Ironwrought Heroes

Oceano e Ingrid

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    Gli affari che avevano portato Oceano in terra degli Elfi si erano risolti, sebbene con un vago contorno di sorprese, in favorevole maniera. Aveva molto da pensare lui, molto da preparare e da aggiustare, ma di certo il lavoro poteva aspettare un po' di tempo prima di essere finito; il regno di Asgard era, in fondo, largamente inesplorato perfino perle loro conoscenze. Gli era stato fatto un riassunto della situazione attuale, per quanto poco fosse trapelato dalla fitta coltre di isolazionismo che avvolgeva quel posto, ma vedere cose con i propri occhi e valutare la situazione era certo più proficuo che basarsi su rapporti di terze parti.
    Eppure Oceano fu deluso, terribilmente deluso.
    Di nascosto di era incamminato in sentieri boschivi, nascondendo la sua emanazione cosmica, osservando da lontano un paio di villaggi e una città. Che cosa... stavano facendo lì? A quanto pare non avevano neanche l'elettricità, nessuna comodità, nessuna tecnologia, niente di niente. Pura e semplice arretratezza.
    Fu stranito da questa cosa, da questa sgradevole sorpresa, dal primitivo brodo primordiale in cui il popolo di Asgard sembrava galleggiare. Aveva udito leggende sulla tempra dei guerrieri di queste terre, ma davvero spade, scudi e armature comuni avrebbero potuto resistere alla soverchiante forza di un fucile? Avrebbero davvero opposto alla corruzione delle semplici catapulte? Il Titano sperava davvero di no, sperava davvero di sbagliarsi, sperava che la loro sopravvivenza non fosse frutto del caso e invece risultato di uno sforzo che trascendeva l'inesistente tasso di sviluppo di quella fredda terra.

    Camminava quindi in mezzo alla neve cadente, il suo aspetto umano reso manifesto, indosso un'ampia tunica color blu scuro e intarsiata di ricami color turchese. Ponderava, considerava, rifletteva, forse anche troppo per il suo bene, ma era piacevole passeggiare in quelle condizioni. Il freddo non era un problema, la sua temperatura corporea era salita per contrastare il gelo estremo di Asgard, talmente tanto da sciogliere la neve già posata sotto i suoi passi leggeri.
    Eppure qualcosa lo distolse dalle sue elucubrazioni.
    Aveva trovato l'ingresso di una grande caverna, dall'interno della quale proveniva un piacevole tepore accompagnato dall'inconfondibile odore di fumo. Che fosse, dunque, la tana di un drago? Non aveva avuto molto a che fare con quelle bestie, neanche nei tempi antichi, nonostante sciocche voci sparse lungo i secoli lo dipingessero come Apsu, uno dei grandi dragoni primordiali, e accostavano sua moglie a Tiamat. Inutile dire che Oceano era interessato a qualsiasi cosa potesse essere degna di nota in una giornata davvero scarna di soddisfazioni, da quando aveva lasciato i regni degli elfi perlomeno.
    Non si sarebbe aspettato di trovarsi nel bel mezzo di una forgia, tuttavia. O meglio, in quello che pensava fosse una forgia secondo i molto ridotti canoni degli abitanti di quei luoghi; abituato com'era a fare compagnia a Rea quando aveva nuovi progetti da essere realizzati, tutto gli sembrava così... riduttivo, così semplice, una sensazione difficile da spiegare ma una cosa era certa.

    Chiunque abbia fatto queste cose qui pensa in grande.

    E in effetti molte delle armi lasciate lì erano di dimensioni gigantesche, perfino per i suoi standard. Prese senza sforzo quella che doveva essere una spada lunga, ma che nelle sue mani assomigliava ad uno spadone, perdendo un momento per analizzarne il filo e soppesarne il bilanciamento. Fu quasi sorpreso di notare che, nonostante poco piacevole per i suoi canoni estetici e fin troppo carente di brillantezza, era un'ottima arma; dubitava che fosse in grado di danneggiare anche la più semplice delle biocorazze fornite ai suoi soldati, ma per la pochezza di mezzi a disposizione di quel fabbro era un lavoro discreto, quasi passabile per i suoi standard.
    Aveva pochi dubbi su cosa avrebbe detto Rea al posto suo, però.
    Ci giochicchiò per un momento, roteandola senza fatica con una mano sola, prima di perdere qualche istante ad esaminarne l'elsa rimettendola nella sua rastrelliera.
    Si concesse qualche altro secondo ad ammirare le abili incisioni fatte sulle lame di una gigantesca bipenne, studiandone il filo e calcolando quanto impatto poteva essere in grado di generare se maneggiata nelle sue mani.
    Brevi simulazioni mentali, ovvio, ma che erano un buon modo per distrarsi in un momento così peculiare come quello.

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    Ma chi l'aveva convinta a mischiare i vari tipi di metallo e a sperimentare inserti di leghe strane per le sue armi? Sicuramente era colpa di Ronn. Ingrid si era animata da quando il ragazzino strambo era entrato di prepotenza nella sua fucina e questo l'aveva spinta a provare cose nuove, a fare esperimenti con nuovi progetti di armi.

    Sì Ingrid, sei fantastica, ma hai mai provato a fare qualcosa che non fosse...Vrykul?

    Cose un po' finochie, disse, pensando tra sé e sé all'idea di quell'arma a due fasi, simile ad una grossa sega, allungabile con un semplice gesto del braccio di cui avevano parlato la sera prima. Che fesseria! Però doveva ammettere che in effetti lavorare su quel nuovo metallo elfico non solo l'aveva messa di buon umore, ma le aveva donato dei nuovi scopi. Per questo si era spinta nei boschi per trovare del legno di quercia adatto a un'impugnatura che supportasse il peso dell'arma che aveva in mente. Stava staccando un ramo da un albero a mani nude quando lo avvertì: una potenza cosmica molto più forte della sua, di quelle che non avvertiva da tempo immemore nelle sue zone.

    PICOLO MJØLLNIR!!


