Tehillim

P.A.N. & Amaterasu

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    Uhquantoèbellopasseggiiiiaaarre...

    Passeggiava verso la sua meta con un bastoncino di legno tra le mani, giocandoci facendolo cozzare contro ringhiere e cancelli, canticchiando tra se e se. Le rovine della città erano silenziose, con solo l'occasionale rumore del vento che spezzava la routine fatta di nulla. Era una bella giornata di sole, e molto probabilmente sarebbe tutto annegato in un mare di sangue.


    A breve distanza da Dennis, una creatura lo stava seguendo. Il rumore dei suoi passi era assordante, visto che aveva otto zampe.

    Signore?

    Passettini veloci e decisi, voleva accorciare la distanza che c'era tra loro.

    Signor Pan?

    Chi stava seguendo la Pangenesi nel vano tentativo di farsi notare era una donna dalla vita in su, mentre le gambe erano quelle di uno Sparassidae. Nemmeno la parte superiore era tanto umana, visti i sei occhi sparsi sul viso e le mani arcuate con artigli enormi.

    Sire?

    Non chiamarmi così.

    Mi scusi tanto.
    Le posso chiedere che cosa ha intenzione di fare?


    Niente.

    Perchè si sta dirigendo da lui?

    Voglio solo parlare.

    Due Araldi potrebbero benissimo incontrarsi ad Agartha.

    Ho detto che voglio solo parlare.

    La settimana prossima è fissato un incontro con uno specialista per entrambi, non è saggio che voi due-

    Si fermò di botto.
    L'aria di leggerezza che lo circondava fino a quel momento scomparve, sebbene l'espressione rilassata sul suo viso non cessò di esistere.

    SE io avessi intenzione di continuare a camminare, ignorando allegramente tutto quello che stai dicendo e che stai per dirmi, cosa avresti intenzione di fare a riguardo?

    I loro sguardi si incrociarono, lei, fredda e composta nella sua uniforme, lui con un sorrisetto infame stampato sulla sua bocca.
    Sapevano entrambi che Pan non avrebbe alzato un dito, o una semplice unghia su di lei, ma sapevano anche che la poveraccia non avrebbe potuto fare nulla per fermarlo nemmeno con un esercito a carico.

    Lei sbuffò.

    Le chiedo solo di fare attenzione.

    Lo farò...

    I due si separarono, salutandosi con un cenno della testa.

    Dennis arrivò a destinazione cinque minuti dopo. Un grattacielo diroccato, con porte e finestre distrutte.
    Tossì per schiarirsi la voce, si mise due dita in bocca, e fischiò rumorosamente.

    HARLAN


    SEI QUI?!?!?!


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    La famiglia Kyogoku volò intorno a P.A.N.
    I loro volti da Yokai, le loro teste mozzate per cupidigia e brama di potere ed errori commessi in vita da renderli peggiori degli specter.
    Eppure erano la guardia personale di Amaterasu.
    O almeno così amavano definirsi.
    Cinque teste.
    Kyōgoku Takatsugu, il padre.
    Kyōgoku Takayoshi, il nonno e padre di Takatsugu.
    La figlia Fumiko, la madre Cho e il figlio Daiki. Grande Famiglia. Potente oltre ogni immaginazione. Così potente da arrivare a sfidare l'Imperatore e la Spada.
    Così potenti che fu la brama di potere a fargli cadere rovinosamente negli Abissi più insondabili di disperazione. Fu questo il loro errore. E la vendetta da quel momento non abbandonò mai i loro cuori e divennero Onryo; puri spiriti di vendetta e portarono una devastazione tale che Kusanagi ronzò sulle sponde della sua terra d'adozione.
    In un tempo ormai perduto. Una storia mai raccontata nei libri di storia.
    Eppure erano lì. E ancora oggi i motivi e i perché dietro il gesto di Amaterasu, rimanevano solo ed esclusivamente suoi.
    Nemmeno i suoi fratelli e sorelle capirono mai perché.
    La Spada di G.E.A non aveva tagliato le loro anime ma le aveva rese grandi tra la sua Corte ed ora mai abbandonavano il loro Daimyo.

    Erano lì intorno a P.A.N. Fu Takatsugu a parlare; un inchino formale con quella testa mozzata che ancora se ne vedevano le vene tranciate e il sangue rappreso sul collo.

    «P.A.N – dono. Non ci aspettavamo la sua visita.
    Anzi, se posso parlare con franchezza, non ci aspettavamo che lei fosse qui o che venisse ad incontrare il nostro Daimyo



    E fare qualcosa di imprevedibile era da P.A.N anche se era ancora lontano dall'essere imprevedibile come Amaterasu. Perché quello che faceva era chiaro solo alla Spada di G.E.A.


    «Lui...in questo momento...

    sta dormendo



    Si. Amaterasu si era addormentato nel nulla. Si sarebbe potuto addormentare anche di fronte a Thanatos. Aveva questa strana abitudine di addormentarsi in luoghi e momenti impensabili.
    Poco rispetto?
    No.
    Era il suo paradigma. Era la Vita che non conosceva barriere alcune. La Vita arrivava e non ci potevi fare nulla. Arrivava con l'urlo selvaggio di P.A.N, con tutta la forza di Nerthus e l'equilibrio di Oberon e alla fine sarebbe stata abbracciata da Chernobog e condotta di nuovo al Tutto.
    La Vita era chiara solo a se stessa e Amaterasu andava su strade e sentieri tutti suoi.
    E quindi si era addormentato. Perché amava dormire. Era una delle migliori attività che vi fossero.
    Rilassava la mente, portava la quiete nel cuore e ristorava il corpo.
    Era come il Byakko della Leggenda. Tranquillo, addormentato sotto un albero di ciliegio, con il respiro regolare. Eppure bastava poco per far si che il suo ruggito fosse rombo di tuono, scoppio di vulcano, maremoto e tempesta.


    «Se vuole, ecco, potrei provare a sve...»





    PAAAAAAAAN!!!!





    E qualcosa saettò da quel grattacielo diroccato. Una cometa fatta di luce spuria e di un energia irrefrenabile e in continuo mutamento.
    Una darian completamente bianca. Lucente come il sole, mentre la Magatama al suo collo pulsava come il sole stesso.
    Le finestre esplosero per quell'urlo, alcuni pezzi di calcinaccio, calcestruzzo, muro e quant'altro si staccarono per la forza propulsiva di quella corsa.
    E Amaterasu fu davanti a suo fratello.
    E il sorriso sornione di Amaterasu, su quel viso maturo, non era cambiato.
    Il corpo poteva essere diverso, l'essenza però era sempre quella.
    Quella della Dea del Sole.
    L'Araldo dell'Inizio.
    Amaterasu o mi kami.


    Gli batté le mani su quelle spalle d'acciaio.


    «Vedo che sei sempre in forma.
    Mr Muscolo come stai?! Viè qua! Fatte dà una strizzata di quelle serie!»



    Per quanto fosse regale Amaterasu aveva un momento per tutto e per tutti.
    Perché la Vita non si vive solo in una maniera e non è mai una ed una sola strada.
    E abbracciò suo fratello, non prima di avergli tirato entrambe le guance. Perché voleva farlo. Perché vi sono cose che devono essere fatte. Perchè questo era il momento giusto.
    Perché era l'attimo più perfetto tra tutti.
    E lo avrebbe vissuto.


    «Sei sempre un armadio!»


    Rise. Una risata fragorosa. Intensa.
    Gli prese il viso tra le mani. Un buffetto affettuoso.


    «E sei bellissimo!»


    Un occhiolino sornione, beffardo, irriverente e gli dette una gomitata allo stomaco mentre si voltò per sedersi.
    Kusanagi fu posta di fronte a lui. Appoggiata alla spalla sinistra.

    AbY8r4E
    «Il cielo ride oggi.»



     
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    Quelle apparizioni gli mettevano i brividi. Non che anni passati a vivere in un bosco popolato da spiriti e creature fantastiche non lo avessero leggermente desensibilizzato, mala moltitudine di esseri che abitavano i reami di Gea era immensa, ed ogni tanto usciva qualcosa che smorzava l'equilibrio.
    Sofferenza.
    C'era tanta sofferenza in quello spirito dalle cinque teste, sangue, vene lacerate, pallore e gonfiore sotto gli occhi morti. Era qualcosa che un bambino spaventato poteva giurare di aver visto nel buio della sua cameretta.

    Li aveva davanti, servili e formali, come cortigiane al cospetto di un funzionario.
    Per Pan, abituato ad un mondo molto più materiale, quel momento era assurdo, semplicemente assurdo.

    Dormendo?
    Senti, non mi piace fare quello che rompe mentre uno si fa una dormita, ma ho davvero bisogno di parlargli.



    Se vuole, ecco, potrei provare a sve...

    Un urlo, un nome, un boato altisonante.

    PAAAAAAAAAAAAAAAN

    Una stella piombò davanti a lui, fracassando asfalto, vetrate, calcinacci e pilastri di cemento. Dennis dovette pararsi gli occhi con gli avambracci per evitare la polvere negli occhi. La forma del cavaliere comparso davanti a lui era sfolgorante, un bianco luminoso che si ergeva orgoglioso sul marcio del mondo. Non c'era più traccia degli spiriti servitori.

    Ah, bene, ti sei svegliato.

    Amaterasu gli poggiò le mani sulle spalle, ed il clangore metallico rimbombò nelle sue orecchie. Poi le sue mani gli pizzicarono le guance con fare barbino. Un leggerissimo grugnito di disapprovazione suonò nella gola di Pan.

    Vedo che sei sempre in forma. Mr Muscolo come stai?! Viè qua! Fatte dà una strizzata di quelle serie!

    Aspetta aspetta aspè-

    Un abbraccio forte e vigoroso, pieno di energia.
    Per un secondo non seppe cosa fare, rimanendo con le braccia perpendicolari al corpo. Non era abituato agli abbracci improvvisi, ma riuscì a cavarsela ricambiando e colpendo con una pacca le spalle di suo “fratello”

    Sei sempre un armadio!

    Eh.

    Le mani di suo fratello sulla sua faccia in modo amichevole.

    Cristo benedetto ma quanto tocca?



    E sei bellissimo!

    Ha parlato Mister Simmetria Facciale Perfetta.

    Il re degli Spiriti si sedette davanti a lui, la spada tra le braccia incrociate, un'espressione piena di pace sul suo viso.

    Il cielo ride oggi.

    Ehe eh...certo...

    Si sedette su un rudere davanti a suo fratello, schiena curva , i gomiti poggiati sulle ginocchia, le dita incrociate davanti alla bocca. Sulla carta la sua idea sembrava buona e innocua, ma ora era davanti al nucleo di tutto, e si sentiva assurdamente poco competente.
    Avrebbe dovuto portarsi dietro almeno quella ragazza ragno gigante, sembrava anni luce più intelligente ed intuitiva di lui.
    Ma ora era li e doveva ballare.

    Am...Harlan, da quanto tempo ci conosciamo?

    Qui ora risponderai " da tantissimo, siamo fratelli" eccetera eccetera, ma io intendo in un altro senso, e sappiamo entrambi qual è la risposta su quel frangente...
    Da poco. Molto poco. Un giorno ti vedo su un letto, magro e denutrito, dopo per aver lottato per anni fino a consumarti le unghie.
    Ti hanno mandato in postacci terribili e sei tornato ogni volta., hai incontrato tante persone ed ogni volta non ti sei tirato indietro, tutto un connubio di azioni che non fanno altro che confermare quello che ti ho detto quando ti ho visto la prima volta:

    Sei la persona più coraggiosa che conosca.



    Si passò le mani tra i capelli.

    Ed il giorno dopo ti vedo qui, un Araldo, un pilastro dell'esistenza, della nostra comunità.
    Ti sei meritato il tuo posto, e moltissima gente ti guarda come un modello da seguire.



    Sospirò.


    Tutto in pochissimo tempo.

