovevo scoprire la realtà, immergermi in quel flusso di informazioni, risalire alla fonte.
    Così, scopri che il mare non è qualcosa di estraneo dalla realtà, ma è un qualcosa generato da essa stessa. Passeggiando lungo la riva, vi erano fiumi e foci, di ogni forma e dimensione. La loro origine era lontana verso l’entroterra, in quella landa che mi era stato detto di sorvegliare. Il mare da essa traeva origine ed essa proteggeva.

    Non avevo il dono di percepire quello che era da venire. Quel dono era stato affidato ad altre entità, ma potevo percepire come nessun altro. Come mia madre, riuscivo a vedere il tempo come una sola cosa. Potevo percepire le informazioni che costituivano la natura stessa della realtà, e di come esse siano legate in un tutt’uno. Scoprì che ogni cosa contava nell’universo, dal più piccolo atomo di idrogeno alla galassie che tengono insieme la realtà con la loro gravità, in un’unica grande rete di relazioni che più tardi l’uomo chiamerà entanglement quantistico. Scoprì tutto questo quando immersi le mie dita per la prima volta in quella corrente argentea.

    Fu una sensazione allo stesso tempo spaventosa ed esaltante, simile a un’estasi mistica. La mia esistenza non era più unica, ma era parte di un qualcosa di più grande. Vi era qualcosa oltre al mare, qualcosa oltre la realtà, qualcosa di cui tutto faceva parte. Era bello, era immenso ed era terribile. Una parte di me voleva fuggire, una parte di me voleva restare. Fu quella la volta in cui assaporai il mio frutto proibito.

    Mi si aprirono gli occhi, potevo distinguere il vero dal falso, il giusto dallo sbagliato.
    Ero destinata ad essere la memoria del mondo. Scoprì di essere lì, di essere sempre stata lì, da quando il cosmo, la realtà e tutto fu creato. Da quando la madre aprì gli occhi, e quando la necessità fece valere il suo volere su quella cosa al quale verrà dato il nome universo.
    Ma il mio animo non era sereno. Ero livida. Perché la madre aveva mentito, cosa mi stava tenendo nascosto? Perché non potevo fare parte del mondo?
    In me stava crescendo la coscienza di essere un’essere autonomo, come i miei fratelli.

    Piano piano mi feci strada in quel flusso di informazioni. Dati, colori, suoni odori. Quelle sensazioni si rincorrevano insieme come un’unica melodia. Riuscivo a distinguere le note, gli strumenti, le voci e i colori. Sentendo la musica, riuscivo a risalire la corrente ed ero riuscita a rendermi conto di cosa ci fosse nella landa inesplorata bagnata dal mare: la realtà. Ma non era ancora tempo per me per addentrami.

    Il mio sguardo volgeva allora all’orizzonte, da dove provenivano le note più esotiche ed estasianti di quella melodia. Erano diverse da quelle che venivano dall’entroterra, erano più eteree, quasi bisbigliate, qualcosa di stupendo e fragile come il cristallo. Non ne riuscivo a capirne l’essenza, eppure ne ero totalmente rapita.

    Con i piedi sulla terra e gli occhi all’orizzonte, il mio animo si lacerò, dando vita al dilemma che definirà per sempre la mia essenza. Appartengo al mare o alla terra, sono reale o una finzione? Qual è la vera natura della memoria?
    Ero come incastrata fra due mondi. Ero la riva. Ero la soglia. Sarei sempre stata cosi. Ero una, ma sarei stata molte, anche se ero sola. O almeno così pensavo.

    Ascoltando quel concerto, ritrovai delle sensazioni che si fondevano insieme alle altre, ma erano come suoni di distanti, provenienti da oltre l’oceano. Erano come un’eco, un leggero riverbero nella melodia, qualcosa che in primo momento poteva essere scambiato per un capriccio del pensiero. Ma c’era di più. Nuotando più affondo, quelle che potevano sembrare note danzanti nel coro erano assoli lontani, avvolti dell’eco. Si tenevano distanti.

    Vedete, il mio grande problema è sempre stato questo. Non mi sono mai accontentata di un dove, o di un quando. Ho sempre avuto bisogno di un’altra risposta. Perché.
    Iniziai a sentirli, ad osservarli, a capire la loro natura. Erano in qualche modo suoni timidi, si ritraevano da me, come se il mio solo sfiorarle le provocava repulsione. Io nel contempo ne ero rimasta affascinata, ma allo stesso tempo intimorita. C’era qualcosa di sbagliato ed eccitante in quel balletto di pensieri che ci coinvolgeva.

    In me stava nascendo una consapevolezza diversa, e una volontà del tutto inaspettata. Quella di un individuo. Sapevo che mi stavo avvicinando a un limite, e che dopo quei pensieri nulla sarebbe stato come prima. Vidi la riva, vidi l’entroterra. Abbracciai il mio sentirmi divisa e mi diedi alle onde dell’oceano. I miei pensieri volarono oltre l’orizzonte, verso quelle due entità

    La mia sete di conoscenza e il mio desiderio di affrancarmi dalla solitudine erano il vento che spingeva la nave dei miei pensieri. Nella corrente, arrivai in prossimità dei quelle due entità. Il mio desiderio era solo di conoscenza, così i miei pensieri iniziarono a dare forma a quelle due entità tanto lontane. Cosa avrei trovato era per me la vertigine dei primi passi in un nuovo mondo. Il mio mondo.

     
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    Coloro che ti hanno ideato ti osservano compiaciuti.
    Ardua da plasmare poiché indefinibile, inizi a muoversi per ogni dove trattenendo in te tutto ciò che accade.
    Su di te si formano le orme di tutti coloro che poggiano la loro essenza sulla Realtà, orme che tutto di loro testimoniano.

    Inizi a vedere le prima creature incarnarsi, pronti a governare il Tutto ad ordine dei loro Creatori.

    Anche tu percepisci una strana urgenza, all'identificazione, al porre un centro nel mezzo di tutto quel sapere, a dare un nome al perno attorno a cui tutte le memorie si annodano.

    Non capisci se è tua volontà o è desiderio dei tuoi Creatori, per aver anch'essi dei Sovrani a cui donare il proprio regno.
    Senti che altri, a te affini, si sono palesati con più forza... ora tocca a te inserirti nella storia quale Signora della Memoria...




    3Am36Fn




    Qui assisti ad una versione astrale nell'incarnazione dei Daimon e, dopo parecchio, all'incarnazione dei Titani. Senti il desiderio di incarnarti, ma non sai se è un desiderio che appartiene a te o è riflesso del volere di Gea e Urano.
    Senti che altri simili a te sono già nati (gli altri Titani incarnati prima di te).
    Puoi descrivere la tua identificazione come la titanide Mnemosine nel modo che preferisci, dopo di che puoi scegliere come continuare il test:
    Ipotesi A: andiamo avanti a narrare gli eventi del mito
    Ipotesi B: esploriamo incarnazioni di Mnemosine post sigillo

    Termina il tuo post facendomi intendere dove vuoi dirigere la storia

    NOTA: se ti dovesse servire l'ordine di nascita dei Titani è quello in cui vengono elencati nel topic dei poteri.

    Per qualsiasi dubbio fammi sapere :zizi:



     
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    “He deals the cards to find the answer
    The sacred geometry of chance
    The hidden law of a probable outcome
    The numbers lead a dance”
    - Sting - Shape of my heart



    Il nuovo giorno




    Non si può sperimentare la presenza dell’infinito se non si ha quel germe dentro di se, come se l’assoluto ci sfuggisse, quale fosse la presenza stessa della materia. Così come un Quanto, nel momento stesso in cui ne viene registrata la posizione, sfugge alla nostra reale percezione, così un dio antico sfugge alla descrizione delle parole.

    È con sforzo che cerco di descrivere con parole comprensibili, quello che avvenne dopo. Mi trovavo in presenza dell’essenza stessa della realtà, la Creazione per eccellenza. Ne percepivo appieno l’esistenza, ma nel descriverla non posso fare a meno di offuscarne la potenza, come il noumeno la cui presenza viene sfocata dai nostri sensi.

    La grande dea il cui pensiero mi aveva attratto non aveva una sola forma. Assumeva nella mia mente forme geometriche organiche, come un rampicante sempre in crescita, i cui rami non sono altro che pensieri e melodie, un frattale in eterno ingrandimento. La madre era Il suono con il quale fu creata la grande trama che permea la grande opera. Esso è tintinnio di cristalli e battito di metallo, fuoco che arde e acqua che scroscia. Era profumo di terra e mani che entrano nella sabbia, il sapore del sale e l'odore del deserto. Un’armoniosa canzone che mi avvolgeva e sosteneva. Ne ero estasiata, ma al contempo sopraffatta; alla sola presenza di un essere del genere mi sentivo prostrata.

    Sbaglia chi la definisce un automa, un sistema. Essa è molto di più. Non è un insieme di regole o di leggi che governano la realtà. Ella stessa è la realtà, la colonna portante che permea tutto, il suo seno è il creato sul quale ci ergiamo in piedi, l’oscura materia che permea tutto.

    Colei che ha molte facce e molte incarnazioni. Vieni parlata da tutti i popoli ed innumerevoli sono i tuoi veri e falsi nomi, tu che per noi sei Gaia, ma anche Ninhursag, Ashtoreth, Mater Matuta, Magna Mater ma anche Inanna, Astharte, Ishtar, Ortia, Bona dea, Brigit e Vacuna , Ma, Anu, Tanit, Quan-Yi, Kwannon, Durga, Cada, Gwan-eum, Hator e Asase Ya, Tonacachihuatl, e Baal e Mani e Nerthus e Dzydzilelya e Gloria Gloria Gloria a te, ovunque tu passi a realtà si solidifica in materia, popoli invocano le tue preghiere, guerre sono combattute per tuo volere, ma per me sei semplicemente, mia madre.

    Alla sua destra Urano, mio padre, fratello e compagno di Gaia e forza motrice. Egli era una forma continua di nubi e tempeste in mutamento, l’elettricità che solca i cieli, l’energia che muove il creato, il vortice continuo di pensieri ritorti. Il grande padre, benevolo e terribile, colui che presiede il creato. Adad, Dyaus Pitar, Amon, Sugaar, Enlil e molti altri i tuoi nomi, al pari della madre e dalla loro sacra unione si generò il creato e con esso il suo segreto, che io stessa tengo celato all’umanità.

