An Ocean of Memories

Oceano e Mnemosine

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    Oceano era impegnato, estremamente impegnato. Per i primi tempi dal suo risveglio si era dedicato con tutto sé stesso a consolidare la presenza del loro rinato Impero sulla Terra e, tramite abile dimostrazione di potenza militare e tendendo la mano ai sofferenti e gli afflitti, era riuscito nello scopo. Ora, tuttavia, iniziava la fase due del suo progetto.
    Oceano era un Re dopotutto, il fatto che fosse estremamente gioviale non voleva certo dire che avesse dimenticato i gloriosi tempi in cui Atlantide e parte dell’universo erano al suo comando, il suo rango richiedeva una sede adeguata ove lui e i suoi seguaci avrebbero vissuto quando non in missione sul piano materiale. Crearne una in tempi così ridotti sarebbe stato un compito sostanzialmente impossibile per le diminutive conoscenze tecnologiche e ingegneristiche di una razza inferiore, ma per un Titano era un gioco da ragazzi.

    Oceano stesso aveva disegnato il progetto della sua città, i suoi fratelli lo avevano aiutato a procurarsi materie prime e forza lavoro, e la tecnologia della Torre aveva fatto il resto.
    In mezzo ad un immenso mare verde chiaro, sul quale si specchiava un limpido cielo, si estendeva, sorretta da spesse fondamenta che affondavano con solidità inenarrabile nel fondale marino, quello che era un cantiere a cielo aperto.
    Umani, Giganti, macchine costruite apposta per lo scopo e le razze più disparate stavano lavorando alla costruzione di enormi edifici, eretti secondo le istruzioni del Titano stesso: l’acqua dell’immenso e accogliente mare passava in numerosi canali, penetrando nella complessa struttura cittadina e formando una rete di uniforme perfezione, infiniti colori brillavano dagli edifici finiti, splendenti e magnifici, alcuni dei quali erano sufficientemente alti da dare l’impressione di toccare il cielo.
    Per volontà di Oceano stesso erano stati abilmente piazzati numerosi elementi naturali in un paesaggio che, altrimenti, sarebbe risultato troppo sbilanciato verso l’aspetto tecnologico della creazione. Numerose collinette si stagliavano in ogni quartiere, delineando meravigliosi parchi e giardini ove fauna terrestre di ogni tipo si muoveva libera, coesistendo armonicamente con le razze che abitavano la Torre.
    Nulla batteva però, nella mente del Titano, la magnificenza dei mammiferi marini.
    Immense balene azzurre, di aspetto alieno e mansueto, percorrevano i canali, cantando gioiosamente e trasportando sulle loro possenti spalle i materiali più pesanti e innumerevoli persone da una sezione all’altra della città, mentre navi da trasporto e piattaforme volanti solcavano il cielo e circondavano la maggior parte delle costruzioni ancora in lavorazione. Adorava le balene, Oceano, alcuni esemplari estremamente particolari di loro erano tra le sue creazioni preferite dopotutto, lui stesso le aveva costruite basandosi sul progetto del suo potente incrociatore, e il fatto che fossero perlopiù sopravvissute alle vicissitudini di quel mondo apocalittico lo aveva riempito di gioia. Ora non avrebbero dovuto più preoccuparsi dei mali di mari infestati da mostri corrotti, sarebbero prosperate sotto il vigile sguardo del Titano.
    Egli stesso percorreva le strade insieme ai suoi fedeli sudditi, con indosso una lunga veste blu chiaro intarsiata di ricami verdastri che brillavano alla luce del sole, rappresentazione degli antichi abiti che indossava da sovrano di Atlantide quando la situazione lo richiedeva. Si spostava da un cantiere all'altro con rapidità, dispensava consigli e suggerimenti, dava ordini, incoraggiava chi era stanco, e, in alcune circostanze, ricorreva ai suoi poteri per spostare i blocchi di materiale più pesante, mostrando il modo giusto in cui andavano disposti e guidando tramite esempio, come era suo stile.
    Notava, il Titano, che la sua sola presenza bastava per incitare i sudditi a lavorare al massimo delle loro capacità, migliorando la loro produttività. Che avesse carisma era un dato di fatto, non avrebbe governato sul più glorioso impero della storia per tutto quel tempo se non ne avesse avuto, e ora questa sua caratteristica stava traducendosi nel più proficuo dei modi.
    Oceano era nato per guidare, per esser un punto di riferimento e un baluardo incrollabile, e, come era caratteristica della sua razza, era assolutamente perfetto nelle sue tendenze naturali.
    Non era immune alla stanchezza tuttavia, il suo corpo era ancora troppo umano per poter lavorare giorni e giorni senza prendersi pause, quindi eccolo lì, Oceano, elegantemente seduto su una comoda panchina mentre il sole del mezzogiorno illuminava lui e il Capitano Ross, al suo fianco, che si era presa il compito di seguire il Titano in ogni momento della sua supervisione.
    Brava ragazza lei, cosmicamente dotata e soprattutto leale oltre ogni concezione ad Oceano, era stata con lui fino dai primi momenti del suo risveglio e mai lo aveva deluso. Si poteva dire che rientrasse nella cerchia di umani che lui stesso considerava interessanti e con i quali provava genuino piacere a conversare. Ora era in piedi davanti a lui, lo aveva raggiunto dopo dieci minuti in cui si era allontanata per raccogliere i dati relativi ai progressi nel quartiere, e stringeva evidentemente qualcosa nascosta dietro la schiena.

    I lavori procedono spediti, mio signore, il palazzo duecentosei è quasi concluso e otto negozi sono appena stati finiti. Il parco è stato definito, il tempo di costruzione è stimato in un giorno, lo spazioporto invece è ultimato, già collegato al teletrasportatore principale della Torre. Inoltre…

    Gli tese una busta rossa, che aveva una evidente “M” gialla stilizzata sopra. Oceano la prese con tutta la serietà di questo universo.

    Il vostro pranzo, mio signore.

    Il Titano la aprì con lenta solennità, scrutandone i contenuti con fare metodico.

    Quanti mc flurry hai preso?

    Disse senza rivolgerle lo sguardo, ancora preso a osservare nelle profondità di quella busta.

    Quarantacinque, mio signore.

    Oceano alzò gli occhi, e sul suo volto c’era uno smagliante sorriso che tradiva il fatto che fosse sul orlo di scoppiare a ridere per quella piccola sceneggiata. Maria stessa stava sorridendo in un modo che stonava con la rigida posizione che aveva assunto. Le fece cenno di sedersi al suo fianco, senza parlare fino a che non fu certo di non riuscire a mettersi a ridere, iniziando a scavare nella busta ed estraendone un big mac grande quanto la sua testa.

    Maria, continua così e credo che farò erigere un monumento in tuo onore.

    Solo se mi autorizzate a puntare drammaticamente verso l’orizzonte, mio signore.

    Accordato, ma lo farai brandendo questa.

    E indicò con un cenno la busta del MC Donald, prima di divorare mezzo panino con un singolo morso.
    Era una bella giornata.


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    Qualche tempo prima…

    Interno. Orario indefinito. Poteva essere tanto l’alba quanto il tramonto. La stanza era in una penombra fredda, avvolta in una tenebra immobile, se non fosse per una fonte di luce, dall’aria vagamente quadrata che rischiarava una sagoma curva e corrucciata davanti la fonte di luce. Per il resto, tutto era immobile, tutto taceva.

    Una figura entrò nella stanza:

    “Si stanno muovendo”

    Ci fu una lunga pausa, davanti la luce si srotolò una figura femminile dalla forme pronunciate.