    Questo è un fattore quasi totalmente trascurabile, se uno è bravo è bravo, il tempo è irrilevante. Sono solo...perplesso...
    Vedi, anni a combattere mentre un male dentro ti te ti divora, spiriti della creazione che ti parlano e ti rendono qualcosa di più che semplice umano...
    Poi vieni preso e portato in un mondo nuovo, tutte le strutture che un uomo può avere vengono riscritte e le credenze che ha crollano come castelli di polvere.

    E ancora, riesci addirittura a diventare qualcosa di più.


    Rimase in silenzio per una manciata di secondi, schioccando la lingua e fissando il terreno.

    È un bel pacco di cambiamenti. E tutto questo potrebbe scombussolare chiunque...

    Questo ci porta davanti al motivo per cui sono qui, oltre al fatto che mi fa sempre piacere essere pizzicato sulla faccia dalle tue manone:


    Come ti senti?



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    «Male...»

    Brutalmente vero.
    Non ebbe esitazioni di sorta nel dirlo, né si coprì dietro finte maschere o finti sorrisi. Non si batté il petto. Non ci fu l'orgoglio stupido di chi nasconde la verità per vergogna. Ammettere il proprio malessere era la via più giusta per trovare la strada nelle tenebre del proprio cuore.
    Perché aveva paura di se stesso.
    Gli occhi divennero di ogni colore. Un turbinio senza fine.
    Occhi che guardavano suo fratello. Lasciandosi giudicare da lui. Perché quella domanda era tremenda.
    Come stai?
    Due semplici parole... un mondo dietro. Un universo finanche.
    Erano forse le parole più vere che aveva sentito fino a quel momento. Ma anche le più tremende. Eunoé, Chernobog e P.A.N avevano scavato solchi nella sua anima, rigettando il lerciume che si portava dentro. Quel male di vivere che era una contraddizione nel suo paradigma, ma che ormai era radicato nel suo essere come un edera carnivora che succhiava anima e volontà.
    L'oscuro male di vivere.
    Zmaj...no...era più oscura e malevola la questione. Perché non era quel tumore a spaventarlo, ma era che proprio quel tumore fosse lui stesso.
    Lui stesso era questo tumore. Lui stesso aveva fatto tutto questo. Lui stesso era stato manchevole. Lui stesso aveva perso.
    Non perdeva mai. Eppure...era così spezzato che non riusciva più a ritrovarsi.
    E forse, ricordando il bene, ritornando indietro poteva capire e capirsi.
    Accettarsi? Quello, ancora, non riusciva a farlo.
    Perdonarsi.

    «Andiamo con ordine...»

    Si lisciò la barba. Un respiro lungo quanto un era.

    «Ho paura. Di me stesso. Molto umano ma forse è proprio questo la mia grande forza e la mia grande debolezza. Non ho le risposte e non le voglio minimamente avere.
    Ma ho paura di me stesso...»


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    Il silenzio.

    «Ho combattuto tutto questo tempo per dimostrare a me stesso che valevo ancora qualcosa.
    Ma a dirla tutta...non ho questa gran forza. Harlan era forte. Troppo forte. Non aveva mai arretrato, nonostante i nemici. Nonostante Minosse...paura? Si...ebbe paura ma il suo pugno fu più forte della paura. Avrei voluto avere un po' di quel coraggio e di quella volontà.
    A tornare indietro, se potessi, fare di lui L'Araldo della Creazione. Non io...»


    Nervosamente accarezzava Kusanagi. Un movimento. Era sempre in movimento. Ma non era... sano.
    Era un movimento che non portava a nulla. Era una gabbia. Era il continuo muoversi di chi si trovava in gabbia e l'angoscia faceva mancare il fiato.
    Si sentiva strozzato. Non riusciva a vedere l'orizzonte.
    Il sole moriva dietro di esso e la notte calva sui suoi occhi.

    «Ho perso il controllo di me stesso un altra volta. Cosa succederebbe se non riuscissi più a contenere questo tumore?
    Ecco perché ho iniziato a girare il mondo...ho rinunciato ad essere Amaterasu o mi kami. Non sono stata degna di G.E.A. Mentre lei impazziva io perdevo me stesso. Questa Realtà e le vostre mani. Sono diventato l'Abisso. Eppure sono sempre stato sul Muro a difendere tutti...ma le mie mani...»


    Se le guardò. Una smorfia di disgusto. Le sue mani. Se stesso.

    «A volte sento ancora le urla.
    C'è stato un momento dove ho pensato che Harlan sarebbe stato migliore di me. Certo non ho tutti i miei ricordi ancora. Ho vaghi momenti dove mi ricordo i Titani e la loro caduta. L'Abisso e le mie lotte contro Malal...ma a cosa serve ricordare il bene, se poi porto con me l'Armaggedon? E ho paura di quello che potrei fare?
    Harlan avrebbe fatto meglio...io sono solo un finto Araldo...»


    Posò la sua spada per terra. Si alzò. Guardò il cielo e l'orizzonte. Vasto. E allora perché si sentiva in gabbia?

    «Ho combattuto contro Johanna...» Guardò suo fratello. Voleva capire le sue emozioni, leggergli l'anima. Ma la verità era che si stava mettendo a nudo solo lui. Ed era giusto così. Perché dovevano capire cosa passasse per l'anima di Amaterasu. Il perché delle sue scelte. Il perché della sua continua fuga da Agartha.

    «Per inteso è una bella ragazza e anche forte...bel taglio. Eppure anche durante quella battaglia ho avuto paura che questa parte oscura riemergesse.
    Ho combattuto a metà anche se poi...»
    Aveva iniziato a vedere la luce oltre il buio. L'albeggiare rossastro dietro la nebbia dei propri orrori e incubi.
    Harlan e la sua mano.

    «Viaggiare era l'unico modo per mettermi alla prova. Ho combattuto contro quel black saint, perdendo il controllo eppure ho combattuto anche in Brasile con Amacunu contro la corruzione e tutti gli orrori.
    Contro Huitzilopochtli e Sibhill spectre della banshee. Sono andato in Giappone. Ho incontrato Oceano in Brasile e Eunoé, una sua figlia, nell'Europa dell'est. Ho combattuto con un Gigante la corruzione e contro Johanna per provare a me stesso che sono ancora utile. Ho visto tante persone e ognuna di esse, a suo modo, mi ha aiutato.


    Anche da spezzato posso proteggervi ancora. »



    Amaterasu stava combattendo la più ardua battaglia. Tra tutte le innumerevoli che aveva affrontato questa era la più tremenda ed oscena. La più subdola e infame. Quella che non non riusciva mai a capire se era lui a vincere o stava affogando senza accorgersene.


    «Io sto combattendo contro me stesso. Io sono un tumore... Dennis

     
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    Male...


    Niente giri di parole. Ottimo, terapeutico. Gli fece piacere che fosse così aperto su questo punto, rispondere brutalmente “male” a quella domanda richiedeva uno sforzo incredibile. Quanto poteva essere difficile per un araldo, Pan lo sapeva benissimo.


    Era spaventato.

    Amaterasu, il divenire, era terrorizzato da se stesso. Nella sua mente riecheggiavano ancora filamenti di esperienze lontane, orribili esperienze che avrebbero portato un uomo alla follia. Pan aveva davanti uno specchio che rifletteva tutte le sue insicurezze e dei suoi rimpianti. Riviveva quello che aveva fatto ogni singolo giorno, la sua caduta dalla grazia di Gea lo perseguitava e lo attanagliava come una morsa alla base del cranio.

    Zmaj non era morto, non se n'era mai andato. Si era solo chiuso, minimizzato dentro la Dea della luce, come un tumore.
    Più le cose cambiano, più rimangono le stesse.

    I gesti di suo fratello mentre parlava erano un tripudio di segnali, sintomi di sporcizia mentale. I suoi sguardi nel vuoto, la sua mano sulla spada, i sottili, impercettibili movimenti dei muscoli facciali, il ritmo del suo respiro.
    Era tormentato.

    La sua personalità da guascone erano solo meccanismi automatici, qualcosa nato per interfacciarsi con il mondo, ma dentro di se stava lottando contro qualcosa, ed era disarmato.

    Citò vari nomi, tra qui quello di Johanna.
    Si erano scontrati poco tempo prima, ma Dennis lo sapeva già. Era li per quello, il tarlo mentale di parlare con suo fratello si era insediato dentro di lui quando Jo descrisse parte dello scontro, durante una cena. Era un argomento uscito per caso, discusso senza risentimento dalla regina, anche se per lei c'era stato qualcosa di strano nel suo combattimento, come se , e quelle erano parole due, “Non fosse sempre davanti a me. Non era apprensione quella di Dennis, semplicemente per lui era arrivato il momento di fare una visita a suo fratello, per vedere se era tutto a posto.

    Ci aveva visto lungo.

    Altri nomi, altre battaglie. Black Saints, mostri, spiriti, corruzione, giganti, ci si poteva scrivere un intero fascicolo sulle esperienze fatte in così poco tempo, tutto nato da un impellente bisogno, una necessità basilare per l'uomo che PAN aveva davanti: Quella di dimostrare a se stesso che poteva farcela, che era ancora utile

    Anche da spezzato posso proteggervi ancora.

    L'Araldo stava combattendo contro qualcuno alla sua altezza.
    Se stesso.

    Io sono un tumore, Dennis.

    Rimasero in silenzio qualche secondo, con Pan che si strofinava il mento con le dita, fissando il terreno.
    Si alzò piano, strofinandosi il viso con i palmi delle mani, per poi far cadere le braccia in modo molle, perpendicolari alle spalle.
    Nella sua mente, il corpo del Martello della Dea divenne un fluido. Niente ossa, niente tendini, niente muscoli, si stava convincendo più che poteva di essere una massa informe resa animata dalla pura volontà. La convinzione, l'atteggiamento mentale, la base per ogni azione degna di nota. Le sue spalle si mossero leggermente, con fare ondeggiante.

    Poi, il movimento.
    Una frusta, il suo braccio e la sua mano. Un schiaffo dato a velocità folle, accompagnato dal movimento del corpo intero. Il colpo era diretto al viso di suo fratello, tra il collo e la parte posteriore della mandibola.

    Un buon modo per iniziare.

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    Si...si considerava un tumore.
    Non lo portava dentro di se. Lo era. Lo sentiva agitarsi dentro. Ad ogni battaglia sentiva il ronzio di quelle ali di morte, quel fiato che puzzava di fetore di morte, il fuoco che distruggeva tutto.
    Dov'era Amaterasu?
    Guardò il cielo...non vide il sole.
    Vi era una parte di lui che voleva morire. Eppure ve n'era un altra che ancora, strenuamente, si batteva in quel livore e oscurità. Ancora cercava di rialzarsi.
    Anche con i dubbi. Perché ne aveva.
    Troppi.
    Aveva dubbi su se stesso. Su quello che poteva o meno fare, ogni suo passo lo calcolava, ogni sua frase era una maschera, ogni sorriso solo un rumore assordante per nascondere i singhiozzi. Amava questo mondo. Lo amava fin dal primo momento che aprì i suoi occhi e sostenne G.E.A in questo atto unico. Lo amò così tanto da voltargli le spalle e immergersi nell'Abisso per proteggerlo e lo fece con un sorriso e un urlo di selvaggia libertà.
    Eppure oggi sentiva l'Abisso addosso. Ogni battaglia per lui era paura.
    Si...sentiva la paura addosso che gli frenava la mano, che frenava la sua mano e il suo taglio iniziava ad essere impuro. La sua mente non era più libera e questo era una prima vittoria, schiacciante, di quei bastardi che si trovavano al di là del Muro.
    Ed era questo che gli faceva provare rabbia. Perché lui non era un vigliacco. Tutto questo per lui...lo voleva combattere. Desiderava così tanto combatterlo ma ogni volta che provava a fare qualcosa, la paura lo congelava. Bloccava la sua anima, sentiva il freddo scorrergli nelle vene, l'oscurità lambire il suo mondo e l'angoscia attanagliargli il cuore e le viscere.
    Ogni volta. Ogni volta.
    Ogni fottutissima volta. La notte non portava il dolce riposo ma incubi. I suoi passi lo allontanavano dal dovere conducendolo verso la disperazione.
    Questo mondo era divenuto una gabbia. Le sue azioni sabbie mobili infide che lo trascinavano verso il basso.
    Più tentava, più sprofondava.
    Più sprofondava più il gelo fermava la sua rabbia e il suo cuore. Più tutto si riduceva ad una scala di grigi monotoni e tutti uguali fra di loro e Kusanagi non ronzava più.
    Non sentiva la sua spada. Non sentiva il taglio.
    Non sentiva il fuoco ruggire.
    Perché stava provando a divorarsi pezzo per pezzo. Se tanto bastava a distruggere quell'infame bastardo.
    Però tentava ancora. Era spezzato e...


