[Trama] - Tûr na athan i glawar

Titani - Stabilizzarsi

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    E finalmente era arrivato il momento di agire. Per infinito tempo la realtà aveva subito l'imperversare della malvagità di Ponto, che aveva potuto agire libero da vincoli e restrizioni per le gravi carenze degli olimpici più interessati a farsi la guerra a vicenda che confrontare il loro vero nemico, ma adesso basta; i Titani erano tornati per riconquistare ciò che era loro dovuto, e stavano risvegliandosi sempre di più e in numeri crescenti, Oceano stesso e Rea esempi di ciò, dunque, dopo aver riconquistato la Torre Nera, loro dimora ancestrale, era dunque giunto il momento di piantare una ferma bandiera nella realtà, stendardo di speranza che avrebbe tenuto alla larga le forze avverse alla stabilità della creazione.
    Quanto tempo era passato dall'ultima volta che i Titani si erano riuniti attorno ad un tavolo per pianificare uniti e senza alcuna divisione interna? Da molto prima che Crono impazzisse, escludendo la preparazione del loro immenso disegno universale, e trovarsi con i suoi fratelli a decidere insieme quale sarebbe stata la mossa migliore diede ad Oceano un profondo senso di nostalgia; gli ricordò i tempi della guerra contro Phanes, quelli sì che erano bei tempi, le battaglie che avevano combattuto contro le orde di Daimon erano ancora oggi impareggiabili per acume tattico e potenza combattiva dimostrata. Non che questa infima Corruzione potesse paragonarsi ai servi di Phanes, nemmeno lontanamente, ma nemmeno i Titani stessi erano al meglio delle loro condizioni; poco importava, si disse, sarebbero indubbiamente bastati a debellare quella maledetta infezione e far patire a Ponto una punizione degna delle sue nefandezze.
    Ed erano lì, nella sala principale della Torre Nera, Giapeto, Oceano e Rea; insieme conversavano alla maniera dei Titani, connettendo le proprie menti in un unico circuito di pensiero, informazione nella sua forma più pura, concetti che venivano trasmessi tramite emozioni e parole talmente tanto antiche che non sarebbero potute essere espresse a voce, come facevano gli umani e divinità inferiori. Un mare di dati stava passando tra le loro menti in una mole così ingente che avrebbe fatto esplodere quella di un comune mortale, ma per un Titano tutte quelle informazioni altro non erano che un semplice modo di comunicare, facile come respirare lo era per gli umani. Ognuno sapeva cosa fare e come farla, e ognuno espose i propri progetti e gli ultimi sviluppi sui loro lavori agli altri.

    Per conquistare una salda presa sulla realtà è necessario che gli umani ci guardino e vedano i loro salvatori, non nemici. Per fare ciò bisogna dimostrare che, mentre altri li hanno abbandonati, i Titani personalmente si sono impegnati per il loro benessere e sicurezza, per questo interverrò in prima persona.

    Dalla sua Soma venne emesso un ulteriore flusso di dati, che si sarebbe connesso con le divine armature dei suoi fratelli trasmettendo in loro una serie di immagini miste a valutazioni statistiche: erano "fotografie" di Corrotti, mostri di vario genere e specie che imperversavano per le strade di una città in rovina, e in altre immagini gli uomini e i Giganti che Oceano stesso aveva mandato, forti del loro strapotere tecnologico, stavano respingendo i mostri sotto gli occhi di una popolazione civile che stava venendo protetta.

    Allo stato attuale delle cose c'è stato uno scoppio di Corruzione nella zona di Kiev, in Ucraina, i rantoli di una bestia morente che però resta pericolosa. L'infezione si è sparsa a macchia d'olio in tutte le zone limitrofe, ma fortunatamente siamo riusciti ad intervenire in maniera tempestiva e limitare i danni, salvando un gran numero di umani perfettamente sani nel processo. I miei uomini hanno allestito un campo base in zona, stabilendo un perimetro sicuro, ove gli umani più provati possono riposarsi, inoltre ho disposto il trasporto dei feriti più gravi alla Torre, dove saranno curati. C'è ancora una forte presenza della Corruzione in zona e un attacco ulteriore è certezza, non eventualità. Andrò personalmente in zona e mi assicurerò che la malattia venga debellata e, soprattutto, che gli umani possano vedere chiaramente chi è che sta rischiando in prima linea per difenderli e spargano voce tra i loro simili.

    Ed ecco il suo piano, rischioso e spregiudicato ma efficace senza alcun dubbio, di certo avrebbe potuto disporre dell'immediato trasporto di tutti i civili alla Torre, ma l'immagine di un Titano che si pone tra i mostri e gli umani, che si erge a bastione della civiltà e protettore dell'innocenza, sarebbe stata potentemente marchiata a fuoco nella memoria, ispirando fedeltà e devozione. Inoltre faceva bene anche ai soldati vedere il loro Signore combattere al loro fianco in prima linea, così com'era sempre stato in tutte le guerre che Oceano aveva combattuto.
    Si rivolse poi a Rea, sua sorella adorata, che aveva un compito probabilmente meno pericoloso ma non per questo non importante. Un ulteriore pacchetto di dati le venne inviato e, una volta analizzatolo, avrebbe potuto rendersi conto perfettamente di cosa si trattava.

    Sono le schematiche della mia nave e gli appunti che feci quando la costruii, troverai tutto quello che ti servirà sapere su di essa, nella speranza che possa esserti utile. Prima che ti risvegliassi avevo già intrapreso riparazioni iniziali, ma ora è meglio lasciarle a chi è migliore di me in quel campo.

    Le sorrise dolcemente, il suo risveglio lo aveva riempito di evidente gioia, allo stesso modo nel quale tutta la situazione lo stava intrigando più di quanto fosse immaginabile da un essere così controllato come lui. I Titani che tornavano a lavorare insieme per debellare un nemico? Lo sprone era immenso per Oceano, perché tutti avrebbero fatto del loro meglio e di certo lui non sarebbe rimasto indietro, non era potente come ai tempi del mito ma di certo non sarebbe stata una limitazione. Anzi.
    Si alzò in piedi dal tavolo, guardando prima Giapeto e poi Rea con tutto l'affetto che era in grado di dimostrare.

    Fratello, sorella, insieme non c'è niente che non possiamo ottenere o nemico che non può essere sconfitto. E' il momento di far capire a Ponto e tutti con chi hanno davvero a che fare. Tûr na athan i glawar.

    E con quel messaggio nelle loro menti, Oceano si congedò, organizzando gli ultimi preparativi per la sua partenza e allestendo ogni genere di contromisura possibile e immaginabile per quella battaglia. Conquistare la Torre Nera era stato il primo passo, e ora quello sarebbe stato il secondo.
    La realtà sarebbe tornata loro.

    Su4sahH

    NOME ● Oceano
    ENERGIA ● Blu
    SOMA ● Daghe {VI}
    FISICAMENTE ● ///
    MENTALMENTE ● ///
    STATUS SOMA ● ///

    RIASSUNTO AZIONI ●
    ABILITÀ ● ///

    TECNICHE ● ///
    NARRATO | PARLATO | PENSATO | °TELEPATIA°
     
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    Hell’s Passenger

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    Specter di Hades
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    Tûr na athan i glawar, 1


    E' incredibile come le cose potessero cambiare con il passare del tempo.
    L'ultima volta che erano stati riuniti assieme, in maniera pacifica come in quel momento, era stato in un periodo così lontano che le memorie a riguardo le parevano sfocate - complice era anche il fatto che il suo risveglio era stato fin troppo recente, e anche incompleto, ma ben ricordava il periodo teso che vi era stato prima della Titanomachia, prima della rottura delle acque.
    Erano ancora pochi, neanche la metà dei gloriosi dodici signori che erano un tempo, ma il solo poter rivedere i suoi fratelli di nuovo le portò una sensazione di beatitudine e felicità che non poteva descrivere.
    Era felice anche di rivedere Giapeto, nonostante il loro rapporto famigliare fosse deteriorato rapidamente a causa delle loro rispettive scelte. Erano altri tempi, pensò Rea, e ciò che era stato era stato - l'importante era il presente, di quello era sicura, almeno per lei.
    Non aveva avuto modo di parlare in maniera approfondita né con lui né con Oceano - non ancora perlomeno - ma considerando che era stata risvegliata come Gigante da Giapeto in primo luogo, la Titanide pensò che era forse segno che vi fosse ancora una sembianza di affetto tra di loro, o almeno era ciò che sperava.
    Una parte dei suoi pensieri ripensò a Chimaera, a ciò che aveva fatto e quanto avesse sacrificato per lei. Non avrebbe mai potuto ricambiare i sentimenti che il Gigante pareva provare nei suoi confronti, ma avrebbe sempre tenuto dentro di sé le preziose memorie del tempo in cui erano stati un tutt'uno, di quando era una semplice umana.
    Aveva tanto a cui pensare, ma al momento vi erano altre priorità più importanti, e nonostante fosse riunita con i fratelli i tre non avevano tempo per parlare del più e del meno - la loro priorità era iniziare a ricostruire le fondamenta del loro impero, e ciò richiedeva la loro completa attenzione.
    Con la Corruzione e il pericolo costante che era Ponto all'orizzonte, dovevano assolutamente prepararsi al peggio: per fortuna la Torre Nera era tornata già in loro possesso, ma vi era molto da fare, tra cui ricostruire un'armata ed armarla, oltre che risvegliare le loro navi. Inoltre, mentre Giapeto era completamente risvegliato, sarebbe stato ideale che lei e Oceano si riprendessero il prima possibile, poiché onestamente uno scontro contro Ponto con le loro forze attuali sarebbe stato un suicidio.
    Era un pensiero fastidioso, rendersi conto che non aveva nemmeno lontanamente la stessa potenza di una volta, ma si disse che era inevitabile considerando tutti i fattori in campo, anche se il gusto amaro di ciò non le lasciò la bocca. In ogni caso, con la giusta preparazione sarebbero stati pronti per lo scontro.
    Riuniti dunque assieme come una volta, i tre figli di Gea collegarono le proprie menti in maniera tale da potersi scambiare direttamente informazioni ed idee, proprio come un tempo. Era da tempo che non discuteva a lungo in tale maniera, poiché tale metodo era cosa unica ad entità superiori come i Titani, ma era sempre rimasto tutto famigliare, quasi confortante.
    La loro discussione si protrasse velocemente da un argomento all'altro, comprendo tutto ciò che dovevano pianificare e preparare, ed ognuno sapendo in maniera precisa il loro ruolo in ciò.
    Oceano si sarebbe occupato degli umani, e Rea pensò che tra di loro, nonostante tutto, fosse il più adatto. Giapeto poteva essere il loro "antenato" attraverso suo figlio, e lei poteva essere stata la Regina, ma il suo fratello più vecchio era pur sempre stato il sovrano di Atlantide, una delle prime grandi civiltà umane. Più di tutti lui era quello che conosceva le potenzialità dell'uomo, e sarebbe stato il più adatto a convincerli ad aggiungersi alla loro causa. Rea vedeva nella progenie di Prometeo del potenziale, del potenziale che però pareva essere andata a scemare nel corso dei millenni. Nonostante avesse vissuto diversi mesi come umana dotata di cosmo, quasi nessun umano che aveva visto si era avvicinato alla pura potenza che ricordava dagli umani che servivano un tempo sua madre, anche se ciò in sua opinione poteva essere rimediato a tempo debito e in maniera ragionevole.
    In ogni caso, dal canto suo Rea sapeva cosa fare: avrebbe riattivato le loro antiche fucine e armerie, in maniera tale da iniziare di nuovo a rifornire i loro soldati con le migliori armi possibili, anche se quella sarebbe stata la parte più semplice. Ricevendo da Oceano un pacco di informazioni, Rea iniziò ad elaborare nella sua mente lo schema dell'antica nave del fratello: un'altra sua priorità sarebbe stata riparare e aggiungere migliorie, se possibile, alle loro navi. Rea aveva sempre avuto una certa abilità con questo tipo di cose, e sarebbe stata solo questione di tempo ed impegno riportare le navi al loro antico splendore. Finita questa riunione, avrebbe immediato iniziato a lavorarci.

    "Non ti preoccupare, fratello, vedrò di riportarla come nuova. Giapeto, se hai bisogno di qualcosa con la tua nave fammi pure sapere."

    Sorrise. Giapeto era ben capace di lavorarci da sé, considerando che era la mente della famiglia assieme a Ceo, ma perlomeno Rea sapeva di poterci dare i “ritocchi” necessari vi fosse stato bisogno, dato che era una delle sue specialità.
    Ovviamente aveva già iniziato a pensare a come sistemare la sua di nave - sarebbe stato ideale lavorare su quelle dei Titani risvegliati in particolare, per pura questione di efficienza.

    "Per il resto ho riattivato le fucine e la catena di costruzione delle armi, ci vorrà un po' ma dovrei riuscire ad armare i soldati che porterete qua. Se avete qualche idea che volete realizzare è il momento ideale per mandarmi i vostri schemi, provvederò a lavorarci il prima possibile."

    Spartiti dunque i compiti, era ora di passare alla parte pratica: le loro menti erano chiare, e Rea trovò soddisfazione e felicità nel lavorare di nuovo con i fratelli. Ricambiò con altrettanto affetto lo sguardo di Oceano, annuendo, e fece lo stesso con Giapeto, sorridendo, per poi alzarsi.

    "Procedo dunque a congedarmi anche io, spero di poter discutere con voi in un altro momento in maniera più tranquilla. Tûr na athan i glawar."

