DECRETVM

PAN-Moko

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    COSA CAZZO SIGNIFICA QUESTO?

    Dennis gettò via il fascicolo contro la parete. Decine di fogli di carta si sparsero sul pavimento, pieni di righe di testo, grafici, liste e numeri. Lui era in piedi dietro una scrivania, la sedia gli era caduta a causa del suo slanciarsi in piedi dalla rabbia.

    Sire, abbiamo fatto il possibile, ma ogni volta che immettiamo parametri di triangolazione, lei sembra svanire nel nulla per poi ricomparire qualche giorno dopo, e solo per una manciata di minuti.

    Mouselomew era in piedi sulla scrivania, dritto e fiero come sempre, ma una paura ancestrale lo aveva preso dalla punta del naso fino alla fine della coda. Da quando il Re delle Bestie era tornato dalla Città delle Membra sembrava molto più intrattabile. Prima di allora le mansioni amministrative erano quasi totalmente sotto il controllo di Lady Dreedea, la quale faceva da tramite tra le unità e la Pangenesi, ma il vecchio sistema era stato modificato alla radice, ogni notizia, ogni dossier ed ogni rapporto doveva ora passare sotto gli occhi del Re, e non c'era più uno spirito più antico del mondo a fare da imbonitore.

    ANNI!
    Sono passati ANNI, Mouselomew. Da quando mi hanno messo in una lattina e giravo il sud degli Stati Uniti, non l'ho mai messa alle strette! La puttana sta giocando con me da più di cinque anni, Cristo Santissimo Benedetto!


    Sbatté una mano sulla scrivania, era estremamente arrabbiato.


    Sembra quasi che sia l'unico figlio di puttana che si sta preoccupando dei problemi di quel cazzo di pianeta.
    Abbiamo qualcosa di grosso che sta crescendo come un cancro per tutta la Russia, e non siamo in grado nemmeno di penetrare quei territori. Abbiamo il cordone di sicurezza intorno alla Terra scavalcato da assoluti COGLIONI che cercano PUTTANATE come avventura, tesori e animali da vendere in mercati galattici di quart'ordine. Siamo letteralmente l'esercito più potente di questo cazzo di Pianeta, e ci facciamo subaffittare da dei cazzo di quattrocchi troppo rincoglioniti per poter entrare nella C.I.A!


    Prese con stizza un portapenne poggiato li vicino e lo fece letteralmente esplodere gettandolo a terra con inaudita violenza.

    Mi è stato detto, no, mi è stato ORDINATO di non iniziare nessuna grande manovra se non strettamente necessaria, ed io ho obbedito. Io obbedisco sempre al Think Tank, perchè dopotutto sono umano anche se di umano mi è rimasto solo il CAZZO, e forse nemmeno QUELLO!

    E mi state dicendo che non riusciamo nemmeno a eseguire la mappatura dei movimenti di una lurida PUTTANA con una maschera da tigre?


    Mouselomew tremava.
    Dennis non era in tenuta da combattimento, solo pantaloni versi ed una maglietta nera, ma ciononostante era una visione spaventosa. Un uomo enorme con vene del collo e della fronte pulsanti fino al parossismo. Il povero topo era solo un messaggero, faceva del suo meglio come tutti ad Agartha, ma non era abbastanza. Per Pan non era abbastanza.

    Signore la prego di notare che nell'ultimo semestre abbiamo triplicato la raccolta di sopravvissuti e che le nostre strutture primarie sono-

    OH OH OH ABBIAMO FATTO METÀ DEL NOSTRO DOVERE TUTTI A CASA AD AMMAZZARCI DI SEGHE E COCAINA.

    Dopo l'ultima sfuriata, piombò il silenzio nell'ufficio di Dennis. Con ufficio si intendeva una scrivania ed una sedia piedi del trono vuoto del suo Tempio, un luogo capace di occupare due posti contemporaneamente, un posto che poteva trovarsi ovunque ed in nessun posto.
    Passò un minuto intero, Mouselomew non osava fiatare, Dennis non alzava la testa dal ripiano di legno scadente sulla quale aveva poggiate le mani.

    Puoi andare. Disse, senza alzare lo sguardo.
    Moselomew obbedì, e se ne andò senza far rumore.

    Dennis si riprese, stiracchiandosi e facendo schioccare le giunture del collo e della schiena. Inspirò profondamente, per poi premere un bottone di un apparecchio elettronico poggiato sulla scrivania.
    Subito dopo un essere che ricordava un Naga delle mitologie orientali sbucò da un portale. Un uomo-serpente bianco, vestito con placche di metallo che emanavano ologrammi su ed intorno a lui, con una piccola mantella bianca che gli copriva la schiena.

    Yes, most beneficent one?

    Dennis lo squadrò da capo a coda.

    Cacchio proprio quelli più belli dovevano mandarmi? Non fanno altro che rendermi più nervoso...

    Prendi tutte le mie chiamate, rimanda gli appuntamenti e disdici il briefing delle sei, ho delle faccende da sbrigare.

    As you serve. L'uomo serpente rispose con un accenno d'inchino, mentre Pan spariva in un portale per Agartha.



    Si ritrovò in un posto molto tranquillo, dove la luce dell'aurora era ferma in una tiepida stasi per varie ore al giorno, e le notti erano illuminate da una luna artificiale. Era davanti a forse l'unica opera che avesse avuto qualche criterio di successo per lui, qualcosa nato come rifugio per bambini orfani sparsi in tutta la terra, soli o abbandonati a se stessi. Da una semplice capanna di tronchi si era arrivati ad un largo edificio a tre piani con cucine, aule di scuola, dormitori e stanze, con un giardino pieno di bungalow e alberi.

    Era da tempo da troppo tempo che non visitava quel posto.


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    DECRETVM × 01




    La luce del suo cristallo illuminava debolmente l’area, sebbene per Moko fosse solo un di più considerando i suoi sensi molto più sensibili rispetti a quelli di un comune umano, ma gli dava comunque conforto considerando dove si trovava e quello che doveva affrontare.


    La missione era quasi impossibile, inutile nascondersi dietro a scomode bugie, e il fatto che si era diviso dopo quell’attacco dal gruppo dei suoi fidati compagni non era che l’ennesimo problema che avevano incontrato e a cui non erano riusciti a contrastare… che non era riuscito a contrastare.

    Maledisse la sua inesperienza, ma ora non poteva tirarsi indietro.


    Ed ecco che apparve quell’orrore… la forma contorta e blasfema, con lunghi tentacoli che lo guardava con le sue due teste. Lo guardò e sembrò quasi di impazzire, ma resistette, stringendo con forza la spada fra le sue mani, preparandosi ad attaccare con tutte le sue forze, prima che il mostro disse…


    R͖̬͖͓͢a̳g͇̫̯͖͚a͈̘z͔̖̮͉z̴͕͚̰͎̬͙̙i̮̮,̳̰̲ ̥̝͓͙̼̕ͅv̠̗͙̘̪o̫l̼̩͕͞e̟̪̹͍̺͢t̶͓̥̜͚̫͓e̺̬̬̲͈̜ ͚̤͖͘d̝̰͝e̬̺̜͞ì͍̤̩ ͓̦̼̲͘b̷̖i͠s͔̳͓̜̩c̴̹͎o̦͙̻̹̗̹̪t͍͓̜̞t͔͚̼͉̥̣͘ͅi̯̬͉͔̝̪̘͟?̢͔̗͔̼͎̟
    ̝





    Moko alzò lo sguardo dalla sua scheda, la mano ancora pronto a lanciare i dadi e sorrise Dreedea, ringraziandola e prendendo uno di quelle delizie appena sfornate dalla teglia, seguito da Nobu, Agata e Kiei (che non giocava ma stava lì a fare disegni storti sulla sua scheda). Tristan sbuffò (ma non rinunciò alla merenda).



    Signora Dreedea, la ringraziamo ma ha interrotto il momento topico con Moko da solo che doveva affrontare il Demogorgone. Una sfida quasi impossibile per un guerriero di quel livello da solo e senza il suo party.

    Sciocchezze, anche i guerrieri hanno bisogno di mangiare, come tutti. E anche di fare i compiti… li avete finiti vero?



    Tutti annuirono, tranne Nobu che iniziò a sudare e guardarsi intorno come se cercasse una via di fuga. E non poteva spaccare i muri come faceva di solito il suo barbaro-chierico di Gorum. Perché barbaro-chierico? Perché poteva buffarsi e curarsi cosi da menare di più e più a lungo.



    Nobu? – chiese Dreedea, con il sorriso che solo una madre e un serial killer pluriomicidia possono avere.

    LI HA MANGIATI PAKE! LI AVEVO FINITI MA LI HA MANGIATI LUI!!! POI VOLEVO RIFARLI MA… MA… LI HA RIMANGIATI! QUELLA BESTIACCIA ADORA IL SAPORE DELL’ARITMETICA, NON HO ANCORA CAPITO IL PERCHɅ LO GIURO!!!


    Il piccolo pipistrello, appollaiato comodamente sulla testa di Moko (decisamente più comoda e calda del suo elmo, che insieme alla darian era appoggiata in un angolo della piccola cantinola che usavano per giocare) guardo annoiato il ragazzino asiatico con una espressione riassumibile in “Seriously, Bro?


    Prima che la discussione potesse andare avanti, la satiressa e Moko si voltarono entrambi nella stessa direzione, come se avessero sentito o avvertito qualcosa.


    È successo qualcosa? – chiese Agata, ma vedendo l’espressione non preoccupata dei due non si spaventò più di tanto, cosi come gli altri.