    Lo vide con la coda dell'occhio. Mastodontico. Avvicinarsi come un tirannosauro che puntava la preda.
    Un solo movimento. Un movimento che fu come martellata. Fu come lo squalo che schioccasse le mandibole. Fu come il salto della pantera sulla preda. Un movimento rabbioso e violento. Il colpo frustò Amaterasu da sinistra a destra. Il mondo virò bruscamente.
    Quello schiaffo risuonò nel creato, preso dal vento, e la Realtà ne sembrò impaurita.
    Andò a terra il primo tra di Loro. Primo nella creazione. Ultimo nella volontà a quanto sembrava.
    Sentì il viso bruciare. E insieme ad esso l'anima per la vergogna. Ma gli importava?
    Domanda a cui non ebbe il coraggio di darsi una risposta...forse perché già la sapeva.
    Un tempo si sarebbe mosso. Oggi non aveva nemmeno questa volontà. Nemmeno di parare questo colpo.
    A cosa si stava riducendo Amaterasu?
    Passò la sua mano sul viso barbuto.
    Ma vi erano delle mani che stavano cercando di portarlo fuori dalla caverna. Anche se una di esse gli aveva appena dato uno schiaffo.

    «Mh...vedo che sei incazzato per quello che ho detto.»

    Aprì i suoi occhi. Il viso pulsava. Il pugno serrato.

    «Sei arrabbiato con me?
    Anche io, cosa credi? Che non lo sappia? Credi che non riesca a giudicarmi? Mi fai così stupido? Sai quanti schiaffi mi sono dato io in tutto questo tempo?!»


    Si alzò, tenendosi ancora il viso. Faceva male. Quanto la sua anima.

    «Ma è la verità. Per quanto tu sia arrabbiato io sono un tumore. Lo sono stato.
    Ed ho paura...e questa paura me la porto dentro. E non riesco più ad essere me stesso. Non riesco più a tagliare. Non riesco più a guardarmi allo specchio perché rivedo quella cosa


    Strinse il pugno.

    «E questa paura è la mia gabbia.
    Io non sento più il mio fuoco. Non c'è più nulla. Nutrisco et extinguo?
    Pfu...sto provando a divorare me stesso con tutte le mie forze. Perché quelle ali non devono più aprirsi su questo mondo.»



    vagabond
    «Ho paura e finché non la combatterò non sarò più me stesso. Sarò solo una preda di altri bastardi che non attendono altro.»



    Lo sapeva molto bene. Lo aveva sempre saputo.

    «Perché so quello che devo fare. E non devo farlo per te, per Chernobog, i nostri fratelli o questa realtà.
    Lo devo fare per me stesso. Per riessere di nuovo Io. Perché così sono solo distrutto.»


    Si rialzò a fatica, massaggiandosi il collo. Le ossa scrocchiarono. Aveva preso un colpo eccezionale e nemmeno a piena forza.

    «Tra l'altro se muoio perché mi è venuto il torcicollo a causa tua, quando starai facendo sesso con Johanna, giuro, ti vengo a sculacciare da morto!»

    Il collo era indolenzito. Non riusciva a piegarlo e aveva la mandibola che pulsava.

    «In ogni caso la mia paura è questa. Ma per combatterla devo tornare lì dove tutto e iniziato...dove ero Amaterasu o mi kami...»

    La spada di fronte a P.A.N.
    Cosa stava facendo quell'imprevedibile Araldo col male di vivere?

     
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    Non si mosse.
    Il sole non si mosse.

    Lo schiaffo atterrò sulla faccia del fratello con fare indisturbato. Vide L'araldo volare via come una pezzo di stoffa gettato via. Un po' più forte e suo fratello sarebbe volato in aria come una girandola al vento. Amaterasu incassò lo schiaffo con la stessa cooperazione che avrebbe avuto un sacco di patate. Il gesto di Pan, visto da un occhio esterno, emanava rabbia tribale, una fastidio che anche chi solo vedeva poteva percepire, come sabbia sulla pelle ustionata.
    Eppure, Dennis non provava nulla di tutto questo.
    Suo fratello si massaggiò la guancia, serrando il pugno sul terreno, guardandolo con la vergogna negli occhi.

    Paura.
    Paura di perdere se stessi, paura di diventare ciechi davanti alle proprie intenzioni, paura di spargere un veleno troppo potente e necrotizzante per essere fermato. Lo vedeva nel suo sguardo mentre serrava il pugno. Il pugno non era per Pan, non era per l'orrore del mondo, ma per quella parte dentro di se che non si ostinava ad andare via.

    La sua paura era grande, immane, così opprimente da lasciarlo senza fiato. L'Araldo del Sole, del fuoco primordiale, della luce del mattino, aveva paura dell'ombra che proiettava sulla Terra.
    Una disgustosa sensazione di "già visto" lo pervadeva. Aveva già passato qualcosa del genere, era letteralmente la stessa esperienza, lo stesso meccanismo che ticchettava e si muoveva inesorabile.
    Ma in quel caso, Dennis stava assistendo alla cosa dal secondo punto di vista e con la dinamica degli eventi totalmente ribaltata, con causa ed effetto scambiati di posto, e la sensazione era così aliena per lui da afferrarlo debolmente alla bocca dello stomaco.
    Qualche mese prima, sulle colline svedesi, Dennis era quello per terra.

    Sei arrabbiato con me?

    Pleonasticamente, Harlan cominciò a spiegare tutto quello che Dennis aveva capito dal pugno chiuso.
    Quelle parole erano un distillato di vergogna e colpevolezza, così puro da far spuntare una domanda nella mente di Pan:
    Amaterasu era cosciente mentre divorava il mondo?
    Vedeva tutto in prima persona? Ricordava il suo nome mentre era persa tra le nebbie del decadimento? Oppure era come incatenata ad un mostro, impotente ed urlante nei meandri della sua stessa mente?
    Prospettive terrificanti, ma irrilevanti nel contesto del presente.

    Sei arrabbiato con me?

    Lo vide alzarsi, con la spada bene in mostra verso pan, pronto a qualcosa, qualsiasi cosa. Si sarebbe difeso al meglio delle sue capacità, avrebbe sfoderato quello che poteva per se stesso e per gli altri, come aveva sempre fatto. Forse, in quel postaccio pieno di palazzi diroccati e asfalto crepato, avrebbe anche affinato il suo concetto di Taglio, spiegato a Pan qualche tempo prima.
    L'araldo della forza lo aveva capito a grandi linee, ma sapeva che equivaleva a non comprenderlo affatto.

    Sei arrabbiato con me?

    Rispose alla guardia del Kami alzando il ginocchio destro, portandosi il pugno sinistro al fianco ed il braccio destro in avanti in posizione di guardia, simile al muay thai.
    Il suo piede destro piombò sul terreno con una forza spaventosa. La terrà tremò in lungo e in largo, crepandosi tutto intorno a loro.

    Uno slancio, dato con la punta dei piedi. Strinse le dita della mano destra così tanto da provocare una singola scintilla per lo stridio metallico.
    Ritirò il pugno destro, solo per dare al sinistro abbastanza forza per colpire Amaterasu in pieno petto. Un colpo che non era minimamente paragonabile allo schiaffeggiamento di poco prima, ma era abbastanza semplice da lasciare una finestra di reazione al samurai spirituale. La discussione era appena iniziata, e lui doveva essere paziente.

    Non era arrabbiato.

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    Quante mani aveva perso? Quante ne aveva cercate, sfiorate per un solo attimo, per poi ripiombare nel nulla?
    Ogni volta pensava, credeva fortemente, di aver trovato quella mano da stringere per poi accorgersi che stava stringendo il niente.
    Che continuava a sprofondare sempre più nei propri errori, nei propri orrori, nella sua stupidità.
    Non aveva, davvero, più nulla da dire? Si trascinava stancamente, lentamente, verso un altro orizzonte con la speranza – speranza...che parola stupida ora da dire – che al di là di esso vi potesse essere pace.
    Ma attendeva. Attendeva qualcosa. Attendeva che il Sole sorgesse di nuovo ad est, senza pensare che fosse proprio lui quel Sole e che solo lui poteva alzarsi.
    Aveva visto lo schiaffo di Dennis, si che l'aveva visto, ma ugualmente era rimasto fermo. Come contro Johanna.
    Perché?
    Per paura. Paura di non saper vincere quel male che attendeva solo il momento propizio, la sua debolezza, il suo essere stupido e pavido. Quel momento in cui le sue paure sarebbero tornate come demoni e che questa volta non avrebbe potuto fare nulla per fermarlo.
    La caverna era la gabbia ma così facendo si era costretto in catene.
    Continuando a perdere le mani di questa realtà.
    Doveva proteggere Chernobog. Doveva proteggere Dennis e Moko.
    Avrebbe protetto tutti loro. Avrebbe dato il sangue per loro. Avrebbe dato la sua anima. Quel sangue marcio e la sua sciocca vita per evitarli delle sofferenze, per asciugare le loro lacrime e fasciare le loro ferite.
    Il suo corpo, la sua anima era per tutti loro.
    Lo schiaffo di Dennis gli aveva fatto male più all'anima che al fisico. Perché?
    Perché era lo schiaffo di un padre al figlio che stava facendo una stupidaggine. Non per colpa ma per bene.
    Non per odio ma per amore.
    Era tremendo quello schiaffo. Perché con poco Dennis aveva detto tutto.
    Perché sebbene capisse, sebbene sapesse, non riusciva a fare.
    Era lo schiaffo che col dolore faceva svegliare la coscienza.
    O per meglio dire rendeva quel dolore che aveva dentro reale e lo costringeva a guardarlo.
    Fino a quel momento Amaterasu si era nascosta. Harlan aveva tentato l'impossibile, rendendolo possibile eppure lei non riusciva a fare alcunché.
    Rendendo il sacrificio di Harlan inutile visto che il risveglio di Amaterasu non portava l'Alba ma un altra, tremenda, notte su questa Realtà stuprata a più riprese.
    E ora il pugno.
    E in quel momento tutto si fermò.
    Lo specchio della propria anima...cosa vedeva in esso?
    Zmaj?
    Si...lo vedeva...ma vedeva anche se stesso. Erano entrambi. Però questo poteva fermarlo? Significava che se davvero pensava di esserlo allora non poteva batterlo, perché lo specchio avrebbe sempre rimandato quell'immagine.
    Perché lo voleva lui.
    Lo specchio...era importante. Perché non mentiva. Era nullo. Viveva di rimando a qualcos'altro.
    Lo schiaffo di Dennis lo infranse.
    Infranse lo specchio deformante mettendo in luce la verità delle cose. Era troppo semplice darsi la colpa. Troppo semplice.
    Harlan non lo aveva mai fatto. Anche lui aveva il male di vivere ma lo combatteva perché sapeva quanto fosse importante vivere. Perché vivendo potevamo cambiare el cose.
    Forse non tutte ma provarci si. Dovevamo farlo. Perché senno eravamo già tutti morti. E se eravamo morti perché affannarsi a vivere e a cercare di rialzarsi dal fondo di merda in cui ci eravamo nascosti a soffocare tra il fetore degli sbagli?


    Chi ama e fugge non ha né onore né può davvero dire d'aver amato. E questo mondo va amato. Questo mondo può dare amore e ognuno di noi lo merita, non bisogna dimenticarlo.