    La Vrykul saltò immediatamente giù dall'albero facendo tremare la terra e richiamando a sé il suo fidato martello, che conteneva frammenti della leggendaria arma del Dio del Tuono, lasciato a terra pochi attimi prima per permetterle di arrampicarsi sulla quercia.
    Non ricordava quanto fosse bello lasciarsi avvolgere dai fulmini e in effetti era molto che non combatteva, scoprì anche di trovarsi in difficoltà a distinguere i vari tipi di cosmo. Afferrato il martello si lanciò in direzione della sua fucina come una furia, interrogandosi sulla natura di quel cosmo.

    Sarà cazone cativo? Cazone buono? In ogni caso, Ingrid spaca culo! Ah! Uno no è così che entra a casa di Ingrid. pensando di fare il porco a casa del galo.*


    *Antico detto Vrykul. Si usa per indicare qualcuno che invade lo spazio di un'altra persona con tracotanza

    Quando lo vide per un momento esitò. Era un individuo grosso, molto più grosso delle persone normali con cui aveva avuto a che fare. Troppo piccolo per essere un Vrykul, troppo grande per essere un uomo. Quello che tuttavia la colpì maggiormente era il colore della sua pelle, insieme forse a quello strano dettaglio delle orecchie appuntite...Gli dava quasi l'impressione di essere un elfo. Anzi, forse una specie di ibrido tra un elfo e un Vrykul. L'idea che un elfo avesse potuto giacere con una donna Vrykul la inorridì e la fece sogghignare allo stesso tempo. *Cazeto picolo di elfo, eh eh*
    Si scrollò l'immagine dalla mente scuotendo la testa, tornando a fissare il suo obbiettivo.

    TU! CAZO SEI CAZO VUOI LASCIA SPADA DI INGRID! IO LAVORATO TANTO A QUELA, SAI????


    In effetti era così. Si trattava di una spadone fatto su misura per Brok, il suo amico fabbro del villaggio: semplice, ma fatta ad hoc per la sua stazza e attitudini. L'uomo aveva sempre desiderato brandire una spada gloriosa, ma pur essendo del mestiere non aveva mai trovato del tempo per crearsi un'arma per sé. Ingrid desiderava regalargliela per il suo compleanno.
    Si rese improvvisamente conto però di essere pur sempre un cavaliere di Asgard, quindi sfoggiò un'espressione goffamente seriosa, tenne la schiena in posizione eretta, gonfiò il petto e si lasciò nuovamente pervadere da fulmini.

    INSOMA IO PICHIARE TE O NO?






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    Che quella forgia fosse casa di qualcuno era quantomai ovvio, che questo qualcuno fosse di dimensioni non esattamente convenzionali per un umano era palese, facendo due più due Oceano poteva presto dedurre che chiunque avesse fatto di quel luogo la sua base operativa non fosse dei figli di Prometeo. Sapeva dell'esistenza di molteplici razze nel regno di Asgard, dominio degli Aesir, che a quanto pareva convivevano insieme in parvenza di armonia, eppure nozioni sulla maggior parte di esse erano quantomai frammentate e bisognose di aggiornamento. Molto tempo era passato da quando informazioni su di loro potevano considerarsi attendibili e chissà, magari l'abitante di quella stessa caverna avrebbe potuto contribuire alla cosa.
    O almeno, questo era quello che pensava fino a che non la vide.
    Una gigantesca massa di muscoli e capelli rossi di forma femminile gli si parò davanti, rilucendo di elettricità, brandendo un notevole martello da guerra e una grammatica rivedibile. Era una Vyrkul, bastava una conoscenza minimale sui popoli di quel regno per cogliere i non troppo sottili segni identificativi della razza, e il fatto che possedesse una certa conoscenza cosmica non faceva altro che aumentare l'interesse di Oceano per quella situazione. Fece un sottile sorriso pensando a cosa avrebbe detto Ceo se avesse saputo che il potere dell'elettricità era finito in mano a qualcuno che, con ogni probabilità, avrebbe avuto difficoltà a contare fino a dieci. Decise, tuttavia, di darsi un contegno. Era più forte della gigantessa, ma questo non era certo un motivo per mostrare maleducazione e usare violenza immotivata. E, dopotutto, era stato Oceano a entrare in casa sua senza permesso, era solo giusto che si scusasse.
    Abbassò il capo, facendo un breve inchino, in segno di scuse, prima di posare la spada nella rastrelliera dalla quale il Titano l'aveva presa, alzando entrambe le mani coi palmi rivolti verso questa Ingrid nell'universale gesto della pace.

    Preferirei evitare di picchiarci, se possibile, non sono venuto qui per questo.

    Parlò nella lingua comune ad Asgard, l'unica oltre all'elfico che conosceva con un grado di competenza tale da suonargli naturale, usando un pizzico d'attenzione per non pronunciare parole che potevano risultare troppo complesse per la sua interlocutrice.

    Spero tu possa perdonare quest'intrusione, ma si è trattato di uno sfortunato incidente. Non sapevo che qui ci fosse la tua forgia, vedi, e quando me ne sono reso conto ho cominciato ad ammirare la fattura delle armi qui presenti. Comunque sono ottimi pezzi, se posso permettermi di fare un complimento.

    Il Titano le sorrise, cercando di risultare quanto più rassicurante e cordiale possibile. Nonostante questa Ingrid non sembrasse esattamente una cima non gli dava l'impressione di essere una persona cattiva, solo un po'... grezza. Chissà poi, magari un dialogo con lei sarebbe potuto essere molto più proficuo che con quel Black Saint biondo dalle scortesi maniere. Sarebbe stato estremamente divertente se una Vyrkul si fosse rivelata più aperta mentalmente di qualche autoproclamato difensore dell'umanità, che tuttavia non esitava a dispensare minacce casuali a chi cercava di lodarlo. Far arrabbiare Oceano in quel modo era veramente difficile, un eventualità più unica che rara, ma potevano tutti stare certi che il Titano delle Acque se la sarebbe legata al dito per il resto dell'eternità. Infantile? Probabile. Poco pratico? Certo. Ma era un signore dell'universo, era autorizzato per definizione a fare questioni di principio.

    Mi scuso ancora per essere entrato nella tua casa senza permesso, giuro sul mio onore che non è stata una mancanza di rispetto intenzionale.

