Choosing Life

??? e Andrea

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    Quei momenti, gli ultimi momenti della sua vita, furono un susseguirsi confuso di immagini, dolore, sensazioni, amalgamati in un unica massa priva di senno.
    Aveva combattuto con tutto quello che aveva, bruciando tutto quello che gli era rimasto, mettendo la sua vita ed il suo orgoglio in gioco non per sé stesso, o meglio non solo per sé stesso, ma per qualcun altro; per qualcuno che aveva conosciuto da neanche un giorno, per una Saint, per una donna che sarebbe dovuta essere la sua nemesi ideologica e che invece non riusciva a odiare, non riusciva a desiderare che morisse, non voleva allontanarla, non voleva ferirla. Voleva solamente aiutarla, nell'unico modo che conosceva. Sopravvivi o tendi al nulla, no?
    Si era rassegnato all'idea della morte da molto tempo ormai, la giusta punizione per l'uomo superbo che aveva volato troppo vicino al sole, eppure non voleva morire. No, non voleva, assolutamente non voleva morire, una reazione umana e codarda e naturale, ma paradossale. Eppure, nonostante la prospettiva del niente ad attenderlo, c'era qualcosa per lui più importante che la mera sopravvivenza, una cosa piccola e bella che aveva scoperto, anzi, che aveva trovato nel tempo passato con Andrea: il suo orgoglio. Morire da guerriero, una sola cosa giusta in una vita tempestata di fallimenti, dare ad Andrea la possibilità di maturare il suo cosmo e andare nello stadio che separava i comuni guerrieri sacri da i veri campioni, darle la scossa che le serviva, l'ultimo atto nell'esistenza di qualcosa che era nato per morire.
    E gli andava bene.

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    Poi sentì dolore, luce che fendette le tenebre e lo trafisse come una lancia, lo stupore per avere ancora delle percezioni sensoriali totalmente portato via dalla mera mole di informazioni che stava processando.
    Fu un dolore atroce, abnorme, superiore a qualsiasi cosa che avesse mai provato; lui aveva affrontato gli Antichi Alchimisti, aveva resettato il proprio cosmo con la Magnum Opus, aveva combattuto prima contro Malal e poi contro un Dio del Chaos, aveva rischiato di morire più volte di quante ne riuscisse a contare, ma NIENTE poteva paragonarsi a quanto aveva sofferto in quegli istanti. Si sentì bruciare, la sua pelle disintegrarsi, il suo corpo disgregato, la sua anima dilaniata, tutto quello che Yoshiro Kurasame era fu preso e stravolto in un turbine irriconoscibile di assoluta e incomprensibile sofferenza.
    Ci fu una scelta in quel momento, una singola scelta postagli in quell'istante eterno. Morire, scivolare lentamente nell'oblio, rifiutare la luce, conoscere forse la pace infinita. O vivere. O abbracciare il dolore, la luce, la sofferenza, e andare avanti nel continuo susseguirsi di gesti inconsulti che era l'esistenza. Non seppe come, non seppe quando, non seppe perché, ma in quel momento Yoshiro prese la strada che scendeva verso un sentiero di lacrime, una via lunga, ardua e dolorosa, tempestata di odio, di incomprensione, di pura e semplice sofferenza.
    Yoshiro Kurasame, ex Silver Black di Crateris e Bestia Nera della Vergine, scelse la vita. Perché? Non lo sapeva, ma gli andava bene così. Ebbe la sensazione che, se avesse scelto l'altra opzione, avrebbe fatto qualcosa di molto peggiore: avrebbe abbandonato quell'unica persona che gli era rimasta al fianco quando tutti gli altri lo avevano lasciato al suo destino, quella Saint gentile che gli aveva stretto la mano ed era stata con lui fino alla fine, fino all'ultimo e tragico istante. Quell'Andrea che aveva visto solamente con le sue mani, immaginando il suo volto nella mente, e che aveva ritenuto bellissima; e molto, molto triste.

    E poi, in quello che per lui fu un solo istante, si svegliò.
    Trovò una stanza chiusa e asettica ad accoglierlo, una stanza d'ospedale, aria fresca e pulita, il ticchettio di macchine medicinali antiquate che erano attaccate al suo corpo, il volto sorridente di un'infermiera che ogni tanto veniva per svolgere medicazioni e poi andarsene di tutta fretta, portata via da guardie cortesi ma fredde. Era vivo.
    Yoshiro era vivo, era davvero uscito vivo da tutta quella situazione, era sopravvissuto anche a quest'ultima ordalia. Persone più abili, più intelligenti, più preparate di lui erano morte per molto meno, eppure lui era ancora lì, probabilmente nel pieno del territorio dei Saint, a sorridere come un'idiota davanti allo specchio, a rimirare i suoi occhi ora verde smeraldo, a vedere il suo corpo e rendersi conto di essere vivo. Aveva una sola persona da ringraziare per quello, lo sapeva, lo intuiva, eppure erano altre cose che gli sfuggivano: il perché e soprattutto il come, non perché fosse infastidito o arrabbiato in qualche modo, ma voleva sapere, voleva semplicemente conoscere le ragioni dietro la sua continuata esistenza. Se Andrea lo aveva curato, e a quanto pareva l'aveva fatto, perché prima non ci era riuscita e adesso sì? Pensò molto, nel tempo passato lì da solo, alle varie motivazioni dietro tutto quello che era traspirato.
    Perché, qualunque cosa fosse successa, niente sarebbe stato come prima, lo intuiva facilmente. Il suo cosmo era stato letteralmente azzerato, i suoi poteri persi, le sue conoscenze sugli antichi rituali e procedure erano rimaste ma manifestarle era diventato impossibile, la sua impronta cosmica resa totalmente neutra e irriconoscibile. Un foglio bianco. Beh, per quello che su DQI ne sapevano poteva anche essere morto e, in tutta onestà, non gli dispiaceva neanche che lo credessero, per ora.
    Era un traditore? Probabile, ma di quell'isola e di tutti i suoi abitanti, adesso, gli importava meno di niente.

    Attese con calma, sapeva bene che sarebbe arrivato il momento in cui Andrea lo avrebbe cercato, ma l'avrebbe fatto quando lei sarebbe stata pronta. Non chiese di lei, sapeva che non ce ne sarebbe stato bisogno, ma l'aspettò.
    Steso sul letto, il largo camice bianco che lasciava scoperto il collo e parte delle spalle, capelli lunghi e neri sciolti lungo la schiena, lasciati liberi, sugli occhi un paio di occhiali da vista atti a non sforzare troppo i suoi occhi, ormai disabituati a tutti gli stimoli che stavano ricevendo da quando avevano ritrovato la luce, intento a leggere un libro di storia che si era fatto portare dalla gentile infermiera che ogni tanto gli faceva visita per poco tempo.
    Di tanto in tanto gli pareva di cogliere una figura composta di plasma crepitante, dalla forma quasi felina, intenta a guardarlo con strana intensità per qualche istante prima di svanire nell'aria come un fantasma a quattro zampe.

    Uhm? Okay? Qualunque cosa tu sia?

    Una sedia era tenuta vicina al suo letto, l'aveva messa lui in attesa che la persona che aspettava arrivasse.
    Quanto ci sarebbe voluto? Non lo sapeva.
    Non gli importava.
    Avrebbe aspettato.
     
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    Andrea tamburellò con le dita sulla copertina rigida.
    « Potresti lasciarlo andare. Lo potrei crescere io. » Gramàn la fissava dalla poltrona, acciambellato, gli occhi lucenti posati su di lei. Continuava così da giorni, e lei non ricordava di averlo mai visto così socievole.
    « Ah, che idea meravigliosa, Gramàn. Lasciamo che un reietto e un gatto di Keraunos vadano in giro da soli. » Rispose lei, senza sollevare il naso dal libro, sulle cui parole non riusciva a concentrarsi. Il gatto ruotò un paio di volte sul posto, tastando il cuscino con le zampe, poi si risedette nella stessa posizione.
    « Ti ho allevato, e ora sei brava. Posso farlo anche con lui. » Riprese, facendole perdere di nuovo il segno. Chiuse il libro e lo appoggiò di fianco a sé, poi ricambiò lo sguardo del gatto.
    « Se vado là lo ammazzo. » Disse, lapidaria, ma il Gramàn non si scompose. I suoi baffi elettrici tremarono appena, sollevando scintille, come se avesse accennato un sorriso. Parlare con lui, come sempre, era frustrante.
    « Allora non andare. Lui mi piace, è randagio come me. E poi ora è nostro fratello. Ci hai pensato tu. Perché l'hai fatto, se non vuoi tenerlo? » Da quelle parole Andrea capì che lui era andato a trovarlo altre volte, anche se lei glielo aveva impedito. Ah, non posso insegnare nulla a un gatto adulto, disse tra sé.
    Solo dopo si accorse che, in fondo, poteva estendere quel ragionamento anche a Yoshiro.

