Agoreg Vae

Oliver vs Oceano

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    Oliver Ramirez Ξ Primarca di Scylla (VI) Ξ Energia Blu

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    - Settore Pacifico Meridionale -




    La comunicazione ufficiale era stata posizionata su una delle braccia del trono, dove Oliver – forse per la prima volta – si era seduto, nell’attesa di parlare con il suo concilio. Come sempre, lo trovava troppo grande per i suoi gusti e per il suo stesso corpo, e gli forniva una sensazione di scomodità. Non solo una semplice scomodità fisica, ma anche morale. Odiava doversi mettere un gradino più in alto rispetto agli altri, guardarli da una posizione più elevata, come a definirsi migliore di loro. Eppure, la situazione richiedeva una posizione del genere, una situazione in cui Cuordimetallo era stato chiamato ad agire da Re, più che Fabricator Comandante. Le dita tamburellarono nervosamente la zona laterale, smettendo finalmente all’entrata dei tenno e dei funzionari di alto rango. In successione, Neumannus, Gauss, il generale Kolin – che aveva comunicato la non disponibilità di Elyan, in vista delle comunicazioni intrattenute con la guardia di colui che lo aveva invitato. Sì, perché Oliver aveva ricevuto un invito ufficiale da parte di una vecchia, buona, conoscenza – Oceano delle Correnti, il primo figlio di G.e.a. Era arrivata quella mattina presto, per mano di Gauss, ed era stata consegnata subito al Comandante, impegnato a Mechanus per una serie di controlli di routine. Oceano era stato informato dell’incoronazione di Oliver, forse per uno scambio di informazioni tra qualche altro settore e la sua corte.

    Siamo stati invitati ad Eithir, ci sono state comunicate le direttive e le coordinate per incontrare la guardia che ci porterà al Palazzo Turchese. Il ragazzo sospirò lentamente, aveva dormito poco e male, non riusciva più a riposare serenamente da quando era successo ciò che era successo. Mio Re, è sicuro che sia una buona idea? Lord Oceano è stato il precedente sovrano di Atlantide, dopo l’ascesa dell’Imperatore. Non crede che abbia qualcosa in mente? La risposta arrivò prima attraverso un lento movimento della testa, in accezione negativa. Ho incontrato più volte il Primo dei Titani, per quanto il loro modo di pensare sia diverso dal nostro – non ci sono i presupposti per una mossa del genere, non con così tanti Primarchi attivi, considerando la totalità delle nostre forze. Perché muoversi era diventato così difficile? Il corpo rispondeva più lentamente ai suoi comandi, quasi come se trattenuto indietro. Organizzate una squadra di visita ufficiale, con me Neumannus e Willis, non ha ancora avuto l’opportunità di portarlo con me. Il Fabricator congedò il concilio, discutendo con Kolin dei soldati da selezionare per formare la squadra; i migliori, quelli che avrebbero colpito qualsiasi regnante.

    Neumannus e Gauss rimasero nella sala, a fissare il trono – ora vuoto. Non sembra anche a te che ci sia qualcosa che non va con Lord Scylla? Chiese il tenno più anziano, accarezzando il manico di Fragor. L’altro lo guardò senza rispondere apertamente, nemmeno lui sapeva bene cos’era successo – Oliver non gli aveva raccontato nulla, da quando lo aveva trovato su quella spiaggia così lontana. Non saprei dirlo, a volte il peso della corona è difficile da portare. Il nostro Primarca non è esattam- Ma le sue parole si fermarono nel momento in cui l’altro si avvicinò al trono, passando la mano robotica sullo schienale. Ho cresciuto il nostro re – come si dice? – come un figlio, credo. E’ stato al mio fianco quando gli ho insegnato tutto sull’antica ingegneria di Atlantide, così come è stato al mio fianco quando gli ho spiegato come combattere, grazie alle sue nuove capacità. L’ho visto sorridere e l’ho visto ripensare alla sconfitta, so per certo che c’è qualcosa che non va. Gauss si voltò di nuovo verso il Custode di Mechanus, che adesso lo stava guardando con una lieve espressione cosmica, alla quale anche l’altro rispose – aumentandolo leggermente. Cos’è che mi stai nascondendo?

