Sugar on the soul

Audatia x Harlan

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    Non credo sia necessario Audatia...

    Sì che lo è, non dire stupidaggini. Non è per voi ragazzi, mi piace la vostra compagnia eh. Eh poi magari qualcuno di vivo mi aiuterebbe a non sentirmi pazza.

    Oh sì mi piace! Finalmente niente più morti.

    Kendra, tu sei morta. Però vedi, lei ha ragione!


    Lo sguardo di Malik era ormai rassegnato, nonostante i suoi numerosi tentativi atti a dissuadere l'eletta quella si faceva più testarda. Aveva deciso di rimodernare l'immagine del Tempio Nero già da tempo ma l'arrivo di Moko le aveva dato la spinta finale. Era cominciato tutto col farsi approvare lo spostamento di alcuni civili al Polo - tra cui umani, membri della corte nobile e non del popolo fatato - per ripopolare alcune di quelle sale terribilmente vuote.

    La Biblioteca era conosciuta in tutta Agartha come fonte di inesauribile conoscenza e questo poteva essere una delle attrattive maggiori per chi ne aveva solo sentito la nomea. Per non parlare delle sale di addestramento, si adattavano alla richiesta e si spostavano quasi per loro volontà (o di chi abbastanza cosmo-dotato da imporre la propria). Era stanca di dover raccattare alleati e aiuti passando per vie traverse e voci sparse, se fosse accaduto un qualsiasi evento che avrebbe necessitato di un'azione urgente avrebbe voluto sbraitare ordini ed essere pronta nel più breve tempo possibile.

    E poi potremmo anche organizzare una specie di inaugurazione.

    Chissà se gli Editors sono tutti morti mhm...


    Tobi svolazzava lungo tutta la sala adibita a centro operativo posta alle spalle di un'altra che Audatia definiva affettuosamente del trono, nome dato per via del grosso scranno nero e centrale e i due più piccoli che erano posti ai due lati. Ogni tanto il grosso corvo si poggiava sull'altare atto alle comunicazioni e gracchiava qualche strofa di una canzone che gli spiriti ignoravano.

    EverydayIpray
    I'mthefirsttogo


    Era passata poco meno di una settimana quando le porte del Tempio Nero si erano aperte al Popolo di Agartha. Molti degli abitanti originari erano indaffarati a far da guida a quelli che man mano arrivavano e l'atmosfera che si era creata rendeva sorprendentemente leggero tutto. Non pensava di riuscirci ma quando da uno dei saloni più grandi si spanse la musica, quasi si commosse.

    Avrebbe dato un posto a chiunque lo volesse, che fosse temporaneo o meno, tutti avrebbero dovuto comprendere come il Tempio Nero era un altro posto sicuro per i figli di G.E.A.



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    Riassunto Azioni inizio lento perché ho cambiato idea mille mila volte e quindi ora così. Insomma, Audatia sta al Tempio Nero che adesso è raggiungibile col bellissimo sentiero della Via Dorata. Non è pienissimo di gente ma insomma ci si lavora per dopo :zizi:

    Abilità
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    Basic Istinct •
    Il suo rapporto con la natura è stretto, il lavoro e la caccia l'hanno resa più incline al prestare attenzione ai particolari e a sviluppare al meglio i sensi a disposizione. Non sempre la vista mostra per vero ciò che si vede e allora bisogna affidarsi all'olfatto, al tatto, all'udito e a volte persino al gusto. Riesce ad elaborare in fretta gli stimoli esterni di qualsiasi natura essi siano, non come una predizione vera e propria di ciò che sta per avvenire ma più quanto una sensazione molto forte, dando la possibilità di reagire di conseguenza.

    CITAZIONE
    Nera è la notte •
    In tutti i suoi inseguimenti, la parte migliore è stata l'attesa della sua preda al buio. Regolando il respiro, andando a crearsi una bolla di calma interiore, riesce a creare e a manipolare l'oscurità circostante, riuscendo così a prendere di sorpresa o ad attaccare i suoi bersagli. Le ombre possono assumere svariate consistenze e stati fisici e venire plasmate in più di una forma, il loro contatto reca un dolore fisico leggermente maggiore di quanti siano i danni realmente apportati, pur se rilevanti. Le sue ombre scottano, lasciando una traccia di leggera ustione in chi le subisce.

    CITAZIONE
    Telepatia•
    Come gran parte dei cavalieri di un certo livello, può di comunicare telepaticamente con le persone che la circondano.

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    Il braccio doleva ancora.
    Certo guariva in fretta ma gli faceva male. Le bendature erano pulite, tutti si prendevano cura di lui, strani esseri usciti dalle canzoni popolari, che ora erano attorno a lui cercando di guarirlo.
    Passeggiare in quei corridoi senza una meta, senza capire, ma rimanere affascinato da quello che vedeva, udiva, quello che vedeva.
    Sentiva quell'energia scorrergli dentro il suo essere, colmare ogni sua fibra, rendere la sua anima un qualcosa di totalmente nuovo e sconosciuto.
    Chi era Harlan Draka?

    Una domanda che poteva spezzare una vita stessa. Che poteva estinguere la fiamma dell'anima. Perché se non conoscevamo noi stessi non potevamo camminare su questo mondo.
    Eravamo come zattere preda di un mare in tempesta, con onde così enormi da sfiorare il cielo. Era solo questione di tempo...e poi ci saremmo inabissati.
    Affogati dal nostro stesso non conoscerci e non capirci.



    Aveva quest'armatura. La chiamavano darian. Era la sua armatura. Apparteneva a lui.
    Non era stata forgiata nei millenni passati ma era natada lui stesso.
    Era la sua. Non di qualcun'altro.
    Eppure la guardava con timore.
    Perché aveva paura.
    Di se stesso.
    Di tutto questo. Di questo posto. Di questa realtà. Di quello che era chiamato a fare.
    A fare cosa poi?
    Si guardò le mani. Sentì quel potere che eruttava da lui. Sentiva un fuoco indomabile ma anche il sapore acre del veleno.
    Sentiva la terribile potenza del fuoco, con il lento, malefico, diabolico strisciare del veleno.
    Sentiva la salamandra attraversare un mare di fiamme e uscirne intatta, mentre le sue zanne erano cosparse di veleno.
    Fuoco e Veleno.
    Due significanti fattosi significato.
    Lui era il significato. Un Eletto di G.E.A.
    Questo il suo destino.
    Eppure lo schiacciava.
    Perché combattere un tumore era cosa da uomini. Lui era un uomo.
    Fino a qualche giorno prima.
    E questo non era quello che si aspettava. Questo non era quello che aveva visto da quando era nato.




    «Tu ci capisci qualcosa, Harlan?»

    Niko lo destò dai suoi pensieri.
    Erano appena arrivati in questo nuovo posto. Tempio nero lo chiamavano e qualcuno ne ebbe paura.
    Chissà cosa si aspettavano. Eppure quando uscirono da quella Via dorata non fu il terrore ad afferrarli ma la quiete e la pace.
    Di spirito e corpo.
    Un posto dove pensare. Dove poter ritrovarsi mentre si erano perduti nel caos.
    E ancora adesso erano, in un certo senso, perduti.
    Harlan prese in braccio la figlia di Niko che cercava in tutti i modi di essere coraggiosa, per non preoccupare il padre, ma i suoi occhi tradivano quello che si agitava nel petto di ognuno di loro.


    «Ne so quanto te.»

    «Sei uscito da quella cosa ed eri più morto che vivo. Poi spuntano insieme a te quegli esseri.
    E quel tizio enorme in armatura. Ci portano in un posto...Agartha...pfu...pensavo fosse una leggenda e invece.
    E te...un eletto di Gea. Penserei ad un incubo, ad un sogno, che i nostri corpi sono rinchiusi in bozzoli e ci stanno solo facendo marinare per mangiarci meglio.
    Stile Matrix. Te lo ricordi il film?»


    E non lo avrebbe escluso in un altra situazione.
    Eppure ad ogni passo si sentiva a casa. Spiegarlo?
    Impossibile.
    Non vi erano parole. Lo sentiva dentro di sé. Nelle viscere. Nell'anima.


    «In ogni caso è un posto dove poter riposare. Dove posso fare domande. Qualcuno ci sarà credo. Voi pensate a riposare, a mangiare questo è l'importante...»


    Niko guardò Harlan.


    «Ti ho fatto delle analisi...»


    Fu secco e brutale. Era come se quel discorso aleggiasse tra di loro senza, effettivamente, venire menzionato.
    Come se da tempo voleva dirgli qualcosa. Qualcosa che premeva per uscire fuori.


    «E...»


    Niko si accese una sigaretta. Prese una bella aspirata.
    Sembrava quasi gustarsi la nicotina. La nuvola grigio di fumo fu come un manto. Voleva nascondere quelle parole.


    «Si è arrestato. Da solo è regredito. Sembra che tu sia... guarito o che ti sia legato a lui.»


    Legato.
    A questo bastardo. Non voleva ammetterlo, non voleva pensarci, voleva solo credere, fermamente credere, che qualcosa fosse successo. Che l'avesse del tutto sconfitto.
    Preso a calci in culo e buttato fuori dal suo corpo.
    E invece...


    «Ebbene si!
    Signor Harlan Draka lei ha vinto la mia compagnia, la mia entusiasmante sapienza. Lei ha vinto il superpremio!
    Quello che vorrebbero tutti e tutti non dicono mai.
    Io e te amici forever! Best friend!
    Diciamo che mi sono trovato talmente bene dentro di te che ho deciso di condividere il mio tempo. Voglio vedere fino a dove arriverai...fino a dove ti spingerai.
    Io e te ora siamo uguali


    Uguali.
    Quella parola era vomitevole.
    L'effetto che gli fece fu come un pugno nello stomaco. Come sentire del ferro in bocca, come non poter mangiare.
    Anzi mangiare e poi vomitare.
    Sentì lo stomaco attorcigliarsi e le budella comprimersi.
    Non c'era bisogno che Nikolaus glielo dicesse. Lo sapeva.
    Lo aveva sempre saputo.
    perché quella risata riecheggiava nelle sue orecchie.
    E vide il bastardo.


    wfdbaSHt
    «Chiamami Astolfo»









    E quindi questo era il nuovo Draka.
    Che passeggiava tra quei corridoi con Astolfo che fischiettava nella sua anima. Che si guardava intorno.
    Un fantasma. In punta di piedi era entrato, in punta di piedi si muoveva. Come se ancora non considerasse tutto questo parte di lui.
    La Biblioteca.
    Forse...non voleva entrarci. Non sapeva dire il perché.
    Attratto. Ma anche titubante.
    Respirò a fondo.