    Si risistemò sul divano, e riaprì il libro dove si era interrotta.
    « Non ci vado, e neanche tu. E non chiamarlo fratello. Rende la situazione ancora peggiore. » Pensò di aver messo la parola fine su quel discorso, ma dopo poche pagine sentì un peso e un calore sullo stomaco. Sollevò di poco il libro e vide che Gramàn la fissava dal basso, i grandi occhi insistenti sul suo viso.
    « Gli hai dato la saetta. Lo hai fatto perché credevi fosse degno. » La sua voce era melodiosa come quella di una sfinge, un tono a metà tra il divertito e il curioso, impossibile da leggere. Andrea sbuffò e mosse le gambe, per costringere il gatto a spostarsi. La sua figura oscillò, ma non si alzò.
    « Senti Gramàn, gli ho salvato la vita, non potevo fare altro. Lui non sa cosa ho fatto, e per quanto mi riguarda la cosa rimarrà così per sempre. Non deve diventare per forza, per forza... » Esitò, poi grugnì e scoccò la lingua, decisa a non continuare. Sollevò di nuovo il libro, ma questa volta era poco convinta. La zampa del gatto si alzò e scostò con dolcezza la copertina, per poter continuare a guardare la ragazza.
    « Succederà. E la domanda non è quando. La domanda è come. Con te abbiamo dovuto fare di fretta. Ma con lui... » Sotto i suoi baffi, questa volta, fu certa di aver visto un sorriso. Andrea non trovò altro da rispondere, e Gramàn iniziò a fare le fusa, come se quella conversazione non fosse mai avvenuta e lui fosse solo un gatto dal pelo molto lucente.

    La mattina dopo uscì dalla Quinta Casa poco dopo colazione.
    Non sapeva come aveva fatto a farsi convincere, ma come al solito Gramàn era riuscito a fare leva su cose che anche lei conosceva per vere, ma che non era pronta ad accettare. Aveva rimandato quel momento a lungo, fingendo di dover riposare anche lei dopo la sua missione, di dover consultare tutti i possibili interessati.
    Conosceva i trascorsi di Bartolomeo con i Black. Ciò che gli era successo era stato terribile, e se era riuscita a convincerlo era grazie alla sua attitudine nel vedere il bene nelle persone. E poi proprio lui aveva stretto una tregua con i Black, da solo, quando più di tutti poteva desiderare di annientarli. Avrebbe accettato di dare l'asilo a un rinnegato, purché Andrea garantisse per lui. Si fidava del suo giudizio, e lei sperò con tutta sé stessa di non sbagliarsi.
    Con Aleksander... lui era stato più duro. Per usare un eufemismo. Aveva ragione, naturalmente. E conosceva meglio di chiunque altro cosa voleva dire trasferire la scintilla di Keraunos. C'erano cose peggiori della morte: essere un sorvegliato speciale dell'ultimo dei Seraf poteva essere una di quelle cose.

    Arrivò alle prigioni, ipersorvegliate e accessibili solo da chi conosceva i passaggi segreti, senza nemmeno accorgersene.
    Intercettò le guardie che sostavano davanti alla camera di Yoshiro, una delle poche attrezzate per gestire quei prigionieri con gravi patologie e bisogno costante di aiuto medico. Era, comunque, una cella da cui era impossibile fuggire. Ma, almeno, aveva un vero letto e servizi igienici. Chiese loro come si fosse comportato, e loro risposero che non aveva mai bussato alla porta, o urlato, o chiesto notizie di nessuno. Lei annuì.
    Chiese a uno di loro due se la colazione fosse già arrivata, e loro risposero balbettando che non c'era nessuna colazione. Era uno di quei momenti in cui si ricordò di essere una Gold Saint, un loro superiore diretto, e quanto lei, pur essendo esile, dovesse metterli in soggezione.
    « Vi prego, portatemi qualcosa di commestibile dalle cucine. Poi potete andare, non c'è bisogno che restiate alla porta. Posso... gestirlo da sola. » Loro eseguirono, e nel giro di dieci minuti furono di ritorno con pane tostato, un barattolo di marmellata aperto, uova strapazzate e due salsicce. Lei li ringraziò, e vide sui loro volti il desiderio di rimanere a origliare, ma anche l'impossibilità di disobbedire a un'ordine.
    Lei, intanto, aveva indossato la sua Armatura d'Oro. La deferenza delle due guardie le avevano fatto comprendere che quella distanza non sarebbe stata negativa, con Yoshiro.

    E così indugiò sulla porta, una corazza da guerra addosso, un vassoio per la colazione in mano.
    Si sentì stupida. Bussò un paio di volte, e subito se ne pentì. Non avrebbe voluto farlo. Senza aspettare risposta abbassò la maniglia apribile solo dall'esterno, ed entrò nella stanza. Bastò uno sguardo a ricordarle perché non sarebbe voluta venire.
    Qualcosa, dentro di sé, si agitò. Le ferite fantasma di uno scontro che l'aveva quasi uccisa, e poi, qualcos'altro. Una saetta antica come l'universo che risuonava davanti alla sua uguale. Bastò quel singolo, lunghissimo, istante, per spingerla d'istinto a espandere il cosmo, riempiendo l'aria di elettricità statica, come preparandosi a una difesa.
    Dovette sforzarsi molto per fermarsi e impedire a sé stessa di dare fuoco, senza volerlo, ai polmoni di Yoshiro. Respirò profondamente, socchiuse gli occhi per un momento, poi poggiò il vassoio sul comodino di fianco al letto del ragazzo e se ne dimenticò.
    Si voltò e decise di guardare il ragazzo negli occhi. Avrebbe potuto vedere, sul volto di Andrea, tutta la sua stanchezza e la sua delusione.

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    I riflessi lanciati dalla sua armatura non sarebbero bastati per illuminare il suo viso.
    Era più pallida del solito, i lineamenti affilati che si rifiutavano di dar vita a quel sorriso che tante volte sfoggiava. Aveva mangiato poco, in quei giorni, e non le importava di mascherarlo o fingere. Per una volta Andrea non voleva apparire bella per ottenere ciò che desiderava.
    Non voleva apparire. E per quanto riguardava ciò che desiderava, lei se lo sarebbe preso – con le buone o con le cattive, quella volta.
    Non si sedette sulla sedia di fianco al letto di Yoshiro. Tornò alla porta e ci si appoggiò con un clangore di metallo contro altro metallo. Incrociò le braccia e non smise di specchiare i suoi occhi verdi, indagatori, su quelli del ragazzo.
    « Sono stanca. » Ruppe il silenzio senza preamboli, senza dialettica, senza infiocchettare la verità in un bel vestito. Semplicemente, non le importava. La sua presenza, la sua corazza, la sua posa marziale, tutto diceva che non avrebbe tollerato interruzioni.

    Non aveva avuto bisogno di ripetere un discorso, perché tutto ciò che desiderava dirgli lo sapeva dal momento in cui aveva scoperto la verità. Quella che credeva fosse la verità, almeno. Una delle tante, forse.
    « Sai, speravo davvero che per una volta, per una singola, dannata volta nella mia volta qualcuno non mi tradisse, non mi usasse, non si prendesse gioco di me. Immagina una persona così stupida da pensare di poter riporre la sua fiducia su uno sconosciuto. » La sua voce profonda, cupa, come proveniente da un posto oscuro. Aveva studiato come modularla in molti modi, ma quel giorno non l'avrebbe fatto.
    « Una persona così illusa che, una volta che è stata pugnalata alle spalle, si volta per offrire anche il suo cuore. Perché pensava di dover scommettere sul meglio che c'è in tutti noi, sulle persone, qualunque cosa il mondo dicesse su chi erano, chi dovevano essere. » Uno spasmo le attraversò la mano senza che riuscisse a controllarlo, e la richiuse in una morsa. Sospirò profondamente.
    « Quella donna avrebbe fatto di tutto per salvare un ragazzo malato, persino se Black, perché lei credeva che meritasse l'occasione, per quanto piccola potesse essere, di vivere una vita dignitosa. » Si fermò e restò in silenziò, poi scosse piano la testa, come se considerasse ciò che stava dicendo un'assurdità.
    « Sono stanca, Yoshiro. Non sei né il primo né l'ultimo che abusa di questa fiducia. Dovrei essere delusa, ma non lo sono. » Lo disse con un tono freddo, glaciale, come se fosse un apparecchio privo di sentimenti, un registratore, una macchina a cui non importa più nulla. Come se la sua bocca stesse eseguendo una serie di codici binari e non avesse altra scelta.

    Andò alla finestra, chiusa da pesanti sbarre d'acciaio.
    In un singolo, secco gesto scardinò le inferriate, senza difficoltà, e le fece cadere a terra. Forzò l'apertura, e finalmente aria fresca e non filtrata da condotti di aereazione entrò nella stanza.
    « Vuoi sapere perché non sono scesa qua sotto per più di una settimana? » Parlò senza voltarsi. La sua voce salì di intensità, per essere sicura che Yoshiro la sentisse lo stesso.
    « Sai, ufficialmente ho dovuto gestire molte cose. Per esempio assicurarmi che gli altri Cavalieri d'Oro, il mio Gran Sacerdote e il Lawos non scendessero qua a ridurti a una poltiglia sanguinolenta. Mi sono esposta per tenerti in vita. » Non avrebbe mentito, non avrebbe finto. Guardò la grata a terra, spezzata e contorta come le zampe di un ragno morto. La superò con un passo e si lasciò cadere, pesante, sulla sedia.
    « La cosa che ha fatto più male è stato dover dire cose a cui non credevo. A cui non potevo più credere. E sai perché ti ho tenuto in vita? Perché non sono venuta a parlarti prima? » Chiese, ma non aspettò una risposta.
    « Perché se l'avessi fatto non avrei avuto abbastanza contegno per non dare fuoco ai tuoi nervi, facendoti esplodere il cervello per le troppe informazioni. Perché anche adesso vorrei finire il lavoro, quello scontro che tanto hai desiderato, in cui mi hai quasi uccisa. In cui mi hai costretta a uccidere te. » Sputò quelle parole con disgusto, perché, aldilà di tutto, era quella la sua ferita. Un taglio sulla sua anima, diventare un'assassina di innocenti. Qualcosa che non poteva guarire. Il suo viso si contrasse in una morsa: tristezza, delusione, stanchezza e dolore mescolate. Ma fu un secondo.