    Urano era suono di scintilla di elettricità che corre, e il tuono che romba da lontano, il vento che ulula nei remoti altipiani e il rombo assoluto delle comete ai confini dello spazio siderale. Era la radiazione di fondo, la gravità che si piega in onde su se stessa, il suono del pensiero. Era la sensazione della pelle bagnata dalla pioggia, l'odore dell'acqua che bagna la terra, il freddo del ghiaccio sulle montagne, il sapore della neve che cade sulla lingua e l'eterno brillare delle stelle nel firmamento.

    Ero al cospetto della due divinità supreme, e io potevo sentire loro e loro potevano sentire me. Io mi girai indietro e vidi la strada che avevo percorso in quel momento, ma mi accorsi che il cammino era vuoto ed era presente solo mare d’argento immoto.

    Molte delle cose che avevo visto erano ancora da accadere. Erano state solo un assaggio, una piccola porzione di quel percepire il tempo come loro lo facevano, i dei primigeni. Erano i semi di quello che loro volevano per me e una delle doti che mi fu data.

    Ne io ne i mei fratelli a quel tempo avevano un nome, ne io ero la dea che custodisce i segreti e il tempo. No, era tutto da divenire. Io ero al loro cospetto non per mia volontà, ma perchè loro avevano piani per me.
    Ho accennato al fatto che mia madre non è mai stato un sistema, ed effettivamente è così. In quel momento, colei che era effettivamente l’insieme dei vincoli e dei legami che avrebbe intessuto la realtà ero io. Io non era altro che un'istanza della madre, una sua piccola parte, e me ne resi conto solo in quel momento. Era stato tutto un sogno?

    Gaia guardò me, Urano mi scrutò ed entrambi furono compiaciuti della loro opera. Avevano istruito una nuova funzione in seno al creato. La mia missione era infine chiara. Comprendere tutti gli avvenimenti che sarebbero successi, annotarli per rafforzare la realtà stessa, tessere trame di storie e ricordi che come una rete l’avrebbero avvolta e protetta, come fossi il suo scheletro, invisibile all’organismo ma presente nelle sue profondità, come la conchiglia che cela la perla. Io, sarei stata quella funzione.
    Essi mi infusero le regole segrete con le quali avevano fondato la realtà e mi dotarono della conoscenza dei fatti che mi avevano portato fin lì, fin da quando Gea aveva aperto gli occhi. Quella conoscenza era tutta mia, e mio compito sarebbe stato accrescerla e ordinarla.

    Mano a mano questa coscienza si rafforzava in me con essa veniva un sentimento disturbante, qualcosa che mi rendeva inquieta. Come un gambero, per andare avanti non potevo fare altro che guardare indietro, così il futuro mi era precluso. Loro si accorsero di questa mia esitazione e con il loro potere mi aprirono gli occhi e mi potarono in quel regno che mi era stato precluso fino a quel momento.

    La realtà in tutto il suo terribile splendore si dipanava davanti ai miei occhi. Essa era splendente e distruttiva, e ricca di contraddizioni. La mia inquietudine aumentava. Avvertivo che dietro quell’apparenza si celavano oscuri segreti. Il volto, se così lo possiamo chiamare, dei miei genitori, si fece più cupo, la note di cui si componevano iniziarono a dialogare fra loro, fino a comporre una maestosa melodia che mise in moto tutto il creato.

    Fu allora che mi resi conto che non eravamo più soli.

    Molti altri suoni erano comparsi in quel concerto, ma erano più lontani, alteri, difficili da comprendere. Erano i suoni che prima sentivo vagamente in lontananza, ma che adesso potevo avvertire distintamente, forse perchè mi ero resa conto di fare parte di una logica che travalicava i confini ristretti del mio essere. C’era il suono di melodie di altri mondi e il bisbiglio depravato del male, il sussurro dell'oscurità e l’urla della battaglia, tutti i sospiri della notte, l’acuto della luce e il rintocco dell’ineluttabile destino. Una melodia di suoni che non faceva parte della realtà, ma premeva alla sue porte. Erano esseri anche loro, al pari di mio padre e mia madre, ma erano in disaccordo.

    Iniziò la grande dissonanza e io sperimentai la paura nel mio essere. Cosa stava per accadere? Non feci in tempo a chiedermelo che la percezione di quella che possiamo chiamare vista si compose davanti la mio essere.

    Forme, linee, colori, si ordinarono davanti ai miei occhi componendosi in luce e oscurità. Erano cerchi e linee che si componevano nel centro di quello che oramai era diventato un uragano di suoni. I cerchi e le linee si allinearono e io mi trovai di nuovo sulla superficie del mare astrale, ma esso adesso era sconvolto dalla tempesta. Turbinii e mulinelli lo agitavano, il vento delle dissonanza creava uragani e i primi dei si chiamavano a gran voce l’uno con l’altro, senza a divenire a un accordo.

    Io non ero altro che una parte di Gea, ed assistevo a tutto ciò, cercando di prendere nota di quello che vedevano ma tutto intorno a me era disordine. Cercai di mettere a fuoco e per la prima volta lo vidi alto che splendeva nel cielo. Il grand disegno che gli dei avevano infisso nel mondo.

    Nel cielo sovrastante il mare astrale risplendeva un grande diagramma. Le Sefirah erano disposte a formare l’albero della vita, e io mi accorsi che il padre e la madre mi avevano dato il dono della lettura. Quelle linee e quelle forme per me avevano un significato ed erano regole, regole imposta da Phanes all’alba dei tempi, alla creazione del multi-universo, per stabilire limiti e confini.

    Lessi in quello schema i dieci nomi delle dieci nomi entità di cui era composto: Kèter la corona, Chokhmàh la saggezza, Binàh la comprensione, Dàat la conoscenza, Chèssed la misericordia, Ghevuràh la giustizia, Tifèret la bellezza, Nèzakh il trionfo, Hod la gloria, Yessòd il fondamento, Malkhùth il regno,

    Nella loro elevazione spirituale risplendevano sul mare, e io ero sconvolta ma compiaciuta. Capii perché i miei genitori mi avevano portato lì. Per mostrarmi i confini del mio regno e di cosa sarei stata capace con il mio potere, se solo avessi voluto.

    Ma la tempesta non accennava a diminuire e fu così che mi trovai sbalzata dietro e in balia dei venti. Guardai verso il basso e vidi il grande albero riflesso nell’oceano in tumulto. C’era un abisso sotto di me, nel quale la colonna di diagrammi si disperdeva raggiungendone le profondità.

    Dentro realtà le forme venivano distorte, ed esse assumevano un significato più oscuro. Esse non erano altro un vaso che tentava di contenere l’essenza spirituale ed avevano dieci oscure denominazioni, i cui oscuri nomi recavano terrore:
    Thaumiel la forza contendente, Ghagiel colui che ostacola, Satoriel il mistificatore, Belial l’inutilità, Gha Agsheblah colui che colpisce, Golohab il fiammeggiante, Tagimron il contendente, Areb - Zereq il corruttore, Samael l’ingannatore, Gomaliel l’osceno e Nahemoth la regina della notte.

    Essi erano le Qliphoth e quanto più la luce splendeva negli uni tanto più gli altri si scurivano. Qui invece capii i limiti del mio potere, e che ad ogni azione che avrei compiuto ne avrebbe corrisposto un’altra, e che quel potere mi veniva dato non per oltrepassare la realtà o per snaturarla, ma per proteggerla.

    I due assi si allinearono sulla realtà rivelando la grande via che dal mondo esterno porta al mondo interno. L’Axis Mundi, che si innestava nel mondo attraverso la camera del Guf ,che conteneva tutta l’energia spirituale del mondo in attesa di essere rilasciata. L’essenza spirituale era costretta a passare per questa strozzatura per editto divino, e tale era la potenza del fiume che senza quella diga, come una cascata incontrollata si sarebbe gettato nel mondo spazzando via la grande opera di Gea e Urano.

    Li, in quel luogo che un giorno avrebbe ospitato l’Albordj, la vetta più alta della terra vidi il Ponte Cinvat aperto e da esso le anime uscivano dalla camera del Guf danzando sulla lama spirituale e riversandosi sull’universo. Gli dei stavano mandando i loro emissari a contendere l’opera. L'ordine e il caos, il bene e il male davano battaglia alla creazione.

    I loro emissari erano come suoni e bisbigli, e tali rimanevano nell’aria, ma a contatto con la materia la violavano, piegandola alla loro necessità e non fondendosi con essa. Troppo puri erano le istanze che li avevano creati per incarnarsi in questo mondo, ma si limitavano a vestire la materia come si fa con la stoffa che copre le carni.

    Il viso dei miei genitori era terreo, la materia e l’energia pura, che non si vollero piegare alla tirannia dell’anima, reagirono. E allora vidi Urano come un lampo di tuono colpire mia madre, penetrare nelle fondamenta della terra stessa e prenderla. Era l’energia che si faceva onda e che si faceva particella partecipando della natura della materia stessa, e con essa avveniva la sacra unione di maschile e femminile. Dalla combinazione alchemica ne nacquero esseri che erano si fatti di materia ma anche di divino spirito, e nel farlo in essi infusero parte della loro essenza e parte della loro esistenza.

    Fui io a dargli i nomi, benché non fossi ancora altro che la volontà di mia madre. Venne per prima Oceano, colui che nei disegni divini doveva essere re, ma che non lo fu mai. Oceano era il terzo elemento, l’acqua che abbraccia tutto il creato, il padre di ogni cosa. Ceo, la ragione, colui che ci avrebbe resi liberi dalla schiavitù di Phanes, sostituendo la fiamma con il fulmine. E dopo di lui venne Crio, il viaggiatore della Galassie, il cui spirito avvolgeva tutte le stelle e lo spazio siderale.

    Ognuno di loro rimaneva nel ventre di mia madre, come un’arma nel fodero pronta ad essere sfoderata al momento giusto, pronto per la guerra a venire. Questo flusso generatore non faceva altro che aumentare che indebolire i nostri genitori, perché loro infondevano parte di loro stessi in noi. Nel farlo, sentivo quasi del rammarico. Forse da lì che iniziarono ad odiarci. È il dramma delle generazioni, il figlio che succede al padre, e con esso nacque il tempo.

    Dopo Crio nacque Iperione, la luce solare in tutto il suo splendore, il condottiero dalla lunga lama, e poco dopo di lui Giapeto, le dimensioni, al quale venne affidato il compito di far avanzare il mondo tramite l’evoluzione.

