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    Ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini

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    Una lama, nel buio della notte, cerca vendetta tra gli esuli di quel mondo. I padroni sono cambiati ed è cambiato il modo di vivere, ma la sostanza delle cose è rimasta la stessa. Una terra selvaggia, incomprensibilmente violenta e meschina, aveva fatto si che gli abitanti cedessero ai primordiali istinti. Come in stato di natura ognuno reclamava per sé il rimanente, ed uomini lottavano contro uomo tanto quanto lottassero, inutilmente contro i corrotti. Il caos, sopra ogni altra cosa, aveva instaurato un regno perduro.
    Esclusi da quelle dinamiche gli eletti di Gea si organizzavano ad Agartha. In quel incredibile bosco sacro dove aveva avuto la fortuna di vivere negli ultimi tempi, Roan si era sentito parte di qualcosa. Aveva combattuto a lungo e si era addestrato con eletti molto più forti di lui. Nonostante tutto non era riuscito a migliorare molto, il suo potere cosmico non era ancora sufficiente a compiere la sua missione. Liberare il mondo non era cosa da poco e per pochi, il Giappone, casa sua, era sotto il giogo occulto ormai da decenni.

    Ancora in armatura, come se qualcosa dovesse accadere da un momento all'altro, stava appoggiato ad un albero rigirandosi l'elmo tra le mani. Gli occhi dello stesso colore delle foglie che gli stavano intorno non scrutavano nulla in particolare. In quella pace silvana qualsiasi uomo avrebbe potuto perdersi e rassegnarsi, ogni cuore si sarebbe calmato ed estraniato da qualsiasi altra cosa.
    -Viviamo dei doni che la madre terra ci ha dato, in questa quiete ci estraniamo dal mondo. Eppure siamo qui per uno scopo, altrimenti non ci saremmo mai giunti-.
    E' garantito che alcuno può transitare in luoghi di pace troppo a lungo quando la propria anima è in tumulto. In quelle situazioni la testa si isola in una meditazione ultraterrena, ed il corpo resta lì da solo a fissare il vuoto. Quell'eterna solitudine, quella inquietudine, aveva trasformato la codardia in indifferenza. In fondo il coraggio non è ragionevole perché solo uno stolto ha fretta di morire. Più logico, invece, è essere indifferente alla morte se questa arriva mentre si compie un dovere.
    -Quando libererò il mondo, le foreste degli uomini saranno così: folte e imperiture, trasmetteranno quietezza. Fiori ed erba cresceranno e le foglie cadranno in autunno. Tornerà tutto come prima-.
    Che si stesse illudendo o meno non era certo il momento giusto per scoprirlo. Con incredibile fermezza riusciva a non muovere neanche un muscolo e la corazza verde quasi si confondeva con i filamenti del medesimo colore che si alzavano dal terreno inondando Agartha. Roan stava con una gamba, la sinistra, stesa completamente mentre la destra restava leggermente piegata per spingere d'inerzia la schiena contro il tronco dell'albero. I capelli neri risaltavano in quel paesaggio.
    -Dovrei mandar via questi pensieri prima che mi divorino. Eppure, che cosa sto facendo qui se non autocommiserarmi e fare lo stesso con la terra. Sono divenuto tanto ignobile nel corso di questi anni passati qui?-

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    Status mentale: Illeso
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    Abilità attive:

    - Cosmo di Luce: La luce sacra della montagna più alta del Giappone illumina la via dell'Eletto del Monte Fuji. La luce scaturisce attivandosi dall'emanazione del suo cosmo che brilla e dissipa le tenebre (naturali). La Luce generata dall'eletto di Gea acceca ed ustiona (pur non essendo efficace come "Fuoco"). Consente inoltre di creare raggi di luce in grado di perforare i nemici o di generare riflessi su superfici flettenti o sfruttare il fenomeno della rifrazione luminosa per nascondersi alla vista altrui(ma non è efficace come illusioni).

    - Lame di cosmo (Arma): La natura del Monte Fuji ha un significato molto forte per i giapponesi. Molti fabbri hanno consacrato le proprie creazioni al monte sacro, addirittura incidendo una raffigurazione su diverse spade. L'abilità dell'eletto di Gea consente di generare due lame di cosmo che risiedono, rispettivamente, nel braccio destro e nel braccio sinistro.

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    Quattro ombre, stanche, come se portassero un grave peso sulle spalle passeggiavano per Agartha. Erano con i volti scuri e gli occhi puntati verso un orizzonte qualsiasi.
    Sengen-Sama camminava con il suo kimono rosato, con fiori disegnati sopra di color nero.

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    Certo il suo viso era come sempre di porcellana perfetta, come sempre era imperscrutabile e il sorriso sereno eppure negli occhi vi era un turbamento. Come se le nuvole del dubbio e delle domande nascondessero la luce.
    I lunghi capelli le sfioravano i glutei, mentre i suoi passi erano leggeri come vento, le mani nascoste dalle maniche del kimono mentre altre tre figure avanzavano a fianco a lei.
    Diverse nell'aspetto, uguali nell'abbigliamento. Solo dai loro volti si poteva capire come i loro caratteri fossero completamenti differenti.