    Posò la mano al petto facendo un altro inchino, stavolta marcatamente più profondo, rialzandosi solo dopo un paio di secondi. Fatto questo si avvicinò alla gigantessa senza paura alcuna, sorridendo con calma e posatezza, guardandola dal basso verso l'alto e tendendole la destra in quella che era la proposta di una vigorosa stretta di mano.

    Mi chiamo Oceano, è un piacere conoscerti, Ingrid.

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    La persona che Ingrid aveva davanti utilizzava un linguaggio piuttosto colto che la Vrykul aveva un po' difficoltà a seguire. Capì presto però che in mezzo a quella moltitudine di parole formulate con tono garbato e cortese si nascondevano delle cose che non aveva sentito da tanti anni a questa parte, dei "complimenti". Ingrid dapprima si rilassò lasciando che l'elettricità diminuisse di intensità sui suoi arti fino a scomparire, per poi irrigidirsi nuovamente arrossendo un po' una volta realizzate le parole dell'uomo bluastro.

    ...Sì.Ingrid...Abile.

    Disse non sapendo bene come si risponde ad un complimento, assumendo un'espressione abbondantemente compiaciuta.
    La Vrykul posò a terra il suo gigantesco martello in segno di distensione per poi avvicinarsi al suo ospite.

    Tu ti chiami come grande mare? Tu viene da soto mare? A Ingrid acqua non piace tanto. Tu però orechie come elfo.

    Ingrid aveva visto solo una volta i cavalieri che venivano "da sotto il mare" e ne aveva ammirato le scintillanti armature, che trovava perfino più raffinate di quelle dei cavalieri di Atene, che lei criticava perché "oro materiale tropo pesante per armatura di picolo uomo". Si fermò a scrutare in maniera poco discreta Oceano cercando di rievocare nella sua mente se avesse o meno già incontrato una razza di uomini grossi e bluastri, forse giganti di ghiaccio? Non le sembrava, la sua pelle era quasi dello stesso colore di quella degli elfi oscuri, ma le fattezze non erano le stesse.

    Tu no sembra gigante di ghiacio. Tu venuto qui per arma? Ingrid forse ha cose per te.

    Ingrid si allontanò un attimo tenendo sempre in buona vista il suo ospite: se avesse fatto qualcosa avrebbe richiamato subito a sé il piccolo Mjollnir per sfracassargli la testa, anche se dal suo cosmo doveva essere un individuo potente (anche una testa di broccolo come la mezzo-gigantessa avrebbe potuto trarre questa conclusione). Riconobbe tuttavia che Oceano aveva un vcerto gisto elfofinocchio nel vestire, ma fu una constatazione che lei tenne fortunatamente per sé.

    Che piace? Lama due mani, spadone, ascia, armi asta? Ingrid si mise ad ammirare le sue creazioni esposte sulla parete di pietra della sua fucina con fare compiaciuto. Tu però forse un po'....un po'....- esitò, cercando di non dire "elfofinochio" -...Elegante? A te piacere due armi in due mani, si? Ah anche a Ingrid piaceva. Carne si distruge meghlio. Ah ah.-

    Ingrid indicò a Oceano una rustica panca di legno dietro di lui.

    Tu siede, prego, e raconta a Ingrid perché qui. Ingrid prende bira e vede se c'è arma che Oceano cerca. Siede, su, prego.

    Era tanto che Ingrid non aveva compagnia a parte le visite del logorroico Ronn e del suo poco loquace amico fabbro che l'aiutava quando c'era molto lavoro, ed era altrettanto tempo che non ascoltava una buona storia.




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    Nella sua mente Oceano si era preparato ad una vasta varietà di risposte, studiando la risposta ideale in ogni circostanza, preparandosi dunque ad agire in qualsiasi modo possibile per preservare la pace di quella fucina. Eppure non si aspettava una reazione del genere.
    La Vyrkul posò a terra il martello, rivolgendosi a lui con tono sgrammaticato ma a modo suo cortese, mettendosi a cercare qualcosa dopo una larga serie di domande e affermazioni sulla natura di Oceano stesso. Ecco, quello non credeva sarebbe successo, non credeva che una creatura così burbera in apparenza potesse mostrare così tanta... bontà. Questa era la parola giusta, bontà. Aveva dato fiducia alle intenzioni del Titano, uno straniero, senza nessuna assicurazione sulla loro veridicità oltre che la sua parola, e stava comportandosi come se questo non fosse una persona incontrata un minuto fa, ma come un amico.
    Questo fu incredibilmente prezioso per lui, gli ricordò che all'universo esistevano ancora individui capaci di tali atti di compassione, e che, per l'ennesima volta, non bisognava giudicare qualcuno basandosi esclusivamente sulle apparenze. Dopotutto quella gigantessa si era dimostrata più educata con lui che un cavaliere nero di sua conoscenza. Quella situazione ribadì ad Oceano la nozione che c'erano ancora cose per cui valeva la pena combattere in questo mondo piagato dal male, che, anche quando le avversità abbondavano, il bene poteva sempre fiorire.
    Avrebbe avuto molte cose da imparare.

    No, non vengo da sotto il mare. Oh beh, tecnicamente sì, ma non in senso letterale... uhm... tutta la questione del mio aspetto e provenienza è complessa da spiegare, se vuoi saperlo sappi che serviranno davvero tante parole difficili e altrettanti alcoolici.

    Le sorrise ghignando divertito, scoprendo appena i denti bianchi come perle, poiché tutta quella situazione lo intrigava non poco. No, non si era mai fatto problemi a raccontare la verità sulle sue origini a nessuno che avesse avuto il coraggio di chiedergliela, solo temeva che tutto quel discorso potesse risultare un po' troppo tecnico per Ingrid, ma se avesse davvero voluto conoscere la verità su di lui avrebbe fatto uno sforzo.
    Seduto sulla sobria panca di legno Oceano guardò la gigantessa frugare tra le sue cose, almeno fino a quando non venne fuori l'argomento delle armi. Oh, credeva che volesse un'arma? Beh, molto altruista da parte sua, ma ad Oceano non servivano armi fisiche; il suo corpo stesso poteva trasformarsi nel più terribile arsenale, dopotutto, e aveva già le sue fidate daghe con sé. Eppure un'idea balenò in mente al Titano prima che potesse chiarire ad Ingrid quel malinteso, un'idea sciocca ma che era in linea con le azioni che aveva compiuto fino a quel momento. E con la miriade di cose che aveva accumulato.