    Il suo volto tornò glaciale.
    « Forse pensi che ci sia un qualche motivo romantico ed eroico per cui sei ancora vivo. Ma non è così. Sei vivo perché devo ancora decidere se ucciderti. La tua fortuna è finita. E, sai, è davvero una tentazione, per me. Per cui tu, adesso, Yoshiro, se almeno è questo il tuo vero nome, mi dirai tutto. » Sibilò quelle parole come fossero veleno, sperando di riuscire a infliggere dolore a quel ragazzo. Andrea era sempre stata una donna vendicativa. Riconquistare la sua fiducia, dopo averla tradita, era difficile. Forse impossibile.
    « Dammi una ragione, una singola, dannata ragione, per cui io non dovrei farti condannare per aver attaccato una Gold Saint all'interno del nostro territorio. Per cui non dovrei rimandare la testa di un traditore fuggitivo ai Black su un piatto d'argento, come segno di buoni rapporti tra noi. » Per cui non dovrei estirpare il Keraunos che scorre nelle tue vene, ammettendo di essermi sbagliata su tutto, sugli uomini, sulla speranza, sulla bontà. Sulle seconde possibilità. Sulla redenzione. Dammi un motivo, Yoshiro. Ti prego. Tutte quelle cose che abbiamo visto insieme, il nostro viaggio, è stato davvero inutile? O peggio. È stato un errore?
    « Basta giochetti, basta bugie. Non voglio farlo, Yoshiro. » Strinse i pugni.
    « Ma lo farò, se devo. » Non costringermi.
    Per favore.

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    Energia ~ Viola.
    Cloth ~ Gold Leo - VII - indossata.
    Condizioni ~ Ottime.
    Abilità ~ Keraunos

    Il Keraunos, nel tempo, ha assunto molti nomi. Che venga chiamato Fulmine Sacro o Saetta Deicida questo elemento è potenzialmente devastante, pericoloso sia per gli umani che per le stesse divinità. Perché non cadesse nelle mani sbagliate Atena, dopo averne sottratto un frammento a Zeus, lo donò ai suoi cavalieri del Leone, perché lo custodissero e lo utilizzassero per illuminare la via degli uomini.
    Andrea è stata l'ultima a ottenere questo dono, che come tutti i cavalieri di Leo le consente di controllare il fulmine in ogni suo aspetto. Maestra dell'elemento elettrico, è in grado di manipolarlo per dare vita a scosse, fulmini, tempeste elettrostatiche, capaci di paralizzare le parti colpite, causare danni al sistema nervoso o provocare bruciature, fino a stordire i suoi nemici. {Elettricità}
    Il Keraunos le permette un controllo tale del fulmine da poterlo manipolare persino nelle sue più piccole manifestazioni, i fotoni, le particelle minime del campo elettromagnetico. Questo le dona la capacità di controllare anche la luce in tutte le sue forme, potendo dare vita a fenomeni ottici così luminosi da danneggiare la retina dei suoi avversari, ma anche di poterla condensare per dare vita a raggi concentrati e taglienti, fino anche a emulare la vita creando delle lame rudimentali o degli scudi di luce. Inoltre, sfruttando la rifrazione, sarà possibile per Andrea nascondersi in piena vista, ottenendo un effetto simile, ma non altrettanto perfetto, all'invisibilità. {Luce}
    Il Fulmine Sacro, in virtù della sua origine divina, le permette di difendersi contro ciò che normalmente colpirebbe la maggior parte dei cavalieri. I suoi effetti non si fermano alla sola materia. Il Keraunos, infatti, le permette di danneggiare e di proteggersi da costrutti spirituali e dagli attacchi capaci di colpire l'anima. {Capacità di contrastare gli attacchi portati con Spirito}
    Tra le doti che le garantisce la Saetta vi è quella di poter, con la sua luce, guarire le ferite degli uomini. Andrea può lenire sia le ferite altrui che le proprie, permettendole, una volta a duello, di guarire un unico tipo di danno, purché non sia così profondo da essere fatale. In questo modo è possibile, per Andrea, protrarre il combattimento fin dove non sarebbe possibile altrimenti. {Guarigione}
    Tutti gli attacchi portati dal cavaliere del Leone, in virtù della potenza del Keraunos, risulteranno più potenti del normale, potendo lei richiamare più cosmo con minore dispendio di forze. Questo le consente un vantaggio tattico nei confronti di numerosi nemici, dovendo questi, a parità di forze, sforzarsi di più per generare attacchi pari ai suoi. {Cosmo Straordinario}


    Illuminazione Cosmica

    Se il cavaliere della Vergine è quello più vicino agli dei, quello del Leone è da sempre il più vicino alla natura. Andrea possiede una sorta di empatia portata all'estremo, che le consente di percepire il cosmo in ogni cosa, sia questo negli uomini, negli animali o negli oggetti inanimati. É in grado di intuire anche la più flebile traccia cosmica, ottenendo più informazioni di quanto non sarebbe normalmente possibile. {Percezione Straordinaria}
    Inoltre, facendo risuonare il suo cosmo con la natura, Andrea è in grado di aizzare o di quietare l'ambiente circostante, per esempio potendo addomesticare anche la belva più feroce, per renderla innocua e una fedele compagna. {Empatia con la Natura}
    Andrea è così abile nel percepire le anche minime alterazioni nel cosmo che sarà più difficile, per lei, cadere vittima di illusioni ambientali o di simili alterazioni sensoriali. Ciò le permette di uscirne più facilmente, di percepire di essere caduta in un inganno e di restare lucida mantenendo la percezione del mondo circostante. {Capacità di contrastare le Illusioni Ambientali}
    I suoi sensi sono così sviluppati da essere dotata di un istinto che le consente di rendere le sue difese o i suoi attacchi particolarmente precisi ed efficaci. È difficile prenderla di sorpresa, e per lei è sempre possibile variare le sue tecniche per renderle più adatte al cosmo dell'avversario e agli attacchi che si trova a fronteggiare. {Difese e attacchi più precisi}
    Tuttavia non solo può migliorare le proprie offensive e le proprie difese, ma persino emulare quelle dei suoi avversari. Purché non siano poteri a lei totalmente estranei, come quelli spirituali o illusori, Andrea sarà in grado di imitare le tecniche altrui, creandone di simili a partire dai poteri di cui lei dispone. Le sarà possibile, in questo modo, dare vita ai colpi più disparati, imitandone le caratteristiche e funzionamento, ma sempre utilizzando come base il proprio cosmo, la luce o l'elettricità. {Capacità di emulare le tecniche altrui}
    L'ultimo potere che le garantisce la sua empatia cosmica è quella di, facendo risuonare il proprio cosmo con quello avversario, tentare di prendere il controllo dei suoi costrutti per un turno. Potrà, in questo modo, appropriarsi di essi, muoverli, fino a persino fargli attaccare il loro stesso creatore. La sua capacità di entrare in contatto con tutte le emanazioni cosmiche le consente, in questo modo, di influenzare tutti quei costrutti non estemporanei, comprese anche le armi cosmiche. {Capacità di controllare i costrutti altrui}
    Come tutti i cavalieri, raggiunto un certo livello, Andrea ha sbloccato la capacità di comunicare telepaticamente, senza bisogno di parole, potendo trasmettere i propri pensieri direttamente alla mente dell'interlocutore. {Telepatia}
    Inoltre, come tutti i cavalieri di Atena, la sua fede nei confronti della sua dea è così grande che, invocandola, sarà possibile per Andrea continuare a combattere per un intero turno quando ormai allo stremo. La sua devozione, infatti, le garantirà la possibilità di potersi ancora muovere e di poter superare quelle condizioni che normalmente glielo impedirebbero, come illusioni, ferite debilitanti, stanchezza estrema o altro. {Favore di Atena}


    Tecniche ~ /
    Riassunto ~ Fug.
     
