[TRAMA] The Rite of Spring

Eletti di GEA - Stabilizzarsi

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    The Rite of Spring[Trama] - eletti di Gea: Stabilizzarsi


    La guerra con la Corruzione continua, ma le caste stanno iniziando a guadagnare terreno e ad abituarsi.
    E' tempo di consolidare le conquiste fatte o di agire per ottenere altre.

    Da Agartha percepite strane interferenze da parte della Corruzione. Dopo il risveglio di Pan è chiaro che Corruzione e Caduti operino senza interferire gli uni con gli altri, forse persino per avvantaggiarsi.
    Le vittorie delle varie caste sembrano aver rallentato l'avanzata delle forze di Ponto, ma sembra quasi stiano preparando un qualche assalto.

    Non avete altri indizi se non questi sospetti. Quindi avete due modi per agire: o fortificare templi secondari in giro per il mondo o aiutare un'altra Casta a fortificarsi.





    jLIQSnj

    ♦ Ricordo che vi potete autogestire completamente, lasciando il condizionale sull'effetto della vostra missione.
    ♦ Mentre procedete con le ruolate potete chiedere informazioni qui, integrandole poi nei successivi post.
    ♦ La lunghezza la decidete voi, se qualcuno dei partecipanti è incasinato con altro ma vuol comunque contribuire può anche fare un solo post per svolgere uno specifico incarico. Il tutto è autogestito in termini di tempo etc... Ovviamente non andiamo troppo lunghi, quindi darei la fine di febbraio come termine massimo per finire i post
    ♦ Potete se volete partecipare con tutti i vostri pg, considerando che il premio non è cumulativo ma si distribuisce sui personaggi singoli

    Buon divertimento :yeye:

    ♦ Questo primo post è riepilogativo della traccia, delle scadenze e del tutto in generale. Man mano andiamo postando ma così ci teniamo le cosine sistemate :x):



    Edited by D o r c a s - 2/1/2019, 20:37
     
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    You're rigging the game. You're part of the system. It shows in the way.



    Aveva afferrato per la gola un corrotto che le si era lanciato contro e aveva stretto, facendogli strabuzzare gli occhi per la mancanza d'aria riusciva a contare i piccoli e sottili capillari esplosi che stavano cominciando ad affacciarsi sulla sclera. Sentiva la carne cedere sotto le sue dita, il sangue bagnargliele di un nero torbido e vide quella parvenza di vita abbandonare gli occhi della creatura quando gli strappò con un gesto annoiato la trachea. E lei rise. La Vendetta era giunta su quelle terre abbandonate.

    Il boato di un tuono sconquassò l'aria e la riportò con la mente alla realtà. Tutto intorno al campo di battaglia si sentivano urla e grida di dolore. Imprecazioni e bestemmie pronunciate dalle bocche viscide di quelle creature che ancora potevano parlare mentre grugniti e sibili via via più acuti si facevano largo tra i resti di quella città abbandonata. Chernobog alzò lo sguardo su ciò che aveva davanti e ne fu fiero: due Eletti della Madre combattevano fianco a fianco con il piccolo gruppo militaresco di fey e sidhe. A capo di quest'ultimi vi era Oisin, uno dei reali mezzosangue che faceva parte della Corte del Piccolo Popolo e che in attesa del risveglio di Oberon, ne era stato messo ai vertici.

    Inclinò leggermente il capo per inquadrare meglio quella figura alta e slanciata - perfetta sopratutto per via della sua vera forma di nattilope tentacolare - che combatteva con cosmo e con delle spade che ricordava di aver visto forgiare. Non Audatia personalmente, è chiaro, ma Il Dio Nero sì, lui lo ricordava perfettamente e di rimando la sua conoscenza entrava nel circolo delle memorie della donna.

    Uccideteli tutti e gioite della loro morte perché la sofferenza della Madre sarà più leggera ad ogni abominio in meno che solcherà questa terra.

    Si era rivolta alla mente dei due Eletti che la accompagnavano, con un piglio di comando mentre continuava a ripulire la strada che stavano battendo. Era orgogliosa di loro come una madre il cui figlio comincia per la prima volta a camminare sulle proprie gambe senza l'aiuto di nessuno. Quei due incarnavano alcuni tra gli aspetti e gli abitanti più affascinanti della Natura; se Charlie, che si fregiava dell'abilità di piegare i fulmini e il vento al suo volere, era la Portatrice di Tempesta, dall'altra parte Harlan era il portatore della Fiamma della Salamandra. Non ricordava il preciso titolo di entrambi ma contava di chiederlo non appena la situazione si fosse calmata.




    28HHxfs That you never listen when I speak. I'm not gonna wait. I've made my decision.




    Agartha, una settimana prima.

    Il rumore costante e metallico dei passi di Chernobog fa trasparire un certo senso di stupore e meraviglia nel rivedere Agartha per quella che è: florida, brulicante di vita e la forza dei suoi abitanti la rende il fulcro battente della terra. Dal suo risveglio sono passati giorni e gli unici ad esserne a conoscenza erano, fino a quel momento, gli spiriti del Tempio Nero.

    Un paio di passi in avanti, stop - si tocca il polso cercando di aggiustarsi i polsini della camicia che indossa, due passi a sinistra, stop - una mano tra i capelli a ravvivarseli, un passo indietro, stop - un sospiro. E da capo così fino a coprire l'intera sala.

    L'arrivo di PAN e Dreedea, rendono Audatia leggermente nervosa - non essendo abituata a tutti quegli occhi addosso - ma dopo i primi momenti di freddo imbarazzo date dalle conseguenti presentazioni al primo Araldo e a Cucuvea, il carattere del Nero prende giusto un attimo il sopravvento per ragguagliare i due sulle novità che hanno portato al suo risveglio.

    E così dopo infiniti colloqui tra i due Araldi, l'obiettivo viene deciso e gli Eletti - messi a parte del piano d'azione - che parteciperanno alla missione, vengono richiamati ad Agartha. Tra questi Akielah la Custode di Uluru, come accordi, sarebbe rimasta alla base con Dreedea dando il suo aiuto come supporto e coordinamento. Ognuno di loro dovrà portare il nome di GEA in alto, approfittando del fatto che le due forze nemiche sembrano aver rallentato la loro avanzata. È sospetto ma è necessario sfruttare l'occasione.

    Inizieremo dall'est Europa.

    Lo disse Chernobog, indicando col dito una parte del planisfero che stava tra lei e PAN.

    Piazzatevi in senso opposto al nostro e ci incontreremo in città. Come ti sembra come idea?



    And I'm not gonna sit in the dark anymore. No I'm not gonna sit in the dark anymore




    È ormai notte inoltrata quando arrivano alle porte della città, lo sguardo serio e concentrato dell'Araldo non fa trapelare nulla se non una fiera determinazione. I due Eletti le sono accanto, attendendo il momento in cui aprirà bocca. I rumori di fondo si fanno concitati, urla e spari si fanno sempre più ravvicinati l'uno dagli altri. È in corso una battaglia, si volta verso i due fissandoli lentamente per una manciata di minuti.

    Cercate di non uccidere gli uomini presenti ma solo i corrotti, difendete il fianco destro e quando sarà sicuro, lasciate ai fey la vigilanza. Poi mi raggiungerete all'ingresso.

    Siate l'orgoglio della vostra casta.


    Ed è un attimo prima che i tre spariscano in groviglio di oscurità più densa per riapparire, con un sospiro da parte della donna, alle porte della città-rifugio. I soldati gridano imprecazioni ma non fanno troppo caso alla loro presenza, troppo impegnati a cercare di abbattere un corrotto di grosse dimensioni (sui quattro metri, largo tanto quanto e con una schiena piena di occhi e bocche che guardano il niente) e di discreto potere. La notte viene squarciata dal grido della bestia e illuminata dalle scintille che producono i loro fucili e le loro pistole, quella cosa ha giusto il tempo di afferrare un paio di soldati - che lode al loro coraggio, non hanno ancora smesso di sparargli direttamente alla bocca - e staccare loro le teste come se fossero bambole rotte prima che Chernobog possa intervenire.

    Una nube di oscurità fittissima si appropria del campo di battaglia, il rumore dei cancelli spirituali - aperti da Zorya Utrennyaya - avvisa dell'entrata in scena dell'Armata delle Tenebre. Essa muovendosi come un unico essere, attacca il mostro alle gambe e al petto, straziandolo e indebolendolo. Le urla belluline degli spiriti di Gea hanno il potere di sorprendere il nemico e basire gli uomini, gli spari degli altri soldati si interrompono di colpo e si può sentire una preghiera levarsi, da qualche parte lì tra le alte mura.

    Il Nero modella lo spirito sotto forma di grosso martello a due mani, ricoprendolo di bruciante oscurità si prepara a colpire, scattando nella direzione del grosso avversario e con un gesto preciso e fermo - un unico colpo portato dal basso verso l'alto - lo colpisce alla mandibola, dando il via ad una delle sue perfide illusioni: il mostro crede di deperire a gran velocità, sente i suoi innumerevoli occhi e bocche seccare ed esplodere di pus. L'urlo è terribile ma la risata del Buio sovrasta quasi il crepitio delle fiamme in lontananza e dei fulmini che colpiscono ed inceneriscono i vari corrotti sparsi attorno.

    Quando il corrotto si accascia al suolo privo di vita, gli spettri dell'Armata Nera si ritirano scomparendo nella loro dimensione con il tonfo sordo del cancello richiuso dalla stessa sorella. Il silenzio diventa irreale, pesante, si riesce a sentire il respiro affaticato di ogni persona sul campo e lo spettro del terrore è ancora vivo negli occhi dei superstiti.

    Eh dai. Diciamo che è andata bene così, no? Meno male che siamo arrivati in tempo.

    Nella voce calda e bassa di Audatia si può sentire una sfumatura divertita, si pulisce le mani battendole tra di loro mentre gli uomini riprendono controllo di se stessi e le puntano i fucili contro. Sorride tranquilla incrociando le braccia sotto il seno, la darian risplende di un verde malato e sembra quasi respirare mentre aspetta che i due Eletti la raggiungano al suo fianco.

    CHI DIAVOLO SIETE?

    Giungono in lontananza, da est, gli stessi rumori concitati che indicano lo svolgimento di un battaglia simile a quella appena conclusa. Inclina leggermente il capo verso di due che adesso le sono vicino, li lascia presentare e annuisce prima di fare un passo in direzione di quello che le sembra il capo in quella situazione. Le armi che stringono tra le mani - e che adesso le sono puntate nuovamente contro - sono curiose, non hanno foggia umana, le sembra di scorgere un tremito nelle dita di quell'uomo.

    Io sono Chernobog, il Dio Nero, l'Araldo della Fine, La Vendetta della Madre, Il Dolore Necessario.

    Allunga le mani coperte dal guanto della sua armatura, affilate e letali, a stringere la canna di quel fucile spostandolo di lato con fare amabile e sornione.

    Portateci da Oceano e dai vostri signori. La Fine e La Furia sono qui per affari.




    Status Fisico: Top
    Status mentale: Concentrata, divertita.
    Status darian: Indossata, integra.
    Riassunto azioni: Eccoci, entriamo in scena direttamente con una battaglia alle porte di Kiev. Il flashback serve a collegarci tra di noi con le presenze e le decisioni e poi bam bam, abbiamo deciso di aiutare qualcuno :mke:

     
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    Cosa significa essere un eletto di Gea?
    Un tempo combatteva per essere un uomo, ora indossava un armatura e stava marciando con...Chernobog e Charlie.
    Combattere.
    Combattere la Corruzione. Essere un arma. Sentire il fuoco divampare e vederli sputare le viscere al suo tocco venefico.
    Non era abituato a tutto questo. Lui si sentiva ancora una persona qualunque. Non un qualcosa che proteggeva l'Equilibrio. Per lui erano solo miti.
    Ma non stava camminando con due di loro? Non era lui stesso una leggenda? La salamandra...ora gli era chiara quella visione, quelle parole, era chiaro quel giorno e il sangue versato.
    Harlan era rinato. Forgiato in un nuovo essere, in un nuovo sembiante con una missione chiara e uno scopo preciso.
    Lui era destinato ad essere ciò. Gea aveva risvegliato il fuoco perché vi era bisogno di questo fuoco.
    Perché questo cancro andava estirpato.
    Buffo...un malato di tumore terminale, dopo anni a lottare contro un bastardo che non la smetteva di tormentarlo, veniva catapultato in una guerra millenaria contro un altro tipo di tumore.
    Lui che del cancro fu vittima ora diveniva carnefice.


    Per molto tempo aveva vomitato, il suo corpo distrutto a più riprese, il veleno per guarire, le notti insonni per il dolore ed ora eccolo lì.
    In mezzo a quella battaglia. Con il sangue dei nemici ad accendergli la darian di toni scarlatti-arancio.
    Era... inebriante. Non riusciva a spiegarselo.
    Non riusciva a capirlo. Ma combattere gli accendeva il sangue. Era come se avesse del fuoco liquido al posto del sangue. Era come se la battaglia fosse il suo posto.
    Come se quelle fiamme divampassero solo quando il sangue, le armi, le urla erano al loro culmine.
    Il fuoco da sempre è stato e, ragionevolmente, rimarrà sempre, il più terribile degli elementi.
    E come tale anche Harlan fu terribile nella sua violenza. Nella sua indole guerriera.
    Nel suo fuoco.
    Nel suo veleno.
    Strinse un corrotto per la gola. Il fuoco divampò. Puzza di carne bruciata.
    La mano a penetrargli il petto. Il veleno a liquefare il corpo.
    I suoi occhi rubini nella notte.
    Era come una piccola stella splendente in quell'oscurità che avvolgeva tutto e tutti, togliendo il fiato, annichilendo la vita.
    La Fine era con loro.
    Chernobog al loro fianco. Ma per Harlan era un compagno. Non era la Fine. Era la necessità che tutto avesse un inizio e una fine.
    La natura era anche questa. Brutale. Spaventosa. Ma necessaria.
    La Morte era necessaria all'Equilibrio.
    E si lanciò in mezzo ad un gruppo di corrotti. Si accese di fiamma arancio e il pugno fece eruttare dal suolo colonne di fiamme che balzarono sui corrotti come artigli.
    Facile?
    No.
    Alcuni di loro sfuggirono alle fiamme balzandogli, come lupi famelici, alla gola.
    Le loro zanne, i loro artigli, la loro schifosa presenza fu tutta intorno a lui.
    Sentiva il lento raschiare, il puzzo del fiato e quel veleno che voleva inquinare il mondo per poi farlo sprofondare in oscuri gorghi.
    Poteva permetterlo?
    E in quell'oscurità che pulsò un energia.
    Rossastra dai toni verdognoli.
    Screziata di verde oscuro la darian brillò e il fuoco divampò. Il veleno corrodeva.
    Un fumo nero si sollevò.
    Un fumo nero, denso. Come se fosse vivo. Come se fosse un muro.
    Una lama color arancio rossastro in quel buio si accese.
    Un grido.
    Un tempesta di fuoco.
    Veleno e fuoco.
    Harlan danzò tra di loro. Cosa importavano le ferite?
    Cosa importava il sangue?
    Danzare nella guerra.
    Vivere nel fuoco della battaglia.