    In tutta onestà non servirebbe a me nello specifico, ma mi piacerebbe se potessi avere un martello da guerra. Sai, quelli enormi a due mani che, quando colpiscono, sembra di sentire un tuono? Sarebbe per mia moglie.

    L'aver ammesso questa cosa provocò un moto d'imbarazzo in lui, colorandogli le guance di un viola chiarissimo mentre un nuovo sorriso, stavolta più incerto, gli sollevava le labbra. Le sue parole, per quanto sicure, aveva inconsapevolmente preso un tono alquanto malinconico.

    Attualmente non è con me, ma in attesa che torni sto collezionando svariate cose da regalarle quando sarà il momento. Il martello da guerra è la sua arma preferita.

    E concluse con un profondo sospiro. Cielo, quanto gli mancava Teti.
    Cercava di non pensarci, di distrarsi, di concentrarsi su altro, ma alla fine il suo pensiero arrivava sempre lì, su sua moglie. Chissà dov'era, chissà se era nata, chissà se stava bene, chissà quali avventure stava vivendo, chissà se era una guerriera sacra o se, come lui, era una semplice umana. Senza di lei gli sembrava di vivere a metà, di non avere una parte fondamentale della sua esistenza, di essere solo al mondo anche se con lui c'erano tutti i suoi figli. Non era vero, Oceano non era solo e lo sapeva, ma certe volte si sentiva davvero così.
    Si riscosse, scuotendo vagamente la testa e rivolgendosi di nuovo ad Ingrid.

    Ma solo se accetterai qualcosa in cambio della tua gentilezza. Dimmi quello che desideri e, se è in mio potere, lo avrai.

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    Forse il tempo l'aveva resa più morbida, o forse era stata l'Ombra. In tempi non sospetti si sarebbe gettata a capofitto sullo sconosciuto, minacciandolo come solo lei sapeva fare, eppure si era ritrovata a rovistare alla ricerca del barile della sua birra di patate migliore per berla insieme ad un tizio che neanche sapeva cosa volesse da lei. Sua madre Elga sarebbe stata fiera di lei e di come sua figlia stava onorando la rinomata ospitalità Vrykul.
    Uno sconosciuto di una razza che non conosceva, si era presentato con umiltà e riverenza. Era, di certo, molto più potente di lei. Eppure se c'era qualcosa che i suoi amici le avevano insegnato era che Ingrid non poteva rimanere nella sua caverna isolata dal mondo in attesa degli eventi: doveva conoscere, esplorare e se possibile- ascoltare. Prese il grosso barile di quercia e lo sbatté sonoramente sulla sua tavola di legno, per poi prendere dalla parete due grossa corna cave di qualche bufalo abbattuto e probabilmente finito in stufato. Ingrid tuttavia si arrestò di colpo non appena sentì la richiesta di Oceano. Nuovamente si irrigidì, diventò rossa in viso e spalancò gli occhi.

    Tu...Vuole arma per moghlie?

    La Vrykul posò le corna-boccali sulla tavola accanto a Oceano, per poi sbattere le mani su di essa sporgendosi verso il suo visitatore, guardandolo come se quello che aveva appena detto fosse la cosa più meravigliosa di sempre: Ingrid era veramente colpita, si poteva chiaramente vedere che le sue guance stavano avvampando.

    TU VUOLE MARTELO PER MOGHLIE! CHE DONA FORTUNATA LEI ESSERE! ARMA PER DONA MOGHLIE! QUESTO FA BOLLIRE LE VISCERE DI INGRID!!

    Ingrid si riprese un po' e cominciò a versare entuasiaticamente il liquido ambrato in un corno, aiutandosi con un pratico supporto in ferro battuto inchiodato sulla tavola.

    Tu racconta di lei a Ingrid! Come è tua dona moghlie. Tuto! Fisico, come essere lei, se lei forte, veloce... Ingrid poi sa che martelo per lei. Tu raconta bela storia a Ingrid. - Con la gigantesca mano porse a Oceano un corno traboccante di ottima birra di patate, dalla schiuma vellutata e dall'odore invitante, seppure prodotta in circostanze estreme.

    Poi può dare a Ingrid materiale. Fero. Gemme. Cose particolari delle tue parti. O cibo, o da bere. Poi pensa! Ma moghlie di Oceano deve avere un martelo. Questa cosa molto amorosa.

    Ingrid prima di sedersi infilò un braccio dentro una cavità nella parete e applicò una leggera scarica elettrica. In realtà dentro la cavità di pietra vi era una barra metallica con un congegno che disperdeva l'elettricità e andava a caricare dei cristalli disseminati nella caverna/fucina facendoli illuminare di una luce azzurrina. Erano di varie dimensioni, e mano a mano cominciarono tutti quanti a brillare, rivelando a Oceano la profondità della dimora di Ingrid e la moltitudine di armi e vari altri trofei appesi alle pareti. Qui e lì anche delle armature- alcune a dimensioni Vrykul, altre invece per umani. L'illuminazione era tecnologia nanica trafugata e installata dal suo amico ladro e trafficone Ronn, il che aveva aumentato notevolmente la qualità della vita di Ingrid.

    Tu raconta, prego. Ingrid no interompe.

    Disse, afferrando con un braccio una panca di legno e abbandonandovisi su di esso guardando Oceano con trepidazione.