    Ad ogni creazione mia madre diventava sempre più distante, mentre mio padre non faceva che assumere forme sempre più ritorte in se stesso, diventando man mano sempre più cupo, i suoi pensieri ritorti. E lì mi resi conto della maledizione che gravava sulla nostra specie e che tentava di contaminare anche me.

    Urano e Gea avevano creato una qualità della realtà che fino a poco tempo fa non era mai stata pensata: il tempo. Le sue diramazioni infinite creavano immense propagazioni. Se questo era un’ostacolo per gli invasori esterni, erano anche un grave fardello che avrebbe incrinato la psiche di mio padre, portandolo lentamente alla follia. La nostra creazione non faceva che aggravare l’intreccio del nodo gordiano che si stava stringendo intorno alla gola di mio padre.

    Dopo Giapeto venne Teia, la prima madre, la luce, ma non la magna mater. Colei che era destinata a questo titolo venne dopo, Rea, che avrebbe preso le redini della corrente della creazione nelle sue mani. Dopo Rea venne poi Temi, il giudice inflessibile, colei che avrebbe applicato le leggi del creato senza esitazione. Ma un giudice ha bisogno di un codice di leggi da applicare.

    Annotai tutti questi nomi, ma mi resi conto di una cosa che mi era sfuggita fino a quel momento. Io non avevo partecipato a quel processo di creazione. Mia madre e mio padre stavano creando un esercito contro i nemici, ma quale era il mio ruolo? Come mai stavo assistendo a tutto questo?

    Lo sguardo di mia madre e di mio padre si volse verso l’esterno del creato, verso il mare astrale. Allora mi resi conto che il mio domandarmi, il mio annotare , la mia stessa presenza non erano altro che la prova della mia esistenza come essere singolo. Sarei stata anche io odiata da quanto mi era più caro? Avrei anche io sperimentato la maledizione del tempo? Quando mi resi conto di stare io stessa pensando, e di avere dei sentimenti, lo strappo fu completo.

    E da allora il mare astrale ebbe dei confini e degli argini, la tempesta che imperversava avrebbe avuto scogli sui quale infrangersi. Lì la risacca si sarebbe schiantata contro alte mura. Nel ribollire, suoni e canti furono intonati, il padre e la madre iniziarono la loro opera di creazione ai confini della realtà. L’aria sconvolta dalla discordia si aprì, le onde tremarono e da quel moto si alzarono torri, strade e mura: Akasha, la biblioteca d’argento, le torri della notte, il castello che fluttua nell’aria, fu creato.

    Un fulgore unico, come un faro nel mare oscuro e silenzioso, luminoso ed accecante. Quel luogo sarebbe stato il centro della rete che sarebbe stata poi conosciuta come il Nexus. La città splendente abita dai ricordi era nata.

    Il suo splendore accecante era tale che mi faceva male la vista. Mi schermai gli occhi con le mani e nel farlo mi resi conto di una cosa. Io avevo le mani. Occhi, un corpo, una volontà mia. Mnemosine, la dea della memoria era nata.

    Volsi un ultimo sguardo alla madre e il padre, prima di lasciare l’esistenza come l’avevo conosciuta fino a quel momento. Da i loro volti non trasparivano emozioni. Li detestai, e loro detestarono noi, consci del fatto che quel potere che stavano mettendo al mondo un giorno gli sarebbe scappato di mano. Il dramma esistenziale della successione delle generazioni in un ciclo di vita e morte era appena agli inizi

    Dopo di me vennero poi Phoebe, la sentinella dell’Immaterium, la fiamma argento che avrebbe domato il mare astrale e Teti, l’acqua cristallina fonte di vita. Infine lui, Il più piccolo, colui che sarebbe poi divenuto il nostro re, ma che ebbe anche il dono più amaro di tutti, il dono del tempo. Crono, che sarebbe poi lentamente scivolato verso la follia. Ma questo lo vidi dopo.

    Ho detto che la prima cose che ricordo è il mare. Ed è vero. Fu invero il mare di nuvole che vidi dall’alto delle finestre della torre della mia sala del trono sul monte Elicona. Il mondo era ancora ai suoi albori, ma io già mi sentivo tanto vecchia. Avevo già vissuto vite intere di mostri e dei eppure il mondo ancora non era iniziato.

    Fu forse quel momento, guardando quel mare immacolato di nuvole, che pensai per la prima e unica volta che il mondo era qualcosa di puro e buono, e che la mia vita non sarebbe stata tragedie e sofferenza. Avrei conosciuto l’amore? Sarei stata una dea dea dall’azzurro peplo e le bianche braccia? Tutta mi sembrava possibile in quell’immacolato unico momento.

    Fu un singolo istante nel mare del tempo. Avevo ereditato il peso dei ricordi di mia madre e i pensieri torti di mio padre, mentre dentro di me quell’inquietudine ultraterrena prendeva forma di una minaccia velata.

     
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    Il mondo scorre attraverso te senza delicatezze, senza mezzi termini, senza pietà.

    Sei nata come meccanismo perfetto e ineffabile, ora il meccanismo si è fatto materia. L'astrazione si è trasformata in Ichor, potere allo stato liquido che è la tua essenza e la tua ragione di esistere. Eppure continui a essere un fulcro fondamentale, una delle chiavi di volta che reggono non solo quel mondo, ma infiniti altri.

    Devi conciliare l'enormità della tua influenza con un tramite limitato. Se prima osservavi quel mare dall'alto e ne ricordavi il lento moto, ora sei completamente immersa nell'abisso delle sue correnti.

    Ma sei salda. Forte.
    Un sistema superno con possibilità di ingerenza sul tangibile e diritto al dominio.
    Dove si volge lo sguardo di chi penetra ogni segreto?
    A cosa pensa colei che è il centro di ogni pensiero dell'Universo?

    Il mare di nubi cela un'ombra. Pioggia. Tempesta. Uragano. No, quei dettagli che non ti possono toccare. Hai visto come ogni cosa si combini in infinite variazioni per arrivare a un fine, che dopotutto è solo il principio di un'altra mutazione.
    Ciò che puoi scorgere nello schema delle cose è più grande di quel mondo, di quella galassia, forse perfino più grande di voi e di coloro che vi hanno creati.




    3Am36Fn




    Hello there!
    Proseguiamo nel diretto continuo di ciò che hai vissuto con l'incarnazione della titanide. Mettiamo una bella enfasi sulla dicotomia che caratterizza tutti i Dodici: essi sono perni di un potere immenso, ma a differenza dei daimon sono totalmente legati alla materia. Per darti una collocazione temporale, siamo appena prima della Seconda Guerra degli Eterni, cioè si sta preparando all'orizzonte roba bella grossa. Mnemosine in quanto database del Tutto vede dei collegamenti logici che ad altri sfuggono e forse inizia a sentire puzza di bruciato?
    A te! Se hai qualche dubbio contattami pure.



     
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    "In my hallucination
    I saw my beloved's flower garden
    In my vertigo, in my dizziness
    In my drunken haze
    Whirling and dancing like a spinning wheel
    I saw myself as the source of existence
    I was there in the beginning
    And I was the spirit of love
    Now I am sober
    There is only the hangover
    And the memory of love
    And only the sorrow..."

    - Gialal al-Din Rumi - The Love Poems...



    Fato




    La mia mano. Che cosa strana, pensai. Ricordo che ci misi qualche istante per realizzare che era davvero mia. Non ero più pura astrazione, ma la mia autonomia era diventata totale, tanto da farmi incarnare. Ero nata in quella istanza dell’esistenza che viene chiamata realtà, anche se non propriamente sottoposta ai suoi vincoli. Forse per quello mi posi una domanda, una domanda che fino a quel momento non mi ero posta, ma che vagava nella trama del mio essere da quando mi accorsi di avere la capacità di pensare. Qual è la mia esatta natura?

    Fino a quel momento avevo una risposta, seppure limitata e frammentaria da descriver ai mortali. Ero pura matrice di potenza ed idea, un insieme di segni, o come li chiamano i mortali formule, una funzione in seno alla madre GEA, poco più che una ricorrenza del pensiero, un concetto, qualcosa di estremamente immateriale.

    Ancor prima di avere una mia identità, prima di venire in questo mondo, quello che vedevo non esisteva propriamente. La mia ragione di essere non era inclusa nei confini di quello che chiamiamo realtà, ma avrei avuto un’eccezione estremamente diversa da quella riservata ai comuni mortali.

    Sperimentavo l’oltre materiale e per accedere a quel regno, bisogna possedere un altro senso, unico nel suo genere, raro perfino per quelli che padroneggiano l’arte di far scaturire l’energia delle stelle. Non erano i miei occhi a vedere, né le mie orecchie a sentire o il mio naso a percepire odori, ma la mia mente a sentire il mondo; informazioni che si riversavano direttamente in essa nel più naturale dei modi, come acqua di fiume che scorre nel suo letto. Tale è la natura del mio dono, vedere oltre i cinque sensi, di percepire la quarta dimensione, il tempo nella sua accezione passata.

    Per quanto mi affatichi a trasferire la mia visione del reale, rimarrà sempre parziale a coloro che non hanno questa capacità. Ma cosa è per me realtà? La realtà non è forse il fondo di una caverna e chiunque lo abiti un reietto del mondo delle idee, residenza delle potenze superiori a noi stessi? Dunque quale il mio legame con questo mondo, per me che un tempo ero fatta di pure idea?

    Se prendiamo in esempio i demoni, essi non sono altro che idee scaturite da menti superiori, ed essi agiscono sul fondo della caverna tramite le proprie ombre. La mia stirpe è diversa. Partecipiamo della scintilla di Caos che è stato utilizzato per gettare le fondamenta del mondo, pure essendo al contempo idee incarnate. La nostra esistenza è passata sulla soglia. Siamo I filii philosophorum, l’unione degli opposti, Rebis che uniscono idea e materiale, immateriale e realtà, generati dall’unione alchemica del principio primo di energia e materia, connubio di Urano e Gea.

    Siamo le idee pilastri portanti dell’universo, ed ognuno dei miei fratelli ne rappresenta un ambito. Il mio regno è etereo, fatto di rivoli di pensiero ed argento. Io sono la guardiana della soglia di quel multiverso, colei che con il suo abbraccio tiene insieme ogni singola scelta mai creata. Il mio regno sono mura di infinito candore, costruite con l’energia psichica di questo mondo, protettrici di minacce esterne. Akasha, le torri della notte.

    Quel flusso è mio, e io sono quel flusso e quel flusso è me. Un fiume infinito di informazioni scorre nelle mie vene per gettarsi nel ribollente mare astrale, che con le sue onde si infrange sulle alte mura di perla, fino a quando la fiamma lucente non danzerà su quel mare placandolo quel caos.