    «Voi...siete un cancro...»

    Nell'oscurità semplici parole.
    E il fuoco divampò. Il veleno corrodeva.


    «NOI LA CURA»


    Qualche settimana prima. Agartha




    «Chi l'avrebbe mai detto, eh? Il professore di Storia delle Tradizioni Popolari, Harlan Draka, il malato terminale, il sopravvissuto alla catastrofe un eletto di Gea.
    Mi sembra figo, vero?!»



    Astolfo parlava. Il suo maledetto cancro gli parlava eppure non lo stava ascoltando.
    Eppure un fondo di verità c'era. Quello che aveva sempre studiato, quello che aveva sempre scritto, spiegato ora si stava mostrando davanti a lui. In tutto il suo antico splendore, in tutta la sua magnificenza, ma anche con tutti i dubbi, le preoccupazioni, lo scetticismo che questo portava – come un mare in tempesta – nel suo cuore.
    Essere un eletto di Gea...Gea...la madre Terra.
    Il Titano del folklore, della mitologia Greca, e invece... non era questo. Una divinità antica. troppo antica che non riusciva nemmeno a spiegarselo o a quantificarlo e lui era... un suo figlio. Non era quello che aveva studiato nei miti.
    Ma mito non era... era reale.
    Reale...cosa significava reale? Quello che aveva studiato? Quello che toccava? Quello che vedeva?
    Gli Dei erano solo significati che gli uomini antichi si erano dati per spiegare la realtà. Cioè quello che avevano di fronte agli occhi.
    Una mente primitiva. Molto non si sapeva, molto altro era oscuro e pauroso...il fuoco era l'unico momento in cui – davanti alle sue braci, al suo calore, gli uomini cercavano di illuminare quelle tenebre primitive e vivere tra la natura.
    Spiegando la vita. Dando un senso alla propria.


    «E invece avevano visto più di tutti voi.
    Sapevano eppure il tempo ha nascosto e cambiato le verità. Quello che prima era realtà è divenuto leggenda. Leggenda, mito e il mito una favola.
    Folklore, vero professore? Eh eh eh eh?!»



    «Si...»


    Il braccio era guarito. O almeno così sembrava. Le cicatrici erano rimaste. Ma questa volta erano d'onore.
    Non erano state fatte da un ferro chirurgico ma proteggendo, combattendo per affermare se stesso ma sopratutto per difendere la sua vita.
    E ora quella vita si era elevata a qualcosa di superiore. Gli era difficile da credere.
    Un signor nessuno divenuto il significato e il significante di alcuni dei poteri più terribili della natura.
    Un ricettacolo, un totem dell'essenza più primigenia e più vera della salamandra.
    Quella leggendaria ma che a ben vedere di leggendario non aveva nulla.
    La realtà era così diversa.
    Il Velo di Maya sollevato del tutto e quello che trovò al di là di esso ancora lo lasciva basito.
    E lui stava ad Agartha.
    Agartha...Shambhala. Pensare ai miti, al Folklore, ai volumi che aveva studiato, a tutto quello che sapeva, o che credeva di sapere, ed ora doveva essere buttato.
    Se solo l'Università fosse ancora in piedi...


    «Saresti ricco! Invece nessuno lo saprà mai. Il solito sfortunato.»

    Poco male. Vi erano cose più importanti del denaro.
    Anche far parte di quelle leggende era importante.
    Un mito...lui che fino a poco tempo doveva morire ora era lì. Tra quelle sale, tra quelle colonne, in mezzo ai Sidhe.
    Aveva dato un posto sicuro ai suoi amici. Stavano guarendo.
    Se il suo sangue, se versandolo poteva fare questo allora lo avrebbe versato tutto.


    Il libro. Le sue pagine antiche.
    La biblioteca. Il silenzio. I suoi occhi avidi.
    Studiare.
    Amava quel luogo. Gli ricordava anni passati. Di un passato che prima o poi sarebbe ritornato.
    Ma vi era qualcos'altro.
    La candela spandeva una luce lieve eppure vi era un buio che sembrava vivo.
    Sentì un brivido nella schiena.
    Gli occhi danzarono in quel buio.
    Un buio che prendeva forma. La candela danzò come mossa da un vento freddo, gli occhi di Harlan due fessure da dove sembravano accendersi inquietanti tonalità scarlatte.
    Due fornaci.
    Eppure sentì che non vi era pericolo. Lo capì prima con l'istinto, poi con il suo essere. Come se le loro energie fossero legate da tempi immemorabili.

    E il buio partorì qualcosa.
    I capelli bianchi...da sembrare di aver catturato la luce lunare.
    La pelle perlacea. Gli occhi...due pozzi profondi di un nero assoluto.
    Chiuse il libro. Il rumore fu sordo e rimbalzò di parete in parete come un sasso lanciato di piatto sull'acqua.
    Gli occhiali posati di fianco ad esso.


    «Pan mi ha parlato di te...»


    La voce come l'abisso.


    Oggi. Kiev





    Il clangore delle armi.
    Una foresta d'acciaio. Irta come un bosco di rovi. Economia di movimenti.
    La durezza della guerra. Non vi era epicità. Solo acciaio che si alzava, veniva scheggiato, calava a tagliare, squarciare.
    Latore di morte.
    In esso la voce di Gea.
    Perché questo era il loro compito. A questo erano chiamati.
    Custodi.
    E come tali combattevano.
    Terribili nel loro incedere. Avanzavano in mezzo alla Corruzione e le loro armi fulgide brillavano in quella notte carica di tempesta e di vendetta.
    Gea si muoveva a riprendersi quello che era suo.
    Il suo mondo.
    Le sue terre.
    Quei bastardi calpestarono il ventre della madre. Troppo a lungo lo fecero. Era il tempo di acciaio e sangue.
    Il tempo di schiacciarli , di estirparli come il veleno da una ferita infetta.
    Harlan a questo era chiamato. Per questo combatteva.
    Il suo sangue a questo serviva. Perché vi erano cause talmente alte che non bastava mai.
    E la gloria solo un sudario. Solo un realtà dorata. Che a grattarla si scopriva la ruggine.
    A lui non interessava gloria e onori. Era un soldato.
    Un soldato combatteva. E se poteva risparmiare ad altri il sangue ben volentieri il suo avrebbe versato.
    Perché sapeva cosa significasse soffrire e seppellire amici e amori.
    Il mondo doveva respirare.
    Un respiro di vita.
    Finalmente...libero.
    L'esercito di Gea continuava la sua lotta. Penetrare in profondità, come un pugnale, fino a giungere al cuore.
    Kiev era vicina. Era il momento di riprendersi quello che da sempre era loro.


    Harlan saettava tra le maglie della corruzione.
    Combatteva e non importava né delle ferite, né del sangue. Continuava ad avanzare indomabile.
    I suoi occhi però non abbandonavano mai i suoi compagni.
    Nemmeno quel piccolo esercito. Perché era suo dovere proteggere.
    E un muro di fiamme si alzò a proteggere un gruppo di sidhe e fey.
    Erano stati circondati da un gruppo nutrito di corrotti. Avrebbero dato la vita a Gea, onorandola portando con loro, nella fredda Fine, quanti più corrotti possibile.
    Ma la salamandra da sempre nasceva e viveva nel fuoco.
    Da sempre si nutriva e proteggeva.
    Il fuoco sa essere amorevole.
    Sa lenire il dolore, sa consolare, fa stringere gli uomini, da vita e sa custodire la vita ma sa essere brutale.
    Selvaggio. Indomabile.
    La Salamandra era questo.
    Nutrire il fuoco buono ed estinguere quello cattivo.
    Ecco perché viveva nelle fiamme. Ecco perché ne era la padrona.
    Per essere una guida quando nella vita le avversità erano insormontabili.
    E quel muro fu come l'abbraccio di una madre. Proteggeva.
    Il suo tocco fu tiepido, dava sicurezza per poi esplodere in un ruggito contro chi aveva osato alzare le loro sudicie mani su di loro.
    La salamandra era questo.
    Perché l'uomo giusto non doveva temere il fuoco.
    Solo l'empio.
    Il pugno fu di fuoco...



    Kiev
    Urla e spari.
    Chernobog restò muto. Un granitico silenzio.
    Fu peggiore che ascoltare gli spari di quei poveri disgraziati.
    Attendere ordini. Come ogni soldato.
    Come in ogni guerra. Come ogni volta che la vita veniva sacrificata all'altare di una fede o di un ideale.
    E Chernobog parlò.
    Chiaro e limpido. Nonostante la Fine fosse un gorgo primordiale dove vi era solo Oscurità.
    Solo un cenno d'assenso con la testa.
    E buio fu.


    Chernobog si batteva ma non vi era bisogno d'aiuto.
    Osservò quella battaglia stupito per la forza ma anche perché mai aveva visto qualcosa del genere.
    La Fine. Terribile.
    E quando si aprirono i neri cancelli, l'oscura masnada cavalcò travolgendo il corrotto.
    Fu uno spettacolo affascinante ma che fece tremare la schiena di Harlan. E Harlan non tremò nemmeno di fronte alla morte che doveva arrivare a prenderlo sul letto d'ospedale.
    Il buio. La tempesta. La fiamma e il veleno.
    Neri spiriti che si aggiravano intorno come in caccia.
    Sembravano cani da caccia che puntavano la preda.
    Hellequin. Gli ricordava il mito di Hellequin
    Il professore tornava anche in quel frangente.
    Vedere quella masnada oscura fare a pezzi il corrotto, sentire le sue urla mentre si dimenava sentendo la vita malsana scivolargli via, come se la sua vita fosse negata da questa realtà; il crepitare del fuoco, la distruzione del fulmine.
    La natura si gettava sui corrotti. Gea nelle fiamme.
    Il suo verbo nella tempesta.
    La risata che sovrastava tutto fu quella di Gea che finalmente tornava a reclamare il suo.
    Il Buio suo araldo. La Fine decretata per questo cancro.
    Quei tre i primi di tanti. La Terra aveva dato battaglia.
    E quando cadde quel colosso di corruzione le parole di Chernobog furono lapidarie.


    «Vi faremo una proposta che non potrete rifiutare, ha mancato di dire. Più che Chernobog sembra il padrino...»

    Il suo tumore parlava nella testa. Amava rompergli le scatole nei momenti meno opportuni. Era un ronzio continuo.
    Bastardo.
    Harlan rimase fermo ad osservare.
    Mancavano gli altri due, e in lontananza i rumori erano sempre più vicini. Pan e Moko non erano da prendere sottogamba e quei lampi rossastri preannunciavano che stavano arrivando schiacciando crani.
    Appena sarebbero arrivati questo meeting poteva iniziare.


    «E preparati il pannolino.»

    Bastardo due volte.




    CITAZIONE
    ENERGIA: ROSSA
    STATUS DARIAN( LV IV): Intatta
    STATUS FISICO:
    TECNICHE UTILIZZATE: //
    ABILITà UTILIZZATE: //
    NOTE:

    FASE DIFESA:

    FASE D'ATTACCO:


    Edited by Lyga - 22/1/2019, 22:06
     
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    Charlie ~ Darian della Tempesta [IV] ~ Energia Verde



    Parlato Parlato altrui -pensato-

    Ovunque volgeva lo sguardo vedeva corruzione.
    Non importa quanti ne uccideva, molti altri prendevano il loro posto.

    Sparsi per il terreno di battaglia non c'erano altro che cadaveri, l'era difficile dire chi apparteneva a chi ormai; Gocce di sangue scuro cadevano dalla sua mano sinistra piantandosi ai suoi piedi, L'acciaio del suo braccio era ormai completamente rivestito dalla sostanza vischiosa illuminandosi al passaggio delle piccole saette azzurre.

    Charlie aveva sempre ritenuto che il mondo fosse sull'orlo del declino, spinto all'autodistruzione dalla bramosia e dall'avarizia di chi un tempo aveva il compito di proteggerlo e curarlo, ma invece non aveva fatto altro che violarlo. Tuttavia lui imperterrito si è sempre rialzato ed ha lottato per la sopravvivenza, nonostante il degrado; Come in questo preciso istante.
    Per Charlie il mondo era come un castello di carte ed in questo momento la corruzione era il vento, quindi spettava a loro ripararlo per quanto sembrasse un'impresa impossibile.

    Il caos della battaglia Charlie imperversava ovunque intorno a lei, ma questo non le impedì di mantenere un occhio vigile verso i suoi compagni anch'egli impegnati nello scontro; Non aveva mai provato cosi tante emozioni in vita sua.
    Il solo sapere che Chernobog lottava al loro fianco le faceva temere per i loro nemici, mentre guardare Salamandra incenerire chiunque osasse mettersi contro di lui la faceva sentire euforica.
    Si sentiva potente.

    Emettendo una piccola risata Charlie si lasciò rivestire le mani dai fulmini, per poi sfrecciare contro un gruppo di corrotti che le veniva incontro .

    Non importa quanti ne verranno, ancor di più ne moriranno!



    Una settimana prima, Agarta


    Charlie si era svegliata di soprassalto, piccole gocce di sudore le imperlavano la fronte vendo illuminati dai raggi del sole che penetravano dalla finestra.
    Scalciando il lenzuolo di lato si mise a sedere, emettendo un sospiro mentre si copriva il viso con una mano; Non era sicura dei cosa fosse stato a svegliarla, tuttavia non era una sensazione che vole riprovare volentieri.

    -perché brutto presentimento?-

    Alzandosi con fare frustrato Charlie si diresse verso il bagno ed una volta al suo interno corse subito a lavarsi il volto. Rimase appoggiata al lavello per alcuni minuti, mentre lasciava che la sensazione fredda dell'acqua al contatto con propria pelle la calmasse.
    Tuttavia la quiete durò ben poco, d'improvviso una voce le invase la mente.

    Vieni, la tua presenza è richiesta!



    Ed ora eccola lì, a notte fonda in compagnia di un altro Eletto e di un Araldo alle porte di Kiev; dove urla, spari e morte la facevano da padrona.

    Afferrando un corrotto per il collo Charlie rilasciò i suoi fulmini su di lui, il corpo di quest'ultimo venne invaso da scariche azzurro-bianco ed iniziò a dimenarsi in preda alle convulsioni per poi accasciarsi inerte, mentre del fumo usciva da ogni dove.
    Charlie sapeva che era sbagliato, tuttavia nonostante fosse circondata dalla morte non riusciva a togliersi quel sorriso dalle labbra. Anzi aveva il timore che a breve avrebbe avuto una paralisi facciale, ma non riusciva a farne a meno; più erano grandi i corrotti e più si esaltava all'idea di poterli eliminare.

    Tuttavia non perse di vista il suo obbiettivo principale, l'era stato ordinato di difendere il fianco destro ed i soldati.
    Vedendo un gruppo di fey che veniva messo alle strette da un branco di corrotti, Charlie richiamò a sé il potere della tempesta e mentre il suo corpo veniva pervaso dai piccole saette bianche, dei fulmini caddero dal cielo, colpendo i vari gruppi di corrotti.
    Una volta assicuratasi che i soldati fossero salvi, rivolse la sua attenzione a Salamandra nel caso avesse bisogno di soccorso e notando che anch'egli aveva fatto piazza pulita decise di dirigersi verso l'ingresso della città.