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    Ed ecco un'altra cosa che colse di sorpresa Oceano. Non la veemente reazione di Ingrid, non il fatto che gli avesse offerto un enorme corno pieno fino all'orlo di quella che pareva essere ottima birra, e nemmeno che avesse definito "amorosa" la premura del Titano verso sua moglie, cosa che provvide a fargli avvampare ulteriormente le guance di viola mentre il suo sguardo, insolitamente imbarazzato, passava da un punto all'altro della fucina. No.
    La cosa più sorprendente era che gli aveva chiesto una storia. Nessuno, fino a quel momento, lo aveva fatto, perfino persone che erano perfettamente a conoscenza della natura di Oceano e della vasta conoscenza che possedeva avevano mai pensato di chiedergli qualcosa di così semplice, di così puro. Una storia. Ah, quante storie conosceva Oceano? Tutte vere, dalla prima all'ultima, nonostante il suo limitato risveglio non gli permettesse di ricordare molti eventi e dettagli, restava comunque il fatto che possedeva una quantità di nozioni praticamente infinita.
    Voleva sapere di Teti? Parlare di sua moglie nel presente era impossibile, per ovvie ragioni, ma di certo avrebbe potuto farlo ripescando qualche simpatico aneddoto del passato, ma prima era necessario dare un contesto a Ingrid. Oceano alzò vagamente il corno verso la Vyrkul, nel gesto di proporre un sorso alla sua salute, poi lo portò alle labbra; bevve metà tutto d'un fiato, con calma e moderazione, con la stessa facilità con la quale un umano avrebbe sorseggiato acqua fresca. Un altro dei benefici dell'Ichor che scorreva nelle sue vene era l'estrema resistenza a qualsiasi cosa che poteva essere considerata alcoolica dai mortali. Una volta concluso il suo sorso, guardò la gigantessa dritta negli occhi, stringendosi vagamente sulla panca, ponderando a cosa effettivamente dirle. Poi iniziò, e le parole presero a scorrere come un fiume in piena.

    Siamo nati in guerra io e lei. Non abbiamo conosciuto altro per gran parte delle nostre vite, solo un'incessante lotta per la sopravvivenza contro un nemico che non poteva essere ucciso. Immagina di colpire a morte qualcuno con il tuo martello, e dopo poco tempo questo ritorna a combatterti, ancora e ancora e ancora, finché non sei troppo stanca anche per sollevare le tue armi, e ora immagina orde infinite di questi mostri. Eravamo potenti, ma loro erano troppi. Più e più volte abbiamo rischiato una tragedia, una volta quei maledetti arrivarono vicini alle mie sorelle e a mio fratello ancora bambini... ma questa è un'altra storia.

    Oceano si schiarì vagamente la gola prendendo un altro sorso, assaporando la composizione di quella birra di patate e scomponendola a livello molecolare nell'arco di un femtosecondo. Sì, si disse, bisognava fare qualche aggiustamento sulla gradazione alcoolica, magari sulla qualità delle materie prime, ma c'era il potenziale per renderla una bevanda in grado di ribaltare un Titano.

    Nonostante la situazione fosse a dir poco critica, ci innamorammo a prima vista. Lei riusciva sempre a trovare il sorriso nel dolore, a guardare oltre il momento, a consigliarmi con saggezza quando le responsabilità del comando minacciavano di schiacciarmi. Era di una dolcezza infinita.

    Poi la nostalgia nel suo sguardo lasciò posto a divertimento, gli occhi presero a brillare come gemme, riflettendo l'esaltazione che il Titano sentiva montargli dentro.

    Ma non era debole, tutt'altro. In battaglia era una forza della natura, l'acqua danzava ad ogni suo comando provocando effetti che persino io potrei solamente sognare; mentre io guidavo i nostri soldati dalla prima linea lei restava nelle retrovie, bombardando i nemici con una pioggia di morte, e guarendo gli alleati. Una volta stavo combattendo da solo, tutti i miei soldati erano o morti o feriti troppo gravemente, lasciando solo me su un campo di battaglia sconfinato: combattei per quelli che mi sembrarono centinaia di anni contro un esercito illimitato, più ne eliminavo e più se ne facevano vedere, addirittura arrivai al punto in cui presi a contare quante volte avevo ucciso un determinato nemico. Ce n'era uno, una gigantesca sfera nera formata da migliaia e migliaia di occhi, che uccisi per oltre cinquecentocinquantasei volte, poi smisi di tenere il conto, centottanta solo in quella battaglia.

    Prese un breve istante di pausa per prendere il fiato, inondando i polmoni di necessario ossigeno, poi riprese.

    Ad un certo punto, quando pensai di essere spacciato, lei arrivò. Ci fu un immenso lampo di luce, una gigantesca onda d'acqua travolse ogni cosa, spazzando via ogni singolo nemico in vista in un uragano talmente tanto potente che anche io temetti di venirne colpito. Quando l'acqua sparì e tutto si calmò, non c'era più un solo nemico davanti a noi, tutti morti o banditi in abissi talmente tanto profondi da essere irraggiungibili, ma non solo questo. Quando mi guardai intorno vidi tutti i miei soldati, i feriti e perfino coloro che erano morti, stare in piedi senza alcun graffio, meravigliandosi di essere ancora in vita; poi Teti mi si avvicinò, e mi... uhm... diciamo che mi abbracciò come se nulla fosse successo, dicendomi che aveva avuto paura per me. Lascia che te lo dica, dopo aver quello spettacolo fui io ad aver paura di lei.

    Nonostante la vaga incertezza che aveva avuto nel descrivere l'equivalente umano di un contatto psionico, Oceano stava ridacchiando sonoramente a ricordare una delle battaglie più difficili che aveva mai affrontato.
    Si prese qualche momento di pausa, decidendo di finire il suo corno, pensando nel frattempo a quale altra storia raccontare ad Ingrid.

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    Ingrid ascoltò con molta attenzione il racconto di Oceano, limitando i suoi interventi a cenni e smorfie, alquanto malcelate, mentre il suo ospite proseguiva nella sua narrazione. L’amore sbocciato durante la guerra e la battaglia era, non si direbbe proprio, l’ideale romantico della Vrykul. Arrossì, percependo il sentimento con cui Oceano parlava di sua moglie, seppure il linguaggio forbito del suo ospite le risultasse un po’ ostico, e strabuzzò gli occhi al pensiero della moltitudine di nemici che avevano dovuto affrontare. A racconto concluso, Ingrid mandò giù un gran sorso della sua birra, per poi rimanere un attimo a riflettere.