    Ecco. Lui fuggiva.
    Fuggiva sempre. Era stanco. Stanco di fuggire. Stanco di essere qualcos'altro. Lui era altro.
    E amava troppo per poter di nuovo piegare la testa e lasciarsi colpire. A che pro?
    Sempre a farsi colpire...
    Sarebbe cambiato qualcosa? Sempre di merda si sarebbe sentito.
    Ma per non sentirsi più così doveva piangere, doveva guardarsi allo specchio e non averne paura. Perché tutto poteva cambiare.
    La vita andava avanti. Imparava dai suoi errori per essere migliore. Non sbagliare mai questo era davvero il male.
    Non perdere mai questo faceva debole il guerriero. E Dennis voleva dargli un pugno per risvegliarlo del tutto.
    Perché se non credeva in se stesso nessuno lo avrebbe fatto per lui. E doveva iniziare dalle cose più semplici.
    Prima dell'Abisso doveva ridare un pugno a Dennis.
    Il resto contava?
    No.
    Ora contava dimostrare che anche se una spada era rotta poteva essere riforgiata. Non sarebbe stata mai come prima ma questo non significava nulla. Cambiare era sinonimo di maturazione.
    Una spada rotta poteva rinascere in un altro acciaio.


    La spada davanti.
    Si chiuse in una posizione difensiva, con la spada ancora inguainata di fronte a lui. Come se fosse stata uno scudo.
    Il pugno contro la spada.
    La violenza di G.E.A contro la Creazione.
    Il Martello della Dea che si abbatteva con furiosissimo sdegno di contro ai nemici di questa realtà, contro la spada nelle tenebre che portava la luce della speranza anche nelle tenebre più fitte. Perché tutto rinascesse. Tutto iniziasse e dalle tenebre vita sorgesse.
    La furia e L'Inizio.
    L'impatto del pugno contro l'acciaio della spada. Lo stridore delle nocchie di P.A.N di contro al cangiante colore mutevole degli occhi di Amaterasu.
    Lo scintillio dell'acciaio nei loro occhi, il sorriso di Amaterasu.
    Corpo a corpo contro P.A.N. Pazzia?
    No...era il modo di combattere di Amaterasu. Non vi era pazzia solo un accresciuta capacità di capire e capirsi.
    Perché se non fronteggiava il suo pugno non sarebbe sopravvissuto nell'Abisso.
    Due dita sull'elsa.
    Vicini.
    Lo iaido. Estrazione di spada.
    Dal tutto si generava un singolo movimento che permetteva l'azione e la volontà che si imprimevano nella realtà dando l'Inizio di un quid.
    La mano sull'elsa era al contario. Il filo era dalla parte sterna non all'interno. Perché l'unico modo per colpire sarebbe stato questo. Era una tecnica da usare a corta distanza, quando l'avversario ci avesse chiuso in una morsa. Un movimento imprevedibile.
    Quasi impossibile.
    Ma la vita era generare dal nulla.
    L'estrazione sarebbe stata al contrario.
    L'avrebbe fatta con la destra che impugnava l'elsa col dorso verso P.A.N, per poi rigirare la spada tra le dita a mezz'aria.
    Un passo verso destra, la sinistra sull'elsa. Il fendente in diagonale dall'alto in basso in un unico, fluido e continuo, movimento.
    Estrazione.
    Fendente.
    Taglio.


    Tukakudashi-Mogaridachi
    Gyaktou




    Era il loro modo per parlarsi.




    CITAZIONE
    Questa è la tecnica

     
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    Dennis non aveva una vera e propria routine.
    Si alzava dal letto, vedeva cosa aveva da fare quel giorno, una doccia se era fortunato, e via fino all'ora di andare a dormire. Un semplice susseguirsi di giorni, scandito dall'obbiettivo del momento.

    Questo comportamento mutò quando il suo corpo cambiò insieme alla sua natura, sopratutto riguardo l'alimentazione. Prima di allora non aveva dato molto peso a cosa mangiasse, un po' di carne in scatola, del pane secco, liquore per mandare tutto giù. La fame veniva tenuta in riga, lui si sentiva ok, era tutto perfetto.
    Fin quando il concetto di routine non si infilò nella sua vita.
    Il suo corpo era un'arma, una macchina, e come ogni macchina aveva bisogno di un'adeguata manutenzione, tradotte in continui esami medici e quattro ore di allenamento giornaliero chiuso in una stanza. Flessioni, piegamenti, torsioni, salti, tutto fino a farsi bruciare i muscoli. Un corpo più gracile, e la forza di Pan avrebbe strappato i muscoli dalle sue ossa.
    Ma allenarsi non bastava. Ciò che il suo corpo aveva bisogno erano un numero spropositato di calorie. Lui doveva mangiare, il suo essere richiedeva quel trattamento, era inevitabile.

    Eppure, ogni volta che si sedeva davanti al piatto, lo stomaco gli si contorceva.
    Si, il suo corpo ne aveva bisogno, ma lui aveva davvero diritto a quel cibo? Fuori dai domini Gea c'era miseria e dolore, c'era freddo e c'era fame. La gente combatteva ogni giorno in quelle lande desolate, e lui poteva avere quanto cibo voleva solo chiedendo. Quella consapevolezza rendeva ogni singolo boccone come cenere nella sua bocca.
    Ma lui non poteva rifiutare.
    Un'arma senza la dovuta cura era solo spazzatura.
    Per giorni si era dovuto sforzare di ingoiare qualcosa, fino al graffiare il tavolo con le unghie. Lui doveva vivere, lui doveva combattere, lui doveva avere la forza che gli altri non avevano.

    Quella mattina, Dennis aveva mangiato bene.
    Era una giornata importante, era un incontro importante, era un discorso importante.

    Aveva bisogno di ogni grammo della sua forza per ribadire un concetto, quindi la sua coscienza fu più benevola verso di lui, e riuscì a fare tutto senza sentirsi male.

    Nel momento in cui vide Amaterasu alzarsi, un dubbio lo avvolse:
    Aveva esagerato?
    Aveva fatto male?
    Aveva letteralmente sprecato del cibo per nulla?
    L'insicurezza si stava trasformando in disgusto, come se il contenuto del suo stomaco si stesse imputridendo. Aveva sbagliato tutto, stava sprecando tempo.

    Fu quando sentì il clangore del suo pugno sulla spada di Amaterasu che quelle nebbie vennero spazzate via dalla sua anima. Era li, suo fratello era li, si stava muovendo, stava reagendo in qualche modo.
    Un sorriso di beatitudine si stampò sul viso di Pan.

    Grazie a Dio ti sei ripreso, sembrava stessi parlando da solo...

    Le “parole” di Harlan non tardarono ad arrivare. Una tecnica di spada perfetta, e quella lama squarciò il petto di Pan. Il dolore, il sangue, era tutto in moto, una perfetta macchina ben oliata che si stava muovendo proprio come si era immaginato. Per un brevissimo istante, tra le fitte di dolore, Dennis si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.

    Ma non era il momento di cedere, la faccenda era appena iniziata.
    La tecnica di Harlan era superba, il suo colpo era andato a segno con magistrale efficacia, e la sua abilità era qualcosa sulla quale Dennis faceva affidamento.
    Quel fendente feroce e preciso aveva spostato entrambe le braccia di Amaterasu verso il basso, avrebbe potuto spaccare in due una montagna.
    Ma Pan era leggermente più testardo.
    Non doveva dare tempo ad Harlan di alzare la lama. Sollevò il ginocchio con velocità tale da frantumare la barriera del suono migliaia di volte, mirando il suo tallone alla testa dell'omero di Amaterasu rivolta verso di lui. Quel colpo era diverso, non era un avvertimento, non era un colpo d'inizio, l'intenzione questa volta era di frantumare le ossa, di renderlo incapace di impugnare la sua spada. Avrebbe continuato a colpirlo per ore se fosse stato necessario, ma alla fine del giorno, Amaterasu avrebbe lasciato cadere la sua arma.

    Era una promessa

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    RIASSUNTO AZIONI - mi becco la tagliata in pieno per poi darti questo bel colpo qui ma sulla spalla destra con l'intenzione di farti male male male male male
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    La volontà era acciaio. Andava temprato come l'acciaio. Andava levigato, lavorato, andava battuto. Perché nessuno era acciaio. Nessuna volontà lo diventava. Lo era solo con la vita, il dolore, la voglia di alzarsi, di combattere, di essere felici, egoisticamente anche, di arrivare al cielo, superarlo e guardare le stelle.
    La volontà non era tutto, però. Ogni battaglia era fatta di volontà e di abilità.
    Così come la vita.
    Nessuno arrivava a toccare i propri sogni, ma provarci faceva la differenza tra il sopravvivere e vivere. Perché non si viveva per i sogni o per i ricordi; per un amore nato e poi perso come neve di fronte al primo sole, non era questo. Non ci si batteva solo ed esclusivamente per questo. Lo si faceva per realizzare qualcosa. Che non necessariamente doveva portare ad un lieto fine.
    Era questa la volontà. Di provarci, almeno, a creare qualcosa. Poi non sarebbe andata come volevamo però tentare significava vivere. Continuare a rialzarsi era da guerrieri. Rimestare nel proprio letamaio da vigliacchi.
    Draka aveva combattuto una battaglia contro se stesso immane. Ne portava i segni sul corpo, ne portava sopratutto i segni in un anima strappata.
    Ma questo bastava per fermarsi?
    La sua strada non era arrivata alla fine...il problema erano stati gli ostacoli lungo di essa a frenarlo. Le mani che aveva perso. Gli occhi di chi aveva incrociato, anche solo per un attimo, breve come rugiada. I sorrisi. Le ferite e le trappole lungo questa Vita.
    Fu questo a frenarlo. Le paure. Le ferite. Le mani accarezzate e poi perse. Il guardare un orizzonte e vederci occhi che sorridevano per poi diventare nuvole, correre in un cielo plumbeo, mischiarsi a mille altre anonime e perdersi.
    Lui si perse.
    In fondo non si perse solo, perché almeno avrebbe continuato ad avanzare e, forse, a sbagliare.... si fermò del tutto.
    L'Inizio si arrestò, comprimendosi in un nulla che portava solo angoscia.
    Ma cos'era la volontà? Cos'era il fuoco che ardeva nel petto di Amaterasu?


    COS'ERA?!


    484048-bigthumbnail




    Un collina solitaria. Spade spezzate di nemici, di avversari, in una strada che conduceva verso l'orizzonte. Passi infiniti vennero fatti, in un passato che si perdeva in un percorso ormai arenato di un uomo seduto che non andava più avanti guardando l'orizzonte, ma tenendo i suoi occhi bassi, su una terra sempre uguale. Non osava più sollevarli.
    Non voleva più guardare quell'orizzonte di cui aveva paura. Perché aveva paura del suo cammino. Del percorso fatto fino ad adesso. Di tutto quello che aveva perso. Di tutto il dolore che aveva sopportato in cerca di mani che mai arrivarono.
    E quando lo pensò si tramutarono in zanne che lo squarciarono ancora più in profondità. Questa era la sua personale disperazione. Il suo mondo fatto solo di un lento, inesorabile, presente che non avrebbe condotto a nulla perché slegato da quei passi che lo avevano condotto fino a quella collina. Fino a stare seduto non avanzando.
    E non avanzare significava non scrivere la propria storia. Che necessariamente non sarebbe stata diversa di punto in bianco, ma sicuramente migliore perché i passi, giusti e sbagliati insieme, davano il senso e lo scopo di ogni esistenza.
    Su quelli si doveva fare affidamento per continuare la propria strada e guardare il sole.
    Il soffio del vento tra capelli e sull'anima. Si era dimenticato del taglio. Si era dimenticato di chi fosse. Preferiva così. Non avrebbe sofferto. Nè a ricordare, né ad avanzare.
    Sotto la maschera di un sorriso continuava a piangere.
    Sotto quegli occhi che non sostenevano la luce del Sole, la paura li adombrava, in un buio come cappa in cui non vi era nulla.
    E cos'era la volontà?
    Quella scintilla che dal nulla si accendeva nelle tenebre. Quel quid che ci faceva rialzare.
    Perché se lo volevamo davvero potevamo fare tutto.
    Perdere finanche. Ma perdere non era la fine. Solo l'inizio di un nuovo percorso e di una nuova consapevolezza verso noi stessi.
    Perché per quanto fosse profondo l'abisso


    BISOGNAVA CONTINUARE AD INSISTERE




    A non mollare mai. E se anche cadevamo, dovevamo rialzarci. E forse non ci sarebbero state le mani che amavamo fino a quel momento, forse gli occhi di chi era con noi diventavano un ricordo, eppure la strada della nostra vita rimaneva lì. Ed era questo l'importante e che faceva la distinzione traboccava


    CHI NON PERDE MAI E CHI è LO SCONFITTO




    Perché in fondo alla sua anima un pugno iniziò a tremare in mezzo ad un mare di fiamme. E su quella collina solitaria Amaterasu si rialzò. Si rialzò e guardò l'orizzonte mentre il Sole divampò sulla sua fronte.
    E quegli occhi divennero bianchi. Bianchi come l'Inizio dove ogni nuova storia veniva raccontata.