    Gemelle. Eppure non uguali. Sorelle appartenenti agli Yokai Nobili, i massimi esponenti della Corte di Mezzanotte.
    I loro Haori bianchi avevano disegnato il simbolo di Amaterasu.
    Un cerchio con due tagli nell'alto e nel basso. Il Tutto che diveniva Singolo.
    L'Unità che mutava nel Duale; il Divenire in perenne contrasto e mutevolezza per far si che la Vita e la Realtà continuassero ad essere.
    Era il simbolo di Amaterasu stessa. Il Taglio che imponeva non la divisione ma il costante divenire e mutare di ogni elemento della Realtà per creare un quid.
    La Corte di Mezzanotte era con Amaterasu da tempi immemori. Una corte formata da spiriti di ogni forma . Selvaggi e quieti, sanguinosi e senza padroni alcuni se non l'Araldo Della Creazione.
    Lupi mannari, Yokai, Onryo, troll, demoni e spettri che popolavano questo mondo.
    Erano la Corte che non conosceva né riposo, né quiete. La Corte che combatteva sul Muro della realtà per difenderla.
    Erano le spade nelle tenebre di G.E.A.
    Non oscuri quanto quella di Chernobog ma non per questo meno terribili.
    Erano una Corte che non conosceva né paura, né dolore e che da tempo immemore seguiva Amaterasu nell'Abisso combattendo il Nero Orrore che abitava quei tetri luoghi.
    E quelle tre sorelle erano della famiglia delle Kamaitachi.
    Uno Yokai che prendeva l'aspetto di una donnola associata al vento. Loro tre erano quelle più leggendarie tra tutte. Da tanto tempo si erano mischiate agli uomini continuando a difendere i loro territori dalla Corruzione, dal Kaos, dagli uomini, da ogni male.
    La leggenda diceva che tra le regioni di Mino e Hida apparissero come un terzetto di donnole di cui la prima faceva inciampare la vittima, la seconda le tagliava la pelle delle gambe e la terza le curava la ferita con una medicina in grado di eliminare il dolore.
    Anche se erano per lo più spiriti solitari e aggressivi, quelle tre erano le Signore di questa razza oscura e aggressiva.
    Facevano da scorta alla nipote di Amaterasu, accompagnandola ad Agartha perché grave erano le notizie che portavano. I loro cuori stanchi eppure il Sole non sarebbe ancora sorto a riscaldarli e a proteggerli.

    «Quindi non si è fatta vedere nemmeno ad Agartha...eppure dicono che in Groelandia si sia scontrata contro Johanna, la Primarca di Seadragon.»

    La voce di Sengen sama era calma eppure vi era una vibrazione che la faceva apparire come graffiata dall'inquietudine.

    «Che si sia impazzita? In fondo è mancata da tanto di quel tempo che forse non ha le rotelle al suo posto!»

    «Kagari!»

    La sorella più alta delle tre dette uno schiaffo sulla spalla della più piccola e irrequieta del gruppo, che la guardò di sbieco e la furia fu nei suoi occhi, contenuta solo dal rispetto verso la maggiore. Non aveva ancora imparato la pazienza, né il saper osservare. Era come vento di tempesta che tutto strappava e tutto distruggeva.

    «Come puoi solo pensare che Amaterasu dono ci abbia abbandonati?!
    Non l'ha mai fatto in tutto questo tempo, perché farlo adesso?»


    «Fuu sei l'unica che crede ancora alle favole! Non è invincibile...e se anche lo fosse a quanto pare se ne frega di noi, di Agartha, della Madre e di tutto. Dicono abbia combattuto in Islanda, che abbia squarciato quella specie di regina di Atlantide ma ancora non si è degnata di venire da noi!
    E chi siamo noi per lei?! E questo il suo rispetto per chi ha dato il sangue per proteggere tutto questo? Il nostro vale meno del suo?!»


    Si. Era un vento di tempesta che non conosceva né requie, né la leggera brezza che ristorava asciugando il sudore, cullando il mondo. era il vento che tagliava. Un vento malsano. Era la tempesta della gioventù che soffiava irrequieto nel suo cuore.
    Fu la più piccola e più calma delle tre a prenderle le loro mani e a far sentire il suo cosmo leggero e quieto.

    «Amaterasu dono ha sempre visto oltre. Quante volte ha combattuto da sola? Lei è stata la prima a sorreggere la Madre.
    Quando sarà le risposte arriveranno. Una parte della Corte la sta seguendo e l'Est Europa ora è più sicuro. Non siate frettolose di elargire giudizi o difese. Amaterasu dono sa quello che fa. Io credo in lei perché la pena che porta nel cuore nessuno di noi avrebbe potuto sopportarla. Ma essere un Araldo significa anche questo.
    Tu Kagari sii più attenta alle tue parole, e tu Fuu non devi rimproverare tua sorella o difenderLa. Amaterasu dono non ha bisogno di nessuno a difenderla. Crediamo in Lei. Il suo sangue lo sta versando ancora adesso.
    Vero Sengen Sama?»