    Tu fa ricordare Ingrid come suo papa parlava di quando ha conosciuto mama. Durante guera, sì. Mama di Ingrid grande combattente con lancia. Lei infilzare nemici come spiedino di galina. Alora padre era nela merda, tutto intorno nemici. Padre guarda su, c’era Elga con lancia bianca, mia mama. Lei distrae nemici, loro vince guera. Loro grande amore.


    Ingrid, un gigante di tre metri e mezzo e 250 kg di muscoli, era visibilmente commossa. Versò altra birra per sé e per Oceano, ripensando nostalgica ai suoi genitori, morti a causa della guerra che li aveva uniti, e stette per alcuni attimi in silenzio, quasi stesse celebrando la loro memoria. Si scosse via la tristezza di dosso con un altro grande sorso, per poi pulirsi la bocca col dorso della mano e ritornare coi piedi per terra.

    Tu racontato a Ingrid bela storia. Ingrid adeso vuole sapere come è tua moghlie. Lei bela vero? Ingrid fare per moghlie arma giusta per lei. Grande guerriera, moghlie di Oceano. Lei alta? Grosa come Ingrid? Più picola? Ah, ma lei deve essere forte. Lei deghna di martelo da guera. Lei dove essere ora?


    Se l’immaginava, la grossa moglie di Oceano, magari era blu come lei e da come ne aveva parlato, doveva venire dal mare. Forse aveva le branchie. Ad ogni modo, doveva essere forzuta per sconfiggere così tanti nemici. Forzuta ma aggraziata. Di certo non Vrykul. Forse un po’ elfa. No elfa no! Ma comunque voleva conoscerne ogni dettaglio per preparare un’arma degna di quella guerriera leggendaria che di cui lo straniero aveva narrato le gesta. Non le importava, al momento, se Oceano e sua moglie appartenessero ad una fazione nemica o amica: voleva celebrare il suo talento e quella le sembrava un’ottima occasione.

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    Edited by *Susu* - 14/6/2019, 18:16
     
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    Ah, quanto era bello ricordare i momenti della guerra contro i Daimon. Quelle erano battaglie, veri scontri contro veri nemici in grado di sfidare tutto il genio tattico e scientifico dei Titani, tutto il resto semplicemente non era un combattimento, ma una pallida recita, imitazione dello splendore che era stato un tempo. gli scontri che aveva avuto con P.A.N. e Aleksander era l'esempio perfetto di ciò: era stato divertente, se considerato secondo standard umani, ma osservandolo con occhio più critico poteva notarsi un profondo senso di incompletezza nei suoi movimenti, come se stesse cercando di sforzarsi per costringere quel contenitore di carne a muoversi nella maniera che diceva lui, costretto in una prigione infrangibile. Fortunatamente, con il risveglio di una porzione ulteriore della sua Dunamis, aver riacquistato la sua capacità più tremenda, quella che più di tutte lo rendeva in grado di liberare la sua essenza nei perfetti movimenti che un tempo avevano falciato infiniti nemici.
    E quanto era bello ricordare Teti. Nonostante le memorie di sua moglie fossero in un certo senso dolorose, parlare di lei in quella maniera gli faceva sentire come se non fosse poi così lontana, gli ricordava della grandezza del passato e che, soprattutto, sarebbe potuta riproporsi nel futuro. Gli dava speranza, un qualcosa che lo avrebbe aiutato a sostenere l'insopportabile assenza di sua moglie, e aveva solo Ingrid da ringraziare per quello, una gigantessa molto semplice ma con un grande cuore. Proprio vero che il bene si trova nei posti inaspettati.
    Ascoltò con immenso rispetto il suo racconto, annuendo solennemente alla commozione di Ingrid, alzando infine il corno e bevendo ciò che restava del suo contenuto per onorare i suoi genitori. Le loro imprese non erano probabilmente paragonabili a quelle dei Titani, ma di certo il loro amore era sincero e, come tale, meritava il suo rispetto e considerazione. Ringraziò la Vyrkul con un cortese cenno del capo quando riempì di nuovo il suo corno, e ascoltò con interesse le sue domande successive, nonostante fossero molto complicate da rispondere.
    Ma a quel punto non poteva certo tirarsi indietro.

    Oh era molto alta, lo eravamo tutti all'inizio, poi ci siamo rimpiccioliti per interagire meglio con i nostri sudditi. Ah, a proposito, ascolta questa, giuro che non ti prendo in giro: uno dei miei fratelli minori era gigantesco quanto una montagna, quando scendeva in guerra era un turbine nero di fuoco e morte, ogni fendente della sua spada era abbastanza potente da tagliare la terra per chilometri e chilometri. Bei tempi quelli.

    Ricordò con una risatina le imprese di Iperione, gesticolando ampiamente con le mani per far capire a Ingrid esattamente quanto fosse possente suo fratello, poi riprese, non prima di aver preso un altro ampio sorso di birra.

    In ogni caso sì, Teti era alta più di te, e bellissima. I capelli erano come limpidi fiumi, i suoi occhi profondi quanto i laghi più irraggiungibili, la sua pelle bianca come la perla più preziosa, era molto aggraziata nonostante fosse molto più prestante, fisicamente parlando, di me.

    Evitò di dire il vero motivo di questo, ossia il fatto che, nel suo aspetto originale, Oceano era un puro ammasso di acqua e Ichor, la cui forma era interamente dipendente dalla sua volontà. E che Teti avesse di solido giusto il necessario per sollevare, con potenza incredibile, le sue armi.

    Ma, nonostante non sembrasse, era insospettabilmente forte con il suo martello. Quando un nemico riusciva ad avvicinarsi a lei si ritrovava ridotto in una macchia sanguinolenta in meno di un secondo, tanta era la sua potenza. Anche quando non lo brandiva possedeva comunque il suo potere, i suoi pugni erano come tuoni, capaci di sbriciolare qualsiasi cosa le capitasse tra le mani.

    Prese un altro sorso di birra, poi parlò di nuovo. Con una profonda nota di malinconia della sua voce.