    Il dolore arrivò con il colpo di suo fratello. Sentì le ossa della spalla rompersi. Cambiò mano.
    Sorrise mentre la spalla urlava di dolore. Mentre quel colpo affondava nella sua carne.
    Mentre P.AN pensava che questo bastasse a renderlo in ginocchio. Che privarlo della spada significava renderlo inerte con la gola che si mostrava al predatore.
    Lasciò la presa con la destra. Impugnò la spada al contrario con la sinistra.
    Cambiare traiettoria in volo.
    Rendere un fendente infinito. Rendere la sua volontà nel taglio e inciderlo nella realtà.
    Sentì la spalla bruciare ma poco importava. Sentì il dolore e fu piacevole, perché si scopriva forte.
    Contrattaccare. Senza paura alcuna. Perché la sua volontà era acciaio.
    Perché lui era una spada.
    Era



    THE BONE OF THE SWORD OF G.E.A




    E quel fendente saettò nell'aria. Un fendente. Divennero tre.
    Questo era il taglio di Amaterasu. La sua impareggiabile tecnica di spada.
    No...non tecnica...questa era la sua essenza primigenia. Questo il paradigma che G.E.A infuse nell'Araldo dell'Inizio quando la Realtà era ancora da formare. Quando tutto si rimestava nella Moltitudine. Dove vi era solo la Singolarità primigenia, il taglio di Amaterasu creò il Duale.
    Creò la distinzione. Creò un quid che fu diverso da infiniti altri ed insieme furono la melodia di G.E.A


    Tsubame Gaeshi




    L'unica tecnica che Amaterasu copiò.
    E quel colpo si sarebbe inciso nelle carni e nello spirito di P.A.N. Un altra dimostrazione.
    Questo era l'intento.
    Perché al di là del dolore vi era l'orgoglio. La volontà di avanzare. Di rialzarsi e continuare su quella strada senza averne più paura. Senza guardarsi indietro con occhi smarriti, ma solo con la consapevolezza di quello che aveva fatto e dei passi che ne erano seguiti fino ad arrivare...

    al Sole.
    E quel colpo lo scagliò lontano. Il colpo di suo fratello fu brutale e violento nell'esecuzione e nella forza. Eppure...
    ...divertente. Piacevole. Sentì il suo cuore battere e pulsare. Sentì la fiamma ardere nella sua anima.
    Sputò per terra un grumo di sangue misto al dolore che pervadeva il suo braccio, come mille aghi arroventati che non davano tregua.
    Eppure, in ginocchio e col braccio spezzato, quel cosmo divampava e il Sole si accese come non mai. I suoi raggio brillarono sulla darian rimandandoli in una miriade di arcobaleni.
    Questa era la vera forza che si nascondeva in Amaterasu. Una forza che tornava brutale sorgendo ad Est.
    La spada puntata verso P.A.N. Amaterasu....


    La Spada Di G.E.A




    Una spada che aveva trovato i suoi segreti e la sua volontà nella natura e nel Creato e per essa si batteva. Perché il suo taglio era la prosecuzione della volontà della Madre in questo mondo.
    E mentre il Sole sfavillava sulla Darian bianca quegli occhi furono mare di fiamme.
    Il Byakko era sveglio.
    E ruggiva la sua determinazione e il pugno di Harlan, nella sua anima, si alzò al cielo.


    Amaterasu o mi kami
    Ineguagliabile Sotto I Cieli




    Sorrise. E fu un sorriso come squarcio di katana. Fu lo snudare delle zanne possenti del Byakko di G.E.A.

    «Vieni...fratello...»

    Parole come fendenti.




    CITAZIONE
    ENERGIA: Blu

    STATUS DARIAN( LV VII): Incrinata sulla spalla destra.


    STATUS FISICO: Spalla destra fratturata.


    TECNICHE UTILIZZATE: Hiken - Tsubame Gaeshi - La spada che taglia una rondine ~ Questa tecnica era di Airone. O Meti. Un altra pretendente per far si che Amaterasu si svegliasse dal suo lungo sonno. Nel momento in cui Draka riesce finalmente a fare suo il taglio perfetto, nel momento in cui diventa simulacro e risveglia Amaterasu, questa tecnica la fa sua.
    L'Araldo della Creazione ringrazia i due a suo modo: lasciando il corpo di Draka, facendo sua la tecnica di Meti. In modo tale che entrambi continuassero ad essere nella Creazione che non ha mai fine.
    Questa tecnica si dice che sia in grado di abbattere una rondine a mezz'aria.
    Amaterasu, espande il suo cosmo fino al limite della sua energia, facendo fluire in essa la Forza della Creazione e dello Spirito. Si pone con la punta della spada verso l'alto e la lama rivolta all'indietro; la guardia, del tutto particolare, è effettuata con la mano destra che impugna al contrario. Una guardia che permette la famosa tecnica caratterizzata da una repentina variazione di direzione durante il taglio, in realtà doppio, come il rapido cambio di direzione di una rondine. Il primo colpo arriva all'avversario con una velocità travolgente, creando un arco circolare in orizzontale per circondarlo. Ma il secondo colpo verticale, leggermente più lento, ha lo scopo di bloccare la fuga dall'alto e il terzo colpo verticale per impedire di fuggire di lato, travolgendo completamente l'avversario.
    Tre tagli. Un unico fendente. Per non lasciare scampo alcuno.
    Questa è la tecnica con cui Amaterasu ha riaperto i suoi occhi in questo mondo. è la sua essenza.
    È una tecnica che Sfida Dio
    Un taglio per far sanguinare Dio.
    Un fendente. Molteplici.
    Perché chi affermava e agiva diventava Dio.
    Chi non pensava alla sua azione ma la poneva in essere poteva far sanguinare un Dio.
    E questa tecnica è l'assoluto taglio di Amaterasu. Un taglio con la mente sgombra dai pensieri, col cuore limpido, agire e pensare che si fanno essenza. Un taglio che diventa che porta alla molteplicità. Un modo per riconoscere molteplici possibilità. Un singolo atto che è anche concluso; una spada infinita che dà vita e morte allo stesso tempo, rendendo trasparente la propria esistenza fino agli estremi, finché non rimane più nulla che il taglio.
    Questo è Tsubame Gaeshi di Amaterasu. Una spada che crea un futuro a cui nemmeno gli dei possono sfuggire.
    {Spirito + Cosmo Straordinario + Spada}


    ABILITà:
    Kusanagi No Tsurugi
    «Se nel tuo viaggio dovessi incontrare Dio, lo trapasserai.»

    La Falciatrice d'erba.
    Ama no Murakumo. La Spada del Paradiso.
    L'arma che da sempre accompagna Amaterasu nella sua lotta contro l'Abisso e il Terrore. La spada che falcia i nemici come se fossero giunchi.
    La spada lucente che taglia il Buio.
    Una spada che è leggendaria come la mano di chi la impugna. perchè non vi è mano senza quell'elsa.
    Non vi è la risata sprezzante di Amaterasu senza il ronzio acuto di Kusanagi.
    Non vi è la forza dirompente dell'araldo dell'Inizio senza il tocco ferale e mortifero della spada che nacque da Orochi, il Drago ad 8 teste.
    Così come Harlan e astolfo era un tutt'uno - fuoco e veleno per G.E.A - così Kusanagi e Amaterasu sono essenza e significante l'una dell'altra.

    Il valore di Amaterasu lo si misura dal filo della sua spada.
    Che non è solo un arma. é molto di più: compagna, sorella, incarna il valore e la volontà di Amaterasu. Non un arma semplicemente...Amaterasu che si è fatta spada e arma per G.E.A.
    Non una katana ma una spada. Dalla lama lunga 90 cm, con l'elsa finemente decorata a ricordare un drago; la sua forma ricorderebbe un calamo, dall'acciaio lucente e bianco che sembra aver catturato i raggi del sole.
    Sul filo interno vi sono 8 anelli a ricordare Yamata no Orochi, il drago a 8 teste da cui, la leggenda dice, fosse nata tale spada.
    Ogni volta che si muove un ronzio particolare sembra invadere l'aria, come suono di tempesta e di guerra.
    Come vento che soffia tra gli steli d'erba.
    Delicata come il tocco dell'erba, ferale come il Drago da cui è nata, leggendaria come chi la impugna.
    Si dice che il suo filo sia indistruttibile[Stesso grado e resistenza della cloth] e che possa tagliare sia l'anima che il corpo.
    Sulla lama vi sono incise queste parole:
    Come rugiada al cespite Dell'erba inaridita, Fresca negli arsi calami Fa rifluir la vita

    :: Abilità Arma

    La Vita è Straordinaria
    «La cosa più bella che possa capitare a un essere umano, è di scoprire il fuoco sacro, il fuoco della sua anima.
    E di fare in modo che la vita intera sia l’espressione di questa anima»

    La vita è un impeto di gioia, di rabbia, di violenza, di amore, di dolore, di malinconia. la vita cos'è se non un qualcosa che brilla più del sole e delle altre stelle? Cos'è se non un universo?
    Unica. è un privilegio vivere. Harlan lo sapeva molto bene. Lo aveva sempre saputo perché per capirlo la vita ti deve sfuggire di mano, come granelli di sabbia. Perché è preziosa. Perché inestinguibile. Luminosa.
    Vivere significava avere il coraggio anche di prendere il dolore e di accettare i propri sbagli, perché vivere era anche questo. Non era una strada dritta e uguale per tutti, ma infinita. Infinita come le strade che potevamo prendere, come le mani di chi potevamo incontrare, come gli amori che ci avrebbero accompagnati e le cicatrici che potevamo farci cadendo su questa strada magnifica.
    Harlan lo aveva capito mentre combatteva il suo tumore.
    Perché aveva preteso che la vita doveva avere un senso già imposto da Dio, ma la vita non aveva un senso imposto da chissà quale mano.
    Aveva il senso che noi stessi eravamo disposti ad attribuirle. E per esso si doveva combattere. E con esso avrebbe dato al pugno una forza senza eguali.
    E Harlan questo senso straordinario ancora oggi non l'ha perso; Amaterasu lo custodisce gelosamente e con tale forza combatte i suoi nemici.
    E, sfruttando tutto il potere di questa vita, può infondere ai suoi attacchi e alle sue difese una forza mai vista prima.
    Una forza che è La potenza della Vita Stessa.