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    Non aveva creduto, nemmeno per un secondo, che sarebbe stato facile rivedere Andrea. No, sapeva bene quello che aveva fatto, della situazione in cui era, della precarietà di quella che era la sua nuova vita; poteva durare poco, come un fiammifero, poteva splendere per un istante e poi spegnersi senza lasciare alcuna traccia della sua esistenza. Lo sapeva, lo accettava, lo comprendeva.
    Ed era consapevole di quello che poteva provare la Gold Saint.
    La guardò senza dire una parola, ascoltò tutto quello che aveva da dirgli, respirò a pieni polmoni quell’aria elettrica e pungente, che prometteva di bruciare tutto ciò che esisteva in quella stanza, lui incluso. Accolse il dolore che gli provocava ciò che stava implicando, su un cuore buono usato e abusato, su una compassione che era stata calpestata più e più volte. Su mani aperte che nessuno aveva mai preso e consolato, su un animo gentile che aveva visto troppo dolore, troppo orrore, e che questo le era entrato fin dentro le ossa.
    Egli stesso lo aveva fatto, l’aveva effettivamente usata per i propri scopi, per morire, ma c’era un errore in quello che Andrea, forse inconsciamente, pensava. Credeva che Yoshiro fosse innocente, che fosse buono, che fosse puro. Sbagliava.
    Era un criminale, un assassino, un mostro. In nome della Causa aveva fatto cose orripilanti, aveva girato lo sguardo dall’altra parte per tante alte, aveva fatto finta di non vedere, di non avere una moralità, che non gli importassero tutti quei sacrifici, che il fine giustifica i mezzi. Se l’era ripetuto talmente tante volte che, alla fine, aveva smesso di crederci; ed era andato avanti comunque, per abitudine e inerzia, fino a che non era stato troppo tardi. No, Yoshiro non era innocente.
    Era un criminale, e come tale andava punito. Era giusto che fosse così, quello scontro, quella morte, doveva essere il suo modo per espiare colpe enormi, sangue che non poteva essere mai lavato via. Eppure aveva scelto di vivere, eppure aveva scelto di non morire alla fine, ma non per codardia. Lo aveva fatto per vedere di nuovo quegli occhi, per fare una cosa giusta nella sua vita, per dirle una sola cosa, delle parole che pesavano come macigni nella coscienza di un ragazzo troppo giovane che aveva avuto un potere abnorme tra le dita. E che da quel potere era quasi stato consumato.

    Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Ti chiedo scusa.

    Disse questo guardando in basso, contrito, le mani strette l’una nell’altra, dolore in ogni lettera, in ogni faticosa articolazione.
    Gli dispiaceva davvero di aver combattuto Andrea, di averla ingannata e usata, di averla costretta ad essere il suo ultimo avversario. Gli dispiaceva sentire amarezza nella sua voce, sfiducia nel suo animo, disprezzo e delusione chiari. Avrebbe meritato di morire, avrebbe dovuto offrire il collo e chiedere ad Andrea di ucciderlo, avrebbe dovuto pagare in quel modo per i suoi peccati, ma non lo fece.
    Provò a vivere, Yoshiro, perché solo vivendo poteva fare la cosa più difficile di tutte, ancora più difficile che morire, ancora più difficile che chiudere gli occhi e lasciare che finisse ogni cosa. Scusarsi. Voleva farsi perdonare, voleva che Andrea lo perdonasse, ma perché? Perché, forse, se il suo tradimento l’aveva ferita così tanto voleva dire che aveva lasciato qualcosa in lei, voleva dire che Yoshiro, per qualche motivo, per qualche strano e occulta motivazione, le era piaciuto. Forse aveva visto un bene che non c’era, forse si era attaccata a qualcosa che non esisteva, ma per un momento, solo per un momento, fece finta che ci fosse. Finse di essere buono, finse di meritare perdono.

    Non ho mentito su niente, tutto quello che ti ho detto lì era la verità. Non avevo motivo di fare altrimenti, non avrei guadagnato niente dall’ingannarti, in verità non avevo proprio niente.

    Sospirò, con profonda stanchezza, guardando Andrea oltre la montatura degli occhiali, specchiandosi nei suoi occhi verde smeraldo. Quanto era bella, quanto era maledettamente bella. E quanto volle vederla sorridere, vederla serena, vederla stare bene.
    C’era qualcosa tra di loro, qualcosa che Yoshiro semplicemente sentiva, un magnetismo che non poteva essere spiegato a parole. La sentiva simile ma diversa, uguale a sé ma contraria, un’attrazione che può spiegarsi solo trovandoti davanti ad una persona che ha fatto esperienze simili ma che è giunta ad una conclusione completamente diversa.

    Sai perché ho fatto quello che ho fatto, perché ti ho attaccata, perché ti ho ingannata. Volevo morire dignitosamente, volevo che, nella mia morte, ci fosse qualcosa di utile almeno per te, volevo che, attraverso un ultimo conflitto, il tuo cosmo maturasse e raggiungesse ciò che è lo stadio ultimo della padronanza. Volevo espiare le mie colpe. La mia sopravvivenza non era contemplata.

    Prese una breve pausa, quel’ultima rivelazione fu pesante come un macigno sulla sua coscienza. Perse qualche istante a guardare il vuoto con aria assente, il pensiero dei suoi “esperimenti” vivo nella memoria, prima di continuare.

    Ho agito nel solo modo che conoscevo, nel solo modo che pensavo fosse giusto; ho sbagliato, ti ho ferita, ti ho fatto del male. Questa consapevolezza mi uccide.

    Strinse le dita con talmente tanta forza da farsi sbiancare le nocche, rabbia gli danzò nello sguardo, rabbia verso sé stesso, per aver fatto una cosa assolutamente deplorevole. Aveva ferito l’unica persona che gli aveva mostrato compassione, che gli aveva teso la mano, che lo aveva trattato come un amico. Lo aveva fatto per un motivo che tutt’ora trovava giusto, ma la consapevolezza di quanto fosse sbagliata la cosa conficcata con forza nel suo cuore.

    Non avevo nulla, nulla per davvero, prima di incontrare te. In quel poco tempo che abbiamo passato insieme mi hai dato qualcosa, anzi, mi hai fatto ritrovare una cosa che credevo di aver perso: il mio orgoglio. Ciò che ho fatto, l’averti attaccata, era una cosa che non avrei mai neppure considerato. Era inutile, sarei morto in ogni caso, quindi che importanza avrebbe avuto tutto il resto?

    E la guardò di nuovo negli occhi, un barlume di ciò che aveva provato chiaro come una scintilla nell’oscurità. Speranza assoluta, consapevolezza di poter fare qualcosa di giusto, orgoglio. Orgoglio.

    Il quel poco tempo che avevo, in quegli ultimi e brevi istanti della mia vita, volevo esserti utile. E volevo soddisfare l’orgoglio di qualcuno che crede che bruciare per un solo istante sia meglio che spegnersi lentamente.

    E stavolta vi fu serenità nel suo sguardo, le sorrise dolcemente. Si appoggiò sul lettino, guardando Andrea dalla sua posizione semiseduta, senza smettere di sorridere.

    Puoi non credere a niente quello che ti ho appena detto, è comprensibile. E va davvero bene così, non devi perdonarmi, non importa cosa mi farai adesso perché non è mio diritto chiederti niente.

    Sospirò, profondamente, con la conoscenza di chi stava pronunciando un voto che non sarebbe mai potuto essere infranto. La sua parola, la parola di un assassino e un traditore, valeva nulla. Eppure volle continuare, volle fingere di avere un briciolo di credibilità, volle fare finta di poter essere altro rispetto al mostro che era diventato.

    Non so riguardo ad altri che ti hanno ingannata, ma io sono qui a prendermi responsabilità per le mie azioni. E lo sarei anche se la situazione non fosse quella che è.

    Anche se non mi avessi portato qui, intese, anche se le situazioni fossero invertite, non cambierebbe nulla. Era sincero, lo era assolutamente. L’essere in territorio Saint non avrebbe avuto influenza su ciò che avrebbe fatto o detto in quel momento.

    Uccidermi sarebbe la cosa giusta, la scelta sicura. Non ho credibilità, dopotutto, e la mia parola vale meno di zero. Ma… se nel tuo cuore c’è spazio per ancora un po’ di fiducia, se puoi concedere a questo traditore un briciolo del tuo perdono, allora...

    Prese una breve pausa. Stava chiedendo la luna, una cosa incomprensibilmente preziosa, senza offrire niente in cambio. Non aveva niente, se non una sola cosa, una singola cosa dal valore dubbio, ma che non esitò a tenderla verso Andrea, insieme alla sua destra.
    La sua mano si protese in avanti, pelle lattea che brillò alla luce soffice della stanza, un sorriso tranquillo, uno sguardo sereno, occhi semichiusi che lasciavano intravedere due gemme di smeraldo. Non chiedeva una stretta che suggellasse un accordo, chiese il contatto che un essere umano implora ad un altro, chiese vicinanza, chiese perdono, e in cambiò offrì tutto ciò che aveva. L’unica cosa che possedeva, ciò che Andrea stessa gli aveva donato. L'avrebbe restituita.

    Allora la mia vita è tua.
     