    Su dove sia adesso, onestamente non lo so, molto tempo fa ci siamo dovuti separare, insieme a tutti i nostri bambini, per evitare un destino ancora peggiore. E' da qualche parte senza ricordi chi è davvero, camminando su una strada sulla quale io non posso seguirla. Ma un giorno tornerà da me e dai nostri figli, di questo ne sono sicuro, tutto quello che posso fare, nel mio piccolo, è prepararmi al suo ritorno e fare in modo che trovi la sua famiglia ad aspettarla, in attesa che ritrovi la via di casa. Mi manca, sai? Mi manca davvero tanto.

    E poi tacque.
    I suoi occhi, azzurri come opali, brillavano con emozione infinita. Oceano cominciava a sentire qualcosa pungergli gli occhi, sospinta da tutta la tristezza che le acque dell'universo potevano sentire, fin quando il Titano non sentì qualcosa scendere sul suo volto. Lacrime, acqua di colore turchese e quasi fosforescente, che prese a rigargli lentamente le guance.
    Ah, quindi stava così male? Lo spettro di emozioni che poteva provare applicate alla sua umanità non cessavano mai di stupirlo. Eppure, nonostante la commozione fosse palese, era comunque il caso di mostrare un minimo di contegno davanti a Ingrid.
    Si schiarì la voce, prese un profondo sorso di birra, e, quando il suo volto fu di nuovo visibile, le lacrime non c'erano più, evaporate come ghiaccio al sole. Le sorrise.

    In ogni caso non credo di essere l'unico con storie interessanti qui. Tu, ad esempio, hai l'aria di essere una grande guerriera, e il fatto che tu brandisca un'arma di quel calibro lo prova solamente. Ti va di raccontarmi come l'hai ottenuta?

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    Edited by Luke¬ - 10/6/2019, 13:35
     
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    Forse l'età l'aveva resa morbida, o forse solo un po' nostalgica. Ingrid percepiva le emozioni vive del suo ospite mentre parlava della guerra vissuta e di sua moglie, e il viso le si illuminò quando Oceano parlò di un fratello grosso quanto la montagna: sgranò gli occhi e con tutta la sua ingenuità, rimase a bocca aperta, non dubitando mai delle storie che le venivano raccontate. Per Ingrid tutto poteva essere vero e reale al di fuori di Asgard, dato che non aveva avuto esperienza di nulla al di fuori della sua terra desolata e delle guerre che si erano consumate all'interno di essa.

    Ingrid vuole conoscere fratello grosso come montagna! A Ingrid piace!


    Disse, bevendo un grosso sorso di birra. Poi tentò uno sforzo di intelletto, cercando di immaginare la bellezza della moglie di Oceano nelle sue parole, e chi l'avesse vista in quel momento avrebbe quasi potuto pensare che la Vrykul avesse uno sguardo sognante di chi vuole per sé un sentimento del genere, di natura romantica. Ingrid in vero, di romanticismo non aveva neanche sentito l'odore, l'unico rapporto affettuoso che aveva potuto testimoniare era stato quello dei suoi genitori. Sussultò esageratamente quando il suo ospite le confessò di non sapere dove si trovasse al momento sua moglie, la cosa le spezzò letteralmente il cuore, glielo si poteva leggere in faccia.

    Come tu no sa dove esere moghlie?! No! Oceano deve trovare moghlie e portarla a casa...Dove essere casa di Oceano. Moghlie e tutti i bambini!


    Ingrid vide che Oceano era profondamente commosso e non trovò reazione più adatta che versargli altra birra, non sapendo se gli abbracci Vrykul potevano essere considerati accettabili nella sua cultura (ci aveva provato con Ronn ma gli aveva quasi spezzato la spina dorsale), dicendo Prego, prego, tu beve, bira aiuta.

    Oceano poi le chiese qualcosa che nessuno aveva fino a quel momento: come avesse ottenuto il piccolo Mjollnir.
    Ingrid lo guardò piena d'amore, quasi con gli occhi lucidi.

    Picolo Mjollnir? Thor dà a Ingrid.


    Disse, alzandosi e andando verso la sua arma che aveva lasciato all'ingresso.

    Dopo Ragnarok, Jotan, di altro Clan Vrykul, dice a mio Papa: tu unisce clan a Grande Male, e tu e la tua gente rimane vivo. Papa dice no. Jotan ammazza Papa e brucia villaggio dei Mano di Ferro. Ingrid strappa cazo a Jotan, Jotan scapa. Ingrid dà caccia a Jotan, ma Jotan diventa più potente con Grande Male. Ingrid dà caccia fino a fine di mondo. Amici di Jotan rapisce Ingrid con magia, Thorfinn salva lei.


    Si fermò. Il suo grosso cuore da mezzogigantessa sprofondò in un abisso doloroso. Quante morti erano state offerte al regno di Hel per farla diventare quella che era in quel momento. E Thorfinn, lui era stata la prima persona a credere veramente in lei, a darle la possibilità di ottenere la sua vendetta. Con un velo di tristezza afferrò il manico del piccolo Mjollnir, ammirandone la sua finitura.

    Ingrid dà caccia a Jotan ancora, e ancora. Uccide tanti mostri, tanti elfi infetti da Grande male, tanti Vrykul infetti da Grande male.
    Ma amici di Jotan tantissimi e chiude Ingrid in trappola. Ingrid sola in quel momento. Fulmine arriva con due frammenti del martello di Thor, e grande armatura per Ingrid, così Ingrid fulmina tuti con suo nuovo potere e distrugge Clan corrotto Vrykul e Jotan. Ingrid poi forgia Piccolo Mjollnir con frammenti del martello di Thor, e diventa cavaliera.


    Vi era un tono profondamente triste in quelle parole, come se Ingrid parlasse di un passato troppo remoto: in realtà dopo l'investitura non aveva vissuto chissà quali avventure. Il celebrante con lei era stato una figura evanescente, ed era finita a tornare a fare il fabbro ai margini di Asgard dopo che l'Ombra era stata con lei per un bel po' di tempo. Le mancava schiacciare crani a mani nude, stritolare corpi in morse letali e abbattere mostri più grandi di lei. Sì, Ingrid desiderava essere come la moglie di Oceano, leggendaria e fortissima. Si perse un po' in questo pensiero, poi, decisa, sollevò il suo grande martello per sbatterlo violentemente al suolo. La terra tremò, le armi sulle pareti tintinnarono, qualcuna cadde.