    Sapevano che chi aveva sviluppato il cosmo poteva percepire aure, messaggi e altre cose. Si sono divertiti un intero pomeriggio con Moko a giocare con la telepatia e con la sua abilità di creare cose con la roccia.

    Alle volte la capretta si ritrovò a dimenticare che il loro amico era un Custode della Terra, un essere che in passato era considerato alla stregua di un dio e uno degli infiniti Pilastri di Agharta, tranne quando scompariva per giorni e ritornava coperto di cicatrici non curate completamente dalla tecnologia di G.E.A.

    Un giorno è successo di vederlo riapparire di un ritorno di una missione da uno dei portali dorati. Era completamente coperto di sangue, gli mancava parte dell’orecchio destro e sembrava balbettare parole senza senso. Kiri lo prese senza degnarla di uno sguardo e lo rivide solo due giorni dopo, sorridente come al solito.
    Non sapeva se chiedergli cosa fosse successo, e ancora oggi si chiedeva se forse doveva convincerlo ad aprirsi di più con loro. O forse no, non lo sapeva.



    Uno degli Araldi si è presentato vicino alla nostra casa, il suo fondatore. P.A.N… non lo si vede qui da un bel po’, chissà come mai è venuto fino a qui? Solitamente non gli dispiace gironzolare, ma sapevo che era particolarmente impegnato in questi giorni… strano.

    Direi che possiamo mettere in pausa la partita ragazzi…


    Il maori allungo la mano verso la sua armatura che riapparì in un istante sul suo corpo (con un gesto di stizza di Pake che svolazzò pigramente per evitare l’elmo e poi rimettersi pigramente su di esso)


    … non dovrebbe essere niente di serio, ma comunque voglio andare a controllare.



    Tristan e Nabu stavano per obbiettare, quando la presenza sorridente di Dreedea li fece bloccare sul posto, opprimendoli anche senza emanazione cosmica, natura di Araldo o aura di qualche tipo, semplicemente l’immagine nitida di cosa significava vederla arrabbiata.



    Nobu, tu hai del lavoro da fare. E Tristan, dato che sicuramente sapevi che il tuo compagno non aveva finito le sue faccende scolastiche (perché lo sapevi, non mentire) ora lo aiuterai fino a quando non sarà al tuo stesso livello. Agata e Kiei… no, voi siete liberi di giocare e rilassarvi.



    Il Taranaki guardò con infinità pietà la sorte grama dei suoi amici che mandavano silenziose richieste di aiuto verso di lui, e si avviò verso il cosmo di Dennis, mandandogli prima un messaggio telepatico.



    ° Lord P.A.N., qui il Custode del Taranaki, Moko.

    Per caso mi stava cercando oppure passava di qui per caso? °








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    Edited by eden_ST - 23/3/2020, 00:18
     
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    Era davanti alla porta.

    Le dita sul chiavistello, freddo e metallico. Era li da due minuti buoni e non riusciva a entrare. C'era qualcosa che non gli permetteva di girare la maniglia. Paura forse? Era la scelta più sensata, ma paura di cosa?

    Sospirò un'altra volta. Era una domanda inutile.

    Entrò.
    L'edificio era molto pulito, con luci e lampade per tener bene illuminato ogni angolo durante le ore buie. I suoi passi risuonavano solenni sul pavimento di legno, sebbene in parte coperti da suoni lontani ed ovattati.

    ° Lord P.A.N., qui il Custode del Taranaki, Moko. Per caso mi stava cercando oppure passava di qui per caso? °

    Il cosmo del ragazzino si era manifestato. Aveva già capito che il Re delle Bestie era li per lui. Dennis si fermò nel salone principale, incrociando le braccia e fissando un disegno incorniciato alla parete. Era stato fatto da uno dei ragazzini più grandi, un ritratto di Dreedea a mezzobusto. Era stata proprio lei a proporre delle ore di educazione artistica da implementare nelle giornate scolastiche. Lei e pochissime altre persone erano incaricate nella preparazione pedagogica dei ragazzini, e solo quattro di esse si occupavano della loro igiene mentale. Lui non sapeva dove mettere le mani in un contesto del genere, l'unica cosa che poteva fare era scegliere le persone più adatte allo scopo.

    ° Devo parlarti. °

    Una risposta secca. Non era una giornata iniziata bene per lui, non era dell'umore dei saluti spensierati o delle chiacchierate di circostanza, era li perché doveva vedere un Eletto, non un bambino.

    Moko si presentò davanti a lui, accompagnato da Dreedea.

    Buongiorno Pan, hai tempo per mangiare qualcosa? Se aspetti due minuti posso preparati qualcosa. In cucina ho-
    No grazie. Io e Moko dobbiamo dobbiamo parlare.
    Sicuro? Non ci metterò molto basta che ti siedi e-
    No.

    Dreedea lo guardò negli occhi, ed una nota triste si dipinse nel suo sguardo.

    Capisco. Beh, vi aspetterò qui quando tornerete.
    Buona fortuna.


    Un cenno con la testa, e la faunessa si ritirò, non prima di accarezzare sulla testa il piccolo eletto.

    Non fare tardi tu.

    Dennis si girò ed uscì, seguito dal ragazzino. Cominciò ad incamminarsi tra gli alberi, su un sentiero appena visibile. Il sentiero lo portò per passaggi e ponti di legno lucente. Ogni tanto girava di colpo ai bivi, seguendo uno schema che conosceva solo lui.

    Dopo dieci minuti si ritrovarono nel posto designato da Dennis, una enorme radura polverosa, con solo delle enormi pietre incastrate nel terreno. Pan si sedette su una di esse, si passò le mani sulla faccia. Rimase così per qualche momento, per poi stiracchiarsi il collo con dei rumori secchi.

    Allora...
    Sei un Gea da un bel po' di tempo ormai...
    Hai qualcosa da dirmi?


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    DECRETVM × 02




    °O… okay?°


    Il custode dubitò nelle sue parole, trovando strana la risposta molto brusca di Dennis.
    Probabilmente perché non era qui come uomo o qualcuno che era uomo, ma come Araldo della Furia, come P.A.N.
    Anche a Kiev nonostante i Corrotti e l’idea di incontrarsi con i loro “fratelli” sembrava molto più calmo e amichevole nei suoi confronti, ma forse era solo per tranquillizzarlo nella sua prima operazione seria.
    L’idea di non essere più un cadetto era abbastanza incoraggiante, ma la scartò… abbastanza fuori dal suo personaggio, almeno per quanto lo conosceva.

    Moko guardò preoccupato Dreedea, che però gli offri uno dei suoi sorrisi più calorosi. Inutile preoccuparsi prima del tempo, e nelle infinite possibilità che potevano accadere ad Agharta e nel mondo precipitare subito all’idea peggiore era quasi sempre più un ulteriore problema che altro.

    I due si incamminarono svelti per i corridoi della struttura, incrociando orfani e personale, impegnati nelle normali attività di tutto il giorno. Un caleidoscopio di facce, etnie, specie e voci che raramente si può osservare fuori dal Bosco Sacro, ma che non tradivano la natura di questo luogo.

    Un nido per chi era rimasto senza niente.


    Lo incontrarono poco più avanti, di fronte a un disegno.
    Era in tenuta civile il che fece un po’ tranquillizzare il ragazzino anche se gli sembrava brutto essere l’unico in armatura là in mezzo. Alzo la mano con un cennò di saluto, ma era chiaro che Dennis aveva fretta di parlare con lui. Neanche la proposta di un buon pasto di Dreedea sembrava smuoverlo da quella strana espressione… era chiaro che qualcosa fosse successo.

    La satiressa si congedò accarezzando con dolcezza materna la testolina di Moko, dicendo di non fare tardi. Pake sembro fiutare la tensione e si ritirò svolazzando fra le corna della donna.
    Annuì, anche se non era chiaro quando sarebbero stati via.

    L’ultima volta che aveva fatto qualcosa per conto di P.A.N. si è ritrovato a dover lottare contro la primarca più potente di Atlantide, quindi non poteva essere sincero nelle sue promesse.
    Non che serbasse rancore o fastidio, era un semplice dato di fatto.


    I due si incamminarono in silenzio, in un percorso lungo e labirintico fra alberi e portali, tanto che il senso d’orientamento del Custode andò velocemente a perdersi già al secondo o terzo bivio.

    Forse avevano superato il limite delle Terre Fisse ed erano nei luoghi dove la Natura era cosi preponderante che niente era più calcolabile con standard umani, ma non era preoccupato se non per ciò che voleva dirgli l’Araldo.


    Per questo, rimase molto colpito dalla domanda: “Hai qualcosa da dirmi?”



    Emh… non capisco molto il senso della domanda, mi scusi.

    A ogni mia uscita e missione cerco sempre di scrivere un rapporto quanto più dettagliato di ogni cosa che è successo. Li ci sono tutte le informazioni che ho ritenuto essere importanti per Agharta.

    C’è molto da fare nel mondo esterno, ma stiamo lavorando tutti duramente… Hanna continua le sue sperimentazioni sul sapere di G.E.A. e sta diminuendo considerevolmente il numero delle esplosioni spontanee. Per il resto supporto nelle aree della Nuova Zelanda.
    Con la mia tribù e un gruppo locale di spiriti della natura stiamo addestrando alcune truppe per presidiare meglio la zona e per il resto cerco di perfezionare le mie abilità per essere quanto più utile possibile.

    Ho imparato a creare spade e lance come Lady Johanna e ho anche sviluppato la mia Vera Forma da Taranaki. Non è molto “vulcanosa” ma mi piace, guardi…




    Allontanandosi un po’ schioccò le dita e in piccolo “Bamf” di fumo assunse il suo aspetto adulto con un sorriso soddisfatto, per poi ritornare normale e ritrasformarsi un altro paio di volte senza cambiare espressione passando fra le forme.