    La Titanide dunque diede un ultimo sguardo ai fratelli, per poi prendere direzione opposta al fratello, dirigendosi verso le fucine per vedere come procedeva la produzione: aveva lasciato i suoi Coribanti e i suoi vari assistenti a lavorarci, ma era sempre meglio supervisionare il tutto e dare una mano; un tempo sarebbe stato più facile, ma al momento non poteva generare minerali da sé, cosa che avrebbe rallentato la velocità di produzione, ma era solo un piccolo ostacolo nel grande processo che avevano appena iniziato. Vi era molto da fare, ma sapeva che ora erano riuniti tutto ciò sarebbe stato solo questione di tempo.
    Non era più una questione di sé, ma solo di quando.


    narrato | parlato | pensato | parlato altri

    YynpZTr

    NOME Rea
    ENERGIA Blu
    CASTA Titani
    SOMA Katar {VI}
    FISICAMENTE ///
    MENTALMENTE ///
    STATUS SOMA ///

    RIASSUNTO AZIONI ///

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    Edited by ×LostMemories× - 2/1/2019, 20:14
     
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    CRIMSON DEFILER

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    Una quantità terrificante di dati, ma per Giapeto era solo un normale giovedì sera.
    Era giovedì?
    Era sera?


    Da qualche parte nell'universo doveva essere giovedì sera, prima o poi.
    Seduto a gambe incrociate per aria, Giapeto galleggiava pigramente nello spazio aereo della grande sala in cui si trovavano il suo fratello Oceano e sua sorella Rea. Davanti a lui vari schermi olografici circondavano la sua intera orbita, oscillando, apparendo e scomparendo continuamente. Giapeto era sempre stato il titano dall'intelligenza visiva, si sentiva più a suo agio ad averli davanti agli occhi i numeri e le equazioni. Sopratutto perché così evitava di cadere nell'errore di rendere certi calcoli abitudinari e lasciarsi sfuggire errori dozzinali. Ne stava notando vari, nel flusso di dati, assieme a qualche ridondanza. Così in tutto questo, Giapeto era profondamente impegnato sia nel condividere informazioni nello stream di coscienza che collegava i tre titani, che nel correggere in tempo reale tale flusso.

    Fratello e sorella, siamo veramente arrugginiti. Rimanere imprigionati per eoni ci ha davvero fatto male. Ai tempi d'oro dell'impero queste informazioni avremmo dovuto averle già pronte PRIMA di cominciare la riunione. Ma capisco che ognuno di noi è stato impegnato in cose sue, oltre al fatto che voi due dovete ancora riprendervi del tutto. - Era alla settima revisione completa dell'intero stream, negli ultimi dieci secondi, e ogni volta che ricontrollava trovava qualche piccolo errore che gli era sfuggito in precedenza.

    Fermi tutti, fermi tutti. - Allargò le braccia davanti a sé rivolgendo i palmi in avanti, compiendo un ampio movimento circolare. Tutti gli schermi si disposero in linea orizzontale. Poi sbatté le mani e ognuno collassò sull'altro. Le varie differenze si colmarono, gli spazi vuoti di uno schermo vennero riempiti da un'altro e così via. Il risultato finale fu un unico rettangolo delle dimensioni di un foglio a4, completamente saturo. - E...invia. - Toccò con un lungo dito nero il pacchetto dati e lo inviò per l'ennesima volta ai suoi fratelli, che finalmente poterono godere della completa massa di dati priva di errori, capace di scorrere nella loro coscienza in modo perfetto e armonioso, seguendo un ritmo sinusoidale. Il titano poi a voce estremamente bassa mormorò qualcosa del tipo "ecco la vostra sinusoide".

    Nel suo gravitare perse progressivamente quota, avvicinandosi ad Oceano. - Concordo, fratello mio. Recuperare consensi tra gli umani è una cosa importante e estremamente utile nell'ambito attuale. Sopratutto per il fatto che persino Madre Gea ha riconosciuto il potenziale delle nostre creature, utilizzandole come nuovo focus. Apparentemente si sono dimostrate fin troppo adatte a manipolare la realtà. Come possiamo aver notato. Quindi è il caso di cominciare a sfruttare il prima possibile la cosa, dopotutto sono una nostra risorsa fin dal principio. - Ridacchiò tra sé e sé. In quel particolare frangente, Giapeto era nella sua vera forma, contenuta all'interno della soma. La forma primordiale del titano era in verità più complessa e terrificante per standard umani, ma quella attuale si difendeva bene, ammise. I sei convertitori sulla sua schiena erano collassati su loro stessi, i vari segmenti avvicinati tra loro, trasformandoli in sei lunghi spuntoni aguzzi che protrudevano dalla schiena del titano per un buon paio di meri. Le lame erano ripiegate sugli avambracci. Il cupolotto del suo cranio invece, era debitamente lucido al punto da riflettere la luce dei dati che aveva di fronte. Tale luminosità permetteva di intravedere vagamente i contorni del cranio umanoide nascosto dietro suddetto cupolotto. Era uno dei vari dettagli che era trasparito nella progettazione estetica degli umani. Un cranio simile, ma più semplice, con meno cervello da metterci dentro. Due braccia, due gambe. un dito in meno per arto, per semplicità di uso.
    Una volta tornato ad avere sei dita per mano Giapeto si chiese come avesse fatto a vivere tutto quel tempo con solo cinque.

    Fece una mezza piroetta in aria, rimanendo a gambe incrociate, avvicinandosi stavolta a Rea. Sollevò la mano, ma visto che in quell'istante si trovava capovolto la rivolse verso il pavimento. Tra i due diti medi della mano apparve un piccolo pacchetto di informazioni, che mandò con un lieve gesto all'amata sorella.

    Ti ringrazio per la gentile disponibilità, sorella mia, ma la mia nave è una questione di cui è necessario di cui mi occupi io personalmente, in quanto richiede una interfaccia particolare che nessun'altro ha. Inoltre non si fida degli estranei, sopratutto dopo tutto questo tempo. In questo pacchetto è tuttavia contenuta tutta la sapienza necessaria a creare una piccola zona in cui contenerla. Con specifiche di temperatura, umidità, e qualche vasca in cui far gestare i nutrienti per i sistemi di calcolo. Nulla di complicato, la mia nave è all'insegna del risparmio, dato che posso viaggiare autonomamente. - Nel parlare si raddrizzò completamente e perse ulteriormente quota, arrivando a galleggiare a un paio di metri dal suolo. La sua lunga coda si arrotolò sotto di lui, creando varie spire su cui alla fine si sedette comodamente, mantenendo le sue gambe nella posizione del loto.

    In tutto questo, io farò un'altra cosa, altrettanto importante. - Voltò il volto lucido e privo di tratti somatici - bocca esclusa - verso Oceano. - Come ho detto è importante guadagnare la fiducia degli umani. Per questo ho fatto in modo che pochissimi sappiano della mia identità. L'unica volta in cui mi sono presentato ufficialmente, con il mio nome, con la mia soma, è stato ad un cavaliere d'oro di nome Kyros. Ha azzardato proporre che Crono collabori con Thanatos, e che di noi non ci si possa veramente fidare. Mio figlio Prometeo ha contatti con il grande tempio di Atena, quindi spero che tale diceria non abbia preso piede. - Fece un vago gesto per aria con la mano sinistra. - In tutto questo, mi sono tenuto impegnato alla mia maniera...sapete com'è che passo il tempo. Ho migliorato qualche umano. Nel processo ne ho persi un bel po', ma erano rimpiazzabili. Se cara Rea riesce a riaccendere le camere di gestazione per produrne qualcuno in quantità industriali sarebbe utile.

    Ovviamente in tutto questo non sono mai apparso con la mia vera forma o mai ho detto il mio nome. Probabilmente per gli interessati sono soltanto un corrotto. Ed è bene che ciò rimanga così. Quindi le mie apparizioni pubbliche saranno estremamente controllate, o sotto falsa identità. Vari umani sanno che ci sono, ma non sanno riconoscermi. Nessuno di voi faccia il mio nome
    . - Allungò il braccio destro avanti a sé, e la lama tornò in sede prolungando il suo arto. La punta disegnò vari rettangoli per aria, creando lacerazioni nello spazio sottile in modo che mostrassero scorci di spazio siderale. Vari pianeti e sistemi solari divennero parte dell'inquadratura rivolta a suo fratello e sua sorella.

    Come potete ben ricordare, il nostro impero spaziava per tutto l'universo, e ovviamente gli umani non erano l'unica razza senziente che ci serviva. Ce n'erano migliaia di altre, alcune delle quali esistono ancora. Altre purtroppo si sono estinte, o sono evolutesi in modi che non ci sono utili. Questo è quello che farò: viaggerò per l'universo riallacciando i rapporti diplomatici. E per rapporti diplomatici intendo "andrò là e gli ricorderò che ci appartengono". Mentre Oceano raccoglierà consensi tra gli umani, io lo raccoglierò tra i non umani. Comincerò con le razze combattenti, poi con le razze costruttrici. La prima razza che contatterò saranno gli Yautja, gli agenti prediletti di Crio. Sono ancora attivi. Una razza onorevole, estremamente potente per gli standard umani e sopratutto dediti culturalmente alla caccia. Non si lasceranno sfuggire l'occasione di cacciare un orrore immortale ed infinito che può assumere infinite forme. - Uno dei quadranti zoomò immediatamente su un pianeta color ocra, mostrando una grande civiltà che mischiava tribalismo e tecnologia. Una razza di umanoidi enormi e possenti.

    Subito dopo, passerò ai Tch'h. O meglio, IL Tch'h. In quel pianeta la vita si è sviluppata in modo diverso dalla terra. Per esempio, esiste un grande oceano che è un'unica grande ameba senziente. Una cellula di dimensioni chilometriche che è di fatto la specie dominante dell'intero pianeta, e con le proprie azioni ne controlla e gestisce l'ecosistema. Riuscire a recuperare un discreto campione di Tch'h ci risulterà parecchio utile, ma il come ve lo spiegherò a cose fatte. Quello rientrerà tra le cose "mie".
    - Uno scorcio su di un grande oceano ondeggiante dal colore vagamente perlaceo, su cui grandi creature camminavano migrando.

    Poi, tra una razza aliena e l'altra, andrò a recuperare le mie sacche di olio scintillante rimaste in giro per l'universo. So esattamente dove le ho lasciate...a parte quella sulla terra. Ho scoperto che è stata manomessa dagli atlantidei durante il regno di Poseidone. Come hanno fatto a non condannare l'intero pianeta sarà una cosa che dovrò indagare. Lo so che non vi piace l'infestazione. Non è mai piaciuta a nessuno di voi. Ma il ceppo che sto usando attualmente è COMPLETAMENTE sotto il mio controllo. E non potete negare che sia utile contro un nemico come la corruzione. Detto questo, io vado. Ho molte cose da fare e il tempo ce l'ha tutto Crono.
    Ahr. Tûr na athan i glawar.


    Detto questo, la figura di Giapeto collassò su se stessa in uno sfilacciamento di energia caotica.



    Nome | Giapeto
    Energia | Nera
    Casta | Titani
    Soma | Xiphos {VIII}
    Status Fisico | ///
    Status Mentale | ///
    Status Soma | ///

    Riassunto Azioni |

    Abilità Utilizzate | ///

    Tecniche Utilizzate | ///

     
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    Quando Giapeto corresse i dati dei suoi fratelli, ad Oceano venne quasi da sorridere. Molte cose cambiavano col tempo, ma l'attitudine dei suoi fratelli era rimasta esattamente come se la ricordava, il che, nel caso di Giapeto, poteva non essere una cosa positiva; non perché lo odiasse, assolutamente, ma tendeva ad usare metodi drastici che Oceano non sempre condivideva. Un po' come l'infestazione, dire che non gli era mai piaciuta sarebbe stato un simpatico eufemismo, ma si fidava di lui abbastanza da credergli quando diceva che era sotto controllo e che, contro la Corruzione e non solo, sarebbe stata utile; ma, se si doveva spezzare una lancia a favore di suo fratello, era innegabile che i risultati che riusciva ad ottenere con la sua sperimentazione e il suo modi di fare fossero eccellenti. Prima o poi avrebbe dovuto parlargli riguardo ad un argomento piuttosto delicato, necessario dal suo punto di vista per capire non qualcosa di astruso o calcoli nati da fredda necessità o per compiere piani su piani: semplicemente Oceano voleva sapere come stava suo fratello dopo un piano che lo aveva visto soffrire forse più di chiunque altro fra i Dodici e aiutarlo, se possibile, tanto e tale era il profondo affetto che nutriva per la sua famiglia. Non aveva grandi speranze di successo, ma avrebbe dovuto comunque provare. Con Rea pensava sarebbe stato più semplice, considerando la loro visione spesso concorde su quasi ogni cosa, ma non meno doloroso.
    Quello, tuttavia, era un discorso da affrontare al compimento della missione di ognuno, perché la pietra fondante sulla quale costruire il loro nuovo impero non poteva attendere oltre per essere sistemata. Oceano già aveva iniziato a creare degli avamposti, luoghi dove umani sopravvissuti venivano innanzitutto professionalmente scansionati per il minimo cenno di corruzione, poi trasportati alla Torre per far iniziare la loro nuova vita sotto l'egemonia titanica, ma quelli erano più centri di stoccaggio che altro. Si rendeva conto che sarebbe stato forse utile creare degli stabilimenti permanenti, sebbene in realtà fossero più che altro puntini sulle mappe per tenere il territorio, per far stabilire lì umani che non lasciavano volentieri la loro terra. Lì altri umani sarebbero potuti essere portati ed istruiti dai loro stessi simili sulla bontà delle loro iniziative. Sì, era un buon piano, se lo sarebbe tenuto per la fase due del suo progetto.