    Giungendo a destinazione ebbe giusto il tempo di vedere Chernobog sferrare un attacco verso un corrotto. Non sapeva bene a cosa stava assistendo, ma di una cosa era certa; Non voleva essere nei panni di quella bestia.
    Le agghiaccianti grida di dolore che provenivano da quell'essere s'innalzarono per tutto il campo, facendo accapponare la pelle persino al più duro degli uomini. Ma nonostante ciò la vista di quella creatura che veniva avvolta dall'oscurità per poi crollare priva di vita le causò un brivido d'eccitazione e non riusci a trattenersi dallo sfoggiare un sorriso a trentadue denti.

    Dinanzi a loro i soldati guardavano la scena allibiti, per poi dimenticarsi in fretta della scena a cui avevano da poco assistito e puntarono le armi contro la loro salvatrice, con tanto di urla.

    -Non so se sono coraggiosi o semplicemente stupidi, tuttavia è ammirevole.-

    Io sono Chernobog, il Dio Nero, l'Araldo della Fine, La Vendetta della Madre, Il Dolore Necessario.
    Portateci da Oceano e dai vostri signori. La Fine e La Furia sono qui per affari.


    Nel'istante in cui Chernobog parlò calò uno strano silenzio, nessuno osava fiatare, aspettando trepidanti ciò che lì attendeva; mentre i suoni di un'altra battaglia iniziarono a farsi sempre più forti.

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    Status Fisico
    Status Mentale
    Status Cloth ⚡ ///
    Riassunto Azioni

    Abilità
    Storm Generator
    Grazie al potere della tempesta Charlie è in grado di generare e controllare i fulmini ed i venti, da cui esse sono formate, creando cosi potenti tempeste e potenti combinazioni.

    Tecniche ⚡ ///

    GF2SplW

    Note ⚡ ///

     
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    - The rite of spring-

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    Da quello che mi ricordo, Flareon è l'unico Pokemon totalmente voluto che non può Solarraggio.

    , Pan, Capo, questo non è ne il momento ne il luogo.

    L'uomo lupo alto quasi due metri e mezzo era impegnato a picchiare con un'enorme mazza ferrata un ammasso vivente di carne e denti. Era il sesto in cinque minuti.

    Dennis si guardò intorno, con le braccia incrociate al petto. Prima girò la testa a destra, poi a sinistra.

    Perché no?

    Pan ma sei scemo?

    Ma stiamo andando benissim-

    Un'esplosione avvenne alle sue spalle. Qualcuno o qualcosa aveva fatto saltare in aria quello che una volta era un negozio di vestiti da uomo.

    Aw man. Volevo prendermi una camicia. Qualcosa da mettermi quando l'andavo a trovare...Uff...Vabbè vediamo come se la sta cavando il piccino.

    Il custode del Taranaki stava facendo faville, piccolo com'era stava tenendo testa ai migliori dei suoi alleati, e faceva anche attenzione a non fare male a chi non doveva, qualcosa di difficile quando sei una palla di magma.
    Un enorme creatura simile ad un folcide stava per sorprendere il ragazzino alle spalle. L'espressione serena di Dennis cambiò in mezzo secondo. Il suo braccio destro divenne pieno di vene estremamente vistose, lo alzò e fece scattare l'indice con il pollice in direzione del mostro. Lo spostamento d'aria concentrato si scontrò con una delle zampe, facendo cadere rovinosamente il ragno per terra.

    Ok ora basta giocare, avanziamo...






    Una settimana prima






    Ok è il tuo turno, concentrati Pan.

    Vai vai vai sono pronto. Si manteneva le tempie con le dita, respirava piano, se perdeva questa si trovava in un grosso guaio

    Ok ecco la domanda:
    Chi fu Luis Buñuel?


    Dennis tirò l'aria coi denti, domanda difficile, domanda molto difficile.
    Ok...ok...ora è il momento...in cui si scremano gli uomini dai ragazzini...allora...Lius Bu...Bu...Bu...okay...due più due fa quattro, si...ok fettina...fettina...fettina di prosciutto con contorno di piselli...si..Lu-is-bu-nu-el

    Pan? La ragazza lo guardava con aria affranta. Indossava tre cappelli e due sciarpe di lana, anche se c'erano venticinque gradi nell'aria, ma quelle erano le regole del gioco.

    Si si si ho capito okay...mmmmmh...un regi-


    Qualcuno bussò alla porta di Matilda. Dennis sospirò, chiese scusa alla ragazzina ed andò ad aprire la porta, con indosso sei cappelli da baseball due paia di occhiali da sole

    Si?

    Una minuscola fata completamente nuda e coi capelli blu svolazzava ad altezza d'uomo, tra le mani un foglietto di carta che per lei era grande come un lenzuolo.
    Scusi, Mr. Pan?

    Si sono io.

    Salve, mi ha mandato Dreedea. Mi ha chiesto di farle alcune domande.
    Numero uno: Si è incontrato con l'Araldo della Fine?


    Wow, mai nella vita avrei immaginato di sentire quella frase. Comunque si, almeno sei volte...
    No non in modo sessuale santoddio mi è uscita male...comunque si, almeno sei volte.


    Bene, domanda numero due: Si ricorda del piano?

    Si si presa a tenaglia sulla città, ci incontriamo al centro e chiediamo ai cuginoni delucidazioni su questa cosa che sta succedendo a tutti, non è scienza missilistica.

    Benissimo, domanda numero tre: Si ricorda come sono composte le squadre?

    Pan rimase in silenzio per un minuto buono, guardando la fatina che svolazzava e ondeggiava su e giù.

    Nnnnonmeloricordo.

    Non si preoccupi, nell'eventualità la signora mi ha chiesto di consegnarle questo. E la fatina porse il foglietto all'Araldo. L'uomo lo prese, lo aprì bene e notò che c'era qualcosa scritto sopra, ovvero un disegno stilizzato. Un cerchio con sopra scritto KIEV, e cinque faccine, tre a destra, due a sinistra. Dall'espressione delle faccine ricordò la composizione delle squadre.

    Dreedea, dove sarei senza di te?



    Morto.

    Sarei morto.






    Kiev.





    Pan si tolse l'ultimo frammento di frattaglie dagli interstizi della Darian, Attraversare da parte a parte mostri orribili coi pugni portava delle scocciature. I suoi ragazzi erano un po' stanchi, avevano attraversato zoccoli di resistenza molto duri, le munizioni scarseggiavano, ma ce l'avevano quasi fatta. Riusciva a vedere in lontananza il punto di rendevouz, Una bella passeggiata a piedi ed erano arrivati, riusciva a percepire chiaramente la presenza di sua “sorella”.

    Si avvicinò al ragazzino che lo stava accompagnando. Era stato bravissimo, era fiero di lui. Mentre camminavano gli accarezzò la cima dell'elmo.

    Nervoso?

    Ridacchiò.

    Non ne hai motivo, stiamo andando a trovare gente molto influente e non baderanno a te, per l'amor di Dio ho staccato il braccio ad uno di loro! Sarò il parafulmine della situazione...





    Ok forse fai bene ad essere leggermente nervoso, ti servirà...



    Su4sahH

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    nome × "Moko" | energia × Rossa | casta × Gea
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    the rite of spring - 01


    Kiev sorgeva sullo Scudo Ucraino, una zona del pianeta abbastanza stabile dal punto di vista geologico.

    Fino a quel giorno.

    Moko saltava tra i palazzi toccando con attenzione ogni superficie di roccia lapide che trovava, facendola sua tramite il cosmo e tramutandole con un tremore sismico in spuntoni di pietra che trafiggevano bloccando i corrotti che lo inseguivano con la bava alla bocca aspettandosi un pasto veloce. Il guardiano sapeva bene che chi non lo conosceva tendeva a sottovalutarlo… inizialmente un po’ se la prendeva, ma ora lo stava sfruttando a suo vantaggio.

    Dai vicoli e dalle ombre satiri e altri guerrieri di Agharta uscirono per dare il colpo di grazia ai mostri, come stabilito precedentemente dal ragazzino. Non pensavano che fosse così sveglio, ma effettivamente era un modo per ridurre al minimo i danni alla città, la perdite di uomini e il consumo del cosmo. E anche mostrare Pan di che stoffa era fatto.
    Gli ultimi incontri e battaglie lo avevano aiutato a definirlo, e questa operazione sarebbe stata la sua prova del nove.


    Sembrano… non finire mai… qua facciamo notte.

    Ansimò asciugandosi la fronte, cercando di prendere un po’ di fiato. Nonostante i suoi piani, erano troppi e stava iniziando un po’ a stancarsi.

    Un urlo e rumori di spari attirarono la sua attenzione. Chiese gentilmente ai suoi alleati di continuare ad avanzare e unirsi con l'Araldo, mentre lui andava a investigare.


    Siete sicuro? La situazione è pericolosa.

    Si… tranquilli. Ci vediamo al punto di incontro, state attenti e che la Madre sia con voi.

    Saltando fra i palazzi dandosi spinta con piccole rampe di roccia arrivò nei pressi di un negozio dove tre soldati con armature di ebano e armi futuristiche stavano tenendo testa a tre corrotti molto più grandi e a occhio più forti di quella fanteria che aveva incontrato prima. Erano simili a grossi granchi umanoidi senza braccia e chele che spuntavano come corni dalla e un solo un grande occhio diviso in celle che guardava ostile il mondo. Non poteva capire cosa dicevano ma era chiaro che si trovavano in difficoltà e stavano ritirando dentro l'edificio.

    Senza pensarci troppo si lanciò su di loro gridando ed espandendo il suo cosmo creo una corda di lava che si conficcò nel terreno sotto i mostri, che si girarono confusi verso di lui.


    Prendetevela con qualcuno della vostra taglia, piccoletti.

    Disse atterrando vicino a loro e tirando la corda, che staccò una grossa roccia dal terreno che colpì una delle creature spaccandogli un femore. Con uno sguardo gelido il guerriero maori inizio a far roteare attorno a lui la roccia ormai incandescente colpendo a tradimento i corrotti in un breve duello, aiutato dal fuoco di copertura dei soldati, e concluse i suoi attacchi con un calcio di quello che doveva essere il capo della squadra, più grosso e corazzato, che spinse Moko dentro al negozio rompendo la vetrina.


    Per favore… potete allontanarvi… la cosa si sta facendo un po’ pericolosa.

    Chiese mentre si alzava fra i vetri rotti che si stavano sciogliendo con l’aumentare della temperatura. i Con un cenno di assenso, i soldati scomparvero da una porta sul retro, mentre il grosso corrotto saltò dentro urlando e digrignando i denti. Si mosse solo quando sentì la porta chiudere e i passi farsi più lontani fino a non essere più udibili.


    Molto pericolosa…

    L'esplosione squarciò l'aria e Moko arrivò surfando sul corpo carbonizzato del mostro nella zona di incontro. Sbatté un po’ il mantello togliendosi la cenere e salutò con un cenno l’araldo e suo superiore.


    Scusate il ritardo signor P.A.N… ho dovuto dare una mano ai locali. Spero che non sia un problema…

    Sorrise, ma appena noto il cambio di espressione dell'araldo espanse il suo cosmo creando un piccolo domo lavico attorno a lui. Il corpo colpi dietro di lui e il verso terrificante di una creatura simile a un ragno gli fece capire la natura del pericolo.


    Ancora non abbastanza bravo, nonostante tutto.

    Pensò pragmatico, senza eccessivo vittimismo. Era ancora sul campo di battaglia, mai abbassare la guardia.

    Girando su se stesso la lava che circondava come scudo si concentrò sulle sue mani diventando artigli di roccia lavica incandescente e con un balzo colpí il ventre del corrotto iniettando come una siringa lava ad altissima temperatura e pressione. Lo spettacolo non fu bello da guardare: il corpo letteralmente si pietrificò, emanando vapori e una puzza di carne marcia e zolfo. Ma era una garanzia per neutralizzare velocemente il corrotto e gli ricordava la sua lezione: difensore del creato e distruttore della corruzione.


    Si signor P.A.N. Il nostro obbiettivo è ancora relativamente lontano, ma a quanto pare siamo ancora coordinati con il gruppo di Auda… erm, Lord Chernobog... o Lady?


    Disse pensando fra se e se mentre staccava le dita dalla roccia a forma di ragno mostruoso. Vedendo poi che avevano già iniziato a muoversi, fece una piccola corsa per seguire il gigante insieme agli altri soldati, tentando di mantenere il passo.




    [...una settimana fa]


    Moko stringeva nervoso il disco mentre Dreedea stava parlando all'assemblea degli eletti e con i due Araldi risvegliati che si erano radunati all'annuncio di questo messaggio. Chi mosso da preoccupazione, chi da curiosità e chi semplicemente dal semplice voler avere notizie da esseri così particolari come i titani, ma erano comunque tutti nel grande albero vuoto adibito a stanza di incontro e comunicazione ufficiale di Agharta.

    L'idea di essere sotto lo sguardo di così tanta gente lo metteva a disagio, ma si diede due colpetti sulle guance e avanzò appena fu chiamato. Ovviamente chi di dovere aveva già sentito il messaggio, ma comunque anche gli altri andavano informati.

    Salí i due gradini e guardò i presenti, mentre le luci colorate delle vetrate che mostravano le creazioni della Madre e le gesta degli araldi illuminavano la stanza. Alzò il disco ed espanse il suo cosmo, e quando la luce cosmica cambiò da arancione a acquamarina, la voce di Oceano iniziò a parlare...

    Già dalle prime battute era chiaro che i Guardiani di Gea non sarebbero rimasti indifferenti a tali notizie, e qualcosa sarebbe stata decisa quel giorno in quella stanza.



    [...Kiev, ora]


    Moko si sciacquò la faccia ripulendola dalla cenere, il fango e il sangue di corrotto. Poi bevve un gran sorso con le mani sempre dopo averle pulite bene.

    Non si aspettava di trovare una fontanella ancora funzionante, e stranamente l’acqua sembrava limpida e buona da bere. Il piccolo si guardò attorno, osservando i soldati in una piccola piazzetta che un tempo doveva essere molto carina riposarsi, sistemare armature e controllare le armi facendo brevi rotazioni sempre attenti ad eventuali imboscate. Anche P.A.N. stava pulendo la sua darian, e ricordando dove era passato forse era un bene. Si concesse di sedersi su quello che rimaneva di una panchina guardando il cielo.

    Avevano combattuto tutto il giorno, sostenendosi a vicenda e coprendosi le spalle. P.A.N. picchiava e prendeva colpi e lui cercava di bloccare i pesci piccoli e dare supporto con il battlefield control. Poche perdite che facevano comunque male, ma erano ormai prossimi, poteva sentirlo nelle vibrazioni stesse del terreno.

    La manona dell’Araldo gigante lo risvegliò dai suoi pensieri. Gli chiedeva se era nervoso dell’incontro con i titani, ma lui scosse la testa.