    Oliver godé della leggera brezza per qualche secondo, chiudendo gli occhi, e lasciandosi illuminare dal sole di una giornata apparentemente tranquilla. Camminò assieme alla sua guardia reale verso il mezzo di trasporto, pronto a lasciare Atlantide per recarsi al punto concordato, dove lo avrebbe atteso uno dei figli maggiori di Oceano, assieme alla guardia cittadina. Si voltò leggermente verso Gauss, rimasto all’entrata della Città di Ferro, e gli fece cenno di avvicinarsi. Devi fare una cosa per meMio Re?Devi preparare una comunicazione da inviare al Grande Tempio, in Grecia, da parte mia. Voglio che sia indirizzata al Lawos, Aleksander Seraf, massima urgenza. Notò una delle sue guardie prepararsi con aria emozionata, un’aria che avrebbe adottato anche lui – in un’altra circostanza. Il giovane Willis stava crescendo a vista d’occhio, e poteva considerarsi un buon apprendista, da nominare Fabricator – in un futuro più radioso, per lui – in cui si sarebbe rivelato diverso da suo zio, un futuro in cui avrebbe messo – come il Primarca stesso – le sue capacità al servizio delle persone, non della supremazia. Sei andato a trovare Jun? Gli chiese, passandogli il resto dell’attrezzatura. Si! Rispose energico il ragazzo, come al solito, senza nemmeno fare troppe cerimonie. Si fece raccontare della missione assieme a lui, delle sue fantastiche capacità mediche e della gestione di Anzu. Oliver lo ascoltò con orgoglio, riscoprendo un fremito che pensava di aver perso.

    Che pensava di aver perso..

    Quando anche il ragazzo fu sul mezzo di trasporto, Oliver diede direttive agli altri di raggiungerlo – continuando a controllare i sistemi prima della partenza, quasi ritardandola inconsapevolmente. Era rimasto da solo con Neumannus, in un silenzio che nessuno dei due sembrava apprezzare. Ragazzo mio, cosa sta succedendo? La voce più profonda lo interruppe dai suoi pensieri. Il giovane si voltò verso il tenno, scrollando le spalle. Non è.. Niente. E’ solo lo stress di tutto quello che è accaduto, sai – tra missioni e tutto il resto. Il tono di una bugia che non era abituato ad usare, il tono che anche il Custode di Mechanus non mancò di notare, assieme al sorriso mal costruito. Il più grande avvicinò una mano alla sua spalla, mentre l’altro passò a controllare alcune delle giunture, per poi abbassarla con lentezza. Ho giurato di sorreggere ed aiutare il Primarca del Pacifico Meridionale fino al mio ultimo respiro, ed è quello che farò. Oliver, fidati di me.

    Le coordinate indicate dall’intelligence di Oceano non furono difficili da raggiungere. Si trattava di un ampio spazio, uno spazio in cui poteva benissimo atterrare un mezzo di trasporto molto grande – o partire da quel posto stesso. Il Primarca scese assieme alla sua guardia, per incontrare coloro che lo stavano attendendo sul posto. Rhenus, si era presentato, era il Generale delle forze militari a disposizione del Primo dei Titani. I suoi capelli avevano un colore particolare, passando dal violetto all’azzurro, con striature bianche, e portava una grande zweihander dietro di sé. Un’arma particolare, non adatta alle persone dalla corporatura più esile, per la quale serviva una forza adeguata a manovrarla. Era protetto da un’armatura della stessa tonalità fredda, simile al colore delle acque profonde, dalla quale scendeva – poi – un mantello di esigua grandezza, non troppo lungo da rendere difficili i movimenti, né troppo corto da risultare ridicolo. Il generale seguì le dovute presentazioni con dovere ed efficienza, prima di spiegar loro il metodo di raggiungimento della Torre Nera e – in modo più specifico – di Eithir, regno di suo padre. Oliver concordò il trasporto della sua nave, assieme a quello del suo corpo militare, prima di dare il suo permesso al viaggio verso la differente dimensione, attraverso il teletrasporto.