    Quando Oceano si fece teletrasportare in zona fu immediatamente accolto, nella piccola sala adibita alla funzione di riceverlo, da otto dei suoi soldati scelti. Erano tutti umani, per ora razze aliene ancora non avevano iniziato a comporre le sue fila, ma ciò che mancava loro in potenza naturale era compensato in addestramento e abilità con ogni tipo di arma messa loro in mano dai Titani, oltre che una comprensione quantomeno accettabile delle verità del cosmo. La loro armatura poi era un piccolo gioiello di ingegneria titanica.
    Lo accolsero mettendosi rigidamente sugli attenti, con un sonoro clangore di stivali metallici, prima che Oceano facesse loro cenno di sciogliere il saluto. Uno di essi avanzò, era possibile identificarlo come capitano dalle onorificenze che erano incise nel tessuto biomeccanico dell'armatura, presentandosi e camminando di fianco al suo Signore, mettendolo al corrente degli ultimi sviluppi dall'ultima volta che aveva controllato con voce femminile, sebbene distorta dal modulatore dell'elmo.

    Capitano Ross a rapporto, signore. Dall'ultimo vostro check up la situazione è rimasta stabile, la corruzione è rimasta sotto controllo e soprattutto al di fuori dell'accampamento, ci sono state svariate schermaglie, risolte tutte in nostro favore. Nessuna perdita, ma i soldati restano all'erta.

    Ottimo. I civili come stanno?

    Ottimamente, come avete ordinato ho fatto trasportare i feriti in immediato pericolo di vita alla Torre, il resto sono comodamente sistemati nei loro alloggi, ben nutriti e ancora meglio trattati. Qualcuno ha chiesto perché non erano già stati portati tutti al sicuro, ho risposto che era necessario prima rendere sicuro il perimetro per evitare infiltrazioni di corruzione nel luogo dove li trasporteremo, sempre come avete ordinato. Ora sono perlopiù tranquilli.

    Perfetto. Avete continuato a scansionarli con discrezione?

    Sissignore, gli esami non mostrano segni di corruzione in nessuno di loro, sono tutti perfettamente sani.

    Mentre parlavano avevano preso a camminare fuori dal piccolo cubicolo nero che faceva da ricevente per il teletrasporto, avviandosi tra le vie dell'accampamento seguiti a breve distanza dalle restanti sue guardie. C'era stata un netto cambio di temperatura e illuminazione, l'aria attorno a loro esprimeva al meglio la desolazione di quella terra che era stata martoriata da mostri di ogni genere, ma quell'accampamento era diverso. Si era trasformato in un piccolo centro di speranza e attività, civili che parlavano amichevolmente con i soldati in aliene armature, Giganti che aiutavano a posizionare e costruire nuovi alloggi temporanei, ossia dei prefabbricati che avevano il pregio di comporsi prevalentemente da soli tramite l'ingegnoso utilizzo di forze magnetiche, che contenevano tutti i comfort per una vita agiata date le circostanze, forti dell'infinita riserva di risorse provenienti dalla Torre, stava dando a quelle persone uno scorcio della magnificenza titanica; ed era stato promesso loro che le cose sarebbero solo migliorate una volta portati alla Torre. Il suo piano stava funzionando esattamente come aveva previsto. Erano creature tutto sommato semplici gli umani, bastava premere i giusti pulsanti per ottenere una reazione o movimento appropriato, e questa cosa era peggiorata di molto con l'infinita incuria degli olimpici; quelle persone avevano sofferto e Oceano aveva dato loro sollievo, avevano avuto fame ed erano stati sfamati, erano stati assetati ed era stata data loro acqua, sarebbero stati in pericolo e il Titano stesso li avrebbe protetti.

    Oceano stava personalmente occupandosi dei singoli civili, conversando amabilmente con loro e assicurandosi che avessero ricevuto sostentamento necessario, quando suonò l'allarme generale. Oh, ottimo, significava che i corrotti avevano deciso di attaccare anche prima delle aspettative. Ora che Oceano era lì le loro forze potevano dividersi in maniera equa tra la difesa delle solide mura protettive del campo e vicinanza al blocco dei civili, ultima cosa che era più per mostrare che, di nuovo, il Titano teneva molto alla protezione dei civili. Cosa non falsa, attenzione, ma semplicemente non sarebbe stato necessario prestare così tanta attenzione alla loro incolumità considerato lo spessore delle difese che aveva la struttura: il muro di solido metallo scuro era formato da un metallo liquido, che sarebbe potuto adattarsi alle necessità ed essere soprattutto facilmente trasportabile, su di esso erano posizionate torrette che fornivano un volume di fuoco a dir poco terrificante, senza considerare i singoli soldati disposti ognuno in maniera di ottenere del massimo vantaggio dall'elevazione posseduta.
    Oceano si dispose sulla zona più alta di quel muro grigiastro, in modo che tutti potessero vederlo, di fianco ad una imponente batteria di potenti laser binari in grado di buttare giù una corazzata con un colpo ben assestato, utilizzando la sua Soma per interfacciarsi con i suoi avanzati sistemi di puntamento; una lieve patina bianca apparve su entrambi gli occhi del Titano, anche il destro scoperto per l'occasione, mentre dati e analisi in tempo reale gli apparvero davanti. Un'orda di corrotti, massa informe di creature terrestri e aeree, stava riversandosi verso i bastioni come una marea di morte, muovendosi in quella larga ed esposta pianura con grande velocità. Oceano ordinò a tutte le batterie di fare fuoco. E fu pioggia di morte, ma ancora non bastò. L'orda venne dispersa, quella parvenza di unità che aveva avuto distrutta, ma ancora c'erano molti nemici a muoversi e ad avanzare ancora, imperterriti, verso le solide mura. Le armi principali avevano bisogno di qualche secondo di cooldown dopo aver sparato ripetutamente in maniera così intensa, e per questo Oceano colse l'occasione per dare il colpo finale ai mostri di Ponto.
    Allargò le braccia, evocando a sé le sue daghe, mentre i sistemi di puntamento della batteria sulla quale si era agganciato passavano da un bersaglio all'altro, marchiandoli tutti al suo sguardo con un mirino rosso. Intorno a lui apparvero dei puntini di acqua verdastra, grandi come spilli, prima decine, poi centinaia, poi migliaia. E diede quel singolo comando.



    I puntini avanzarono a velocità ipersoniche verso i loro bersagli, creando un lieve boom alla partenza, raggiungendo ognuno il loro bersaglio con precisione chirurgica. E quando ciò accadde ogni corrotto implose, il loro liquido vitale fuoriuscito dal corpo con forza e pressione inimmaginabile, dilaniandoli terrificantemente in una pioggia di organi e sangue. Ma non una goccia toccò le mura o gli umani a loro difesa, come protette dalla benedizione di Oceano.
    Ci fu silenzio per un momento. Poi la realizzazione del successo, e un grido di vittoria scosse gli animi dei soldati. Oceano sorrise, lasciandosi sfuggire un sospiro di stanchezza mentre la gioia dei suoi uomini lo investiva forte e chiara, discese dalle mura, dando ordine di organizzare immediatamente squadre per pulire il macello, e per pulire intendeva dare alle fiamme qualsiasi cosa avesse anche solo la minima apparenza corrotta, ma nel mentre si rese conto che i civili, resosi conto di essere al sicuro, stavano uscendo dai loro ripari incoraggiati dai soldati rimasti a loro non necessaria protezione; presero a unirsi in una folla, e ad avanzare timidamente verso Oceano. Il Titano li guardò, sorridendo come un padre ai figli spaventati, e ad ognuno di loro disse che erano al sicuro, che presto sarebbero stati portati alla Torre della quale avevano solo sentito parlare, e che finalmente avrebbero vissuto da uomini e non da sopravvissuti.
    Ci fu un applauso, sonoro e potente, seguito da urla e pianti di gioia. Sorrise, camminando tra di loro, stringendo mani e rassicurando chi era preoccupato, e lo fece con tale imponenza e forza nella sua voce così umana che nessuno dubitò. E in quel bagno di folla, Oceano si disse di aver avuto successo. Un primo successo, ma non sarebbe stato l'ultimo di quella sua iniziativa.

    Su4sahH

    NOME ● Oceano
    ENERGIA ● Blu
    SOMA ● Daghe {VI}
    FISICAMENTE ● ///
    MENTALMENTE ● ///
    STATUS SOMA ● ///

    RIASSUNTO AZIONI ●
    ABILITÀ ● ///

    TECNICHE ● ///
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    Rea avanzò in silenzio attraverso i lunghi corridoi che collegavano la sala principale della Torre Nera al resto delle stanze, con chiara in mente la sua destinazione: mentre i suoi fratelli avrebbero proceduto a reclutare le loro nuove armate, lei avrebbe gestito il resto delle priorità più immediate. Dopotutto, il Trono dell'Infinito doveva essere pronto ad accogliere la venuta del loro secondo impero, e ciò avrebbe richiesto delle basi solide. Vi erano tante cose che doveva cercare di portare a termine, e dunque doveva scegliere cosa fare prima rispetto al resto.
    Mettendo da parte mentalmente gli schemi della stanza che avrebbe accolto la nave di Giapeto - poiché essa sarebbe stata una cosa relativamente semplice da creare - la titanide sapeva di dover priorizzare la riparazione della nave sua e quella di Oceano, dato che erano più complesse ed urgenti. Vi era poi da considerare il fatto che l'Infestazione creata da suo fratello non era mai stata qualcosa che riuscisse ad apprezzare, sia nella sua vecchia vita che in quella attuale: Rea aveva sempre trovato la creazione di suo fratello qualcosa non per i suoi gusti. Era di certo una forma di vita, ma una parte di lei era incapace di accettarla completamente. Considerando poi la verità riguardo il suo risveglio, era probabile che mesi addietro, in quel campo di sopravvissuti in cui era rinata, quelle creature che aveva affrontato non fossero che opera di Giapeto - come tutta la situazione a dirla tutta. Non ne aveva parlato con il fratello, ma conoscendolo le era parso alquanto evidente. In ogni caso, tutto ciò era qualcosa a cui avrebbe dovuto pensare in un altro momento.
    Tornando dunque alla sua priorità attuale, Rea iniziò a lavorare mentalmente sugli schemi ricevuti da Oceano: da quanto vedeva la Nym avrebbe richiesto un po' di lavoro, ma la nave del fratello non era in condizioni eccessivamente cattive. Avrebbe dovuto sistemare l'armamentario e riparare certi punti, ma la struttura generale pareva ancora solida e tutto sommato in sesto.
    Per fortuna la sua nave, la Nophica, avrebbe richiesto ritocchi non eccessivamente complessi, specialmente considerando che eventuali suoi difetti sarebbero stati più semplici da aggiustare in futuro, con il progredire del suo risveglio: essa era stata infatti costruita con in mente la possibilità da parte sua di modificarne internamente ed esternamente la struttura metallica con le sue stesse capacità, così da poterla gestire ed aggiustare con incredibile facilità. Mentre alcune parti erano più complesse ed avrebbero dunque richiesto un lavoro più attento, il lavoro che avrebbe richiesto sarebbe stato minore rispetto alla Nym. Rea aveva tenuto in considerazione il fatto che i suoi poteri fossero terribilmente più deboli di una volta, specialmente considerando che non poteva neanche manipolare la materia circostante come prima, ma aveva concluso che a tempo debito ne avrebbe avuto abbastanza il controllo da poter tornare a gestire la nave e il palazzo come nella sua vita precedente, o in maniera perlomeno simile.
    Preso in considerazione ciò, la sua attenzione tornò completamente sull'altro progetto: suo fratello era stato molto specifico su come la Nym dovesse essere sistemata ed aggiornata. Anche per lei sarebbe stato un lavoro lievemente lungo, specialmente considerando che, oltre la perdita dei poteri, era da molto che non metteva mano su una nave: le conoscenze erano lì, nella sua testa, ma il suo corpo era decisamente arrugginito - sarebbe stato un lavoro che avrebbe richiesto la sua massima concentrazione, in maniera tale da man mano riprendere la dimestichezza con i vari punti.


    Arrivò dunque presto all'hangar contenente la Nym: considerando che essa si estendeva per più di un chilometro di lunghezza, era sempre necessario un bel po' di spazio. Vi era anche da considerare che gli strumenti necessari erano di dimensioni altrettanto grandi: l'intera stanza non era altro che un'officina con macchinari di tecnologia titanica, che se descritti brevemente erano simili in funzione a quelli degli umani, seppur decisamente più completi, efficienti e veloci - dopotutto, nessuna popolazione si era ancora avvicinata al loro progresso tecnologico. Atlantide forse era la più vicina, ma era ancora lungi da raggiungere ciò che di cui erano capaci, anche prendendo in considerazione che nessuno di loro possedeva la genialità che solo una mente Titanica poteva possedere.
    Spostando al lato della propria mente questo pensiero fugace, il resto del suo intelletto si concentrò sugli schemi di Oceano: conosceva la struttura della Nym molto bene, ma nel corso del tempo il fratello aveva apportato modifiche personali di cui non conosceva perfettamente l'entità, di conseguenza ristudiarsi la mappatura dell'enorme nave avrebbe sicuramente giovato al suo lavoro.
    Fatto ciò, con un singolo pensiero plasmò poi la materia, processandola attraverso il processo alchemico e dando vita ad essa, così da far nascere di nuovo alcuni dei suoi più fedeli ed abili servitori, i Coribanti: essi non erano solo abili e fedeli guerrieri, ma anche esperti fabbri che agivano da assistenti. I macchinari erano direttamente collegati alla sua mente, ma avrebbe comunque necessitato di una piccola mano per gestirli completamente mentre si occupava della riparazione.
    Dato che le menti dei guerrieri-fabbri erano direttamente collegate alla sua, non ebbe bisogno alcuno di perdere tempo a darli ordini: essi si spostarono da soli nelle loro rispettive posizioni, rapidamente e in maniera precisa, mentre Rea fece una rapida checklist su cosa dovesse lavorare precisamente, collegando le macchine alla Nym.
    La corazza riflettente esterna pareva essere in condizioni decenti, ma avrebbe proceduto a rivestirla comunque con vari strati del medesimo metallo di costruzione, così da metterla nuovamente in sesto e lasciarla in condizioni ottimali. Le macchine si posizionarono dunque ai vari lati della Nym, procedendo a creare una specie di cubo attorno alla nave, procedendo su di essa e rivestendola con somma precisione e attenzione. Rea durante ciò fece particolare attenzione a controllare se vi fosse qualche difetto nell'uniformità della nave, ma a parte qualche punto lievemente piegato o schiacciato facilmente sistemabile non trovò complicazioni eccessive. Il fratello aveva sempre trattato bene la nave, e considerando i materiali era difficile che fosse deteriorata nonostante il tempo passato. Era più probabile che il suo lavoro maggiore sarebbe stato con i sistemi interni, pensò Rea.