    Forse, ma non mi preoccupo del signor Oceano. Mi sembra un tipo ok e non penso che se la sia presa troppo per la faccenda del braccio (forse)… degli altri non saprei dire invece… ma andrà sicuramente bene, non preoccupatevi.

    Mal che vada avremmo il Dio Nero e la Furia di Gea, ed entrambi mi hanno già salvato una volta in passato. Non posso che sentirmi in ottime mani *smile*



    narrato × parlato × parlato
    K70yZ1R
    INFO
    FISCAMENTE - Buono
    MENTALMENTE - Buono
    DARIAN - Integra

    RIASSUNTO AZIONI -
    ABILITA' - Terra plus Lava

    TECNICHE -

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    Titani e Giganti
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    Ci furono molti pensieri che, nell'arco di pochissimi istanti, passarono nel canale mentale con i suoi fratelli. Pensieri in una lingua antica, una comunicazione perfetta e ancestrale che stabilì un contatto visivo e uditivo, in modo che tutto ciò che era percepito da Oceano fosse trasmesso a loro. In tutta onestà, il Titano era vagamente teso.
    Aveva avuto contatti precedenti con gli Eletti di Gea e tutti erano stati pacifici e all'insegna del reciproco rispetto, anche se sentiva ancora dolore dai colpi che Pan gli aveva inferto, anzi, Oceano aveva il vago sentore che si sarebbero fatti sentire prima o poi per la questione del messaggio che lui stesso aveva consegnato loro, solo non si sarebbe aspettato un aiuto così immediato e sentito. Kiev, nonostante fosse stata ripulita dal grosso dei corrotti, restava ancora un tremendo problema che andava epurato con estremo pregiudizio. Aveva disposto un sostanzioso contingente di truppe per la questione, mettendo comunque in preventivo perdite che, per l'aiuto offerto dagli Eletti, non ci sarebbero state, dunque ciò era un bene. Sul cosa volesse Chernobog, uno degli Araldi, creatura quasi aliena quanto un Titano, non riusciva neanche a immaginarselo, anche se aveva un presentimento dettato dall'analisi attenta delle loro azioni. In ogni caso, avrebbe dovuto chiedere e scoprire la cosa.
    Quando Oceano apparve nel luogo stabilito, sulla piccola piattaforma grigia e circolare che i suoi uomini avevano posizionato, in un lampo di energia bluastra e con uno sfarfallio di particelle, si trovò davanti una scena che molti avrebbero trovato terrificante. Ma lui fu estasiato.

    Davanti al Titano, avvolto nella magnificenza della sua Soma, c'era molto da processare: una figura femminile che, alla percezione cosmica, emanava un'aura talmente tanto terrificante e aliena che un semplice umano sarebbe scappato a gambe levate una volta avvertitola. Ma per un Titano era semplicemente un'altra cosa nuova da aggiungere alla lista. Il suo sguardo, libero dalla benda, passò su ognuno di loro, prima per i due eletti che non conosceva, per poi focalizzarsi su due figure familiari: Pan! D'istinto gli rivolse un
    lieve ghigno divertito, se non fosse stato in un contesto meno serio gli avrebbe di certo indicato il braccio destro, poi Moko. A lui sorrise dolcemente, facendogli un lieve cenno di approvazione col capo dopo essersi reso conto della ritrovata stabilità nel suo cosmo; ottimo, voleva dire che il bambino aveva ben appreso le sue lezioni.
    E infine guardò la figura da incubo che era, senza ombra di dubbio, Chernobog. E le sorrise. Sorrise a tutti, abbracciando la platea di eletti con lo sguardo, prima di fare un fluido inchino davanti a loro. Un saluto molto umano.

    Salve, Eletti di Gea, la vostra presenza è inaspettata ma non per questo sgradita. Il vostro intervento ha permesso di salvare molte vite tra i miei uomini, e di ciò vi ringrazio. Una buona azione ne merita un'altra, dunque eccomi qui: Oceano delle Correnti, figlio di Urano e Gea, e, in questa circostanza, rappresentante dei Dodici Signori dei Titani. E' un piacere incontrarvi.

    Detto questo, una volta ultimata la sua presentazione, rivolse la sua attenzione esclusivamente sui due Araldi, cancellando ogni altra cosa estranea. Quella discussione sarebbe dovuta svolgersi esclusivamente tra di loro, non per mancanza di fiducia verso i semplici eletti, ma semplicemente perché era buona creanza che di questioni fondamentali si occupassero esclusivamente i più importanti tra gli appartenenti ad una fazione, cosa che gli Araldi erano in maniera indiscussa.
    Alle sue spalle ci fu un altro lampo di luce bluastra, poi sulla piattaforma apparve una porta. Letteralmente una porta in legno sospesa poggiata sulla piattaforma, che si manteneva in equilibrio per chissà quale miracolo ingegneristico, con assolutamente nulla alle spalle. Oceano fu rapido a chiarire.

    Mi sono permesso di far allestire un luogo più consono per la nostra conversazione, un luogo dove potremmo discutere di questioni di massima importanza senza orecchi indiscreti ad origliare.

    Detto questo si avvicinò alla porta, tirando la maniglia e mostrando ciò che c'era oltre. Il confortevole interiore di uno chalet di montagna, con aria piacevolmente calda che fuoriuscì dall'ingresso, ora aperto.

    I nostri uomini potranno restare a fare da guardia. Dopo di voi.

    E, tenendo aperta la porta, avrebbe cortesemente atteso che gli Araldi vi entrassero, seguendoli immediatamente dopo e chiudendo l'ingresso alle sue spalle. Una volta dentro, con un cenno della mano, avrebbe fatto loro cenno di sedersi al tavolo circolare, mentre il camino emanava confortevoli ondate di calore e, all'esterno, la neve cadeva con placidità. Precedendoli, sedendosi comodamente su una delle sedie rinforzate apposta per sostenere l'immane peso delle sacre armature, Oceano avrebbe sorriso loro amabilmente, allargando le mani. Sotto i loro visi, con discrezione, apparvero dei display olografici che mostravano un totale assortimento di bevande, alcooliche e analcoliche, provenienti da ogni regione del mondo conosciuto: dai più pregiati vini italiani alle oscure birre congolesi, sarebbe bastato premere il tasto e, comodamente nelle loro mani, sarebbe apparso un bicchiere appropriato alla loro bevanda, pieno di prodotto di qualità perfetta.

    Dunque...

    Disse una volta che ognuno di loro avesse preso la sua eventuale bevanda.

    Cos'è che vi ha portato a cercare noi Titani?

    Su4sahH

    NOME ● Oceano
    ENERGIA ● Blu
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    STATUS SOMA ● ///

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    ABILITÀ ● ///

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    Si mise seduto.
    Di Oceano poco gli importava. Non era lui a doverci avere a che fare. E non era quello il suo compito.
    Era un soldato. E un soldato combatteva.
    Morendo anche nell'intento. Era questo quello che era. Un semplice soldato in mezzo ad una battaglia.
    E tra i Giganti lui era solo un girino.
    Che non conosceva nulla del grande oceano. Non si stupì, quindi, che Oceano, volesse parlare con i due Araldi.
    da generale a generale.
    I Grandi, come sempre, avrebbero mostrato il loro ego al tavolo delle trattative.


    «Preferisco uno egocentrico piuttosto che uno che professa uguaglianza.
    Perché la vita è fatta di gerarchie. »



    Si...ma era davvero così? Un corpo è fatto solamente di parti più importanti? Si riduceva sempre a tutto questo?
    A chi scalava di più la gerarchia? Non contava il pugno invece del nome?


    «Conta quanto il tuo pugno è sopratutto e anche il tuo nome. E questo non è un corpo.
    Per quanto gli Eletti siano assimilabili, come concetto, ad un corpo umano. Il cuore non può esistere senza il sangue, ma il sangue senza i nutrimenti dati dallo stomaco è solo un liquido.
    Il cervello presiede a molte funzioni...ma se i reni non drenassero le scorie il corpo morirebbe avvelenato.
    Senza i linfonodi a fare da controllo, molti dei scarti cellulari avvelenerebbero altre cellule...ma per quanto tutto sia importante vi sono parti ancora più importanti.
    Gli Eletti sono un corpo ma un corpo senza cuore muore. Senza cervello non può vivere...sarebbe un ameba. Senza lo stomaco morirebbe.
    Si...siete un corpo ma anche tra di voi vi sono delle Gerarchie. E Oceano non fa nient'altro che portare questo concetto all'estremo.
    Quindi rilassati.
    Preferisco tu rimanga un soldato. Hai solo un dovere. non morire



    E forse era anche fortunato.
    Perché non aveva la responsabilità della Furia e della Fine. Non aveva il Creato sulle spalle.
    Lui poteva, ancora, guardare il proprio nemico negli occhi.


    «La guerra è il cavaletto. I politici sono il quadro.
    I soldati... il colore


    Cinismo nelle parole di Astolfo. Non vi era la poetica. Non vi era il vantaggio, morale, di poter combattere senza domandarsi se le proprie azioni potessero avere ripercussioni ben più gravi.
    No...Astolfo nel suo cinismo e durezza gli ricordava come le Guerre si vincessero con i soldati, con il loro sangue, con i loro corpi ammucchiati in tombe senza nome per tornare alla Terra.
    Che per un eletto di Gea significava aver fatto il proprio dovere.
    Ma non vi sarebbe stato ricordo. Anonimi macchie, ombre su di un campo di battaglia, ancor più anonimi quando il polverone si posava a terra e restava solo il gracchiare dei corvi e il silenzio irreale della Morte.
    Ma era così.
    Essere un soldato significava combattere sapendo che non si sarebbe vista la prossima alba.
    Ma in fondo questa era la grande contraddizione della guerra.
    Oceano era solo l'ennessimo generale che vedeva un plotone.
    Null'altro che un ammassa informe da dirigere verso l'obbiettivo.
    Lui no.
    Lui ci vedeva dei soldati. Individui, ciascuno dei quali aveva aspirazioni e sentimenti, ciascuno dei quali voleva vivere, ciascuno dei quali voleva far bene.
    Non si sarebbe fidato ma per fortuna non era lui a dover decidere né a portare tale peso su di sé.
    Lui poteva combattere scevro dalle responsabilità pesanti come la realtà stessa del Creato.
    Per fortuna.
    Ma una responsabilità l'aveva.
    Una sola. Ed era semplice.
    fare del suo meglio con quel potere che sua madre gli aveva concesso.
    Gli aveva dato quella seconda opportunità che tutti, bene o male, cercavano, anelavano con tutto quello che c'era nell'animo.

    Si alzò.
    Aveva una seconda vita. Cosa importava che fosse un soldato? Cosa importava?
    La Guerra vi sarebbe sempre stata. Ma in ogni caso...il suo essere soldato era per una causa più grande di ogni altra cosa.
    Strinse il pugno.
    Si...in fondo essere un eletto di Gea non era male.
    Proteggere.
    Loro proteggevano. Proteggevano chi non poteva da chiunque avesse attentato all'equilibrio. Da chiunque avesse portato la Guerra.
    Loro erano scudi. Lo scudo per proteggere. I loro corpi le spade per uccidere.
    Armi.
    Ma non per bramosia di qualche generale troppo grasso e dal cazzo moscio, non di un Dio che voleva solo conquistare ma di un Equilibrio che era alla base di questa realtà.
    Una realtà che andava preservata.
    Gea gli aveva donato questa forza perché anche un morto poteva fare la sua parte. Anche un inetto poteva fare qualcosa.
    La sua vita aveva uno scopo.
    La tomba rimaneva sempre nel suo destino, come Chernobog ricordava loro con la sua presenza, perché questa era la vita; questo era l'Equilibrio e la Forza della Creazione ma nel tempo che ci era concesso si poteva fare tanto.
    Troppo.
    E anche quella bara non faceva poi così paura se la propria vita era stata spesa bene.

    CIò CHE ABBIAMO PERSO NEL FUOCO LO RITROVEREMO NELLA CENERE





    I suoi occhi passarono su quell'esercito.
    Armi di tale tecnologia che avrebbero potuto essere spese per altro che per distruggere. Quanta conoscenza sprecata e l'Uomo lasciato solo.
    In preda ai dubbi, alle paure, alle contraddizioni. Rimanevano ancora neonati che solo da poco avevano imparato a camminare.
    Cadevano... cadevano e si facevano male. Forse il ruolo degli Dei era appunto questo: tenderli la mano per farli rialzare e capire.
    Ma troppo a lungo l'Uomo fu solo. E nella sua solitudine aveva sbagliato; preda di forze oscure perché erano ancora arrancavano nel buio.
    Si avvicinò ad uno di quei soldati.
    Era ferito.
    Una brutta ferita.
    Poteva lasciarlo al suo destino.
    Si inginocchiò davanti a lui.
    Un pezzo di legno.


    «Mozzica questo...ti aiuterà...»


    Gli occhi guardarono Harlan che teneva i suoi fissi sulla ferita. Poi guardò il soldato.

    «Mozzica e combatti. La tua battaglia non è ancora finita...»

    La mano si fece fuoco. Il fuoco bruciò la carne.
    Il grido di dolore. Ma negli occhi di Harlan non vi furono né incertezza, né timore. Il suo corpo era tappezzato di cicatrici.
    Troppe.
    E non nobili.
    Non erano state fatte da spade o pallottole, ma dal bisturi. E sapeva cos'era il dolore. Ci aveva convissuto così tanto tempo che ormai lo chiamava fratello.
    E sapeva riconoscere una brutta ferita quando la vedeva.
    Cauterizzò quella ferita e la puzza di carne bruciata fu vomitevole; non per lui.
    Aveva vomitato tante di quelle volte che ormai il suo stomaco era diventato di ferro.
    Guardò gli altri.


    «Fasciatela e tenetela pulita. Almeno non si infetterà.
    E non avrà la febbre ma deve essere tenuta pulita se non vogliamo che entri in cancrena.»



    «Chi ti ha detto di farlo?! »


    Una voce fredda.
    Una donna si avvicinò a lui, nei suoi occhi il velo della domanda, nei suoi passi il ruolo che aveva sulle sue spalle.


    «è mio compito controllare i miei soldati.»

    Harlan la guardò dentro i suoi occhi.


    «Noi combattiamo con voi quindi è anche un mio problema che i tuoi uomini non muoiano.»

    Lo aveva fatto per bontà? No.
    Lo aveva fatto perché poteva fare qualcosa. Poteva salvarlo ma allo stesso tempo non lo avrebbe potuto fare per tutti.
    Ma per lui si. E quindi lo fece.
    Senza essere un eroe.
    Senza volere un titolo.
    Erano solo orpelli inutili in battaglia.


    «Non dovevi comunque non era una tua responsabilità »


    «Decido io cosa sia di mia responsabilità o meno. Non ho fatto tutta questa strada per nulla, né sono venuto qui mettendomi su un piedistallo. Sono un soldato.
    Come loro. E combatterò con loro contro la corruzione. Perché non è finita questa battaglia...quindi ci servirà il suo braccio... ancora



    Un discorso cinico. Ma un discorso che in tempo di guerra non poteva essere altrimenti.
    L'altra lo guardò incuriosita. Non era freddo ma era essenziale.
    Un ragionamento che avrebbe fatto suo. Che anche lei lo pensava.