    Tuttavia, era molto probabile che non fosse quello il motivo della visita del Martello di Gea.






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    Si sedette, gomiti sulle ginocchia, dorsi delle mani uniti davanti alla bocca, sguardo fisso sull'Eletto.

    Emh… non capisco molto il senso della domanda, mi scusi.


    Ovvio che non lo capisse, Dennis era un completo imbecille, doveva per forza fare il criptico, dare possibilità di una libera interpretazione ad un ordine poco preciso, una domanda mondana che poteva significare tutto e niente al primo impatto. Assolutamente spettacolare signor Pan, un gioiello di pensiero pedagogico.

    A ogni mia uscita e missione cerco sempre di scrivere un rapporto quanto più dettagliato di ogni cosa che è successo. Li ci sono tutte le informazioni che ho ritenuto essere importanti per Agharta.

    Assolutamente veritiero al novantanove punto nove per cento. Pan aveva una copia di ogni singolo rapporto di fine missione di Moko, e non c'era bisogno di un grafologo o un professore di letteratura per trovare le prove di una mano esterna nella rete di sintassi e morfologia dell'eletto. Il succo era sincero, senza dubbio, ma qualcuno lo aveva aiutato e probabilmente continuava a farlo. Dreedea? Uno degli altri ragazzini sempre impegnati in quello stano gioco di numeri e tabelle? Il suo barbiere? Non era importante dopotutto, il ragazzino aveva una struttura e sapeva seguirla.

    C’è molto da fare nel mondo esterno, ma stiamo lavorando tutti duramente… Hanna continua le sue sperimentazioni sul sapere di G.E.A. e sta diminuendo considerevolmente il numero delle esplosioni spontanee. Per il resto supporto nelle aree della Nuova Zelanda.

    Hanna probabilmente passava molto tempo in compagnia con i costruttori del bosco, o forse con quelli che caricavano armi convenzionali con proiettili al plasma e si credevano inventori O forse con quel goblin del cazzo che ancora non gli aveva caricato la batteria del furgone. La cosa della Nuova Zelanda lo lasciò indifferente, la terra dei kiwi era un argomento che non gli aveva quasi mai sfiorato la mente, forse ci avrebbe fatto un salto.

    Con la mia tribù e un gruppo locale di spiriti della natura stiamo addestrando alcune truppe per presidiare meglio la zona e per il resto cerco di perfezionare le mie abilità per essere quanto più utile possibile.

    Si stava impegnando usando ogni singola risorsa sulla quale riusciva a mettere mano. Gli ricordò l'inizio del suo viaggio, delle ore passate a tagliare tronchi, inchiodare assi, cucire materassi, tutto per creare lo scheletro del rifugio che sarebbe poi diventato il centro di tutte le sue operazioni sociali. Ricordava i dubbi, gli sguardi increduli, le frasi scoraggianti, un insieme che faceva notare quanto fosse stato difficile muoversi in quella melma.
    Si strofinò la mano sulla fronte.

    Ho imparato a creare spade e lance come Lady Johanna e ho anche sviluppato la mia Vera Forma da Taranaki. Non è molto “vulcanosa” ma mi piace, guardi…

    Una nuvola di fumo, ed il corpo da bambino fece posto a quello di un giovane adulto, illuminato da una luce arancione che ricordava la lava fusa. Lancie e spade, armi di pietra e roccia fusa, strumenti di assoluta potenza, mostrati con un orgoglio ed un entusiasmo che solo unn bambino poteva mostrare. L'espessione di Pan non mutò, nemmeno allo scoprire della vera forma di un Eletto, cosa relativamente rara da vedere, la matrice di un Eletto era per la maggior parte umana, ed in parole povere una "vera forma" poteva risultare scomoda da usare.

    Attese con pazienza la fine della dimostrazione, fissando il ragazzino con lo stesso sguardo deciso che aveva dall'inizio dell'interazione. Passarono cinque terminabili secondi prima che Pan facesse qualcosa, qualunque cosa.
    Si alzò, schioccò alcune giunturedel collo muovendo la testa a destra e sinistra. Si mise i pollici nei pantaloni ed osservò il piccolo Moko.

    Mi fa piacere.
    Mi hai dato solo buone notizie, e la cosa mi è gradita come lo è per tutti. Però, ragazzino mio, tu sei un Eletto, sei qualcuno che deve direttive estremamente strimizite. Lo so, l'ho fatto e continuo a farlo anche io, quindi mi dispiacerebbe pensare che quella che sto per dirti possa farti male:


    Inspirò lentamente, sapeva che ogni cosa che sarebbe successa da li in poi lo avrebbe portato ad un'orribile conclusione di quella giornata.

    Hai qualcosa da dirmi?

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    DECRETVM × 03




    Sorriso rimase impresso sul volto del ragazzino mentre svaniva in uno sbuffo di fumo la trasformazione, rimanendo qualche secondo a guardare l’araldo come un coniglio davanti ai fari di un SUV.

    Sospirò, rimettendosi in una posizione più seria, una espressione più contrita. Si tolse l’elmo, appoggiandolo delicatamente sul terreno. Nonostante fosse cresciuto un po’ dal loro primo incontro, senza sembrava ancora più minuto del suo interlocutore, come se avesse perduto quel minimo di “aspetto marziale” per quanto buffo possedesse.

    Si guardò le suole della darian, mentre con la mano destra richiamò le particele del terreno, creando una piccola sfera nella sua mano che assunse una forma strana, aliena alla conversazione. O forse, il principio per rispondere a quella domanda.



    orsetto





    Si chiamava Aisha… durante una missione non ricordo neanche dove, ho trovato dei sopravvissuti che ho salvato da un Corrotto.

    Erano in condizioni che dire brutte è un complimento, ma la cosa che più mi aveva colpito era lei… poteva avere cinque o sei anni, l’età in cui… io persi i miei genitori. Resisteva chissà come, ma era chiaro sia per i genitori che per me… la Corruzione la aveva presa, pochi attimi e sarebbe potuta diventare qualcosa di orribile nel corpo e nell'anima.

    Ho.. ho fatto la cosa giusta, lo hanno detto anche loro, non mi hanno urlato contro o cose così.

    Ma era tanto spaventata... Ho creato con la cenere un peluche, non ne ha mai visto uno, e mentre lo stringeva forte per farsi coraggio mentre tutte quelle voci urlavano dentro la sua testa e il corpo stava per cedere… l'ho incenerita. Non ha avuto il tempo di provare paura o sentire dolore… sono quasi fiero di essere in grado di fare una cosa del genere. Un gesto di pietà.



    Il Taranaki rimase in silenzio per un po’, tenendo stretto il costrutto. Fa quasi sorridere che un potere in grado di forgiare armi e mostri potesse essere riconvertito anche per creare cose così frivole ma proprio per questo motivo importanti.

    Il ragazzino scosse la testa, guardando degli occhi Dennis.


    La cosa più assurda? So bene che qualcuno della mia età può essere considerato ancora un bambino, che dovrebbe andare a scuola, giocare con gli amici e scoprire cosa significa avere una cotta… invece di bruciare a livello cellulare un innocente solo perché stava per diventare un mostro abominevole. Di sentire… la voce stessa della Terra, di guardare il mondo con una consapevolezza maggiore, di essere quello che in passato molti avrebbero chiamato “un dio”.

    Ma io ho la fortuna di aver ottenuto questo potere. Di essere diventato un Eletto di G.E.A. Aisha è dovuta morire, cosi come sono morti o stanno morendo altri in questo esatto momento, ma io ho la possibilità di lottare, per loro e per me stesso.

    Ogni cicatrice sul mio corpo e sulla mia anima non ha importanza se servirà per fare ciò che è giusto per gli altri e per me.

    Sono sempre Moko.
    Rido, gioco, mangio, combatto ma sono anche il Taranaki.
    Combatto, difendo, custodisco, esplodo, creo…

    Ma allora perché…



    Strinse ancor più forte il peluche, e una luce nei suoi occhi si accese. Qualcosa che pochi avevano visto risplendere in quelle iridi. Rossa brillante, una fiamma aperta sul cuore stesso del pianeta, un abisso infernale nascosto sotto strati di solida roccia.



    BURN





    Perché nonostante tutto questo, sento che non stiamo facendo NIENTE! Ogni corrotto era qualcuno come Aisha. Era un uomo, una donna, un animale, una pianta strappato da G.E.A. , strappata dalla sua vita e ridotta a una schifezza che cammina e che vuole assimilarti neanche come in uno di quei vecchi film horror che fanno impazzire Hanna!



    Prese il peluche e lo gettò lontano con stizza, quasi sperando che tutto quel sentimento di inadeguatezza e di frustrazione svanisse con lui, facendosene carico. Ma i legamenti che tenevano insieme le soffici particelle di cenere scomparvero facendo disperdere il giocattolo ma non questo malessere. Strinse i pugni.



    Perdere va bene. Lo capisco… ma continuare a lottare, anche a vincere e non vedere veri risultati? Gli Eletti costretti solo a rispondere, a salvare gente e ecosistemi, a debellare la Corruzione e il Kaos ma… ma… non dico senza vedere una fine. So che non funziona cosi, ma ho l'impressione che non basta… non basta mai.

    Difendere non basta… “Custodire” non basta… tutto questo deve avere un "Senso", una direzione.

    Lo dobbiamo per tutto quello che salviamo, per tutto quello che perdiamo, anche per noi stessi.

    S.. scusate se mi sono alterato ma… ma... questo è tutto.