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    Andrea ascoltò, gli occhi chiusi e la bocca cucita.
    Dovette appellarsi agli esercizi di respirazione, che le erano stati insegnati tanti anni prima, per rimanere sempre lucida. Un meccanismo di sopravvivenza da usare davanti a un fedele violento, o quando la propria vista era stata ottenebrata da droghe e alcool. Una sorta di meditazione laica.
    Le parole di Yoshiro rimbombavano nella sua testa mentre luci danzavano contro le sue palpebre. Fosfeni dovuti alla mai sopita attività del Keraunos.
    Si chiese se il ragazzo avesse già notato quei piccoli segnali, se fosse già riuscito a collegarli a ciò che era accaduto.
    Il suo respiro tremò appena. La differenza tra le loro vite, mentre ascoltava Yoshiro, non poteva essere più palese. Capì, forse per la prima volta, cosa doveva voler dire essere un Black, quella ricerca sfrenata del potere per il potere. Forse altri avrebbero accettato ciò che era accaduto, ma non Andrea. Non le importava quale armatura stesse indossando, un uomo era pur sempre un uomo.
    Lei aveva sentito il cuore pulsante di Yoshiro, aveva percepito quel battito affievolirsi e poi ricominciare. Non si sarebbe rassegnata a considerarlo un nemico, qualcosa di troppo differente da lei per poterlo salvare.
    Fece un ultimo, profondo respiro, e riaprì gli occhi.

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    Vide la mano di Yoshiro tesa verso di lei.
    Le venne quasi da sorridere per il simbolismo di quel gesto; come se lei avesse potuto accettare una vita così come si salutava un vecchio amico. Allungò anche lei la mano, e quando le loro dita si sfiorarono scostò quelle di Yoshiro. Le rifiutò, e scosse piano la testa. C'erano tante cose che lei non sapeva, di Yoshiro, ma altrettante erano quelle che lui non conosceva di Andrea.
    « La tua vita, eh? » Chiese, fissando i suoi occhi verdi su quelli del ragazzo.
    « Io non la voglio. Non saprei davvero cosa farmene. » Rispose con voce atona. Avrebbe voluto che trasparisse una punta di tristezza, ma era come svuotata. Il dolore fantasma della sua battaglia contro Yoshiro la travolse in un solo istante, lasciandola immobile e muta, il volto contratto in una smorfia.

    Yoshiro non poteva sapere, pensò. Non poteva sapere quanto aveva sofferto nella sua vita, quanto pesava il fardello d'amore che si portava appresso, senza nessuno a cui darlo. Perché, ogni volta che ci provava, succedeva sempre la stessa cosa. Veniva tradita, ancora e ancora.
    È la mia maledizione, pensò Andrea. L'ultima prostituta sacra sulla faccia della Terra, quella che nessuno aveva mai liberato. Per questo, lo sapeva, non poteva essere amata. Nessuno le avrebbe mai detto la verità fin dall'inizio. L'avrebbero cercata per la sua bellezza, per la sua bontà... ma alla fine, tutti, si sarebbero approfittati di lei. Era la sua natura. E la natura si combatte... ma mai si vince.
    « Yoshiro, io ho già preso la tua vita. Sono stata io a ucciderti, e questo non potevo davvero perdonarmelo. » Confessò lei, sentendo di nuovo la sensazione di quel giorno, le sue mani strette al corpo senza vita del ragazzo. Se ne era andato troppo presto, senza dirle perché, senza che lei potesse comprenderne il motivo. Si era sentita colpevole – era colpevole.
    « Sai, se mi avessi chiesto di terminare le tue sofferenze in modo onesto, cuore a cuore... forse avrei accettato. Forse. Non posso dirlo con certezza. Ma così, così, così... così no, cazzo. Così no. » La sua voce tremò, mentre parlava, e le sue dita, intrecciate, si mossero senza che lei potesse controllarle, martoriando le sue unghie.

    Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo.
    Restò ferma sulla sedia, i capelli che le ricadevano davanti al volto, un velo che nascondeva le sue lacrime. Ciò che faceva più male era il non sapere. Dopo tutto ciò che avevano vissuto insieme, dopo tutti i tentativi di Andrea... Yoshiro l'aveva portata a combattere come una bestia, come una cacciatrice. Il sangue l'aveva inebriata. Il sangue di lui. E i suoi sensi, per quanto sviluppati, non erano riusciti ad evitarlo. Si impose di fermare le sue mani tremanti, cercando di asciugarsi gli occhi senza farsi vedere. Si sentì umiliata.
    « Io non sono un'assassina. Non lo sono mai stata. Queste mani non sono fatte per uccidere. » Sussurrò, e non fu certa che la sua voce avrebbe raggiunto il ragazzo.
    « Eppure eccoci qui, ancora una volta col sangue sulle mie mani. E rimorso nel mio cuore. » Aveva già ucciso, certo, ma non erano più... vite. Corrotti, caduti, inumani. Non meritavano la sua pietà, perché erano già morti. Eppure aveva combattuto Yoshiro come fosse uno di loro, e lei non poteva perdonarglielo. Non poteva perdonarsi. L'aveva spinta a guardare da vicino un lato di sé stessa che non poteva accettare. La perfida, cruenta puttana del Grande Tempio. Che uccide chi vorrebbe salvare, e nel farlo si sente potente. Si era odiata, per quello.

    Rialzò la testa, negli occhi danzava fuoco liquido.
    « Io ti ho ucciso, Yoshiro. E questo è un fatto che non potrà mai essere cambiato. » Disse, e lasciò che quelle parole risuonassero come un colpo di gong. Non era disposta ad accettare giustificazioni per sé stessa. Non quando era richiesto che lei fosse la custode della conoscenza di Atena, la portatrice degli occhi della belva. Eppure era stata ingannata – ancora una volta.
    « E io ti ho ridato la vita. Ecco perché, ora, non posso accettarla. » Quella contropartita le serviva, e non avrebbe permesso a Yoshiro di negargliela. Lei l'aveva ucciso, lei l'aveva salvato. Era tutto in quello strano, ironico equilibrio. Aveva trovato la sua redenzione nel dare una seconda possibilità al ragazzo, e così aveva sopito i tormenti della sua coscienza. Che lui l'avesse costretta a ucciderlo, ad Andrea, non importava.
    « Dovrai dimostrare di meritarti la mia fiducia. Fai ciò che reputi opportuno con la tua nuova vita, perché io non ho intenzione di trattarti come fossi una mia responsabilità. D'ora in poi camminerai da solo, sulla linea sottile tra due mondi. E, se cadrai, non sarò io a rimetterti in piedi. » Andrea aveva esorcizzato la sua colpa. Yoshiro non era il suo allievo, il suo prigioniero, il suo sorvegliato. Era una persona libera, e così lo era anche lei. Aveva già dovuto portare il peso della sua vita. Non l'avrebbe più accettato.

    Squadrò il rinnegato davanti a lei, per essere sicura che le sue parole non sarebbero state contraddette.
    « Io non ti aiuterò. » Aggiunse, perché fosse chiaro che non avrebbe accettato obiezioni.
    « Aspetterò che tu capisca di essere pronto. Solo allora ti perdonerò e accetterò la tua vita, se ancora lo vorrai. » E, così, liberò Yoshiro e sé stessa da qualunque obbligo reciproco. Poteva uscire da quella cella in qualsiasi momento, e tornare all'isola dei Black Saint, se l'avesse voluto. Ma prima, così come lei aveva chiesto la verità, doveva essere certa che lui sapesse tutto.
    Che sapesse cosa era costato riportarlo in vita.

    Andrea seppe che non c'era motivo di esitare.
    « Tu sei vivo, Yoshiro. » E la tua vita ti appartiene.
    « E devi iniziare a ragionare con la tua testa. » Oltre ogni precetto e filosofia Saint o Black. Loro, noi... io. Siamo tutti troppo compromessi, per avere possibilità di scelta. Ma tu, tu sei una tela bianca che aspetta di essere riempita. Sei libero come nessuno di noi lo sarà mai.
    « Tu sei vivo, Yoshiro. » E la tua vita ti appartiene.
    « Lascia che ti mostri perché. » La sua mano si allungò e raggiunse il vassoio che aveva appoggiato al comodino.
    Le sue dita si strinsero attorno al coltello. E il coltello si piantò nel suo palmo sinistro, attraversando la sua carne fino al dorso. Il suo sangue cadde a terra come fossero perle. Andrea grugnì piano, estraendo la lama tinta di rosso dalla ferita profonda.

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    Allungò la mano, uno squarcio al centro di essa, e strinse quella di Yoshiro.
    Quella stessa destra che lui le aveva offerto. La accettava, ora, ma non per la sua vita – per la verità. Era quella la promessa che avrebbe stretto con lui. Basta menzogne, diceva. D'ora in poi saremo alla pari.
    La sua vista fu attraversata da flash luminosi mentre la portava verso di sé. Il dolore era pungente, e la vista del sangue la spaventava. Una reazione umana a cui non voleva rinunciare. Guardò Yoshiro, come chiedendogli in silenzio di fidarsi di lei. E calò il coltello nel palmo del ragazzo, con la stessa forza con cui aveva penetrato la sua.
    Lo estrasse, e lo fece cadere con un suono metallico sul pavimento. Andrea alzò la sua mano; i due lembi della ferita avevano già iniziato a richiudersi, fermando l'emorragia. Un odore di carne e sangue bruciata si diffuse nell'aria mentre il Keraunos la guariva.