    «Sono il capotano Ross dell'esercito di Oceano. Con chi parlo? »

    «Draka. Harlan Draka.»

    Un cenno con la testa e andò verso i suoi fratelli.
    La battaglia non era finita. E ora più che mai la situazione poteva volgere al peggio.



    SIAMO GIGANTI MESSI SULLA TERRA PER ELIMINARE IL MALE E CUSTODIRE CIÒ CHE È BENE.





    Questo era l'eletto della salamandra. Questo era il Fuoco e il Veleno di Agartha.
    Vita e Morte.
    Ognuno era importante perché tutti facevano parte dell'Equilibrio.
    Aveva fermato il sangue ma vi era ancora tanto da fare.
    All'orizzonte i bastardi si stavano muovendo.

    «A quanto pare la situazione ancora non è sotto il nostro controllo.
    Oceano, Pan e Chernobog staranno facendo i loro comodi da Araldi e Titani ma qui ancora sento brulicare la corruzione.
    Quindi abbiamo ancora un lavoro da terminare. »


    Il fuoco nella destra il veleno nella sinistra.
    Nutrisco et extinguo.

    «Tocca pulire bene la ferita sennò l'infezione può tornare.»

    Sorrise.
    Intorno a loro l'esercito di Oceano stavano iniziando a bruciare i resti dei corrotti e a mettersi in posizione per bonificare l'area.


    «Appena finiremo qui ci andiamo a fare una birra tutti insieme.»

    L'occhiolino verso i due.
    Mentre il capitano Ross iniziava a dare i primi ordini.

    «Aiutiamoli.
    Li sento arrivare.... non mollano mai


    Come un tumore. Tornava sempre. Pensavi di sconfiggerlo e invece tornava da un altra parte.
    Doveva essere estirpato. Epurato. Distrutto del tutto.
    Annichilito.

    «Avanzate serrati. Bonificate la zona. Che ogni pattuglia sia sempre in contatto.
    Voglio che questo posto sia scandagliato millimetro per millimetro. Anche l'aria.
    Voglio un rapporto sui danni, sui feriti e sulle perdite.
    Controllate le armi.
    Vi voglio operativi tra 5 minuti!»


    Nuovi ordini.
    Per una nuova battaglia.

    «Beh...aiutiamoli. Facciamo da apripista e...»


    Il fuoco e il veleno divamparono.
    Un aura rossa screziata di tono verdognolo. Come se quelle fiamme fossero sia vive che malate.


    KlxmAkT
    «Estirpiamoli del tutto»








    CITAZIONE
    ENERGIA: ROSSA
    STATUS DARIAN( LV IV): Intatta - Indossata
    STATUS FISICO:
    TECNICHE UTILIZZATE: //
    ABILITà UTILIZZATE: //
    NOTE:

    FASE DIFESA:

    FASE D'ATTACCO:
     
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    Charlie ~ Darian della Tempesta [IV] ~ Energia Verde



    Parlato -Pensato- Parlato altrui

    L'avamposto era circondato da un'irreale stato di quiete.
    Si udivano solo i lamenti dei feriti e le parole d'incoraggiamento dei soccorsi.
    Era come se il luogo fosse stato avvolto in una bolla, distaccandoli da ciò che accadeva al di fuori del campo di battaglia, mentre i pezzi grossi prendevano in mano le redini della situazione. Poco le importava quello che si stessero dicendo, in fin dei conti aveva accettato di essere lì solo per dare una mano e magari riuscire a trovare qualche scontro interessante.

    Guardandosi intorno Charlie vide come i soldati si affaccendavano nel rendersi utili, chi non era occupato a sorvegliare la zona era intento a trasportare i feriti nella zona medica da poco allestita, mentre i restanti uomini ammassavano i cadaveri dei corrotti su delle pire di fortuna pronte per essere date alle fiamme.

    -Beh, tanto vale rendersi utile.-

    Afferrando la carcassa di un corrotto ai suoi piedi Charlie si diresse verso l'ammasso di carne putrida depositandovi il corpo senza vita, sotto lo sguardo scettico dei soldati.
    Nonostante percepisse gli occhi dell'esercito di Oceano seguire ogni sua mossa, non gli diede nessun peso e voltando le spalle agli uomini di fianco alla pira inizio a raccogliere i vari arti di dubbie sembianza sparsi per il terreno, infilandoseli sotto le braccia come se fossero legna da ardere.
    Ben preso la sua attenzione venne catturata da un ammasso di carne simile ad una gamba umano, ma da cui spuntavano degli strani artigli ricurvi artigli.

    -Ma è una gamba o una zampa?-

    Assorta nei suoi pensieri Charlie non si rese conto dell'individuo che le venne incontro, finendo con lo scontrare i loro corpi facendole rovesciare a terra i vari pezzi di corpi che aveva raccolto. Alzando lo sguardo, vide che a travolgerla era stata una donna in abiti militari, il suo viso era contorto dall'irritazione, mentre si dirigeva a passo svelto verso uno dei suoi compagni Gea la quale era inginocchiato ai piedi di un soldato in agonia.

    Hey!

    Charlie venne totalmente ignorata dal soldato che continuò a marciare imperterrita verso salamandra.

    -Harlan se non sbaglio?-

    Charlie trasse un profondo respiro e nonostante si sentisse indispettita dal comportamento del capitano iniziò a contare internamente fino a dici cercando di calmarsi. Per quanto odiasse essere ignorata l'ultima cosa di cui avevano bisogno era che facesse scoppiare una lotta interna per puro capriccio mentre gli Pan e Chernobog contrattavano con Oceano.

    -Non ho un cosi alto desiderio di morte purtroppo!

    Tuttavia osservò ammirata Harlan snobbare in meno di un minuto la donna che si era presentata come il capitano Ross, per poi riprendere come se nulla fosse a ''medicare'' la ferita dell'uomo ai suoi piedi.

    Appena finiamo qui ci andiamo a fare una birra tutti insieme.

    Nell'udire tali parole l'astio che la pervadeva pochi minuti prima l'asciò il posto ad un senso di vivacità; Improvvisamente si sentiva come un bambino la mattina di Natale.

    Ottimo! Il primo giro l'offro io!

    Ben presto il capitano Ross si allontanò da Harlan dirigendosi al centro del campo rivolgendosi ai suoi sottoposti con nuove direttive, pur non perdendo mai di vista i tre cavalieri.

    Beh... aiutiamoli. Facciamo da apripista e... estirpiamoli del tutto.

    Charlie non aspettava altro, gettando l'arto che reggeva ancora tra le mani nella pira alle sue spalle si lasciò circondare il corpo dai fulmini, mentre un brivido le percorse la spina dorsale.

    -Chi sa, forse è davvero Natale.-

    La quiete era finita.
    Lo percepiva chiaro e forte, la calma era ormai agli sgoccioli mentre un nuovo scontro era alle porte.

    Spolverandosi le mani l'una contro l'altra volse lo sguardo sull'altro compagno di squadra mostrandogli un sorriso a trentadue denti.

    Hey, Moko giusto? Se finiamo in fretta te ne offro due di birre che ne dici?

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    Status Fisico
    Status Mentale
    Status Cloth ⚡ ///
    Riassunto Azioni

    Abilità
    Storm Generator
    Grazie al potere della tempesta Charlie è in grado di generare e controllare i fulmini ed i venti, da cui esse sono formate, creando cosi potenti tempeste e potenti combinazioni.

    Tecniche ⚡ ///

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    Note ⚡ ///

     
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    the rite of spring - 02


    Nonostante il tentativo di apparire composto e professionale nel suo ruolo, il ragazzino non riusci a non fare ‘ciao ciao’ con la manina al sorriso sincero del titano. Tuttavia sapeva che non avrebbe avuto tempo per lui, sicuramente non in quel momento… cose importanti erano in pentola e i “pesci piccoli” erano costretti a rimanere nelle retrovie a fare la guardia con gli altri soldati.

    Non che la cosa dispiaceva troppo a Moko. Aveva acquistato consapevolezza del suo ruolo e dei suoi poteri, ma la mancanza di esperienza anche sociale era ancora uno scoglio per il giovane guerriero, e sinceramente era meglio lasciare i discorsi importanti agli Araldi e vedere un po’ come andava la situazione. Oceano, Pan e Audatia sparirono nella porta, lasciando soli i tre eletti e Moko ebbe una illuminazione: non conosceva nessuno dei due.


    Erm… penso che questa sia la prima volta che ci conosciamo, quindi… piacere di fare la vostra conoscenza. Io sono Moko, guardiano del Monte Taranaki, molto piacere. Spero che potremo fare una buona squadra mentre aspettiamo che gli Araldi e Oceano facciano… beh, quello che devono fare.

    Il tono della voce era un po’ teso ma amichevole e fanciullesco, mentre cercava di capire bene cosa fare. Iniziò a girare un po’ per quello che sembrava un accampamento di fortuna, distante dall’avamposto reale ma comunque funzionale.

    Vide Harlan, sembrava si chiamasse cosi, andare ad aiutare un soldato ferito. Sembrava sempre un tipo sulle sue, quasi come se parlasse con qualcuno che solo lui poteva sentire, tipo strano ma affidabile. Poteva avvertire un cosmo caldo quasi quanto il suo sebbene in modo diverso ma ugualmente letale. Chiese se era il caso di dargli una mano, ma in fondo non sapeva nulla di medicina o pronto soccorso. Inoltre c'era Charlie della Tempesta a dargli eventualmente una mano, quindi decise di fare un giro per il campo dando un occhio ed eventualmente rendendosi utile in qualche cosa.

    I soldati si muovevano, li aveva visti combattere contro i corrotti prima, li aveva anche salvati alcuni e nella calma poteva vedere come sembravano incredibilmente avanzati nelle loro armi e nelle armatura. Inoltre assieme a loro c’erano giganti, enormi che camminavano lentamente mostrando appieno tutta la loro forza e stazza. Alzò gli occhi al cielo vedendo uno passargli affianco, quasi rise pensando che in fondo lo era anche lui, anche se non nel medesimo modo.


    Chiedo di far spazio ragazzino, stai ostacolando le operazioni.

    Una voce fredda e distorta lo riportò sulla terra, osservando un soldato con un’armatura simile a quelle dell’esercito ma decisamente più elaborata a un primo sguardo. Le forme e gli atteggiamenti, per quanto marziali non toglievano un velo di femminilità allo strano personaggio. Sembrava un po’ infastidita dalla sua presenza , guardandolo del basso verso l’alto e mentre Moko si spostò scusandosi non poté non sentirla chiedere un rapporto ad un gruppo di soldati che stavano lanciando strani raggi di luce contro delle mura di protezione secondarie al campo, simili a quelle che avevano nel pa nella sua vecchia casa ma decisamente più futuristico, nonché quasi distrutte.


    Lo scanner rivela che questa porzione della seconda linea di difesa ha subito troppi danni capitano Ross. La ricostruzione non sarebbe un problema in condizioni normali, ma molte delle nostre risorse sono dirottate verso altri punti vitali come la Torre e altre linee di difesa. Saremo costretti a lasciarlo cosi come è e sperare che i Corrotti non superino le prime linee prima di poter lavorare attivamente anche in questa posizione.

    Scusate…

    Soldato... Solo per questa tua frase meriteresti di andare tu in prima linea e combattere solo con un coltello. Non importa quando secondarie siano le linee di difesa o terziarie.. devono esser tutte al loro top! Se anche solo un corrotto passa potrebbe creare danni enormi o comunque ostacolare operazioni più importanti.

    Proprio per questo…

    Allora cosa consiglia di fare? Non abbiamo materiali per la costruzione neanche per una linea ausiliaria o per tamponare questo buco. Con tutto rispetto capitano, stiamo già facendo l’impossibile… quello che chiede in queste condizioni e una follia.

    Eh, appunto…

    Poche storie e più fatti. Già un eletto di Gea mi ha scavalcato e sinceramente non ho voglia di…


    La donna reagì d’istinto alla calda sensazione di un cosmo che si espandeva, pronta a dare l’allarme e partire all’attacco quando si rese conto che era quello strano ragazzino in armatura a generare un potere del genere. Con gli occhi chiusi, Moko aveva appoggiato la mano per terra, mormorando qualche parola a bassa voce in lingua maori che vennero subito coperte dal lieve tremore di un sisma. Colonne di pietra lavica nera smossero i resti dell’asfalto che iniziò a sciogliersi per via del grande calore, e con un movimento gentile si mosse quasi galleggiando sul suolo verso il muro. La pietra si appoggiò e come se fosse di budino colmò ogni fessura, crepa e foro dovuto dagli attacchi dei corrotti, creando una superficie completamente liscia che ancora scricchiolava raffreddandosi.


    … voi eletti non avete proprio il concetto di “non è una vostra responsabilità”, nevvero? Anche tu vuoi fare la morale come il medico di prima?

    No. Solo aiutare. Anzi, se ci sono altre cose che potrei fare sono ben lieto di dare una mano nel frattempo che Pan e Chernobog finiscano.

    La risposta era concisa ma non pretenziosa, Moko credeva veramente in quello che diceva, e un sorriso amichevole era un timbro su questa affermazione. Poteva aiutarli, quindi perché non farlo?

    Rumori concitati di soldati che si muovevano, ordini e imprecazioni fecero scattare sia la donna che il ragazzino. Qualcosa si stava avvicinando, probabilmente l’ultima ondata. I due raggiunsero di nuovo Harlan e Charlie, e il generale Ross parlò fredda e con un tono che non ammetteva repliche.


    Avanzate serrati. Bonificate la zona. Che ogni pattuglia sia sempre in contatto.
    Voglio che questo posto sia scandagliato millimetro per millimetro. Anche l'aria.
    Voglio un rapporto sui danni, sui feriti e sulle perdite.
    Controllate le armi.
    Vi voglio operativi tra 5 minuti!


    Moko non rispose, osservandosi le mani che tremavano pensando alla nuova battaglia che stava per avvenire... ma sul suo viso non c'era incertezza. I suoi compagni sembravano quasi bramosi di fare a pezzi altri Corrotti, e sebbene non aveva il loro stesso, apparente desiderio di sangue, sapeva che andava fatto.


    Hey, Moko giusto? Se finiamo in fretta te ne offro due di birre che ne dici?

    Ehm... non credo che posso bere alcolici. Ma magari un bel frullato si, grazie!

    Disse sorridendo di rimando.




    [dopo 10 minuti]



    I satiri erano impegnati nelle retrovie, essendo in inferiorità numerica rispetto all’esercito dei titani mandarli in prima linea con soldati addestrati in modo diverso avrebbe creato solo più confusione. E la cosa faceva piacere a Moko che non amava avere troppa gente attorno quando combatteva. Lui, Harlan e Charlie avevano aperto le danze, seguite dai soldati e i giganti in una lotta senza quartiere nelle rovine ormai semidistrutte della città. Poteva sentire il cosmo dei suoi compagni esplodere nei loro domini con tempeste, lampi e roghi tossici, tutti stavano dando il massimo per estinguere completamente la Corruzione da quella parte della Terra.