    Il respiro divenne più regolare. La temperatura dell’aria era aumentata di qualche grado cosi qualche piccola crepa si era formata sul terreno, ma tutto rientrò.
    Moko da Gigante Spazientito era ritornato il solito ragazzino di sempre, quasi spaventato da quell'impeto di parole che aveva detto, ma che aveva dire. Doveva dire.

    Stavano facendo tanto, stavano costruendo tanto tutti, e avrebbe voluto abbracciarli uno per uno e ringraziarli di persona per aver l’onore di poter fare parte di una famiglia cosi straordinaria.

    Quando ogni giorno sembra una pallida copia del successivo, in un circolo non tanto senza fine, ma senza apparente scopo, uno capisce che bisogna fare.

    Se non di più, fare qualcosa di nuovo.




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    Vide la terra muoversi secondo la volontà di un bambino.
    Un pupazzo, un orsetto con la testa enorme e l'espressione sorridente. Appena vide quel giocattolo, Dennis serrò la mascella. Un orribile senso di deja-vu lo colse, congelandolo dall'interno. Il sangue gli abbandonò le estremità, come se stesse sporgendo il capo sul margine di un abisso infinito. Chiamò a se tutta la sua forza per non mostrare niente di tutto quello nei suoi gesti, rimanendo immobile nella sua posizione.

    Una storia straziante, una storia simile a tante altre in quel mondo malato e morente, una storia che grondava lacrime e sangue.

    Non sarebbe dovuto andare così, quel bambino non avrebbe mai dovuto indossare un'armatura e diventare giudice, giuria e carnefice di persone innocenti. Era sbagliato, tutto era sbagliato. Ogni cosa era fuori posto, ogni gesto era un affronto alla decenza.
    Eppure era necessario, ogni ferita andava suturata, ogni pericolo per il Grande Disegno andava eliminato.
    E Moko lo sapeva.
    Lo leggeva nei suoi occhi, era necessario, era doloroso oltre ogni limite, era inumano, ma era necessario. La vita di chi rimaneva dipendeva da sacrifici del genere.
    Ma ciò non rendeva tutto più semplice. Un peso del genere su delle spalle così piccole, era mostruoso, era devastante.

    Perché nonostante tutto questo, sento che non stiamo facendo NIENTE! Ogni corrotto era qualcuno come Aisha. Era un uomo, una donna, un animale, una pianta strappato da G.E.A. , strappata dalla sua vita e ridotta a una schifezza che cammina e che vuole assimilarti neanche come in uno di quei vecchi film horror che fanno impazzire Hanna!

    Il ragazzino gettò via il giocattolo di terra.
    Era davvero un ragazzino quello che aveva davanti? Lo era ancora dopo aver passato tutto quell'inferno? Qualcuno direbbe che l'emozioni che trasudavano le sue parole dimostravano che c'era ancora un briciolo di innocenza nel suo animo, sotto strati su strati di roccia fusa e polvere vulcanica.
    Ma era davvero così? Bastava davvero essere spaventati dalla vita per rimanere ancora innocenti?

    Perdere va bene. Lo capisco… ma continuare a lottare, anche a vincere e non vedere veri risultati? Gli Eletti costretti solo a rispondere, a salvare gente e ecosistemi, a debellare la Corruzione e il Kaos ma… ma… non dico senza vedere una fine. So che non funziona cosi, ma ho l'impressione che non basta… non basta mai.

    Difendere non basta… “Custodire” non basta… tutto questo deve avere un "Senso", una direzione.

    Lo dobbiamo per tutto quello che salviamo, per tutto quello che perdiamo, anche per noi stessi.

    S.. scusate se mi sono alterato ma… ma... questo è tutto.


    Dennis rimase in silenzio per qualche momento, fissando le mani del ragazzino. Inspirò profondamente prima di parlare.

    "Vivrai per vedere orrori oltre la tua comprensione"...

    Si strofinò gli occhi ancora una volta.

    Anni fa, quando indossavo un'altra Darian, conobbi una ragazza. Credo fosse più giovane di me. La incontrai in uno dei luoghi più maledetti della Terra. Era una persona adorabile, qualcuno a cui piaceva il suo lavoro a dirla tutta...

    Otto ore dopo mi ha implorato di ucciderla.


    Si passò una mano nei capelli, rimanendo in silenzio per un po'.

    La corruzione è un orrore che non ha definizione. Ogni volta che sei costretto a fare, tutto il male che fai per debellarla, è una liberazione, un gesto di pietà.
    Vorrei davvero che queste parole ti siano di conforto, ma non lo sono state per me, non ho ragione che facciano effetto su di te...


    Si alzò lentamente, e con una mano intimò al piccolo Gea di seguirlo, mentre si incamminava verso i terreni mobili.

    Gli Araldi hanno perso.
    Siamo diventati mostri che mordevano la carcassa della realtà. I nostri istinti più bassi e violenti sono diventati il trmapolino di lancio di una delle crisi più profonde della realtà stessa. Abbiamo...ho fatto cose orribili...


    Era Pan a parlare. Quel corpo condiviso da due entità che si interfacciavano creandone una nuova, come una persona cambiata dagli eventi della vita, e Dennis era incatenato a decine di vite infinite.

    Li ho uccisi. Uno ad uno. I miei predecessori, intrappolati al di la dello spazio e del tempo da Dreedea. Strappavano, mordevano, colpivano e cercavano di sedurmi, li ho uccisi tutti.

    O quasi...


    I viaggi nelle terre mutevoli erano bizzarri. Si camminava in strisce di terra rigogliosa, per deserti sabbiosi, per pianure innevate, tutto in un continuo miscuglio mobile come l'oceano. Ma Dennis sapeva dove andare, il suo obbiettivo chiaro e luminoso come un faro nella nebbia.

    Forte o debole, soldato o re, siamo tutti costretti a fare due cose:
    Fare scelte difficili, e perdere qualcuno...


    Un'altra zona, un terreno fisso, composto da una foresta tanto fitta da sembrare al limite del crepuscolo.

    Non sono una brava persona, ragazzino mio. Sono debole, sono un vigliacco, sono un ipocrita...
    E non ha senso che tu debba continuare a soffrire per le mie scelte.


    Arrivarono ad una radura con una piccola capanna di tronchi al centro. Il camino fumava, la porta era chiusa.
    Dennis fece segno al piccolo Gea di aspettare poco distante dall'ingresso. Alzò la mano destra per aprire la porta, quando qualcosa sibilò nell'aria. Tre asticelle metalliche appuntite si conficcarono nel suo braccio. Non ebbe nemmeno il tempo di portarsi l'arto offeso a petto che qualcosa di pesante gli fracassò la mascella in tre parti. L'assoluta sorpresa dei colpi lo gettò a terra, mentre una figura saltò dalla cima di un albero al tetto. La figura non era umana, lunghi artigli spuntavano dai suoi sandali, il suo corpo vestiva una semplice veste di tessuto, mentre il viso da roditore era seminascosto da uno straccio.

    Una voce piena di rabbia tuonò nella radura, una voce carica di disprezzo.

    COSA CI FAI QUI, MISERABILE PARASSITA?


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    DECRETVM × 04




    Il silenzio era ben poca cosa, ma alle volte basta.

    Basta stare in silenzio e sentire, essere un muro per qualcuno troppo stanco per sedersi ma che merita di appoggiarsi per qualche istante. Nessuna grande verità, nessuna pillola di saggezza, semplicemente esserci.

    Per un ragazzino come tanti che aveva sofferto, per uno degli Araldi della realtà.
    Per un amico.

    Il passaggio fra le Terre Morbide era sempre un viaggio nell’assoluta furia della natura al suo massimo, non caos no, ma un pulsare del cuore stesso della realtà che si apriva nelle sue infinite possibilità e sfumature.
    Un passo in un deserto, un altro in un ghiacciaio, non era chiaro neanche quanto avessero camminato ma il ragazzino non sembrò quasi non curarsi di ciò che li circondava. Creava quasi istantaneamente connettendosi alla Rete di quei luoghi mutevoli un passaggio per se stesso, alterando la terra e la roccia aprendo passaggio, alzando ponti e spianando sentieri.

    Ma non si distraeva, neanche davanti a questi paesaggi che pochi mortali potevano sperare di vedere, troppo impervi e persi nelle mille diramazioni di Agharta. Ascoltava invece il racconto dell’Araldo, del suo passato, di come aveva perso e sofferto in modi ancora più indicibili. Più e più volte.

    Quasi si vergogno per aver parlato prima, di essersi sfogato con qualcuno che si sentiva come lui se non peggio.



    Non sono una brava persona, ragazzino mio. Sono debole, sono un vigliacco, sono un ipocrita...
    E non ha senso che tu debba continuare a soffrire per le mie scelte.


    Vi sbagliate.


    Era strano sentirlo cosi certo e fermo. Tanto scatenato nei combattimenti, tendeva a essere molto più timido e impacciato nella vita di tutti i giorni. Eppure, abbozzò un sorriso triste sentendo quest’ultima cosa.


    Se non riesco a farmi bastare le mie vittorie, o se posso fare di meglio, è un problema mia. O di tutta Agharta su cui si può lavorare… ma non è questo il punto.

    Lord P.A.N…. Dennis… tu sei una brava persona, lo so. E non perché sei forte, o perché hai il coraggio di fare quello che va fatto, o perché non cadi mai in contraddizioni, no… ma perché anche se sei uno degli Araldi, uno degli esseri virtualmente più potenti del pianeta… continui ad avere dubbi, a stare male per quando perdi e a pensare che puoi fare meglio anche per gli altri.