    «Questa è casa tua, anche. Tu fai parte di tutto questo. Quindi entra e leggi.
    Professore.
    Ci sarà sicuramente qualcosa che desterà la tua fame di conoscenza. O anche solo capire che tutto quello che avete scritto e detto in questi secoli...bè... erano stronzate


    Bastardo.




    Le dita scivolavano sui libri. Tomi, volumi, librerie così alte da sfiorare il soffitto.
    Una sapienza sconfinata. Troppo.
    Tutto.
    Era qualcosa di inimmaginabile. Qualcosa che non poteva capire adesso.
    Si massaggiò il braccio destro.
    Una smorfia di dolore.
    Ancora non era guarito. Sentiva, però, la mano formicolargli. Sentiva quel pizzicore sotto pelle.
    Ogni tanto stringeva la mano, muoveva le dita come se danzassero nell'aria.
    Arpeggiavano quasi.
    Si lisciò al barba quando un rumore alle sue spalle.
    Un rumore strano.
    Si girò.
    Uno di quegli strani esseri che lo avevano curato.
    Lo guardava profondamente con quegli occhi che sembravano leggergli l'anima.
    Un sorriso.
    La chitarra posata sul lungo tavolo finemente decorato.
    Occhi dentro gli occhi.
    Com'era possibile.
    Il sorriso fu la risposta e poi lo lasciò da solo.
    Lui e quella chitarra.
    Da quanto tempo non suonava?
    E poi...ne era ancora capace?
    La chitarra...giorni più felici erano quelli.
    Un tempo in cui aveva tutto. Ora invece cosa gli rimaneva?


    «Una seconda possibilità. Il passato rimane passato. Il presente e il futuro sono tuoi.»


    Respirò a fondo. La prese tra le mani.
    Gibson Les Paul.
    Originale.
    Il p-90 single coil...incredibile.
    Tra le mani aveva uno dei primissimi modelli. Quelli della prima metà degli anni '50.
    La cassa e il manico di mogano, i segnatasti di madreperla...


    «Non dirmi che non hai voglia...eh...eh..eh...guardala...magnifica.
    Sento le tue dita che danzano. Arpeggia quelle corde...ho voglia di sentire un po' di blues»


    Soffiò sulle dita. Le sentiva di ghiaccio.
    Le strofinò sul dorso della mano. L'una contro l'altra.
    La chitarra sulla gamba sinistra.
    Il mi cantino pizzicato.
    Quel suono riecheggiò tra le pareti, rimbalzando come un sasso lanciato di piatto sull'acqua.
    Chiuse gli occhi.
    La lingua leccò l'indice e il medio della destra.
    E poi...
    ... fu solo corda e chitarra.







    CITAZIONE
    ENERGIA: ROSSA
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    Non si aspettava un'affluenza tale in quei giorni, non erano ovviamente chissà quali grandi numeri ma di solito anche ad Agartha il solo fatto di nominare il Tempio Nero faceva correre un brivido lungo la schiena di tutti. Poteva capirli, incuteva terrore e le difese più visibili poste attorno al perimetro del Polo Nord, erano particolari; ma ciononostante una piccola parte di lei era rammaricata da quella mancanza di spina dorsale da parte degli abitanti del Bosco Sacro e, a parte qualche umano che non aveva idea delle tradizioni del luogo e che forse non percepiva l'aura della roccaforte del Nord, non era stata in grado di far rimanere in pianta stabile nessuno. A parte ovviamente quelli che rimanevano come ospiti nelle Sale dei Lamenti - come amava chiamarle affettuosamente - a scontare le pene che le loro corti gli affibbiavano.

    In ogni caso non era abituata a quel tipo di confusione, nonostante si mantenesse sempre ai livelli di un tenue brusio e chiacchiericcio sparso nelle zone principali. Gli spiriti l'assillavano, il braccio militare dei demi-fey non la mollavano un secondo perché necessitavano di qualcuno di esterno per la gestione delle armate, i sidhe richiedevano la sua presenza solo ed esclusivamente per riunioni noiose tanto quanto delle lezioni di fisica e l'unico che le interessava di quel gruppo, in quel momento, la guardava con una lieve diffidenza dopo quello che era accaduto con la giovane Primarca del Kraken. Gli sarebbe passata presto, sia per via di quel sentimento nei confronti dell'Eletta che lui si ostinava a professare sempre più ardentemente sia perché era necessario intrattenere rapporti per questioni interne.

    Persino Tobi si era dileguato, forse come al solito nelle cucine. Approfittando di un momento libero era sgattaiolata via veloce per cercare rifugio in una delle armerie. Certo, avrebbe voluto che fosse quella la stanza che l'avrebbe nascosta ma salendo una rampa di scale secondaria al primo piano e poi voltando a sinistra - come era solita fare quando voleva raggiungerla - si era trovata nel corridoio che portava alla Biblioteca.

    Certamente.

    Fece per girare i tacchi e andare via quando contemporaneamente un suono, un odore e una vibrazione la colpirono facendole cambiare idea. Era un altro figlio di G.E.A. senza ombra di dubbio, lo riusciva a sentire dall'ampiezza di quel cosmo e dall'odore familiare, quello che però non riusciva ad identificare era il suono che le giungeva alle orecchie ovattato e tondo. Senza neanche stare a pensarci si avvicinò alle porte e cercando di fare il meno rumore possibile, entrò silenziosamente nella sala. Quello che trovò all'interno l'incuriosì ancora di più: un uomo che suonava una chitarra.

    Concentrato, dedito, gli occhi socchiusi e l'espressione assorta incorniciavano perfettamente la figura di quello sconosciuto eletto della Madre. Il cosmo della donna si risvegliò ancor prima che potesse pensarci e si allungò (metaforicamente parlando) verso quello che emanava l'altro, in un intreccio, tra oscurità e quella che le pareva essere una fiamma, tale da potergli far perdere la concentrazione. Sperava non si fosse notato tanto, la musica era da sempre una delle sue più grandi passioni e seppur il genere suonato in quella stanza non fosse uno dei suoi preferiti, era rimasta in piedi poco più in là rispetto alla soglia con gli occhi chiusi e le labbra leggermente schiuse, come se stesse assaporando il momento, per un paio di minuti che le parsero una vita intera.

    Si avvicinò ad uno dei grandi tavoli con l'intenzione di poggiarcisi sopra e rimanere ad ascoltare. Forse fu il movimento troppo veloce o semplicemente una casualità ma urtò impercettibilmente col gomito una delle lastre di ossidiana - non le era chiaro ancora a cosa servissero, probabilmente come una sorta di proiettore - che fluttuavano all'inizio di ogni scaffale, facendo risuonare in lungo e in largo il tintinnio acuto del cristallo.

    Si voltò in direzione dell'uomo alzando le mani pronta a scusarsi per l'interruzione ma si interruppe a metà della prima parola, rimanendo a fissarlo negli occhi chiari e profondi con una naturale curiosità. L'odore che non riusciva ad identificare poco prima veniva proprio da lui.


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    Basic Istinct •
    Il suo rapporto con la natura è stretto, il lavoro e la caccia l'hanno resa più incline al prestare attenzione ai particolari e a sviluppare al meglio i sensi a disposizione. Non sempre la vista mostra per vero ciò che si vede e allora bisogna affidarsi all'olfatto, al tatto, all'udito e a volte persino al gusto. Riesce ad elaborare in fretta gli stimoli esterni di qualsiasi natura essi siano, non come una predizione vera e propria di ciò che sta per avvenire ma più quanto una sensazione molto forte, dando la possibilità di reagire di conseguenza.

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    Nera è la notte •
    In tutti i suoi inseguimenti, la parte migliore è stata l'attesa della sua preda al buio. Regolando il respiro, andando a crearsi una bolla di calma interiore, riesce a creare e a manipolare l'oscurità circostante, riuscendo così a prendere di sorpresa o ad attaccare i suoi bersagli. Le ombre possono assumere svariate consistenze e stati fisici e venire plasmate in più di una forma, il loro contatto reca un dolore fisico leggermente maggiore di quanti siano i danni realmente apportati, pur se rilevanti. Le sue ombre scottano, lasciando una traccia di leggera ustione in chi le subisce.

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    Suonava e alcuni ricordi affiorarono come bolle in un calice.
    Dal fondo della sua anima.
    Lentamente.
    Ad ogni corda pizzicata, un ricordo in superficie.
    Come se fossero falene attratte dalla luce e Astolfo chiuse gli occhi. Anche quel bastardo si lasciò cullare dalla musica.
    Da un arpeggio improvvisato, dalle dita che scivolavano sul manico e l'anima che si faceva chitarra. I ricordi erano I tasti. Erano le corde.
    La sua anima veniva suonata e si ricordò di un tempo in cui era diverso.
    Non era così. Non era questo Harlan e la vita scorreva felice come la sua mano sul manico.
    Sempre più veloce.
    Come rocce che rotolavano su un fianco di montagna divenendo valanga.
    Una valanga di ricordi che lo travolsero e una lacrima scese su quel volto duro.
    Bagnando la barba incolta e folta.
    Una sola lacrima.
    Una.
    Mentre Astolfo si fece delicato e anche lui si perse in quel caleidoscopio di immagini. Di dolore. Di amori perduti, di mani perse, di volti mai dimenticati.
    Mille visi di bravi attrici e finti ammaliatrici.
    Serpi dentro i cesti andare a fuoco, che si scrollavano la fuliggine di dosso e ritornavano subito in gioco.
    Fregandosene.
    Quanto veleno, quanta rabbia covava dentro di sé. Perché non aveva potuto dire quello che pensava. Lo avevano lasciato ancor prima che potesse dire qualsiasi cosa.
    Avevano emesso la sentenza senza poter dire nulla.
    E quelle mani, che graffiavano il cielo, divennero come rampicanti osceni che lo ghermirono facendolo sprofondare nelle sabbie mobili della disperazione.