    “Bene, così dovremmo fare pure noi”

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    Contingenza, dal latino contingere “accadere”. Se si cerca in un dizionario la sua definizione troveremo scritto “Accidentalità, eventualità, possibilità di essere o non essere; le cose non necessarie, cioè relative o eventuali”. Nel senso più tecnico, per quanto riguarda la scienza dei titani, la contingenza non è altro che un nodo di linee temporali che si trovano prossime, potendo generare dei punti fissi nello spazio-tempo in cui quello che mente umana chiama “destino”, avviene. Se si vuole paragonare, tuttavia, il concetto di destino in ambito mnemonico, bisogna guardare al destino come a una sorta di modello matematico fluido, in cui i singoli eventi si aggregano generando punti focali. Regioni dal elevata densità sono chiamate contingenze. Queste zone sono il volante del continuum spazio temporale, e senza di essi probabilmente non si genererebbero i momenti fondamentali del multi-universo, compromettendone la funzionalità, gettandoci tutti in preda alle anomalie del Chaos. Se sia stata madre G.E.A. o Chronos a inventare questo meccanismo non verrà analizzato in questa sede.

    Il concetto, per riassumere in breve, è il destino non è una cosa fissa, ma paradossalmente, alcuni momenti sono destinati ad essere, e non possono essere altrimenti.

    Accadde nella brezza marina, uno sfavillio nell’acqua e un suono argentino proveniente dallo spazio tempo. Era un profumo arcaico, qualcosa che sapeva al tempo stesso della prima erba del mondo e degli incensi bruciati sotto le Ziggurat mesopotamiche. La sua presenza era solo una sensazione ancora dal manifestarsi.



    L’ultimo panino che stava per azzannare Oceano fluttuò letteralmente dalle sue mani per volare lentamente per aria e posarsi nelle mani di una donna alle spalle del Titano. Era bella, rossa e dall’aria sfacciata. Pronunciò con tono canzonatorio:

    “Certo che da queste parti siete schifosamente efficienti. Devo frustare per bene le mie ragazze se mi voglio mettere in pari”

    E azzannò con aria soddisfatta il panino
    “Oh me, sembrano secoli che non mangio una schifezza dal mac. Quanto mi mancano le lusinghe dei primi anni 2000”

    Mnemosine, la sorella del titano, se ne stava seduta al contrario su una panchina, con il petto poggiato sul poggia-spalle. Assomigliava in tutto e per tutto alla sorella che Oceano conosceva nel mito, se non fosse per qualche tratto più provocante e femminile, una sorta di ego ammodernato della titanide. Ma non vi era dubbio che fosse lei.
    Mnemosine, il Titano della memoria. Lei era l’intel preposta all’analisi e calcolo del continuum spazio-temporale, volta a scandagliare quali di snodi di contingenze avrebbero generato i pilastri fondamentali per preservare questa linea spazio temporale. Una specie di super computer vivente che da eoni faceva le veci di eminenza grigia del destino rimanendo nelle retrovie. Quel momento, probabilmente era frutto di una contingenza.

    “Ciao fratellone, è da un po’ che non ci si vede. Ho interrotto qualcosa?”






     
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    Dovresti mangiare di più, cara, sei sciupata. Sicura di non volere un panino?

    Da quando pranzo con voi ho messo cinque chili, con tutto il rispetto ma almeno uno di noi deve fare attenzione a quello che mangia.

    Ah già, vero che il vostro metabolismo è noisamente lento. Un po' un difetto di progettazione, se vuoi il mio parere.

    Non siete stato voi con gli altri Signori a crearci così?

    Non proprio. Abbiamo tutti contribuito in un certo qual modo, ma delle decisioni importanti del progetto se n'è occupato principalmente Prometeo.

    Ah. Ecco chi ho da incolpare per il grasso in eccesso...

    Aspetta di sapere a chi devi dare la colpa dei tuoi feticismi.

    Dei miei cosa?

    Nulla, pensavo ad alta voce.

    Era una bella giornata quella che sarebbe proseguita tra un morso e un altro di un panino. Aveva finito una ventina di big mac nell'arco di cinque minuti, passando quindi al folto assortimento di crispy mc bacon che si trovavano in una busta che era apparentemente senza fondo, suoi personali preferiti, con quella salsa che aveva il sapore di un mistero. Nemmeno Oceano, scomponendola in parti liquide fondamentali, era effettivamente riuscito a carpirne la ricetta effettiva, ma non gli importava così tanto: finché poteva continuare a mangiarla senza preoccuparsi di inconvenienti come grassi, colesterolo e malattie legate al consumo eccessivo di cibo da fast food gli andava più che bene.
    Era una piccola pausa quella, un momento di respiro in un giorno lavorativo che non avrebbe incontrato battute d'arresto fino alla mattina del giorno dopo, ma che comunque aiutava il Titano a ricaricare le sue energie mentali in vista delle mansioni che avrebbe dovuto svolgere. Un cervello umano si sarebbe fuso con tutta quella mole di pensiero, ma fortunatamente lui aveva abbastanza potenza cognitiva per processare tre azioni contemporaneamente: una parte continuava a chiacchierare con Maria del più e del meno, un'altra era concentrata sul salutare i gruppetti di civili e operai che passavano davanti alla sua tranquilla panchina, e un'altra ancora era impegnata nell'accurato lavoro di degustazione di quelle prelibatezze dalla composizione indefinita.
    Detto questo, aveva ormai stabilito una routine nel suo cervello, che seguiva senza neanche guardare con gli occhi, quindi quando scartò il trentasettesimo panino e fu sul punto di addentarlo, dovette rendersi conto con stupore di star stringendo il nulla.

    Quando poi una voce, la voce del pensiero e dell'emozione che era propria dei Dodici, lo raggiunse, Oceano scattò in piedi. Era familiare, ma contemporaneamente la sentiva per la prima volta nella sua esistenza, con rapidità volse lo sguardo verso la sua fonte e... sorrise. Gli occhi brillarono di luce pura, di gioia rara, come le più preziose delle pietre. Pochi esseri nel multiverso potevano capire il profondo legame che esisteva tra un Titano e la sua famiglia.
    Sapeva che Mnemosine si era risvegliata, prima tra loro, e che aveva avuto gran parte nella creazione della magnificenza su cui poggiava i piedi, ma che, da prima del suo stesso risveglio, stava occupandosi di affari privati. Il Titano non aveva voluto intromettersi, nonostante nel suo animo il desiderio di rivedere la sorella fosse immenso, eppure adesso lei stessa era lì, davanti a lui, che lo guardava con quel sorriso beffardo che sapeva essere suo. Come poteva reagire il primo tra i Titani, il più saggio tra di loro? Beh, più saggio non vuol dire certo meno emotivo.
    Oceano si alzò dalla sua panchina e si avvicinò rapidamente a Mnemosine, con il più smagliante dei sorrisi, posandole dolcemente le braccia al collo e stringendola in un molto umano abbraccio.

    Mi sei mancata moltissimo, sorella. Solo le stelle sanno quanto.

    E nulla fu più vero. L'ultima volta che aveva incontrato sua sorella era, invero, non il più felice dei ricordi. Lei schiava dell'infame Zeus, costretta a sigillare la sua famiglia per il bene di un piano che voleva dire la loro salvezza, eppure il solo pensiero della vergogna che aveva dovuto subire e delle lacrime delle Muse sue nipoti, nella sicurezza del più segreto santuario di Atlantide, lo fece quasi tremare d'ira.
    Non una parola o pensiero fu fatto con la Titanide, ovviamente, la sua stessa rabbia verso il passato fu oscurata dall'infinita gioia del presente. Stavano tornando, uno dopo l'altro, era solo una questione di tempo prima che si ritrovassero tutti insieme. Una volta staccatosi dall'abbraccio le mani di Oceano si soffermarono su quelle di Mnemosine, stringendole in una delicata carezza, mentre il suo sguardo diceva tutto quello che bisognava sapere su quanto fosse effettivamente contento di poter riabbracciare la Titanide della Memoria.

    Se mi avessi avvisato avrei fatto preparare un benvenuto più degno. Cielo, dev'essere un macello qui.

    Oceano fece un passo indietro, spostando vagamente lo sguardo verso i tre cantieri aperti che aveva sotto gli occhi, ricrescendosi per non poter presentare alla sorella uno spettacolo migliore. Se solo si fosse presentata una settimana dopo. Ah beh, poco male, c'era effettivamente una cosa finita che avrebbe potuto mostrarle.