    E credimi…




    Non concluse il suo discorso, al cenno dell’adulto di aspettare.
    Erano quasi arrivati presso una piccola radura con all’interno una capanna, molto rustica, quasi da cartolina. Molto nostalgica come vista… quasi come se l’avesse già vista da qualche parte, in un’altra vita.


    Moko annuì, guardando Dennis avanzare verso l’uscio. Chissà perché erano lì? Era chiaro che avesse qualcosa in mente, parlare principalmente, magari confrontarsi o semplicemente preoccupato per il ragazzo che si era ritrovato a dover fronteggiare un peso enorme… eppure sarebbe bastato un posto qualsiasi, invece.


    Il suono di un colpo e la vista di P.A.N. per terra lo fece riprendere dai suoi pensieri, vedendo una figura saltare da uno degli alberi che li circondavano sul tetto della capanna, urlando con odio e disprezzo verso l’araldo.



    SILENZIO




    Una sciara di fumo nero illuminato da bagliori di fuoco si frappose fra il misterioso assalitore e Dennis, ruggendo del suono di vetri rotti e scricchiolio di roccia. La darian nera del Taranaki risplendeva della lava dei suoi tatuaggi, mentre il suo Custode fronteggiava con uno sguardo freddo e risoluto il nemico.


    moko20_0



    Non so chi sei, ne quali sono i tuoi problemi con Lord P.A.N. , ma se credi che se ti lasci fare il bello e il cattivo tempo come se niente fosse allor…



    Silenzio. Improvviso.

    Notando, elaborando, capendo il guerriero che aveva davanti.
    Quei tratti, quella coda… ma non poteva essere lei. Era sicuro. Ne era certo.



    Il fango nero… il sangue… quella figura inerte per terra…

    Uccisa dall’angelo.





    Tu… chi sei? Perché hai attaccato P.AN.?





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    Lasciò dietro di se un solco nella terra fangosa.

    Vi sbagliate.

    No, non si sbagliava. Dennis era una persona orribile, ed il dolore che gli pervadeva il corpo era un promemoria a riguardo. Il suo sangue stava colando sul terreno, la mascella stava già cominciando a gonfiarsi in risposta alla frattura.

    Dennis… tu sei una brava persona.

    Il passato aveva strappato il velo di bugie della sua vita, riportando una nuda e furiosa verità, una verità che avrebbe fatto molto più male delle ferite che gli bruciavano i sensi.

    La voce di lei, rabbia, disprezzo e disgusto mescolati come un veleno, parole taglienti che gli perforavano il cervello. Miserabile parassita. Un ottimo modo per iniziare qualcosa che avrebbe fatto del male a tutti e tre. Si preparò mentalmente, cercando di alzarsi, quando la voce di Moko risuonò nella radura.

    SILENZIO

    Il potere di un vulcano si manifestò dalla volontà del ragazzino, Fumo nero, rumore di roccia e vetro che si frantumavano, il cosmo del ragazzino che si espandeva ovunque.

    Non so chi sei, ne quali sono i tuoi problemi con Lord P.A.N. , ma se credi che se ti lasci fare il bello e il cattivo tempo come se niente fosse allor…


    Le parole gli morirono in bocca, all'improvviso, come decapitate. Un dubbio, una teoria lo aveva colpito come un fulmine che colpisce la terra, bruciando l'aria stessa a quasi trentamila gradi.

    Dennis puntellò il terreno con il braccio sano, mentre i muscoli di quello ferito venivano irrigiditi oltre l'umano limite, in modo da contenere la perdita di sangue. Si rimise in piedi, poggiando la mano sinistra sul viso. Il cosmo di Pan si risvegliò appena, ed in quella zona del suo viso la sua composizione genetica mutò. Le ossa, i muscoli, i denti, tutto veniva riscritto, la punta rigenerativa dei suoi tessuti veniva ampliata, accelerando esponenzialmente fino a guarire del tutto. Avrebbe dovuto parlare per molto tempo, la giornata sarebbe stata lunga.

    Tu… chi sei? Perché hai attaccato P.AN.?

    La figura armata fissò il piccolo cavaliere, poi l'uomo ferito.

    Non ce l'hai fatta. Tutto questo tempo, tutto quello che hai fatto, che mi hai COSTRETTO a fare. Non sei riuscito ad andare avanti...Tutto inutile, tutto tempo buttato...

    Un altro salto, un salto che sembrava piegare a se le leggi della fisica, e quel topo gigante era davanti ad un Dennis ferito.

    Qual era il tuo piano? Venire qui e tentare...tentare cosa? Che cosa stai cercando di fare, povero lunatico? Cosa stai CERCANDO di fare?!?

    Dennis raccolse il respiro, senza distogliere lo sguardo dalla creatura.

    Sto cercando di rimediare.

    Tu non stai cercando di FARE UN CAZZO! Non sai nemmeno tu cosa sei venuto a farci qui, sei solo un...solo un...

    L'odio e la rabbia fecero posto al dolore. Pan vide la creatura allontanarsi da lui, i palmi delle mani stretti sugli occhi in una posizione disperata.

    Avrei dovuto rifiutare, avrei dovuto fermare questa tua cosa...avrei dovuto fare qualcosa...

    Cadde sulle sue ginocchia. Non pianse, non singhiozzò, semplicemente rimase immobile, nella presa di un inconsolabile sconforto.

    Dennis la guardò per qualche secondo, per poi dirigersi davanti al ragazzino segnato dai rigagnoli di lava, con ancora gli spilloni metallici conficcati nel braccio.

    Nel lunghissimo periodo...in cui abbiamo avuto degli Eletti...I Gea hanno preso nota di tutto. Ogni soldato, ogni Eletto, tutto è stato catalogato e inserito in un gigantesco mainframe, una rete computerizzata.

    Schioccò la lingua.

    Vedi quello che ti ho appena detto come una gigantesca allegoria, una metafora. L'unica cosa importante è che Agartha ti ha notato dal primo momento.
    E con Lei, ti ho notato anch'io.


    Strinse i denti, la parte facile era finita, ora era tutto in discesa.

    Eri giovane, troppo giovane, Cristo sul trono! Un bambino, maledizione! Il tuo posto non era la fuori a morire, dovevi stare a casa, da Dreedea, dietro dei banchi di scuola a studiare o imparare a cucinare o cose così, non la fuori...

    Si portò una mano alla bocca, una leggera nausea lo aveva pervaso.

    C'era qualcosa, nelle storie dei cavalieri, una pattern, un filo conduttore. Ma non potevo rischiare, non potevo rischiare di lasciarti morire!

    I suoi occhi si arrossarono, ma non pianse.

    Ho dovuto mettere in atto il piano più idiota che potesse venirmi in mente. Ho chiesto un favore, ho lasciato che un mostro entrasse in una zona protetta...

    Dietro di lui, la creatura era ancora in ginocchio. Una mano sul ventre, una sulla spalla.

    Moko...

    La voce di Zel, la prima maestra dell'Eletto del Taranaki, si lasciò andare ad un pianto silenzioso.


    Dennis non era una brava persona.

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    DECRETVM × 05



    Noia…

    Che parli? Sei riuscito a finire di fare i compiti e ci siamo rimessi a giocare, quindi di che ti lamenti?

    Questo gioco è noooooooioso…


    Jenga_distorted_0





    Il gruppetto di ragazzini si era riunito nuovamente nella loro stanza, ma senza Moko non aveva senso riprendere la campagna, quindi avevano preso a rassegna alcuni dei giochi di società che avevano. Tristan aveva proposto qualcosa di cui avevano solo sentito parlare e che sembrava interessante.

    O almeno, che a lui e Agata trovavano interessante. Nobu invece, steso con poche cerimonie sul letto, sbuffava in modo evidente.


    Solo perché non hai capito come funziona e odi perdere. Alla fine è semplice: la torre deve poter reggere e rimanere in equilibrio, ma si sono pezzi fondamentali. Se ne tocchi anche uno nel modo sbagliato…


    … crolla tutto.






    […]



    Gli occhi del ragazzo erano spalancati e tremavano come tutto il suo corpo. Sembrava in preda alla febbre, i vestiti bagnati di sudore ora liberi dall’armatura. La darian si trovava sparpagliata attorno a lui, caduta in modo disordinato per tentare inutilmente di fargli prendere ossigeno.
    Boccheggiava, tenendosi la mano in petto per regolare il respiro, ma sentiva che tutto era inutile… tutto era sbagliato.

    Lei non poteva essere viva… l’aveva vista la, per terra, morta. La creatura che lo aveva accolto, gli aveva insegnato come risvegliare il suo potere, che aveva cucinato (male) per lui, che gli aveva dato libri da leggere, con cui aveva combattuto… ma non riusciva a vederlo come un miracolo, un dono del cielo.

    Perché ora si stava chiedendo se fosse stato tutto vero… se anche il suo affetto fosse sincero e non un artificio per avere il “pattern perfetto”. Per proteggerlo… o per allevarlo?


    Ironicamente il pensiero fisso che aveva in mente non era P.A.N. che lo salvava da quella pozza di fango e frattaglie che sentiva ancora sulla pelle anche dopo settimana di ripetuti bagni, con la pelle rossa a causa del continuo lavarsi come per togliere quel senso di sporco.

    Non per l’immagine di Zel per terra, morta perché non era riuscito a proteggerla, che lo aveva chiamato per mesi incessantemente in incubi ogni notte, come un monito costante del suo fallimento.

    Non per la loro missione a Kiev dove avevano lottato come compagni spalla a spalla, cercando di dimostrarsi degno della darian che ora lo guardava dal terreno mentre le lacrime iniziavano a bagnare le sue guance.