    :: Abilità Cosmo Straordinario

    La Vita è Carne e Anima
    «Lei ci crede a questo? A un fuoco inestinguibile che ti divora eternamente»

    La vita è sia carne che spirito. dall'unione di questi elementi che il fuoco arde in essi e in essi può continuare ad essere.
    è un fuoco.
    Amaterasu modella questo fuoco. Non solo la carne e gli elementi fisici ma sopratutto quelli spirituali infondendovi la fiamma primordiale.
    Grazie alla fiamma primigenia, può interagire con spiriti incarnati e disincarnati, muovere la propria e altrui anima verso Dimensioni Spettrali e Spirituali ed anche il corpo, sia il suo che di altri.
    Ma non solo può formare la vita, crearla per compiacere il disegno di G.E.A ma anche sfruttarla per attaccare. Perché il male ha innumerevoli forme. Trova sempre un modo per sgusciare, non visto, tra le pieghe della realtà.
    Ecco perché, prima la Salamandra e ora Amaterasu, hanno il compito di poter osservare i vari mondi e tagliare il Velo di menzogne e orrori che il Male genera per i suoi loschi scopi.
    In termini pratici può usare tale energia per colpire direttamente altra energia spirituale o anime.
    Può modellarla per creare sfere o globi. Difese o raggi qualsiasi cosa per fermare le Tenebre e le oscenità che le abitano.
    Per farli provare tutto il dolore necessario, per abbattere tutta la loro determinazione, per estinguere e divorare il loro fuoco ed estirparlo dalla realtà come il veleno da una ferita infetta.
    Egli è inoltre in grado [dall'energia blu] di staccare la propria anima dal corpo ed operare tramite una proiezione astrale che potrebbe essere utile sia in combattimento - nonostante la pericolosità che derivi da essa - sia per scopi non bellicosi. Allo stesso modo, tramite il suo potere l'Araldo dell'Inizio, può accedere (da solo o con altri) ai mondi di mezzo alla dimensione materiale, come la Dimensione Spirituale e la Dimensione Spettrale, dove l'energia spirituale si manifesta in forma fisica.

    :: Abilità Spirito

    Riconoscere la Vita in ogni forma
    « Non devi ascoltare ma percepire»

    Come gran parte dei cavalieri di un certo livello, proiettando il suo cosmo all'esterno può comunicare telepaticamente con le persone che lo circondano.

    :: Abilità Telepatia



    NOTE: Pazzia totale, furia e coattanza. contrattacco immediatamente.
     
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    Non cedeva.

    Amaterasu non cedeva. Scritto in ogni riga del suo codice sorgente, come in quello dei suoi altri quattro fratelli: Non cedere, non fermarti, non arretrare.
    Gli occhi di suo fratello lasciarono posto ad un 'essenza lattiginosa, segno che il suo lato umano si stava allentando sempre di più per fare posto all'Araldo, per fare posto al sole primordiale. Il cosmo della Dea dell'Est, la potenza di qualcosa che andava oltre i regni di sangue e carne di Pan, dove lo spirito era tangibile e mellifluo come acqua, ed ugualmente pericoloso.

    Il pugno, la sua arma perfetta. il suo marchio nell'universo. Si fece strada su una via segnata dall'insieme di minuscole variabili fino ad arrivare alla spalla dello spadaccino. Senti le ossa rompersi sotto la Darian, uno strepitio disgustoso e raggelante, ma che impallidiva di fronte al viso del Sole della Creazione.
    Un viso sorridente, mentre la spada gli sfuggiva dalle mani.

    Non sta sfuggendo.

    Le sue mani avvolsero l'elsa in una posizione particolare, alquanto scomoda al primo sguardo, con le braccia incrociate ed il fervore in ogni fibra dei suoi muscoli.
    Un lampo, troppo veloce, troppo improvviso, troppo preciso.
    Quel lampo si divise, e tre fendenti fecero di Dennis quello che volevano, e anche di più. Ebbe appena il tempo di vedere Amaterasu volare grazie al suo pugno, prima di essere travolto.
    Un impatto detonante in pieno viso, proprio sulla linea meridiana della faccia. La sua Darian rimbombò come un gong, e su l'unica cosa che impedì alla sua testa di essere tagliata in due come l'estremità di una salsiccia da cuocere.
    Poi arrivò un dolore.
    Un tipo nuovo di dolore, un bruciore intenso, come se stesse andando a fuoco dall'interno. Era così nuovo da spiazzarlo, da fermarlo.

    Ora era in piedi, con le braccia che cadevano lungo i fianchi, con una posizione che faceva trasparire equilibrio precario.
    Il suo elmo, o meglio, la parte che gli copriva la mascella e la bocca, si ritirò. Dennis frugò con la lingua, fino a trovare il dente spaccato, e sputarlo nella mano sinistra, il suo sguardo era vuoto, fisso davanti a se, spento.

    Cazzo.
    Mi hai fregato.


    Le mani gli tremavano, la sua concentrazione sul mondo materiale era assente.

    No guarda, mi hai fottuto alla grande.
    Gesù Cristo se fa ma- Oh, sta peggiorando. Quante volte mi hai colpito? Tre? E chi le ha mai viste...


    Le sue mani si alzarono lentamente. Le fissò a lungo. Le sue mani, il suo strumento. Non si era alzato dal letto con la voglia di uccidere, con l'impellente bisogno e desiderio di fare del male a qualcuno di importante.
    Ma quello che voleva aveva poco peso in quel momento.
    Cosa stava davvero facendo in quel posto?
    Stava discutendo?
    Stava litigando?
    Stava duellando?
    Stava decidendo le sorti del mondo intero?

    La risposta era “si” .

    Beh, fare esperienze nuove è un buon modo per crescere. Ora vediamo cosa fare...cosa fare...
    Oh.


    Un pensiero.
    Un'idea così stupida, inutile, malsana, autolesionista, superflua ed assolutamente autodistruttiva che chiunque nel raggio di sei universi.
    Ma pur sempre un'idea.

    Il dolore che sentiva era estraneo alla sua percezione, ed in quel momento bruciava in lui mentre era senza alcuna difesa. La sua coscienza era totalmente presa da quella nuova sensazione, il suo Io ne era risucchiato.
    Doveva trovare il modo di uscire da quell'abisso.
    Doveva tornare su un terreno conosciuto.

    Allontanò piano la sua mano destra, mentre il suo cosmo debolmente cominciava a riaccendersi. L'insieme granuloso della sua energia era concentrato su quella mano aperta, pronta a fare qualcosa di assolutamente idiota.

    Un colpo di frusta, e Dennis si colpì il viso.
    Il colpo fu talmente veloce e violento da strappare la pelle dalla guancia destra, come se fosse stata tirata via. Un lampo di dolore fisico raddrizzò la postura di Pan. La sua percezione, il suo Io, erano incatenati ad una sfera rovente di dolore, ma erano li, erano presenti, erano momentaneamente fuori dall'abisso. E tutto quello rendeva la situazione temporaneamente molto più sopportabile.

    Il tempo era tiranno. Una guerra d'attrito fra quei due ed ogni suo sforzo sarebbe stato vano. L'avrebbe finita, avrebbe finito di parlare.
    Lui non era uno spadaccino, non era uno stratega, non era un generale, ed in quel momento non era nemmeno un guerriero. Era soltanto qualcuno che stava cercando di far valere un concetto semplicissimo, riassumibile addirittura in una frase, ma dal peso immane.

    Ma non c'era tempo per le spiegazioni.

    Una guardia veloce, e si fiondò contro Amaterasu.
    La terra sotto i suoi piedi si mosse come un'onda. Il suo cosmo granuloso e dall'aspetto iracondo lo avvolse, urlando con quel caratteristico strepitio simile a miliardi di miliardi di rumorosissimi insetti. Il suo pugno destro si stava caricando di una quantità spaventosa di cosmo instabile, mentre caricava a tutta forza, come se stesse cercando di raccogliere tutto il momento del pianeta terra.
    Ma non era tutto.
    Nella sua mano sinistra c'era l'altra sua arma, incastrato fra le dita della mano e con il pollice pronto a farlo volare via, ricoperto di cosmo, verso il viso di Amaterasu:

    Il suo dente.

    Un millesimo di secondo di distrazione, e Dennis avrebbe caricato il pugno non poggiandosi sulla pianta del piede, ma sull'alluce, caricandosi di così tanta energia cinetica e forza centrifuga da farsi letteralmente a pezzi l'unghia, tutto per scaricare sull'Astro della Creazione una vera e propria bomba dall'alto in basso, diretta all'altra spalla.

    2ij7heendjo21

    Quella spada sarebbe caduta.


    Su4sahH

    B.F.G | ENERGIA VIOLA | PAN [VII]
    FISICAMENTE - squarcio diagonale su tutto il petto di media profondità, danni alle ossa della testa, danni spirituali, dente mancante, naso rotto, leggera commozione, guancia destra spellata.
    MENTALMENTE - P U N I O
    P
    U
    N
    I
    O
    STATUS DARIAN - indossata

    RIASSUNTO AZIONI -<div style="width: auto; height: 5px; background-color: #620436;">
    Mi riprendo, dopo aver subito il tuo attacco psicospirituale, facendomi male malissimo alla guancia, letteralmente stappandomi la pelle con uno schiaffo. Poi, con grazia divina, cerco prima di restituirti il mio dente in faccia come diversivo, solo per darmi tempo per colpirti con una autentica BOMBA TERMONUCLEARE sull'altra spalla.

    ABILITÀ - ///

    TECNICHE - ///
    NARRATO | PARLATO | PENSATO | °TELEPATIA°
    GEA IS A SYSTEMS ARCHITECT AND THE MULTIVERSE IS AN INFINITELY RECURSIVE ARCHITECTURAL SIMULATOR
     
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    Draka era solido sulle gambe. La tranquillità dell'essere.
    Si...tranquillo. Nei suoi occhi vi era tutta la furia della creazione, l'energia del Sole, la forza del fuoco e di ogni elemento che costituiva questa realtà. L'acciaio ronzava e vibrava nella sua mano.
    La punta toccò per terra.
    Attesa. Un attesa lunga. Infinita. Come infinite vite.
    Occhi dentro gli occhi.
    La Violenza e l'Inizio. Due volontà a confronto. Erano due parti di un tutto.
    Erano una parte del cuore della madre.
    Il loro battito era il battito di questa realtà, mentre il vento soffiava tra i capelli sia dell'uno che dell'altro. Simili.
    Il sudore imperlava i loro corpi, mentre le darian brillavano di una luce unica sotto il cielo della madre.
    Il Pugno e la Spada.
    Il braccio di Draka era spezzato, il dolore era un continuo battere nel suo essere, il sangue colava dalla ferita eppure nulla di tutto questo traspariva da quel volto da guerriero.
    Amaterasu. La Dea del Sole.
    Il suo respiro rimaneva regolare. La sua mano salda sull'elsa, il suo cuore batteva a ritmo regolare mentre la terra sotto i suoi piedi si spaccava, mentre il vento giocava con quei capelli e le nuvole galoppavano nel cielo.
    Così diverso. Eppure così uguale a prima.
    I suoi occhi erano una cacofonia di colori turbinanti, ma l'energia che in essi vi era era tutta di Draka.
    Era Amaterasu che combatteva. Con tutta la forza, la rabbia, il pugno della Salamandra di G.E.A.
    Ma sopratutto Amaterasu voleva dimostrare a Dennis che quel pugno e quella volontà non sarebbero stati distrutti o spezzati tanto facilmente.
    Il Sole brillava. Intenso. Selvaggio. Con una rabbia tale che il cosmo dell'Araldo della Creazione iniziò a far tremare quel lembo di terra.
    Il suo cosmo divampava come una Nova.
    Dennis, cos'era una battaglia se non uno scontro di volontà?
    Questo sembrava dire quel cosmo. Quel cosmo era la volontà manifesta di Amaterasu. Una volontà che tornava con la rabbia, con la determinazione necessarie affinché G.E.A fosse protetta; affinché il Muro della Realtà riavesse la sua scolta e perché quel mondo aveva bisogno del Sole.
    E Amaterasu tornava. Tornava a reclamare la Realtà. Con i suoi sbagli. Con le sue paure. Con le sue insicurezze ma anche con quella rabbia e quella volontà che erano l'acciaio e la spada di questo Araldo che non si arrendeva.



    Anche di fronte alla sconfitta lui sarebbe avanzato.
    Anche davanti alla morte avrebbe fatto un passo in avanti.
    Anche adesso avrebbe continuato a combattere fino alla fine. Fino all'orizzonte.




    Perché non esisteva una spada.


    Tagliare significa divisione per la lama di G.E.A, quel pari di potenziali che accorcia gli infiniti.