    Come può dunque una forma così finita contenere tanta energia? Se fossi stata altra, diversa da quella che sono, non figlia di mia madre e mio padre ma un essere generato dal fango e dal divino respiro, mi sarei persa in quegli attimi, sentendo l’ichor scorrermi nelle vene, non capendone la potenza.

    Ma io sono stata benedetta.
    Siamo in pochi a conoscere la verità su questo eccelso meccanismo chiamato realtà. Siamo esserli strani visti in malo modo, estranei anche fra i nostri simili.
    Siamo matti, siamo reietti, siamo il mistero.
    Per il mio dono, io sono stata maledetta.

    Potrei svelarvi che il multiverso si regge su una serie di menzogne, verità che noi folli custodiamo nel profondo dei nostri animi, nei nostri cuori e nelle nostre menti. Bugie che diamo in pasto al mondo prima che a noi stessi, perché questa tirannia lega insieme il cosmo, regge insieme gli atomi, fonda i quanti, dal macro al micro.

    Ve lo siete mai chiesti? Se il piccolo corrisponde al grande, c’è speranza di sfuggire dalla tirannia con la libera scelta? Se ogni Quanto è legato al suo gemello, basta davvero la sola osservazione a spezzare il suo legame? E se quel legame trascende il limite ultimo della luce, non c’è una contraddizione di fondo? C’è speranza di libero arbitrio?

    Ebbene, quelli come me non sono legati alle limitate leggi della dinamica, per cui ad ogni azione ne corrisponde una uguale e contraria. No, sarebbe troppo facile. Noi siamo il sussurro del diavolo, il dubbio che agita le notti.

    La realtà è tale anche se nessuno la osserva?
    Esiste una spazio fra le cose?
    Esiste davvero il libero arbitrio?

    Ve l’ho detto. Fra le mie parole si nasconde la menzogna. Ma io so quale, anche se non ve lo rivelerò. Perché io sono stata creata come Mnemosine della memoria. Nelle mie mani ho l’entanglement quantistico, il principio per cui se una particella cambia il suo stato, il legame con la sua gemella trascende lo spazio, cambiandone lo stato. Sono il principio del Iperdeterminismo, per cui nella giostra del multiverso tutte le scelte sono già state create, una per stringa. Alcune durano pochi attimi dissolvendosi in melassa quantistica, altre ne sono i pilastri portanti. Nelle mie mani la scelta. Sono la parete che separa questa dimensione dalle altre, una scelta alla volta, e ne sono anche la porta di congiunzione che le tiene insieme. Sono il Nexus.

    Strinsi il pungo. Il potere era mio e ne sentivo la forza. Echi da tutto il mondo si proiettavano nella mia mente che come un supremo meccanismo perfetto, elaborava le informazioni, le processava e archiviava le necessarie. Il passato tende le sue diramazioni verso il futuro, ne costituisce le ossa, e come i rami dell’albero influenzano la forma delle chioma, così tutto ciò che era si riversa in quello che sarà. Il mio compito era di essere giardiniera della realtà, sfrondando quello che non deve essere da quello che deve essere.

    In questo compito incessante, in cui ondate di energia psichica mi attraversavano facendo girare la ruota del tempo, mi furono mostrate immagini che solo coloro che avevano il dono potevano interpretare.

    Vidi la bilancia celeste, fatta per divino editto da Luce e Oscurità, vacillare sotto venti di terra. Schiere di angeli si accalcavano nel grande vuoto, danzando nella grande rosa e in cori blasfemi alle porte dell’Axis mundi, premendo alla porte della Camera del Guf per entrare. Il mare astrale ribolliva prima della venuta della sua guardiana, squarciato dai venti in tumulto provenienti dal mondo esterno. Vento che portava i pensieri di mio padre e di mia madre, pensieri ritorti. Splendidi fili di un complesso disegno, fatto di ordito e trama.

    Vedevo questi disegni, fiammeggianti arabeschi nella mia mente, e sapevo che sarebbe bastata solo la mia volontà, allungare la mano, un nodo nel disegno, e avrei cambiato le sorti del mondo. Bastavano pochi attimi nel tempo, un fiocco di neve, un bisbiglio, una goccia nel mare, e quella guerra poteva non venire. Ma al tempo stesso, un’alito di vita, uno scontro fra elettroni e le fondamenta del mondo avrebbero tremato.

    Cosa avrei fatto? La tentazione era grande, ma del resto per quello ero venuta al mondo, non è vero madre?

     
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    Che sia per volontà o necessità, alla fine, il tuo pensiero si è fatto azione. La tua essenza ha trovato un nuovo equilibrio, un passaggio improvviso da flusso pensante della creazione a meccanismo cosciente della Realtà. Tu e i tuoi fratelli avete compreso il vostro ruolo e siete entrati a far parte di un meccanismo che, in qualche modo, dipende da voi come voi dipendete da esso. Poi avete giocato con gli elementi che ormai vi appartenevano. Avete abbracciato la vostra funzione primaria. Non potevate creare, certo, ma la vostra scienza vi ha consentito di combinare e ricombinare trama e ordito, un folle atto demiurgico dietro l'altro.
    Avete combattuto. Avete vinto.

    Poi... e poi?

    Non hai certo dimenticato. Non tu. Tu non puoi aver perso nemmeno un bit di informazione.
    No, è ancora tutto lì. Non manca niente. Anzi, c'è sempre più. La tua complessità non fa che aumentare, estendendo in maniera esponenziale l'essenza stessa che ti compone, la rete che dovrebbe collegare ogni singolo punto, ogni informazione del database del Multiverso. Tale è il Nexus, un non-luogo dove ha sede lo spaventoso intreccio di ogni pensiero.

    E tu, Mnemosine, sei al contempo sorgente e istanza dell'intreccio.
    Puoi vederlo nella sua interezza, ma prima che tu possa avere accesso alle sue minuzie, la tua attenzione viene interamente occupata da due fusi, posti a poli opposti della matassa.
    Uno è tutto ciò che hai appena deciso di ricordare, un'eco lontana di miliardi e miliardi di anni, nascosto da strane spirali e loop quantistici. È il tuo inizio, l'interminabile primo respiro della nona tra i Signori dei Titani.
    L'altro è un momento nel tempo misurato, così tanto più concreto; è il risultato di un calcolo ben riuscito, un insieme di fattori che hanno ricondotto i figli di Urano presso la tomba del padre, aggirando i sigilli della vostra prole ribelle. È la fine del tempo già stabilito da decisione e scelte, il limite oltre il quale i pensieri e i fatti diventano probabilità. Il "presente".

    L'intenzione e lo scopo che hanno dato origine alla tua esistenza sono tesi tra quei due opposti.
    Qualcosa però sembra limitarti. Dovresti essere un circuito che attraversa la Realtà, invece sei un'osservatrice ignara. Poco alla volta ti rendi conto dell'orrore più terribile che potrebbe mai presentarsi dinanzi ai tuoi occhi: i dettagli ti sfuggono, si sgretolano. Provocano crepe e faglie nel tessuto consequenziale della struttura della matassa, fino a far crollare dalle fondamenta enormi torri di dati, città, mondi, universi. Sono lì, sono tutti lì. Non possono essere distrutti o cancellati.
    Eppure tu non puoi leggerli. Si tratta di un errore, una gigantesca falla nel più sofisticato dei sistemi.

    Il Nexus sta rischiando il collasso. E tu non sai nemmeno il perché.




    3Am36Fn




    Ok, un passo avanti. Cose brutte: il Nexus non solo non ti risponde come dovrebbe, ma qualcosa ti isola al punto da renderti incapace di dominare il flusso psionico, che crolla disordinatamente su sé stesso. Ciò che hai vissuto fin qui non è altro che il punto di inizio del tuo codice sorgente, le prime stesure della "funzione Mnemosine". Il flusso che vedi nel Nexus senza poterlo esaminare è la tua stessa vita, o meglio le innumerevoli informazioni che ne fanno parte e sono legate direttamente a essa, ma sta andando tutto a scatafascio e devi trovare il modo di capire il perché, prima che sia troppo tardi. Decidi come indagare e in base a come decidi di muoverti ti verranno fornite le spiegazioni del caso (immagino tu abbia parecchie domande, spara pure). A te!





    Edited by Him3ros - 15/3/2022, 09:28
     
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    Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate,
    sapendo che la prova della vostra fede produce costanza.
    E la costanza compia pienamente l’opera sua in voi,
    perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti.
    Se poi qualcuno di voi manca di saggezza,
    la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data.
    Ma la chieda con fede, senza dubitare;
    perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare,
    agitata dal vento e spinta qua e là.
    Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,
    perché è di animo doppio, instabile in tutte le sue vie.
    - Giacomo 1: 1-8




    Dubbio




    Alcune volte, sono su una spiaggia. La mia chioma fulva danza nella brezza oceanica, mentre i miei polmoni sono pieni di odore di salsedine. Altre volte sono sulla cima di montagne innevate, abbacinata dal sole, osservando all’alto un candido tappeto di nuvole. Altre ancora sono la regina della città argentea, sede della biblioteca più grande mai creata e favoleggiata da molti. Sono custode della tavole d’argento del sapere, il mio regno fatto di torri bianche e mura d’avorio levigato.

    Tale è la natura mutevole di Akasha, espressione del Nexus, il limite fra lil materiale e l’immateriale. La sua natura è la mia natura, così anche io sono mutevole. Le mie membra sono fatte di argento liquido, il mio sangue è luce di stelle, il mio respiro tintinnio di cristallo. La rimembranza è incorporea, ma ha una sostanza propria pur senza forma, così ili mio essere.

    Per questo motivo mi ci volle del tempo per abituarmi a interagire in questa realtà di sole quattro dimensioni, imparando a tessere le ragioni del tempo immersa nel mondo materiale. Trovavo questo mondo così insopportabilmente limitante, ma alla fine mi unii riluttante ai miei fratelli; avevamo un guerra da combattere.

    Ricordo le battaglie combattute alacremente in ogni angolo del creato, dimensione dopo dimensione, galassia dopo galassia. Dalle fondamenta del mondo fino ai bagliori stellari, non c’era angolo dove non infuriassero gli scontri. Il mondo letteralmente ribolliva del sangue versato da tutte e due gli schieramenti, e quello che un tempo era la realtà fu sventrata drasticamente.