    Gli occhi dello Yokai incontrarono quelli della nipote di Amaterasu.

    «Ma quando combatterà per il Giappone, Raishin? Quando tornerà a reclamare le sue terre e a liberarle? Sono venuta qui appunto perchè speravo di incontrarla, di poterle parlare, o almeno con qualche eletto. Con Moko chan, Chernobog o P.A.N sama...io...»

    La loro terra piangeva. Sengen sama avvertiva quel dolore.
    Ma non riusciva a vedere il Sole al di là delle nubi...
    Una camelia stretta tra dita nervose.

     
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    Agartha era un luogo strano. Vivo, variegato, tanto isolato e calmo quanto movimentato. Tutto ad Agartha poteva succedere, ed ogni cosa si sviluppava, crescendo o decrescendo, nel corso del tempo. Quell'atmosfera era magica: era come essere avvolti da una cappa di silenzio. Così poteva succedere che passassero ore, se non addirittura giorni, senza che ce ne si potesse accorgere.

    Qualcosa però, in quel contesto, strideva terribilmente. Essere isolati ad Agartha voleva dire anche restare inoperosi. Roan si allenava tutti i giorni, utilizzava le sue braccia come lame e non si fermava che per mangiare o dormire. Quel giorno, invece, lo aveva dedicato a se stesso. Si dedicò al silenzio ed alla riflessione, ma i suoi piani vennero totalmente sconvolti. Improvvisamente udì delle voci, il che non era strano, ma sembrava un gruppo nutrito.
    -Ma che succede?- Drizzò le orecchie e si guardò intorno con attenzione. Le voci provenivano dalla radura alle spalle del bosco.

    «Non possono che essere loro, nessuno al mondo fa più baccano...» Il guerriero di Gea era molto cambiato. Si era adattato alla nuova vita, al proprio ruolo e nel corso degli anni aveva conosciuto molte persone. La Corte della Mezzanotte inizialmente era lontana dai propri interessi sociali. Le venerava come dee stesse, ma poi nel corso del tempo si era accorto di quanto fossero più umane del previsto.

    Si alzò quindi e fece scomparire il proprio elmo. Rimase comunque in completa armatura che intrecciava i colori verde e giallo. Era leggera quanto bastava, resistente ma anche flessibile in alcuni punti ed in pratica non intralciava i movimenti. Era ciò che gli occorreva che potersi avvicinare il più possibile al nemico che affrontava. Gli occhi verdi spaziarono per la radura che si apprestò ad imboccare uscendo dalla foresta. Forse era la sua possibilità per fare conoscenza con le tre sorelle. Come sempre erano vestite come delle vere opere d'arte antica: kimoni rosati con intarsi geometrici cuciti sopra, sembrava di rivedere quelle donne della sua terra che aveva resistito ai cambiamenti del tempo.

    Si sorprese nel vedere che Sengen-Sama si accompagnasse a loro. Addirittura la nipote di Amaterasu che componeva il quartetto assai tradizionalista nell'aspetto. Quelle donne sembravano uscite fuori da un quadro sebbene le sorelle, e questo Roan lo sapeva di suo, appartenessero ad una razza a parte, assai temibile, si erano dimostrate amiche degli uomini. Si somigliavano nell'abbigliamento ma non nell'aspetto e le stesse tre sorelle erano assai diverse tra loro.
    Il guerriero si avvicinò per osservarle meglio. Sengen-Sama portava i capelli lunghi fino al fondo schiena, erano di un nero lucente. La corte di Mezzanotte la seguiva senza indugio alcuno e le tre sorelle erano la massima rappresentazione di quella casta di formidabili, spietati, e leali combattenti.

    «Nobile Sengen-Sama, è molto che non la vedo». Si prostrò in un mezzo inchino. Quando aveva conosciuto la prima volta Sengen non era altro che un umano. La nipote di Amaterasu lo aveva salvato, poi l'aveva quasi ucciso, ed infine era stato lui a salvare lei aiutandola a difendere il Sacro Tempio. Rivolse poi lo sguardo alle tre sorelle facendo un cenno di saluto.
    «Salute a voi, corte della Mezzanotte». Disse sempre con tono di voce medio senza mostrare entusiasmo per la loro presenza, ma nonostante tutto si sentiva sollevato. Tornò a rivolgersi a Sengen-Sama.
    «Si gode una bella passeggiata qui in Agartha?» Le chiese sempre con un tono servizievole. Da quando aveva scoperto chi era non poteva fare altrimenti. Era ormai il suo ruolo, ed anche se erano passati molti anni dalla sua iniziazione non aveva dimenticato quei momenti passati con lei.