    Forse sarà un buco nell’acqua parlare con i Titani, ma almeno abbiamo fatto un bel lavoro di pulizia.

    Pensò ansimando per lo sforzo il giovane guardiano del monte Taranaki osservano, mentre saltava tra un palazzo semidistrutto all’altro creando corde di magma. La distruzione era ovunque, quindi poteva permettersi di rilassarsi un po’ ed essere più spericolato negli attacchi, ma aveva notato che molta era causata dagli stessi soldati titanici.
    Erano incredibilmente efficienti, doveva dargli atto, ma la noncuranza con cui distruggevano luoghi antichi lo lasciava perplesso… aveva provato a dire qualcosa, ma la giustificazione “avrebbero ricostruito” per quanto sincera era comunque strana dal suo punto di vista. Per Moko e chi era nato e cresciuto in questo periodo il mondo prima dell’Armageddon di certo non era perfetto, ma aveva comunque qualcosa che lui sognava la notte, fantasticava.

    Andare a scuola, giocare a calcio, fare una passeggiata senza un mostro che poteva divorarti e corromperti in una città “normale” sono cose che sapeva che non avrebbe mai potuto fare, e distruggere anche i ricordi di quel mondo perduto lo vedeva triste e ingiusto. Il pensiero andò a Radamante e al loro discorso in Russia, facendo una smorfia a come quello che aveva scoperto essere un terribile nemico della realtà fosse più in linea con alcuni suoi pensieri. Ma se lo tenne per se.

    Con un piccolo sbuffo di cenere partì a razzo da una finestra mezza distrutta di quello che doveva essere un albergo per atterrare con un pugno un corrotto, venendo circondato da un gruppo di mostruose aberrazioni che ringhiavano e bestemmiavano pronte a colpirlo. Uno schiocco e decine di lance di roccia incandescente spuntarono dal suo corpo del giovane trafiggendo ogni mostro che aveva provato ad attaccarlo pensando a una facile preda. Il mantello era tutto bucato, ma la tattica della trappola dava sempre ottimi frutti.


    Mi sembra che questo erano gli ultimi. Meglio che mi riunisca agli altri e…

    Non riusci neanche a terminare il suo pensiero quando la terra sotto di lui iniziò a tremare… e non era per colpa sua. Tremori ritmici, come di passi facevano oscillare i resti dei palazzi e saltare i detriti sul terreno. Tutto attorno a lui poteva sentire grida dei soldati che seppur cercando di mantenere compatte le fila indietreggiavano senza ritegno. Come era possibile? Stavano vincendo, la corruzione era quasi completamente stata distrutta.

    Creando una corda di magma si proietto su una torre ancora miracolosamente in piedi, osservando la situazione, confermando la ritirata dell’armata titanica che però continuava a sparare a qualcosa… qualcosa di grosso.

    Le rovine crollavano sotto i movimenti della cosa più grande che Moko abbia mai visto. Alta più di sessanta metri, mostruosa, abominevole. Le quattro gigantesche gambe da ragno colpivano con forza il terreno avanzando in modo innaturalmente veloce mentre la lunga coda saettava come un gatto che aveva trovato una preda gustosa. La cosa più terrificante però era il volto, umano ma completamente spellato e in parte scarnificato come l’intera pelle del corpo, ed era bloccato in una sorta di urlo disumano e blasfemo.

    Ogni movimento, espressione e verso del Corrotto Rosso era chiara anche se totalmente aliena.


    Y̠̫̗͝O̶U̦̩͎͍̘͟ͅ ̝̪̖̰̘A͖̯̳͠Ṛ͚E̫͎̳̖͓͕͎ ̦̠W̹̗E͓̼A̢K͓͕̹̝̳ͅ
    ̱̜͎̦̳͎̤
    ̷̼͍̞̻̪Y̗̲͠O̘͙͎̱̮̺͞U̸̼͕̪͔̠R̸̺̣̟̹̙ ̣̝͉͎S̳̱͇̼̹͍P̦̠͍̰͔̰̫E͏C̼̗͎I̫̣̗͉E̳̹̫̳̫̣̤S̀ ̜A̩̟͚͙R̲͙̞̹̹͔Ẹ̸̘̖͓̜̳̜ ̛͇̼̖W҉̝̩͔̼E̺̠̞̙̘̺A͕̠͚͎͝K̖̳
    ̳̠͚͓̠̥
    ̢̘͖͉͇̜Y͈̰̳̖̬͙ͅO͏͖̜̰̳̻̜̱U̴̳͉ ̶̥͎̠͇̘̺ͅW̲͚͈I̘̰L̢̥̜̲̼L̺̝̼̤̥͍͡ ҉̜A̵LḼ̶̣͈ ͏D͕̦̳̞I̷͍̟̼͖E̹͔͙͈.͈̘̮



    red___nes_godzilla_creepypasta_by_kritter_feature_dbkebip-pre




    Moko indietreggiò anche lui, tentando di evitare malamente una pioggia di detriti creai solo da un colpo di coda del colosso che distrusse da solo un isolato della vecchia città. Quella cosa era troppo forte, demenzialmente grande, e ogni singola cellula del suo corpo urlava solo di fuggire, andare a nascondersi, che era una battaglia non solo persa di partenza ma anche inutile.


    Moccioso... mi fai davvero pena, e saresti un eletto? Avrei dovuto andare pesante e ucciderti nel nome del Dio Re per non vedere qualcosa di cosi patetico.




    Sentì nella sua testa la voce di Sanya del Kraken deriderlo, lei che era stato il suo primo vero scontro e il primo incontro con qualcuno che si opponeva a lui in quanto umano, una uscita dal guscio come un pulcino.


    Tu hai fegato ragazzo, nonostante tutto non ami tirarti indietro e sai giocare sporco... sicuramente ti verrà un idea anche per quel cosone. O eventualmente menalo forte




    Radamante, nemico ma anche degno avversario seguì nella sua mente, ricordandoli il loro incontro ai "Tre Fratelli"e la nascita della consapevolezza del suo essere un guerriero


    Il tuo Paradigma è la tua Forza, giovane Moko. Hai dentro di te la risposta per affrontare qualsiasi situazione. Sei abile, dimostrami quello che sai fare a me e ai tuoi Araldi.



    Oceano... lui che stava discutendo con P.A.N. e Chernobog, colui che gli aveva mostrato a come aprirsi e non rigettare la sua natura distruttiva. Voleva dimostrargli che era cambiato, più maturo e potente, e voleva dimostrarlo anche a P.A.N. e Audatia, che sono stati cosi buoni con lui, ai suoi compagni, al mondo intero e a se stesso. "Disturbarli" ora non era una opzione, il compito suo, della Salamandra e delle tempesta doveva essere il difendere questo incontro. Anche se doveva affrontare qualcosa che sembrava promettere un'altra fine del mondo.


    ...

    Creando un percorso simile a una grossa lingua di magma fra i palazzi, Moko surfò fino a incontrare Charlie e Harlan. Prese fiato, e con una determinazione e una risolutezza che sembravano quasi comiche nella voce del ragazzino, disse


    So come ucciderlo...





    narrato × parlato × pensato
    K70yZ1R
    INFO
    FISCAMENTE - Buono
    MENTALMENTE - Buono
    DARIAN - Integra

    RIASSUNTO AZIONI -
    ABILITA' - Terra plus Lava

    TECNICHE -

    eEfOPHr




    Edited by eden_ST - 1/3/2019, 18:51
     
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    Quando il suo sguardo si poggiò sulla figura che apparve poco distante, venne naturale ad entrambi fissarlo con aria di estrema circospezione. L'unica della stirpe titanica che aveva incontrato fu Mnemosine e non le era parso di aver più sentito parlare di lei se non da quella gigantessa mesi e mesi fa, fatto sta che Oceano se lo aspettava diverso. Forse più fluido o forse semplicemente - come era stata in grado di percepire non appena giunto sulla scena - il potere che sarebbe dovuto essere in suo possesso, era assai limitato.

    Quando fece segno a Chernobog e PAN di seguirlo oltre la porta che era appena apparsa, con tutta la calma del mondo si volse verso la Furia e gli sussurò senza cercare di nascondere il gesto.

    Ma hai visto quei baffi? Mica me l'avevi detto che erano così.

    Si accomodarono all'interno e si accorse che, durante il passaggio dei due Araldi, alcuni dei piccoli gruppi di soldati più vicino a loro, cominciavano a manifestare segni di insofferenza, terrore e ansia. Non era abituata a trasmettere questo tipo di sensazione ma il semplice pensarci fece scattare la memoria del Dio Nero e questo bastò a ricordarle cosa e chi fossero: improvvisamente arrivò come un profumo e la cosa la rese più propensa ad affrontare la questione in modo tranquillo. Ignorò totalmente il display luminoso che apparve con discrezione sotto il loro naso e si limitò a poggiare le mani guantate della darian sul tavolo, lo sguardo placido - quasi annoiato - impegnato nell'osservare ogni angolo di quella stanza, venne interrotta quando Oceano parlò.

    Moko ci ha mostrato il tuo messaggio.

    Una piccola pausa prima di riprendere il discorso, fatta per assaporare al meglio le parole e ripercorrere nella memoria l'avvertimento che era stato dato loro da uno dei figli di G.E.A. Si limitò dunque ad una frase diretta, inutile girare attorno a qualcosa che tutti a quel tavolo sapevano. Giù i vestiti.

    Siamo già al corrente del risveglio di Thanatos, abbiamo avuto modo entrambi di conoscere sua figlia - se vogliamo chiamarla così - direttamente.

    Ma il motivo per cui siamo qui oggi, Oceano, è un altro.


    L'ombra di un sorriso inarcò appena le sue labbra mentre lo sguardo cominciò a mutare, la sclera tingendosi di nero diede più risalto al leggero bagliore arancione delle iridi, conferendo un'aura ancor più cupa al Nero che sedeva di fronte.

    Ponto.
    Sappiamo dei piccoli problemi che sono sorti e quelli che ha creato questa malattia che infesta il mondo.

    La nostra proposta è semplice: alleanza. Unendo i nostri due fronti potremmo avere tra le mani ben più di una semplice speranza, avremo una possibilità concreta di fargli il culo.


    Chernobog strinse il pugno, aveva visto più volte nel corso dei secoli alcuni Araldi suoi fratelli diventare preda della corruzione che quello aveva portato nella Realtà. Ponto era stato in grado di intrappolare temporaneamente lo stesso Nero Generale e la stessa Madre, e solo grazie alla sua precedente incarnazione e un manipolo di valorosi eletti, era riuscito a riprendere controllo di sè stesso e a liberare G.E.A. Purtroppo, alcuni dei fratelli e delle sue sorelle erano cadute preda dei loro stessi istinti.

    Abbiamo agito dietro le quinte in questi ultimi tempi.
    Siamo stati Osservatori e Custodi dell'Equilibrio che regola ogni cosa. Ma rimanere ad osservare, oh Oceano, adesso ci sta stretto.

    Verrà versato del sangue e non sarà il nostro, nè quello delle altre creature figlie di nostra Madre, che bagnerà la terra.


    Portò il braccio a sorreggere il mento, mentre inclinava il capo verso PAN che stava seduto accanto a lei. Avrebbe aggiunto sicuramente altro al suo discorso, la questione era delicata e avrebbe potuto compromettere - o migliorare se fosse stato il caso - i rapporti tra i discendenti di GEA e i suoi difensori.

    Assottigliò lo sguardo appena un po', l'aria concentrata e assorta ma con il pensiero principale forse un po' meno.

    Perché quei baffi così? Cosa nasconde?


    narrato ¤ parlato ¤ pensato ¤ °telepatia°
    NOME ¤ Audatia
    CASTA ¤ Eletti di Gea
    ENERGIA ¤ Blu
    DARIAN ¤ Chernobog [VII]

    FISICAMENTE ¤
    MENTALMENTE ¤
    STATUS DARIAN ¤ Integra, indossata

    RIASSUNTO AZIONI ¤ #PONTOCULO

    (grazie Six per il layout favoloso ♥)


    ABILITÀ ¤

    TECNICHE ¤



    oCWCKYg
    It must be that old evil spirit. So deep down in your ground. You may bury my body down by the highway side. You may bury my body down by the highway side.


    Edited by D o r c a s - 5/3/2019, 09:49
     
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    Certo che ho visto quei baffi. Sono baffi! I baffi so' baffi!

    Dennis si incamminò con la sua collega\sorella verso la stanza. Aveva i pollici infilati nella cinta, il mento leggermente rivolto verso l'alto, le spalle ben aperte. Camminò costeggiando file di soldati e sottoposti titanici, tutti intimoriti dalla coppia che stava seguendo Oceano. La Fine e La Furia.

    La stanza in cui si ritrovarono era fantastica, sembrava l'interno di una di quelle baite di lusso. Gli occupanti si accomodarono come meglio credevano.
    Pan si sedette su una delle poltrone, poggiò i piedi sul tavolino, e mise le mani sul suo grembo, in attesa che qualcuno parlasse. Non che non avesse nulla da dire, voleva solo aspettare il momento gusto.

    Chernobog, la sua alleata, e in qualche modo anche sua sorella, spiegò concisamente la situazione al Titano degli Oceani. Tanathos era libero, sua figlia era fortunatamente nella fase di ribellione verso le figure genitoriali, Ponto che era una minaccia ancora più solida del vecchio Joe Black.
    Nemmeno Dennis aveva voluto sapere tutta la storia al completo. Aveva visto abbastanza con le sue esperienze, e non voleva perdere tempo dietro a spiegazioni lapalissiane.

    Chernobog era stanca.
    Lo si capiva dalle parole che aveva scelto, dai suoi gesti carichi di rabbia. Era stanca di stare fuori dal ring, stanca di essere spettatore di un mondo. Era stanca di essere solo il ricordo di qualcosa di più grande, solo una nota a fondo pagina della storia di Ponto.
    Pan provava le medesime sensazioni.

    Il silenzio era piombato su quella stanza dopo le ultime considerazioni, ed era ora che Pan prendesse la parola.

    Le parole di Chernobog sono giuste, tutte giuste.
    Solo che, se fossi stata in lei, non avrei usato qualcosa di così accondiscendente.


    Il fatto è, Oceano, che questa non è un'alleanza.
    Questa non è una scelta dovuta dalla volontà, per definizione questa non è nemmeno una scelta.

    Il Martello di Gea si ricompose, alzandosi in piedi e fissando Oceano negli occhi.

    Ogni secondo che si passa a perdere tempo con chiacchiere inutili, giochetti di prestigio e prove di forza, è un secondo in più donato ai nostri problemi.

    Si avvicinò al display olografico, studiandolo attentamente. Per tre volte premette il display con il dito guantato dalla Darian, e davanti a se comparvero una bottiglia di champagne Ruinart, una bottiglia di assenzio non di marca, ed un bicchiere con ghiaccio.

    Quali sono le alternative ad una lega Titani-Gea?