    I cannoni laser erano leggermente usurati, ma non avrebbero richiesto di essere sostituiti: un rapido e attento lavoro con i sottilissimi strumenti a sua disposizione l'avrebbe aiutata a sistemare il lato superficiale esterno. I generatori interni avrebbero richiesto una cura più precisa, ma avrebbe osservato i dettagli precisi dopo aver finito con la prima parte del lavoro. Il cannone antimateria, l'arma principale e più potente della Nym, non avrebbe richiesto lavori se non quelli di check interno.
    L'armeria, che aveva riattivato quasi subito dopo il suo risveglio, stava già lavorando a ricostruire armi non solo adatte ai loro soldati, ma anche alle loro navi: missili e bombe erano già in catena di produzione, e sarebbe stata solo questione di tempo prima di avere un quantitativo soddisfacente.

    Rea diede infine un ultimo controllo attento all'esterno della nave, controllando in particolare i punti di uscita e rilascio di essa: parevano in parte danneggiate, di conseguenza avrebbe probabilmente dovuto sostituirle con nuove parti - per sua fortuna erano cosa da poco, e con un pensiero mentale mandò uno dei Coribanti a mettere in produzione i portoni necessari.

    Dopo aver dunque lavorato sul lato esterno della Nym, Rea procedette a controllarne l'interno: i macchinari avrebbero gentilmente aperto sotto il suo desiderio i punti di interesse. In primis, voleva controllare che il motore principale di alimentazione autonoma della nave fosse in sesto: un controllo accurato con gli scanner le indicò presto che mentre esso pareva in condizioni accettabili, era necessario sostituirne alcune componenti che erano state danneggiate in maniera irreparabile. Era sicura di avere parti di ricambio nell'officina, dunque avrebbe semplicemente smontato il motore e sostituito i punti necessari.

    Finito di sistemare dunque il motore di alimentazione (avrebbe poi testato a fine lavoro), Rea avrebbe pensato ai motori ausiliari per lo spostamento anni-luce e i postbruciatori adibiti ai movimenti bruschi e laterali: considerando le dimensioni della Nym erano piuttosto grossi, ma erano in condizioni ottimali come sempre - erano parti che generalmente tendevano a non usurarsi eccessivamente, dato che erano state create con la durabilità in mente in primo luogo.
    Un rapido check up e qualche minuto di aggiustamento ed erano tornati praticamente come nuovi.
    Diede poi un altro controllo al resto dei motori secondari, compresi quelli di riserva, ma non trovò niente che dovesse aggiustare - bastò un semplice e rapido fix di alcuni piccoli pezzi comuni.
    Subito dopo controllò i generatori laser e antimateria, trovando che anche essi necessitassero solo di sostituire qaulche componente diffettoso o rotto.

    A quel punto, passò dunque alla parte finale: i sistemi interni della Nym erano forse le parti più sensibili di essa, di conseguenza Rea si aspettava che esse sarebbero stato quelle messe peggio. Infatti, collegando il computer principale dell'officina a quello della nave, la Titanide notò che le parti legate al computer interno fossero particolarmente usurate: il sistema di mimetizzazione ottica e il radar erano in particolare praticamente inutilizzabili.
    Con una scossa della testa mandò il messaggio mentale ad uno dei Coribanti di recuperare i componenti necessari, mentre lei avrebbe proceduto con il controllo. Il resto della strumentazione interna pareva fortunamente relativamente a posto, perlomeno rispetto alle parti precedenti: mandò nuovamente le sue creazioni a recuperare ciò che serviva, poi procedette a mettersi a lavoro, mettendo in piena concentrazione la sua mente.

    Con meticolosa attenzione Rea sostituì dunque tutti i componenti difettosi, rimettendo a nuovo la maggior parte della Nym. Sostituì inoltre i panelli rotti e i meccanismi di apertura legati ad essi, e nel mentre ne approfittò per controllare la parte più importante della nave, quella che se avesse mostrato problemi le avrebbe di certo causato un bel mal di testa: quando la nave di Oceano era stato progettata, come con tutti i suoi fratelli vi era stata posta una funzione particolare che gli tornasse utile. Nel suo caso era un sistema di filtrazione dell'acqua assai peculiare, poiché Rea aveva appositamente lavorato su di essa in maniera tale da selezionare una serie di metalli interni malleabili e capaci di assorbire ed immagazzinare liquidi al suo interno. Ciò voleva dire che la Nym era come un enorme acquedotto che Oceano poteva manipolare: da essa i liquidi conservati potevano essere rilasciati e riassorbiti a piacimento da ogni suo punto, rendendola una fortezza mobile virtualmente capace di alimentarsi da sé. Tutta la nave era basata nel suo funzionamento su questa componente, di conseguenza Rea non poteva permettersi di trovarla danneggiata. Per suo sommo sollievo il sistema di filtrazione e i metalli tra i strati interni parevano essere intatti dopo un attento controllo degli scanner. Avrebbe dovuto poi chiedere ad Oceano di testare personalmente la cosa, ma pareva che almeno quella parte della nave fosse interamente intatta.

    Dopo un paio di check up di sicurezza, ed aver controlllato che la nave funzionasse senza problemi attivandola - la Nym era decisamente in condizioni ottimali a quel punto - Rea diede un ordine mentale a suoi Coribanti di disattivare i generatori della Nym e lasciarla a "riposo". Ora che era sistemata, la sua prossima priorità era la Nophica, ma per lavorarci si sarebbe dovuta spostare nella sua officina-hangar personale, dove era tenuta la sua fidata nave.

    Ironicamente aveva perso il conto del tempo passato, ma era probabile che varie ore fossero state necessarie: per sua fortuna ne aveva ancora abbastanza da permetterli di continuare il suo lavoro.


    narrato | parlato | pensato | parlato altri

    YynpZTr

    NOME Rea
    ENERGIA Blu
    CASTA Titani
    SOMA Katar {VI}
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    MENTALMENTE ///
    STATUS SOMA ///

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    Yautja prime era diverso da come lo ricordava il titano. L’aria era molto più umida, carica, pesante. Grandi nubi oscuravano il cielo offuscando la luce del sole e riflettendo i colori del mondo sotto di esse. Grandi edifici e distese brulle di terra sabbiosa, piramidi di roccia tagliata con laser. Ogni cosa contribuiva a inondare tutto in diverse tonalità di ocra. In tutto questo la soma del titano risaltava particolarmente. Un punto viola cangiante in mezzo a tutto quanto.
    Sul viola invece, risaltava il verde fosforescente che costituiva il sangue degli Yautja. Era stato immediatamente attaccato da due giovani irrequieti, che forse cercavano l’uccisione di qualcosa che percepivano come potente in modo da accelerare i tempi ed essere riconosciuti come adulti. Ma per il titano antiche tradizioni tribali valevano meno di nulla, e considerò l’atto per ciò che era: una aggressione. Non sprecò energie o pensieri riguardo cosa stesse per fare e conficcò entrambe le lame nel petto dei due giovani. Le mandibole sui loro volti si agitarono un paio di volte ed i loro occhi tradirono sorpresa, poi cessarono di vivere, cadendo a terra come bambole di stracci.

    Il termine “civile” può avere vari significati nella cultura yautja, in quanto nonostante sia un popolo che vive assolutamente per la caccia onorevole, esistono compiti necessari, come il preparare il cibo, il costruire armi ed edifici. In quel momento attorno al titano si era formato un piccolo corteo di quelli che poté identificare come civili. Tutti maschi, e qualche femmina che svettava tra di loro. Tornò alla mente di Giapeto che gli Yautja erano una società matriarcale. Tornò alla mente anche che la sua soma aveva l’aspetto di una delle creature che quella razza cacciava principalmente, o meglio, il contrario. Giapeto aveva creato gli xenomorfi miliardi di anni prima a sua immagine. Probabilmente era un dettaglio che era stato dimenticato tra le pieghe del tempo.
    Stava per essere attaccato di nuovo.

    La dunamis cominciò a fluire, vorticando attorno al corpo del titano, arricciandosi in angoli geometrici simili ai pattern del bismuto. La terra cominciò a tremare e creparsi sotto il brutale dominio dimensionale del titano, ed ogni cosa cominciò a piegarsi, stiracchiarsi. Gli edifici attorno si creparono e crollarono, qualunque fosse il materiale che li costituisse. Grida strozzate di sofferenza attorno a lui, persino da chi stava cercando di arrancare nella sua direzione e colpirlo.
    Nessun discorso, nessuna parola suadente del titano riuscì a calmare il crescente numero di individui desideroso di trasformarlo in un trofeo. Per tale ragione il titano decise di sparire, portando con sé tutti i presenti e rinchiudendoli in una dimensione minore. Lì, fece la cosa più naturale del mondo. Siccome l’onore era troppo forte e ingranato geneticamente per poter cedere a un interrogatorio sommario, il titano fece la cosa più naturale del mondo per lui: scoperchiò i loro crani e vi intrufolò cavi di vario colore e lunghezza.

    In tal modo poté scoprire le basi rudimentali della società odierna degli Yautja, e la cosa lo riempì di un misto di ilarità e disgusto. Oh, quanto erano degenerati questi un tempo gloriosi guerrieri. La caccia, prima un mezzo di espansione culturale e tecnologica, era solo divenuta fine a se stessa. Persino il loro sistema economico e politico si era deformato in virtù della caccia. Questo, al punto da spaccare in due la società. I maschi conquistano e cacciano, le femmine difendono e dominano. I due mondi rimangono separati ed i maschi non si interessavano della politica, preferendo dedicare la loro intera esistenza a quello che era poco più di un hobby agli occhi del titano. Giapeto sospirò, quasi affranto. Molto lavoro era necessario per riportare la razza protetta di Crio ai tempi della gloria.

    Normalmente tutto ciò avrebbe richiesto tempo. Certo, per una creatura inferiore, o qualcuno dei suoi fratelli. Ma una mente sopraffina come quella di Giapeto ignorava completamente concetti come tempo, spazio, e orari di sonno salutari. Per quello, prima ancora di richiudere la calotta cranica ai vari yautja rapiti, il titano aveva già un piano altrettanto sopraffino in mente. La conclusione raggiunta dal titano fu semplice: la struttura piramidale della società yautja era si dotata di una grande base, ma allo stesso tempo giaceva poggiata in equilibrio sulla punta. L’intero enorme sistema era in equilibrio sulle decisioni e sulla sanità mentale di pochi, che erano in collegamento tra loro. Certo, lo stesso confronto si potrebbe fare su scala minore prendendo in confronto i vari stati umani precedenti all’apocalisse, ma su Yautja Prime il paragone non era del tutto valido. Dopotutto l’umanità non era altrettanto unita dato che non aveva raggiunto il viaggio siderale, o almeno lo aveva perduto. Quando una razza comincia ad espandersi nello spazio tende ad aggregarsi in un unico macrogoverno che racchiude l’intera razza. Una volta creatosi tale sistema unitario, cambiamenti al vertice si tramutano in un percolare di suddetti cambiamenti agli strati inferiori, fino a contaminare l’intera piramide.

    Per questo, Giapeto comprese appieno la necessità di agire direttamente sui leader della razza, piuttosto che cercare di vincere le masse. Per fare ciò, si decise ad adoperare una strategia ben collaudata dal Nemico assoluto, Thanatos. Si presentò agli Adjudicators, i leader maschili, recando un dono.
    Il dono della conoscenza di ciò che stava accadendo su un pianeta che una volta era uno dei loro territori di caccia: la terra. Mostrò loro orrori infiniti che non esistono in nessun angolo dell’universo. Mostrò loro i corrotti ed il ritorno della progenie del caos, qualcosa che avevano già dimenticato da milioni di anni. E mostrò loro gli umani. Mostrò agli yautja come gli umani ora fossero in grado di spaccare la terra con i loro colpi, di muoversi più rapidamente dei proiettili che le loro armi potessero lanciare.
    Spiegò loro che esisteva una forza a cui gli umani potevano attingere per diventare così potenti.
    E Giapeto mostrò loro il segreto per ottenerla. Spiegò agli Yautja il principio delle vie del cosmo.
    Rese fin troppo chiaro che come razza non erano ancora in grado di cacciare sulla terra, non potevano prendere trofei da un luogo che li avrebbe distrutti senza possibilità di appello.