    -Stavano parlando di Amaterasu? Del Giappone?- Si chiese perché prima di avvicinarsi aveva udito ciò che diceva sulla sua terra. Non poteva però essere diretto, doveva stare al suo posto. Se però glielo avesse chiesto sarebbe partito il giorno dopo per la sua terra, per combattere.

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    «Parlato» -Pensato-

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    - Cosmo di Luce: La luce sacra della montagna più alta del Giappone illumina la via dell'Eletto del Monte Fuji. La luce scaturisce attivandosi dall'emanazione del suo cosmo che brilla e dissipa le tenebre (naturali). La Luce generata dall'eletto di Gea acceca ed ustiona (pur non essendo efficace come "Fuoco"). Consente inoltre di creare raggi di luce in grado di perforare i nemici o di generare riflessi su superfici flettenti o sfruttare il fenomeno della rifrazione luminosa per nascondersi alla vista altrui(ma non è efficace come illusioni).

    - Lame di cosmo (Arma): La natura del Monte Fuji ha un significato molto forte per i giapponesi. Molti fabbri hanno consacrato le proprie creazioni al monte sacro, addirittura incidendo una raffigurazione su diverse spade. L'abilità dell'eletto di Gea consente di generare due lame di cosmo che risiedono, rispettivamente, nel braccio destro e nel braccio sinistro.

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    «Roan?!»

    La voce tradì una genuina sorpresa. Non avrebbe mai pensato di trovarsi Roan qui ad Agartha.
    O per meglio dire, non pensava di trovarlo in un momento in cui la sua mente era così preoccupata e il suo cuore colmo di dubbi. Lo credeva da qualche parte nel mondo a combattere, forse anche a trovare un modo per tornare su quel Monte Sacro così caro a lei. Simbolo di un intero paese.
    Un paese che arrancava come non mai. Che moriva ad ogni secondo e lei lo avvertiva. Lo avvertiva in ogni piega della sua anima.

    «Sisi salve...non siamo la corte di mezzanotte.
    Siamo Le Bestie Del Vento della corte di mezzanotte.»
    L'orgoglio a quelle parole. Tronfio orgoglio, la forza sbandierata di una posizione, rimarcare un concetto. Kagari si fece d'un tratto gigante nonostante fosse la più bassa del trio. Giovane, impulsiva, conosceva poco il rispetto e non lo dava a nessuno. Doveva ancora maturare in questo perché la posizione di comando non portava né saggezza, né maturità e rispetto. Ma questo Kagari non lo sapeva e anche se lo avesse saputo non era affine ad un carattere che portava con sé la tempesta, piuttosto che la brezza piacevole di primavera. «Siamo il Vento Omicida, siamo...»

    Fuu prese la sorella per il collo alzandola come un gatto faceva con i propri cuccioli. E quelli occhi ebbero un lampo omicida.

    «Il rispetto vedo che te lo sei dimenticato...passi per Amaterasu dono ma ora esageri!»

    E Kagari tremò. Il suo sguardo tremava di fronte a Fuu, la sua baldanza si inaridì come un torrente in secca per una canicola eccessiva. Fu Raishin a prendere le mani di Roan nel mentre guardava le sorelle e Sengen Sama.
    Sguardi che parlarono e un sorriso, lieve come pastello, da parte della nipote di Amaterasu.
    Tra le tre sorelle Sengen Sama era più affine con Raishin che con Fuu e Kagari. Perché più attenta ai dettagli, più incline alla tranquillità e alla pazienza, che alla facile ira o al troppo orgoglio che nelle due sorelle invece traboccava.


    «Roan è un piacere conoscerti. Scusa le mie sorelle, hanno i loro caratteri e non sanno ancora capire quando parlare e agire.
    Perdonale se puoi.»


    Un lieve inchino.

    «Noi siamo gli Yokai Nobili, cioè coloro che comandano una fazione dell'Immensa Corte di Mezzanotte di Amaterasu dono.
    Siamo della famiglia delle Kamaitachi. Il mio nome è Raishin. Quella più alta Fuu e quella più piccola Kagari.
    Siamo conosciute come Le Bestie del vento. Lieta di fare la tua conoscenza.»


    «In ogni caso sono lieta di vederti in salute. Abbiamo passati momenti brutti insieme, ma siamo ancora qui nonostante tutto.
    Vieni passeggiamo insieme.»


    Le Bestie del Vento erano dietro, mentre loro due davanti. Roan poteva sentire Kagari continuare a litigare con Fuu, far valere la sua forza, il suo orgoglio, il suo continuo brontolare di rimando alla sorella che le rispondeva a tono. Raishin era in silenzio sorridendo all'indirizzo delle due che per lei, la più grande di età, continuavano a rimanere le stesse di quando erano più piccole.