    Non per la vita che si era creato qui, ad Agharta, mentre tendeva di rendere il mondo un posto migliore, di poter far sì che la Realtà ritornasse sui suoi binari, che ogni creatura potesse muoversi, giocare, cacciare, soffrire e amare sulla Terra che sentiva sotto i suoi piedi e nel suo cuore che stava per schizzargli fuori dal petto.


    No.

    Pensò a Seadragon.

    “sei un agnello sacrificale.”


    Aveva detto che nonostante tutto, avrebbe continuato, che il voler bene andava oltre a tutto questo. Eppure, era sbagliato… era tutto sbagliato, tutto cosi sbagliato.

    Non era un test, Zel era lì che piangeva… voleva andare ad abbracciarla e dirle che andava tutto bene, che non la odiava, che non odiava nessuno. Che aveva capito a sue spese che i sacrifici esistevano, e che per una buona ragione si potevano fare cose che un umano avrebbe ritenuto orribili.


    Ma… non questa volta.




    La roccia rimaneva inerte, passiva a tutto questo, ma la carne del bambino era pervasa da una fredda furia.
    Voleva spaccare tutto, bruciare, andare vie e scappare… nascondersi in un buco in qualche parte di Agharta per l’eternità e aspettare finché il muschio lo ricoprisse tutto rendendolo invisibile. Voleva semplicemente spegnersi e non pensare più, perché faceva male.


    Perché si sentiva tradito.

    Sentiva che tutto quello che aveva fatto non era solo inutile, ma che fosse anche falso come una piantina di plastica che vendevano al supermercato.

    Che ogni cosa che aveva fatto, ogni vita che aveva salvato, ogni nemico che aveva sconfitto, era una bugia.

    Per un singolo attimo sembrò come per riprendersi. Fece un lungo respiro e si voltò verso l’Araldo della Terra. Aveva smesso di piangere, e con le maniche si asciugò la faccia, tuttavia gli occhi erano ancora rossi e il tremore non sembrava passato.


    moko08_0




    Tu… voi… sapevate.

    Sapevate che ero un Eletto… sapevate del rituale… eppure… eppure avete fatto tutto questo. Mi avete preso in giro, mi avete umiliato… perché? Perché tutto questo?

    Perché mi avete mentito? Perché mi avete fatto così male?


    Perché pensavate che non potevo farcela? Che non sarei stato abbastanza forte come Custode? Che non potevo reggere TUTTO questo senza la storiella del “giovane cavaliere ferito che giura di essere migliore”? Che non poteva sopravvivere a tutto quello che ho vissuto fino ad ora? Che sono solo uno stupido BAMBOCCIO che non avrebbe capito che quello che avrebbe avuto davanti lo avrebbe segnato a vita, ma che avrebbe comunque scelto di farlo PER NON FAR PROVARE MAI PIÙ’ QUESTO DOLORE AGLI ALTRI?

    Che quei SEI anni da quando i miei genitori sono morti e sono rimasto intrappolato in quel BUCO con mostri che urlavano e gridavano bestemmie ogni notte non bastavano come trauma per il vostro Custode perfetto? Che non mi abbiano lasciato abbastanza cicatrici senza la vostra farsa?

    CHE NON MI ABBIANO DATO ABBASTANZA DETERMINAZIONE DA BRUCIARE VIVO CHIUNQUE VOLESSE FARMI DEL MALE E FERMARE AL MIO SOGNO DI USCIRE E VIVERE UNA VITA VERA, CON AMICI, COMPAGNI E AVVENTURE?!? CHE NON SONO ABBASTANZA?!?




    Lame di roccia nera apparvero attorno a lui ruotando e mutando tramutandosi in magma e cenere, mostrano senza freni il suo potere. Distante enormi colonne di basalto ed esplosioni vulcaniche senza controllo distruggevano la foresta come per sfogare tutto quello che il bambino voleva fare al Martello di G.E.A.
    E continuava, con il proprio cosmo che mostrava la sua vera estensione, la profondità del’Abisso della Terra, della Lucertola di Fumo, del Gigante di Cenere, di una vita spezzata ma che ogni volta come le pendici di un vulcano si riempivano di fiori.


    Invece sapete che c’è?

    Non sono arrabbiato, no, non lo sono, perché OGNI cosa di me dimostra che avevate torto MARCIO!
    Sono l’Eletto più attivo, giro per il mondo, combatto mostri orribili e VINCO! Ho tantissimi amici e ne avrò ancora di più! Tantissimi mi rispettano, dalle persone più umili a creature che sono di fatto dei, e anche chi non mi considera degno lo farà a breve!

    E sono solo un RAGAZZINO, un RAGAZZINO che vale, sicuramente, perché sono USCITO da quella maledetta metafora come l’hai chiamata, e mi sono DIMOSTRATO DEGNO! DEGNO DI RISPETTO! DEGNO DI CONSIDERAZIONE! NON UN FANTOCCIO MA QUALCOSA DI VERO!!!

    QUINDI PERCHÉ…



    Lacrime bollenti di nera roccia fusa iniziarono a scorrere numerose, mentre il suo cosmo esplodeva in tutta la radura facendola letteralmente scuotere fin nelle sue fondamenta. Il terreno sotto i sui piedi si spaccò creando una piccola pozza di lava ribollente alimentata dalla sua crisi isterica di urla, per poi sparire in una nube di cenere lasciando il ragazzino solo a singhiozzare, inginocchiato per terra.


    Perché… perché non vi siete fidati di me?

    Perché non vi fidate di me?

    (Perché non mi volete bene?)


    Per favore… Zel… Dennis… perché?






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    Il pianto di Zel tuonava nelle sue orecchie.

    Aveva preparato quell'incontro nella sua mente per mesi, ogni giorno si era fatto una lista delle cose da dire, da esporre, da dimostrare. Ogni giorno si era ripromesso di affrontare quella inevitabile crisi con tutta la fermezza possibile di un Araldo.
    In quel momento, tutto venne spazzato via come polvere.
    I singhiozzi di Zel accompagnavano l'orribile silenzio che proveniva da Moko. Dennis era andato oltre il ferirlo. Digrignò i denti, cercando di non crollare.

    Tu… voi… sapevate.

    E Dennis fu testimone della sua rabbia.
    Un cosmo rovente, profondo e pericoloso, lava che sanguinava dalla realtà, lame di vetro vulcanico che gli girarono intorno. Sentiva la forza delle esplosioni in lontananza, una furia rovente e travolgente, uno spettacolo spaventoso.

    Dennis non si mosse, la carne del braccio aveva preso a muoversi, uno degli spilloni nel suo braccio cadde inerme sul terreno. Dennis non si accorse della cosa, era troppo impegnato ad ascoltare il giovane eletto, parole giuste, una rabbia comprensibile. Il cosmo rovente che si espandeva tra gli alberi, la terra che veniva scossa, ciononostante Moko pronunciò parole cariche di contraddizione.

    Non sono arrabbiato, no, non lo sono, perché OGNI cosa di me dimostra che avevate torto MARCIO!

    Moko era un modello per gli altri. Così giovane, tanto da inquadrare il suo carattere in un pomeriggio, eppure le notizie di ciò che aveva fato continuavano a sorprendere il Martello di Gea. Era una luce nei suoi giorni bui. Moko era forte, Moko era oltre la sopravvivenza. Moko era qualcuno che stava vincendo.
    Ma a che prezzo?

    La rabbia del ragazzino raggiunse un picco di urla e sofferenza, prima di sublimare in un pianto sommesso. Dennis lo aveva ferito più profondamente di quanto pensasse. Pan, la manifestazione della vita, della sopravvivenza, in perpetua connessione con il dolore che l'universo provava, aveva fatto del male ad un bambino.


    Per favore… Zel… Dennis… perché?


    Dennis rimase in silenzio per qualche attimo. Per la seconda volta, uno degli spilloni venne espulso dalla sua carne, cadendo sul terreno erboso.

    Tu, io...tutti noi, non siamo supereroi. Non siamo la lega della giustizia, non siamo icone che puoi vedere nei cartoni o nelle storie di epica. Chi combatte contro i cattivi non vince sempre...

    Si strofinò il naso che cominciava a pizzicargli, non stava ancora cedendo, le sue guance erano asciutte.

    Edera velenosa, formica siafu, narvalo...tutti soldati splendidi, tutti sepolti in tombe senza nome. Abbiamo perso, e continuano a perdere ogni giorno, ogni secondo che fuori dalle mura di Agartha qualcuno muore da solo, nella polvere.



    No!

    La voce di Zel gli arrivò improvvisa.

    Non giustificare quello che hai fatto, troglodita! Animale!

    Dennis si girò vero di lei, nessuna emozione trasparì dal suo sguardo.

    Non userai il nome dei morti come una scusa per le tue azioni! Sei un mostro, vedi chi ti sta intorno come pedine o oggetti, maledetto sociopatico!

    Dennis si avvicinò a lei, lentamente, senza intenzioni ostili.

    Perché non mi hai fermato?

    Cosa?!? Come ti permetti di dirmi certe cose? Tu sai che mi sono opposta! Sai che non volevo che tu continuassi!

    Perché. Non. Mi hai. Fermato?

    Il cosmo di Dennis avvolse la soldatessa, le mani di lei si avvinghiarono istintivamente alle lame che aveva al fianco.

    I o...avevo paura di te...

    TU NON HAI MAI AVUTO PAURA DI ME! Urlò lui, strappandosi l'ultimo spiedo metallico dal braccio, mostrando la ferita a Zel. Per questo l'ho chiesto solo a te! Sappiamo tutti e due perché mi hai lasciato fare, perché ti sei fatta trafiggere da quella macchina:

    PERCHÈ SAPEVI CHE AVEVO RAGIONE.
    L'urlo più potente di tutti, strappatogli fuori dal petto con una rabbia capace solo dalla Pangenesi.