    Lavorò con metodo. Ogni notte Giapeto tornò da loro e li istruì. Non disse chi era, non disse molte cose. Si limitò ad accendere la loro curiosità, a fare in modo che raccontassero ai loro fidati, e che essi facessero altrettanto ai loro di fidati. E così via, finché buona parte delle sfere alte di Yautja Prime non fosse stata infettata dal malcontento di non poter ancora andare a cacciare sulla terra.
    Alle matriarche invece, il titano si palesò appieno. Disse il suo nome e ricordò ad esse la loro storia. Ricordò gli antichi patti e l’antica lealtà che gli Yautja dovevano ai titani loro creatori. Ricordò loro il nome del loro patrono, Crio, ed in suo nome smosse gli animi delle femmine della specie.
    Radunò tutta la casta regnante, tutte le matriarche, e queste si inchinarono attorno a lui. Le costrinse a giurare fedeltà eterna all’impero dei titani risvegliando nel loro corredo genetico l’obbedienza, le catene che avevano per progettazione nella loro mente e nel loro corpo. Gli yautja esistevano come specie solo per servire i titani. Ogni altro fattore era secondario. La caccia, la loro intera cultura era solo un sub prodotto, un mezzo e un vezzo deciso da Crio delle galassie.

    E così, a braccia spalancate, Giapeto accettò una servitù che era dovuta a lui e ai suoi fratelli fin dal principio. Ma non era finita. Se con le femmine poteva ragionare, mostrare a loro i motivi politici e economici per cui rientrava nei loro interessi non farsi nemici i titani, per i maschi era necessario qualcosa di più radicale. La spinta finale dopo lungo tempo di preparazione. Perciò, convinse ognuno degli Adjudicators ad accordarsi con gli altri per indire un grande e glorioso evento nella arena principale di Yautja Prime, facendo in modo che ognuno di loro pensasse che fosse una loro idea, e che a loro volta avessero convinto gli altri ad accettarla. Un normale venerdì in ambito di manipolazione di razze inferiori, per il titano.
    Come potete notare, disse il titano all’intera popolazione maschile, non potete nulla contro di me. Contro di noi. Contro di ogni singolo guerriero del pianeta terra. Disse questo ancora picchiettato di verde, mentre la mano reggeva l’intero braccio di uno dei berserker. Lo aveva prelevato tirando dolcemente. Certo, gli dispiaceva intaccare i numeri di forza lavoro, ma in culture così barbariche a volte è necessario mostrare un po’ di mano ferma.

    C’erano grida sugli spalti, non c’era modo per gli adjudicators di mantenere il controllo e tantomeno la calma. Molti erano saltati nell’arena per attaccare il titano – che ricordiamo per loro appariva come uno xenomorfo estremamente forte – ma altrettanti erano finiti a pezzi, o uccisi in modi incredibilmente creativi per poter chiarire una volta per tutte la superiorità del titano.
    Poi bloccò lo spazio, lo cristallizzò, e tutto assunse mille colori, mentre ogni singola forma di vita presente fu costretta ad ascoltare il titano.

    Siete deboli, disse loro. Non siete in grado di sopravvivere nel più grande territorio di caccia che l’universo ha da offrirvi al momento. E così il titano parlò a lungo, mostrando loro immagini. Mostrò loro tutto quello che aveva visto fino a quel momento. I corrotti, gli agenti del caos, gli spectre, ed in generale ogni nemico dei titani. Mostrò loro ogni cosa, e accanto alle immagini mise dati tradotti secondo i sistemi matematici yautja. Disse loro esattamente quanto tutto fosse veloce e potente su quel pianeta, e come solo con l’aiuto- no, tornando a servire i loro giusti padroni avrebbero avuto anche solo una chance di coprirsi di onore e gloria cacciando la preda definitiva: qualcosa che non può essere ucciso.

    Siete regrediti sotto il livello accettabile. Senza i vostri padroni vi siete ritratti nel tribalismo e lo scopo intrinseco della caccia è stato sostituito dalla caccia fine a se stessa. No, puntualizzò il titano. Vi abbiamo creato come cacciatori per ELIMINARE ogni specie nociva, inutile o fastidiosa nel nostro impero. Nient’altro. Avete dedicato millenni a perfezionare la vostra arte, a renderla efficiente, a migliorare il viaggio spaziale per poter giungere dove ve lo ordinavamo, ma avete perduto tutto. Ora inseguite solo la gloria personale, dove la vera gloria è servire i signori degli universi al massimo delle vostre possibilità come specie. Questo disse loro il titano.

    Incontrò una certa resistenza, certo, ma da un portale creato da Giapeto giunsero tutte le matriarche, e calò il silenzio. Le matriarche parlarono poco, non avevano bisogno di lunghi discorsi per dire ai maschi che cosa fare. E con l’ultima parola della più anziana tra di loro, anche le ultime barriere crollarono. Gli Yautja rinnovarono la loro fedeltà, in attesa che il loro signore si risvegliasse.

    Ma per Giapeto vane parole non erano sufficienti. Per questo si fece consegnare trenta giovani maschi e dieci femmine fertili. Li avrebbe portati alla torre nera, dove avrebbero ricevuto il primo indottrinamento al cosmo, e i trattamenti adeguati per poter avere progenie già propensa a brandire il potere delle stelle. Il numero inferiore di femmine fu scelto appositamente per indurre selezione competitiva tra i maschi in modo che solo i migliori fossero accettati dalle femmine. Li fece entrare in un portale, accompagnati da un ambasciatore – uno degli adjudicators – e a quel punto poté ritenersi soddisfatto.

    Inviò i dati necessari a comprendere appieno la specie introdotta nella torre nera, e si mosse subito verso l’obiettivo successivo della sua missione.




    Nome | Giapeto
    Energia | Nera
    Casta | Titani
    Soma | Xiphos {VIII}
    Status Fisico | ///
    Status Mentale | ///
    Status Soma | ///

    Riassunto Azioni |

    Abilità Utilizzate | ///

    Tecniche Utilizzate | ///

     
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    3

    Gli umani erano, per la maggior parte dei casi, psicologicamente semplici. Avevano bisogno x, qualcuno forniva soddisfazione a tale bisogno dando loro molto di più di quello che serviva tramite risposta y, dunque chi aveva dato y veniva automaticamente considerato, se non amico, quantomeno un interlocutore di favore per una delle emozioni più primordiali e basilari dell'umanità: la gratitudine. Era una cosa che Oceano non avrebbe mai capito, i perché perfino i più marci tra gli esseri umani sentivano questa compulsione interiore a ricambiare debiti di gratitudine. Tutto il ragionamento che portava da "mi hai salvato la vita" a "devo ricambiare in qualche modo quello che mi hai fatto" gli era totalmente estraneo; un Titano non era in debito con nessuno per la sua intrinseca natura di signore dell'universo, ciò che faceva e i doni che elargiva erano non espressioni di gratitudine, ma affermazioni della sua indubbia superiorità verso qualunque altro essere nel creato, ma non superiorità intesa come schiacciare l'altro in un ferreo dominio. La superiorità di un Titano è quella del padre che guida il figlio nella direzione giusta, anche se esso ancora non lo sa.

    Che Oceano ci avesse sempre saputo fare con gli umani era un fatto indubbio, non sarebbe riuscito a mantenere un impero immenso come il suo per tutto quel tempo se fosse stato altrimenti, ciò era dovuto alla sua natura stessa; era sempre stato imponente, in un modo o in un altro e questa caratteristica si era trasferita anche alla sua forma umana, ma, nonostante tutto, riusciva quasi sempre a mettere a suo agio qualsiasi altro interlocutore con dolci parole e la sua insospettabilmente gioviale predisposizione. Sapeva quando ascoltare e quando parlare, le sue parole erano sempre concise e dritte al punto, sapeva discernere chi era che gli si trovava davanti con un semplice sguardo per la sua stessa natura, poiché egli era saggio come le più antiche acque dell'universo e tutto aveva visto.
    In quel caso particolare fu non semplice, ma poco complesso localizzare il grosso gruppo di umani, composto da almeno quattrocento persone, che stavano muovendosi in una lunga carovana per scappare dagli orrori della corruzione a Kiev, un gruppo notevole considerando gli standard numerici attuali della specie.
    Oceano dunque si presentò a loro da solo, con uno splendente sorriso, annunciando di poter fornire loro tutto l'aiuto di cui avevano bisogno e anche di più, e portò prove: agli affamati portò cibo, buono e abbondante, agli assetati diede acqua fresca, ai feriti diede cure mediche, sotto forma di infinitesimali gocce del suo Ichor, sufficiente per curare ogni affanno mortale, ma più di ogni cosa diede a tutti la possibilità di parlare. Ascoltò le loro storie, gioì del loro sollievo e pianse per la loro tristezza, assicurò tutti che mai più avrebbero dovuto soffrire, diede consigli e dispensò speranza, ponendo una sola e unica condizione: che accettassero di seguirlo in un luogo meraviglioso, fuori da ogni male e dove la corruzione non avrebbe mai potuto raggiungerli, lì sarebbero stati parte di qualcosa di meraviglioso e perfetto, sarebbero stati liberi dalla sofferenza. E soprattutto, avrebbero finalmente potuto combattere.

    Il suo discorso si fece strada tra le loro armature di diffidenza come acqua che, placidamente, spacca la solida roccia con tempo e pazienza. Accettarono il suo aiuto, permettendo ai suoi soldati di avvicinarsi a loro e di allestire un campo base. Senza che loro lo sapessero, tuttavia, tra di essi era stato fatto passare l'ordine di condurre un'analisi silenziosa, alla ricerca dei segni della corruzione; i risultati furono soddisfacenti.
    Una ventina di persone tra i malati furono trovati infetti, ma non ancora completamente trasformati, fortunatamente gli umani avevano avuto la cura di tenerli in rudimentali carri di legno, separati dalla maggior parte del gruppo, e di evitare contatti fisici con essi quando si trattavano le loro ferite; tale ingegno fu opera di uno dei superstiti, un medico nella sua vita precedente, che aveva fatto prendere tutti questi accorgimenti per evitare contagi. E non seppe quanto aveva fatto bene. Oceano disse loro che sarebbero stati portati in un luogo dove avrebbero trovato una cura al loro male e, tecnicamente, non aveva mentito; semplicemente non aveva specificato che loro sarebbero stati curati. I malati vennero teletrasportati in capsule di stasi, che avrebbero arrestato ulteriori sviluppi dell'infezione, e portati nei luoghi stabiliti dove Giapeto, di ritorno dai suoi compiti, li avrebbe trovati pronti per essere sottoposti ai suoi esperimenti.
    Oceano stesso non aveva idea di cosa sarebbe successo loro ma, conoscendo suo fratello, non sarebbero state cose piacevoli. E tuttavia erano necessarie, tra di loro Giapeto era quello che più aveva possibilità di successo studiando esemplari ancora non totalmente infettati da quel male infinito, dunque fornirlo di campioni da esaminare era cosa saggia. Il loro probabile sacrificio non sarebbe stato vano, forse.

    I risultati più grandi, tuttavia, non li ottenne offrendo cibo e ristoro fisico, no, ottenne la loro attenzione mostrando armi. Disse loro che avrebbero potuto, dopo anni e anni di impotenza contro i mostri che li braccavano alla stregua di animale, combattere. Mostrò loro le potenzialità delle tute biomeccaniche dei suoi soldati, la forza prodigiosa dei Giganti e, infine, fece vedere loro il cosmo; una forza miracolosa che li avrebbe resi in grado di compiere atti oltre l'umano, forza che solo con il supporto e il saggio insegnamento dei titani avrebbero potuto controllare.
    E, come animali affamati quando viene loro promessa carne, si avvicinarono a lui desiderosi di imparare. I più giovani, i più focosi e ardenti di bruciante vendetta, i più anziani, uomini ingrigiti che avevano perso tutto, donne e uomini che avevano negli occhi la luce della rivalsa, che vedevano negli insegnamenti di Oceano la prima possibilità concreta di colpire chi aveva loro colto tutto; e fu esattamente come aveva pianificato. Disse che solo alla Torre Nera avrebbero potuto apprendere tutto quello che serviva loro sapere, lì sarebbero stati armati e resi in grado di lottare, e loro accettarono. Oceano iniziò ad organizzare tre teletrasportatori, piattaforme dalle quali gli umani sarebbero stati condotti alla Torre e accolti da personale specializzato, organizzò inoltre vari ufficiali affinché si occupassero della parte più sottile di tutta l'operazione: l'indottrinamento. La cultura dei Titani era stata persa e ora l'unico modo per riaffermarla era spiegare agli umani chi erano, da dove venivano, e che finalmente i creatori della loro razza erano tornati per guidarli alle loro antiche glorie. Questo processo avrebbe formato cittadini fedeli, soldati leali, potenti guerrieri.
    Oceano stava sovrintendendo alle operazioni di trasporto quando il suo comunicatore trillò, una sorta sottile vibrazione mentale. Con un pensiero, il Titano stabilì il canale di comunicazione con chi, tra i suoi soldati, l'aveva contattato.

    Mio signore, qui Capitano Ross a rapporto, signore. Stavamo compiendo le operazioni di pulizia di Kiev, quando si sono presentati dei... uhm... tipi in armatura.

    Il Titano si congelò sul posto, temendo che le sue forze fossero state attaccate da quelle di un'altra casta, atto che avrebbe portato una guerra talmente tanto terribile che l'altra parte sarebbe stata letteralmente cancellata dalle cartine esistenziali, ma il resto del rapporto rassicurò quella sua paura.

    Ci hanno aiutati a fare fuori i corrotti, poi il loro capo ha chiesto di voi. Un certo Chernobog, Araldo della Fine e tante altre cose, adesso stanno aspettando in città. Quali sono gli ordini?