    «Raccontami, Roan, cosa hai fatto da quando siamo scappati dal Giappone?»

     
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    Roan, Eletto di G.E.A - Darian del Monte Fuji {IV} - energia gialla



    Sengen-Sama non nascose l'eccessiva sorpresa che provava nel vedere il guerriero dinnanzi a sé. Una sorpresa che, sebbene giustificata, Roan stesso aveva provato ma a cui aveva avuto qualche istante per abituarsi. Sorrise alla donna e così anche alle tre demoni che la seguivano: la più piccola mise i punti al loro posto ma questo non impedì alla sorella di maltrattarla.
    -Sono tutte molto diverse, temibili come Sengen o forse più-.

    In fondo non si poteva provare rispetto per creature di cui si aveva un lieve timore. Sebbene i suoi giorni da umano codardo ed impotente fossero terminati da tempo, egli sapeva che certe creature andavano prese con i guanti di velluto. Perciò misurò le parole, meglio di come imprudentemente aveva fatto poc'anzi. Lanciò un'occhiata a Sengen mentre la sorella più grande prendeva per il collo la piccola ma proprio in quell'istante una terza si pose a lui in tono quasi reverenziale e di scuse.

    «Perdonate voi la mia imprecisione e ne sono altrettanto lieto». Disse semplicemente con tono fermo. Non poteva essere percepito come una minaccia da loro, erano dalla stessa parte, ma l'orgoglio poteva mostrare gli stessi lati del pericolo. Sengen-Sama finalmente gli parlò e la sua voce giunse alle orecchie melodiosa, non come la prima volta in cui l'aveva conosciuta.
    Mentre la donna rivangava la loro passata battaglia Roan annuì muovendo il capo con un ampio gesto. Volle confermare in quel modo che la sua visione della cosa era stata forse anche peggiore, ma ancor più premeva dimostrare di aver acquisito sicurezza da allora: di essere cambiato ed essere un uomo nuovo ed un guerriero migliore.

    «Sono rimasto qui ad Agartha, mia signora. E' molto tempo che mi alleno e non più sono tornato nella terra degli uomini. Aspetto di esserne pronto, sfortunatamente ne sono ancora ben lungi». Si interruppe per un paio di secondi e lasciò che fiato defluisse dai polmoni.
    «Sta bene, Sengen-Sama?» Chiese sempre in tono placido, mai agitato. «Sembra turbata».






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    COSMO DI LUCE

    La luce sacra della montagna più alta del Giappone illumina la via dell'Eletto del Monte Fuji. La luce scaturisce attivandosi dall'emanazione del suo cosmo che brilla e dissipa le tenebre (naturali). La Luce generata dall'eletto di Gea acceca ed ustiona (pur non essendo efficace come "Fuoco"). Consente inoltre di creare raggi di luce in grado di perforare i nemici o di generare riflessi su superfici flettenti o sfruttare il fenomeno della rifrazione luminosa per nascondersi alla vista altrui(ma non è efficace come illusioni).

    LAME DI COSMO (ARMA)

    La natura del Monte Fuji ha un significato molto forte per i giapponesi. Molti fabbri hanno consacrato le proprie creazioni al monte sacro, addirittura incidendo una raffigurazione su diverse spade. L'abilità dell'eletto di Gea consente di generare due lame di cosmo che risiedono, rispettivamente, nel braccio destro e nel braccio sinistro.

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    Edited by Hatrax - 25/10/2019, 07:42
     
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    «Allenarsi fa bene ma ci sono molti modi per essere utile. Combattere è solo un opzione tra tante. Ma quando ti sentirai pronto, allora combatterai. Rimane sempre una tua scelta.»

    Così come lei aveva fatto le sue. Anche se le stava mettendo in discussione tutte. Aveva lasciato il Giappone. Era giusto...si...ma...era proprio quel ma ad essere il tarlo nella sua mente. A non lasciarla serena.
    Agartha era immensa P.A.N e Chernobog erano due leggende, enormi, imponenti da creare in lei una sorte di timore reverenziale, eppure ora che era qui aveva paura. Paura di non riuscire a dire quello che aveva nel cuore. I dubbi. Maledetti dubbi.
    Perché, in un angolo di tenebra, lei stava mettendo in dubbio Amaterasu. E non voleva ammetterlo.
    Lo nascondeva. E nascondere aumentava quella tenebra perché non l'affrontava.
    Perché il dubbio era malsano. Perché le nebbie nascondevano e mutavano la realtà e i pensieri su di essa, e Sengen Sama era una naufraga che aveva perso il Sole.


    «Mh...»

    La sua preoccupazione era visibile. I dubbi solcavano in rughe profonde il contorno dei suoi occhi. Il Giappone era solo. Il Mondo lo era altrettanto?
    Cos'era essere un Araldo? Cosa significava essere Amaterasu o mi kami?

    «Si sono preoccupata, Roan. Perché nasconderlo. In fondo tu sei un custode della terra, un eletto di G.E.A e devi sapere. Forse parlarne mi aiuterà.»