    - Eithir -




    Durò non più di una manciata di secondi, rallentati solo dalla preparazione dei convogli di trasporto. Lo spostamento dimensionale li portò all’entrata della capitale di Oceano, sede del Palazzo Turchese – la loro ultima meta. Grazie a quel viaggio, Oliver poté rendersi conto di come i sistemi di trasporto titanici funzionassero, che tipo di traslazione e che tipo di sistemi di attracco erano stati utilizzati. Qualcosa in lui sussultò, così come sussultò in Neumannus. Erano secoli e secoli di familiarità e nostalgia, qualcosa che aveva provato soltanto in funzione dei meccanismi del suo palazzo – La Città di Ferro – e a contatto con il nucleo di Mechanus. La tecnologia titanica, nella sua memoria, era come un odore particolare, un aneddoto che risvegliava una sensazione nostalgica, una sensazione che il primo Scylla aveva rievocato, a seguito degli approfonditi studi sull’ingegneria antica, l’ingegneria riflessa – diluita attraverso secoli e secoli di cambiamenti – in quella del suo settore, così come in quella degli altri sei. Nel camminare attraverso le strade di Eithir, non mancò di notare altari pubblici – in alcune zone delle strade – assieme ad una vita frenetica, quasi caotica. Ognuno era immerso nelle faccende quotidiane, interrotte solo dallo stupore dell’arrivo di un atlantideo alla corte di Oceano. Forse è così che si è sentita Galatea nell’arrivare ad Atlantide. Non poté fare a meno di pensarlo, sorridendo al felice ricordo.

    La città stessa, che trovava culmine nella massima altezza del Palazzo Turchese, era bellissima. Gli edifici, così come le installazioni più sofisticate – a livello ingegneristico – fecero prudere le mani del Primarca. Chissà quanto avrebbe potuto imparare, analizzandole col proprio occhio. Hai visto quei connettori? La voce di Neumannus si presentò al suo orecchio, bisbigliando. Cuordimetallo sembrò dimenticare per qualche secondo i pensieri che lo avevano afflitto fino a quel momento, perdendosi nei colori freddi – eppure, bellissimi – di quel luogo. Alzò gli occhi verso l’alto, ammirando le volte, prima di dare un’occhiata a ciò che si estendeva davanti a lui. Devo avere quei generatori – pensa come sono i laboratori. Seguirono uno scambio di “guarda quello” – “hai visto lì?” tra il Custode di Mechanus e il Fabricator Comandante, con l’aria di chi veniva messo di fronte a qualcosa di nuovo e stimolante, qualcosa che faceva scattare gli ingranaggi nella sua formazione meccanica e ingegneristica, qualcosa che avrebbe voluto conoscere a trecentosessanta gradi.

    La sala principale – quella in cui si trovava il trono di Oceano – si presentò con le stesse sfaccettature riflesse all’esterno, aumentate dallo sfarzo delle decorazioni e degli elementi presenti sui muri, sui pavimenti, su qualsiasi superficie. Oliver trattenne un fischio, erano messi bene quanto loro, non c’era da aggiungere altro. Si sentì quasi come alla corte di Minosse, nella sua prima visita durante la guerra tra Atlantide e Lemuria, un ragazzo mandato a confrontarsi con regnanti più vecchi di lui. Altre figure presenziarono attorno al trono, verso il quale Rhenus fece cenno. I figli e le figlie del titano, forse? Quando il Generale cessò di camminare, lo fecero anche lui. Un breve cenno gutturale per richiamare attenzione e il silenzio piombò tra attendenti e reali.