    KlEziw2




    I suoi occhi si persero. Socchiusi come a non vedere quelle immagini, ma lamusica continuava incalzando sempre di più, come una valanga senza più freno. E quella lacrima si perse ma non il suono.
    Perché vi era tristezza in quelle noti, vi era una disperazione di fondo che gridava come la nota tenuta più a lungo delle altre.
    Come se quella nota e quella lacrima fossero veleno che fuoriuscisse dalla sua anima. Come a volerlo scacciare.
    Perché i ricordi potevano essere terribili. Potevano essere un cancro peggio dello stesso tumore che gli divorava le viscere.
    Perché l'anima fa fatica a guarire se quel veleno non viene estirpato e Astolfo la guardò.
    Osservò quell'anima che si contorceva, che si dimenava finalmente in un moto di vita.
    E un lieve sorriso increspò il volto androgino.
    Ma non la minaccia di un sorriso ma un lieve e tenue sorriso come un color pastello. Come l'aurora prima dell'alba.
    E si sdraiò e si lasciò andare anche lui.
    E la musica continuava.



    Well, another day, another dollar After I've sang and hollered Oh, it's my way of living, and I can't change a thing Another town is drawing near Oh, baby, I wish you were here But the only way I can see you, darlin', is in my dreams It's a highway song You sing it on and on On and on




    Era su questa autostrada chiamata vita e non poteva scendere anche volendolo. Si era perso.
    Lì dove prima era dritta e puntava al Sole, ora era divenuta tortuosa e la tenebra lo aveva inghiottito eppure...eppure vi era un fuoco che ardeva.
    Al di là dell'orizzonte.
    Un nuovo orizzonte. Un nuovo fuoco e Astolfo fischiettò.
    Un fischiettio così pacifico, così tranquillo che fu come un armonica, accompagnò la musica.
    Astolfo e Harlan.
    La vita che riprendeva ad essere diritta.


    Un cosmo lo avvolse. Avvolse Harlan e la sua musica. Colmò quella sofferenza come se la inghiottisse in quell'oscurità che lui stesso vi si era gettato da tanto, troppo, tempo.
    Ma fu un oscurità che era notte.
    Un cielo trapuntato di stelle, quando il caldo vento della primavera accarezza le fronde degli alberi e la Luna si specchia su di un lago calmo e tutto si faceva silenzio e l'anima iniziava a parlare.
    Sussurrando al nostro orecchio.
    E ci si sentiva leggeri come le nuvole che correvano in quel cielo trapuntato di stelle.
    Quel cosmo avvolse la fiamma di Harlan.
    Non se ne accorse ma fu... casa.
    E le sue dita continuavano a pizzicare le corde, mentre il suo cosmo divampò come incendiò colmando la sala.
    La sua anima si stava mettendo in comunione con quel luogo. Quell'altro cosmo lo guidava, lo invitava, lo proteggeva e gli indicava la strada.
    Quella stessa strada che aveva perso ma che ora era lì.
    Così vicina da poterla toccare. Da poterla attraversare per arrivare in quell'orizzonte nuovo sotto un aurora lesta.
    Il groviglio dell'anima di Harlan si sciolse del tutto.
    E non se ne accorse. Ma lo fece Astolfo.
    Vedeva quell'anima essere fiamma viva e non più avviluppata dai malefici rampicanti delle paure, dei tradimenti, delle incertezze e di chi non vi era più.
    Avrebbe continuato ad ardere. Certo Harlan sarebbe rimasto sempre lo stesso, forse la sua forza erano le domande che si poneva sempre ma i suoi occhi erano nuovi.
    Guardava e osservava vedendo altre tonalità.
    Questa era la sua strada.
    E a volte per trovarla bisognava passare per il fuoco dell'Inferno.
    Attraversarlo.
    Farlo proprio.
    E rinascere.
    Nutrsco et extinguo.


    Danzarono quei due cosmi e quelle sale vibrarono. Ronzarono allo stesso ritmo e altri si affacciarono incuriositi. La musica da tempesta divenne come fonte d'acqua fresca.
    Da incendio indomabile divenne come fuoco di un camino.
    Accoglieva non distruggeva.
    L'anima di Harlan era nelle corde e si mostrò al Tempio Nero forse meglio di quanto potesse fare con le parole e quando il tintinnio acuto dello scaffale che cadeva, risuonò come nota distorta in quella sinfonia tutto tacque.
    Ma non il ronzare delle pareti, non quella musica che ancora riecheggiava nelle loro orecchie.
    Gli occhi di Harlan si aprirono. Si guardò intorno e non capì.
    Preso com'era dai suoi ricordi, dalle sue fiamme, dalle sue cicatrici non si era accorto di nulla. E fu più vero.
    Perché si mostrò per quello che era e non per quello che doveva essere visto.


    «Bel concerto rockstar...un bel pubblico. Bentornato, Harlan Draka.
    Saluta la donzella...»


    E Astolfo rise. Una risata cristallina. Come acqua di fonte che zampillava sulle rocce.


    La vita non è trovare se stessi, ma creare se stessi.


    E guardò quella ragazza e si sentì in imbarazzo.
    Guardò gli altri e iniziò a grattarsi la testa perché non sapeva che dire.



    «Ehm...ecco...»


    Si lisciò la barba.


    «Scusate per il casino ma era una vita che non suonavo più.
    Comunque salve a tutti io sono Harlan. Un eletto e...»



    E...che doveva dire di più. Non sapeva che fare. Non era cosa di tutti i giorni stare di fronte al folklore popolare.
    E quelle creature gli sorrisero. E lui sorrise a loro.
    Lasciò la chitarra e si alzò.
    Era alto. Si ri scoprì alto. Si ri scoprì forte e muscoloso.
    Guardò le sue mani. Erano segnate dalle corde. Un piacevole inizio


    «Vi ha fatto schifo?»


    E guardò Audatia. Quel cosmo... uguale al suo. Ma più vasto del suo. Aveva così tante domande che fece quella più ovvia possibile.


    «Anche tu sei un eletta. Sei qui da tanto? Ecco...io sono nuovo di tutto questo.»


    Una piccola salamandra salì sulla sua spalla. Occhi negli occhi.
    Gli occhi di lei...ci vide dentro i suoi.


    «A quanto pare inizi ad essere accettato. Buon inizio, Draka.»




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    Fu strano perché accorsero gli spiriti al suono di quella chitarra e l'eletta se ne rese conto dopo. Smuovendo i cristalli aveva richiamato quelli che riposavano lì, un pubblico vastissimo proveniente dalle epoche più disparate. Tutti lì, in ascolto, richiamati dal cosmo che vibrava e risuonava a ritmo delle dita di quello sconosciuto.

    Avrebbe dovuto interromperlo e chiedergli chi fosse e cosa diavolo ci facesse da solo nella sua biblioteca ma si ricordò in tempo che di suo non c'era proprio niente, era una continua condivisione e per quanto sia rimasta sola tra quei corridoi vuoti ma caldi la maggior parte del tempo, doveva fissare a mente che quella era la casa di uno degli Araldi. Che poi il suo maestro fosse sparito, era un discorso che non aveva la tempra di affrontare.

    Il profumo di imbarazzo e qualcos'altro - che non riusciva ancora a comprendere - le arrivò alle narici e un sorriso sorse spontaneamente sulle sue labbra. Quel tipo aveva dei segreti che non voleva dividere con nessun altro, glielo faceva sospettare il modo in cui aveva curvato le spalle mentre suonava e la ruga che gli solcava la fronte, in un gesto di concentrazione estrema, accompagnato dallo sguardo per un attimo perso ad ascoltare qualcosa che solo lui era in grado di fare.

    Votre musique a touché des points de mon coeur je ne savais pas que j'avais.

    Una voce si era fatta portatrice di tutte le altre, ma erano gli spiriti di ogni luogo e di ogni creatura e in quanto tali dovevano ritornare ai loro posti a svolgere le loro faccende. Audatia intervenne, riscossasi con un battito di ciglia in più da quel momento di improvvisa intimità emotiva.

    Bene, mi piace pensare che abbiate qualcosa di più urgente da fare che rimanere qui a temporeggiare.

    Un lieve mormorio di assenso comune si levò dal gruppetto prima che potessero sparire, l'eletta non fece nemmeno in tempo a chiedere di tacere sulla sua posizione anche se per certi versi non voleva passare per una di quelle che si sottraeva alle responsabilità. Battè le mani leggermente quando lo vide alzarsi, era molto alto e svettava di abbondanti venti centimetri rispetto alla donna, costringendola a dover inclinare leggermente la testa all'indietro per fissarlo negli occhi.

    Mentre colmava la distanza che intercorreva tra i due, ebbe modo di poter studiare ogni dettaglio dello sconosciuto collega. Sembrava dimostrare circa una quartina d'anni, per via di alcune rughe d'espressione più marcate di altre e di alcuni fili argentati tra la barba e i capelli, mentre la sua altezza combinata con una muscolatura che probabilmente aveva visto periodi migliori - era forse uno di quelli che aveva vissuto allo sbando nel mondo negli ultimi anni? - ma lui non sembrava curarsene.

    Quando si fermò abbastanza vicina da sentire chiaramente i toni forti del suo odore, come di legna bruciata, allungò la mano nella sua direzione in segno di saluto.

    Perdonali, gli spiriti sono fatti così: prima ti ignorano e poi ti accerchiano, la prima volta che ci ho avuto a che fare per poco non mi hanno fatto venire un infarto.

    Ridacchiò leggermente mentre ripensava quei primi momenti, lontani ormai così tanto che le parevano appartenere a qualcun'altro.

    Sono Audatia, Eletta del Lupo Grigio, Voce dei Lukoi del Nord. È sempre bello sapere di nuovi guerrieri che si aggiungono alla nostra causa.

    Strinse la mano nella sua e ne rimase piacevolmente sorpresa, nessuna dimostrazione da macho. Pazzesco.

    Oddio sai che non ci penso da un po'? Sembra passata una vita intera ma più o meno sono quasi quattro anni...

    Rimase in attesa, portando gli occhi su quella piccola creatura che stava salendo sulla spalla di quello.

    E tu invece, signor musicista, custode di chi o cosa sei?


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    Basic Istinct •
    Il suo rapporto con la natura è stretto, il lavoro e la caccia l'hanno resa più incline al prestare attenzione ai particolari e a sviluppare al meglio i sensi a disposizione. Non sempre la vista mostra per vero ciò che si vede e allora bisogna affidarsi all'olfatto, al tatto, all'udito e a volte persino al gusto. Riesce ad elaborare in fretta gli stimoli esterni di qualsiasi natura essi siano, non come una predizione vera e propria di ciò che sta per avvenire ma più quanto una sensazione molto forte, dando la possibilità di reagire di conseguenza.