    Si fermò.

    «Amaterasu è tornata, Roan. La Spada di G.E.A è di nuovo in questo mondo ma...ma sembra che si sia dimenticata dei suoi doveri Sembrò quasi sputare quella frase; con rabbia, con disgusto, con odio quasi.
    «Dicono che la Corte di Mezzanotte abbia messo a ferro e fuoco l'Est Europa, che abbia combattuto contro la corruzione e altri nemici, ma sono solo storie.
    Amaterasu sembra sparita dal mondo. Preoccupata di tutto e di tutti tranne che della sua terra.»


    Sengen Sama odiava Amaterasu? Era la domanda che non riusciva a farsi. Ma allora perché provava rabbia al solo pensiero?


    «Il Mondo ha bisogno degli Araldi, per combattere questo male sconosciuto si lo so...però...»

    Strinse un lembo della manica. Perfetta. Ma il momento dopo fu sgualcita, così come il suo viso. Gli occhi si velarono...


    «Anche noi abbiamo bisogno del Sole. Ci ha...»

    Non riusciva a dirlo. Lo voleva dire, lo voleva urlare però...però traboccò dalla sua anima e fu come un vulcano che esplodesse.


    «ABBANDONATI

    Sembra che conti tutto per lei e noi invece possiamo anche morire, possiamo anche soffrire ma non siamo niente per lei. Nient'altro che ombre e polvere...»


    Una lacrima rigò quel volto...una semplice lacrima. Una goccia.
    Si dice che il Giappone sia nato da quattro gocce perfette che caddero dalla lama di Amaterasu quando sostené G.E.A nella creazione della Realtà.
    Questo è la leggenda che si tramanda nella Corte di Mezzanotte.


    «Sono venuta qui per chiedere consiglio agli Araldi. Per sapere...per avere una speranza...ma la verità e che volevo trovare Amaterasu. Però sembra che si sia dimenticata anche di Agartha, della madre e dei suoi fratelli.
    Il Sole è tornato nella sua caverna...»


    Abbassò la testa.
    Perdere la propria guida. La propria speranza. La propria luce.
    Era questo che stava facendo Amaterasu a chi aveva promesso di proteggere?

     
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    Roan, Eletto di G.E.A - Darian del Monte Fuji {IV} - energia gialla



    Le rivelazioni della nipote di Amaterasu si spalancarono innanzi a Roan come un portone. Dietro quei pesanti battenti dell'anima vi era una luce accecante. Come in tutte le cose, però, anche se la luce dirada le tenebre ed è simbolo della divina giustizia acceca i poveri uomini, e gli eletti non ne sono certamente immuni. Per questo, e mille altri motivi, il discorso di Sengen devastava lo spirito e scuoteva le montagne dell'anima.
    Più ci si addentrava in quella foresta di luce più si scopriva l'oscurità. Quel contrasto distruggeva la vista, l'udito e qualsiasi altro senso. La luce del bene non si placava innanzi a nulla, ma nemmeno i giusti potevano guardarla, e così Sengen si disperava per l'assenza di Amaterasu.

    Si fermò e quasi pianse. Sembrava il riflesso lontano di quella donna che aveva incontrato sul Monte Fuji, di colei che lo aveva iniziato e che man mano lo aveva aiutato a capire. La donna, contorceva le sue vesti. In quel momento di estrema tenerezza avrebbe quasi voluto accarezzarle la guancia, asciugandole la lacrima amara rassicurandola sul futuro. Eppure non reagì così, non osava. Fondamentalmente le regine erano sole, e questo avrebbe dovuto saperlo. Dovevano trovare dentro di loro la forza per rialzarsi e mostrarsi degne di quel titolo, e quel momento di debolezza quasi lo sconvolse.

    «Nobile Sengen...»
    Le parole gli uscirono dalla bocca quasi incredule mentre spalancava gli occhi.

    «Non crede nelle capacità degli eletti?» Chiese riferendosi a Sengen che ora guardava con rinnovata determinazione. Anche lui era cambiato in quegli anni.
    «Il potere di Amaterasu, e degli Araldi, forse è così grande da non poter essere compreso. Ma non siamo forse abbastanza forti da sostenerne l'assenza? Forse, Amaterasu deve occuparsi di questioni più grandi e necessarie e crede nella sua forza, Sengen-Sama. Forse sa che Agharta e questo mondo sono al sicuro».




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    COSMO DI LUCE

    La luce sacra della montagna più alta del Giappone illumina la via dell'Eletto del Monte Fuji. La luce scaturisce attivandosi dall'emanazione del suo cosmo che brilla e dissipa le tenebre (naturali). La Luce generata dall'eletto di Gea acceca ed ustiona (pur non essendo efficace come "Fuoco"). Consente inoltre di creare raggi di luce in grado di perforare i nemici o di generare riflessi su superfici flettenti o sfruttare il fenomeno della rifrazione luminosa per nascondersi alla vista altrui(ma non è efficace come illusioni).