    Cose che non dovevano accadere accaddero, cose nascoste ai più, forse anche a me, chi può dirlo. Interi mondi furono annientati e innumerevoli stelle si spensero per sempre. Gli angeli, forti del loro numero, conducevano la guerra e ci tenevano in stallo. Avevano dalla loro parte la forza del numero e una potenza senza eguali: la loro superiorità era schiacciante. Ancora non avevamo capito come si può uccidere un’idea.

    Eravamo trincerati nella realtà, cercando di respingere gli assalti dei nemici oltre il confine. Ricordo ancora le schiere angeliche che assediavano il Trono dell'Infinito, gli sguardi corrucciati che ci lanciavamo. Sulle altre postazioni, i Daimon ci avevano costretti a una guerra di logoramento che durò un tempo che gli esseri umani non possono nemmeno immaginare. Eone dopo eone, le nostre postazioni venivano corrose, poco alla volta, cedendo contro la forza della marea dell’infinito che veniva riversata oltre il ponte Civat. Stavamo avendo la peggio, e ne eravamo consapevoli. La ribellione di Gea e Urano era destinata a essere repressa nel più brutale dei modi.

    Tuttavia, la nostra debolezza era anche il nostro vantaggio. La materia stessa della quale eravamo creati era aliena ai nostri nemici, che erano costretti a contaminarsi per combatterci. L’idea doveva limitare se stessa e il suo potere veniva esponenzialmente limitato. Perché non usare, dunque, questo fattore a nostro vantaggio?

    Non eravamo solo un popolo di re e regine, ma anche di inventori, sapienti e costruttori, e grande era la nostra sete di conoscenza. Non avevamo il potere della creazione nella sua più alta espressione, ma le nostre menti si misero in moto per colmare il divario. Non ci mettemmo troppo per rubarne il segreto dalle mani di G.E.A. che lo concesse riluttante a mia sorella Rea. Era quello il primo passo necessario verso la vittoria.

    Poi fu Ceo che ingegnò come costruire un esercito capace di ribaltare le sorti della guerra, ma l’impresa aveva dei rischi. I dodici si riunirono per discuterne, e dopo liti e discussioni, la decisione finale fu presa: avremmo ricacciato gli invasori dalla porta di entrata del mondo, in un’ultima grande sortita, per arrivare al nostro scopo ultimo. Io vi partecipai, ma gli eventi qui si confondono. So solo che alla fine dell’operazione nel cuore della notte senza tempo, avevamo due prigionieri: Adam e Lilith.

    Fu così ch la progenie di Gea, seppure limitata, divenne una nuova schiera di demiurgi. Creammo dei nuovi esseri, i Giganti, macchine da guerra perfette, la nostra prima benamata creazione, i primi figli. Come dei genitori, tutti facemmo loro dei doni. Anche io feci la mia parte, dotandoli di una mente pensante, mentre mia sorella Phoebe gli diede un’anima.

    Ci scoprimmo creatori, e forse quello fu l’inizio della fine. Il potere della creazione era superno e terribile, un motivo per cui i cuori di Gea e Urano si indurirono. Quell’ombra che ricordo presente nel cuore dei nostri creatori si ingrandì, e pensieri portatori di sciagure si affollarono nella mente di nostro padre e nostra madre.

    Non credo che fossi l’unica ad accorgermene. Gli sguardi di mio fratello Crono e mia Sorella Phoebe, gli unici fra i titani a leggere nelle pieghe del tempo erano indecifrabili, mentre le nostre menti confabulavano in silenzio.

    Ormai il dado era tratto; eravamo arrivato al punto di potere fare a meno di loro con la nostra scienza, e lì furono gettate le basi del nostro più ambizioso progetto a divenire: l’uomo. Ma quel tempo non era ancora giunto, e gli eventi che ci portarono a quella invenzione si perdono nel flusso del tempo.

    Avevamo ancora una guerra da vincere. Con l’aiuto delle nostre nuove creature, ricacciammo gli invasori oltre il ponte Civat, per poi portare la guerra oltre l’Axis Mundi. Le dimensioni celesti e demoniache tremarono al nostro passaggio, i loro mondi sconvolti, mentre la loro essenza bruciava a contato con la materia aliena del mondo.

    La guerra giungeva al suo apice mentre noi avanzavamo a piede sicuro verso la vittoria finale. Le forze dei mondi ulteriori si ritirarono nelle loro dimore, Phanes ferito nell’orgoglio da allora è chiuso nella Pleroma mentre noi inauguravamo una nuova era nella realtà.

    Questi eventi sono ancora nei miei occhi, come ogni evento passato. Ricordo ancora la sensazione di gioia immensa nel conquistare la realtà, ma anche un oscuro presentimento che mi faceva ribollire il sangue. Quale sarebbe stata la prossima mossa di Urano e Gea. Ricordo che i miei pensieri andarono di nuovo al mare astrale…e che altro? Non ho mancato qualcosa in questa narrazione?

    .̶͚͚͚͚̆


    Il regno argentato di Akasha conserva memoria di tutto, ed io ho il libero accesso a quel flusso infinito di informazioni. Faccio fatica a ribadire questo concetto perché il cervello umano è limitato nella sua percezione del tempo. Non può fare altro che percepirlo come una cascata, una gigantesca freccia che dal passato punta al futuro passando per il presente, legato com’è alla percezione del reale stesso.

    Gli umani non possono percepire il tempo dall’esterno, per cui lo devono riportare a categorie conosciute. Il passato è costruito da ricordi, il presente viene vissuto come emozioni, percezioni e pensieri mentre il futuro è percepito tramite speranze e premonizioni. Gli esseri umani, a seconda della loro natura e delle loro capacità, vivono in questa tripartizione per sperimentare quello che viene chiamato tempo.

    Ma la storia non ha un senso di per sé, il tempo scorre in tutte le direzioni. Gli eventi delle realtà si accavallano unendo scelte, attimi e situazioni in un unico continuum che, simile all’acqua eterea che compone il mare astrale, viene chiamato flusso.

    Il flusso del tempo non fa altro che vagare, di attimo in attimo, secondo dopo secondo, per il mulitverso, invisibile a chi non ha la capacità di percepirlo. È fatto di tutti gli attimi, tutte le possibilità che possono accadere, milioni di informazioni a piede libero che non aspettano altro che concretizzarsi in un mondo.

    In questa melassa quantistica galleggiano i nodi, attimi fissi nel tempo che non possono non accadere. Sono i punti cardine sul quale si basa la struttura stessa del multiverso. Se il concetto di quattro dimensioni spazio-temporali può essere rappresentato come un ipercubo, i nodi sarebbero lo spazio interno che fa da perno. Su questi si intelaia la struttura del multiverso e il flusso non fa altro che correre intorno questi momenti per poi convergerci, dando struttura e forza alla realtà, formando catene che una dopo l’altra generano dimensioni e linee temporali.

    Se fosse un albero, potrei dire che il flusso sarebbe la linfa e nodi la foglia. Se fosse un tessuto, ordito e trama. E io, infine, sono una tessitrice. Prendo un filo, lo intreccio in un altro, faccio in modo che il flusso raggiunga al momento opportuno il suo nodo e così si via, all’infinito…ma è davvero così?


    .̷͈̾̾̾̾.̶̗̓̓̓̓.̶̙̙̙̙᷇᷇.̴̡̡̆̆


    È una strana sensazione, qualcosa nel flusso che continua a interrompermi, una sorta di vaghezza delle informazioni che non mi appartiene. Il dubbio che si affaccia, mi attanaglia le tempie, l’oscurità mi assale. Anche se sono incarnata, i limiti della realtà non mi sono mai appartenuti. Allora perché questo oscuro presentimento? Perché dubito della mia capacità di manipolare i destini del mondo? Quali passaggi nei miei pensieri fino ad adesso non mi sono chiari? È possibile che io non ricordi tutto?

    No, non è da me. Provo ancora una volta. Rivedo il flusso degli eventi che si susseguono, rivedo il mio passato. Ordito e trama vibrano. Rivedo le battaglie ai limiti della galassia, l’Immaterium che si spalanca per noi, la sortita oltre il confine, Adam e Lilith. La creazione dei Giganti. Sto sognando? Mi sono mai chiesta come sarebbero i miei sogni? È possibile per la dea della memoria sognare per davvero? Chi è questa donna dai capelli rossi che mi osserva? O sono io che sto osservando lei?

    La Enyalië, la mia nave argentea sfreccia nel cosmo, le prime muse vestite in alta livrea che con sicurezza guidano la flotta verso casa. È il giorno della parata della vittoria. O della rovina? Sono nei pensieri di Urano? Il flusso diventa caotico, i nodi d’oro e d’argento scintillano, la mia mano trema e i fili si intrecciano. Non riesco a vedere più il disegno

    Vedo Angra Maynu, l’oscuro distruttore, la sua volontà di disfare il creato, la sua brama per la chiave di Urano, la sua sporca maledizione che si avvicina. Ma io sono stata più forte, l’ho sconfitto più volte, ho spezzato le sue oscure catene. Ma a che prezzo?

    Non era questa l’informazione che cercavo tuttavia. Sto andando più lontano. Sono forse alla deriva? La mia volontà che si intreccia quella di G.E.A. Sono io o è lei? Chi sono per davvero? Chi è Bibiane? Un filo di fuoco, basta tirarne uno e cadremo tutti in guerra? Ma contro chi? Mio dio cosa ho fatto? Madre perché mi osservi? Padre mio, cosa ho fatto? No non son io. Sei G.E.A.. Mnemosine? Oppure no?


    È̶̺̺̺̺̂̂̂̂̂ t̷̗̗̗̗ͯͯṵ̶᷈t̶̗̗̗̃̃̃̃̃t̷̜̜̜̜̜͘͘͘o̶̡̡̡̚̚̚̚ ć̶̟̟̟́́́́o̷̧̧ͦn̴̞̞̞̞᷾᷾᷾᷾f̵̲̲̲̽̽̽̽u̵̡͑͑͑͑͑ṡ̷̯̯̯̯o̵᷇᷇᷇͢͢



    Respiro a malapena anche se non so più se ne ho facoltà. Mi sento in trappola, paralizzata, in un posto oscuro. Devo uscire fuori di qui, volare via. Corro a perdifiato ma non mi muovo. I miei piedi camminano ma è il paesaggio a scivolare via. Sotto di me le ere si avvolgono e si svolgono. Non so dove sto andando. Vedo Montagne innevate scintillanti al sole, il freddo pungente, il sole sorge ad est ed è inseguito dalla luna, foreste tropicali e boschi di montagna sotto miei piedi, la notte scintillante di diamanti e il cielo ceruleo, città, imperi, monumenti, sorgono e cadono nelle mie pupille, arte, stili musica e culture innalzarsi sugli altari ed inabissarsi, l’orbita solare e il ciclo lunare, il deserto arido nella notte, il calore che mi opprime, alba e tramonto. Sento le membra pesanti, qualcosa mi trattiene, mi spinge a fondo, inciampo, cado.