    Saints, Marine, Cavalieri del Nord, TUTTI hanno mandato nel tritacarne ragazzini non più vecchi di sedici anni. Nessun controllo, nessun tutoraggio. Rapporti di sopravvivenza e morti di dieci a uno! Nessuno sa meglio di me cosa hanno provato quei ragazzini, NESSUNO.

    Il suo respirò divenne affannoso, la gola gli faceva male.

    Selezione naturale. L'unica arma che abbiamo per combattere, per trovare qualcuno degno di portare sulle spalle il peso del mondo. Il peso di chi non ce l'aveva fatta.
    L'unica differenza tra me è loro, è che io non ti ho lasciato morire!


    Zel era agitata. Per un secondo fu testimone della furia della Vita, una furia selvaggia, ma non caotica, portatrice di leggi che precedevano il concetto di tempo. La soldatessa distolse lo sguardo, senza dire nulla.

    Pan si voltò, incamminandosi verso al giovane Moko. Il calore era ancora nell'aria, ma non aveva importanza.

    Odiami per tutto questo. Alzati e bruciami fino alle ossa. Io non mi muoverò. Non cerco giustificazioni, non cerco perdono, non sono qui per questo. Sono qui solo per darti l'unica verità che quel giorno non fui in grado di darti:

    Tu non sei speciale.
    Nessuno di noi lo è.



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    DECRETVM × 06



    Le parole scivolavano lente sulla pelle del ragazzo, che ancora inginocchiato alzò leggermente il viso solo per vedere la sua Maestra e l’Araldo discutere animatamente.

    Su come tanti giovani morivano, su come non tutti erano fortunati abbastanza.

    Non “non abbastanza bravi”, semplicemente poco preparati o sfortunati. Il non saper riconoscere immediatamente la forza di un nemico, una ferita troppo profonda di cui non si capisce subito la gravità, un piccolo dislivello nel terreno che ti fa perdere per qualche istante l’equilibrio perché è il tuo primo combattimento e non sai letteralmente dove mettere i piedi.

    Singoli fattori che hanno ucciso possibili guerrieri capaci di competere contro i nemici stessi dell’esistenza solo perché nessuno li aveva presi sotto la propria aria e guidati, Eletti solo dal fato ma poi lasciati in preda alla sorte.

    Alcuni dei nomi gli erano familiari. Forse sentiti in qualche racconto, non era sicuro.
    Forse avrebbe dovuto, anche solo per rispetto, anche solo perché sapeva che poteva diventare uno di quei nomi.


    P.A.N. urlava, un urlo primordiale che non serviva per nascondere una mancanza di argomentazioni, ma forse il vero tono di voce che il re delle Bestie avrebbe sempre avuto senza trattenere quella fonte di Vita nel suo petto. Qualcosa che una seguace di G.e.a. poteva intuire, un Eletto capire molto bene.

    “Questo è un posto terribile” sembrò quasi sentire Moko come un rimando antico, la Vita è qualcosa di terribile. Ogni Custode è importante, ma nessuno indispensabile o speciale.

    Il Taranaki guardò negli occhi il Padrone del Rosso, una porta aperta su un mare di ossa e tessuti, quando gli disse che poteva odiarlo se voleva, e renderlo carne bruciata. Non cercava perdono per aver mandato un bambino davanti a un mostro, per avergli mentito o altro. Cercava un allievo per insegnargli questa ultima verità.

    Non sei un Eroe, non sei un Guerriero. Sei un pezzo di carne e roccia come tutti qui.



    Capisco…

    A queste parole il cosmo di Moko esplose, improvviso e violento. Si alzò lentamente mentre flussi piroclastici si alzavano dal terreno sotto di lui vorticando attorno al suo pugno destro, mentre i muscoli del braccio si contraevano rapidi.
    Ruotando il busto, si preparò al colpo mentre l’essenza stessa della roccia e della lava raggiungeva temperature così alte che brillavano come stelle, mentre i tatuaggi segno della sua appartenenza e del suo cosmo bruciavano sulla sua pelle non riuscendo a contenere l’energia che stava raccogliendo.

    L’Araldo della Furia sembrava calmo, pronto a mantenere la sua promessa.

    Uno scatto fulmineo a velocità sonica, tanto che la cenere che li circondava venne spinta lontano mentre la luce abbagliò per pochi istanti Zel. Un pugno carico di rabbia, risentimento, odio e collera…


    *poke*




    Le nocche del Custode si appoggiarono debolmente agli addominali muscolosi del gigante. Probabilmente non aveva sentito niente se non una impercettibile botta senza alcun intento offensivo.

    Il viso del ragazzino era nascosto dai suoi capelli dato che guardava verso il terreno. L’aura incandescente scomparsa e sostituita da un quieto torpore. Anche senza vederlo, si poteva intuire che le sue labbra si erano contratte in un sorriso triste.

    Voleva ignorare quello che era successo e le bugie? No, ma comprendeva la posizione dell’Araldo e i suoi sentimenti. E sapeva che anche se lo avesse preso a pugni (pugne veri) dalla mattina fino alla sera non sarebbe mai stato niente in confronto a quello che stava provando.

    Era una persona buona che doveva, come gli antichi spartani, decidere della vita di tanti giovani che si trovavano con cuore pieno di speranze davanti orrori senza fine. E tanti morivano, solo i più forti potevano riuscire a rimanere con la loro armatura… e la vecchiaia non era una vera opzione.

    Nessuno era speciale, e il sistema G.E.A. era qualcosa di terribile, uno Stato di Natura che agli occhi umani poteva sembrare crudele e malvagio non meno della Corruzione o del Chaos.

    Ma Moko non era un semplice umano.



    Se nessuno di noi è speciale, allora dobbiamo cercare di andare avanti senza esserlo.

    Semplice.





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    RIASSUNTO AZIONI - Scusa il ritardo. Scritto di flusso mentale, non so neanche se mi piace ma ho facevo cosi o non continuavo, scusa ç_ç

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    Dennis non era bravo con le parole.

    Non che avesse problemi a parlare con altre persone, concetti come imbarazzo durante una conversazione gli erano perlopiù estranei, visto che collegava direttamente la bocca alla parte motoria del suo cervello senza alcun filtro.

    Non aveva problemi nemmeno con le barriere linguistiche, sapeva destreggiarsi in tre lingue differenti, e alcune persone nel Bosco gli stavano insegnando il linguaggio dei segni.

    Ciononostante, Dennis non era bravo con le parole. Non sapeva come chiarire al massimo i concetti che intendeva esprimere, e molte volte non era stato in grado di dire la cosa giusta al momento giusto. Per questo motivo usava spesso e volentieri metafore e analogie per farsi capire al meglio.

    In quel momento, non sentì di essere stato lacunoso nell'esprimersi.
    Aveva esplicitamente fatto intendere che le sue parole erano SUE, che era lui il soggetto di ciò che stava dicendo. “Io non mi muoverò” era chiaro come il sole, non aveva il minimo dubbio al riguardo, era un'affermazione che si rivolgeva a lui e lui soltanto.
    Ma che valore può avere la logica dei fatti per un animo ferito?

    Nel momento stesso in cui sentì il cosmo del Taranaki ribollire e sbuffare come uno squarcio nel manto terrestre, Dennis si infrappose fra la furia della Terra e Zel.
    Lei aveva sentito tutto, e le lacrime gli avevano lasciato due solchi umidi ai lati del viso. Aveva sentito la sintesi dell'orribile lezione che Pan aveva cercato di impartire ad un bambino, aveva assistito all'assassinio della sua innocenza, e giaceva immobile, le armi inutilmente strette dalle mani, impotenti contro l'orribile verità che era stata detta.
    Non poté fare a meno di provare un fastidioso, bruciante senso di panico nel sentire l'esplosione controllata del cosmo vulcanico di Moko. Non sapeva come avrebbe dovuto reagire. Combattere? Difendersi? Lasciarlo fare? Per lei ogni risposta sembrava giusta e sbagliata allo stesso tempo, non aveva tempo di decidere, non c'era tempo.
    Poi vide la schiena di Pan.
    Pan, l'Araldo del rosso, era tante cose: Una macchina, una manifestazione, un guerriero. Tra le altre classificazioni, ce n'era una estremamente basilare.
    Pan era una persona.
    Una persona che mostrava la schiena ai più deboli di lui, ergendosi faccia a faccia contro gli orrori del mondo. La mente ed il corpo paragonabili a quelle di un demone, quella persona sin assicurava sempre che i più deboli fossero dietro di lui. Alcuni potevano vederlo come un salvatore, altri come un alleato, le definizioni erano innumerevoli. Ciò che contava per lui, l'uomo in piedi con schiere d'individui dietro di lui, era la sua scelta:
    Sarebbe rimasto li. Per quelli senza giustizia, per coloro che non avevano niente, per coloro che lo vedevano sia come nemico o alleato, sarebbe rimasto li e avrebbe impresso nella memoria di chi lo osservava l'immagine della sua forza e della sua furia orribile, senza fine, senza riposo. Le sue azioni sarebbero diventare leggende raccontate sottovoce ai sei angoli dell'esistenza, azioni che avrebbe compiuto anche nella più buia solitudine, azioni che lo avrebbero portato a confrontarsi con orrori inenarrabili fatti della stessa sostanza degli incubi. Per alcuni, quel demone affamato di violenza si sarebbe trasformato in un angelo, un dono di Dio.
    Zel carpì tutte quelle informazioni in meno di un secondo, mentre osservò Dennis mettersi davanti a lei ed alzare le braccia e spalancare le mani, con la chiara e lampante intenzione di proteggerla, con l'intenzione di sacrificarsi per qualcuno che lo odiava.