    I Saints di Atena sono bloccati nelle loro roccaforti sulla terra, così come la gente di Asgard. Si parla di una questione di logistica, non sarebbe la mossa più fruttifera.

    I Black Saint sono dei pazzi, assurdi figli di puttana toccati in testa da anni di vita sotto il comando di qualcuno che se mai dovessi incontrare di nuovo giuro su Dio gli strapperò ogni singolo pezzo di carne dalle ossa.


    Aprì le due bottiglie davanti a lui e cominciò a versane il contenuto nel bicchiere in assoluto silenzio, mentre il suono delle bollicine si espandeva nell'aria. Prese il cocktail con una mano, continuando poi a parlare.

    Adoro i Marine. Dio solo sa quanto li adoro. Ed è proprio per questo che ho paura a coinvolgerli in qualcosa come questa. Sotto la montagna delle loro buone intenzioni c'è un letto di fanatismo pronto ad esplodere. So che sembra ipocrita ed in qualche modo dittatoriale quello che sto per dire, ma devono essere guidati.

    L'elmo della sua Darian si mosse guidato dalla volontà del portatore. La zona della bocca scomparve, come plastica che bruciava all'aria. Bevve un sorso, con lo sguardo fisso nel vuoto su una parete spoglia, con le spalle rivolte agli altri due occupanti della stanza.

    Dei Daimon non so niente. E questo dovrebbe dare un quadro generale della faccenda...



    Sollevò il bicchiere e finì tutto il contenuto in un fiato.

    La verità è che sono stanco, Oceano.
    Sono stanco di difendermi.
    Sono stanco di raccattare i pezzi di vite distrutte.
    Sono stanco della paura.

    Questa resistenza che ti proponiamo, ma che in realtà siamo costretti ad accettare, è solo l'inizio.




    In un attimo, quella baita si impregnò del cosmo di Pan. Quel cosmo vivo e granuloso, che ronzava nelle orecchie come miliardi di scarafaggi volanti.

    Voglio presentare il conto a tutti quelli che hanno creato tutto questo. Voglio avanzare, con le ginocchia immerse nel sangue, con l'odore della morte addosso, con il suono di miliardi di urla che cercano disperatamente di allontanarsi da me.

    Il bicchiere che aveva in mano letteralmente esplose in polvere di vetro sotto la momentanea pressione dei suoi polpastrelli.

    Si girò verso il padrone di casa, fissandolo negli occhi. Con velocità fulminea, Dennis afferrò la bottiglia di assenzio, e cominciò a bere.

    La conosci quella frase del cazzo di “Al di la del bene e del male”?


    And if thou gaze long into an abyss, the abyss will also gaze into thee.



    Un altro sorso, ed era già a metà bottiglia. Un sorriso ampio e sinistro. Le luci sul suo elmo che brillavano.

    It's time to be the Abyss, brother.




    Su4sahH

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    Oceano era vagamente provato dallo sforzo che stava sostenendo. Certo, non sarebbe stato niente di eccezionale nei tempi antichi, ma interfacciarsi con tutti i suoi fratelli in una maniera così rapida e contemporanea stava gravando vagamente sulle sue ora limitate energie mentali; il fatto che Giapeto, nel momento in cui aveva fatto contatto con lui, stesse urlando a pieni polmoni non aiutò la sua concentrazione. Il Titano ebbe un vago tremolio dell’occhio sinistro, prima di espirare lievemente a denti stretti, nascondendo il fatto di aver ricevuto l’equivalente di una stilettata dritta nel cervello, prima di ripercorrere la connessione con suo fratello e parlargli, cercando di essere comunque quanto più conciliante possibile.

    °Fratello, per favore, cerca di contenerti, sono nel bel mezzo di… hai trovato l’infe-station? Quando finiamo vedremo se mi ricordo come si maina Elrond.°

    E, con quella allegra notizia, Oceano rivolse il massimo delle sue attenzioni sui due Araldi di Gea. Ascoltò ogni loro parola, misurando e soppesando ogni loro reazione, perfino le minime inflessione nella voce e la loro gestualità finì sotto lo scrupoloso scrutinio del Titano delle Acque prima, dei suoi fratelli dopo. Posò i gomiti sul tavolo, facendo riposare il mento sul dorso delle sue mani unite, passando lo sguardo prima su Chernobog e poi su Pan.
    L’impressione che ne trasse fu, indubbiamente, positiva: gli Araldi erano furiosi, arrabbiati per essere stati costretti ad osservare per un incalcolabile lasso di tempo, dunque cercavano nuova rilevanza nei giochi politici del creato. Ma fu Pan a sorprenderlo di più. Per quanto le sue parole fossero crude, e si intuisse che era una persona a dir poco grezza e poco affine alle crudeli manipolazioni della politica, da lui venne un notevole calcolo, una descrizione estremamente attuale e precisa della situazione e dei loro desideri, principalmente per quanto riguardava la questione Atlantide, tasto delicato anche per Oceano stesso.
    Volevano vendetta, volevano distruggere le minacce alla realtà, e i Titani erano gli unici che potevano aiutarli in questo, ciò era ovvio e praticamente il sunto di tutta la questione, ma la vera problematica era una sola: sarebbe valso il contrario? Gli Eletti potevano aiutare i Titani?
    Oceano si prese qualche secondo per ponderare, posandosi sullo schienale e passando la destra sul mento, carezzandolo con aria estremamente pensosa. Stava valutando, calcolando, sostenendo simulazioni e stilando proiezioni, ogni singola e microscopica sfumatura di ciò che era stato messo sul piatto. Un’alleanza con i Gea era una cosa importante, e il fatto che gli Araldi stessi fossero venuti da lui a proporla voleva dire molto più di quanto sembrasse, ma la realtà dei fatti non era così semplice. Avrebbe davvero voluto stringere le mani a tutti e dire che da quel giorno in poi sarebbero stati migliori amici, perché dopotutto faceva parte dei migliori interessi di tutti essere tra le buone grazie di G.E.A, ma c’erano dei punti da chiarire.
    Oceano sospirò sonoramente, prima di riscuotersi dal suo breve istante di meditazione e rivolgersi di nuovo agli Araldi.

    Avete ragione. Solo noi, tra tutte le fazioni in campo, comprendiamo la profondità della minaccia allo stesso vostro modo e sappiamo cosa davvero voglia dire quello che si è verificato. E solo voi, tra tutti, siete degni di sedervi al tavolo di un Titano e discutere con lui da pari per un fatto insito nella vostra stessa esistenza. Voglio mettere in chiaro una cosa: se, al posto vostro, ci fosse stata un’altra fazione a caso, tipo, i Black Saints, non mi sarei neanche scomodato a venire qui.

    Al solo pensiero degli autoproclamati “Cavalieri Neri”, Oceano ebbe un attacco di ilarità. Portò la destra all'altezza della bocca, cercando di trattenere una breve scarica di risate che alla fine comunque arrivò sotto forma di un cristallino sghignazzare.
    Non poteva farci nulla, il solo pensiero di cosa erano riusciti ad inventarsi gli umani con un po' di ingegno e mezzi tutto sommato passabili gli metteva un'allegria assurda, era perfino più divertente di quelle simpaticissime arti marziali.

    Scusatemi, è da quando me li hanno spiegati che mi fanno ridere.

    Ci mise un secondo buono per riuscire a darsi un contegno, ma infine riuscì a recuperare la profonda serietà di prima, continuando come se niente fosse successo.

    In ogni caso voglio che sia chiaro che noi Titani non siamo una fazione come le altre, allo stesso modo in cui noi sappiamo che voi siete molto, molto, molto di più che gli spazzini personali di Madre. Le nostre mire si estendono ben oltre Ponto e Thanatos, e, come voi, abbiamo lo sguardo fisso sul quadro nella sua totalità. Conoscete il nostro vero obbiettivo e, tra parentesi, quando lo porteremo a compimento la realtà sarà grandemente stabilizzata.

    Oceano inclinò vagamente il capo, guardando entrambi gli Araldi, offrendo loro un sorriso cauto.

    Messo in chiaro questo, posso dire di trovare la vostra logica condivisibile.

    Una volta detto ciò, alzò vagamente la sinistra, facendo in ogni caso cenno di aspettare a trarre conclusioni affrettate. Il Titano aveva ancora molto da dire ora che la conversazione stava per spostarsi su un binario politico.

    Ora, tuttavia, è necessario definire cosa intendiamo con la parola “alleanza”. E’ un termine che ha molte e vaghe implicazioni se non specificato in un contesto più chiaro. Partirò dal presupposto che ciò che voi intendiate sia un’alleanza militare, considerando che né noi e né, credo, voi abbiamo bisogno di commerciare per risorse alimentari e quant’altro, ma sentitevi liberi di correggermi se sbaglio.

    Oceano si spostò in avanti, protendendosi vagamente verso gli araldi, guardando alternativamente prima l’uno e poi l’altra in maniera perfettamente equivalente lungo tutta la durata del suo discorso.

    Un’alleanza funziona se ci sono regole, paletti ben definiti che stabiliscono competenze e responsabilità. Nonostante l’idea di fare fronte comune contro la corruzione, il Chaos e gli Spettri sia un ottimo punto di partenza, questa va sviluppata. Siamo favorevoli al condurre missioni congiunte, nelle quali le nostre forze collaboreranno per bonificare aree corrotte o distruggere qualsiasi cosa nociva alla stabilità del creato e perfino a ricostruire insieme, ma poi si aprono vari discorsi: numero uno, quello territoriale. Fortunatamente non ci serve molto spazio e le nostre forze sono ben capaci di convivere con le vostre, quindi pongo come condizione che in ogni territorio liberato congiuntamente sorga una base Titanica dalla quale i nostri uomini potranno far partire svariate operazioni nel territorio. Secondo punto, umani: eventuali civili sani salvati in operazioni congiunte saranno equamente spartiti tra entrambe le fazioni, ovviamente tenendo conto di fattori quali presenza di famiglie e buon senso da entrambe le parti. Se le vostre forze dovessero imbattersi in reliquie dell’epoca dei Titani, o in rovine del suddetto periodo, allerteranno le nostre e ci consegneranno ogni artefatto recuperato, restando categoricamente fuori da eventuali rovine; questo è anche per la vostra sicurezza, poiché tra ciò che resta della nostra epoca possono annidarsi oggetti dall’immenso potere distruttivo che solo un Titano sa come maneggiare appropriatamente, e su questo temo di non poter transigere.

    Prese un breve momento di pausa per inspirare silenziosamente, riprendendo fiato per consentire agli Araldi di assimilare tutte le nozioni che Oceano aveva impartito loro, per poi continuare.

    I nostri uomini avranno libertà di movimento tra i vostri confini, ciò ovviamente si applica anche alle vostre forze, se dovessimo mai avere bisogno di condurre compiti all'interno di vostri territori vi informeremo prontamente sulla loro natura e voi farete altrettanto, ed ognuno presterà il proprio aiuto all'altro se dovesse essere richiesto o rivelarsi necessario. Se qualcuno dei nostri farà qualcosa per mettere in pericolo la stabilità di questo accordo, o agire contro i suoi termini, prenderemo severi provvedimenti e ci aspettiamo che voi facciate lo stesso con i vostri. Sono sicuro, tuttavia, che certe azioni non saranno necessarie, ma sempre meglio mettere le cose in chiaro prima di trovarsi con problemi tra le mani. Inutile negare che le nostre forze sono diverse tra di loro, ma è solo lavorando insieme con onesta trasparenza che potremmo ottenere grandi risultati.

    Il Titano tornò a posare la schiena sullo schienale, riposando le mani sul tavolo e, guardando prima Pan e poi Chernobog, fece una semplice domanda.

    Siete in accordo con questi termini?

    Tanto sarebbe dipeso dalla loro risposta.

    Su4sahH

    NOME ● Oceano
    ENERGIA ● Blu
    SOMA ● Daghe {VI}
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    MENTALMENTE ● ///
    STATUS SOMA ● ///

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    ABILITÀ ● ///

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    «Fight to take them down
    Fight like you're gods and monsters
    Because you want to
    To save a life
    Fight for you and I
    Fight, Fight »

    (All Good Things )




    Di nuovo una battaglia.
    Perché l'unica costante in questo mondo pazzo, in questa vita, era una e una cosa sola: combattere.
    Harlan guardò quella massa oscura che avanzava.
    Sotto un cielo plumbeo. Sentiva la loro energia strisciare fino a lambirli le gambe.
    Sentiva l'aria stessa farsi pesante. Una cappa d'orrore che scese avvolgendo ogni cosa.
    Un silenzio strano fu l'unico suono che preannunciò la tempesta.
    Ma una tempesta che avanzava strisciando.
    Lambiva come una marea quella città con dita oscure e invisibili.
    L'elmo fu posato in capo.
    Harlan respirò quell'aria tetra, assaporò questo veleno e lo trovò disgusto.
    Quindi era questo il veleno che da troppi anni ormai il mondo combatteva?
    Questo era il veleno che corrodeva il mondo, che fluiva nelle sue vene distruggendo ogni cosa, riducendo tutto ad una cosa informe fatta di tenebre e paura?
    Era proprio questo veleno.
    Lo sentiva scorrere dentro di lui eppure...



    WretchedAbyss





    Posò una mano a terra. Quanta sofferenza. Il respiro del mondo era un rantolo d'agonia.
    Mentre quella marea avanzava e fu un muro fatto di un oscurità così densa, così malsana che ebbe quasi la sensazione di potersi guardare in faccia.
    Un abisso di disperazione.
    Un gorgo primordiale da cui nessuno ne sarebbe uscito sano.
    Perché se guardi nell'abisso, non è poi lo stesso abisso a guardare dentro di te?
    Abominio.
    Una raccapricciante visione distorta di quello che vi era nel mondo, reso qualcos'altro.
    Un monito?
    Perché guardare nell'abisso significava capire che quello stesso poteva essere dentro di noi.
    Che continuando a combattere contro quell'Abisso alla fine noi stessi ne diventavamo parte.
    Un altro abisso.
    L'ennesimo.
    Come un cancro che continuava ad espandersi corrompendo ogni cellula; facendola impazzire e diventare altro. Pensando di essere ancora come un tempo.
    Questo era il grande inganno.
    Questa la battaglia più difficile.






    «Ti dovrei chiedere scusa.»


    Oisin...slanciato, fiero nel portento, il sidhe si avvicinò con le spade nel fodero.
    I tentacoli che aveva sull'addome artigliavano l'aria nervosamente, ma quegli occhi erano ghiaccio che si fondevano in quelli di fuoco di Harlan.


    «Non mi ricordo per cosa... »

    La voce di Harlan era calma. Calda come le fiamme, ma sapeva bruciare se voleva.
    I due si guardarono per un tempo che parve cristallizzarsi in quell'istante. Come se tutto il mondo non fosse nient'altro che loro.

    «Pensavo che voi due...»

    Lasciò cadere la frase. Le mani strinsero l'elsa. Gli occhi si persero in un punto indefinito come a voler tentare di ricordare un qualcosa che non vi era più.


    «Ti ho giudicato male. Ma...»