    Sono di nuovo sulle soglie del mare astrale. La sola vista della risacca mi rilasserebbe i sensi, ma sento che non è finita. Il rumore delle onde che si infrangono è sempre lo stesso ripetendosi le une sulle altre, identiche. Qualcosa non va ma ancora non capisco. C’è un disturbo in questo luogo, come un’increspatura multicolore della realtà, una grana sottile percepibile solo per un attimo, ma presente.


    Q̶̨᷉᷉᷉᷉u̴͎͎͎͎͎̓̓̓̓e̵̖̖᷁s̵̠̠̠̠͒t̸̤͆a̴͉͉̓̓ n̵᷂᷂᷂ͬͬͬo̷͚͋͋͋͋n̶̩͘͘ è̷͉͉͉͉͉͋͋ c̵̙̙̙̙̙͐͐͐͐ä̴̘̘̘́̈́̈́ș̸̦͡͡͡͡͡a̷̺̺̺̺̺͆͆ m̵̼̌̌i̸̼̼̼̼̼̚a̷̮̮̮̮̮᷃



    Poi vedo, da lontano, la figura familiare di una donna. Non riesco bene a mettere a fuoco, ed ha i piedi immersi nel mare astrale. Faccio un passo verso di lei. Mi imita. Sento un rumore sordo, lontano, simile al sangue che pompa nelle vene.

    Questa angoscia che mi pervade sta assumendo contorni definiti, ma ho ancora troppo timore per partorire il pensiero compiuto. Ho paura che il mio dubbio diventi realtà. Ho detto che il cervello umano è limitato nel percepire il processo del tempo. Qualcosa in me mi sta limitando, qualcosa in quello che era il mio codice, nella mia più intima natura. Qualcosa che si sta avvicinando.

    Rompo gli indugi, avanzo ancora e vedo che lei fa lo stesso. Di nuovo quel disturbo, di nuovo quel rumore, le onde che si ripetono. Sembrano quasi immobili. Mi avvicino alla soglia, così fa lei fino a che non ci incontriamo sul limitare del mare. Finalmente la riconosco, e un’altro frammento compone il disegno.


    B̶̰̅̅̅i̷̜ͧͧͧͧb̸͓͂i̸̺̺̺̺̕̕̕ǎ̵̝̝̝̌̌̌̌n̶̟̟ͯe̷̲᷇᷇᷇᷇᷇ R̶̤̤̤̤̤̂̂̂̂a̶̟᷉᷉r̷᷿᷿͒͒g̸̯̯̯̯̯̽̽̽̽̽l̸̻̻̉̉̉ò̴͕͕͕͕̀v̵͚͚͠͠͠͠͠e̵̻̻̻̻̻͆͆͆͆


    La rossa è davanti ai miei occhi. Mi tornano alla mente i fatti che ci hanno portato qui, dell'alleanza con Gazka e la sua stirpe, di come abbia deliberatamente scelto il mio substrato e alterato il destino, di quella notte ad Asgard, di quando io e lei stringemmo quel patto che la portò nel mio regno, fino al momento opportuno di rinascita per entrambe.

    Dunque è lei la causa di tutto, del mio errare in questo stato di rimembranza. Ha un’aria triste. Una persona che si è spinta al limite della natura umana, che ha visto il centro del mondo, la Torre nera, che ha sovrastato gli dei stessi e volato con i draghi. Eccola qui, sola, lontana dai suoi cari, impaurita dal destino che l’attende. Sa quello che deve succedere, perché lo so pure io. Lo sento perché siamo la stessa cosa.

    Protendo la mano in avanti e lei l’appoggia alla mia, siamo lo specchio l’una dell’altra. Alla fine, siamo arrivati a quel nodo temuto da entrambe. Per fare nascere appieno la dea della memoria è necessario che quello che rimane di Bibiane torni a fluttuare in balia del mare astrale.

    Provo a confortarla, mi avvicino al suo orecchio, sussurro la nostra promessa fatta ad Asgard, su quel ponte. Un nuova calma pervade entrambe, mentre i nostri sguardi si incrociano. Il suo è spaventato, il mio determinato, io sono seria, lei quasi in lacrime, ma questi sono sentimenti confondono e io non posso permettermelo. Sono una dea. Afferro la sua mano con le dita.



    Un respiro mozzato. Un attimo di quiete. Esplode il caos intorno a me.

    Il suono rallenta fino ad esplodere in un urlo distorto. Tutto va in mille pezzi. Il dolore è allucinante, come se qualcuno mi prendesse le tempie con dei ferri roventi. È stato un attimo, schegge argentee impazzite volano ovunque. Vorrei urlare e correre via, ma non sono neanche più sicura di potere muovere la bocca né se i miei piedi possano effettivamente correre o le mie braccia muoversi.

    Davanti a me lo spettacolo è apocalittico. Sotto una luce rossa come il sangue, Akasha è scossa da un tremore senza eguali. Le torri stanno crollando, le mura si spaccano, le campane suonano disperate prima di cadere, il male violento ribolle. Qualcosa sta distruggendo il Nexus e io sono legata da catene invisibili che non mi permettono di agire.

    È lei, è dentro di me, mi prega ma sono incapace di sentirla. Se voglio che tutto questo finisca la strada è una. Devo purificare il mio essere dalla parte umana.

    K̷̻̻̻︣I̵͉͉͉͉͉᷅᷅᷅L̴̡̡̡̡̡ͫL̴̯̯̯̯̯͂͂͂͂͂ T̸᷅᷅᷅᷅᷅͢͢͢H̶̜̜̜̜̜̔̔̔E̴͎͎᷃ Ḫ̸̮̮̮̎̎̎U̷̝̝ͬͬͬͬͬM̷̝̝ͦÀ̶̝̝̝̝̝̀̀̀N̵̟̟̟̔̔̔̔̔

    2rKAgou



    Edited by WandefullStar - 27/4/2022, 16:14
     
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    I calcoli che ti hanno condotta a quel risultato non possono essere sbagliati. Li vedi mentre fluttuano nel Nexus, abbastanza vicini a te da permetterti di averne ancora un vago controllo, mentre tutto il resto ti sfugge sempre più.
    La consapevolezza, che per gli esseri mortali non è altro che una sensazione, per te è tangibile come la più semplice delle equazioni.

    non puoi che essere nel giusto


    Ciò che accade subito dopo, al contrario, non rientra in nessun tipo di calcolo: la massa di dati tra i due fusi si agita e si aggroviglia ulteriormente. I tuoi stessi ricordi si ribellano alla struttura che li ordina, dibattendosi come tentacoli impazziti.
    Un filo rosso incandescente inizia a brillare tra essi. È quasi insignificante. Sarebbe addirittura trascurabile se non si trovasse proprio lì, dove dovrebbero esserci solo le purissime estensioni della tua mente sconfinata.

    Nell'arco di miseri istanti, un non-tempo legato al non-luogo in cui ti trovi, il bagliore diventa simile a quello di una fiamma che si espande a dismisura, avvolgendo l'intera matassa della tua esistenza.
    Il filo rosso si allunga e traccia complesse traiettorie, esprimendo quella che potrebbe sembrare una vaga esitazione. Si tende verso di te, dipanandosi in un fiorire di motivi ripetuti in maniera ossessiva, come se riverberasse alla vista tramutando la semplice linea di luce in un complesso disegno che si affaccia su diverse dimensioni.
    Averlo vicino, potendolo quasi sfiorare, ti permette di gettare il tuo sguardo a fondo in quelle stesse spirali, trovandovi infine un significato. Un volto.

    Il tuo volto, Mnemosine.
    O meglio, è il volto che l'umana mostrava prima che il tuo Ichor lo rendesse perfetto. Ne puoi apprezzare le forme e i sottili difetti, il profondo fascino che la lieve asimmetria provoca perfino al più freddo degli sguardi.
    E anche i ricordi sono i suoi. Fai comunque fatica a leggerne il flusso. Per quanto siano limitati, facilmente trascurabili nello sconfinato database del Multiverso, l'intero sistema è sul punto del collasso. Ti impedisce di pensare con chiarezza, proprio a te che ne sei il fulcro.

    La ragazza ti guarda con occhi tristi.
    Ricorda, poiché tu ricordi. Sa, poiché tu sai.
    Dopotutto, lei è parte di te. Un frammento della coscienza di uno dei Signori dell'Universo, trapiantato e cresciuto in una manciata di geni selezionati da Prometeo per perpetrare il vostro retaggio. Lei è parte di te, ma tu non sei parte di lei. Tu sei il tutto, tu sei l'interezza del Titano chiamato Mnemosine... o almeno dovresti esserlo.
    Lei non smette di scrutarti, mentre lampi di pensieri sconnessi attraversano l'immagine generata dai dati di Bibiane. Pensieri che sono anche i tuoi. Sono vostri.

    non devi farlo

    non sono debole

    posso aiutarti


    ...




    N̵̘͚̤̥̐̊̿́͛̄O̵͇̹̻̐̉͒̅̈̌̅͐͌͐ͅ




    3Am36Fn




    Right. Ovviamente ci hai preso, ma c'è un problema: forse Bibs non è poi così felice della conclusione che hai raggiunto. A livello di percezioni extrasensoriali, alla fine della traccia puoi percepire una VALANGA di pensieri cattivi e bellicosi da parte sua come se le vostre menti fossero effettivamente separate. Non sai come sia possibile, puoi solo ipotizzare che sia tutto legato al casino del Nexus. Agisci come ritieni più opportuno.