    E quello Oceano non se lo sarebbe mai e poi mai aspettato. Quando quell'operazione era cominciata, congiuntamente ai lavori dei suoi fratelli, aveva messo in preventivo che il suo lavoro sarebbe potuto essere interrotto, ovvio, ma che uno degli Araldi di Gea in persona conducesse le sue truppe a supporto delle sue e chiedesse di incontrarlo era stato totalmente imprevisto, ma nel senso positivo del termine; se era lui che volevano allora Oceano da loro si sarebbe presentato, ma con qualche naturale accorgimento.

    Digli di attendere ancora per poco, sto arrivando.

    Detto questo, Oceano chiuse la comunicazione con la donna per iniziarne almeno altre quindici contemporaneamente. Diede ordini, stringenti e precisi, su come sarebbero dovute essere gestite le cose in sua assenza, poi, dopo essersi fatto strada su una piattaforma di teletrasporto, mandò un singolo messaggio nelle menti di tutti i suoi fratelli, aprendo con loro un canale mentale che, nonostante non fosse vera e propria comunicazione, avrebbe mandato loro sotto forma di pensiero quello che avrebbe visto e sentito per ogni singolo istante.

    Fratelli, questa la dovete vedere.

    E sparì nel nulla, dopo essersi scomposto in particelle essenziali.

    Su4sahH

    NOME ● Oceano
    ENERGIA ● Blu
    SOMA ● Daghe {VI}
    FISICAMENTE ● ///
    MENTALMENTE ● ///
    STATUS SOMA ● ///

    RIASSUNTO AZIONI ●
    ABILITÀ ● ///

    TECNICHE ● ///
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    La Nophica, strutturalmente parlando, era quella che Rea forse considerava la più flessibile e versatile delle navi ammiraglie tra quelle dei dodici - mentre ognuna di esse era dotata di qualche peculiarità propria, ciò che rendeva la sua descrivibile in tal modo era il semplice fatto che potesse mutare la propria struttura in maniera veloce e pratica, in modo da adattarsi pienamente a qualunque situazione le si parasse davanti.

    Ma, d'altro canto, ognuno dei suoi fratelli avrebbe detto lo stesso della propria, quindi era sicuramente di parte. L'ombra di un sorriso le sfociò in viso alla memoria di un tempo lungo passato, ma fu tutto fugace, un attimo tanto veloce da essere quasi impercettibile.

    In tempi ormai lontani e perduti la titanide avrebbe avuto ben pochi problemi a sistemare e mettere in sesto il suo "gioiello", ma la sua Dunamis era ancora troppo assopita, ancora troppo debole, e dunque non abbastanza da permetterle di usarla per modificare la sua nave. Per questo, l'unica cosa che poteva fare al momento era vedere se vi fossero problemi nella sua struttura, e riparare dove necessario, oltre che rifornire completamente la nave di qualunque cosa essa necessitasse per il suo corretto funzionamento.

    Avrebbe decisamente voluto lavorarci prima, ma tra una cosa e l'altra, al seguito del suo risveglio, non era riuscita a trovare il tempo fisico e necessario a farlo, rimandando dunque il check up sempre ad un secondo momento. Dopo aver fatto portare la nave in uno dei numerosi hangar presenti alla Torre, Rea si era spesso fermata durante quei pochi attimi liberi per osservarla e toccarla, percependola come una parte di sé che ancora doveva riassimilare nel suo essere. Nonostante tutto ciò che era successo, una piccola parte di sé era ancora legata a ciò che era prima, a tutto ciò che era stata quando era semplicemente Galatea.

    Sospirando, la regina proseguì nel silenzio dei corridoi, con solo i suoi passi a farle compagnia.

    Dopo diversi minuti di cammino arrivò finalmente nella grande stanza che conteneva la Nophica, e Rea si compiacque nel riavere la conferma che essa pareva almeno esternamente in ottime condizioni. Essendo rimasta alla Torre Nero per un periodo tanto lungo, senza vedere utilizzo, le era indubbio che per quanto avanzati alcuni meccanismi avrebbe richiesto una revisione o una sostituzione, in maniera simile a quanto aveva prima fatto con la Nym di Oceano.

    "Mia signora, è pronta?"

    Rea si girò in direzione della voce, trovando una figura famigliare che le era assai famigliare: Lapis Lazuli non era per niente mutato nel corso dei tempi - ovviamente ciò non era che un soprannome, ma era semplicemente più comodo chiamarlo così che con il suo nome vero.

    thumb2-lapis-lazuli-land-of-the-lustrous-blue-hair-manga-houseki-no-kuni

    Il giovane Dattilo era nella sua forma umanoide, un giovane androgino dai lunghi capelli bluastri, la cui intera essenza e struttura era stata creata partendo dall'omonima gemma - Rea ricordò che anche tra i tanti Dattili Lapis era sempre stato uno di quelli a cui si affidava di più, a causa della sua peculiare personalità e diligenza.

    Per certi versi, Lapis era qualcosa di simile ad un segretario, visto che la Titanide non aveva problemi ad affidargli compiti relativamente importanti od aiutarla con lavori amministrativi di vario tipo, in base alle necessità.
    Questa volta era uno di quei casi, dato che aveva chiesto a Lapis di preparare la stanza per il suo arrivo prima di venirci, in maniera tale che lui e i suoi fratelli fossero pronti ad aiutarla a revisionare la Nophica.
    Rea annuì lievemente al Dattilo, sorridendo, per poi muoversi in avanti, verso la posizione centrale della stanza, dove avrebbe nuovamente guidato il macchinario principale.

    I Coribanti infine raggiunsero la sala poco dopo il suo arrivo, posizionandosi automaticamente ai vari punti di essa accanto ai macchinari - Rea fece un ultimo e lungo sospiro, per poi concentrare pienamente i suoi pensieri sull'imminente operazione.

    La regina iniziò scannerizzando la nave nella sua interezza, così da comprenderne anche lo stato interno, dato che era necessario constatare dove fosse necessario intervenire per risvegliarla pienamente.
    Lo strato esterno, ovvero quello che componeva la corazza difensiva, pareva non aver subito cedimenti di particolare tipo - essa era composta da molteplici e sottilissimi strati di metalli di vario tipo, capaci di resistere a forti sbalzi di temperatura e urti assai violenti, oltre che respingere attacchi laser/cosmici più semplici e non eccessivamente distruttivi. I metalli erano stati compattati in maniera tale da creare delle sottili lamine ultra dense, in modo da renderla difficile da danneggiare in generale - anche se ciò rendeva la Nophica alquanto pesante.
    A causa della sua stessa natura la nave era inoltre capace di estendersi fino a certi limiti di lunghezza e larghezza, o compattare la propria struttura - di conseguenza ogni singola parte di essa era composta da metalli che Rea era capace di controllare quando la sua dunamis era a pieno potere.

    Sapendo dunque che non avrebbe dovuto lavorare su quella che era la superficie della Nophica, la Titanide proseguì il suo esame controllando i risultati ottenuti dalle osservazioni degli scanner dell'interno di essa, e ciò che vide le fece tirare un sospiro a metà tra sollievo e seccatura: la nave non era particolarmente danneggiata, ma millenni di usura e abbandono a causa del suo "sonno" avevano lasciato i marchingegni e le varie componenti più sensibili praticamente distrutti - per fortuna era tutto materiale che sapeva poter sostituire, ma era indubbio che fosse fastidioso.

    "Lapis, te e i tuoi fratelli vi dovete occupare di sostituire questi punti del generatore energetico, queste componenti rotte del motore centrale e controllare quanto reggono queste altri canali interni."

    Mandato telepaticamente il messaggio al Dattilo, assieme alla mappatura dei punti in questione, Rea procedette a mandarne uno più silenzioso ed istintivo ai Coribanti, chiedendoli di controllare le aperture di sgancio da lei utilizzate per rilasciare navi più piccole o le sue creazioni e creature in battaglia. Alcune infatti erano totalmente da sostituire, ma la Titanide trovò pace nel vedere che per il resto la nave pareva in condizioni ottimali. Avrebbe dato una seconda revisione in futuro, ma comunque a parte certi dettagli le era andata alquanto bene - la Nophica aveva molte cose da mostrare nuovamente al mondo, e Rea aveva tutta l'intenzione di utilizzarla pienamente al momento giusto.

    Lasciando dunque i suoi servi a lavoro, la Titanide procedette a salire direttamente sulla nave, facendo aprire un'apertura creata appositamente per farla entrare comodamente nella cabina di comando della Nophica senza fatica. Entrata dentro di essa, ed osservando con una non lieve nostalgia le varie macchine assopite, Rea si fermò a contemplare quante cose fossero mutate nel tempo, e quante cose fossero rimaste le stesse. Era una sensazione strana, particolare, ma la trovò piacevole, quasi rinfrescante.

    Distogliendo i suoi pensieri dal perdersi ulteriormente, la regina infine si mosse verso il pannello centrale, iniettandovi la sua Dunamis in maniera tale da risvegliare ed entrarne in controllo: doveva controllare che funzionasse regolarmente, indipendentemente dal fatto che non potesse modificarla come una volta, almeno per il momento.

    Dopo svariati attimi di silenzio, in cui la sua Dunamis si era estesa attraverso tutta la nave, rendendola quasi un tutt'uno con la sua essenza, Rea spezzò il flusso energetico, trovando che un sorriso le si era formato in volto. Era già sicura della condizione della nave, ma quest'ultima conferma le diede la certezza che la Nophica era ora pienamente risvegliata, seppur sotto riparazione.
    O per meglio dire, essa era funzionalmente attiva e capace di fare ciò che era necessario fare, ma vi era un'ultima chiave necessaria al suo "pieno" risveglio - allo stesso tempo, però, ciò avrebbe richiesto di attendere il momento giusto.

    Soddisfatta da ciò, la Titanide scese dalla nave, e con mandò rapidamente un ultimo input mentale ai suoi servi.

    "Lascio nelle vostre mani e quelle di Lapis il resto della riparazione, sapete cosa fare - se emergono complicazioni mandatemi a chiamare. Inoltre, iniziate a mandare in questo stanza della Torre i seguenti materiali:..."

    Detto ciò, la sua mente passò all'incarico collegato a quest'ultime sue parole: la stanza per la nave di Giapeto.


    [...]


    La sala che avrebbe accolto il veicolo prediletto di suo fratello doveva essere predisposta con cura, per quanto semplice fosse il tutto - specialmente per lei.

    Pur non avendo piena conoscenza di come funzionasse e agisse l'Infestazione di suo fratello, la Titanide sapeva che come ogni forma di vita biologica essa richiedeva un habitat adatto alla riproduzione del suo organismo, oltre che un modo per sostentare le proprie funzioni vitali.

    Di conseguenza, l'intera stanza, enorme per dimensioni, era stata posta in un angolo remoto ed isolato della Torre, ma vicino alle stanze e i laboratori di Giapeto, così da facilitarli l'accesso. Inoltre, Rea aveva in primis posto al di fuori ed al suo interno numerose e piccole componenti necessarie ad isolare pienamente la stanza dall'esterno, così da evitare incidenti sgradevoli in un alquanto prossimo futuro.

    Non era una cosa che poteva rischiare, non sapendo quanto fosse pericolosa la creazione di suo fratello quando essa trovava l'ambiente adatto a proliferare.

    Parlando per l'appunto di ciò, pur non sapendo i dettagli precisi, Giapeto le aveva mandato i dettagli che le servivano a capire ciò di cui necessitava: la stanza sarebbe stata modificata in maniera tale da creare una specie di ecosistema isolato, capace di rilasciare tramite canali appositi tutte le sostanze chimiche richieste da suo fratello, oltre che rifornire in maniera continua la sala di liquidi e gas. Vi sarebbe inoltre stata una pallida fonte di illuminazione, oltre che una macchina per regolare liberamente la temperatura in base alle necessità.

    Infine, Rea aveva inserito tutte le sostanze biologiche e i batteri necessari per creare le prime forme di vita basilari nella stanza - da lì poi suo fratello avrebbe saputo cosa fare. In sostanza, era qualcosa di simile ad un'enorme miscela controllata, una brodaglia di vita pronta a nascere o alimentare.

    La stanza sarebbe stata completata entro la giornata, grazie alle avanzate tecnologie titaniche, e i lavori si potevano ormai considerare già in corso: Lapis avrebbe infatti presto fatto arrivare il materiale necessario, di conseguenza vi era ormai solo d'attendere.

    La sua visita alla stanza era necessaria infatti solo a controllare che essa fosse adatta allo scopo, e dunque poteva considerare il tutto finito.
    In altri tempi avrebbe potuto creare da sé il necessario, ma la sua Dunamis era ancora debole - inoltre, non voleva rischiare che ci fossero problemi con un possibile contatto tra i rimasugli della sua Dunamis e l'Infestazione.

    Raccogliendo infine i pensieri, Rea pensò al prossimo lavoro: le fucine e l'armeria erano già state riaperte e sistemate poco dopo il suo risveglio, con l'aiuto dei Coribanti, di conseguenza il suo ultimo compito sarebbe stato visitare i laboratori di clonazione e gestazione.

    Prima che potesse pensare a ciò, però, la sua mente si collegò a quella di Oceano, che pareva voler dire qualcosa a lei e ai suoi fratelli creando un link dei loro pensieri.

    "Oh, cosa hai da mostrarci, fratello?"