    Poi Andrea alzò quella di Yoshiro.
    Avrebbe visto la stesso, identico processo, solo rallentato dalla sua mancanza di Cosmo. La saetta nelle sue vene, che lei gli aveva donato, era totalmente autonoma. Lo aveva riportato in vita dal regno dei morti, e avrebbe continuato a riverberare nel suo corpo fino a quando lui non sarebbe stato pronto ad accettarla. Solo allora avrebbe potuto controllarla. E, se lui avesse scelto un'altra via, allora avrebbe semplicemente... dormito.
    « Credo tu abbia compreso, ora. La tua vita è solo tua, Yoshiro. » Disse Andrea, e lasciò che la consapevolezza di ciò che era accaduto si facesse strada nella mente del ragazzo. Si chiese se avrebbe accettato ciò a cui aveva portato il loro incontro, come l'aveva accettato lei. O se sarebbe fuggito, spaventato da quella scoperta.
    « Non darla via con così tanta leggerezza. » Le sue parole suonarono come un ordine, come un rifiuto... e come una speranza.
    Seppe, o forse scelse di crederlo, di non essersi sbagliata.

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    Energia ~ Viola.
    Cloth ~ Gold Leo - VII - indossata.
    Condizioni ~ Ottime.
    Abilità ~ Keraunos

    Il Keraunos, nel tempo, ha assunto molti nomi. Che venga chiamato Fulmine Sacro o Saetta Deicida questo elemento è potenzialmente devastante, pericoloso sia per gli umani che per le stesse divinità. Perché non cadesse nelle mani sbagliate Atena, dopo averne sottratto un frammento a Zeus, lo donò ai suoi cavalieri del Leone, perché lo custodissero e lo utilizzassero per illuminare la via degli uomini.
    Andrea è stata l'ultima a ottenere questo dono, che come tutti i cavalieri di Leo le consente di controllare il fulmine in ogni suo aspetto. Maestra dell'elemento elettrico, è in grado di manipolarlo per dare vita a scosse, fulmini, tempeste elettrostatiche, capaci di paralizzare le parti colpite, causare danni al sistema nervoso o provocare bruciature, fino a stordire i suoi nemici. {Elettricità}
    Il Keraunos le permette un controllo tale del fulmine da poterlo manipolare persino nelle sue più piccole manifestazioni, i fotoni, le particelle minime del campo elettromagnetico. Questo le dona la capacità di controllare anche la luce in tutte le sue forme, potendo dare vita a fenomeni ottici così luminosi da danneggiare la retina dei suoi avversari, ma anche di poterla condensare per dare vita a raggi concentrati e taglienti, fino anche a emulare la vita creando delle lame rudimentali o degli scudi di luce. Inoltre, sfruttando la rifrazione, sarà possibile per Andrea nascondersi in piena vista, ottenendo un effetto simile, ma non altrettanto perfetto, all'invisibilità. {Luce}
    Il Fulmine Sacro, in virtù della sua origine divina, le permette di difendersi contro ciò che normalmente colpirebbe la maggior parte dei cavalieri. I suoi effetti non si fermano alla sola materia. Il Keraunos, infatti, le permette di danneggiare e di proteggersi da costrutti spirituali e dagli attacchi capaci di colpire l'anima. {Capacità di contrastare gli attacchi portati con Spirito}
    Tra le doti che le garantisce la Saetta vi è quella di poter, con la sua luce, guarire le ferite degli uomini. Andrea può lenire sia le ferite altrui che le proprie, permettendole, una volta a duello, di guarire un unico tipo di danno, purché non sia così profondo da essere fatale. In questo modo è possibile, per Andrea, protrarre il combattimento fin dove non sarebbe possibile altrimenti. {Guarigione}
    Tutti gli attacchi portati dal cavaliere del Leone, in virtù della potenza del Keraunos, risulteranno più potenti del normale, potendo lei richiamare più cosmo con minore dispendio di forze. Questo le consente un vantaggio tattico nei confronti di numerosi nemici, dovendo questi, a parità di forze, sforzarsi di più per generare attacchi pari ai suoi. {Cosmo Straordinario}


    Illuminazione Cosmica

    Se il cavaliere della Vergine è quello più vicino agli dei, quello del Leone è da sempre il più vicino alla natura. Andrea possiede una sorta di empatia portata all'estremo, che le consente di percepire il cosmo in ogni cosa, sia questo negli uomini, negli animali o negli oggetti inanimati. É in grado di intuire anche la più flebile traccia cosmica, ottenendo più informazioni di quanto non sarebbe normalmente possibile. {Percezione Straordinaria}
    Inoltre, facendo risuonare il suo cosmo con la natura, Andrea è in grado di aizzare o di quietare l'ambiente circostante, per esempio potendo addomesticare anche la belva più feroce, per renderla innocua e una fedele compagna. {Empatia con la Natura}
    Andrea è così abile nel percepire le anche minime alterazioni nel cosmo che sarà più difficile, per lei, cadere vittima di illusioni ambientali o di simili alterazioni sensoriali. Ciò le permette di uscirne più facilmente, di percepire di essere caduta in un inganno e di restare lucida mantenendo la percezione del mondo circostante. {Capacità di contrastare le Illusioni Ambientali}
    I suoi sensi sono così sviluppati da essere dotata di un istinto che le consente di rendere le sue difese o i suoi attacchi particolarmente precisi ed efficaci. È difficile prenderla di sorpresa, e per lei è sempre possibile variare le sue tecniche per renderle più adatte al cosmo dell'avversario e agli attacchi che si trova a fronteggiare. {Difese e attacchi più precisi}
    Tuttavia non solo può migliorare le proprie offensive e le proprie difese, ma persino emulare quelle dei suoi avversari. Purché non siano poteri a lei totalmente estranei, come quelli spirituali o illusori, Andrea sarà in grado di imitare le tecniche altrui, creandone di simili a partire dai poteri di cui lei dispone. Le sarà possibile, in questo modo, dare vita ai colpi più disparati, imitandone le caratteristiche e funzionamento, ma sempre utilizzando come base il proprio cosmo, la luce o l'elettricità. {Capacità di emulare le tecniche altrui}
    L'ultimo potere che le garantisce la sua empatia cosmica è quella di, facendo risuonare il proprio cosmo con quello avversario, tentare di prendere il controllo dei suoi costrutti per un turno. Potrà, in questo modo, appropriarsi di essi, muoverli, fino a persino fargli attaccare il loro stesso creatore. La sua capacità di entrare in contatto con tutte le emanazioni cosmiche le consente, in questo modo, di influenzare tutti quei costrutti non estemporanei, comprese anche le armi cosmiche. {Capacità di controllare i costrutti altrui}
    Come tutti i cavalieri, raggiunto un certo livello, Andrea ha sbloccato la capacità di comunicare telepaticamente, senza bisogno di parole, potendo trasmettere i propri pensieri direttamente alla mente dell'interlocutore. {Telepatia}
    Inoltre, come tutti i cavalieri di Atena, la sua fede nei confronti della sua dea è così grande che, invocandola, sarà possibile per Andrea continuare a combattere per un intero turno quando ormai allo stremo. La sua devozione, infatti, le garantirà la possibilità di potersi ancora muovere e di poter superare quelle condizioni che normalmente glielo impedirebbero, come illusioni, ferite debilitanti, stanchezza estrema o altro. {Favore di Atena}


    Tecniche ~ /
    Riassunto ~ You Keraunos now.
     
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    Non esistono parole in grado di esprimere appieno tutta la sorpresa prima, e il suo assoluto orrore poi.
    Il Keraunos era in lui, quel Keraunos, e improvvisamente tutto fu chiaro; ecco come aveva fatto a salvarlo, ecco com'era riuscita a curarlo, ecco come aveva azzerato tutto quello che Yoshiro era prima, ecco il motivo dei piccoli cambiamenti che aveva notato, ecco il motivo per ogni cosa. La Sacra Saetta, l'oggetto che più di tutti era pieno di amore e sacralità, ciò che era stato brandito da Zeus stesso, adesso era nel suo cuore, nella parte più profonda del suo essere. E lui era assolutamente terrorizzato dalla cosa, in più maniere di quante fosse umanamente possibile contare. Perché, si chiese, perché lui?
    Allontanò bruscamente la mano da quella di Andrea, negli occhi l'elettricità sacra che ancora rimarginava quella ferita che aveva scelto di farsi infliggere, l'odore di carne bruciata che lo stava fortemente nauseando. Portò le mani alla tempia, la testa gli stava pulsando con così tanta forza che quasi credeva sarebbe esplosa, i denti serrati, il respiro ridotto ad un sibilo quasi impercettibile. Non era quello che si aspettava, non era quello che voleva, non era quello che meritava. No non lo meritava, non meritava quella cosa, non meritava tutto quello che comportava, non meritava niente.

    Andrea, tu cosa credi che io sia?

    Non era una domanda che voleva una risposta, il suo tono non ne avrebbe ammessa una, il suo sguardo, coltelli verde smeraldo piantati negli occhi della ragazza davanti a lui, avevano tutto quello che si doveva sapere dell'essere che era steso sul letto. Aveva smesso di fingere, di nascondere la sua morale e la sua pietà, eppure adesso tutto quello che aveva imbottigliato era sull'orlo di scoppiare.
    Sospirò profondamente, i conati di vomito finalmente placati, la voce giusto un po' più salda, e così continuò.

    Non sono innocente, non so cosa tu pensi di me o cosa abbia fatto per farti credere altrimenti ma posso assicurarti che non merito... questo.