    Alla corte di Oceano delle Correnti, il Primo e più Saggio dei Titani, Figlio di Gea, Sovrano di Eithir – annuncio Oliver di Scylla, Cuordimetallo, Primarca dell’Oceano Pacifico Meridionale, L’Eroe, Tempra di Azae il Saggio, L’Uomo di Ferro e Forma di Atlantide.



    E per un po', la sua mente trovò pace.




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    RIASSUNTO AZIONI Ξ Eccoci! Perdonami la lunghezza, ne ho approfittato per fare un po' di roba per Ollie dopo tutto quello che è successo :fiore:
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    Esistevano veramente poche parole in grado di comunicare quanto Oceano si sentisse euforico in quel particolare momento storico. Non solo perché, finalmente, i sigilli sui suoi fratelli e sorelle stavano notevolmente indebolendosi, non solo perché il suo nuovo regno non era mai stato così pieno e florido, non solo perché si sentiva così maledettamente felice. Era perché tutto, per una singola volta in tutto lo scorrere del tempo, stava andando come doveva andare.
    Ed era in questo clima di generale apprezzamento della sua attuale esistenza che era venuto a sapere del fatto che Oliver, uno degli umani che lui più rispettava, era diventato Primarca del suo settore, rendendolo a conti fatti sovrano di parte del pianeta. Certo, il fatto che stesse sostanzialmente occupando un territorio che apparteneva di diritto a Oceano era sottinteso, ma non poteva fare a meno di sentirsi felice per quel ragazzo che aveva visti riconosciuti i suoi indubbi talenti, oltre che per la consapevole soddisfazione personale di non aver sbagliato nel suo giudizio; fu lì che gli venne l'idea di contattarlo nuovamente, magari per vedere come stava gestendo il fardello del potere, magari per mettere alla prova le capacità con cui era asceso ad una posizione di comando, ma non era così semplice. Oliver, quel piccolo umano che aveva guadagnato il suo favore, era un re adesso, e anche Oceano lo era; l'unico modo in cui poteva mostrare il suo rispetto per questo ruolo, il miglior modo in cui poteva farlo, era trattarlo come tale. Per questo l'invito non era stato consegnato ad Oliver stesso bensì alla sua corte, come si confaceva come si confaceva a comunicazioni ufficiali tra sovrani, con la giusta precauzione fatta per portarlo in un luogo fuori dallo spazio e dal tempo com'era la Torre Nera. Mandò Rhenus ad accoglierlo e scortarlo a palazzo, mentre lui e parte dei suoi figli attendevano nella sala del trono.
    Era la prima volta che Eithir, in tutta la sua interezza, fosse addobbata a festa, che la piena magnificenza del suo regno fosse messa in mostra in quel modo. Voleva, dopotutto, che la prima visita ufficiale fatta da un regnante straniero lasciasse esattamente l'impressione che aveva inteso: erano una potenza i Titani, e il loro avanzamento poteva applicarsi alla bellezza dell'architettura e dell'ingegneria così come alla guerra.
    Meglio averli come amici che come nemici.

    La sala del trono era sfarzosa come mai prima di quel momento, drappi di tessuti mai visti prima pendevano dai muri e dalle chiare colonne, luce multicolore inondava tutta l'area, ma focalizzandosi principalmente sul trono di Oceano stesso: lo scranno reale sembrava parte del Titano, sotto un trasparente stato di metallo si vedeva un mare verde chiaro, nelle cui profondità si ammiravano lo splendore di infinite stelle. E lui stesso, il vero Imperatore, aveva deciso di onorare ulteriormente Oliver, mettendo da parte ogni maschera e la finzione di un'umanità che non gli apparteneva.