    Perché il debole spadaccino si aggrappava alla vittoria. Pensava alla sua vita, ai suoi doveri, al risultato della battaglia, al suo odio per il suo avversario, al suo addestramento, al suo orgoglio per la sua padronanza. In tal modo,rimane una nave imperfetta per i terribili fuochi dell'Abisso. Si romperà sicuramente. Non avrebbe riso a crepapelle se fosse spaccato in due dalla lama del suo avversario. Quando la sua spada si fosse frantumata, le sue mani sarebbero state troppo riservate per strappare la carne ai suoi nemici.
    E Amaterasu era una spada. Lo era nell'anima. Non cercava il taglio.


    Era il Taglio




    E quegli occhi furono lapilli.

    «Te lo ricordi, Dennis? Ti ricordi cos'è uno scontro? È forse pugno contro pugno? Oppure è uno scontro tra la mia volontà e la tua?»

    Il sorriso fu uno snudare di zanne.
    Anche se una zanna volò nell'aria.
    Dennis non si arrendeva. Per questo amava suo fratello: quel pugno distruggeva. Gli Araldi avanzavano sempre. Tra la merda e il sangue. Tra le viscere e le grida dei nemici della realtà. Spezzati e feriti continuavano ad avanzare anche in un oceano di merda ed orrori.
    Il dente di P.A.N fu come un proiettile.
    La testa scattò di lato. Sentì il bruciore sulla guancia e poi...

    Il pugno della palingenesi. La rinascita dopo la distruzione.
    Gli era già addosso con la forza di una galassia che si distruggesse. Come togliere l'erbaccia da una pianta per farla crescere ancora più rigogliosa. Ancora più magnifica.
    Questo era il pugno di P.A.N. Non la distruzione e poi il suono infinito del nulla. Ma la distruzione come nascita. Come rinascita. Come momento in cui qualcosa prendesse finalmente fiato e si mostrasse in tutta la sua magnificenza.
    Quel pugno era una galassia intera che si distruggeva.
    E che distruggeva.
    Troppo veloce. Troppo vicino...eppure il sorriso di Amaterasu fu tutto quello che Dennis poté vedere prima di...
    ... distruggere.
    Il pugno avrebbe distrutto la terra non la spalla di Draka. Inarrivabile per chiunque.
    Intoccabile. Lontano come il Sole.
    Poteva essere visto, così come il Sole, ma non poteva essere toccato e poi...il cosmo ruggì.
    Di nuovo.
    Il ruggito di Amaterasu alla sinistra di Dennis.
    Un arco di luce spuria. Un montante dal basso in alto. Una bordata di puro cosmo. Come se lo spazio e la realtà seguissero il movimento di Kusanagi.
    E avrebbe colpito e l'impatto sarebbe stato tremendo. Il cosmo avrebbe eruttato investendo suo fratello in pieno e se questo fosse successo avrebbe visto la terra e Amaterasu allontanarsi a velocità folle. Il quel colpo vi era la volontà. Perché prima di un pugno veniva la volontà. Di non cedere. Di non cadere. Di rialzarsi.
    Sempre. Di combattere anche senza speranza alcuna. Perché avanzare nonostante tutto che faceva la differenza tra vittoria e sconfitta.
    Perché si poteva anche essere sconfitti ma se non lo si tentava, se non provavamo allora eravamo già sconfitti in partenza. Già tumulati e morti.
    Amaterasu sarebbe ritornato nell'Abisso a combattere. A riprendersi la sua volontà e il suo orgoglio. A combattere gli orrori e quello che aveva nel cuore.
    Questa era la sua volontà. Il pagare il fio. Questo il prezzo dei suoi sbagli e lo avrebbe fatto con un sorriso. Perché era una sua precisa volontà
    E quella stessa volontà sarebbe divenuta filo e lama.
    Sarebbe divenute elsa e guardia.
    Sarebbe divenuta...

    ..Spada.



    KISHIRE, AMATERASU!





    Una spada che avrebbe colpito. Avrebbe tagliato dall'alto in basso e un ronzio si sarebbe impresso nel vento e nella realtà.
    E dal Tutto si sarebbe generato il Duale.
    Dall'Inizio si sarebbero generato infinite vie.
    Perché il simbolo di Amaterasu era un cerchio con due tagli nell'alto e nel basso. Perché questo faceva. Perché questo era il suo paradigma.
    E intorno a Dennis, nel suo spazio, si sarebbero aperti, come squarci spirituali dove danzavano decine e decine di magatama, sei fendenti che avrebbero potuto abbracciare quel lembo di terra.
    Sarebbero caduti intorno a lui, contro di lui, spingendolo verso il basso.
    Si sarebbero schiantati contemporaneamente sul suo corpo e nel suo spirito.
    Se fosse stato investito, a mò di tsunami, dalla potenza del taglio di Amaterasu, avrebbe rivisto la terra e saggiato la polvere mista a fiele, e sei crateri immensi si sarebbero formati sul luogo dello scontro.
    Di qualche centinaio di metri di diametro.
    Sarebbe stato come trovarsi contro un maremoto, uno tsunami fatto di fendenti che avrebbero impresso nella sua anima la rabbia di un Araldo che non perdeva mai.
    Questa era la volontà e il paradigma di quel colpo.
    Non aveva bisogno di nessun simbolo, di nessuna spada, per farlo. Non era l'Imperatrice del Giappone. Non era Ineguagliabile Sotto i Cieli, né era più Amaterasu o mi kami.
    Non serviva tutto questo. Non serviva Kusanagi per ricordarselo. Non serviva Kusanagi per esserlo.
    La volontà di G.E.A era inscritta nel suo cosmo e nel suo paradigma.
    Solo questo bastava per essere, semplicemente, Amaterasu.

    «Qualsiasi cosa tu voglia fare, devi colpirmi qui...»

    Si indicò il petto.

    «Perché solo così potrai fermarmi. Non distruggendomi le braccia, né le gambe, né facendomi sputare tutte le ossa del mio corpo. Finché il mio cuore batterà io avanzerò. Non l'ho fatto per troppo tempo e sono stato stupido.
    Tu hai bisogno di me così come io di te. Ma non in questo modo. Non con le mie paure pronte a divorarmi.
    C'è solo un posto dove posso divorarle e divorarlo. Ed è un viaggio che devo fare da solo e senza nessun aiuto.
    Il Sole splende, Dennis...e non smetterà più.
    è una promessa


    Kusanagi venne lanciata verso Dennis.

    «Te l'affido...perché è giusto così. Io sono semplicemente Amaterasu. Ora posso affrontare quello che devo più serenamente.
    Ora se vuoi continuare fallo pure. Fermerò il tuo pugno con questo mio braccio. Perché io sono la lama di G.E.A non ho bisogno di nient'altro che della mia volontà per esserlo.»


    E che P.A.N danzasse con la vita.

    «E quando ci saremmo sfogati entrambi ho un favore da chiederti, fratello.
    Ma ora continuiamo pure se vuoi... è sempre piacevole provare la forza dei tuoi pugni




    CITAZIONE
    ENERGIA: Blu

    STATUS DARIAN( LV VII): Incrinata sulla spalla destra.


    STATUS FISICO: Spalla destra fratturata.


    TECNICHE UTILIZZATE: Kyōka Suigetsu - Fiore allo specchio, Luna riflessa nell'acqua ~ L'illuminazione è come il riflesso della luna nell'acqua. La luna non si bagna né l'acqua si rompe. Sebbene la sua luce sia diffusa e grande, la luna si riflette anche in una pozzanghera di pochi centimetri. La luna tutta quanta e l'intero cielo si riflettono in una goccia di rugiada sull'erba.
    Questa tecnica riprende un vecchio proverbio cinese, dove entrambe sono cose che non possono essere toccate ma viste.
    Così è Amaterasu.
    La capacità di Amaterasu di controllare le dimensioni spettrali, sia col corpo fisico che con lo spirito, fa sì che lo stesso possa permettersi di attraversarle per poi riapparire in un punto qualsiasi del suo raggio d'azione. Se durante il combattimento, questo è assai rischioso per via del notevole affaticamento fisico e spirituale che esso comporta (è infatti usabile una volta per scontro), tutt'altro discorso si applica per il teletrasporto vero e proprio, dove L'Araldo della Creazione può apparire ovunque purché sia un luogo noto e senza blocchi relativi.
    {Teleport Spirituale}

    ABILITà:
    Kusanagi No Tsurugi
    «Se nel tuo viaggio dovessi incontrare Dio, lo trapasserai.»

    La Falciatrice d'erba.
    Ama no Murakumo. La Spada del Paradiso.
    L'arma che da sempre accompagna Amaterasu nella sua lotta contro l'Abisso e il Terrore. La spada che falcia i nemici come se fossero giunchi.
    La spada lucente che taglia il Buio.
    Una spada che è leggendaria come la mano di chi la impugna. perchè non vi è mano senza quell'elsa.
    Non vi è la risata sprezzante di Amaterasu senza il ronzio acuto di Kusanagi.
    Non vi è la forza dirompente dell'araldo dell'Inizio senza il tocco ferale e mortifero della spada che nacque da Orochi, il Drago ad 8 teste.
    Così come Harlan e astolfo era un tutt'uno - fuoco e veleno per G.E.A - così Kusanagi e Amaterasu sono essenza e significante l'una dell'altra.

    Il valore di Amaterasu lo si misura dal filo della sua spada.
    Che non è solo un arma. é molto di più: compagna, sorella, incarna il valore e la volontà di Amaterasu. Non un arma semplicemente...Amaterasu che si è fatta spada e arma per G.E.A.
    Non una katana ma una spada. Dalla lama lunga 90 cm, con l'elsa finemente decorata a ricordare un drago; la sua forma ricorderebbe un calamo, dall'acciaio lucente e bianco che sembra aver catturato i raggi del sole.
    Sul filo interno vi sono 8 anelli a ricordare Yamata no Orochi, il drago a 8 teste da cui, la leggenda dice, fosse nata tale spada.
    Ogni volta che si muove un ronzio particolare sembra invadere l'aria, come suono di tempesta e di guerra.
    Come vento che soffia tra gli steli d'erba.
    Delicata come il tocco dell'erba, ferale come il Drago da cui è nata, leggendaria come chi la impugna.
    Si dice che il suo filo sia indistruttibile[Stesso grado e resistenza della cloth] e che possa tagliare sia l'anima che il corpo.
    Sulla lama vi sono incise queste parole:
    Come rugiada al cespite Dell'erba inaridita, Fresca negli arsi calami Fa rifluir la vita

    :: Abilità Arma

    La Vita è Straordinaria
    «La cosa più bella che possa capitare a un essere umano, è di scoprire il fuoco sacro, il fuoco della sua anima.
    E di fare in modo che la vita intera sia l’espressione di questa anima»

    La vita è un impeto di gioia, di rabbia, di violenza, di amore, di dolore, di malinconia. la vita cos'è se non un qualcosa che brilla più del sole e delle altre stelle? Cos'è se non un universo?
    Unica. è un privilegio vivere. Harlan lo sapeva molto bene. Lo aveva sempre saputo perché per capirlo la vita ti deve sfuggire di mano, come granelli di sabbia. Perché è preziosa. Perché inestinguibile. Luminosa.
    Vivere significava avere il coraggio anche di prendere il dolore e di accettare i propri sbagli, perché vivere era anche questo. Non era una strada dritta e uguale per tutti, ma infinita. Infinita come le strade che potevamo prendere, come le mani di chi potevamo incontrare, come gli amori che ci avrebbero accompagnati e le cicatrici che potevamo farci cadendo su questa strada magnifica.
    Harlan lo aveva capito mentre combatteva il suo tumore.
    Perché aveva preteso che la vita doveva avere un senso già imposto da Dio, ma la vita non aveva un senso imposto da chissà quale mano.
    Aveva il senso che noi stessi eravamo disposti ad attribuirle. E per esso si doveva combattere. E con esso avrebbe dato al pugno una forza senza eguali.
    E Harlan questo senso straordinario ancora oggi non l'ha perso; Amaterasu lo custodisce gelosamente e con tale forza combatte i suoi nemici.
    E, sfruttando tutto il potere di questa vita, può infondere ai suoi attacchi e alle sue difese una forza mai vista prima.
    Una forza che è La potenza della Vita Stessa.