    LAME DI COSMO (ARMA)

    La natura del Monte Fuji ha un significato molto forte per i giapponesi. Molti fabbri hanno consacrato le proprie creazioni al monte sacro, addirittura incidendo una raffigurazione su diverse spade. L'abilità dell'eletto di Gea consente di generare due lame di cosmo che risiedono, rispettivamente, nel braccio destro e nel braccio sinistro.

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    «Non lo so...»

    Semplice. Difficile. Il dubbio di chi vede le proprie certezze sgretolarsi. Certezze che erano la base di un anima. Di una volontà. Di un modo di essere. Cosa succedeva quando tutto questo veniva distrutto? Quando si cercava un appiglio, uno qualunque, e non lo trovavamo?
    Cadere e non volerlo fare. Averne paura. Perché per la prima volta si guardava l'abisso insondabile della paura.
    O forse era troppo abituata a contare su qualcun'altro. A non pensare che una roccia si potesse sgretolare. A trovare una soluzione da sola.
    Che se non vi erano vie d'uscite le avrebbe create da se. A scavare un uscita con le unghie e con i denti. Senza pensare che una mano salvifica arrivasse per mostrarle la strada.
    La strada era la sua. Solo la sua. Ma senza nessuno...e se questa forza non l'avesse?
    Fino ad oggi aveva sempre contato sugli altri; sapeva che Amaterasu non avrebbe mai permesso che il Giappone crollasse, che la Corte di Mezzanotte avrebbe vegliato sul Muro della Realtà, che tutto questo non sarebbe mai successo eppure...eppure tutto era cambiato e lei si era scoperta debole e patetica.
    Non riusciva a vedere l'orizzonte oltre queste nubi cariche di tempesta.
    Perché aveva sempre fatto affidamento sugli altri. La roccia...e se anche questa si spezzava di lei cosa rimaneva?
    Null'altro che cadere con il grido a perdersi in oscuri meandri. Così doveva finire?
    Così si era condannata con le sue mani? E degli insegnamenti di Amaterasu o mi kami? A ripensarci ora...tutte stronzate. In fondo nemmeno Lei ci aveva creduto se aveva abbandonato tutti e tutto.
    Se era diventata un ombra che fuggiva lontano, dagli occhi di tutti, dalle mani di chiunque perché non aveva coraggio né dignità.
    Il problema era che quell'essere pusillanime l'aveva trasmessa anche a lei!
    Ed ora eccola lì...pateticamente grottesca a parlare con un eletto più confuso di lei. Più spaesato di lei.


    «Abbiamo combattuto, io e te, per 6 anni eppure non è servito. Abbiamo resistito in quella dimensione mentre il mondo crollava e...»

    Avevano resistito sei anni.
    Avevano combattuto a dispetto di ogni logica, di ogni preghiera, al di là della mera forza, del mero potere. Avevano combattuto lei e Roan e non erano stati sopraffatti. Perché?
    Un attimo. Fu un attimo. Sengen Sama odiava Amaterasu eppure...furono le parole della Più Grande Dea Sotto i Cieli che l'avevano riscaldata la notte. Proprio quelle parole, insegnamenti, esempi di un essere pusillanime ma che l'avevano salvata dall'orrore e dall'abisso.
    Che...le esperienze e gli insegnamenti furono quell'appiglio che cercava disperatamente nelle tenebre? E l'aveva sempre avuto tra le sue mani?



    Nutrisco Et Extinguo




    Vi fu come un boato. Come infiniti fendenti che squarciassero l'aria, facessero tremare la terra, le loro anime, il loro spirito. Fu un vento che accarezzò i loro capelli e fu fuoco che li riscaldò scacciando le tenebre della paura.
    Il fuoco creato da G.E.A per proteggere la Realtà dal Fuoco Freddo dell’Abisso Insondabile.
    Scacciando, come i raggi del Sole, le nebbie della paura e del dubbio. Arrivò da lei e sembrò quasi turbinare sul Monte Fuji come se quel boato fosse l’avvertimento di tempesta.
    Come uno tsunami di violenza e di vendetta.
    Come se quel boato chiamasse a raccolta tutta la Vita che si nascondeva nelle Caverne del Dubbio. Nell’oscurità della Paura.
    No.
    Non avrebbero più dovuto farlo.
    Vi era un Alba che sorgeva. Vi era un Alba che incendiava gli oceani. Che al di là dei Carpazi, accendeva quei picchi montani fatti d’orgoglio.


    «Amaterasu...»

    Il sussurro. Un boato che scuoteva Agartha.
    Guardò Roan. Non capiva. Amaterasu stava combattendo? Stava vincendo?


    «Non capisco...è lei...però è così lontana ma vicina allo stesso tempo.
    Roan...»


