maybe it's just a dream

arcadio y rea

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    « Questo è un sogno, vero? Non è reale. »

    Dice, mentre prende una sigaretta e se la porta in bocca dove una sottile linea verticale l'attraversa da parte a parte: una linea data dal pelo sbiadito a furia di tenere il sigaro sempre dalla stessa parte.
    È calmo, pragmatico, lungimirante.

    « O questo è un sogno o io sono morto. »

    Finisce di dire quello che sembra un clichè a conti fatti, mentre esita un po', incerto se fumare o rimettere il sigaro in tasca. Alla fine prende a giocherellare col l'accendisigari dupont d'oro bianco, l'apre, la richiude, a volte osserva brevemente la fiammella, altre passa il polpastrello sullo stemma inciso al suo centro: raffigura un cane a due teste in un cerchio finemente elaborato.

    « Certo che lo è, neh? Non esistono cani di dieci metri e passa. »

    Dice, guardando il segugio dal pelo candido, di un bianco così terso che invece di riflettere la luce sembra assorbirlo, e fa quasi male guardarlo.

    « Perché? »

    Non sa neanche lui cosa sta chiedendo ma qualcosa lo spinge a farlo. Esattamente come qualcosa spinge il segugio a rispondergli. Ma non riesce a sentirlo, perché la fiammella del dupont assume dimensioni mastodontiche, e l'uomo e il cane si ritrovano in un oceano di fiamme azzurre.
    Si risveglia sudando freddo e la scena muta: vede due gambe immerse in acque verdi. Sembrano appartenere a una creatura piena di vita, piccola, forse una bambina. Si avvicina scansando con le mani i piccoli puntini luminosi che fluttuano nell'aria, come lucciole d'estate, e si siede vicino alla riva. Non si accorge di essersi sopito. Quando si risveglia l'acqua e il cielo hanno assunto il colore del ferro e una creatura della corruzione lo osserva con sangue che gli cola dalla bocca.

    « NNNNNNNNOOOOOOOOOOO! »


    Maybe it's just a dreampost I - una melodia che risuona ancora nella mente


    Gli occhi nero pece dell'uomo si spalancano di colpo. Ed egli arranca in cerca di ossigeno: inspira ed espira profondamente, provando a riprendere le forze smarrite nell'orrore dell'ennesimo incubo. Alla fine, a quanto pare, ha ceduto al sonno vinto dalla fatica e da giorni d'insonnia, ma non nel suo letto. No. È là, dove lo si trova quando lo colgono i tumulti di ricordi passati, dove nessuno lo disturba quando lo vedono così, perso nella sua stessa mente... è come se il passato fosse una canzone che è finita, ma la melodia risuona ancora nella mente, a torturarlo. Non riesce a farlo smettere.
    Dunque va al solito posto che si è scelto come suo, ai piedi del Palazzo di Turchese, nel regno di Oceano dove ne è un suddito e il mastino: a fiutare il marcio e le menzogne come può solo un uomo che è stato, ed è, il Perro. Il malefico cane bicefalo al servizio dei Titani e primo fra tutti: Oceano.
    Con la schiena poggiata alle mura verdi del palazzo, osserva la vita che passa, le facce sconosciute indaffarate, in pace, in quel regno che non sarebbe umanamente possibile neanche da immaginare, se non fosse già sul posto. Fatto di tecnologie e costrutti tali che è impossibile stufarsene in una vita intera, e regnato da un Dio che l'uomo considera come un giusto, un signore degno di culto, di amore ed adorazione. Gli viene facile servirlo e rispettarlo come non ha mai fatto con nessuno altro Dio nella sua vita precedente alla fine del mondo. Era sempre stato un ateo, lui. Poi è successo quello che è successo ed ora si ritrova non solo a conoscere che miti e fiabe, quelle che ha imparato leggendole a sua figlia, sono reali, ma ci è dentro fino al collo. E da senza dio, Arcadio Sanchèz si è ritrovato con l'imbarazzo della scelta fra dodici signori del multiverso.
    Oceano delle correnti avrà sempre un posto diverso nell'uomo, rispetto a tutti gli altri titani, per quello che ha fatto per lui, per quello che è. Anche perché gli altri signori non li ha ancora conosciuti e forse sono completamente diversi dal suo Señor, magari sono inservibili, e chi lo sa? Ma è stato messo al corrente a grandi linee su chi sono, quali si sono risvegliati e quali no. Ciò che è accaduto agli albori della razza umana.
    Un gigantesco segugio dal folto pelo bianco che giace riverso a terra, circondato da acque cristalline di un verde innaturale.

    « Waervaerendor »

    C'è ancora troppo che non conosce, ricordi a sprazzi di un altro mondo, un altro tempo. Mancano ancora troppi tasselli nell'ingranaggio che manda avanti la sua realtà. Forse perché è ancora troppo presto, non sarebbe umanamente possibile sopportare altro in quel momento? Non si pone domande, Arcadio, lascia tempo al tempo. Ogni cosa ha il suo momento. Si mette la giacca nera di lino del completo sulla camicia bianca fuori dai pantaloni, lasciandolo aperto, e s'incammina verso le sue stanze, dove si prepara a una nuova giornata in Eithir.
    Passa del succo di limone sui capelli, cresciuti dopo gli avvenimenti di Minsk, allisciandoli all'indietro. Dà una parvenza di decoro alla barba che, lungo com'è, gli dona più anni di quanta ne ha, e cambia la camicia con un'altra pulita e dello stesso colore. Ha l'aspetto di un buttafuori, o un mafioso, o un business man... dipende dai punti di vista, ma i suoi occhi fanno pensare che è un qualcuno che è meglio non incrociare neanche per strada. Peh, sembra proprio un cattivo.
    Si siede sul bordo del letto disfatto e si accende un sigaro colombiano nel silenzio più assoluto della sua stanza, come se fosse immerso nelle profondità di un lago. È così innaturale che si crede ancora a sognare. Forse effettivamente lo è, solo un sogno, e il cambiamento che c'è nell'aria, il bussare alla sua porta, tre rintocchi delicati, ne sono il segno.

    Jqxt1hX
    Simon & Garfunkel
    The Sound of Silence

    Hello darkness my old friend, I've come to talk with you again
    Because a vision softly creeping , left it's seeds while I was sleeping


    r0WEcri

     
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