Ci sono certi risvegli che proprio si vorrebbe evitare: il primo lunedì dopo le tristemente finite ferie, la mattina subito dopo la rottura di una relazione che va avanti da qualche anno, l'infausto arrivo del giorno dell'esame di maturità. Poi ci sono tutte le varie dolorose sbornie che sopraggiungono alle prime luci dell'alba dopo una serata prava, spesso sopraggiunte mentre si abbraccia il cesso o addirittura si ha ancora la faccia appoggiata alla tavoletta.
Un po' fu quello il risveglio di Giovanni, ovvero uno di quelli che proprio si voleva evitare.
L'italiano era sulla bella Creta, prima dell'Armageddon uno di quei posti che moriva dalla voglia di grattare via dalla sua scratch map, ovvero di visitare tutto pimpante in ciabattine da mare, zainetto da trekking e fotocamera cinese digitale ma praticamente usa-e-getta tanto era scarsa la qualità. Tuttavia di questo, ovvero di dove si trovasse esattamente, non aveva ancora percezione o coscienza.
Per prima cosa conobbe il mare: la spuma marina mista a sabbia e terra si spostarono nella sua direzione a causa del vento, svegliandolo, facendolo tossire; rimanendo nel parallelismo della sbornia, a momenti vomitò un polmone.
Si contorse rimanendo per terra, schiena a contatto con la spiaggia, con il dolore che generava bestemmie ma che al contempo le soffocava in gola, creandone così di nuove in un circolo vizioso blasfemo e dolorante.
Con fitte ovunque e il ferroso sapore di sangue in bocca a poco a poco le coscienze e la memoria tornò a lui: Mar Mediterraneo, zona rientrante nella circoscrizione di Sua Somma Altezza Johanna Derham, Primarca di Seahorse, l'Immortale, la Figlia di Tiamat, la Carne di Syphon, il Drago degli Abissi nonché colei che valorosamente s'era guadagnata il titolo di Flagello del Leviatano. Gli era stato ordinato, a Giovanni, di perlustrare la zona, misteriosamente calma dopo anni di corrotti e corruzione, come se qualcuno o qualcosa di sconosciuto all'intelligence atlantidea avesse operato o stesse influenzando l'intera isola, causando una migrazione o una sparizione di massa delle forze oscure. Il Mediterraneo era un'importante chiave nella strategia atlantidea: attorno ad esso gravitavano innumerevoli forze, una su tutte i Saint, che del cuore della Grecia avevano fatto la loro casa. Giovanni comprendeva bene cosa volesse dire la sua presenza in quel posto: ricognizione in loco per capire quali margini di vantaggio potessero essere presi o se un potenziale nemico stesse tramando qualcosa. Un così raro avvenimento indubbiamente nascondeva qualcosa di particolare e forse addirittura losco: le vette del comando (compreso ora Giovanni) vivevano ormai da tempo in un perenne stato d'allerta, pronti a reagire al meglio ad una minima minaccia o attacco. Prima con l'Armageddon ed ora che finalmente le forze opposte alla corruzione andavano a ricompattarsi gli antichi dissapori potevano tornare a farsi sentire.
La Guerra Sacra era stata messa come in pausa per garantire la sopravvivenza del genere umano e divino, con ognuno che pensava a sopravvivere e far sopravvivere il proprio orticello, ma adesso ogni forza poteva rappresentare nuovamente una spina nel fianco, specialmente durante una fase di ricrescita così cruciale e importante.
Così avevano chiesto a lui, Giovanni Montigli, il Funayurei, che in quelle settimane aveva girato in lungo e in largo il globo e aveva già messo dalla propria una consistente dose d'esperienza e successi; la sua presenza quindi era un po' per meriti ed un po' per mancanza di personale (gli altri pezzi grossi dell'Atlantico Nord erano anch'essi occupati e il Pacifico del Nord, in segno di pace e amicizia aveva messo a disposizione uno dei suoi bracci più potenti e testardi).
In mezzo al fiume di memorie che lo percorse da capo ai piedi tornò alla sua mente anche l'incredibile delusione che lo colpì quando venne a sapere che sarebbe stato solo durante quella battuta nella vecchia Creta.
Si era già immaginato in compagnia della Prima Dama dell'Atlantico del Nord (
e dei suoi ottimi meloni citando con fedeltà Giovanni) e a dirla tutta si era anche costruito da sé una gigantesca fantasia su -aperte virgolette- come avrebbe portato a termine la missione con l'Uccello -chiuse virgolette-, insensibilmente infranta dalle direttive ricevute in sede di partenza.
Giunse così su quelle sponde mesto e con il cuore spezzato, ma la tristezza si trasformò per sua sfortuna in sorpresa e poi subito dopo in rabbia.
Ricordò di aver pensato quanto senso dell'umorismo dovessero avere quelli "ai piani alti", dimenticandosi che lui stesso era uno di quelli "ai piani alti" e che se quell'isola pareve in realtà per niente priva di corrotti era soltanto una coincidenza o uno spiacevole inconveniente e non una sorta di complotto nei suoi confronti.
Piccoli movimenti portarono nella sua testa il corrotto e il colpo che avevano infierito su quella precisa zona che gli faceva male, cambiando anche solo semplicemente sbattendo le palpebre la zona di focus.