    Attendeva il suo ospite nel pieno della sua magnificenza, l'acqua semisolida che componeva la placca del suo volto sollevata in quello che poteva essere interpretato come un sorriso, e Tigris, il suo reggente, in piedi alla sua sinistra. Era evidente, tuttavia, il secondo scranno alla destra di Oceano, un trono vuoto, il posto che spettava alla Regina. In condizioni normali Oceano avrebbe sentito dolore a quella vista, la consapevolezza della sua assenza ancora fresca nella sua mente, ma in quel caso, in quella singola circostanza, sentì invece orgoglio. Le avrebbe mostrato con dedizione tutto quello che aveva costruito, la loro nuova casa, una volta che fosse tornata; era paziente Oceano, poteva aspettare ancora.

    Siamo sicuri che Euphrates sia lontano?

    Sì padre, l'ho chiuso nei sotterranei.

    Uhm, okay, non intendevo questo quanto ti avevo detto di assicurarti che non desse fastidio.

    Beh non sta dando fastidio, no?

    Sì ma... va bene, fa niente, Meleth invece è arrivata da Rea?

    Sì, Zia ha già detto che vuole tenerla per almeno una settimana.

    Mhhhhhh, le parlerò dopo.

    E, infine, le porte della sala del trono si spalancarono. Rhenus precedette il gruppo di ospiti, i suoi soldati e le guardie reali si disposero in linea davanti alla piattaforma che conteneva il suo trono, picche ad energia che ronzarono nell'aria e tese in avanti, mentre la voce fredda e roboante del figlio di Oceano annunciò chi erano gli ospiti, come richiedeva il protocollo. Ai lati del trono, disposti in perfetto ordine, erano i suoi figli e figlie, vestiti degli abiti più lucenti e maestosi, la corte migliore che avrebbe mai potuto richiedere e presentare davanti a quella di Oliver.
    Vide una macchina, una creatura che attirò immediatamente la sua attenzione e che avrebbe voluto smontare e analizzare nelle sue parti più microscopiche, ma lasciò che lo scienziato facesse spazio al sovrano. Una volta visto Oliver nella sua armatura, il suo cosmo ormai maturo e pregno di potere e responsabilità, eppure il volto del Primarca ancora quello che Oceano ricordava, fu sicuro di aver fatto la scelta giusta nell'aver scelto lui come suo primo ospite. Una persona del genere meritava di certo quell'onore.
    Si alzò, la sua forma umanoide percorse a lenti e solenni passi i gradini che separavano la sopraelevata piattaforma che conteneva i due troni al terreno, e si avvicinò a lui.
    Un passo alla volta, senza fretta, un lungo mantello di stelle agganciato alla sua schiena e una corona lucente come il sole poggiata sulla sua fronte. Allargò le braccia e parlò, secondo protocollo, negli antichi rituali di accoglienza della sua gente.

    Im, Garearon, mae nedth. Nín mellon.

    Parlò a voce nella sua antica lingua, quella che si parlava ai tempi del suo antico regno e infine, tristemente, era caduta in disuso. Una lingua nobile che era stata recuperata per il suo nuovo popolo e, presto, avrebbe soppiantato ogni altro linguaggio inferiore.
    Ad Oliver, tuttavia, perdonò la probabile ignoranza sull'antica lingua del suo popolo.

    Ti do il benvenuto, amico mio.

    E, una volta arrivato di fronte al suo ospite, gli tese la mano. Un gesto riservato a chi era proprio pari, e come pari avrebbe trattato l'ormai ex Esecutore.
    Sebbene non fosse evidente secondo gli standard umani, Oceano si stava davvero divertendo.

    Quanto gli era mancato tutto questo.

    Su4sahH

    NOME ● Oceano
    ENERGIA ● Viola
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    MENTALMENTE ● ///
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    Fu un sorriso ironico, quello sul volto di Oliver.