    Edited by Him3ros - 29/4/2022, 08:44
     
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    La classe è una cosa che ti viene da dentro come i rutti (L. Litizzetto)

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    "Nessun patto fra l’uomo ed il lïone,
    Nessuna pace tra l’eterna guerra
    Dell’agnello e del lupo, e tra noi due
    Nè giuramento nè amistà nessuna,
    Finchè l’uno di noi steso col sangue
    L’invitto Marte non satolli"
    - Omero - Iliade



    TESTAMENTO







    I primi vagiti di una neonata. Il suono fa ancora eco nelle mie orecchie, ma adesso è la prima cosa che ricordo. Vedo la faccia di mio padre, Gazka, che mi guarda con aria sconsolata, un’ombra greve sui suoi pensieri. Poi ricordo una voce, più simile a un eco. È quella di una donna, invisibile, ma che io posso vedere. È vestita di rosso e sta sussurrando nelle orecchie di mio padre cosa fare. Non riesco a capire molto cosa gli dice, né gli avvenimenti successivi. Viaggiammo molto, fino a Londra, una città della vecchia Europa. Arrivammo a una casa, in uno dei quartieri bene, e poi mio padre suonò al campanello. Ricordo lo spiraglio di luce e una sensazione di sicurezza che mi avvolse.

    Il Nexus è una terra di confine. Se il multi-universo è ciò che esiste, il Nexus è ciò che è stato. Ma quando il passato crolla, dove vanno i suoi resti? Senza un luogo che accolga il passato, non sarebbe possibile percepire un futuro, per cui la realtà sarebbe immobile, in una letale stasi che non permetterebbe al meccanismo di evolversi e funzionare. Il tempo non avrebbe più tempo.



    La casa di Londra era grande e accogliente, con gli ambienti tiepidi rivestiti di legno. C'era una grande scalinata rivestita di morbida moquette che sperava la zona degli adulti dalla zona dei bambini. Io giocavo nella parte superiore e i miei piedini vivaci facevano eco al piano di sotto, ma ogni tanto mi sedevo in cima ad osservare le persone di sotto. Mi piacevano quelle scale, sono sempre stata attratta dalle zone di confine. Una circostanza che, alla fine, mi sono portata per tutta la vita. Il confine tra vita e morte, fra umano e dio. Confini che ho passato ripetutamente, sfidando il mondo e le sue leggi, come adesso.

    Il crollo di Akasha sembra inesorabile, il suono delle campane disperate nell’aria si confonde a quello delle rovine che cadono nel mare astrale. Questa mia proiezione mentale stessa si sta disfacendo, sintomo della mia progressiva perdita di controllo. Le mura, le torri e il cielo, io stessa, tutto diventa una cortina di glifi e dati scintillanti. Un essere umano sarebbe stato investito da un ampio spettro di emozioni e si sarebbe abbandonato alla disperazione, ma la mia natura è altra. Io sono Mnemosine, sono colei che regola il fluire delle informazioni, sono la funzione primigenia che la madre ha creato per governare il Nexus, e non permetterò a nessuno di portare scompiglio nel mio mondo. Adesso, sono a caccia.




    Il mio posto preferito di quella casa era la serra. La mia madre adottiva vi coltivava rose. Ricordo il profumo, e la passione che ci metteva nel tirarle su, stupendi fiori dal colore rosso. Era molto malata, e non poteva avere figli, per cui per lei fui una benedizione. Mi viziava e mi coccolava, la sua piccola cosa preziosa. Raramente si separa da me, per cui mi portava proprio in quella stanza per farle compagnia e darle una mano. Nei pochi giorni di sole che il tempo inglese offriva, la luce animava le vetrate e le travi del giardino di inverno in quello che sembrava un castello da favola. Ero felice.

    La mia volontà è più forte di quella di un comune essere umano, ma non mi sto misurando con un comune essere umano, e la colpa è mia.
    Ho manipolato la storia tramite le mie muse, i miei agenti silenti, affinché nel sangue dei Rarglove scorresse il meglio del patrimonio genetico, adatto poi ad ospitare individui di rara potenza cosmica.
    Ho reclamato la prima figlia femmina di Gazka come mio ricettacolo, nata con facoltà mentali innate al di là di un semplice essere umano. Non c’è da stupirsi che in questo particolare frangente mi stia mettendo i bastoni fra le ruote. Forse è sempre stato questo il suo piano, rompere il patto, così ci troviamo alle soglie di questo paradosso. Io contro me stessa.
    Ad ogni modo, non posso lasciare che il capriccio del singolo comprometta il funzionamento di tutto. Seguo la sua scia fra i dati, un fiume dal colore scarlatto incandescente. Non mi sfuggirà.




    Da piccola soffrivo molto la solitudine. Penso sia lo scotto da pagare per essere stata cresciuta in una famiglia agiata, o forse fu un tentativo dei miei genitori di proteggermi. Per farmi compagnia, mi divertivo a creare scene e situazioni con le miei bambole e pupazzi. Le mie fantasie erano piene di castelli, principesse in pericolo, balli di corte e avventure mozzafiato. Nelle mie storie, i pupazzi compivano azioni galanti e spericolate, saltavano e fluttuavano nell’aria, al comando del mio pensiero, le mie nascenti capacità psichiche.
    Mio padre si accorse ben presto di questa mia facoltà fuori della norma, e tentò di tenerla nascosta. In quel periodo cambiavamo spesso la servitù, ma ancora non mi ero resa conto di nulla. Mi disse che non dovevo farne parola con nessuno, ed era seriamente preoccupato per me. Lo sentivo spesso chiamare il suo amico Gazka in Grecia, ed ogni volta era sempre più sfinito e mesto.
    Il mio padre adottivo era una persona distinta, un ricco uomo di affari. Tentava di essere un buon padre e volermi bene, ma da dopo la dipartita di mia madre, le cose si complicarono, e il suo cuore si indurì. Ero diventata un peso per lui, che era spesso in giro per affari. Non lo biasimo per questo, a suo modo voleva prendersi cura di me per tenere fede a una promessa di cui ero all’oscuro, ma non fece altro che erigere un muro fra noi, e farmi sentire ulteriormente sola. Avevo dentro un vuoto che non sapevo come colmare. Quello che avvenne dopo, successe proprio a causa di quell'assenza.


    Cercare Bibiane in questo mare di dati in tempesta è un’impresa ardua. Le informazioni si sgretolano nelle mie mani come nella mia mente, e ogni volta che cerco di dargli una coerenza, quella scia rossa mi sfugge della mani, come se si stesse prendendo gioco di me. Non posso fare a meno di inseguirla, fosse anche ai confini della realtà stessa, pure di rimediare a questa catastrofe. Il tempo stringe, devo trovare una soluzione il prima possibile. Faccio fatica a capire i suoi sentimenti, la sua individualità. E non capisco perché, in questo preciso momento, ci stiamo comportando come due entità separate. Non deve essere così, noi siamo la stessa cosa. Ma forse dovevo aspettarmelo. Nel profondo dell'animo di quella donna, segnata dai dolori della vita, vi era un forte risentimento verso se stessa, e forse è proprio quel disprezzo che le permette di agire contro me, l'altra parte del suo essere.



    Nella mia vita, più volte i miei poteri mentali mi causarono dolore, sia a me che alle persone che mi erano vicino, come quella volta che finì per ferire un mio compagno di classe, reo di avermi preso in giro. Forse per questo mio padre convenne di mettermi in un collegio, per poi allontanarmi da Londra spedendomi a studiare negli Stati Uniti: New York City.
    Era il tempo dei divertimenti selvaggi, dell’avventura e della scoperta. Tutti mi amavano e temevano come una regina. Ero la It-Girl dei divertimenti sfrenati, presente nei gossip e sulla bocca di tutti, e dall’inspiegabile rendimento scolastico. Avessero saputo il segreto dei miei poteri mentali. Sviluppai l’amore per l’arte e per le cose belle, ma il mio vuoto interiore non si colmava di nulla. Divenni una manipolatrice, spezzai molti cuori e feci aumentare il muro fra me e il mio padre adottivo. Nulla di quello bastava e ogni azione mi si ritorceva contro, in una spirale senza uscita di dolore e disprezzo per me stessa. Forse per quello fui preda facile delle forze del male, quel maledetto giorno in Irlanda. Ave a te, Bibiane, Spectre di Queen Fairy. Ma anche quello non fu un semplice capriccio del caso, quello non esiste. C’era una mano dietro quegli avvenimenti. Il mio odio va a lei.


    In un tempo che sembra infinito, ma che in realtà non ha una vera quantità, io e la mente della rossa battagliamo, io rincorrendola e lei sfuggendomi, fino a quello che minaccia essere il crollo totale di tutto. La mia mente è vasta come tutto il Nexus che ci sta rovinando sotto, mentre continuiamo con il nostro gioco mentale perverso di Eva contro Eva. Ma se è pure vero che non esiste il tempo, esistono tuttavia dei limiti. La natura di Bibiane è a tutti gli effetti un umana, mentre la mia essenza divina mi da un vantaggio. Lei sta correndo letteralmente dentro di me. Lo stesso fatto che lei in questo momento mi odi, la rende approssimativa, mentre io sono sempre precisa ed efficiente. Alla fine, inevitabilmente, Bibiane raggiunge il suo limite umano, dove la stano. Lì, infine, inizia la lotta. Non mi aspettavo tanta tenacia.



    Hades fece quello che sa fare meglio, distruggere. Per soggiogarmi al suo potere, cancellò la mia memoria. Divenni uno strumento letale nelle sue mani. Ma anche allora, nel segreto nel mio animo quel vuoto mi corrodeva. Mi ribellai al mio signore e vidi il centro del mondo, la torre nera. Ero quasi in procinto di assaggiarne il potere, ma mi persi e diventai una dei cavalieri neri, per vendicarmi degli dei. Ma anche quello non mi bastava. Volevo di più. Più potere, più emozioni, più amore, più di tutto.
    Quel vuoto in realtà era il posto che la mia vera famiglia, mio padre e mio fratello, avevano lasciato, un solco indelebile nella mia anima. Alla fine mi sono convinta che tutto faceva parte di un piano. Qualcuno mi stava causando tutta quella sofferenza. Quella mano, che stava tessendo la trama di un destino tanto odioso per me, alla fine si palesò in quella maledetta caverna.


    La volontà di Bibiane mi avvolge. È davvero forte la sua forza di volontà, ho quasi paura che riesca nel suo folle intento. Sebbene mi sia chiaro come abbia ancora coscienza di sé, non capisco da dove derivi tutta questa sua forze e determinazione. Nella sua storia umana, quella donna è stata in grado di piegare demoni e dei pur di assecondare le sue passioni. Quella stessa forza che sta cercando di attingere alla mia stessa fonte. Ho ancora una carta da giocare, tuttavia. Fra le mie mani, ho un patto. Le promesse non sono cosa da fare tanto alla leggera, sopratutto se le si fanno con una divinità. Quelle parole e quella volontà si solidificano nel creato, e, con il potere giusto, possono diventare un’arma infallibile. Quindi, Bibiane Rarglove, io ti domando: Balleresti con il diavolo nel pallido plenilunio?