    Vieni, passeggiamo un po', voglio mostrarti il palazzo. La prima cosa che abbiamo finito e, se posso permettermi, un vero fiore all'occhiello. Ah, Maria.

    Il Capitano Ross, già scattata sull'attenti, tese l'orecchio alle parole del suo signore.

    Continua pure il giro d'ispezione senza di me e informami tra un'oretta sullo stato dei lavori, e tienimi la busta, ci faccio merenda oggi pomeriggio. E prenditi un panino, che sei pelle e ossa, questo è un ordine.

    Signorsì signore.

    Nemmeno la presenza di un'altra dei Dodici poté nascondere il fatto che Maria Ross stesse ferocemente lottando contro sé stessa per non scoppiare a ridere, prima di girare garbatamente le spalle e inoltrarsi per i labirintici vicoli della città in costruzione.
    Oceano fece un cenno con la destra, indicando alla sorella di seguirlo lungo un ampio canale, dentro il quale splendeva acqua verde e cristallina.

    Come stai, sorella? Spero che i tuoi affari siano andati bene.

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    Una domanda semplice “Come stai?” poteva avere una risposta semplice “Bene grazie”. Una risposta di cortesia ad una domanda di cortesia. Ma proprio quella domanda, non aveva una risposta semplice perchè Mnemosine non era un essere semplice. I suoi stati d’animo si riflettevano sul mondo che la circondava e viceversa, per il semplice fatto che il suo dominio, la memoria, era composto da stati d’animo.

    Arrivò la brezza marina a rinfrescare la riunione della coppia di fratelli, facendo sollevare il capelli di Mnemosine per aria. Non era tuttavia un momento di allegria, ma un istante silenzioso, con la dea che guardava nel vuoto. Uno sguardo tutt’altro che spento, ma scintillante come una gemma di riflessi ardenti.

    Era come se in realtà quel vento fosse la manifestazione dei suoi pensieri, pensieri che provenivano da un mondo e un tempo lontano, e che negli ultimi tempi si erano rincorsi per la sua testa.
    “Domanda interessante…”
    Oceano non era come gli altri suoi fratelli, non lo era mai stato, anche per questo la sua sorte fu diversa. Lui non era suo fratello più piccolo, Chrono, al quale spettava cieca ubbidienza e non era nemmeno uno dei quattro generali delle direzioni, dall’animo bellicoso. Lui era Oceano, l’avvolgente fiume cosmico.
    “Ti vorrei rispondere che le cose vanno bene, ma non sono pienamente certa di questo”

    Mesi e mesi passata in isolamento forzato, senza contare gli eoni vissuti al fianco degli olimpici. Pensieri che si alternano, in cerca di un ego perso. Quella domanda era stata come un sasso lanciato contro una vetrata. Le parole stavano uscendo da lei, quasi senza volerlo.
    “Sai…Ho vissuto anni in completa solitudine…per voi c’è stato il dolce oblio, che io stesso vi ho dato, ma per me è stato diverso. La mia anima si è inaridita, fatta sottile. Mi sono aggrappata come potevo alla speranza. Un piccolo, minuscolo sottile frammento, pure di portare avanti il piano. E ti mentirei se ti dicessi che non provo risentimento per come sono andate le cose…”

    Tacque, senza dire nulla, per qualche secondo.

    “Quando tuo fratello Giapeto si è svegliato, ero felice davvero. Ma poi ci siamo incontrati…e non è andata affatto bene…Io non ho fatto altro che fare andare avanti le cose, come ho sempre fatto e come sto facendo. Senza chiedere nulla in cambio. Ma adesso mi chiedo che posto posso mai avere in questo nuovo mondo che voi state costruendo…”
    La rossa sospirò, scosse la testa e si aggiustò i capelli dietro l’orecchio, quasi a volere scacciare le ombre del passato con quel gesto. Cercò di tornare ad essere serena come fino a pochi istanti prima.
    “Scusami, sono stata un po’ brusca. Non ci vediamo da secoli e ti consegno tutto questo. Parlami di te. Come sta andando il recupero?”
    Sorrise
    “Sarei davvero felice se mi mostrassi tutto quello che stai ricostruendo”







     
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    Oceano aveva una vaga sensazione, un presentimento, che Mnemosine non fosse esattamente felice di come la situazione stava sviluppandosi e di quello che era successo. Sapeva che aveva avuto una discussione con Giapeto, ma aveva scelto di non interessarsi della questione semplicemente perché desiderava che i suoi fratelli potessero trovare la loro stabilità da soli, superando i loro inconvenienti come una famiglia. Certo, il Titano delle Dimensioni era probabilmente il peggiore tra di loro per quanto riguardava tatto e delicatezza per il trattare certi argomenti, ma ormai Oceano ci aveva fatto l'abitudine.
    Sapeva che Mnemosine non stava bene, lo intuiva nelle sue parole e nel suo sguardo vacuo, ed era suo dovere aiutarla come poteva possibile. Non come primo dei Titani, non come un sovrano che parla al suddito pieno di consapevolezza, ma come un fratello che vuole solo il bene della sua famiglia; ora stavano tornando insieme, stavano ricostruendo tutto quello che era stato perso, non era il momento della tristezza e dei rancori, bisognava gioire e lavorare insieme. Nessuno di loro sarebbe mai più stato solo. Mai più.
    Ah, ma era facile rispondere alla domanda di Mnemosine? No, non lo era. Neanche lui stava propriamente bene, il fatto che i suoi figli ancora fossero dispersi era solo un altro dei pesi che gravavano sul suo animo, ma stava andando avanti; per il suo bene e per il loro.

    Sto perlopiù bene. Ignorando il fatto che i miei bambini sono nascosti chissà dove, che sul mio antico trono è seduto un tiranno, e che, soprattutto, mi mancate tutti. Mi manca Crio, mi manca Iperione, mi manca Teia, mi manca Temi, mi manca Ceo, mi manca perfino Febe. E mi manca Teti. Terribilmente.

    Sospirò, lentamente e con nostalgia. Per un momento, per un singolo momento, il suo volto non fu quello di Oceano. Non fu il primogenito di Gea e Urano, colui che per primo sarebbe dovuto essere erede del Tempo, il guerriero invincibile, il più saggio tra i sovrani. Fu solo un essere che aveva vissuto per tanti, troppi eoni, e che adesso si sentiva solo. Schifosamente solo al mondo.
    Ma poi sorrise con allegria e giovialità come suo solito, imperturbato dalla mancanza e dalla tragedia, la roccia su cui tutti potevano aggrapparsi, il faro di speranza che brillava sempre e per sempre. Nonostante la sofferenza, nonostante la tristezza, nonostante tutto. Non avrebbe perso la speranza. Perché? Perché no? Che senso avrebbe avuto piangersi addosso? Che senso aveva il fermarsi a soffrire e rimuginare su ciò che non si aveva? La vita si affrontava avanzando con fermezza e coraggio, con ottimismo e con un sorriso, e infine, senza alcun dubbio, le cose sarebbero migliorate.
    Ne era assolutamente certo.

    Ma non possiamo certo fermarci per questo, non trovi?

    Le fece un occhiolino, con aria vagamente furbesca, mentre i due ancora passeggiavano lungo il bordo dell'immenso canale che li avrebbe condotti al centro della città. Al palazzo.
    Oceano si concesse qualche secondo di silenzio, in cui solo il suono dei loro passi e lo sciabordio del'acqua, per ponderare al meglio cosa dire. Doveva valutare bene le sue parole, in quanto l'argomento che stava per trattare era sensibile e delicato. Fin troppo.

    Giapeto è... Giapeto. Inutile girarci intorno, è sempre stato così e lo sarà sempre, non so cosa vi siate detti ma posso immaginare. Sa essere davvero stronzo quando si mette di impegno, ma ti prego di non giudicarlo con troppa severità.

    Il Titano rivolse lo sguardo a sua sorella, sorridendole lievemente mentre il flusso di pensieri raggiungeva la sua mente.

    Per quanto possa sembrarti strano, considera quanto ha sofferto e quanto sta soffrendo tutt'ora: Menezio è morto, ucciso da quel selvaggio di Zeus, Atlante ed Epimeteo sono irraggiungibili, tra i suoi figli l'unico rimasto è Prometeo, ed è stato barbaramente torturato per eoni, gli umani che ama così tanto sono ridotti a neanche un decimo del loro vero potenziale, gran parte del suo lavoro è perso o finito nelle mani dei suoi nemici, e, soprattutto, Temi non si è ancora risvegliata. Anche io sarei particolarmente intrattabile se pensassi che la mia famiglia sia persa per sempre. Con questo non ti sto dicendo di non dare peso a tutto quello che dice o fa, solo di... contestualizzarlo, ecco.

    Il suo sorriso si fece molto più conciliante, perché in fondo l'unica cosa che voleva era che la sua famiglia andasse d'accordo. Solo questo, non era il tempo dei conflitti e delle questioni di principio.

    Nonostante gli piaccia giocare a fare il mostro sappiamo entrambi che non lo è, il fatto che abbia ancora Candice al suo fianco, che quella ragazza sia benedetta, ne è la prova. Sotto tutta quell'arroganza lui ci ama, esattamente come noi amiamo lui, solo nella sua particolare e non sempre piacevole maniera.

    E poi la sua Dunamis cambiò. Non toccò fisicamente Mnemosine perché, dopotutto, perché farlo quando puoi ricorrere ad un pensiero che è miliardi di volte più potente? L'emozione parlò per lui, tutta la profonda gratitudine e l'amore che Oceano provava verso sua sorella furono trasmessi come entità singola e pura, che quasi si manifestò nella realtà materiale per la sua intensità. Voleva rassicurarla, voleva che non avesse dubbi, voleva che fosse sé stessa perché, dopotutto, non importava altro.
    Erano insieme, e solo quello contava.

    Sorella, non devi credere di essere estranea in quella che è casa tua. Questo mondo che stiamo costruendo è anche il tuo, è nostro, e il tuo posto in esso è quello che tu desideri. Non posso neanche immaginare quanto tu abbia sofferto, quanto a lungo tu sia rimasta da sola, e ti sono grato per aver resistito, per aver sopportato quel dolore e per essere andata avanti, perché senza la tua perseveranza tutto questo non sarebbe stato possibile.

    Avrebbe potuto continuare così, ma la sua parte ancora umana gli diceva di fare qualcosa, qualcosa che non era contemplato nella loro antica esistenza ma che Oceano sentiva come giusto, sentiva come puro, sentiva come perfetto.
    Passò il braccio sulle spalle di Mnemosine, dietro alla sua nuca, stringendola con delicatezza e avvicinandola a lui, avvolgendola in un mezzo abbraccio vagamente incerto. Le sorrise, dolcemente, come se si fosse trattata del tesoro più prezioso.

    Supereremo tutto. Supereremo il dolore, supereremo la sofferenza, supereremo il male, e lo faremo insieme. Siamo una famiglia, e famiglia vuol dire che nessuno viene dimenticato e abbandonato. Non sarai mai più sola, Mnemosine, questo posso prometterlo.

    Le sue dita passarono lungo i capelli di sua sorella, carezzandoli con una delicatezza insospettabile per la sua mole, fino a che non giunse sopra la sua testa, carezzandola con giocoso vigore e scompigliandole l'acconciatura.

    Perché io sono qui, e non permetterò che la mia sorellina stia male.

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    Mnemosine fece un sorriso forzato e intrecciò la sua mano a quella del fratello.
    “Grazie fratello. Vorrei che tutti fossimo sereni, ed è bello sapere che almeno tu ti preoccupi per me”.
    Era una splendida giornata, l’aria era lieve e il mondo che suo fratello stava costruendo non faceva altro che trasmetterle allegria. Ma c’erano dubbi infondo al suo curo. La titanide aveva passato lungo tempo, da sola, a meditare, proprio su faccende del genere.
    “L’acredine fra me e Giapeto non è una semplice questione di carattere. Per quanto lui voglia negare, il fatto che un tempo io sia stata Bibiane e lui Gabriel complica il tutto. Credimi da umani ne abbiamo passate tante e nessuno dei due aveva un carattere facile. Ma Gabriel…”
    Soppesò bene le parole, prima di parlare. Gabriel era stato suo compagno di casta, amico e compagno di battaglia. Ne avevano vissute tante assieme eppure si erano sempre guardati a distanza, con diffidenza. Una volta erano addirittura arrivati alle mani. Descrivere quello che era il rosso non è era cosa facile, né tantomeno era descrivere il loro rapporto.
    “…Gabriel era semplicemente un pazzo egocentrico assetato di potere, e per quel potere è arrivato a fare cose indicibili. Il fatto che frequenti ancora Candice non mi rasserena. Ci sono una serie di circostanze che non mi permettono di liquidare la faccenda come un semplice scherzo del destino. Un semplice motivo. Questo.”
    Diede strinse un po’ più forte la mano del fratello e lo guardò dritto negli occhi.
    “Un tempo tu non mi avresti cinto le spalle, non ce ne sarebbe stato bisogno, eppure tu hai sentito l’esigenza di toccare il mio corpo. Il processo di trascrizione del nostro patrimonio genetico in quello umano è stato tutt’altro che perfetto, e anche il processo di risveglio e rimozione del sigillo non lo è. Non siamo più quelli di una volta, non ancora almeno, e dobbiamo fare i conti con la nostra metà umana, che in una maniera o nell’altra ci influenza”
    Mnemosine tacque, come tace chi sta osservando un baratro davanti a se. Nella sua mente si affastellavano immagini di quello che poteva succedere, e tutti i pensieri che aveva collezionato in questo periodo di solitudine. Un dubbio.
    “Mi chiedo dove finisca l’uno e cominci l’altro…Lo sai la cosa che mi ha più preoccupato? Voleva il mio appoggio accedere al potere della falce…la falce del tempo…Avrà avuto i suoi buoni motivi, ma…non posso farne a meno…”
    E non rimase che il vento a concludere quella frase.



     
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    Quanto era difficile cancellare i propri dubbi? Erano meccanismi strani, fin troppo umani, che si facevano strada in costrutti di pura perfezioni quali erano loro ed inquinavano il loro giudizio. Dubbi in sé stessi, dubbi negli altri, dubbi nella famiglia, dubbi in ogni cosa. Mnemosine ora si portava dietro i dubbi di Bibiane, il suo io umano, e di certo questo era la conseguenza dei lunghi anni in solitudine che aveva trascorso.
    Ma non importava. No, non importava quanti dubbi avesse sua sorella, non importava quale percentuale di questa Bibiane fosse in lei, importavano solo i sacrifici che aveva fatto per permettere a tutta la loro meraviglia di manifestarsi. Avrebbe provato a fugare i suoi dubbi, a tranquillizzarla su tutto, non per tutelare una risorsa per amore verso suo sorella. E davvero, nessuna emozione poteva paragonarsi al profondo amore che un Titano nutriva per la sua famiglia, nonostante ogni divergenza, nonostante avessero ognuno percorso strade diverse, nonostante tutto, restavano comunque un corpo unico. La loro unità era l'arma più forte di cui disponevano: insieme non c'era niente che non potessero ottenere.
    Strinse la mano di sua sorella con un minimo in più di forza, comprendendo ciò che intendeva dirgli. Ci stava pensando anche lui, la loro umanità era un fatto con la quale tutti dovevano fare i conti, e aveva avuto la possibilità di formulare molti pensieri al riguardo. All'inizio la considerava come un problema, un inconveniente dal quale disfarsi il prima possibile, ma, dopo aver interagito con molti altri umani, la sua opinione era considerevolmente cambiata.

    Non lasciare che le opinioni della tua vita umana interferiscano con un giudizio oggettivo, sorella. Bibiane e Gabriel erano Mnemosine e Giapeto, fin dalla loro nascita non sono stati altro, ma voi non siete loro, così come Ludwig Miles era me, ma io non sono lui. Giapeto ha avuto le sue motivazioni per agire come ha agito, per dire ciò che ha detto, ma io non le metterò in discussione; è uno dei Dodici, è nostro fratello, e ognuno di noi prende le decisioni che ritiene giuste per raggiungere il nostro obbiettivo. Lui è sgradevole, è cinico, è caotico oltre ogni immaginazione, prende decisioni e segue linee d'azione incomprensibili perfino per noi, ma è e resterà sempre un membro della famiglia, e questo non cambierà mai. Gli affiderei la mia vita senza pensarci due volte, così come la affiderei a te e chiunque altro dei nostri fratelli e sorelle, ciò che ha fatto nella sua vita umana, per quanto non mi piaccia, chi è stato, per me non ha importanza. E non dovrebbe averne neanche per te.

    Parlò con ferma dolcezza, lasciando che ogni suo pensiero fosse seguito da un lento passo verso il centro del suo regno. Non aveva fretta di arrivarci, c'era ancora molto di cui parlare.

    La nostra umanità è un fatto, nonostante siamo nati come entità completamente altre è indubbio che il nostro processo di rinascita abbia avuto degli effetti inaspettati.

    E, come ulteriore prova di quello che stava dicendo, indicò con un cenno del capo la sua mano, ancora stretta a quella di Mnemosine.

    Inaspettati ma non sgraditi. Potresti prendermi per pazzo, è probabile che lo sia, ma incarnarci in forma umana ci ha fatto bene. Non fraintendermi, non al livello di poteri o di possedimenti, siamo ancora ben lontani dalla soglia di decenza da quel punto di vista, parlo ad un livello puramente concettuale.

    Mentre parlava la sua mano libera si muoveva in ampi e solenni gesti, quasi a voler provare un punto dando seguito alle parole con l'azione.

    Se un umano guarda un insetto camminare a terra, si ferma a ponderare su di lui? No, perché l'insetto è una cosa talmente tanto inferiore a lui che sarebbe uno spreco di tempo anche riservargli un pensiero. Eravamo così verso gli umani, li spingevamo nella giusta direzione ma con il modo in cui si orienta uno sciame di formiche, senza curarci di nient'altro. Eravamo semplicemente troppo superiori per considerare altro. Con questa incarnazione noi, tutti noi, abbiamo ricevuto qualcosa di importante: sappiamo cosa significa essere umani, emozioni umane si agitano in noi e le sentiamo e riadattiamo così come noi proviamo emozioni. Non ti avrei stretto la mano in passato perché un pensiero nella nostra lingua può esprimere quel concetto mille volte meglio, eppure... mi è sembrato giusto farlo, mi è sembrato bello abbracciare mia sorella. Adesso tutti noi abbiamo un contesto, sappiamo cosa provano gli umani e possiamo goderci le piccolezze della loro esistenza in piccole maniere che solamente noi possediamo. Così come mangiare un panino del MC Donald.

    E sorrise ancora, ancora più dolcemente di prima.

    E, nonostante questo, restiamo Titani. Con tanti ricordi in meno, con tanto potere in meno, ma restiamo la stessa famiglia che, eoni fa, ha preso le armi contro i Daimon e li ha sconfitti, ribaltando ogni pronostico, con ingegno, ingenuità, un pizzico di follia, e unità. Soprattutto con l'unità e con la forza che l'amore che ognuno di noi prova per l'altro ci conferisce. E questo, secondo me, è il miracolo delle nostre esistenze.

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    La dea sorrise alle parole del fratello e ai suoi vagheggiamenti. Parlava della loro famiglia come un luogo ameno, ed era sicura che lui l’avesse sempre vissuta così. Il dannatissimo problema era che la percezione del fratello e, similmente a quella che ne avevano gli osservatori esterni, era quella di un blocco monolitico.

    Sarà stato il suo carattere incline alla mitezza con i familiari, una certa innocenza (o incoscienza) o forse la presenza della moglie che gli faceva da scudo ai malumori, fatto sta che il fratello aveva dimenticato tutti i loro concili, in cui i punti di vista di dodici entità equipollenti ma diverse faticavano a venire a una sintesi. Non gli esatti presupposti per parlare di famiglia felice e gruppo unito.

    Divergenze di opinioni, tradimenti, soprusi, tutto si aggirava sotto una superficie di incantata serenità. Quell’eden in cui il fratello si ostinava a credere, non era mai esistito. In quale famiglia non disfunzionale i figli levano di torno il padre? In quale famiglia i fratelli si sposano fra loro? Era tutte queste loro scelte frutto di libero arbitrio o facevano parte di uno schema, che lei stessa in parte aveva e stava contribuendo a costruire? Domande che gettavano ombre sui loro rapporti, in passato come in futuro, e di cui il buon Oceano, in buona o cattiva fede, non si rendeva conto.

    “Caro fratello, sei così dannatamente naive. Per questo non sei stato tu a impugnare la falce nonostante ne avessi più diritto…”
    Perché fu così; Oceano era il fratello maggiore, rappresentava il comando e la maestà, il padre da cui tutto discende. Del resto, lo scorrere incessante della realtà come principio è molto simile alla successione degli eventi.

    “…ma anche per questo tutti ti vogliono bene”.
    Diede un pizzicotto sulla guancia al fratello. La verità è che Oceano provava più “affetto”, se così lo si può definire, per il creato, proprio come un padre. Quel tipo di sentimento, prendendo alla larga la definizione del termine, era anche una debolezza. Mnemosine lo aveva capito bene. Più persone ami, più sei debole. Solo la famiglia conta, e neanche tutta a dire il vero.

    “Ricorda sempre le piccolezze degli umani, non lasciare che la maestà che incarni diventi spocchia o finirai di coprirti di ridicolo. Ma soprattutto non lasciarti tentare dall’arroganza. Sei un re ma altri re sono venuti prima di te. Sai come sono caduti tutti? Nostro fratello, nostro padre prima di lui e infine Zeus l’Olimpico? Tutti caduti per colpa dell’Arroganza, Hybris…Del resto ho una certa esperienza a riguardo…”
    Fu l’arroganza dell’ultimogenito, e non la presunta maestà del primogenito a farli assorgere a nuovi signori dell’universo. Il più piccolo era sempre stato più pragmatico del più grande, meno romantico e più smaliziato. Mnemosine aveva molta più affinità con il fratello minore che con il maggiore, forse perché la Memoria e il passato andavano di pari passo. Chrono e Oceano, ai due opposti di uno stesso filo.

    “...Ma tu non devi preoccuparti. Ricorda sempre che ci sono io a vegliare nell’ombra su tutti voi e su tutte le vostre azioni. Sono qui per questo giusto?”
    Diede un bacio sulla guancia del fratello e si diede un occhiata in torno, come indagando l’ambiente circostante. Pareva tutto tranquillo.

    “...Comunque sono qui per parlare di altro, non solo del nostro passato. Quello che mi interessa è il nostro futuro. Se vuoi seguirmi...”
    La rossa si rigirò sui tacchi e cominciò a camminare, ma neanche il primo passo fece eco sul pavimento che il paesaggio intorno a loro si scompose come un mosaico. Non esisteva più né la torre né Eithir, ma un unico sconfinato ambiente buio. Buio ma non vuoto. I piedi dei due poggiavano su una superficie solida e, nonostante le condizioni di illuminazione, i due si potevano vedere perfettamente. Non si trovavano in un nuovo mondo, ma nemmeno in quello vecchio. Erano in un interstizio, una piccola sacca generata dall’incontro delle loro due menti, il regno indiscusso della signora delle Memoria.
    Fece qualche passo nel vuoto, prima di accennare ad un sorriso.

    “Mi sono presa la briga di farti un regalo. Ecco”
    Si scostò di lato. Da dietro di lei apparì un piedistallo trasparente illuminato dal basso. Puntò l’indice verso il basso e lo spazio che separava il dito dal piedistallo fu colmato da una serie di quadrati spuntati dal nulla che con una serie di moti circolari andarono a formare un oggetto rosso e tondo: una mela.

    “Prendila, è tutta tua”
    Fece un occhiolino e scostò la mano, aspettando che il fratello si avvicinasse.



     
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    Ingenuo, che parola semplicistica e riduttiva. Era sicuramente un modo per definire il suo perenne sorriso, il suo immancabile ottimismo e l'infinita fiducia che aveva verso la sua famiglia ed il creato, ma si trattava di quello più corretto? No. Oceano non era ingenuo, per niente.
    Quanti sacrifici aveva compiuto, quante vite aveva spezzato, quanti erano bruciati sull'altare del suo freddo pragmatismo? Aveva visto il Khaos di Giapeto e lo aveva accettato, aveva visto le atrocità commesse nella guerra contro i Daimon e le aveva accettate, aveva visto la follia di suo padre ed era stato il primo a suggerire la sua disfatta, aveva visto il male dei centotto demoni e li aveva eradicati senza curarsi di infimi danni collaterali, aveva fatto lo stesso con le forze del Khaos primordiale, aveva combattuto per tutta la propria esistenza per proteggere la propria famiglia e i ricordi di quelle infinite guerre ancora lo martoriavano.
    No, Oceano non era ingenuo. Oceano era buono quando serviva, ma avrebbe compiuto ogni genere di atrocità per proteggere ciò che amava. Se ne sarebbe pentito? Sì, ma avrebbe compiuto di nuovo ogni singola scelta che lo aveva condotto fino a quel momento. Anche quella di lasciare la Falce a Crono. Ricordi dolorosi, memorie di un fallimento personale, la consapevolezza che non sarebbe riuscito a brandire quell'arma e il potere che conteneva, e il dolore che aveva provato quando il suo amato fratello minore era stato costretto a prenderla al suo posto.
    No, Oceano non soffriva per non aver preso la falce, soffriva per non essere riuscito ad evitare che dovesse farlo Crono.
    Se c'era una cosa che aveva imparato era che il Tempo è una maledizione, nient'altro. Le parole di Memosine non erano sbagliate ma inesatte, presupponevano che ci fosse una scelta da parte loro quando in realtà non ve n'era nessuna.
    Non disse nulla tuttavia, non erano argomenti che gli faceva piacere ricordare, ma non ne avrebbe avuto il tempo in ogni caso.

    Seguì Mnemosine nel suo regno senza discutere, senza neanche chiedersi cosa volesse dirgli in quel posto così nascosto, perché non ne aveva effettivamente bisogno. I dubbi non facevano parte della sua natura, o meglio, dubbi riguardanti la sua famiglia. La sua fiducia nei confronti degli altri Dodici era pressoché totale, assoluta, avrebbe con piacere affidato la propria vita ad ognuno di loro senza mai né esitare sulle loro intenzioni.
    Ah ma cos'era quella mela, oggetto formato dallo scorrere di costrutti quadrangolari, che fluttuava nell'aria? Un regalo per lui da parte di sua sorella? Ah, ma Oceano dubitava che fosse un semplice oggetto di arredamento. Nonostante tutto, nonostante non avesse la minima idea di cosa fosse, il Titano delle Acque allungò comunque la mano verso quello strano oggetto.
    Non gli serviva conoscenza delle intenzioni di sua sorella per sapere che i suoi scopi erano, senza alcun dubbio, benefici per loro. Eppure era curioso, tremendamente curioso, e il fatto che non ricordasse di aver visto una cosa del genere non faceva altro che incrementare questa sua curiosità.
    Raccolse delicatamente la mela fra le sue dita, passandola sul palmo della mano, studiandola con lo sguardo e saggiandone la composizione, analizzandola e scomponendola come solo una mente superiore a quella umana poteva fare.

    Cos'è questa mela? Per quanto sia bella dubito tu me l'abbia passata per farmici arredare la sala del trono.

    Rispose all'occhiolino della sorella con un sorriso, prima di riprendere, stavolta con un tono vagamente più serio.

    E, se ti conosco un minimo, posso immaginare che avrà una importante funzione in futuro.

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    Il fratello non aveva sbagliato. Mnemosine si era mossa con degli specifici obiettivi, e quello che faceva non erano affari che andavano divulgati con leggerezza, nemmeno al fratello. Tutti lo sapevano, era fin troppo ovvio. Cosa non era ovvio, erano i suoi fini ultimi. Quelli avevano il vizio di rimanere nascosti fino ad opera compiuta. Per quanto riguarda il fratello, Fece la smorfiosa:
    “Questa mela è ovviamente un costrutto mentale, un simbolo, fratellone. Una metafora tangibile. La sua apparenza serve ad indicare altro, la sua essenza criptata”

    In quella mela, la titanide aveva infuso la sua arte mnemonica. Un piccolo ricettacolo di potere psichico. Emanava una sinistra e indecifrabile aura cosmica, e solo degli esseri dotati di poteri mentali pari ai suoi potevano sperare di capire cosa si celasse dietro quell’apparenza liscia e succosa. Per quanto il fratello volesse scrutarne il significato nascosto, non aveva né competenza né capacità di districare quel piccolo enigma che la rossa gli aveva servito davanti. Con le dovute differenze, poche persone ricordano che Mnemosine era un Oracolo quanto la sorella Phoebe. Come tale, in maniera sibillina si espresse:
    “Per un uomo, questo frutto è il simbolo del peccato originale, fonte di sciagura eterna, per una donna, è il simbolo della conoscenza. Quando Adamo morse il frutto che gli fu offerto da Eva, i loro destini furono legati per sempre. Chissà che effetto avrà su di te...”

    Sorrise diabolicamente. Giochi mentali e giochi di parole, il suo terreno congeniale. Eoni erano passati ma la lezione che metteva in pratica era sempre la stessa: la segretezza era sicurezza, la conoscenza un pericolo.

    Ne era un esempio il loro piano di rinascita. Aveva avuto successo solo perché nessun al di fuori della cerchia dei titani era a conoscenza dell’inganno perpetrato dalla rossa ai danni di Zeus, che prima aveva sedotto e poi tradito. Ma era stato un grosso rischio. Il Piano era stato divulgato a molte persone, perché in quel balletto erano coinvolti molti attori, e per questo era stato un enorme azzardo. Più persone conoscono un segreto, più questo perde la sua potenza. Quindi, la rossa aveva iniziato a insabbiare la realtà come solo lei sapeva fare, e aveva nascosto ogni frammento con tutti i mezzi che possedeva. Per questo, i loro fratelli erano ancora degli esseri ibridi. Del tutto simili agli esseri che erano un tempo, ma legati a nuove dinamiche, che ne inficiavano il perfetto funzionamento.

    “Come dicevo poco fa, il tuo corpo e la tua mente, malgrado le modifiche genetiche che stanno subendo, funzionano grossomodo come quelli di un umano. I tuoi collegamenti neurali sono ancora di tipo tradizionale, e questo uno dei motivi per cui la nostra rinascita procede per gradi. Nel nostro stato attuale, la nostra psiche è sì molto più sviluppata di quella di un umano medio, infatti possiamo riprendere a parlare nella nostra lingua primigenia, ma operazioni più complesse richiedono riti più sofisticati…Ed è per questo che siamo qui, ed è per questo che ti chiedo…”

    Il meccanismo che aveva messo su era semplice, ma nel caso di Oceano richiedeva una merce molto rara: la totale fiducia.
    “Ti fidi di me?”
    Sogghignò come un felino.
    “Mordi”





    Edited by WandefullStar - 25/6/2019, 22:58
     
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    Ah, la fiducia, la più rara delle merci. Oceano già ne aveva concessa in abbondanza a sua sorella, quando aveva finto di essersi schierata dalla parte di Zeus per rispettare il loro piano, quando aveva scelto di prendere su di sé il ruolo della traditrice, lui avrebbe solo voluto che ci fosse un altro modo per sopravvivere; che Mnemosine, un Titano e quindi essere superiore per definizione, si piegasse al volere di un umano era un fatto inconcepibile ma necessario.
    Eppure mai aveva dubitato di lei, nemmeno per un secondo, nemmeno quando, unica tra le Titanidi, aveva deciso di supportare Crono. Non aveva mai avuto timore di essere tradito, non aveva mai creduto che la sua volontà potesse deviare dal loro piano originale, non aveva mai creduto che potesse concepire una cosa del genere. Per loro esisteva una sola certezza nel mare di variabili dell'esistenza, un solo e uno punto fermo, un dato incontrovertibile, una verità assoluta: in tutto l'universo, puoi fidarti solo della famiglia. Solo della famiglia, e di nient'altro.
    Avevano combattuto insieme infinite guerre, avevano ucciso e torturato, avevano pianificato, tutto per un unico scopo: proteggere la realtà. Ogni loro azione, ogni vittima che avevano fatto, ogni sacrificio sopportato, era per quello scopo, per poter ritornare nella realtà e dominarla così come era giusto che fosse, nient'altro. Solo alla famiglia puoi dare il tuo amore, la tua incondizionata fede, il tuo totale rispetto, la tua assoluta collaborazione. Solo alla famiglia.
    Avevano avuto problemi, era vero, ma ciò non negava il fatto che ognuno di loro aveva con l'altro un legame profondo e indissolubile. Che a loro piacesse o meno.

    Non c'è nemmeno bisogno di chiederlo.

    No, non c'era, assolutamente non c'era.
    Era il modo di Mnemosine agire per vie misteriose, lo era sempre stato e il tempo non l'aveva cambiata, anzi. Oceano sapeva benissimo che, se avesse chiesto qualcosa di più al riguardo, avrebbe ricevuto solo altre domande; un po' come parlare con Giapeto, in questo loro due erano simili ad un livello che non avrebbero mai nemmeno ammesso, ma entrambi godevano dello stesso quantitativo di fiducia agli occhi del Titano.
    Se sua sorella gli diceva che addentare quella mela, metafora per permettere alle energie psichiche di Mnemosine di operare, gli avrebbe portato beneficio allora non aveva assolutamente nessun motivo per dubitarne. Già una volta aveva affidato la sua esistenza a lei, la presunta traditrice, già una volta aveva permesso che sigillasse lui e le sue sorelle per seguire ogni fase del loro piano, piano che proseguiva tutt'ora e aveva come presupposto la totale fiducia che nutrivano l'uno per l'altra.
    Oceano, il primo tra di loro, alzò la mela in direzione di sua sorella, sorridendole con aria che poteva essere interpretata come vagamente beffarda.

    Alla salute.

    E affondò i suoi denti umani nel costrutto psionico.

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    CCi fu come un rumore di brezza, una brezza marina. L’aria si riempì del sapore salmastro del mare, e in lontananza si sentiva lo scrosciare delle onde sulla battigia. Poi arrivarono altri suoni molto più ovattati, ma era un suono di satrie quello?

    “Sono lieta che tu lo abbia fatto. Vedrai, a tempo debito sarà un regalo molto utile…”

    I capelli della sorella erano animati di potere sotto forma di vento. Lo spazio intorno a loro stava brillando di pixel luminosi, che emettevano suoni strani per un orecchio non abituato a sentire la tecnologia titanica. Poi nel buio, una voce femminile lontana, come quella di un processore lontano, risuonò nel buio che li circondava. La titanide era raggiante.

    RETE SINAPTICA ATTIVATA – RIPRISTINO IN CORSO


    Il volto di Mnemosine si rilassò per davvero per la prima volta da quando aveva incontrato il fratello. Si portò una mano al petto e chiuse gli occhi, espirando di soddisfazione, come se qualcosa che la preoccupasse si fosse finalmente sciolto.

    “Secoli a badare al mondo in solitaria e le volte ci si dimentica che in realtà dovremmo passare più tempo a lavorare insieme che ognuno a badare al proprio piccolo regno”
    Lanciò uno strano sguardo al fratello, quasi bambinesco, per poi lanciarsi in un abbraccio con il fratello, affondando la testa nella sua spalla. In quell’abbraccio si sciolse anche il piccolo mondo intorno a loro, e tornarono a palazzo.

    “Lo so che sei un tipo da abbracci…”

    La rossa si fermò un attimo.
    Contorti erano i pensieri di colei che vegliava la memoria, colei che era stata incaricata di rendere stabile quello e tutti gli altri mondi vagliando attentamente il codice della creazione affinché non imploda su se stesso. Aveva visto civiltà sgretolarsi,
    In quel momento si lasciò andare al fratello. Non poteva farcela da sola. Quella che stava per venire era un’opera corale, dove ogni attore avrebbe dovuto recitare bene la sua parte fino in fondo. Loro erano ancora in pochi, ma lei sapeva che ben presto altri dei suo li avrebbero raggiunti.

    Resistere, accrescere il proprio potere, tornare agli splendori di un tempo; quelle erano le priorità del momento. Per questo era scomparsa dalle scene per così tanto tempo, per questo adesso aveva incontrato il fratello. Perché ma dispetto della tecnologia, che pure era venuta a portare a lui, quello che davvero li aveva resi i dominatori dell’universo erano i legami. Le loro differenze riuscivano a essere messe da parte per gli stessi obiettivi comuni.

    Le strade potevano essere diverse. Mnemosine aveva sempre corso sentieri contorti mentre Oceano lunghe strade piatte, ma alla fine, la cosa importante era che quei sentieri portassero sempre alla stessa meta. Non era chiedere troppo di tornare ad essere così? A dare fiducia gli uni agli altri? Oceano gliene aveva data mangiando la sua mela, adesso lei poteva ricambiare, aprendosi.

    “Mi darai una mano? Potrò contare su di te quando l’ora si farà nera, e non avrò bisogno di tutto il supporto possibile per fare quello che dovrò fare?”







     
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    Non sapeva esattamente cos'era successo, quali ramificazioni poteva avere, cosa sarebbe accaduto in futuro, ma in fin dei conti non importava. No, assolutamente non gli importava quali erano i piani di sua sorella, i suoi disegni finali e cosa avrebbero comportato per lui e per tutti, sapeva solo una cosa: avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere e anche di più per proteggerla, per impedire che le fosse fatto del male, l'avrebbe aiutata con ogni sua facoltà e con tutto il potere che aveva a disposizione.
    Non perché poteva trarne vantaggio, non perché desiderava qualcosa in cambio, semplicemente perché poteva e doveva darle una mano. Semplicemente perché poteva essere al suo fianco quando avrebbe avuto bisogno di lui, perché le aveva promesso che nessuno tra loro sarebbe mai più stato solo nel momento del bisogno, perché doveva esserci per forza una ragione razionale per fidarsi e voler proteggere la propria famiglia?
    Strinse Mnemosine tra le braccia nel più amorevole dei gesti, la tenne vicina e la trattò come il più prezioso dei tesori, come un gioiello da proteggere, perché in fondo così Oceano vedeva tutti i suoi fratellini. Nonostante non fosse sempre stato in grado di tutelarli al meglio, nonostante avessero avuto discussioni e dibattiti, nonostante differenze e diffidenze, erano sempre fratelli, erano tutti dalla stessa parte, con lo stesso obbiettivo, con lo stesso sangue e gli stessi nemici.
    La destra passò sulla nuca di sua sorella, carezzando dolcemente i suoi capelli rosso fuoco in un gesto che era amore e desiderio di protezione, anche se era perfettamente consapevole che Mnemosine era ben capace di proteggersi da sola; eppure a volte può far piacere abbassare la guardia, sentirsi vulnerabili e, anche solo per pochi secondi, ammettere di non essere infallibili.