    La sua linea di memorie era in diretto contatto con i ricordi del Primarca che – tra tutti – aveva mostrato più interesse alla tecnologia e alla cultura titanica. Ma, cosa ha bisogno un simile campo per essere studiato? Inevitabilmente, rapportandosi a sfere del genere, una persona doveva impararne il giusto modo di comunicazione – per essere avvantaggiato nello studio dei messaggi e delle iscrizioni lasciate proprio sugli artefatti presi in analisi. Ecco perché, come la maggior parte di coloro che avevano accesso al khala, come la maggior parte di coloro che avevano studiato la loro discendenza atlantidea come matrice di Atlante, Cuordimetallo era a conoscenza delle giuste forme di comunicazione. Non perfettamente, non fluentemente, ma abbastanza da poter mostrare una certa sicurezza in un campo del genere. Ecco perché, con più o meno stupore della corte – forse non abituata all’uso di simili parole da parte di un umano – poté esprimere il suo saluto al titano che, in quel momento, sedeva sul trono nella libertà della sua forma. Gli occhi si distesero in uno sguardo sereno, mentre la testa ruotò in modo obliquo – facendo un cenno alle parole di Oceano. Il tono di voce, di solito mediamente profondo, si alzò di qualche nota nel rapportarsi a delle parole che non avrebbe potuto scambiare con tutti, parole che presupponevano un movimento diverso delle sua corde vocali.


    Nae saian luume, mellon nîn.
    Ti trovo bene.


    Alzò le braccia, spalancando le mani, e indicando con esse l’interezza della figura che aveva di fronte – a diversi metri di distanza. Rilasso i muscoli delle sue corde vocali, schiarendole rapidamente. Si prese qualche secondo per osservare il volto dei figli del re – che si trovavano a diversa distanza, chi più vicini al trono, chi meno. Alcuni portavano armature, come i soldati in servizio nel suo settore, altri – invece – erano avvolti da abiti di fattura diversa, al contempo morbidi e luminosi, una luminosità che sembrava riflettersi anche attraverso le mura stesse del Palazzo Turchese. Quei secondi di sospensione, tra la voce del titano e quella del primarca, furono tagliati da un’aria più distesa – coerentemente al saluto che si erano scambiati. Sapeva come sarebbe andata – i suoi soldati avrebbero ricevuto ospitalità, così come lui avrebbe avuto l’occasione di parlare da solo con Oceano. Ma, come ogni buon ospite, Oliver non si era recato in visita a mani vuote. Con un cenno della mano, infatti, indicò a quattro soldati di proseguire e distaccarsi dalla lunga coda di personale del Pacifico Meridionale. I due davanti trascinavano con spesse maniglie di oricalco ciò che i due dietro erano intenti a spingere, con uno sforzo minimo – dato il grosso trasporto atlantideo. So fin troppo bene che, come noi, non avete nulla da invidiare a nessuno – in quanto a possibilità. Non avete bisogno di provviste, e non avete bisogno di aiuti tecnologici. Ecco perché – in questo caso – mi sono permesso di trovare un dono più- Le parole quasi morirono quando pensò brevemente ai momenti in cui lui gli aveva spiegato delle statue di Bernini, di Canova, di tutti quegli scultori che avevano realizzato meraviglie famose in tutto il mondo.