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    Nera è la notte •
    In tutti i suoi inseguimenti, la parte migliore è stata l'attesa della sua preda al buio. Regolando il respiro, andando a crearsi una bolla di calma interiore, riesce a creare e a manipolare l'oscurità circostante, riuscendo così a prendere di sorpresa o ad attaccare i suoi bersagli. Le ombre possono assumere svariate consistenze e stati fisici e venire plasmate in più di una forma, il loro contatto reca un dolore fisico leggermente maggiore di quanti siano i danni realmente apportati, pur se rilevanti. Le sue ombre scottano, lasciando una traccia di leggera ustione in chi le subisce.

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    Telepatia•
    Come gran parte dei cavalieri di un certo livello, può di comunicare telepaticamente con le persone che la circondano.

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    Guardò la piccola salamandra.
    Come se potesse sentirne i pensieri. Come se potesse ascoltare il suono della sua anima.
    Sorrise.
    Fu un momento e lieve ombra passò in quegli occhi. Lontana immagine che scacciò come rugiada al sole.
    Vi erano cose che non potevano essere dimenticate. Affioravano sempre e il se tormentava più di qualsiasi tortura.
    Ferro rovente che penetrava nelle viscere.
    Poi però guardò Audatia e furono vivi. Come un fuoco che ritrovasse ardore.
    La stretta di mano fu calda. Fu piacevole brezza.
    Non fu dura. Non fu granitica.
    Fu come se qualcosa avvolgesse Audatia, come una coperta calda che proteggesse dal freddo.
    Fu come se la sua anima si ristorasse.
    Come se la sua vita iniziasse a divampare sempre di più.
    Il cosmo di Harlan non era vasto. Era poco più che una lieve fiamma ma spandeva calore.
    Un calore che colmava quelle aule.
    Persino gli spiriti lo avevano avvertito.
    Persino sua sorella e la piccola salamandra.



    «Non sono di disturbo. Anzi...ci potrei anche fare due chiacchiere. Chissà quanto hanno visto.
    Chissà se tra loro vi sono grandi artisti...chissà...»



    Pensava a Kafka, a Caravaggio, a Tiziano. Pensava ai grandi ma anche ai piccoli.
    Perché erano tutti uguali sotto questo cielo. Ognuno era importante. Ognuno faceva il suo.
    Un incendio sa distruggere, ma un piccolo fuoco sa riscaldare e dare sicurezza.
    Un guerriero sa accettare la pace e la guerra e sa vivere entrambe con dignità.
    Per lui nessuno era più in alto di altri.
    Perché chi doveva morire iniziava a dare altro senso alla vita.
    Sapere che i grandi atti di coraggio salvavano il mondo ma chi lo preservava erano le piccole cose. I piccoli gesti di ogni giorno.



    «In ogni caso lo scoprirò. In fondo non ci sarebbe gusto a sapere tutto e subito.»

    Un occhiolino sornione. Da chi voleva stemperare l'atmosfera.

    «io sono Harlan, Audatia. Piacere di conoscerti. Sono l'eletto della salamandra. Ecco perché la piccola qui mi è salita sulla spalla, forse.»

    Gli occhi della salamandra erano simili a quelli di Draka.

    «Per me questo mondo è completamente nuovo. Pensavo fossero leggende e invece...ho un armatura addosso, combatto per Gea e ho un potere che ancora non comprendo.»

    «E me!»

    E come poterlo dimenticare il bastardo?

    «Quindi scusami ma sono ancora nel frullatore.
    A parte che ho combattuto contro un qualcosa e ancora adesso non riesco a capire che cos'era.
    Poi mi ritrovo morto...mi risveglio e forse un altro eletto mi ha portato ad agartha.
    Poi eccomi qui...quindi si sembro stupido ma...»


    E lo era.
    Un neonato che emetteva il suo primo vagito.
    Era il figlio di Gea che nasceva. Un neonato che doveva imparare a camminare. Che doveva capire quale fosse il suo posto nel mondo.
    Agartha il Tempio Nero, leggende che iniziavano ad essere reali, e Gea che si profilava all'orizzonte co,mando la sua vita.
    Ma manteneva la calma.
    Eppure quel cosmo ruggiva.
    Come se una parte di lui non vedesse l'ora di fare.
    per troppo tempo fu morto.
    Per troppo tempo fu in una bara.
    Ora era vivo. Ora poteva combattere.

    «Cosa dovrei fare adesso?»






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    Dipende di quali arti ti interessi. Perché troverai senza ombra di dubbio soldati, bibliotecari, almeno un paio di linguisti...

    Ci pensò su realmente, contando una quindicina di presenze e segnandole sulle dita man mano che parlava. Durante i primi incontri con gli spiriti - subito dopo l'inizio del suo addestramento - si era chiesta chi fossero prima della morte ma vuoi per le barriere linguistiche, vuoi gli estenuanti allenamenti a cui era posta, aveva messo in pausa il progetto sul saper qualcosa in più. Di solito le informazioni gliele davano volontariamente senza bisogno di insistere.

    ... Alcuni crociati. Da entrambi i fronti. Molti bambini e animali... Però non ti voglio rovinare la sorpresa, eh. Avrai tutto il tempo di conoscerli da te.

    Gli sorrise allegramente, quel tipo sembrava abbastanza simpatico e la Salamandra poteva vantare un potere abbastanza ampio per un cavaliere alle prime armi. Le sembrava leggermente spaesato ma chi non lo era di quei tempi? Come poteva prendere che fosse tranquillo e beato quando aveva vissuto per anni sul chi vive costante? Lei era stata così fortunata - se così si può dire - dal riuscire a incrociare su una strada lastricata di psicofarmaci un lupo nero come la notte che l'aveva portato al Polo. Certe volte si chiedeva, se quel giorno a Molde non avesse seguito quell'istinto, a che punto della sua vita sarebbe... Probabilmente con un proiettile piantato in testa o a pezzi tra i lunghi artigli di qualche corrotto.

    Oh bhe, il tuo ritorno a casa, Harlan, è stato merito di Bieffe che è l'Araldo della Forza, P.A.N.

    È il primo che si è risvegliato tra i Cinque. Ho avuto l'onore di lottare al suo fianco... È stato devastante, terribile ma glorioso. Perfetto.


    Mentre parlava gli si era avvicinata per posargli una mano sul braccio, come se dovesse assolutamente sottolineare quel momento e quel ricordo col contatto. Il dolore che aveva provato era stato inimmaginabile eppure ogni singola goccia di quello era stata una scoperta e una rivelazione, un passo avanti verso qualcosa di più grande.

    Cosa dovresti fare? Ti direi semplicemente di prendere a schiaffi chiunque incontri sul tuo cammino ma le nostre priorità variano in base agli eletti che le portano avanti, mantenendo il senso ovviamente.

    Rise di una risata cristallina, fresca, mollando la presa sulla pelle di quello prima di cominciare a camminare intorno al leggìo e sfiorare, con il polpastrello dell'indice destro, delicatamente le pagine fatte di ossidiana leggera di un grosso tomo che era posto in attesa. Quelle si illuminarono pallide di un bagliore scuro e denso, un tintinnìo secco riempì la sala della Biblioteca Nera e si interruppe solo quando Audatia con una lama d'ombra si procurò un taglio netto per tutta la lunghezza della mano sinistra. Nulla di grave ma abbastanza profondo da lasciar sgorgare immediatamente il rosso.

    L'unione di cosmo e sangue funziona meglio ma non è necessario. Rimango comunque dell'opinione che le tradizioni vadano onorate per poter entrare in perfetta comunione con chi è disposto ad aiutarci.

    Non un fiato o un accenno di fastidio si potè sentire scappare dalle sue labbra, come se si trattasse della cosa più naturale del mondo poggiò la mano insanguinata sulle pagine che sembrarono accendersi in reazione al piccolo tributo dell'Eletta.

    Questo libro mi è caro perché fu uno dei primi che mi portò a comprendere quando i Lukoi mi scelsero come loro voce.

    Dammi la mano Harlan, Eletto della Salamandra, lascia ti mostri direttamente ciò che siamo tenuti a fare.


    Se avesse o meno accettato, Audatia avrebbe ampliato il suo cosmo cullando quello dell'uomo. Calmandolo da eventuali prese di posizione e avvicinandolo alla postazione. Una volta che quello avesse toccato le pagine, le sue fiamme e il suo potere sarebbero divampate, mentre la visione di ciò che erano gli Eletti e gli Araldi avrebbe riempito la sua mente di conoscenza.

    Siamo i Custodi della Terra, tanti quanto sono le specie viventi, e Protettori dell'Equilibrio.

    Siamo sono prima di tutto, ma non soltanto, la guardia armata di G.E.A. Talvolta divisi, acerbi ma in possesso di un grande potenziale dato dalla varietà dei nostri poteri. Ma non siamo soli, Harlan, ci sono gli Araldi a guidarci... Come ti ho detto, il primo a risvegliarsi l'hai già conosciuto.


    La voce dell'Eletta lontana e a tratti distorta sarebbe giunta alle orecchie della Salamandra come l'ululato di un branco di lupi e con essa sarebbe giunta la consapevolezza.

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    Riassunto Azioni Visto che non sai assolutamente niente di niente, ecco a te un bel trip mentale con tanto di rituale iniziale :fiore:

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    Basic Istinct •
    Il suo rapporto con la natura è stretto, il lavoro e la caccia l'hanno resa più incline al prestare attenzione ai particolari e a sviluppare al meglio i sensi a disposizione. Non sempre la vista mostra per vero ciò che si vede e allora bisogna affidarsi all'olfatto, al tatto, all'udito e a volte persino al gusto. Riesce ad elaborare in fretta gli stimoli esterni di qualsiasi natura essi siano, non come una predizione vera e propria di ciò che sta per avvenire ma più quanto una sensazione molto forte, dando la possibilità di reagire di conseguenza.