Ne aveva ammazzati una merea, corpi su corpi a non finire, che ad uno ad uno andarono ad impilarsi sempre più in alto fino a formare montagnette di corpi molli. Sentì la cervicale fargli male, il ché era un chiaro segnale che qualcosa nel durante della battaglia l'aveva fatto incazzare da morire; era uno dei campanelli d'allarme che spiegava la mancanza di controllo per qualche attimo, come se accecato dalle emozioni e dall'ira non fosse stato in grado di controllarsi per qualche attimo.
E aveva infierito. Ancora. Ancora. Ancora. Ancora.
Sapeva che quando gli accadeva cessava di essere uomo e diventava più simile ad una belva, sbavante, scellerata, furente in volto e nei pugni, con le carni nemiche ridotte in poltiglia che però continuavano a subire il suo infierire. Ricordò anche quel qualcosa che l'aveva subita, quell'esperienza: uno stronzo con la faccia oblungata e a becco che s'era fatto strada nella sua testa, facendogli vedere per qualche secondo Natsumi e intimandogli di fermarsi.
Aveva spappolato il suo cranio talmente tanto che delle cervella era rimasta poco più che poltiglia, una specie di sugo alla bolognese (americano) con le polpette di carne maciullate in mezzo al corposo rosso che costituiva la salsa.
Così aveva squartato per un tempo che poteva variare dai cinque minuti all'intera mattinata, fino a che la stanchezza non aveva reclamato i suoi sensi, cullandolo dolcemente verso una disfatta per resa. Ebbe coscienza del suo svenire ma non di come fosse riuscito a sopravvivere, o meglio di come i corrotti in loco che ancora gli davano battaglia non si fossero avventati su di lui come un nugolo di vespe su di un invasore.
Si guardò attorno, dolorante solo per i primi accenni di movimento dalle partid del collo e della schiena, delle leggere scosse che però andarono ad assumere le caratteristiche di un tepore addirittura piacevole, come i momenti immediatamente successivi ad un massaggio shiatsu.
Guardandosi intorno, a parte qualche le figure immediatamente davanti a lui, la completa attenzione di Giovanni fu catturata dal paesaggio a dir poco desolante attorno a lui.
Ma che culo è successo.Buche, larghe buche come da impatto o da esplosione, riempite al centro e a volte fino all'orlo di centinaia di corpi. Uomini e corrotti assieme, il mostruoso che incontrava il suo nemico giurato, come se quel qualcosa che gli avesse attaccato o che gli avesse radunati lì non avesse cura per distinzioni di sorta e osservasse il grande dettame che nella morte ogni anima è uguale. Scorgendo tra i profili di corrotti vivi che invece razziavano e controllavano la zona in cerca forse di qualche pasto o più probabilmente di aiuto ai propri simili, all'italiano salì dalla base della schiena un brivido freddo, un po' per essersi salvato da qualsiasi cosa avesse compiuto quel massacro ed un po' perché probabilmente, qualunque cosa essa fosse, molto probabilmente era ancora viva e vegeta.
Si sa, chi ha potere di solito attrae su di sé i problemi, e Giovanni anche prima di essere investito era incredibilmente capace in quest'arte.
Si sistemò la scale e gli occhialini prima di mettersi lentamente in piedi, cercando di non fare movimenti bruschi per evitare d'attrarre le attenzioni dei corrotti in zona; intanto però, per non sapere né leggere né scrivere, richiamò il cosmo e solidificò il tessuto osseo attorno a lui, costruendo un'armatura sopra l'armatura che l'avrebbe aiutato nel caso di un imminente attacco.
Mettendosi in piedi inoltre notò la figura alle sue spalle, china, piangente, mormorante.
Poteva essere sia una sfortunata anima che una corrotta. Decise di avvicinarsi per prima cosa a lei perché era la più vicina e, nel caso fosse stata umana, anche la più scossa.
Tuttavia Giovanni rimaneva un realista: la corruzione aveva molte forme e molti colori, e nel caso la ragazza si fosse dimostrata una mistificazione del grande nemico avrebbe trapassato la sua gola da parte a parte con un coltellaccio osseo, tranciandole le corde vocali ed in genrale la capacità di produrre suoni e quindi chiamare aiuto.
Ehi, va tutto bene. Ci sono io ora. Puoi camminare? Andiamo via, vieni.Avrebbe davvero tanto voluto chiederle sul loco cosa fosse successo attorno a loro, ma rispoettò la sensibilità della ragazza e rimandò il quesito a dopo. L'avrebbe rassicurata, aiutata ad alzarsi e poi sarebbe andato verso l'uomo e la donna cinquanta metri davanti a sé.
Fu impegnato in quelle operazioni che la mente di Giovanni venne attraversata da un altro, imperante ed importantissimo dilemma.
Ma dove sta la borsa-frigo?narrato - pensato - parlato - °telepatia°
Nome: Giogiò Montigli
Energia: Rossa
Scale: Funayurei (IV); integra, indossata
Fisicamente: apposto
Mentalmente: apposto
Note: divertemose
Riassunto Azioni: mi metto addosso un'armatura ossea oltre alla scale e parlo con la tizia insanguinata
Abilità utilizzate: spirito, costrutti ossei
Tecniche utilizzate: