Pedo mellon a minno

Galdor-Lawrence

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    PEDO MELLON A MINNO

    I



    Era in viaggio da poche ore. L’orizzonte sembrava una massa mutevole a quelle velocità. Per lo più correva, alternando scatti a velocità sub-sonica a tratti di percorrenza più umana, giusto per non finire dritto contro una montagna o in bocca a qualche corrotto. Mantenendo un’andatura costante intorno a Mach 1 il viaggio sarebbe durato circa quattro ore, ma lo stress fisico sarebbe stato non indifferente e di fatto per una volta la fretta non era essenziale. E diavolo, lui non si godeva un viaggio da anni. Volendo procedere più leggero possibile aveva optato per indossare direttamente l’armatura, piuttosto che portarsela appresso chiusa nel grosso scrigno argentato. Non gli era ancora particolarmente chiara l’etichetta a riguardo, ma probabilmente in quello specifico caso non ci sarebbero stati troppi problemi di sorta. Il suo itinerario seguiva una buona parte del confine tra Ungheria e Romania, per quanto parlare di confini fosse quasi ridicolo dopo l’Armageddon. Quelle foreste vuote se ne fregavano abbastanza delle linee immaginarie tracciate da una società sperduta nel disastro. Idealmente, la strada che aveva scelto proseguiva tangente al confine orientale della Polonia, sfiorando Lituania e Lettonia per poi addentrarsi di qualche chilometro in Russia. Da lì in poi avrebbe semplicemente puntato a nord, attraversando la Finlandia per tutta la sua lunghezza.

    Alek, o meglio il Lawos di Athena Aleksander Seraf, trattandosi di roba ufficiale, gli aveva gentilmente chiesto di occupare un po’ del suo tempo con una sorta di ambasciata in terra straniera. “Gentilmente chiesto” perché, anche con quella nuova e altisonante carica, il suo maestro non gli sembrava cambiato di una sola virgola, mantenendo il consueto atteggiamento sereno che Lawrence aveva imparato ad apprezzare così tanto. A stupirlo un po’ di più era stata la sua meta: Asgard. Aveva letto di quel luogo nella biblioteca del Santuario, ovviamente, ma le informazioni erano abbastanza limitate e per lo più di ordine generale, tanto che distinguere le storie del mito norreno e i fatti risultava difficile. Ma leggerne era una cosa, venirci spedito era tutt’altro paio di maniche. Non aveva perso tempo nei preparativi, raccattando solo dei vestiti adatti al viaggio e meno rovinati di quelli che di solito indossava sui campi di allenamento, oltre a una scorta abbastanza limitata di acqua e cibo, all’occorrente per allestire un piccolo campo per la notte e a un libro, che non avrebbe certo fatto male. Malgrado la totale assenza di urgenza per quella missione, aveva attraversato la barriera di protezione nell’arco di pochi minuti, fremendo di impazienza.

    Stava camminando lungo un tratto particolarmente fitto di foresta, sorseggiando un po’ dell’acqua che si era portato dietro. Si era precipitato con tale foga fuori dai confini del Santuario che, di fatto, non aveva nemmeno soppesato troppo l’incombenza del suo compito.

    Bella cosa, essere scelti dal generale per andare a chiacchierare con gli amici del nord. Ma non è che io spicchi per qualità diplomatiche. O belliche. Di certo non sono la pedina più forte del Santuario. Forse quella meno occupata. Se non mi comporto bene, rischio di fare la figura del raccomandato.

    Decise di darsi una mossa. Meglio non sprecare tempo in ogni caso, per quanto la giornata fosse ancora abbastanza lunga. Il terreno si fece presto meno ripido e più sgombro, permettendogli di accelerare agevolmente. Giunse al confine russo prima di mezzogiorno. Non aveva trovato grossi impedimenti fino a quel punto, attardandosi giusto per un paio di minuti per colpa di uno smunto gruppo di corrotti smagriti che l’avevano scambiato per uno spuntino facile. Temeva di trovare ben altri ostacoli lungo la via, ma a quanto pare era stato fortunato. Il punto che lo impensieriva più di tutti era poco più avanti: la città di San Pietroburgo. Per quanto ne sapeva, attraversare un’ex metropoli nella quale potenzialmente la corruzione aveva creato legioni e legioni di mostri deformi non era particolarmente salutare. Le alternative non erano molte, però, a meno di non voler allungare di molto il viaggio. Si decise quindi a procedere, tenendosi a debita distanza e rimanendo oltre la periferia per evitare grossi conglomerati di abitazioni. Cominciò a rilassarsi un po’ una volta attraversato il fiume Neva, dopo aver fatto saltare in aria un altro gruppo di bestie. Quel secondo attacco si rivelò più pericoloso del primo, ma comunque gestibile. Grazie alla solida protezione della cloth non subì nemmeno un graffio.

    Si decise a raggiungere il confine finlandese prima di fermarsi. Oltre quel punto non trovò altri imprevisti piccoli o grandi, dovendo solo rallentare in dirittura d’arrivo a causa della scarsa visibilità, che rendeva la velocità del suono un tantino problematica. Riprendere un passo quasi normale gli consentì di vagare un po’ col pensiero. I paesaggi della Finlandia erano davvero splendidi, perfino nella penombra del pomeriggio inoltrato. Si sistemò al riparo delle rovine di una specie di magazzino del governo, uno di quei classici edifici interdetti ai civili e completamente inutili, usati per stoccare vecchie munizioni o ricambi di mezzi fuori uso. Quello in particolare sembrava un’autorimessa su vasta scala, ma i veicoli rimasti erano solo un paio e sembravano completamente sventrati, sicuramente alla ricerca di qualche parte ancora buona. Prima di mettersi comodo all’interno della struttura, cercò tracce di vita -normale o a sangue nero- in modo da assicurarsi di essere solo. Quindi compose un grande sigillo estremamente semplice, tanto che non gli rubasse troppa energia, facendo in modo che disturbasse la sua stessa emanazione cosmica qualora fosse stato attraversato da qualcosa di più grande di un coniglio. Una sorta di rozzo allarme perimetrale per dormire più tranquillo. Era strano per lui trovarsi così lontano da casa, così distante dalla barriera che proteggeva il Grande Tempio e i suoi occupanti. In un armadietto chiuso a chiave trovò un paio di coperte extra. Finito di esplorare i dintorni trovò il modo di bloccare la pesante porta che delimitava la parte più integra del magazzino. Passò un paio d’ore a leggere alla tenue luce di un piccolo disegno geometrico, poi mangiò velocemente il terzo frugale pasto della giornata e si mise addosso una spessa coperta, rannicchiandosi in un angolo di quella che doveva essere una stanza adibita a ufficio comunicazioni, l’armatura ricomposta accanto a lui sembrava fare da guardia ai pensieri che precedevano il dormiveglia.

    Mi è andata bene. Anche se avrei voluto tanto incontrare qualcuno lungo la strada. Qualcuno che non volesse mangiarmi, almeno. Siamo pochi, ormai.

    Si svegliò all’alba, quando i raggi del sole entrarono con prepotenza dalla finestra impolverata. Indossò nuovamente le vesti del Triangolo e si coprì ulteriormente dal freddo pungente del mattino con i panni trovati qualche ora prima. Si rimise in cammino in pochi minuti, malgrado la scomoda sistemazione non gli avesse permesso di riposare un gran ché. Tirò dritto, rallentando molto meno del giorno precedente. L’entusiasmo per il viaggio e la missione era in parte scemato e il ragazzo voleva cercare di arrivare il prima possibile. La temperatura si abbassava velocemente. Non era più abituato a simili rigori invernali, dopo aver vissuto per anni in Attica. Il ghiaccio si contendeva con la roccia il dominio di quelle regioni estremamente vuote. Dovette superare un paio di catene montuose poco praticabili per evitare la strada più diretta, come da ordini. E a quel punto la fortuna smise di proteggerlo. Quattro ore dopo si fermò sul ciglio di un sentiero montano invaso dalla neve, lordando di putrido sangue nero l’immacolata distesa di fiocchi. Si era dovuto guadagnare la scalata abbattendo un piccolo esercito di mostri schifosi e cornuti, con zampe potenti e pelose. Per salvarsi il collo era stato costretto a demolire una gigantesca parete rocciosa, causando una frana di detriti che si era trascinata quegli esseri con sé. In base alle indicazioni ricevute da Alek, doveva essere da poco entrato nei territori del Regno di Asgard. Cominciò a scorgere qualche casa isolata più a valle, poi piccoli villaggi, il tutto per lo più disabitato e in pessime condizioni. Nulla di troppo dissimile da quello che aveva scorto nei pressi di Atene. Proseguì per ancora qualche chilometro sulle creste montuose, osservando i crepacci e le foreste a centinaia di metri sotto di lui, finché giunse in vista di una grande cinta muraria. L'interno delle mura era completamente celato da una fitta nebbia e la struttura stessa riusciva a risaltare soltanto perché si presentava come una spessa linea nera tra il bianco del suolo e il grigiastro del cielo. Scendere dal fianco del monte non fu troppo complicato, ma richiese qualche minuto di movimenti cauti e un paio di salti da altezze considerevoli. Ridotta la distanza dalla fortificazione, poté finalmente ammirarne l'ingresso, protetto da due grosse statue ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio. A pochi metri dal gigantesco portone fu rapidamente circondato dalla guarnigione di stanza. Non si mosse, se non per togliersi il bagaglio dalle spalle e far scivolare la coperta sporca, che cadde a terra con un tonfo bagnaticcio, per scoprire l’argento perfettamente lucido e brillante del pettorale della sacra armatura, intonso al contrario di praticamente tutto il resto. Un paio di soldati più giovani assunsero un’aria stupita, mentre gli altri mantennero il loro contegno marziale. Avevano tutti elmi molto coprenti e corazze dalla foggia sicuramente obsoleta, ma dall'aspetto solido.

    Il mio nome è Lawrence Solomon Conley, Silver Saint di Triangolo Australe, inviato dal Grande Tempio di Atene per ordine del Lawos della dea, Aleksander Seraph. Sono qui in veste di alleato e amico della nobile e antica Asgard, allo scopo di rinnovare il nostro sodalizio.

    Fin qui non ho fatto disastri. Ora devo solo ripetere la stessa cosa davanti a qualcuno che conti davvero in questo posto dimenticato tra i ghiacci e forse riuscirò a non rendermi ridicolo.



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    NOME: Lawrence Solomon Conley
    ENERGIA: Rossa
    CASTA: Saint di Athena
    CLOTH: Silver di Triangolo Australe
    STATUS FISICO: Buono, leggermente indolenzito dal viaggio
    STATUS MENTALE: Calmo, risoluto
    STATUS CLOTH: Perfetta, indossata


    RIASSUNTO AZIONI: Per iniziare ho solo descritto un po’ il viaggio e come concordato il motivo della visita, che è più un “hey nordici! non ci vediamo da un pezzo, come se la passa il ghiaccio?”

    Edited by Him3ros - 9/3/2019, 02:45
     
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