    Si era sbagliata? L'odio che aveva riversato sull'Araldo della Creazione che fosse... sbagliato? Che aveva dato le colpe ad un ombra? Che non era ad Amaterasu che dovesse chiedere aiuto?


    «Forse io e te dobbiamo iniziare a combattere. Perché se siamo sopravvissuti per quasi 6 anni tra tutto quell'orrore e morte siamo più forti di quanto pensiamo.
    Forse lo sono anche io...forse dovevo solo pensare che avevo protetto te e il Giappone fino allo stremo. Ma che anche tu lo hai fatto... siamo pronti?
    Forse non lo saremo mai...eppure oggi mi sento più forte.»


    Quel boato passò. Agartha ancora tremava.
    Era l'Inizio. Era il momento di non essere più dubbiosi e di credere nella propria forza. Nel proprio fuoco.
    La fiamma ardeva. Continuava a farlo...

     
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    Ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini

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    Roan, Eletto di G.E.A - Darian del Monte Fuji {IV} - energia gialla



    Immagini fulgide innanzi alla mente lasciavano il segno come tuoni nell'oscurità. Il volto di Sengen. Quel volto stupendo mai così umano si era rivelato innanzi a lui. Esattamente come quando, quel giorno di sei anni fa, Amaterasu comparve innanzi a loro per salvarli. La portava in spalla, lo ricordava bene. L'emozione sul suo viso non l'avrebbe mai dimenticata.

    Per un istante, uno soltanto, ebbe come l'impulso di abbracciarla. Per consolarla, ma si trattenne a stento perché non era consentito. Dimenticava quasi le tre sorelle, una scorta d'alto rango. Con voce rotta La donna parlò all'Eletto che non si sentiva poi tanto parte di tutto questo.

    Scosse la testa forse anche un po' sconfortato. Non sapeva bene cosa pensare in quel momento. Da un lato c'era una donna che piangeva le sue disgrazie, che agli occhi di Roan parevano si gravi ma non eccessivamente. Lei non sapeva quanto soffrivano gli umani e quanto avevano sofferto. Sengen apparteneva ad un mondo dorato, chiuso in se stesso con una pace che era stata semplicemente scossa sei anni prima. Un piccolo scossone, certo. Niente di grave, niente di straordinario per loro. Aiutavano la terra e gli umani in fondo, ma intorno a loro tutto fioriva.

    Chiuse gli occhi per un attimo e respirò forte. Qualche anno fa avrebbe pianto a quel pensiero. Tutti i volti della sua famiglia, dei suoi compagni di classe e delle sue sorelle che aveva abbandonato scappando via. Tutti loro avevano vissuto una disgrazia che ad Agartha non esisteva minimamente. Eppure fu proprio Roan a consolare Sengen.

    «E' vero, forse. Non è servito». Disse di getto. «Ma nemmeno siamo morti, e non ci siamo mai arresi. Nemmeno Amaterasu l'ha fatto, ne sono sicuro». Proprio in quell'istante come se le sue parole fossero state profetiche ecco che una scosse smosse tutto il regno di Agartha.


    «Questo cosmo... Questa energia...» Spalancò gli occhi incredulo. Un potere tale che poteva far tremare addirittura un luogo come Agartha. Il Monte Fuji lo riconobbe e si intimorì quasi perdendo la propria certezza. Strinse le labbra mentre l'ultima domanda di Sengen giungeva alle sue orecchie. Strinse il pugno destro.

    «Lo saremo nobile Sengen, ve lo prometto». La sua voce severa gli si insinuò quasi nel profondo del cuore. Sperare non era impossibile. Si rivolse ancora alla nipote di Amaterasu.
    «Se lo ordina sarò con lei in qualsiasi impresa, non importa quanto pericolosa possa essere». Disse infine.




    Status Fisico: Illeso
    Status Mentale: Illeso
    Status Darian: Intatta (Indossata)
    Note:
    Riassunto azioni:
    «Parlato» -Pensato-





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    COSMO DI LUCE

    La luce sacra della montagna più alta del Giappone illumina la via dell'Eletto del Monte Fuji. La luce scaturisce attivandosi dall'emanazione del suo cosmo che brilla e dissipa le tenebre (naturali). La Luce generata dall'eletto di Gea acceca ed ustiona (pur non essendo efficace come "Fuoco"). Consente inoltre di creare raggi di luce in grado di perforare i nemici o di generare riflessi su superfici flettenti o sfruttare il fenomeno della rifrazione luminosa per nascondersi alla vista altrui(ma non è efficace come illusioni).

    LAME DI COSMO (ARMA)

    La natura del Monte Fuji ha un significato molto forte per i giapponesi. Molti fabbri hanno consacrato le proprie creazioni al monte sacro, addirittura incidendo una raffigurazione su diverse spade. L'abilità dell'eletto di Gea consente di generare due lame di cosmo che risiedono, rispettivamente, nel braccio destro e nel braccio sinistro.

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