    Ingrid deve fare un martello glorioso per moghlie di Oceano, e no può farlo se resta chiusa come Svalstraken* in baccello.
    *Un tipo di legume diffuso sulle sponde del lago Midir, simile alla fava.


    Ingrid deve prendere materiale mighliore, imparare cose nuove. Ingrid viaggia poi fa grande arma per gloriosa moglhie. Ingrid forse deve andare da nano. Eh, eh, Oceano! Tu dove vive? Lontano?Ingrid consegna arma a moghlie, tu però trova lei.


    Ingrid si era illuminata. Sarebbe stata una grande avventura cominciare a viaggiare per tutto il mondo, arrivare fino alle terre di Oceano per consegnare l'arma di persona a sua moglie una volta che loro si fossero ricongiunti, e Ingrid sperava vivamente che fosse presto.


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    Ah, quante cose sorprendenti che erano successe nell'arco di così poco tempo. Qual era la parola giusta? Tenera? Ecco, questa Ingrid era estremamente tenera nonostante il suo aspetto suggerisse altrimenti. Aveva ascoltato la sua storia, seguito i suoi ragionamenti, e aveva comunque trovato lo spirito per dire quelle cose così belle, così innocenti e pure; eppure la vita di Ingrid non era stata semplice, si capiva dal suo racconto e dalla malinconia nei suoi occhi. Aveva combattuto, affrontato tanta sofferenza, conosciuto la tentazione della corruzione e del dolore, ma ne era uscita.
    Con tanta caparbietà, forza e una buona dose d'ignoranza, ma ne era uscita e non solo, aveva ricevuto la benedizione di Thor in persona, una creatura potente perfino nei tempi antichi. L'amicizia con gli Aesir era più cosa di Iperione e Teia, ma tutti loro avevano trattato i padroni di Asgard con l'immenso rispetto che si deve ai grandissimi guerrieri che erano.
    Oceano sorrise quando la Vyrkul prese il "Piccolo Mjollnir", sbattendolo al suolo con tutta la potenza della sua ingenuità.
    Un grande viaggio... per lui? Per una richiesta che Oceano le aveva fatto? Fu sorpreso ancora di più da ciò, quasi pensò di ritrattare, di provare a convincerla che non era poi necessario che si scomodasse così tanto, ma desistette. No, capì il Titano, non sarebbe riuscito a persuaderla a non partire. Non era tanto per la richiesta che le aveva fatto quanto per il viaggiare in sé, per il migliorare, per il combattere, per il conoscere. E per il costruire.
    Di nuovo pensò a ciò che aveva appreso nella sua festa di compleone, quando Giapeto e i suoi bambini decisero di fargli quel simpatico scherzo, e capì di aver molto da imparare da Ingrid. Prima pensava che il male poteva essere tenuto a bada solo da un grande potere, ma ora che quel potere era perso aveva capito che erano i piccoli gesti di ogni giorno a tenere il male sotto scacco. Piccoli gesti, come la coraggiosa incoscienza di quella donna. E Oceano annuì, e sorrise, e la stimò come mai aveva stimato nessun mortale.

    Vivo in un posto molto lontano, Ingrid. Oltre le stelle, al centro dell'universo. Forse non è il caso di arrivarci a piedi, quindi facciamo che, quando sarà il momento, ti ci porterò io.

    E le sorrise, ridacchiando al pensiero che la Vyrkul potesse trovare la strada per la Torre semplicemente camminando in cielo. Sarebbe stata capace di farlo, su questo non aveva dubbi, ma forse era il caso che Oceano le indicasse la strada.
    Le sorrise ancora, alzandosi dalla sua panca e posando il corno, ormai svuotato, sul tavolo. La sua mente stava già contattando sua sorella Rea, ma concentrarsi su due cose contemporaneamente non era certo un problema per la sua capacità cerebrale.

    Dopo che avrò trovato Teti ti prometto che sarai la prima persona a saperlo, e poi te la farò conoscere, così potrai mostrarle il tuo lavoro personalmente.

    Si avvicinò a lei, guardandola dal basso verso l'alto e valutando vagamente le coordinate spaziali per evitare che il carico che stava per consegnarsi si compenetrasse nel pavimento, poi schioccò le dita. Davanti a sé, in un fascio di particelle azzurre, apparve una vera e propria pila di lingotti metallici, cinquanta in totale, perfettamente disposi in forma piramidale.
    Erano neri, ma ad uno sguardo più attento si poteva vedere il continuo baluginare di colori alla luce della forgia, modificando la propria colorazione in maniera cangiante. Oceano ne prese uno, sollevandolo come se fosse stato un fuscello, porgendolo alla Vyrkul.

    Un regalo per te. E' una lega metallica fatta da mia sorella, è leggera come una piuma ma molto più resistente del più resistente acciaio asgardiano. Le spade e armature che forgerai con essi saranno leggendarie.

    E fece un passo indietro, posando la destra sul cuore e la sinistra ampia all'esterno. Abbassò la testa, inchinandosi con profonda deferenza.

    Non per il martello, ma per la gentilezza che mi hai mostrato e per le cose che mi hai insegnato oggi. Sono antico, sai? Molto, molto, molto antico, più del più vecchio dei vostri elfi, eppure pochissime persone mi hanno mostrato ciò che tu possiedi: uno spirito adamantino e la forza d'animo per superare ogni avversità. E' qualcosa di cui tutti abbiamo bisogno.

    Il Titano alzò lo sguardo, sorridendo con dolce furbizia. Ad una promessa che, per quanto fosse ingenua oltre ogni dire, era una che avrebbe mantenuto al costo della vita.

    Ora devo andare, ho delle faccende a casa che devo risolvere, ma sappi che spero con tutto il cuore di incontrarti di nuovo in futuro. A presto, Ingrid, e grazie.

    E svanì così, in uno sfarfallio di particelle azzurre.
    Oh cielo, che giornata così particolare, ma non per questo meno pieno di soddisfazioni.

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