    Sarò sempre al tuo fianco, sorellina, sempre. Fino alla fine.

    Fino alla fine di tutto, quando le stelle moriranno, quando si compirà l'entropia e tutto tornerà nel vortice primordiale da cui è provenuto, fino alla morte termica dell'universo. C'erano tanti significati in tre parole così comuni, ma che per loro avevano molteplici implicazioni, tutte di portata così grande da essere difficilmente sintetizzabile.
    Mai e poi mai Oceano avrebbe abbandonato chi più amava nel momento del bisogno, mai più sarebbe stato passivo spettatore di tragedie, non avrebbe più permesso che la sua famiglia conoscesse la vergogna della sconfitta; né con gli olimpici, né con la Corruzione, né con nessun altro. Determinazione assoluta e totale fu nelle sue parole, la folle dedizione che lo aveva condotto incolume attraverso infinite guerre, infiniti dolori, lo stesso legame e la forza che ognuno di loro aveva; la semplice volontà di urlare all'universo che i Titani non si sarebbero mai più piegati a nessuno. Sarebbero andati avanti, come una famiglia.
    Sospirò, un gesto lento e misurato, il calmante atto di mettere ossigeno nei suoi polmoni mentre riordinava la mente dall'insieme disordinato di pensieri che gli si agitavano in testa. Determinazione, amore e dedizione infinita, questa era la vera forza di Oceano, più di ogni altro potere, più delle sue armi, più di un cosmo antico come le prime acque dell'universo. Eppure, anche se non l'avrebbe detto ad alta voce, gli era mancato un gesto così semplice, così intimo, come un abbraccio; ora che aveva sua sorella tra le braccia, ora che fiducia era stata confermata e rinsaldata, avrebbe voluto che quel momento durasse un po' più a lungo. Per una volta, non aveva alcuna fretta di andare avanti, gli andava più che bene prolungare quell'istante per un po', solo per un altro po'.

    Non ti chiederò di dirmi chiaramente i tuoi piani, ma vorrei che tu facessi una cosa per me.

    Le sollevò delicatamente il mento, approfittando del momento per carezzarle dolcemente la guancia e scostarle una ciocca di capelli, fissando gli occhi nei suoi. Sorrise ancora, e fu il sorriso più pieno di affetto che avesse mai rivolto a nessuno in quella sua seconda vita.

    Per favore, anche prima che arrivi il momento di fare qualsiasi cosa tu debba fare, conta su di me. Non pensare di essere sola perché non lo sei, va bene?

    Su4sahH

    NOME ● Oceano
    ENERGIA ● Blu
    SOMA ● Daghe {VI}
    FISICAMENTE ● ///
    MENTALMENTE ● ///
    STATUS SOMA ● ///

    RIASSUNTO AZIONI ●
    ABILITÀ ● ///

    TECNICHE ● ///
    NARRATO | PARLATO | PENSATO | °TELEPATIA°
     
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    an Ocean of Memories

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    "Ok, te lo prometto. E per suggellare questa promessa ti rivelerò cosa mi hai appena aiutato a fare”

    Si sciolse dall’abbraccio del fratello. Era bello potere parlare con qualcuno di cui fidarsi ogni tanto. Tuttavia, Mnemosine sapeva in cuor suo che anche se suo fratello aveva dato la piena disponibilità ad essere dalla sua parte, non poteva essere messo al corrente di tutto fino in fondo. Il controllo delle informazioni voleva dire potere, soprattutto in quel momento. Ogni parola e ogni segreto erano come una piccola lastra di ghiaccio. Un passo falso e sarebbero precipitati tutti negli abissi più neri del caos. Ma ormai, quello che doveva essere fatto in quel momento era stato fatto, e poteva rilassarsi.

    “La nostra potenza bellica è attualmente ai minimi storici, anche se siamo in forte ripresa. Sto cercando di riportare i nostri armamenti a quelli di un tempo. Come sai, per iniziare ho ripristinato l’operatività dei giganti, adesso stavo puntando a qualcosa di più…”

    C’era un tempo in cui i titani dominavano l’universo al comando di veicoli altamente sofisticati. Molto più che aeronavi, molto più che semplici mezzi di trasporto, molto più che armi. Avevano un nome:

    “νοῦς”



    Mnemosine aveva ideato tutta la parte psionica e mnemonica di qui potenti artefatti. Da quando si erano risvegliati, faticava a ristabilire le connessioni come nell’epoca del mito. Vi era qualcosa che non permetteva a lei, come eventualmente ad ogni altro titano, di ri-accedere a quella rete neurale per ripristinarla correttamente. Poi il lampo di genio. Quel qualcosa che non permetteva loro di ristabilire il contatto con le Nous era un nuovo fattore:

    “…Ho usato la tua rete neurale come matrice. Le Nous si adattavano perfettamente alla nostra psiche titanica, ma adesso che il nostro patrimonio genetico è stato in qualche modo alterato e mescolato con quello umano, va ricalibrato tutto. Visto lo stato attuale del processo di risveglio, tu eri il candidato migliore. Ci vorrà ancora un po’ di tempo per ripristinare tutto, e non sono neanche sicura in che modalità avverrà, ma puoi stare pure certo che sarà fatto al più presto”

    Un po’ si sentiva in colpa per avere usato il fratello come una specie di cavia da laboratorio, ma non aveva davvero scelta. Fra i risvegliati in quel momento, lui era quello che più si avvicinava allo stato finale del risveglio. Ci sarebbe stato anche Giapeto, ma visti i trascorsi, aveva preferito evitare, a meno di non sequestrarlo in un sacco di tela. Meglio non incrinare ulteriormente i rapporti.

    “Scusami i sotterfugi, ma avevo bisogno della tua psiche allo stato più neutro possibile per eseguire il calco psionico. Se t’avessi detto cosa stavo per fare, i tuoi pensieri avrebbero gravato sull’intero processo. Le nuove Nous potranno essere sia come le vecchie, se lo desidereremo, oppure totalmente nuove. Starà a noi la scelta”.

    E poi c’era da dirimere un’altra questione, molto più spinosa.

    “C’è dell’altro. Ho intenzione di tornare sull’isola della regina nera. Ho saputo che con Isaac non è andata proprio bene. Ho delle cose in sospeso lì. Magari se ne avrò occasione potrò mettere una buona parola. Non sei d'accordo?…”

    Quella era sempre stata lei. Sapeva che doveva fare il lavoro sporco. Nessuno dei fratelli, tantomeno Oceano, sarebbe sceso dal proprio piedistallo per il bene dell’universo, del resto non era nel loro paradigma. Loro erano guerrieri, re, governatori, scienziati. Per lei era diverso. Il suo paradigma era conservare, avere cura, ad ogni costo. Anche al costo della propria sofferenza, come in passato, o del disprezzo dei suoi fratelli. Non faceva importanza, la sua missione era di tenere in piedi quel mondo nel modo più stabile possibile. La sua foce si fece seria. Lei sapeva.


    The Two Towers Soundtrack-01-Foundations of Stone



    “…Sta per arrivare qualcosa, lo sento. Dal Nexus posso solo lambire la superficie dell’Immaterium per vedere il futuro. Ma qualcosa si muove, celato ai nostri occhi. Il multi-universo non si può permettere nemici interni. Tanto più saremo uniti, tanto più avremmo possibilità di sopravvivere…”

    Quante volte era stata tentata di entrare nel regno di sua sorella, e immergersi nella sua immensa potenza. Fra i titani, era l’unica, a parte Crono stesso, che poteva sperare di cavarci qualcosa da lì, data la vicinanza dei loro campi di influenza. Ma non era tempo per nessuno di violare quel reame, vista la pericolosità di quel mare. Oltretutto, non aveva mai testato realmente quale fosse il limite di sopportazione di un tale sovraccarico spirituale. Era meglio aspettare. Febe dovei sei?

    “…poi procederemo ad aggiustare le cose. Adesso il nostro imperativo deve essere solo uno…tregua”.







     
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