    Gli uomini affiancarono Cuordimetallo e, con un rapido gesto, mostrarono al padrone di casa il dono che il Primarca aveva fatto preparare per lui. Un grosso cubo di oricalco dorato si presentò ai suoi occhi. Era alto sei metri, ed era ricoperto da intarsiature di oro e acquamarina – la pietra preferita di Oliver, la pietra preferita di ɔ̵̡̗͔͕̎̋̾̋͆ͅᴎ̷̘͈͈̍̃͝ɿ̸̩͕̰̺̥͉̻͍̂̈́͋̐́̓̎ͅw̷̻̩͇̳̖̄̓̀̅͠⅃̸̡̹͍͖͖͓͈͚̼͙̋. I disegni su ogni superficie andavano a intersecarsi tra di loro in sezioni molto rigide – eppure, non per questo, poco eleganti; i suoi spigoli, invece, erano levigati e lisci, come se – ad un certo punto – avessero dovuto scorrere su qualcosa. Oliver strinse i denti, scacciando via ciò che non poteva permettersi di assecondare, in quel momento, per continuare la sua descrizione. -Celebrativo. Sì, celebrativo era il termine adatto. Con una lieve espressione cosmica, attraverso il contatto di un generatore o – semplicemente – le singole energie del monarca pacifico, il cubo iniziò a emettere diversi sbuffi di vapore; le facce che non toccavano il pavimento iniziarono ad aprirsi, emettendo un ticchettio metallico, e cominciarono a ripiegarsi su sé stesse – allargando la loro dimensione. Lungo tutto il perimetro della costruzione, infatti, iniziarono ad uscire allo scoperto dei grossi ingranaggi; su ogni punta metallica, erano posizionate delle figure particolari – erano rappresentazioni neutre, non riconducibili all’aspetto che tutti avevano in quel momento – ma, di per certo, erano loro. I figli di Oceano, in modo rappresentativo, giravano sugli ingranaggi più bassi in modo veloce e lento, a cadenza regolare, in ciò che sembrava una continua danza.


    Eppure, nuovi ingranaggi continuarono ad innalzarsi verso l’alto. Nella conformazione di quella grande struttura – una formazione a torre si levò verso il soffitto – raggiungendolo quasi a metà – e mostrando la forma di una torre fatta da altrettante forme simili, dove attorno ruotavano altre raffigurazioni dei potamoi e delle oceanine. Infine, alla cima di quella rappresentazione, due nuove figure si fecero strada. Erano le effigi di Oceano e Teti, unite da un singolo filo di oricalco lavorato, che si estendeva e avvolgeva le loro braccia, fino a salire su e disegnare una circonferenza attorno ai loro corpi.



    All’improvviso, quando tutte le figure furono distribuite e posizionate ai giusti posti – ruotando – una melodia cominciò a riempire l’aria. Non erano note tristi, ma nemmeno di festa, era il perfetto riassunto di una celebrazione del perfetto stato di quiete. Alla base del cubo, infatti, erano state implementate delle casse di risonanza, che avevano il compito di far vibrare la canzone e diffonderla attraverso degli altoparlanti posizionati all’interno della torre centrale, quella su cui erano posizionate le due raffigurazioni principali. Accennò un sorriso triste nell’osservare di nuovo l’opera a cui egli stesso aveva lavorato. Lo aveva fatto per necessità, per non pensare – per riempire le notti senza sonno, le notti in cui tutto diventava difficile, più difficile – così tanto da non poter fare altro che guardare il muro davanti a sé e pensare.


    Strinse i denti, sbattendo velocemente gli occhi. No, non era il momento di ritornare in quell’angolo della sua mente. Non lì – non con tutti loro. Il Primarca spostò la mano, presentando alla corte il suo regalo. Spero possiate apprezzare il lavoro che io e i miei uomini abbiamo fatto, in onore di una famiglia così bella – con la speranza che, un giorno, anche la regina Teti possa essere presente per un nuovo incontro. Un cenno di rispetto, un respiro profondo. Perché, ne era sicuro, nemmeno la consorte di Oceano era presente al suo fianco – e, in questo, si sentì estremamente vicino ad una mancanza del genere. Adesso sapeva cosa provavano, lo sapeva davvero, e non poteva fare a meno di compatirlo – di sperare il ritorno della persona cara. Perché era questo che permetteva loro di andare avanti, sia in una vita mortale – che in una vita immortale: le speranze e i sogni. Le speranze di ritrovare al proprio fianco la persona che si era persa – e i sogni di ritrovare al proprio fianco chi ormai non c’era più.


    Un regalo per celebrare ciò che è importante.
    Non il potere o le conquiste
    Ma i nostri cari, il nostro-


    Amore.

    La nostra famiglia.


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