    Vi era una certa curiosità nella sua voce - dopotutto, suo fratello non li avrebbe tutti interrotti se non per qualcosa di importante od necessario, e in entrambi i casi l'interesse della Titanide era certamente risvegliata.


    narrato | parlato | pensato | parlato altri

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    NOME Rea
    ENERGIA Blu
    CASTA Titani
    SOMA Katar {VI}
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    MENTALMENTE ///
    STATUS SOMA ///

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    Helmynth. La mastodontica nave vivente del titano Giapeto. Era esattamente dove l’aveva lasciata prima della fine della guerra: nascosta nelle pieghe oscure di un buco nero. Una volta spalancato l’ingresso alla sacca dimensionale utilizzata, l’enorme organismo si palesò davanti a lui. Una forma disorganizzata, famelica, i cuoi pseudopodi si erano estesi alle pareti interne della sua prigione, ramificandosi su tutta la massa di realtà che conteneva ogni cosa in quel luogo. Captando la presenza di qualcosa di vivo per la prima volta in miliardi di anni, Helmynt rilasciò un violento sibilo, capace di essere sentito persino nel vuoto dello spazio poiché andava oltre dimensioni limitanti come il suono. Giapeto percepì chiaramente che l’infestazione era cresciuta in massa, potenza e capacità cognitiva da quando l’aveva nascosta. Forse nei miliardi di anni qualche sventurato vagabondo dimensionale aveva sbagliato qualcosa e si era ritrovato a far da nutrimento alla biomassa.
    Quello poteva essere un problema, dato che a quel punto Giapeto non sapeva cosa avrebbe dovuto affrontare per recuperare controllo della sua cara nave spaziale.

    Non sarà facile. – Disse tra se e se. Le lame si allungarono dai suoi polsi con uno scatto, ed entrò nella dimensione infestata.

    Giapeto era seduto sul trono nella sala di comando già da dieci minuti, con le ginocchia unite e le mani su di esse, ciondolando sul perno del trono che gli permetteva di roteare. Contrariamente alla sua previsione, si era rivelato facile e ora si ritrovava di sessantadue ore in anticipo sulla tabella di marcia. Schioccò la lingua.
    Beh…che dire. – Disse, cominciando a fare qualche bollicina con la sua saliva nerastra, pensando al da farsi.

    In risposta ad un vago gesto della mano, vari schermi crebbero dalla massa vivente e si disposero attorno a Giapeto, che si dedicò a controllarne i parametri prima di riprendere il viaggio. Una innumerevole quantità di dati crebbe e morì sul pannello di carne meccanica distesa. Non era un vero schermo, ovviamente, solo una membrana distesa su cui l’infestazione si limitava a cambiare forma per fornire dati su dati. C’erano vari settori che erano morti di malnutrizione, mentre altri erano in ibernazione e necessitavano di grande quantità di nutrimento ed energia per riavviarsi, ma aveva senso. Non si aspettava di ritrovare Helmynt al massimo della forma. C’era però bisogno di riavviare i motori, quelli erano più meccanici che bio, dopotutto il viaggio a piegatura di spazio era una cosa molto delicata e precisa, e preferiva affidarlo alla fredda metodicità della macchina, che all’entusiasmo della carne.

    Un grosso animale infestato, simile nella stazza ad un alano ma dal cranio separato in tre segmenti sensoriali, si avvicinò al titano, sedendosi accanto a lui. – E tu da dove esci? – Gli chiese immediatamente, prendendogli il muso tra le mani e rigirandolo per osservarlo. – Ma guarda, una specie nativa. – Concluse, facendo i grattini al cagnone infestato. – Però ora seduto qui e buono, che papà ha da lavorare. – Obbedendo al suo creatore by proxy, la creatura si sedette, con una delle gambe posteriori estroflessa lateralmente.

    Un tentacolo di materiale biomeccanico si sollevò dal trono e si agganciò ad ognuna delle vertebre cervicali del titano, che cominciò ad inviare i vari comandi all’intera struttura. Passò qualche minuto immobile, poi la propaggine si separò da lui, che si stiracchiò.

    Ci vogliono almeno tre ore per il reboot ed il ritorno in vita di tutte le strutture necessarie al viaggio. Devo trovare qualcosa da fare. –Si voltò verso la creatura. Potrei giocare all’infe-station, eeeh? – Inclinò la testa per avvicinarsi a lui, con un’espressione furba sul volto e la bocca aperta per prolungare quel “eeeh”, cercando complicità per la sua battuta. Silenzio. Giapeto si ricompose e tossicchiò.

    È…un arguto gioco di parole tra “infestazione” in inglese e playstation, un popolare sistema elettronico di intrattenimento usato dagli umani prima dell’armageddon. – La creatura si limitò ad inclinare la testa, continuando a fissarlo.
    Fanculo Febe avrebbe riso – Concluse, mettendo il broncio e accasciandosi sul trono fino a che solo la parte sacrale toccava il sedile e il collo lo schienale. Controller dell’infestation in mano, decise di vedere se se la cavasse ancora son super space bros. Ai tempi mainava Fingolfin e aveva vinto qualche torneo.



    Il messaggio telepatico di suo fratello Oceano giunse ad un momento inopportuno, per Oceano si intende.
    Prima ancora che arrivasse alla mente di Giapeto, quest’ultimo era intento ad urlare SI VOLAAAAAAAAAAAAAAAAAA da già trenta secondi, per poi accendere i motori di Helmynt a massima potenza per sfuggire alla trazione del buco nero e uscire dalla dimensione in cui l’aveva nascosta.


    POPOPOPOPOPOPOPO PORCO PHANES OGGI HO TROVATO TRENTA SACCHE DI INFESTAZIONE – Inspirò per riprendere fiato. – ALLA CINTURA DI ORIONE POPOPOPOPOPOPOPPOPO
    La colossale massa di materia infestata attraversò lo spazio seguendo autonomamente le coordinate impostate dal titano, una meteora vivente accompagnata da una scia di colori cangianti. Travolse un’astronave di una specie inferiore e la sbriciolò per la sola vicinanza della sua dunamis, ma nemmeno vi fece caso, intento com’era a dirigersi a massima velocità verso la prossima sacca di infestazione nascosta nella Via Lattea.



    Vediamo se ho capito bene. – Disse il titano all’umanoide dalla pelle bluastra che aveva di fronte. – Avete usato l’infestazione che avete trovato come arma contro una razza di macchine senzienti che stava minacciando il vostro impero. Macchine create da voi, che si sono poi ribellate e hanno cominciato a distruggere il vostro impero. Avete poi usato l’infestazione per creare esoscheletri biomeccanici pilotati da bambini che hanno risvegliato il cosmo per combattere le sopracitate macchine. Fin qui è giusto? - L’alieno, membro di una razza il cui impero aveva fatto in tempo a nascere e morire nell’assenza dei titani, annuì, preoccupato.
    Signor Ballas, come collega scienziato rispetto la sua intraprendenza, ma ora farò valere la mia autorità come signore dell’universo e la spacco di botte. – Dichiarò, alzandosi dal ricco scranno bianco e oro, procedendo nel mantenere la sua promessa di spaccare di botte l’intera struttura che lo circondava, per poi dedicare le sue attenzioni all’alieno, le cui suppliche di pietà non facevano altro che aumentare la cattiveria del titano. La roba sua non si tocca senza permesso, ed era il caso di cominciare a rendere chiara la cosa in tutto l’universo. Poi recuperò tutta l’infestazione in stasi criogenica in quello stabilimento sospeso nello spazio.


    Passò qualche settimana così, tra uno schiaffo e l’altro, e Giapeto riuscì a recuperare tutte le sacche di olio scintillante che aveva nascosto in giro nell’universo. A quel punto Helmynt era diventata colossale, estendendosi per svariati chilometri in ogni direzione, e quando si avvicinò all’ultimo pianeta che doveva visitare ne influenzò la gravità al punto che varie masse d’acqua nell’emisfero interessato strariparono.

    Si si poi metto a posto
    – Esclamò il titano esasperato, scacciando con un gesto della mano la specie intelligente di quel pianeta, strani esseri privi di gambe che galleggiavano mediante grandi sacche di gas leggero situate nel retro del loro cranio. Passò oltre la folla inferocita che gli sciamava intorno e si diresse verso il suo obiettivo. Tch’ch.
    L’enorme ameba senziente si estendeva di fronte al titano, pulsando lievemente. In lontananza poté vedere la specie che si nutriva di esso. Grandi creature bipedi con solo due gambe come arti, i cui piedi camminando asportavano porzioni dell’ameba e la assorbivano attraverso la pianta. Per contro varie propaggini del Tch’ch si estendevano cercando di catturare al volo i piccoli di quelle creature, le quali in stadio infantile volavano mediante ali che battevano rapidamente come quelle degli insetti.

    Si spogliò della soma, e nudo nella sua vera forma cominciò ad avanzare scalzo sulla superficie dell’enorme ameba. Sentiva già piccoli pseudopodi accarezzare la sua pelle nere. –Ragazzone mio, ti aspetta un brutto quarto d’ora.




    Nome | Giapeto
    Energia | Nera
    Casta | Titani
    Soma | Xiphos {VIII}
    Status Fisico | ///
    Status Mentale | ///
    Status Soma | ///

    Riassunto Azioni |

    Abilità Utilizzate | ///

    Tecniche Utilizzate | ///

     
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    Tûr na athan i glawar, 4

    Vi era, moralmente parlando, un problema con la questione della clonazione, almeno per gli standard umani: metodologia a parte, per un uomo medio lo stesso concetto che potesse esistere al mondo una persona che, almeno tecnicamente parlando, fosse identica a lui era un qualcosa di difficile da concepire, quasi orrendo - per come si era evoluta la società dei figli di Prometeo si era accentuato un forte concetto di individualismo, di unicità della propria persona che, per certi versi, Rea poteva in parte capire.

    Per loro Titani era letteralmente impossibile essere clonati, almeno partendo dal loro stato originale - una discussione sulla possibilità di ciò considerando i loro corpi attuali era un qualcosa di cui non voleva parlare - ma avendo vissuto anni come una di loro poteva comprendere le loro incertezze, dubbi.

    Dopotutto, se non si è "unici" al mondo, cosa rimane al singolo individuo?

    Per questo, per chiunque altro ciò che stava per fare poteva risultare eticamente errato, sbagliato da molteplici punti di vista - ma d'altronde, vi era una sottile differenza.

    Lei era uno dei Dodici Titani, e di conseguenza un essere umano, indipendentemente da quanto Rea ci si potesse affezionare, sarebbe sempre stato un essere al di sotto di loro nella scala dell'esistenza.

    Partendo dai suoi figli, fino a raggiungere persone come Johanna, per quanto li avesse o li volesse bene, sapeva che vi era un qualcosa dentro di lei, chiaramente intrinseco, che non le lasciava dubbio su chi fosse la creatura superiore.

    "Dopotutto, chi si ricorda di quanto pane ha mangiato nella sua vita?"

    Rise delicatamente, divertita dai suoi pensieri.

    Per quello, non si sarebbe fatta problemi a riattivare finalmente una parte importante dei loro laboratori: la sezione dedicata alla clonazione, comprendente l'enorme archivio genetico e le camere di gestazione, oltre che tutti i strumenti necessari a ibridare e creare forme di vita.

    Rea entrò dunque nella sala principale di quella parte di laboratorio, lasciando che la sua Dunamis fluisse e aleggiasse nella stanza con delicatezza e famigliarità: altissime torri di un bianco cristallino, contenenti infinite sezioni di cristallo e vetro, si illuminarono alla sua presenza, come se avessero riconosciuto il suo dominio naturale su quel luogo.

    Quella singola ala del laboratorio era solo una piccola parte del grande insieme, ma attraverso la sua Dunamis Rea poteva collegarsi mentalmente agli archivi e controllare in questione di attimi la situazione di essi, facilitando alquanto il suo lavoro.

    Vi era da ben specificare che l'archivio genetico non comprendeva semplicemente DNA umano puro, e dunque esente da difetti genetici spesso ricorrenti negli uomini di quest'epoca, ma anche il codice genetico di infinite specie aliene provenienti dai più disparati angoli del Multiverso, raccolti durante le loro esplorazioni e conquiste nell'epoca d'oro del loro impero, oltre che ovviamente quello delle numerose specie animali che avevano camminato sulla Terra. Vi erano inoltre ancora, per sommo piacere della Titanide, i geni di vari creature create da lei o i suoi fratelli (generalmente Giapeto), cosa che sarebbe di certo tornata utile con ciò che li aspettava in futuro.

    Oceano le aveva recentemente parlato di un progetto a cui era interessato, tra l'altro, e per certi versi Rea era ansiosa di rimettersi a lavoro. E se Giapeto avesse avuto successo nel suo compito - e la Titanide sapeva bene quanto il fratello fosse zelante nei suoi lavori - avrebbe avuto geni freschi da usare per creare versioni più potenti, geneticamente superiori delle specie aliene sotto il loro dominio, oltre che degli umani superiori. Il pensiero di una possibile ibridazione tra umani e alieni le passò per la mente, ma era un qualcosa su cui avrebbe lavorato più avanti, preferibilmente assieme ai fratelli.

    Vi era anche il fatto che ora ricreare direttamente il corpo di un Gigante usando i loro geni originali sarebbe stato più facile e meno dispendioso di prima, cosa che gli aveva costretti in passato ad usare un pilota umano - anche se ciò non era necessariamente un male, considerando che era così che Giapeto l'aveva trovata. Chissà quanti altri loro fratelli potevano essere la fuori con il cosmo già risvegliato, pronti solo a risvegliarsi di nuovo tra di loro.