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    Nera è la notte •
    In tutti i suoi inseguimenti, la parte migliore è stata l'attesa della sua preda al buio. Regolando il respiro, andando a crearsi una bolla di calma interiore, riesce a creare e a manipolare l'oscurità circostante, riuscendo così a prendere di sorpresa o ad attaccare i suoi bersagli. Le ombre possono assumere svariate consistenze e stati fisici e venire plasmate in più di una forma, il loro contatto reca un dolore fisico leggermente maggiore di quanti siano i danni realmente apportati, pur se rilevanti. Le sue ombre scottano, lasciando una traccia di leggera ustione in chi le subisce.

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    Come gran parte dei cavalieri di un certo livello, può di comunicare telepaticamente con le persone che la circondano.

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    Edited by D o r c a s - 13/2/2019, 01:06
     
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    cosmo490

    Noi eravamo l’incarnazione locale di un Cosmo cresciuto fino all’autocoscienza. Avevano incominciato a comprendere la loro origine: erano materia stellare che meditava sulle stelle.
    Ecco cosa stava accadendo.
    Perché il mondo iniziò a turbinare e la sua coscienza prese a viaggiare al di là dei sentieri terrestri.
    Si elevò al di sopra delle nebbie del mondo e potè vedere l'Universo nella sua forma.
    Sentì il respiro di G.E.A e quella realtà pulsargli nelle vene.
    Sentì la mano di Audatia farsi calda e quella Biblioteca sciogliersi come neve; come se al di sotto di essa vi fosse qualcos'altro.
    Tutto si trasformò in vetro argentato mentre il respiro del mondo colmò la sua anima.
    La consapevolezza.
    E con essa la salamandra tornò a lui.
    Di nuovo quella visione, ma più nitida, più vera, come se ogni sua fibra si facesse fuoco e veleno.
    Lo guardò dritto negli occhi e parlò alla sua anima, mentre un ululato accompagnò le parole di quell'essere.
    Sentì le parole colmarlo, sentì il fuoco ardere sulla sua pelle, bruciarlo, ridurlo a cenere per poi rinascere da esse.
    Attraversò quel mare di fuoco e il velenosi fece sangue e il sangue scorreva in vene del tutto nuove.
    L'urlo che accompagnò quel dolore fu un urlo che riecheggiò nel silenzio mentre il suo corpo brillò ed esplose in miliardi di stelle che si contrassero come in una galassia.
    Fu buio.
    Fu buio e poi fu luce.
    Lui come una stella.
    In un cosmo silenzioso che si contrasse in quell'urlo e lui fu nuovo ma fu anche vecchio.
    Fu Harlan l'Uomo, ma fu anche Harlan l'eletto e quella salamandra colmò i suoi sensi.
    Vide gli occhi liquefarsi e farsi come incendio, mentre le fiamme si fecero verdi e il mondo fu fuoco.
    E quel fuoco era lui.
    E quel fuoco fu su di lui.
    E le stelle iniziarono a brillare.
    A capofitto percorse eoni e il tempo fu solo accessorio insignificante e poi vide Agartha sotto una lesta aurora.
    Un cielo pastello e la natura farsi viva e piedi nudi danzavano su di essa e per essa nascevano.

    I capelli erano correnti, i piedi erano radici, le mani rami, il suo vestito era la natura stessa che sbocciava ad ogni suo movimento; i suoi occhi erano dolci,come Madre, ma erano anche terribili e la natura si svegliava da un torpore e cresceva in forza sotto un Sole che svettava imperituro.
    Quel Sole rimaneva alto, imperituro e i suoi raggi spandevano calore e grazie ad esso che la natura si svegliava sotto la guida di quelle mani candide e accorte.
    Cresceva...in forza...cresceva nella furia e fu tempesta e fu valanga; fu il ruggito di una fiera e il correre lesto di un antilope.
    Fu Furia.
    E nella Furia altri occhi si aprirono a questo mondo e dettero nomi e nuove forme al creato.
    In perfetto Equilibrio con essa e per essa.

    E mani godettero della natura, e occhi si colmarono della sua bellezza ma tutto questo doveva finire.
    La Fine faceva parte della Vita anche le stelle dovevano morire.
    Persino la galassia sarebbe morta un giorno.
    Questa era il cerchio.
    Questo era il tutto.
    La realtà si era formata.
    Con le sue fiere, con le sue piante, con gli uomini e con la violenza della tempesta o di un terremoto. Con la Morte e con la Vita.
    A questo era chiamato a proteggere.
    A questo equilibrio, a questa Terra, a questo Creato che fu manifestazione del pensiero e della volontà di G.E.A.
    Lui un suo figlio.
    Uno di quelli che nacque in quel tempo e si colmò di Vita nascendo cullato nella Natura.
    Di Morte e di Furia.
    Ma sempre nell'Equilibrio di chi aveva dato loro tutto.
    E per quel tutto che loro combattevano.
    Per preservare un ordine.
    L'Equilibrio del pianeta stesso.
    Niente era più importante. Niente era superiore. Né Dio, né Uomo.
    Loro erano la spada e lo scudo.
    Gli Araldi, i loro signori, che li avrebbero guidati per preservare G.E.A e questa realtà.
    E quando tutto questo fu lui e la visione si fece Io l'ululato fu ancora più forte e lui tornò.
    Il sangue danzò ancora ma il mondo fu quello che i suoi occhi da sempre avevano visto.
    Ma sulla sua pelle ecco che, fulgida, l'armatura apparve.
    Rossa scarlatta con toni verde smeraldo.
    Sembrava la pelle di una salamandra. Sembrava essere fatta di squame e l'elmo ruggiva sulla sua testa.
    Il respiro si fece affannoso mentre Audatia lo guardava ancora.
    Il suo sangue lo aveva guidato negli abissi del tempo.
    Lo aveva guidato in un viaggio spirituale alla ricerca del suo significante.


    «Ho visto...io... ho visto...»


    Le mani toccarono il pettorale.
    Stava in ginocchio con lo sguardo ancora su quella visione ma era... vivo.
    La salamandra salì fino sulla spalla di Audatia guardando Harlan e Audatia e sembrò che i suoi occhi sorridessero.
    E quando Harlan si alzò ella fece altrettanto.
    La salamandra negli occhi di Draka. Draka negli occhi della salamandra e quel cosmo divampò brutale.
    Libero da paure e falsi schemi e ronzò insieme a quello degli spiriti e di Agartha tutta.




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    Ha le mani sudate.

    Fu fugace il pensiero che si aprì nella mente dell'Eletta, semplicemente una constatazione di ciò che provava Harlan. Non pensava fosse pronto, non lo era mai nessuno in fin dei conti, ma il senso di responsabilità che aveva quel tizio era invidiabile tanto quanto la sua voglia di vita.

    Quando la prima volta aveva visto anche lei, aveva urlato senza rendersene conto perché erano i Lukoi che come branco le avevano invaso la mente poi si era calmata e aveva percepito l'affetto, il calore e l'istinto. Le voci erano arrivate in seguito e in determinate occasioni, come anticipo di ciò che sarebbe accaduto e come incitazione a fare meglio e di più. Sospiro di vento tra le fronde degli alberi che sussurravano, urlavano e piangevano il suo nome e il suo aiuto.

    E poi la mano viscida di sangue strinse quella rovente dell'uomo e vide ciò che era stato e ciò che era. Era nella stessa stanza di un ragazzo - con i poster alle pareti, fogli bianchi accartocciati per terra e un paio di spartiti che sbucavano da sotto il letto - che cercava di suonare qualcosa che lo trascinava in un mondo tutto suo. Vide gli spasmi della mano del ragazzo e vide le lacrime di una donna (la madre?) che cercava di mantenersi forte. Vide ospedali, e nelle varie stanze uomini e donne sempre più devastati dalla malattia seduti in poltrone con aghi in vena. Sguardo perso e sofferente. Sentì le fiamme spegnersi per un istante e si voltò a guardare Harlan, vide una chioma rosa quasi sovrapporsi a lui e ne fu stupita. Lasciò la sua mano perché non voleva vedere troppo, non voleva entrare in contatto con quel dolore e non fu per codardìa, ma semplicemente perché era personale e privato e lei in quella storia non c'entrava niente. Quando tornarono alla realtà, nella stessa sala della Biblioteca Nera dove solo pochi istanti prima - giusto il tempo di un battito di ciglia - si erano presentati, l'eletto della Salamandra era in ginocchio stupito. Si alzò lentamente e lei, imitandolo, sorrise nel percepire quel cosmo tonante e libero.

    Hai visto e adesso sai chi siamo e sopratutto cosa siamo.

    Presa una pausa, leccandosi leggermente le labbra e ampliando il cosmo, lo abbracciò come se fossero stati una coppia di vecchi amici che non si vedono da anni.

    Sei a casa, Harlan.

    Possiamo fare grandi cose ed espandere il nome di G.E.A ovunque in questo pianeta che un dono della Stessa.


    Sciolse la stretta e si allontanò di un paio di passi, il sangue aveva smesso di uscire dalla ferita e adesso cominciava a tirarle leggermente la pelle.

    Proteggi la tua gente, prendi con te chiunque abbia la volontà di seguirti verso Agartha perché la Madre ha bisogno del suo Popolo come noi abbiamo bisogno di Lei.

    Non farti intenerire da chi si mostra gentile, difendi le tue - le nostre - terre e crea se lo ritieni necessario avamposti che ci serviranno per poter liberare l'area.


    Aveva detto tutto in tono abbastanza tranquillo e con una lieve sfumatura di orgoglio, Audatia era conscia di non essere abbastanza per proteggere tutti ma le bastava riuscire nelle sue missioni, nel suo obiettivo di riprendersi tutto ciò che era stato tolto agli Eletti e agli Araldi da chi credeva non sarebbero mai più ritornati.

    Quanto sbagliavano, PAN si era risvegliato e questo voleva dire che il loro ruolo sarebbe stato ben più che quello di semplici osservatori. Avrebbero fatto vedere ciò che erano e quello che erano in grado di scatenare.

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    Status Fisico taglio al palmo della mano sx - autoinflitto, stop sanguinamento
    Status Mentale contentona, decisa
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    Riassunto Azioni vede giusto uno scorcio del tuo passato e poi fa il discorso "ci ripigliamo tutto quello che è nostro" :x):

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    Nera è la notte •
    In tutti i suoi inseguimenti, la parte migliore è stata l'attesa della sua preda al buio. Regolando il respiro, andando a crearsi una bolla di calma interiore, riesce a creare e a manipolare l'oscurità circostante, riuscendo così a prendere di sorpresa o ad attaccare i suoi bersagli. Le ombre possono assumere svariate consistenze e stati fisici e venire plasmate in più di una forma, il loro contatto reca un dolore fisico leggermente maggiore di quanti siano i danni realmente apportati, pur se rilevanti. Le sue ombre scottano, lasciando una traccia di leggera ustione in chi le subisce.