    :: Abilità Cosmo Straordinario

    La Vita è Carne e Anima
    «Lei ci crede a questo? A un fuoco inestinguibile che ti divora eternamente»

    La vita è sia carne che spirito. dall'unione di questi elementi che il fuoco arde in essi e in essi può continuare ad essere.
    è un fuoco.
    Amaterasu modella questo fuoco. Non solo la carne e gli elementi fisici ma sopratutto quelli spirituali infondendovi la fiamma primordiale.
    Grazie alla fiamma primigenia, può interagire con spiriti incarnati e disincarnati, muovere la propria e altrui anima verso Dimensioni Spettrali e Spirituali ed anche il corpo, sia il suo che di altri.
    Ma non solo può formare la vita, crearla per compiacere il disegno di G.E.A ma anche sfruttarla per attaccare. Perché il male ha innumerevoli forme. Trova sempre un modo per sgusciare, non visto, tra le pieghe della realtà.
    Ecco perché, prima la Salamandra e ora Amaterasu, hanno il compito di poter osservare i vari mondi e tagliare il Velo di menzogne e orrori che il Male genera per i suoi loschi scopi.
    In termini pratici può usare tale energia per colpire direttamente altra energia spirituale o anime.
    Può modellarla per creare sfere o globi. Difese o raggi qualsiasi cosa per fermare le Tenebre e le oscenità che le abitano.
    Per farli provare tutto il dolore necessario, per abbattere tutta la loro determinazione, per estinguere e divorare il loro fuoco ed estirparlo dalla realtà come il veleno da una ferita infetta.
    Egli è inoltre in grado [dall'energia blu] di staccare la propria anima dal corpo ed operare tramite una proiezione astrale che potrebbe essere utile sia in combattimento - nonostante la pericolosità che derivi da essa - sia per scopi non bellicosi. Allo stesso modo, tramite il suo potere l'Araldo dell'Inizio, può accedere (da solo o con altri) ai mondi di mezzo alla dimensione materiale, come la Dimensione Spirituale e la Dimensione Spettrale, dove l'energia spirituale si manifesta in forma fisica.

    :: Abilità Spirito

    Riconoscere la Vita in ogni forma
    « Non devi ascoltare ma percepire»

    Come gran parte dei cavalieri di un certo livello, proiettando il suo cosmo all'esterno può comunicare telepaticamente con le persone che lo circondano.

    :: Abilità Telepatia



    NOTE: Uso il teleport Spirituale per evitare l'attacco. Riposiziono sul tuo fianco sinistro, con la spada già in movimento dal basso in alto per far partire una bordata cosmica e tentare di sollevarti dal suolo, spedendoti in aria[Attacco Debole]

    Successivamente un fendente dall'alto in basso, come in unico fluido movimento e imprime il suo paradigma ed essenza nella realtà.
    6 tagli spirituali e cosmici si formano nello spazio intorno a Dennis in cui danzano decine e decine di magatama spirituali.
    Si abbattono su di te come uno tsunami da ogni direzione possibile respingendoti verso il basso per sbatterti a terra e farti male fisicamente e spiritualmente.[ATTACCO FORTE]
     
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    Oh you son of a-

    Il colpo andò a vuoto.
    L'esplosione squarciò la superfice colpita, il rombo risuonò tra le rocce e i palazzi. Un suono che andava oltre quello del suo pugno, un ruggito cosmico di una stella iraconda.

    Amaterasu non era dove avrebbe dovuto essere, o forse era proprio al suo posto, ed il fato aveva deciso che il pugno di Pan non avrebbe potuto toccarlo.
    Il rumore del metallo sul metallo, e Dennis perse la presa dei piedi sul terreno. Il suo fianco sinistro venne colpito, il suo corpo venne sollevato in aria.

    Il suo istinto, ancora una volta mano invisibile che lo guidava nei momenti peggiori, gli suggerì una difesa totale, una chiusura a riccio, con le braccia davnti alla testa china, e le ginocchia al petto, così da proteggere le sue zone più fragili.

    Poi venne il diluvio di fuoco.
    I fendenti letteralmente lo piantarono con la schiena nel terreno, dolore, incredibile dolore, un bruciore che lo stava lacerando come un pezzo di carta. I suoi occhi erano sbarrati, accecati dal turbinio di orribili sensazioni che lo stavano torturando.

    L'agonia fu breve, ma assurdamente intensa.

    Si ritrovò con la schiena sul terreno, raggomitolato come un feto al centro di un cratere fumante. Il male che sentiva era paralizzante, aveva a stento la forza di respirare.

    Aveva finito?
    Aveva anche solo iniziato?

    In quel momento non sapeva niente, era alla deriva in un mare di vuoto.


    Te lo ricordi, Dennis? Ti ricordi cos'è uno scontro? È forse pugno contro pugno? Oppure è uno scontro tra la mia volontà e la tua?

    Quelle parole rimbombarono nel suo cervello, ed in un certo senso, si sentì subito meglio, con molta enfasi sulla frase “in un certo senso”.

    Rantolando rumorosamente, si rimise in piedi, puntellando le gambe e arrancando sui pezzi di roccia.

    Non stava così male, ma il dolore era diffuso quasi su tutta la zona anteriore del suo corpo. Aveva ricevuto un bel po' di colpi terribili, e anche se gli seccava ammetterlo, non aveva più il coltello dalla parte del manico da un bel po'.

    Aha, l'ho capita. Coltelli, spade, taglio...

    Si aprì e chiuse le mani ripetutamente. Aveva ancora abbastanza forza per andare avanti? Non gliene serviva molta, non era un incontro convenzionale il loro, ma aveva la forza di andare avanti? Aveva ancora molto da dire, molto da far scoprire a suo fratello, ma il suo corpo avrebbe retto?

    Qualsiasi cosa tu voglia fare, devi colpirmi qui...

    Dennis alzò lo sguardo, e vite Amaterasu colpirsi il petto.

    Perché solo così potrai fermarmi. Non distruggendomi le braccia, né le gambe, né facendomi sputare tutte le ossa del mio corpo. Finché il mio cuore batterà io avanzerò. Non l'ho fatto per troppo tempo e sono stato stupido. Tu hai bisogno di me così come io di te. Ma non in questo modo. Non con le mie paure pronte a divorarmi. C'è solo un posto dove posso divorarle e divorarlo. Ed è un viaggio che devo fare da solo e senza nessun aiuto. Il Sole splende, Dennis...e non smetterà più. è una promessa.

    La spada, la lama di Gaia, venne gettata verso di lui, e, come guidata da una forza propria, si infilò con la lama nel terreno.

    Te l'affido...perché è giusto così. Io sono semplicemente Amaterasu. Ora posso affrontare quello che devo più serenamente. Ora se vuoi continuare fallo pure. Fermerò il tuo pugno con questo mio braccio. Perché io sono la lama di G.E.A non ho bisogno di nient'altro che della mia volontà per esserlo.


    E quando ci saremmo sfogati entrambi ho un favore da chiederti, fratello. Ma ora continuiamo pure se vuoi... è sempre piacevole provare la forza dei tuoi pugni.»

    Dennis guardò la spada.

    Poi amaterasu.

    Poi la spada.

    Poi ancora Amaterasu.

    Il suo sguardo stralunato strideva contro il suo viso ferito. Si avvicinò lentamente alla spada, ed esitante, la prese per l'elsa e l'estrasse.
    Con l'arma in mano, pulsante di energia immiscibile a quella di PAN, si avvicinò al Sole vivente.

    Sospirò, e da quando aveva mollato quel sonoro schiaffone, iniziò a parlare liberamente.

    E Pan bruciò il suo cosmo.
    E Pan si gonfiò tanto da diventare un grumo di muscoli, carne e sangue compresso.
    E Pan divenne una bomba a massa.
    E Pan stava per staccare un pezzo della crosta terrestre scattando in avanti, con solo Amaterasu a poter scongiurare un tale evento si sarebbe dovuto improvvisare scudo e prendersi tutto il furore che un Araldo di GEA può rilasciare.



    Sospirò.

    Sarebbe potuto succedere, sai? Lo avrei fatto, non scherzo, guardami negli occhi dai, sai benissimo che faccio con gli occhi se mento. Lo avrei fatto, così niente più giochini dimensionali, ti saresti beccato tutto tutto e la proverbiale spada sarebbe caduta, o forse no, forse ci saremo fatti estremamente male entrambi, forse la cosa continuerebbe in un debole scambio di schiaffi sulla faccia, ed anche all'ora avrei reso la cosa molto più grottesca di quanto sembri.

    Schioccò la lingua.

    Ci sono passato anche io, sai? Il peso della lordura, quella...roba che gli Araldi hanno fatto, l'ho sentita anche io. Io so cosa abbiamo fatto perchè l'ho vissuta, Harlan, e questa non è un'allegoria. Mi sono ritrovato tra le mani un'arma terrificante che è già stata usata per fare del male.

    E vuoi sapere cosa ho fatto? Vuoi sapere quale è stata la primissima cosa che ho fatto, dopo aver indossato questa Darian?



    Il silenzio rimbombò per cinque secondi, interrotto solo dal vento tra le rovine.

    Ho cercato qualcuno che potesse uccidermi.

    Si strofinò la fronte, pensare a quello scontro era abbastanza pesante per lui.

    Vorrei poterti quello che mi fu detto al tempo, che sei più forte di quanto tu creda, che non hai nulla da temere, che hai sempre qualcuno al tuo fianco, e l'avrai sempre.
    Ma non mi sono fatto estrarre un dente per dirti quello che sapevi già.

    Il motivo per cui siamo qui, il motivo per tutto questo, è che devi capire, come gli altri nostri tre fratelli capiranno a tempo debito, che sono pronto ad ucciderti. Una sola mossa da comportamento anomalo da parte tua, Chernobog, Nerthus o addirittura Oberon, ed io sarò pronto a mettervi le mani sulla testa ed a torcervi il collo. Ci siamo già passati una volta, ora basta.

    Io ci sarò, Harlan, nell'ora più buia libererò ognuno di voi se fosse necessario, vi salverò da un inferno peggiore dell'abisso più nero, vi proteggerò io, e non permetterò che il passato si ripeta.


    La sua voce era ferma, ma i suoi occhi erano lucidi.

    Però...l'ho già fatto una volta...per favore...

    Due rivoli gli solcarono le guance. Anni, tanti anni erano passati da quell'evento, eppure il dolore era ancora li, un nucleo calcificato pesante e tossico che gli appesantiva l'anima.

    Non costringermi a farlo. Sii la persona migliore che tu possa essere, sii fiero di te mentre sorgi sul mondo, chiedi aiuto quando ne hai bisogno, ma ti prego, non costringermi a farlo di nuovo. È orribile, è devastante, è...

    Strinse le dita sull'elsa della spada, e in qualche modo si calmò.
    Porse la lama davanti a se.

    Questa è tua.
    Io non sono esperto con queste cose.



    Su4sahH

    B.F.G | ENERGIA VIOLA | PAN [VII]
    FISICAMENTE - squarcio diagonale su tutto il petto di media profondità, danni alle ossa della testa, danni spirituali, dente mancante, naso rotto, leggera commozione, guancia destra spellata.
    MENTALMENTE -
    STATUS DARIAN - indossata

    RIASSUNTO AZIONI -<div style="width: auto; height: 5px; background-color: #620436;">
    Mi riprendo, dopo aver subito il tuo attacco psicospirituale, facendomi male malissimo alla guancia, letteralmente stappandomi la pelle con uno schiaffo. Poi, con grazia divina, cerco prima di restituirti il mio dente in faccia come diversivo, solo per darmi tempo per colpirti con una autentica BOMBA TERMONUCLEARE sull'altra spalla.

    ABILITÀ - ///

    TECNICHE - ///
    NARRATO | PARLATO | PENSATO | °TELEPATIA°
    GEA IS A SYSTEMS ARCHITECT AND THE MULTIVERSE IS AN INFINITELY RECURSIVE ARCHITECTURAL SIMULATOR
     
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