    Si era stancato di pretendere di avere coraggio, di non avere paura di tutto quello che gli stava accadendo intorno senza il suo controllo, e, ora, di avere l'ultima cosa che voleva: potere. Non in quel preciso momento, ora non aveva nulla, ma se avesse deciso di coltivarlo? E se, quando si fosse risvegliata, questa forza lo avesse spinto di nuovo sullo stesso sentiero che era arrivato a odiare? Anche se avesse scelto di lasciarla dormire, cosa gli garantiva che un giorno il Keraunos non si sarebbe palesato di sua spontanea volontà? Era un rischio terribile, un rischio che lui, al posto di Andrea, non avrebbe mai corso. Non voleva tornare in quello stesso abisso dal quale era faticosamente strisciato fuori, non voleva, non voleva, non voleva.
    Si conosceva meglio di chiunque altro, meglio perfino della ragazza che aveva avuto troppa compassione per lui, e sapeva che cosa gli avrebbe fatto il potere. Era caduto una volta, sarebbe caduto di nuovo.

    Questo potere, la responsabilità che porta, non merito niente di tutto questo. Io sono un mostro e un criminale, ho ucciso e torturato semplicemente perché potevo, con in mente solo i vantaggi che ne avrei tratto, e non ho scuse per questo. Non hai tolto la vita ad un innocente, hai ucciso un assassino.

    Quasi inaspettatamente, parola dopo parola, sentì la paura sciogliersi come ghiaccio al sole e di lasciare spazio ad una nuova emozione. Era quasi una contraddizione la sua, non voleva perdono, non credeva di meritarlo, eppure ad Andrea aveva chiesto scusa; per qualche assurdo motivo che lei potesse vedere quanto a fondo era caduto e che, nonostante tutto, potesse perdonarlo, era quello che desiderava di più. Confessare le sue colpe, vederle accettate, sapersi perdonato. Nient'altro.
    Emozioni che non credeva di non poter più provare si fecero strada in lui, vergogna e orrore, miste alla consapevolezza di potere, per la prima volta, rimediare ai suoi errori. Vide, per la prima volta, la luce, la possibilità di una redenzione che sarebbe stata forse impossibile, ma che gli sembrava sempre più dolce. Senza più fingere, senza più pretendere di essere qualcun altro, senza più orrore e crudeltà a piagare la sua vita. Ma era possibilità concreta o solo un illusione? Avrebbe davvero potuto farlo o sarebbe caduto alla prima tentazione? Non lo sapeva, in quel momento non sapeva davvero nulla, eppure se era un fallace sogno quello davanti a lui... non gli sarebbe dispiaciuto seguirlo e farsi illudere per un altro po'.

    Andrea...

    Non aveva più paura, invece sentiva il flebile suono della speranza battere al ritmo del suo cuore.
    Restava solo una cosa da chiedere, un'ultima domanda da porre prima di prendere la decisione ultima sul suo destino, un ultimo quesito che doveva avere una risposta.
    Il suo sguardo fermo, nessun tremito, nessuna esitazione, nessun ripensamento. Si alzò dal letto e si mise, con un po' di fatica, in piedi.
    Non era un bello spettacolo Yoshiro, troppo magro per il suo bene, capelli troppo lunghi e un camice che gli andava lievemente largo, eppure si alzò, poggiò i piedi sul pavimento freddo e asettico, reprimendo un brivido di gelo, e guardò la ragazza davanti a lui. Si era fatto vicino, così tanto che quasi gli sembrava di sentire il suo respiro e il battito lento del suo cuore.

    Perché me?

    Due parole semplici, che contenevano tutto quello che voleva sapere. Perché hai scelto me nonostante quello che ti ho fatto, nonostante tutto quello che ho provocato, tutti i peccati che ho commesso, tutte le vite che ho spezzato.
    Perché?
     
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    Andrea percepì la sua rabbia e la sua sorpresa.
    Era come un mare in tempesta, e sapeva che se solo avesse posseduto ancora una scintilla di Cosmo quella sarebbe esplosa. Sentiva il suo cuore battere all'impazzata, il respiro spezzato dalla collera, la voce distorta.
    Allontanò piano la mano che lui aveva scacciato, senza abbassare mai lo sguardo dai suoi occhi verdi. Ascoltò il suo sfogo, resistendo all'impulso di abbracciarlo, di mostrargli che non aveva più nulla da temere, che era a casa. Ma sapeva anche che doveva superare quel travaglio da solo, che per quanto lei si fosse sforzata non avrebbe potuto sollevarlo dal peso delle sue colpe.
    In effetti, lo conosceva così poco. Si era basata su un'intuizione, su una percezione derivata da una sua pretesa di poter conoscere i suoi compagni umani a partire da una breve interazione con loro.

    Restò in silenzio a lungo, dopo che lui finì di parlare.
    Poi, senza una parola, si alzò. Attraversò quella stanza e raggiunse la porta; riuscì ad aprirla senza resistenza. Le guardie avevano fatto come lei aveva richiesto e si erano allontanate. Del resto non c'era alcun pericolo nel lasciare insieme lei, un Gold Saint, con un Black rinnegato – almeno, nessun pericolo per lei.
    Quel braccio della prigione era vuoto: aveva congedato i soldati. Restò ferma sulla porta, conscia che ciò che stava facendo avrebbe avuto, per lei, delle ripercussioni. Nonostante ciò che aveva detto a Yoshiro, lui era una sua responsabilità. Certo, non per la sua vita in sé, ma per quanto riguardava le conseguenze delle sue azioni.
    Ma era anche, lei lo sapeva meglio di chiunque altro, solo un umano. Un ragazzino impaurito di ricominciare da zero, qualcuno che andava sì guidato, ma lasciato anche libero di prendere le proprie decisioni. Non poteva insegnargli nulla sul Grande Tempio e sui Saint facendolo restare confinato in una cella.

    Respirò profondamente.
    « Ciò che dici è vero. » Il tono di voce di Andrea era greve, non avrebbe tentato di contraddire le sue parole. In fondo era come diceva lui, Andrea non sapeva nulla del suo passato. Aveva conosciuto solo i suoi ultimi istanti – e poi i suoi primi.
    « Sei stato un mostro, un assassino, un bugiardo. Sei morto per aver ricercato una conoscenza che non meritavi – sono stata io ad ucciderti – ma la tua morte non potrà mai espiare quelle colpe. Il dolore che hai provato mentre il Keraunos bruciava la tua carne e ti ricreava da zero non è stata una pena sufficiente. » Andrea era morta, e aveva visto quanto era difficile, nonostante tutto, dimenticare gli orrori del passato. Ma aveva anche provato la magnifica, liberatoria sensazione di vivere senza più nulla da perdere, una tavola bianca in cui poter ricominciare. Conscia che qualsiasi nuova esperienza, qualsiasi nuovo odio o amore di quella vita era un regalo, un'occasione che non sarebbe ricapitata. Sperava, con tutto il suo cuore che Yoshiro sarebbe arrivato alla stessa realizzazione.
    « Non smetterai mai di provare rimorso. Nessuno ti perdonerà mai e, se deciderai di restare, in Grecia ti guarderanno come un traditore e un pericolo. Le voci ti seguiranno al tuo passaggio, e alcuni chiederanno la tua testa. » Sarebbe stata sincera con lui. La guerra tra Saint e Black era durata secoli, e gli umani faticano a perdonare.
    Anche con Andrea a garantire per lui avrebbe dovuto lavorare sodo per guadagnarsi la fiducia degli altri. E forse, era bene che lo sapesse, i suoi sforzi non sarebbero mai stati abbastanza.

    Eppure...
    « Ma sei ancora vivo. » Quella verità era tremenda e crudele.
    « Non so quanto ti ricordi dei tuoi ultimi istanti, ma ho imparato sulla mia pelle che ciò che una persona dice prima di morire è lo specchio più puro della sua anima. » Strinse i pugni, ripensando a quei ultimi, frenetici momenti. Il suo incontro con Atena, la sua vendetta contro Giapeto – dovette scrollare il capo, per scacciarli.
    « Ti ricordi della nostra discussione all'interno del tempio? Di cosa mi dicesti, per permettere alla porta di aprirsi? » Avrebbe voluto avvicinarsi a lui, come per replicare la vicinanza estrema, non solo fisica, che aveva provato in quel momento. Scelse nonostante tutto di rimanere sulla porta, come se stesse aspettando Yoshiro.
    « Vorrei poter salvare l'umanità al tuo fianco, Andrea, con tutto il cuore, ma non potrò farlo se sarò morto. » La sua voce mutò mentre pronunciava quelle parole. Così come il cavaliere del Leone era in grado di replicare le tecniche e i movimenti altrui alla perfezione, così le sue parole furono tremendamente simili a quelle pronunciate da Yoshiro. Non solo nell'intonazione, ma anche nel timbro. Andrea non aveva dimenticato quella promessa, e non avrebbe permesso neanche a lui di farlo.