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    La vita scorreva nella salamandra.
    Scorreva prepotente e furiosa nelle parole orgogliose di Audatia.
    L'armatura brillava di toni rossastri mentre i loro occhi si fondevano in un unico essere.
    Vi era una responsabilità.
    Ma vi era anche una casa.
    Casa...fratelli... famiglia.
    Se lo ricordava ancora cosa significasse tutto questo?
    Una vita distrutta, non dal tumore, ma dalla Corruzione. Perché il tumore, l'unica cosa che di buono ha, è che riesce a farti mare la vita ancora di più, a combattere per essa, ad aggrapparsi ad essa con tutto quello che si aveva o che rimaneva.

    Si riusciva a vedere un alba e a piangere di fronte ad essa. A vedere le piccole cose, a entusiasmarsi per una birra con gli amici, piuttosto che passeggiare mano nella mano con la persona amata.
    Piccoli gesti.
    Quotidiani. dati per scontato, come respirare. Ci si dimenticava di respirare. Ci si dimenticava sempre...fino a quando il fiato non ti veniva tolto e si annaspava per cercarlo, con le braccia a danzare in aria come a voler trovare qualcosa.
    Afferrare quell'aria.
    E alla fine lui non era così? Non stava cercando di afferrare l'aria perché il respiro gli era mozzato?
    E di notte questa sensazione era ancora più tremenda.
    Un dolore che non arrestava la sua corsa, che saliva, che faceva male e che continuava ancora...e ancora...e ancora.
    Si era dimenticato di molte cose e di tante altre le aveva allontanate.
    Perché?
    Per non soffrire. Non voleva più soffrire. Già era difficile alzarsi e continuare a combattere, non vedendosi uomo, non potendo avere accanto a se una donna, non era facile guardarsi allo specchio e vedere un morto.
    Si...lui ogni giorno vedeva la sua bara.
    E non c'era nulla che potesse fare per lenire questo dolore.

    Fingere però di stare bene, di combattere, ma quel dolore arrivava allo stomaco, alla gola ma fare finta di nulla ma c'era sempre.
    Eppure oggi...oggi in un posto che non doveva esistere, in un posto che era favola, che era folklore, lui rinasceva con un vagito da neonato, in un mondo del tutto nuovo e sconosciuto.
    Gli facevano male gli occhi...quella luce, quella visione fu troppo eppure fu come se non avesse mai Guardato sul serio.
    Era aprirli per la prima volta al mondo e ri scoprirsi.

    Non avrebbe più avuto timore del suo riflesso nello specchio, né dello specchio, né degli sguardi.

    E sorrise ad Audatia e fu il primo vero sorriso dopo anni.


    «Mitakuye Oyasin...»


    Che nella lingua Lakota significava: tutto è connesso.
    Perché ogni Eletto era connesso all'altro e i loro cuori battevano uniti con quello di G.E.A
    E un taglio fu sulla mano di Harlan.
    La passò sulla fronte di Audatia.
    Perché lei era sua sorella ritrovata dopo un tempo infinito.
    Avendo viaggiato per eoni e galassie.



    Even if you were to lose everything and be scattered to the winds, I'll never lose my way again - I'd just start searching again from step 1- Or maybe I should start the whole universe again from zero?

    Once we're both here, on the night before our revolution, who could possibly stop us? I'll never lose my way again - I'll hoist this flag from within your heart; You stole from me my ability to ever give up!



    E il sorriso di Harlan fu caldo come fuoco.

    «Io sono Harlan Draka...»

    Fu stasi. Fu quiete.
    Poi fu boato.

    «Eletto della Salamandra...»

    FU VITA. FU IO. FU TUTTO





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    Il sorriso dell'Eletto fu caldo e intenso, non credeva potesse mai vedere la comprensione sul volto di qualcun'altro ma la fortuna era stata dalla sua. Voleva che fosse tutto perfetto, che ogni cosa all'interno dei ranghi degli Eletti di G.E.A girasse liscio come l'olio. Nessun problema all'interno voleva dire una maggiore intesa tra i cavalieri suoi fratelli e sorelle, e questo avrebbe portato ad una coesione sempre maggiore tra di loro. E avrebbe fatto di tutto per seguire e mantenere quella linea d'azione e di pensiero.

    Harlan, ho una proposta da farti.

    Prese un attimo fiato, passandosi una mano tra i capelli con fare tranquillo. Doveva solamente mettere ordine alle parole e far capire il suo punto di vista. Semplice, chiaro.

    Ho bisogno di qualcuno che stia al Tempio Nero quando non ci sono. Lo so, dà i brividi e Kendra non la finisce mai di parlare, però sempre più spesso sono fuori nel mondo o alle corti dei fey e sidhe...

    Si mordicchiò leggermente il labbro inferiore, indecisa sul come chiedere di trasferirsi sù al Polo senza risultare una pazza squinternata.

    Posso offrirti un posto dove stare e un "lavoro" se vuoi chiamarlo così, in ogni caso la scelta spetta a te.

    Incrociò le braccia sotto il seno e rimase in attesa, concedendogli una pausa per riflettere nell'immediato delle sue parole. Se avesse o meno accettato avrebbe ripreso a parlare qualche minuto dopo.

    Non devi darmi per forza la risposta adesso ma non posso concederti una finestra più ampia di un paio d'ore.

    Purtroppo, sono fatta così.


    Si appoggiò al tavolo e, cercandosi le tasche, tirò fuori una sigaretta che accese lentamente con una leggerissima vibrazione di cosmo.

    Scegli, Harlan della Salamandra. In ogni caso una risposta negativa non ti precluderà l'accesso al Tempio - figurati! - anzi, è sempre ben accetto chiunque voglia visitarlo o fermarsi per qualche tempo.


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    Basic Istinct •
    Il suo rapporto con la natura è stretto, il lavoro e la caccia l'hanno resa più incline al prestare attenzione ai particolari e a sviluppare al meglio i sensi a disposizione. Non sempre la vista mostra per vero ciò che si vede e allora bisogna affidarsi all'olfatto, al tatto, all'udito e a volte persino al gusto. Riesce ad elaborare in fretta gli stimoli esterni di qualsiasi natura essi siano, non come una predizione vera e propria di ciò che sta per avvenire ma più quanto una sensazione molto forte, dando la possibilità di reagire di conseguenza.

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    Nera è la notte •
    In tutti i suoi inseguimenti, la parte migliore è stata l'attesa della sua preda al buio. Regolando il respiro, andando a crearsi una bolla di calma interiore, riesce a creare e a manipolare l'oscurità circostante, riuscendo così a prendere di sorpresa o ad attaccare i suoi bersagli. Le ombre possono assumere svariate consistenze e stati fisici e venire plasmate in più di una forma, il loro contatto reca un dolore fisico leggermente maggiore di quanti siano i danni realmente apportati, pur se rilevanti. Le sue ombre scottano, lasciando una traccia di leggera ustione in chi le subisce.

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    Telepatia•
    Come gran parte dei cavalieri di un certo livello, può di comunicare telepaticamente con le persone che la circondano.

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    Cosa significa fiducia?
    Cosa significa avere aspettative in qualcuno? Quanto tempo era passato?
    Già...il tempo. Un eternità. Qualche anno eppure lunghi come la vita di una stella. Sembrava che avesse potuto vedere le galassie nascere, espandersi e morire.
    Per un tempo così interminabile che divenne claustrofobico.
    Ecco la sensazione qual'era: come se avesse, perennemente, le mani di qualcuno a strozzarli la gola.
    Audatia stava facendo molto più che dargli un lavoro, compito o un obbiettivo.
    Poteva chiamarlo come voleva. Non importava. Perché il gesto fu importante.
    Quello e solo quello importava, davvero.
    In una vita da morto che camminava verso una bara, avere la fiducia, essere considerato uomo, non essere compatito, essere ri conosciuto come guerriero significava troppo.
    Significava riaccendere un fuoco che lentamente, ma inesorabilmente, stava morendo coperto dalla cenere della depressione.
    Si...depressione.
    Siccome la vita viveva finché vi fosse un ancora da vivere, l’attesa e la speranza diventavano le dimensioni costitutive della vita, senza le quali la depressione strisciava velenosamente sul nostro cuore.
    L’attesa con l’avvenire immediato solitamente legato a un evento, la speranza con un futuro lontano pieno di promesse, senza le tracce dell’ansia, dell’inquietudine, della perplessità, dell’insicurezza che caratterizzano l’attesa. Vi è infatti un forte nesso tra l’attesa e l’angoscia.
    L'attesa è un evento.
    Ma se quell'evento – come speranza per un futuro – non vi fosse?
    Perché proprio il futuro ormai diveniva recluso?
    Ecco che l'angoscia, la disperazione, la depressione bussavano – come bastardi che fiutavano la carcassa di un disgraziato – alle porte del nostro cuore.
    E lo spazio lasciato vuoto dal futuro, disertato sia dall’attesa sia dalla speranza, veniva occupato dal dilagare del passato che divorava tutte le attese e tutte le speranze, sottraendo al tempo la sua dimensione a venire.
    L’insignificanza dell’esistere. E allora la morte, in un assoluto silenzio, iniziava a parlare con il tono tranquillo di chi sa quanto, in certe circostanze, sia seducente il suo invito. Fine del baccano indiavolato con cui quotidianamente tentavamo di distrarre la nostra anima. Un baccano che è la parodia del grido che affonda in un tempo senza attesa.
    Mentre noi affondavamo in tre metri di terra in una bara a cui lasciavamo la speranza.
    L morte vista come la sola ragione di vita, dopo che le speranze erano state negate, le illusioni falciate e le attese erano apparse senza fine.
    La speranza, infatti, portava alla morte come ultima speranza quando questa più non riusciva a proiettarsi in un futuro, perché più non era capace di recuperare un passato.
    Nessun futuro, nessun passato solo un maledetto presente tenebroso con una bara sopra la propria testa.
    Audatia stava dandogli ben altro.
    Gli stava facendo riacquistare la sua vita
    Ri assumere il proprio passato togliendogli l’onore di dire l’ultima parola sul senso della nostra vita. Questo era lo spazio dove si giocava la speranza o il gesto suicida. Sperare, infatti, non significava solo guardare avanti con ottimismo, ma soprattutto guardare indietro per vedere come fosse possibile configurare quel passato che ci abita, per giocarlo in possibilità a venire.
    Ecco...finalmente aveva la possibilità proiettata nel futuro.
    Poteva fare.
    Non era più in una prigione senza muri, senza sbarre, senza odore.
    La prigione della sua mente e del suo cuore.
    Grazie G.E.A.
    Grazie..
    ...Audatia

    «Per troppo tempo non sono stato più né un uomo, né un guerriero.
    Ho combattuto perdendo e mi sono arreso. Ma qui..qui e ora...»