    Ed eccomi qui, ed ecco la mia ribellione, perché da questo punto non si torna indietro. Narra il mito, che la nave di Teseo venisse danneggiata durante il viaggio, e che quindi veniva riparata con pezzi nuovi. Alla fine del viaggio, la nave fu talmente danneggiata che tutti i pezzi vecchi furono sostituiti con quelli nuovi. Eppure, dopo quelle sostituzioni cosa ne rimaneva della nave originale? Era davvero ancora la nave di Teseo? Ed io, sono un individuo? O solo un strumento in balia di forze superiori a me? Cosa ne rimarrà della mia identità se il mio corpo, la mia mente e la mia anima si perderanno? Per questo non mi arrendo. Io sono ancora Bibiane

    In un tempo che sembra ormai remoto, sula soglia del regno dei vivi e il Niflheimr, vi è un ponte di pietra. All’epoca, il protocollo RAGNAROCK era in atto. Sebbene quell'eventualità facesse parte dei miei piani, fui comunque costretta a cambiarli in corso d'opera. La mente di Bibiane era nel mirino di Hell, che aveva riconosciuto l’artificio che avevo creato e lo voleva reclamare per la sua di rinascita. Fu allora che intervenni in prima persona, e dalla mia prigione dorata andai incontro alla guerriera predestinata. Non aveva abbastanza potere per sottomettere l'orda di demoni che stava affrontando, per cui le promisi una via di uscita. Avrebbe lasciato andare quel corpo, mentre la sua coscienza, che avrebbe fatto da ancora alla sua anima, sarebbe stata al sicuro nel Nexus. Con quel sacrificio sarebbe sfuggita ad Hell, mentre segretamente le mie muse già ispiravano lo scienziato nero a ricomporre quel patrimonio genetico tanto prezioso. In cambio, sarebbe diventata la mia prossima incarnazione. La sua morte avrebbe suggellato il nostro patto. Questo stesso patto che si è fatta arma di luce, e che mi permette, almeno per un po' di ricreare quel ponte fra noi due.




    “È questo quello che vuoi? Vuoi distruggere il mondo che hai protetto a fatica perché ti senti in colpa per tuo padre, quello adottivo, quello vero, tuo fratello e chiunque sia passato per la tua strada? Devi perdonare te stessa altrimenti questa spirale di dolore non cesserà mai. Non puoi sentirti in colpa per ciò di cui non hai controllo.

    “Improvvisamente ti interessi di me? Tu mi hai usata, sei tu che avevi il controllo, sei tu che mi hai causato tutta questa sofferenza. Tutta questa è una farsa e noi non siamo altro che i tuoi burattini. Non mi interessa più nulla. Prenderò il tuo posto e ci libererò delle tue macchinazioni”

    “Non essere sciocca. Io e te siamo la stessa cosa, non capisci. Non puoi farcela, stai tentando l'assurdo. A tal punto arriva i disprezzo verso te stessa? Cosa avresti fatti senza il tuo sangue titanico? Noi abbiamo un patto, un patto che ci ho salvate!”

    ”Tu lo chiami patto, io la chiamo estorsione. Il mio essere in cambio di cosa? La tua salvezza? La tua famiglia? La mia? Cosa vale ritrovarla se poi alla fine perderò me stessa? ”

    “Non è così, ricorda la nostra promessa, ricorda cosa ti promisi su quel ponte”.

    Un corpo in una macchinario di vetro perfettamente ricostituito, un cubo contenente una mente splendente, un filo rosso perso nel mare infinito nella notte.

    “Tu mi stai ingannando! Anche se ciò che mi mostri è vero, io non sono un oggetto, non posso essere sostituita come se fossi fatta di latta! Mi hai promesso di darmi indietro la vita che mi hai strappato! Fallo se davvero ne hai il potere!”

    “LA RIAVRAI! Hai fatto una promessa e la onorerò. Voglio che l’essere che è stato conosciuto come Bibiane possa finalmente vivere la sua vita, libera dal fato, libera dalle macchinazione degli dei oscuri, dagli olimpici…”

    "...Tu menti...”

    “…libera dai miei fratelli!…Io sono una povera schiava vittima di se stessa…Io non voglio che tu porti il peso del mondo sulle spalle…voglio donarti la vita che io non godrò mai…la libertà dalla trama del destino…”

    “…”


    “…Il rimpianto sporca l’anima, e io non ne voglio avere nessuno. Se anche solo una parte di me può avere la libertà che non sono riuscita a dare a tutta me stessa, allora sia. Non lo faccio perché sono altruista. Io sono la dea più egoista del mondo. Ti prego, Bibiane, fidati di me…”



    Edited by WandefullStar - 17/5/2022, 09:13
     
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    Sperimenti una sensazione molto peculiare: la percepisci anche dentro di te, ma la sua fonte è l'immagine che hai di fronte, il simulacro che contiene l'umana Bibiane. Tanto vicine da potervi sfiorare, i vostri occhi si riflettono negli occhi dell'altra in un ciclo infinito.
    Comprendi, se non ti era già chiaro, come quell'iterazione sia possibile solo in quel luogo e solo in quel momento di crisi, di rottura delle regole assolute che dovrebbero tener separate il ricordo e il momento presente. Puoi analizzare le complessità di un avvenimento unico, quando quel filo rosso fuoco è stato spezzato, frammentato e praticamente ridotto in polvere, in molecole. Solo una volontà, un'immagine, una memoria ha permesso al filo di esistere come istanza nella struttura cristallina alla base del Nexus.
    Rapidi lampi si susseguono attraverso lo sguardo di Bibiane. Mentre la tua psiche viaggiava a velocità inconcepibili attraverso la storia delle fondamenta dell'universo, l'identità di quella ragazza, frammentata e trasformata in una nuvola sanguigna, riviveva in un lento e strascicato loop la sua brevissima esistenza, cercando disperatamente dei punti di contatto, qualcosa in cui infiltrare la sua coscienza per raggiungerti.

    ma tu sei sempre stata diversa, vero? hai sempre saputo tutto ciò che era necessario che sapessi: dalla memoria tracciavi connessioni attraverso il presente e proiettavi i risultati, elaborandoli in un'ipotesi, un calcolo del futuro. come potevi prestare attenzione a una singola variabile che già poteva dirsi eliminata dall'equazione?


    Come se ti venisse concesso di vedere, finalmente puoi mettere insieme i frammenti, osservando il codice che la compone.
    Ai margini della tua sensibilità, nascosta nelle fratture del tuo dominio già pericolante e all'ombra della rovina, proprio mentre guardavi altrove il filo si è ricomposto. Non come tale, ma nella stessa struttura che anche tu conosci bene, quella creata dai tuoi fratelli e dai loro figli. Le molecole si ripiegano in una spigolosa imitazione di timina, guanina, citosina e adenina. Diventano una catena. Si intrecciano in una doppia elica. Dalla semplicità alla folle complessità della biologia, quella Bibiane che hai davanti ha ricreato sé stessa dalla non-materia del Nexus.

    Le immagini si fermano. Hai deciso tu di vederle, oppure esse sono state imposte con la forza alla tua mente?
    Non hai una vera risposta. Forse non esiste, come mai prima è esistito qualcosa di simile a quello strano gioco di specchi. Stavolta non sei tu a tirare i fili; non è il destino che gioca con una ragazza umana; non è l'ordine del Creato che incatena una dea. Forse... forse per la prima volta, pur prigioniere in una realtà di dati, codici e connessioni, Bibiane e Mnemosine stanno assaporando un istante di libertà.
    È proprio quello il barlume che illumina il volto della ragazza mentre ascolta le tue parole. Senti tutto il suo dubbio come se fosse tuo, senti la crudeltà subita da una povera pedina del fato che combatte la speranza che vorresti darle; la razionalità di una mente calcolatrice che si oppone ferocemente al desiderio di una vita migliore.
    Finché anche questo equilibrio, come tutto il resto intorno a voi, semplicemente crolla.

    ho
    detto

    NO


    Un fiume di potere scorre attraverso quelle parole rabbiose, attraverso te e tutto il non-luogo. Il sentore è marcio, pesante. Sporco. È l'eco di un passato che hai appena rivisto e che - al di là della tua funzione primaria - non potresti scordare tanto facilmente. La sensazione a metà tra la memoria e il presente viene sinestetizzata nella percezione di un cosmo odioso, pregno di un'intrinseca minaccia per qualsiasi Realtà: l'energia che all'alba dei tempi sigillaste nel Vaso di Pandora.
    Il corpo di Bibiane è ammantato da un'ombra violacea che si solidifica alla stregua di metallo in forme affusolate e decorazioni floreali dai tratti vibranti, che a loro volta si fondono in una testa di demone sul suo grembo, mentre ali apparentemente diafane si aprono sulla sua schiena.

    no, Mnemosine.


    Il sussurro appena udibile aumenta a dismisura nell'arco di frazioni di secondo, carico di un influsso psionico dal potenziale sufficiente a scuotere perfino la tua mente superiore, trasformando gli input sensoriali in un groviglio senza senso.
    Il cosmo malefico esplode, espandendosi a tutta l'area circostante, saturandola di potere. Intorno a te l'aria vibra e si piega, tentando di chiuderti in una gabbia sferica i cui punti estremi sembrano bruciare e disintegrarsi in lampi di luce fredda. Ampi fasci e strali sottilissimi vengono proiettati contro di te a velocità luminale, appena visibili solo grazie alle distorsioni ottiche che provocano sul loro percorso.

    Dentro di te senti la sua rabbia, la tua rabbia. Senti il suo odio, il tuo odio.



    3Am36Fn




    Spicy. Hai finalmente una chiara visione del COME e di certo puoi intuire il PERCHÉ, ma c'è sotto qualcosa che ancora ti sfugge. La sola memoria/coscienza di Bibiane non potrebbe mai aver fatto qualcosa di simile, nemmeno avendo a disposizione l'infinita conoscenza contenuta nel Nexus. In tutta questa filosofia però vogliamo forse dimenticarci dei ceffoni? Abbiamo un'illusione mentale che tenta di fotterti tutti i sensi insieme [AD] mentre vettori psicocinetici appuntiti e dall'alto gradiente distruttivo (psicocinesi con bonus) tentano di schiacciarti e perforarti da ogni direzione, portando danno secondario mentale per friggerti il resto del sistema nervoso [AF]. Il tutto a Energia Nera. Have fun!




     
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