    E finalmente avrebbe risposto alla sua domanda.
    « Sei ancora vivo. Ecco perché tu. » Per permettergli di mostrare se le sue parole erano sincere: se lei, così come i Custodi Grigi, erano stati ingannati, o se davvero c'era qualcosa di buono, sotto a tutta quella colpa.
    « Perché me l'hai promesso, perché non mentivi, perché nonostante tutto il rimorso e la colpa lacerano ancora la tua anima. È un buon punto di partenza. » Forse si sarebbe sbagliata, ma valeva la pena tentare. Avrebbe scommesso ancora una volta su di lui e gli avrebbe permesso di dimostrare – a lei e a tutti – che la redenzione esiste anche per le anime più nere. E che, nonostante tutto, tra Black e Saint era sempre possibile arrivare a un compromesso.
    Fece un passo indietro e oltrepassò la porta. Poi ne fece un altro. Dietro di lei il corridoio e un'infinità di celle li avrebbero condotti alla luce, poco distanti dalla casa di Ariete. Ma prima era essenziale che Yoshiro accettasse la libertà, che scegliesse da solo di oltrepassare la porta della sua prigione.
    « Ora hai l'occasione di ricominciare. Di espiare, di rimettere le cose a posto. Di fare del bene, anche se il male che hai compiuto in passato non sarà mai cancellato. » Devi solo fare questo piccolo passo. E, dopo questo, ricominciare a camminare nel mondo, senza sapere cosa questo ti riserverà.

    Allungò la mano, come già una volta aveva fatto per guidarlo, quando allora era ancora privo della vista.
    Camminerò al tuo fianco, Yoshiro, se lo vorrai. Ma non posso fare di più. E se prenderai un'altra strada ti aspetterò fino a quando non sarai pronto.
    « Quando uscirai da questa porta sarai tu a decidere come lo farai. Se da mostro doppiogiochista, da ragazzo che vuole godersi la vita, da penitente, da eroe. » Andrea avrebbe capito se per un periodo avesse voluto dedicarsi solo al riposo. L'unica cosa che non poteva permettergli era di tornare alla sua vecchia vita. Non solo per il suo stesso bene, ma anche perché ormai Yoshiro aveva visto troppo, in Grecia. Il Keraunos scorreva nelle sue vene, e il Grande Tempio per quello l'avrebbe tenuto sempre sotto sorveglianza. Un piccolo sacrificio, pensò lei, per una nuova vita.
    « Cosa rimarrà di Yoshiro? Cosa gli riserverà il futuro? » E, per la prima volta dopo molto, Andrea sorrise. Un sorriso calmo, pacifico, perché comunque sarebbe andata avrebbe potuto contare su di lei. Si rese conto in quel momento che se anche Yoshiro avesse rifiutato, col cuore in mano, quella sua nuova vita, lei lo avrebbe accontentato. Aveva odiato la sua menzogna, quella con cui l'aveva portata a ucciderlo, e ora voleva sapere come sarebbe apparsa la verità.
    « Sono davvero curiosa di scoprirlo. » E aspettò che oltrepassasse la soglia, pronta a mostrargli la Grecia – la sua nuova casa.

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    Energia ~ Viola.
    Cloth ~ Gold Leo - VII - indossata.
    Condizioni ~ Ottime.
    Abilità ~ Keraunos

    Il Keraunos, nel tempo, ha assunto molti nomi. Che venga chiamato Fulmine Sacro o Saetta Deicida questo elemento è potenzialmente devastante, pericoloso sia per gli umani che per le stesse divinità. Perché non cadesse nelle mani sbagliate Atena, dopo averne sottratto un frammento a Zeus, lo donò ai suoi cavalieri del Leone, perché lo custodissero e lo utilizzassero per illuminare la via degli uomini.
    Andrea è stata l'ultima a ottenere questo dono, che come tutti i cavalieri di Leo le consente di controllare il fulmine in ogni suo aspetto. Maestra dell'elemento elettrico, è in grado di manipolarlo per dare vita a scosse, fulmini, tempeste elettrostatiche, capaci di paralizzare le parti colpite, causare danni al sistema nervoso o provocare bruciature, fino a stordire i suoi nemici. {Elettricità}
    Il Keraunos le permette un controllo tale del fulmine da poterlo manipolare persino nelle sue più piccole manifestazioni, i fotoni, le particelle minime del campo elettromagnetico. Questo le dona la capacità di controllare anche la luce in tutte le sue forme, potendo dare vita a fenomeni ottici così luminosi da danneggiare la retina dei suoi avversari, ma anche di poterla condensare per dare vita a raggi concentrati e taglienti, fino anche a emulare la vita creando delle lame rudimentali o degli scudi di luce. Inoltre, sfruttando la rifrazione, sarà possibile per Andrea nascondersi in piena vista, ottenendo un effetto simile, ma non altrettanto perfetto, all'invisibilità. {Luce}
    Il Fulmine Sacro, in virtù della sua origine divina, le permette di difendersi contro ciò che normalmente colpirebbe la maggior parte dei cavalieri. I suoi effetti non si fermano alla sola materia. Il Keraunos, infatti, le permette di danneggiare e di proteggersi da costrutti spirituali e dagli attacchi capaci di colpire l'anima. {Capacità di contrastare gli attacchi portati con Spirito}
    Tra le doti che le garantisce la Saetta vi è quella di poter, con la sua luce, guarire le ferite degli uomini. Andrea può lenire sia le ferite altrui che le proprie, permettendole, una volta a duello, di guarire un unico tipo di danno, purché non sia così profondo da essere fatale. In questo modo è possibile, per Andrea, protrarre il combattimento fin dove non sarebbe possibile altrimenti. {Guarigione}
    Tutti gli attacchi portati dal cavaliere del Leone, in virtù della potenza del Keraunos, risulteranno più potenti del normale, potendo lei richiamare più cosmo con minore dispendio di forze. Questo le consente un vantaggio tattico nei confronti di numerosi nemici, dovendo questi, a parità di forze, sforzarsi di più per generare attacchi pari ai suoi. {Cosmo Straordinario}


    Illuminazione Cosmica

    Se il cavaliere della Vergine è quello più vicino agli dei, quello del Leone è da sempre il più vicino alla natura. Andrea possiede una sorta di empatia portata all'estremo, che le consente di percepire il cosmo in ogni cosa, sia questo negli uomini, negli animali o negli oggetti inanimati. É in grado di intuire anche la più flebile traccia cosmica, ottenendo più informazioni di quanto non sarebbe normalmente possibile. {Percezione Straordinaria}
    Inoltre, facendo risuonare il suo cosmo con la natura, Andrea è in grado di aizzare o di quietare l'ambiente circostante, per esempio potendo addomesticare anche la belva più feroce, per renderla innocua e una fedele compagna. {Empatia con la Natura}
    Andrea è così abile nel percepire le anche minime alterazioni nel cosmo che sarà più difficile, per lei, cadere vittima di illusioni ambientali o di simili alterazioni sensoriali. Ciò le permette di uscirne più facilmente, di percepire di essere caduta in un inganno e di restare lucida mantenendo la percezione del mondo circostante. {Capacità di contrastare le Illusioni Ambientali}
    I suoi sensi sono così sviluppati da essere dotata di un istinto che le consente di rendere le sue difese o i suoi attacchi particolarmente precisi ed efficaci. È difficile prenderla di sorpresa, e per lei è sempre possibile variare le sue tecniche per renderle più adatte al cosmo dell'avversario e agli attacchi che si trova a fronteggiare. {Difese e attacchi più precisi}
    Tuttavia non solo può migliorare le proprie offensive e le proprie difese, ma persino emulare quelle dei suoi avversari. Purché non siano poteri a lei totalmente estranei, come quelli spirituali o illusori, Andrea sarà in grado di imitare le tecniche altrui, creandone di simili a partire dai poteri di cui lei dispone. Le sarà possibile, in questo modo, dare vita ai colpi più disparati, imitandone le caratteristiche e funzionamento, ma sempre utilizzando come base il proprio cosmo, la luce o l'elettricità. {Capacità di emulare le tecniche altrui}
    L'ultimo potere che le garantisce la sua empatia cosmica è quella di, facendo risuonare il proprio cosmo con quello avversario, tentare di prendere il controllo dei suoi costrutti per un turno. Potrà, in questo modo, appropriarsi di essi, muoverli, fino a persino fargli attaccare il loro stesso creatore. La sua capacità di entrare in contatto con tutte le emanazioni cosmiche le consente, in questo modo, di influenzare tutti quei costrutti non estemporanei, comprese anche le armi cosmiche. {Capacità di controllare i costrutti altrui}
    Come tutti i cavalieri, raggiunto un certo livello, Andrea ha sbloccato la capacità di comunicare telepaticamente, senza bisogno di parole, potendo trasmettere i propri pensieri direttamente alla mente dell'interlocutore. {Telepatia}
    Inoltre, come tutti i cavalieri di Atena, la sua fede nei confronti della sua dea è così grande che, invocandola, sarà possibile per Andrea continuare a combattere per un intero turno quando ormai allo stremo. La sua devozione, infatti, le garantirà la possibilità di potersi ancora muovere e di poter superare quelle condizioni che normalmente glielo impedirebbero, come illusioni, ferite debilitanti, stanchezza estrema o altro. {Favore di Atena}


    Tecniche ~ /
    Riassunto ~ Benvenuto.
     
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5 replies since 9/9/2019, 10:31   405 views
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