    Già qui e ora lui ritornava a vivere.
    Speranza nel futuro.
    Nutrisco et extinguo.


    «Non ho paura di questo posto. Non so perché...ma l'ho sentito mio in un certo senso.»

    «Ai morti dona bene il nero


    bastardo. Amava quel posto. Lo faceva sentire a casa. Ma d'altronde anche Harlan lo sentiva più congeniale a se stesso.
    Chissà perché...


    «Se posso darti una mano lo farò. Tu credi in me...cioè stai dando un opportunità a me. Non mi conosci eppure lo fai. Nessuno lo ha più fatto...»

    Da quel giorno bastardo.
    La risata di Astolfo fu un ronzio nella sua testa.
    Malefico e continuo ronzio.

    «Che dovrei fare? Spiegami...
    Ah...una domanda. Quando ho combattuto con quella cosa, ha chiamato padre qualcuno.
    Non capisco...non riesco davvero a capire cosa sia successo. Tu ne sai qualcosa?»







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    Nessuno lo ha più fatto da quando? Si ritrovò a pensarlo quando Harlan terminò la frase, pensiero e assorta nel cercare di decifrare la mimica facciale dell'uomo che aveva di fronte. Di solito era brava, abbastanza in gamba da capire che - ad esempio - la persona stava mentendo quando portava rapidamente lo sguardo a sinistra. Una piccolezza che aveva imparato durante gli anni, sentiva un prurito alle mani ed era sicura di trovarsi davanti alla più grande menzogna... Adesso le veniva molto più semplice per via dei suoi sensi più sviluppati, le bastava annusare un po' l'aria attorno per capire, di alcune emozioni poi le sembrava sempre di sentirne quasi il sapore in bocca.

    Ottimo! Allora seguimi che ti faccio fare un giro e ti presento agli altri. C'è sempre un tale casino da fare, abbiamo molte cose in ballo sul territorio canadese al momento...

    Era quasi riuscita a concludere la discussione quando quello le chiese di un tale padre. Si fermò un attimo per bruciare completamente la sigaretta - trasformandola in un mucchiettino di cenere oscura - prima di cercare di rispondere correttamente. Era normale che si facessero domande del genere, aveva tutto il diritto di conoscere la verità eppure a lei quella parte mancava. Non perché non avesse letto i rapporti ma semplicemente perché non era del tutto sicura sulla questione. Aprì la bocca per cercare di emettere un qualsiasi suono comparabile ad una frase ma non fece in tempo a dire niente che il tonfo sordo dei pugni sbattuti sulle porte e il loro successivo spalancamento forzato la interruppero.

    AUDATIA! ADESSO BASTA NASCONDERSI.

    ME L'HA DETTO TAHIR CHE SEI QUA.


    L'Eletta trasalì vistosamente, presa di sorpresa, girando su sè stessa, atterrò velocemente Harlan e lo trascinò - afferrandolo per il polso - verso la parte più interna degli scaffali. Gli tappò la bocca mentre si portava l'indice alle labbra, invitandolo al silenzio.

    SEI CON QUELLO, EH? C'È SEMPRE QUALCUNO DI NUOVO CHE HA LA PRIORITÀ PER TE.

    Sussurrò all'orecchio dell'eletto un mesto Mi dispiace tantissimo! Non farci caso, è sempre così melodrammatico. Poi drizzò le orecchie, sentiva il respiro di Oisin farsi sempre più corto in preda ai fumi dell'ira accompagnato dal rumore dei suoi passi sempre più frenetici. Era certa, anche senza vederlo, che avesse lasciato andare la sua magia senza curarsi di coprire il petto con l'illusione.

    TI HO PERDONATO FIN TROPPO. PRIMA QUELL'ATLANTIDEO E ORA TI FAI PURE QUESTO? ESCI FUORI!

    Si passò entrambe le mani sul volto, tirandosi la faccia mortificata. Un conto era stare a sentire una classica scenata ma tirar fuori fatti personali era troppo. E quello stupido di un sidhe avrebbe dovuto imparare a tenere chiusa la bocca, sopratutto perché glielo aveva detto più e più volte che tra loro non vi era nulla di più che una reciproca compagnia. Si alzò in piedi con l'energia che le crepitava tutta attorno, pronta al confronto. L'uomo era furioso, i capelli gli vorticavano attorno seguendo un invisibile campo di forza e il petto si apriva in un nido di tentacoli che sembrava pronto a far male.

    Come osi interrompere l'incontro tra due Eletti?

    La furia di quello si attenuò, fu palpabile, non appena la vide e lo sguardo che le rivolse - nonostante fosse arrabbiato - era quasi simile all'adorazione.

    A meno che tu non voglia un biglietto di sola andata per le Sale del Lamento, in quel caso sarò ben felice di aiutarti.

    Calcò l'ultima parte della frase con un tono morbido e carico di promesse, come se in realtà non vedesse l'ora lei stessa di tornare a divertirsi con qualcuno proprio lì. L'eletta fece scivolare il suo sguardo lungo il corpo del nattilope, lentamente e con perizia, mentre si mordeva il labbro inferiore. Forse avrebbe dovuto smettere di approfittare così platealmente dei sentimenti di quello per lei, ma non riusciva a farne a meno. Gli serviva così come gli serviva l'accesso e il comando alle corti fey e sidhe.

    Hai ragione, sono stato uno stupido a venire qui così. Io... Io... Mi dispiace tanto, per la Dèa, cosa avrei potuto fare?
    È l'ultimo avvertimento, tienilo a mente.


    Quello annuì mesto e fece per andarsene, porgendo le proprie scuse anche ad Harlan. Si voltò giusto un attimo sulla soglia, come a trasmettere un pensiero molto intenso alla donna che, sempre tenendo lo sguardo ancorato in quello di lui, annuì. Quando ritornò il silenzio, Audatia si lasciò sfuggire un sospiro stanco.

    Scusami per l'interruzione. Ogni volta si lascia prendere dal momento e non capisce mai quando è il caso di stare nel suo.

    In un gesto automatico, si passò la mano destra tra i capelli mentre sedeva sul tavolo. Sperava che Harlan si fosse lasciato distrarre abbastanza e, in ogni caso, aveva perso la voglia di nascondersi dietro un dito.

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    Riassunto Azioni ok diversivo enorme - perché non sa risponderti - con l'improvvisata di Oisin. Mezzo sidhe mezzo nattilope (c'ha tipo a metà del petto fino a poco sotto l'ombelico un groviglio di tentacoli) con cui si intrattiene ogni tanto. È uno dei capi del concilio del Piccolo Popolo e se lo bomba principalmente perché ottiene quello che vuole sulle quelle corti. Il tipo è fondamentalmente innamorato perso di lei, ma Audatia nisba. :fiore:

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    Il suo rapporto con la natura è stretto, il lavoro e la caccia l'hanno resa più incline al prestare attenzione ai particolari e a sviluppare al meglio i sensi a disposizione. Non sempre la vista mostra per vero ciò che si vede e allora bisogna affidarsi all'olfatto, al tatto, all'udito e a volte persino al gusto. Riesce ad elaborare in fretta gli stimoli esterni di qualsiasi natura essi siano, non come una predizione vera e propria di ciò che sta per avvenire ma più quanto una sensazione molto forte, dando la possibilità di reagire di conseguenza.

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    In tutti i suoi inseguimenti, la parte migliore è stata l'attesa della sua preda al buio. Regolando il respiro, andando a crearsi una bolla di calma interiore, riesce a creare e a manipolare l'oscurità circostante, riuscendo così a prendere di sorpresa o ad attaccare i suoi bersagli. Le ombre possono assumere svariate consistenze e stati fisici e venire plasmate in più di una forma, il loro contatto reca un dolore fisico leggermente maggiore di quanti siano i danni realmente apportati, pur se rilevanti. Le sue ombre scottano, lasciando una traccia di leggera ustione in chi le subisce.

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    Fu Astolfo a capire qualcosa.
    Più che a capire a intravedere un quid, tra le parole di Audatia. Nei suoi gesti, nel suo dire. Perché quello che diceva era quello che nascondeva.
    E per fortuna che vi fu la scenetta da povero cornuto e usato a cambiare le carte in tavola. A far andare la mente su altre questioni, a dimenticare.
    Anche Astolfo voleva dimenticare?
    No.
    Astolfo non voleva che Harlan si gettasse nella mischia senza che prima avesse capito ogni sfumatura del suo potere. Perché in battaglia si moriva.
    E si moriva più spesso che per tumore.
    Proteggere Harlan significava proteggere se stesso. E in questo mondo di Dei, cavalieri, Corruzione dilagante non si riusciva a discernere i confini.
    Nebbie.
    Nebbie su questa storia. Nebbie che dilagavano nel mondo e che lasciavano più domande che risposte.
    Audatia era una fiaccola.
    Poteva avere una risposta ma perché fargliela dire? Rischiando che Harlan usasse anche il suo corpo per gettarsi nel pericolo senza pensare?
    Perché questo era il carattere di Harlan: sarebbe morto per onore. E ora che aveva trovato una famiglia avrebbe dato volentieri tutto il suo sangue.
    No.
    Troppo pericoloso. E per una volta Astolfo, il tumore, quel cancro malefico che non aveva remore, né aveva fede in nessuno, stette in silenzio. Silenzio.
    Per la prima volta.
    In silenzio per proteggere. Ma non per bontà ma per sopravvivere. Perché questo era il suo corpo.
    Harlan apparteneva a lui non a G.E.A.
    O almeno la sua anima. Su quella non aveva potestà né artigli con cui dilaniarla, ma il corpo si.
    E non gli avrebbe fatto fare un passo dentro la bara col sorriso sulle labbra e il petto ampio. Felice di aver fatto il suo dovere.
    No!
    Lui era suo!
    Si fottesse G.E.A e gli Eletti.
    Non lo avrebbe lasciato andare così.
    E per fortuna questo siparietto comico, di chi non aveva troppa fiducia in quel vermicello che penzolava tra le gambe, stava facendo al caso suo.
    Nascosti e con questa telenovela di quart'ordine la domanda cadde nel dimenticatoio, soppiantata dal comico dei sidhe. In fondo lo doveva ringraziare, però. Perché Draka avrebbe tartassato la bella Audatia fino a che la verità non fosse emersa.
    Sebbene anche lui nutrisse dei dubbi sulla Corruzione.
    Ma non era tempo per Harlan di combattere contro l'ignoto. Era il vagito di un neonato che gli puzzava la bocca ancora di placenta.
    E non voleva che quella bocca soffocasse nel suo stesso sangue.
    Quindi: grazie caro imbecille. Grazie....