    Dennis non era bravo con le parole, ma era stato chiaro:
    Moko avrebbe potuto fare di lui ciò che voleva, ma nel microsecondo in cui l'ira del vulcano avesse toccato Zel, Pan avrebbe afferrato i piccoli polsi dell'Eletto del Taranaki, per poi piegarli a novanta gradi nella direzione opposta. Non avrebbe fatto pagare qualcun altro per le sue colpe, era li per quello.

    Fumo, fuoco, lava, cenere, tutto vorticava ordinatamente intorno al piccolo Gea, concentrandosi sopratutto sul suo braccio. Il corpo di Pan si irrigidì, pronto ad incassare qualsiasi cosa gli stava per piovere addosso, pronto a non indietreggiare di un millimetro.

    Quel qualcosa arrivò, e fu un semplice tocco sul suo stomaco.
    Non c'era più il calore infernale, quell'esplosione perpetua nel mare di magma. C'era solo un calore tiepido, minuto e innocuo.
    Moko era ferito, lo sguardo basso verso il terreno, gli occhi nascosti dai capelli. Pan lo osservò dall'alto verso il basso, immobile con le braccia spalancate, il viso fermo come una maschera.

    Se nessuno di noi è speciale, allora dobbiamo cercare di andare avanti senza esserlo.
    Semplice.


    Ce l'aveva fatta.
    Dolore, sangue e lacrime, ma ce l'aveva fatta. Quelle parole erano la prova che quel ragazzino aveva compreso una lezione che non aspettava nessuno, un fondamento vitale nella vita dell'universo, qualcosa che molti, se non tutti, decidevano inconsciamente di ignorare.

    La rigidità nel corpo di Dennis si dissolse pian piano. Si abbassò, un ginocchio per terra ed uno al petto, così da essere più o meno alla stessa altezza del ragazzino che aveva da fronte. Con quanta più delicatezza possibile, gli posò piano una mano sulla testa. Sentì il calore, un calore vivo che gli fece formicolare la mano. I suoi occhi non si gonfiarono ne divennero rossi, ma sulle sue guance comparvero due rivoli di lacrime.

    I wanna grow up and be like you.


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    DECRETVM × 01




    Il tempo passò, sembrava che fossero passati mesi o anni, ma alla fine si trattò solo di pochi secondi.


    Moko rimase in silenzio per questi interminabili istanti… Non sapeva se lo aveva perdonato completamente, forse non del tutto, e forse è una buona cosa: i sentimenti del Taranaki sono come il magma che raffredda, e solo con lentezza possono creare cristalli. Ma non significa che il bene che gli voleva non avesse importanza.

    Le cose non possono andare sempre bene, non si può pensare di andare avanti senza cadere, sbagliare e farsi male a vicenda. Ma non bisogna perdere di vista le cose importanti, ciò che c’è dietro.


    Non si mosse da quella posizione, perché per quanto poteva avergli fatto male, sapeva che il suo cuore era nel giusto posto, capiva che quelle lacrime erano sincere…



    Perché sei una brava persona.



    Si ritrovò a pensare come una cantilena, mentre un po’ imbarazzato dal fatto che un Araldo di G.E.A., una personificazione della Vita, si stesse emozionando per qualcosa che aveva detto e aveva fatto. Lui che era solo una montagnetta di una piccola isola del mare, gigante ma insetto di fronte al mare Rosso Sangue che è P.A.N.



    S.. su, non piangere. Che poi finisco che piango di nuovo anche io.



    Ridacchiò, cercando di stemperare un po’ la situazione, e con imbarazzo appoggiò le mani ancora tremanti sulle spalle dell’uomo. Un gesto delicato, semplice, mentre gli sorrideva con gli occhi rossi ma che avevano ancora un po’ di luce dentro.



    C’è molto da fare… lo abbiamo detto, abbiamo passato tutti difficili momenti. Ma ora è arrivato il momento di alzarci e rimetterci a lavorare. Siamo Custodi di G.E.A. , siamo il Cuore della Realtà.

    Non scordiamolo... non devo scordarlo…




    Disse appoggiando la piccola fronte su quella dell’eroe che aveva imparato a odiare, un gesto di gentile per poi alzarsi e guardare verso la sua Maestra.

    Non disse nulla, non c’erano parole che riusciva a trovare.

    Semplicemente corse lì e la abbraccio forte.





    immagine_2020-11-04_174433

    Moko poteva avere il cuore della Realtà,
    ma era sempre il cuore di un bambino.







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    RIASSUNTO AZIONI - Meglio tardi che mai

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    La pioggia batteva sulla sua Darian
    A passi lenti si avventurava in quella foresta malata. L'odore di legno e foglie putrefatte era tale da far lacrimare gli occhi, ma Pan non si fermava. Dritto verso la sua meta, Il Martello continuava a camminare.

    Uno spiazzo abbastanza largo, niente alberi o arbusti sul terreno fangoso, solo era giallastra e legnetti portati da chissà che cosa. Dennis rimase per un po' ai limiti di quella zona, strofinandosi la testa con entrambe le mani. Era arrivato li per farlo, doveva farlo per il bene di tutti.

    Il suono delle sue suole che calpestavano l'erba. Dopo pochi passi era al centro della radura. Sul terreno, c'era qualcosa...
    Dennis inspirò, e si inginocchiò per raccogliere quell'oggetto dall'aspetto crudo, una piccola figura umana, scolpita nella creta. Un braccio era rotto, il resto pericolosamente crepato.
    Non riuscì a raccogliere la bambola.
    Senza che se ne accorse, un tentacolo di carne spuntò dalle viscere della terra, e con forza e velocità immane colpì al viso la Palingenesi.
    Dennis non ebbe nemmeno il tempo di abituarsi al dolore, che l'aria venne colmata da un urlo infernale. Acuto, come se il dolore del mondo si fosse concentrato sotto quel manto erboso.
    Altri tentacoli, altri colpi. Le urla, il dolore, la pioggia e l'oscurità. Pan era al centro di un uragano di orrori, ma era soltanto l'inizio.
    La terra si crepò, ed un abominevole mostro dall'aspetto di una massa di carne vivente si mostrò a lui. I tentatoli non colpirono più, ma lo avvolsero, stringendogli gambe, braccia e gola. La pressione che quel mostro urlante era in grado di esercitare era spaventosa, qualcosa di inimmaginabile.
    Ma per Pan, quegli sforzi non avevano nessun significato.

    Dennis irrigidì le braccia, e cominciò a tirare. La bestia urlava, si dimenava, cercando di schiodare l'Araldo dal suo posto, in un inutile tripudio di sforzo. Presa dalla disperazione, la bestia gli avvolse la testa, rendendolo difatti cieco.
    Ancora una volta, uno sforzo inutile.
    Dennis tirò, tirò e tirò ancora, facendo strisciare il mostro nella terra fangosa. Quando la forza cominciò ad abbandonare la mostruosità, Dennis tirò ancora una volta, facendola volare verso di lui. L'impatto tra le due entità fu incredibilmente violento. Suoni di ossa e tendini rotti, urla che rivaleggiavano con i tuoni sopra di loro.
    Dennis era ancora in piedi, assolutamente incolume.

    Il mostro era ferito, le urla si erano trasformate in lamenti disperati. Strisciava nel fango, stava cercando di tornare nell'abisso dalla quale era venuta, ma il piede di Dennis si posò sopra di lei, fermandola sul posto. Il Gea sollevò il suo avversario con estrema facilità, lo cinse con le sue braccia, e cominciò a stringerla. Altre urla, altri rumori di ossa, altra disperazione. Gli occhi di Dennis erano spalancati, grigi, quasi senz'anima. Nella sua mente un'oscena cantilena stava rimbombando sulle pareti del suo cranio:

    Uccidila.
    Uccidila.
    È l'unico modo
    Uccidila.
    Uccidila.
    È l'unica cosa che puoi fare
    Uccidila

    Il suo respiro divenne frenetico, il suono di una locomotiva a vapore, sempre più forte, sempre più veloce. Ancora un momento, ancora un attimo e sarebbe tutto finito.

    Ma Dennis lasciò la presa.
    La bestia gli sfuggì dalle braccia come mercurio, giacendo e strisciando sul terreno. Uno dei tentacoli raccolse la bambola di creta. La creatura uscita dalle viscere dell'inferno la strinse a se, emanando un triste uggiolio lamentoso. Alla vista di quell'atto bizzarro, Pan cadde sulle sue ginocchia.
    Ed urlò.
    Urlò contro il cielo e la terra, contro la luna e le stelle, contro la luce del sole ed il buio del cosmo. Urlò fino a bruciarsi la gola, fino a non avere più voce. Un gorgoglio rivoltante provenne dal suo stomaco, ed una nausea fulminante lo portò a vomitare davanti a se, nonostante il suoi sforzi di tapparsi le mani con la bocca. Un vomito nero come l'inchiostro gli colò tra le dita, sulla sua Darian, ed infine per terra.

    Si guardò intorno.
    La creatura stava debolmente tornando nel suo abisso. La vide sparire nell'oscurità, e fu solo dopo qualche secondo il suo lamento se ne andò con lei.
    Dennis era da solo.
    Aveva fallito.

    Si rialzò in piedi, la testa che gli girava, la bocca che sapeva di vomito, la sua identità coperta di vergogna. Non si voltò mentre tornava a casa da quella missione personale, una missione che nessuno aveva neanche ipotizzato. Non si votò a guardare il nulla che aveva compito dietro di se.

    Non si voltò a guardare quanto fosse più debole di Moko.
     
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