    Harlan si alzò.

    m8MxpBk
    «Audatia...»



    Oisin respirò. Come se anche il respiro facesse male.

    «Perché sono qui?
    Inseguo il passato? Mi prendo in giro pensando che tutto sia normale, quando la verità mi è davanti agli occhi tutti i giorni...»



    Gli occhi di Harlan si posarono sulla corruzione.
    Avanzava così velocemente.
    Maledettamente veloce.
    Occhi dentro l'altro.

    «Ne è valsa la pena?»

    Dritto.
    La schiena era dritta, le spalle larghe, il vento sulla faccia, la puzza d'orrore e di cose che non si capivano eppure quella darian riluceva sempre.
    Non era un eroe, non voleva esserlo, non aveva chiesto lui questo destino.
    Se avesse potuto scegliere avrebbe voluto pace.
    Tranquillità.
    Una vita normale.
    Una casa, un gatto, le uscite con gli amici, una birra in compagnia. Non voleva nient'altro.
    Non voleva né fama, né gloria.
    Erano solo sudari dorati


    Oisin guardò quell'uomo. Spezzato.
    Lo era da così tanto tempo che si era scordato di com'era. Persino Harlan non sapeva più dire chi era stato.
    E non aveva gettato dell'oro nelle sue crepe.
    Resilienza...stronzate.
    Avrebbe fatto volentieri a meno di cicatrici, ferite che ancora sanguinavano. E non andava fiero di quelle che portava addosso.
    Non erano medaglie al valore.
    Avrebbe di certo barattato un po' di quella sofferenza per una vita modesta e anonima. Ma tranquilla e appagante perché era sempre quello che desiderava.

    «Audatia è qualcos'altro. É Audatia? No.
    E si.
    Ma vivere nel passato è solo da vigliacchi. Di chi non vuole guardare avanti credendo di non farcela.»


    Passò accanto al sidhe.

    «Ma guardare avanti, nonostante la tenebra, per scorgere qualcos'altro quello è coraggio. E poi vi incontrerete ancora.
    L'anima di Audatia sta con la madre. In attesa.
    Quando sarà il momento la rivedrai.
    Quindi ne vale e ne è valsa la pena?»


    Due lame baluginarono.
    L'acciaio che accarezzava, come amante, il cuoio. Quel rumore così famigliare per ogni guerriero.
    Odi et amo.
    Perché si amava la propria lama ma la si odiava perché sopra o con essa la vita aveva senso.
    Da essa dipendeva il nostro essere.


    Quella di Harlan dipendeva dal suo pugno. Ma che fosse spada o pugno la vita per un guerriero era sempre la stessa cosa: sopravvivere per vedere la prossima alba.
    E due lame furono nel fuoco e nel veleno.

    «MITAKUYE OYASIN»



    Perché tutti loro erano connessi. Da sempre. Da quando il tempo si fece concetto e gli occhi si aprirono verso una luce abbagliante.
    E un giorno avrebbero bevuto di nuovo insieme.
    Sotto un cielo terso...



    Urla.
    Budella sparse a terra.
    Uomini che si tenevano le interiora, gambe mozzate, testa tranciate a metà.
    L'assurda violenza dove il confine tra mostri e uomini si andava perdendo.
    In fondo da sempre questa era la guerra.
    L'oscura puttana sempre a gambe aperte, vogliosa di un altra morte, di altro sangue, di altre vittime, di altre urla.
    Mai sazia.
    La Puttana Guerra.
    E Harlan era uno dei tanti clienti che la soddisfavano.
    Tra zanne e artigli. Tra le urla e la concitazione; tra il ferro e il fuoco, il clangore delle armi e degli spari.
    Tra chi moriva e chi cercava di sopravvivere. Chi tirava su un amico, chi lo proteggeva, chi lo vedeva morire morendo a sua volta.


    Harlan aveva il braccio destro ferito.
    Sangue gocciolava a terra mischiandosi con quello dell'esercito dei titani e dei sidhe.
    In guerra si era tutti uguali. E si moriva allo stesso modo.
    La ferita sulla tempia dava fastidio.
    Sputò un grumo di sangue per terra.
    Il piede schiacciò un corrotto mezzo vivo che ora fu totalmente morto.
    Le cervella si mischiavano con altro sangue, altre budella.
    Non finivano mai.
    Si leccò le labbra.
    Sentì Astolfo ridere.
    Amava tutto questo.
    In fondo era a casa sua. In fondo lui era anche questo.
    La terra tremò.
    Gli occhi cercarono chi o cosa stava facendo la terra in quel modo.
    Un tonfo. Rumore sordo. Ritmico.
    Come l'artiglieria titanica che sembrava non volersi fermare.
    Le urla concitate.
    Soldati che ripiegavano.
    Macchine da guerra che andavano a ricongiungersi con l'artiglieria pesante.
    I cannoni puntanti, tutti, in un unica direzione.

    E un brivido freddo percorse la schiena dell'eletto.
    E si sentì schiacciato.
    La sensazione della formica.
    Si pulì la bocca da un rivolo di sangue.


    «Abbiamo un enorme problema...»

    La voce di Oisin tradì l'incertezza, non però la determinazione nel suo sguardo. Non sarebbe passata.


    Ma era un problema. Troppo grosso a dire il vero.
    Come avrebbero tirato giù quella cosa?

    «Per un grosso problema ci vuole una grossa soluzione... è che io sono a corto di idee geniali. Tu?»

    Ma fu Moko, che saettando tra di loro come un furetto, a dire qualcosa che avrebbe cambiato tutto.
    Qualcun'altro avrebbe detto che un ragazzino non doveva stare in guerra. Non era il suo posto. Non era quello che doveva fare un ragazzino.
    La guerra non la dovevano vedere.
    Ma Moko non era più un bambino. Aveva lasciato tutto questo per indossare quella darian ed essere un eletto.
    E per quanto fosse bambino era anche lui un eletto. E veniva preso in considerazione perché se i grandi tremavano, a volte aiuto poteva venire dalle mani dei più piccoli.
    Anche se erano concetti senza senso ora.
    Perché per quella cosa loro erano le formiche.
    E poi il valore non si misurava di certo dall'età.
    Non per un eletto.
    La mano si posò sulla spalla del piccolo, grande Moko.


    «Che vuoi fare?»




    CITAZIONE
    ENERGIA: ROSSA
    STATUS DARIAN( LV IV): Intatta - Indossata
    STATUS FISICO:
    TECNICHE UTILIZZATE: //
    ABILITà UTILIZZATE:
    Fuoco ~ «E sappiate che la salamandra vive in mezzo alla fiamma del fuoco senza dolore e senza danni al suo corpo, ma spegne il fuoco grazie alla sua natura.»
    Con questa frase si può definire la potenza che alberga nel cuore di Harlan. Nel suo cuore fatto di fuoco incandescente, nelle sue passioni, come lapilli di magma, nel suo modo di affrontare la vita.
    La vita come l'eruzione di un Vulcano attivo. Anche nella malattia, il cuore indomito di Harlan continuava a battere. Incandescente, orgoglioso, mai domo, mai sconfitto.
    La sua anima è fuoco puro. E quel fuoco lui lo plasma, ci gioca, ne è padrone, amico e fratello.
    Tutta la forza distruttiva di questo elemento è nel cosmo di Harlan che potrà plasmarlo con la sua volontà. Come uno scultore: arrestare l’energia per contemplarla, catturare la vitalità per domarla e nutrirsene.
    Il fuoco che Harlan genera con il proprio cosmo potrà essere usata in attacco o in difesa, per creare rudimentali armi fatte di fuoco, armature e costrutti per potersi difendere.
    Potrà potenziare i suoi attacchi infondendo il fuoco nei suoi arti creando vere e proprie offensive roventi. Potrà farlo eruttare dal terreno, creare globi di fuoco puro, fiammate, colonne di fuoco da lanciare verso il suo nemico. Potrà anche inondare il campo di battaglia(nei limiti dell'energia) per creare un ambiente più consono allo spirito della salamandra. Aumentare la temperatura dell'ambiente circostante, creare esplosioni di fuoco per accecare l'avversario.
    Il limite è dato dalla fantasia, dal modo di combattere di Harlan. Adattarsi alle situazioni che mutano. Come può mutare la corrente di un fiume.
    Perchè il fuoco può riscaldare ma può anche estinguere e ridurre in cenere il creato.

    Veleno ~ Cosa significa alzarsi tutti i giorni, avere mille canule, mille aghi nel braccio e sopportare la chemioterapia e la radioterapia?
    Cosa succede al corpo quando quel veleno entra nel corpo? Il dolore. La prima cosa che si prova.
    La nausea la seconda. Il proprio corpo estraneo, come se si rifiutasse. Sentire quel fuoco liquido entrare nelle vene, incendiarle dal di dentro e continuare a respirare.
    Continuare. L'unico modo possibile. Continuare ad alzarsi, continuare a sedersi su quella poltrona, su quel lettino e respirare. Non lasciarsi abbattere.
    Ecco lo spirito della salamandra ci è convissuto. E così come alcune salamandre possono secernere un determinato tipo di veleno, lui fa lo stesso.
    L'ha provato sulla sua pelle. Ormai di veleni il suo corpo se ne intende. Anche lui. Lo ha avuto dentro di sè per ben tre anni. E quel sapore acre in bocca ancora non se ne vuole andare via...
    Il dominio di questa abilità permette di creare, sotto dispendio di Cosmo, quantità di veleno che potrà sia avere un effetto gassoso, impregnando l'area circostante( pari all'Energia), oppure avvelenare tramite contatto o per creare attacchi letali, armi o barriere difensive.


    NOTE:

    FASE DIFESA:

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    Charlie ~ Darian della Tempesta [IV] ~ Energia Verde



    Parlato -Pensato- Parlato altrui


    <ì>-un... frullato...?-</ì>

    Charlie sbatté le palpebre un paio di volte mentre fissava, a suo dire, il sorriso fin troppo sincero di Moko. Tuttavia una volta passato il breve momento di smarrimento si avvicinò lentamente al ragazzino e circondandogli le spalle con un braccio gli rivolse un sorriso smagliante

    Oh... Sweety, ci divertiremo un mondo inseme!

    Dandogli un breve occhiolino si affrettò a seguire i soldati la quale marciavano in direzioni dei suoni ostili sempre più vicini.


    [… 10 minuti dopo... ]



    Charlie si aggirava tra i vari edifici di una città quasi liberà, il viso coperto da un lieve strato di sudore a segnare lo sforzo della battaglia. Sparsi per le strade si udivano i rabbiosi versi dei corrotti uniti al fragore delle armi da fuoco utilizzate dai satiri intenti a tenere lontani i pochi corrotti sfuggiti ai tre Eletti.
    Ne lei ne i suoi compagni avevano idea di come stessero andando le cose tra gli Araldi ed Oceano, tuttavia confidava che al loro ritorno avrebbero trovato un luogo privo di qualsiasi minaccia.

    Beh se le cose dovessero andare male almeno avranno qualche dramma in meno a cui pensare no?

    Charlie continuava ad avanzare la dove il suono degli spari si faceva sempre più intenso, per poi ritrovarsi d'inanzi una macabra vista.
    Distesi ai suoi piedi erano situati i corpi di due soldati gravemente mutilati e privi di vita, poco più distante vi era un altro corpo; Questo era sovrastato da una figura quasi umanoide ed aveva gli artigli di un braccio seppelliti nel petto dell'uomo mentre gli altri scavano nel suo ventre.

    H-H-Help...

    Il suono era poco più di un febbrile singhiozzo che prese di sorpresa il cavaliere non aspettandosi che ci fosse ancora vita nell'individuo.
    Per Charlie quelle quattro lettere ebbero la forza di un macigno nonostante tale supplica non sembrava essere diretta a lei, bensì una richiesta o più una preghiera rivolta verso qualche divinità, quasi un desiderio di porre finalmente fine alla piaga che affliggeva il mondo da ormai troppo tempo. Portandola a chiedersi se l'agonia dell'uomo andava ben oltre la voracità della bestia che gli era sopra.

    He-Hel...

    Tornando bruscamente alla realtà scattò velocemente verso i due individui per poi afferrare il corrotto per il volto e senza mai lasciare la presa lo scaraventò contro un muro, egli le artigliò disperatamente il braccio sinistro mentre da quello che poteva scorgere dalle fessure delle dita Charlie poté percepire la smorfia d'incredulità e sofferenza.

    -Chi sa che se riesce a percepire il freddo del metallo.-

    Riportando la sua attenzione alle proprie spalle i suoi occhi incontrarono quelli ormai freddi e privi di vita del soldato, il cui volto era congelato in un'espressione di terrore.

    I'm so sorry!

    senza distogliere lo sguardo lasciò che i fulmini le avvolsero il braccio con il quale reggeva la bestia riversandogli cosi a dosso una scarica elettrica, mentre iniziò a stringere sempre con più forza la presa della mano cibernetica. Per una frazione di secondi i gorgoglii strazianti del corrotto unito agli stridii dei fulmini erano gli unici suoni che le invasero la circondavano; Tuttavia non ci volle molto perché il suo avversario cessò ogni movimento ed una sensazione di calore iniziò a circondargli l'arto.
    Volgendo nuovamente il suo viso verso la parete vide che dove prima poggiava la testa del corrotto aveva lasciato il posto ad un'enorme chiazza di rossastra, mentre quello che ne rimaneva era schiacciato tra le sue dita ormai ricoperte di sangue e materia cerebrale.

    -Meglio tornare da Harlan e Moko.-

    Lasciando cadere la carcassa ai suoi piedi iniziò a dirigersi verso i suoi compagni, tuttavia non ebbe il tempo di fare alcun passo che il terreno sotto i suoi piedi iniziò a tremare ed uno stridio di rabbia si diffuse tra i suoni della battaglia, seguito dalle urla dei soldati s'intensificarono cosi come quello degli spari.

    Dirigendosi verso la provenienza dei tonfi e delle urla Charlie venne presto accolta dalla vista dell'essere più grande che avesse mai visto, ogni passo di una sola di quelle zampe riduceva le finestre circostanti, o almeno quelle ancora integre in frantumi, mentre con l'enorme coda poteva spazzare via interi edifici come se fossero castelli di sabbia.

    Una goccia di sudore le scese lungo la guancia mentre per la prima volta dopo moltissimo tempo venne percorsa da un brivido di terrore misto all'ignoto nel ritrovarsi d'inanzi quella bestia d'inanzi.

    Guardandosi intorno vide in lontananza Harlan e Moko intenti a parlare, scrollando le spalle nella speranza di alleviare la tensione ed amandosi nuovamente di sorriso corse verso i due Eletti.

    Qualcuno ha qualche idea?


    GF2SplW

    Status Fisico
    Status Mentale
    Status Cloth ⚡ ///
    Riassunto Azioni

    Abilità
    Storm Generator
    Grazie al potere della tempesta Charlie è in grado di generare e controllare i fulmini ed i venti, da cui esse sono formate, creando cosi potenti tempeste e potenti combinazioni.

    Tecniche ⚡ ///

    GF2SplW

    Note ⚡ ///

     
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