    Astolfo guardò Audatia. La osservò incuriosito.
    Bella femmina. Non vi era ombra di dubbio su questo, e dalla vita sessuale movimentata. Non come l'imbecille.
    Eletta come Harlan ma più scaltra, più vissuta, più donna e guerriera.



    «A chi la dà a chi la promette. A te la farà odorare? Oppure la fotografa e te la manda per posta?»


    Bastardo come sempre, tagliente e senza pietà. Ma era un modo per deviare la conversazione, il flusso dei suoi pensieri.
    In modo tale che la rabbia offuscassero il suo ragionare, che questo tarlo ronzasse occultando tutto il resto.
    Per il momento.
    Non era tempo per Harlan di essere ancora Eletto.
    Di rischiare la sua vita.
    Anche perché, e questo Astolfo se lo promise, avrebbero dovuto sudare sangue e rabbia se volevano strappargli il cuore dal petto.
    Ma ad Harlan non disse nulla, né fece capire le sue intenzioni.
    Perché?
    Perché avere rabbia era anche un modo per sopravvivere. Per combattere al massimo delle proprie capacità
    E quel mondo era una fiera oscena che non dava requie.
    Quindi ad Harlan serviva non un amico ma un bastardo.
    E la cosa poco gli dispiaceva,


    Potè sentire il fuoco di Harlan farsi ancora più caldo e sollevarsi .
    Bene. Significava che la discussione sarebbe stata rimandata.
    Al momento. Ma per allora il suo fido compagno avrebbe fatto strada e messo esperienza e cicatrici.
    Che si concentrasse su Audatia.
    Che facesse Harlan Draka.
    Per il guerriero vi era tempo. Per il guerriero che sacrificava la sua vita per un credo ancora più tempo.



    Harlan si soffermò su Audatia. Sulle sue reazioni, sul suo modo di essere.
    Incuriosito e attratto da questo mondo si sedette sul tavolo incrociando le braccia al petto.
    Si lisciò la lunga barba screziata di bianco, come la prima neve d'inverno sulle cime degli alberi.
    Un amicizia...lo pensava davvero?


    «ogni amante è geloso di altri uomini.
    Normale che lui lo sia di te. »


    Sbuffò aria dal naso. Continuò a lisciarsi la barba.

    «è difficile questa strada...non è nemmeno facile occuparsi di tutto, essere una guida, una guerriera, una voce, una donna, un amante...qualcosa ce lo perdiamo sempre.
    La corruzione dilaga, questo mondo è impazzito, dobbiamo combattere e molti di noi non torneranno più...»



    Harlan era cinico. Buono ma cinico.
    Sapeva di non poter salvare tutti, sapeva che molti sarebbero morti e che lui poteva essere tra di loro.
    Questa era la Guerra: se per giustizia, se per fede, se per qualsiasi cosa sempre tombe sarebbero ingrassate con essa.



    «Ma...adesso ci sono io anche io. Non sei sola in questa battaglia. E come me ve ne sono tanti altri che staranno per risvegliarsi chiamati da nostra Madre.
    Non sei sola Audatia



    Il sorriso che fu come una lieve carezza.
    Non era né il più forte, né il più importante ma questo non era importante. L'importante era fare qualcosa.
    Insieme.
    Mitakuye Oyasin...tutti loro erano connessi.
    E insieme avrebbero fatto il miracolo.
    Avrebbero estirpato questo cancro dal mondo.


    fdweBPl
    «Quindi ora tu dovresti andare da lui. L'ho visto abbastanza infervorato
    Di solito è perché ti spinge sulla lampo. Non è il massimo andare in giro con il cazzo che ti fa male per ore!»




    Qualcun'altro ci avrebbe provato immediatamente, era una bella donna, profumava di battaglia e di irruenta passione ma lui non era gli altri.
    E poi si faceva schifo...aveva troppe cicatrici e di alcune non ne andava particolarmente fiero.
    Aveva ancora quel corpo simile cadavere ambulante e preferiva così.
    Un amicizia dura più di una trombata...


    «Ma dà più soddisfazione!
    In ogni caso hai deciso così e non tornerai indietro nemmeno se si mettesse nuda implorandoti.
    Quando si dice essere orgogliosi e tutto d'un pezzo...in ogni caso vi sarà qualche bella donna tra i sidhe...ne ho viste alcune che ti guardavano interessate



    Guardò Audatia, lasciando stare le parole di Astolfo. Che come al solito erano solo un ronzio fastidioso e continuo.
    La mano di Harlna si avvicinò a quella di Audatia.
    Se avesse voluto gliela avrebbe stretta di nuovo. Ma questa volta in maniera diversa.
    Questa volta era una mano di un eletto che aveva capito il suo posto.
    Quel fuoco ardeva.


    «Insieme. Vuoi combattere con me Audatia?»






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    Non ha nessun diritto di essere geloso, è semplicemente un passatempo e lo sa benissimo.

    Lo disse mentre si massaggiava la radice del naso, improvvisamente stanca come se fosse un discorso che aveva fatto troppe volte. Quando nessuno osava toccarla e il senso di mancanza minacciava di soffocarla, Oisin era stato uno - l'unico - a farsi avanti in quel senso. Dopo, le ninfe e le driadi avevano preso coraggio ed era cambiata ogni cosa. Era chiaro per chiunque la conoscesse almeno un po' capire quanto quegli incontri non fossero altro che svago, nulla di serio ma era sempre stata chiara a tal proposito. Dopo la morte di Siri, gli unici approcci erano esclusivamente finalizzati a ciò.

    Lo vide mettersi accanto a lei, incrociando le braccia pensoso. Il suo dire sul non lasciarla sola, la fece sorridere genuinamente così come lui stava facendo quando voltò il capo a fissarlo. Aveva scelto bene, si era fidata del suo istinto e ci aveva visto giusto. Poggiò la testa sulla sua spalla, in un gesto automatico, senza pensarci troppo. Era solo stanca - quasi improvvisamente - di dover fronteggiare tutto quell'ammasso di roba, il trovare riscontro positivo in una proposta che le avrebbe alleggerito gran parte del lavoro la fece respirare.

    Può farselo anche diventare blu per quello che mi riguarda, ma ha mancato di rispetto a due Eletti e da un essere antico quasi un millennio mi aspetto una decenza diversa.

    Ti rendi conto che stiamo a contatto con esseri che fino a qualche tempo, pensavamo fossero favole e folklore? All'inizio faticavo ad abituarmi ma Jerome - il fu Chernobog, il mio maestro - parlava con gli spiriti e ho cominciato ad accettare tutto quello che accadeva senza farmi troppe domande.


    Ridacchiò leggermente prima di prendere la mano dell'uomo, un gesto di amicizia e affetto. Il sangue si era seccato e adesso somigliava più a uno strato di ruggine secco, avrebbe dovuto lavarsi per bene sotto le unghie per togliere ogni traccia. Passò la mano libera sopra il dorso della mano di lui, saggiandone il potere lentamente tramite movimenti pigri e circolari.

    Adesso sei più caldo.

    Insieme. Vuoi combattere con me Audatia?

    Alzò lo sguardo, inclinando leggermente il capo, per guardarlo negli occhi. Sembrava molto serio, coscienzioso. Decise di usare lo stesso metodo nel caso in cui sarebbero giunti a lei altri Eletti. A volte le parole non bastavano mentre era assai più utile far vedere direttamente, dando così la possibilità di comprendere il senso della loro stessa esistenza attraverso i loro occhi.

    Questo vuol dire tanto, Harlan. Ma è un sì ovviamente, siamo tutti connessi.


    jTpFXa8
    narrato • parlatopensatoparlato altri

    Status Fisico taglio alla mano sx - autoinflitto
    Status Mentale stanca, rilassata
    Stato Darian non indossata, integra

    Riassunto Azioni ehi bff :fiore:

    Abilità
    CITAZIONE
    Basic Istinct •
    Il suo rapporto con la natura è stretto, il lavoro e la caccia l'hanno resa più incline al prestare attenzione ai particolari e a sviluppare al meglio i sensi a disposizione. Non sempre la vista mostra per vero ciò che si vede e allora bisogna affidarsi all'olfatto, al tatto, all'udito e a volte persino al gusto. Riesce ad elaborare in fretta gli stimoli esterni di qualsiasi natura essi siano, non come una predizione vera e propria di ciò che sta per avvenire ma più quanto una sensazione molto forte, dando la possibilità di reagire di conseguenza.

    CITAZIONE
    Nera è la notte •
    In tutti i suoi inseguimenti, la parte migliore è stata l'attesa della sua preda al buio. Regolando il respiro, andando a crearsi una bolla di calma interiore, riesce a creare e a manipolare l'oscurità circostante, riuscendo così a prendere di sorpresa o ad attaccare i suoi bersagli. Le ombre possono assumere svariate consistenze e stati fisici e venire plasmate in più di una forma, il loro contatto reca un dolore fisico leggermente maggiore di quanti siano i danni realmente apportati, pur se rilevanti. Le sue ombre scottano, lasciando una traccia di leggera ustione in chi le subisce.

    CITAZIONE
    Telepatia•
    Come gran parte dei cavalieri di un certo livello, può di comunicare telepaticamente con le persone che la circondano.

    Tecniche ///

     
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