    Lasciando tali pensieri da parte, Rea procedette con il suo lavoro, richiamando uno schermo fluttuante davanti a sé, così da controllare lo stato delle camere di gestazione, parte importante del processo di clonazione, ibridazione e crescita delle varie forme di vita. Scansionandone lo stato notò piacevolmente che buona parte delle camere e dei strumenti ad esse collegate erano in stato ottimale, seppur lasciate perlopiù cadere in disuso a causa del loro profondo sonno. Nulla di grave, considerando il tutto, ma era il caso di mandare i Dattili a metterle completamente a posto il prima possibile: usando la telepatia, ed estendendo la propria mente fino ai Dattili, sue creazioni, Rea mandò il silente messaggio di ciò che avrebbe dovuto fare, assieme alle istruzioni più precise, avendo già notato quali parti sarebbero stato necessario sostituire. Le camere e gli strumenti adiancenti dovevano essere in consizioni ottimali non solo per portare avanti le varie operazioni, ma anche per modificare e perfezionare i vari campioni genetici a loro piacimento ed in base al volere del Titano. In generale potevano andare a lavorare su qualunque cosa ritenessero necessaria. Per certi versi, i laboratori di clonazione erano una meraviglia della vita, per così dire.

    Soddisfatta dunque da ciò, la regina procedette a ricontrollare il suo operato, arrivando alla conclusione che ciò che poteva e doveva essere fatto nel corto termine era stato fatto, compresa la piena riattivazione delle fucine, in cui aveva già speso diversi giorni a preparare varie armi - era un po' arrugginita, ma era solo questione di tempo prima che si riprendesse -, e della loro antica armeria.
    Certo, nulla poteva sorpassare la potenza delle loro Soma quando completamente risvegliate, ma considerando che avevano un esercito da creare, avevano altrettanto bisogno di rifornirlo delle migliori armi possibili.

    Appurato che tutto fosse a posto, la Titanide tirò un sospiro di sollievo - non era stato complesso sistemare tutto, ma era stata anche una questione di fortuna che molti loro strumenti fossero rimasti perlopiù intatti.
    In ogni caso, i suoi pensieri passarono infine alla situazione in cui aveva lasciato Oceano, che aveva parlato di un qualcosa di interessante da mostrare loro: riattivando mentalmente la comunicazione, Rea ricevette il completo feedback di quanto era successo fino ad allora, e la Titanide divenne di nuovo spettatrice di quanto gli umani potessero essere interessanti, nonostante le sue constatazioni di prima.

    Rise, e i suoi occhi scarlatti scintillarono, affamata di vedere quanto si potevano spingere ancora i figli di suo nipote Prometeo.

    "Mostratemi il vostro valore e i vostri sforzi, poiché è ciò che vi servirà per sopravvivere a quel che verrà."


    narrato | parlato | pensato | parlato altri

    YynpZTr

    NOME Rea
    ENERGIA Blu
    CASTA Titani
    SOMA Katar {VI}
    FISICAMENTE ///
    MENTALMENTE ///
    STATUS SOMA ///

    RIASSUNTO AZIONI ///

    ABILITÀ ///

    TECNICHE ///




    Edited by ×LostMemories× - 29/3/2019, 04:25
     
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    -Bene, ben svegliato
    -Dove sono?
    -Beh, sei qui. In un luogo. Pensandoci, tecnicamente, fino a poco tempo fa tu ERI un luogo, quindi una risposta migliore sarebbe, un ALTRO luogo. Sei in un altro luogo.
    -Tipo?
    -Se te lo spiegassi, non lo capiresti, quindi è meglio fare altre domande, tipo..."chi sono"?
    -Eh, chi sono?
    -Cazzo non ero pronto a questa domanda...diciamo che sei Stephen.
    -Non mi sento molto Stephen, però.
    -Mh. Ok, allora Debora, con la H
    -La H va tra la B e la O o dopo la A?
    -Sì.
    -Ah bene, sono vivo da un minuto e già voglio spararmi.
    -Ah ah, buona fortuna amico?
    -Perché?
    -In generale, sei vivo, ti servirà buona fortuna
    -Ah ok, Grazie.
    -Ahah, che storia essere vivi.
    -Ok, ma a proposito. Parliamo un po' del fatto che sono vivo. Cioè, sai cosa intendo. Io ero GIA' vivo, poi ricordo di aver visto un tizio nudo camminarmi sopra.
    -Sì beh, quello ero io. Mi sono tolto la soma per fare sì che mi inglobassi nel tuo citoplasma. Poi da lì dentro ho fatto le mie magie.
    - Non fare così con le dita che mi fai senso.
    -Debora sei una sacca di citoplasma adesa a uno scheletro umano, non hai diritto di dirmi che faccio senso.
    -Ah già, lo scheletro, questo non ce l'avevo. Da dove salta fuori?
    -Guarda, l'altro giorno mia moglie ha minacciato di buttare la mia intera catasta di scheletri, quindi per farle vedere che li uso ho sfruttato l'occasione. Quindi ti ho fatto uno scheletro, tutte e 304 le ossa.
    -Non penso che in questa particolare forma ne servano così tante
    -Senti fai schifo al cazzo da guardare, nessuno ci farà caso se hai tre metatarsi e cose varie
    -Oh senti, offendi poco, cupolotto
    -G A S P

    no ok siamo partiti col piede sbagliato, cominciamo con l'esperimento dai
    -Che esperimento?
    -Questo. Lo hai sentito?
    -No
    -Siamo sicuri?
    -Non ho sentito niente, cosa dovrei aver sentito?
    -Semplice, uno di te sta venendo torturato nell'altra stanza, giusto per vedere se reagite in qualche modo.
    -Uno di me?
    -Sì, guarda, la storia sembra complicata ma in verità è molto semplice
    -Sono tutto orecchie
    -E che cazzo ne sai di che cosa sono le orecchie, scusa?
    -Tua madre è le orecchie
    -Non è errato, andiamo avanti.
    -Stavi parlando di torture
    -Sì, che argomento affascinante. In questo momento, sto iniettando radicali liberi in uno di te, in modo da provocare il massimo di sofferenza ai tuoi organuli. O meglio, ai suoi.
    -Ma è orribile!
    -Beh l'idea è quella, vedere se lo senti
    -Non sto sentendo niente!
    -Ottimo, vuol dire che la scissione è ben riuscita.
    -Che scissione?
    -Ok, un attimo di ricapitolo. Tu sei il Tch'ch, giusto?
    -Sì
    -Sei una ameba gigante che occupa un terzo del pianeta, e a conti fatti stai avendo la funzione di un corpo oceanico, in fatto di contributo all'ecosistema. E sei abbastanza antico e senziente da capire di cosa sto parlando.
    -Esatto.
    -E sei un unico organismo, immenso ed eterno.
    -La capto forte e duro.
    -Beh non lo sei più, ho preso la tua massa e l'ho suddivisa in circa un miliardo o due di individui, ognuno con una propria mente, con un proprio pensiero, che sta parlando con un altro me da qualche altra parte.
    -Non penso di aver capito.
    -Nel senso, presente quello torturato che ho citato? È un altro te, ma contemporaneamente non lo è, perché il suo avere esperienze diverse incidono in modo diverso sulla sua psiche e sul suo comparto di memorie. Quindi, sul lato filosofico e scientifico, nonostante avete la stessa identica composizione molecolare, siete due individui diversi e distinti.
    -Mi stai dicendo che mi hai fatto a pezzi??
    -Circa, ma no. Diciamo che ti ho smontato in unità individuali. Ognuno ha il comparto di memorie che avevi prima che tentaste di mangiarmi, ma da qui in poi ciò vi rende una popolazione di individui completamente diversi gli uni dagli altri, sempre filosoficamente.
    -Non mi piace! Voglio tornare com'ero!
    -Non si può.
    -Perché?
    -Perché non voglio, semplice. Vedi, ho fatto tutto ciò con un motivo preciso in mente.
    -Ovvero?
    -La storia è questa. In questo universo c'è qualcosa che è vagamente simile a te. Un unico immenso organismo, costituito da unità funzionali sparse ovunque, che funzionano anche senza connessione fisica e che fanno parte di un'unica mente. Perciò mi sono detto. Hey, e se prendessi la cosa che ci si avvicina di più nell'universo e vedessi come sarebbe smontare quella? Sai, per collaudare qualche step preliminare prima di cominciare ad elaborare una cura per quella condizione.
    -Una cura per l'essere una cosa sola?
    -Precisamente
    -Ma perché vorresti curarla?
    -È una risposta complicata. Un modo per esprimerla è notare come la presenza di individui differenti generi esperienze differenti, oltre che diverse interpretazioni a vari eventi. Ciò permette di avere diverse osservazioni da diverse angolazioni, e - con un po' di speranza - mettendosi insieme si può raggiungere l'osservazione più vicina all'oggettività. Fare un media, per esempio. Un'organismo singolo avrebbe una singola osservazione e quella sarebbe da considerarsi verità assoluta.
    -Mi hai tolto l'identità per questioni di campionamento di dati empirici?
    -Detta così sembra di sì, ma no. Ma non è una cattiva idea, ti ho trovato un lavoro Debora. Il punto, è che senza individualità, non c'è crescita perché non c'è confronto. C'è solo stagnazione e contemplazione. Non c'è crescita, e la cosa mi da un po' fastidio a livello ontologico. È lunga da spiegare.
    -Ma perché io?
    -Non mi stavi ascoltando? Perché eri un grande "uno". Ora siete molti. Ora voi siete praticamente template, per analizzare le vostre differenze nate dalle esperienze che vi sto dando io. Principalmente è per vedere se smantellando quel grande organismo nemico potrò riottenere i singoli che ha incorporato, o otterrò semplicemente nuove forme di vita, libere, ma nuove e da istruire. Insomma sei un field test.
    -Hai profanato una vita che è durata miliardi di anni solo per una curiosità??
    -Senti giovanotto, abbassa la voce. L'ho fatto per salvaguardare l'universo. E anche perché un po' sono stronzo, ma è un altro discorso. Beh, ora ti aspetta qualche altro annetto di solitudine interiore, che potrà essere riempita solo cercando mutuale compagnia nei tuoi simili, in modo che le loro esperienze e le loro conoscenze, diverse dalle tue, riempiano i tuoi vuoti. O quello o una schiacciante sensazione di inadeguatezza, che ti farà sentire semplicemente "uno tra molti", incapace di realizzarti e che ti spingerà a bramare di essere una sola cosa con la massa attorno a te. Perché chiariamoci, Debora, tu non sei speciale. Da unico, sei passato a essere uno su miliardi, e quindi la tua unica possibilità di costruirti una individualità e una personalità, è agire attivamente, piuttosto che giacere su quello che ora è un enorme cratere.
    -Tutto questo è terrificante! Ho paura! Voglio tornare come prima!
    -Eeed eccola qui, la paura. La corruzione non ha paura, non ha niente da perdere, perché è già una. È questa paura che la anima, o meglio, l'esistenza di essa esterna alla corruzione. La corruzione non ha paura della morte, dell'individualità, della solitudine, perché la sua esistenza è di fatto la negazione di tali concetti. E qui si torna al succo dell'esperimento, "se forzassi tali concetti sulla corruzione, la curerei, o semplicemente creerei una nuova forma di vita che fa da media a tutto ciò ha assorbito?". Cosa succederebbe, se riuscissi a far provare paura alla corruzione? A iniettarne i succhi all'interno di quell'enorme tumore nel cosmo? Cosa succederebbe se riuscissi a costringerla ad una scissione ontologica?
    -E...e ora cosa faremo noi? Siamo costretti a vivere così, riadattarci sul pianeta?
    -Ah no, finito con voi apro le capsule di olio scintillante e vi trasformo in fanteria d'assalto, non ti preoccupare. Ma lo dirò solo a te, a tutti gli altri Debori, Stepheni, Giancarli, Ivani, ecceteri lascio il piacere della sorpresa.
    -Sei un mostro...voglio morire
    -Ah, Deboro?
    -Cosa?
    -Sorridi che la vita è bella
    -Muori gonfio

    La grande nave infestata, Helmynth, attraccò nell'hangar creato da Rea, e Giapeto uscì da una piccola ferita che si aprì sulla fiancata, assieme al cagnone infestato. La creatura cominciò ad annusare dappertutto, riconoscendo l'ambiente come accogliente. L'astronave fece lo stesso, estendendo pseudopodi in ogni direzione, per poi ancorarsi alle strutture solide create secondo le istruzioni che Giapeto aveva fornito. - Tutto ottimo - Constatò.

    Espandendo il flusso della propria Dunamis, Giapeto contattò i suoi fratelli, per avvertirli che era tornato dal suo ultimo viaggio. - Fratelli miei, sono tornato. E in tutta onestà non vi stavo ascoltando mentre mi contattavate, che mi sono perso?



    Nome | Giapeto
    Energia | Nera
    Casta | Titani
    Soma | Xiphos {VIII}
    Status Fisico | ///
    Status Mentale | ///
    Status Soma | ///

    Riassunto Azioni |

    Abilità Utilizzate | ///

    Tecniche Utilizzate | ///

     
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    Parte di Oceano temeva che gli Eletti di Gea, infuriati per non aver avuto quello che volevano, avrebbero attaccato. Era la reazione più naturale per gli umani, la rabbia, ed era facile che avrebbero cercato di sfogarla contro chi aveva negato loro ciò che desideravano, per questo era impercettibilmente teso in attesa della risposta degli Araldi al suo invito di lasciare la zona. Fortunatamente non fu necessario ricorrere alla violenza, e anzi, ciò che accadde servì a consolidare ulteriormente il profondo rispetto che Oceano provava nei confronti di Pan.
    Era stato pacato, l'Araldo, corretto e abile nelle sue parole, lo aveva avvisato che, un giorno, ci sarebbero potuti essere problemi con la sua intrinseca natura di essere alieno. Oceano lo accettò. Annuì gravemente alle sue parole, rifiutandosi di degnare Chernobog della grazia del suo sguardo, sorridendogli in maniera appena accennata quando tutti loro furono portati via dal mistico ronzio delle api.
    Il Titano si lasciò andare ad un evidente e vocale sospiro di sollievo. Quella situazione era finita non nella maniera migliore, ma di certo in quella più neutrale; a conti fatti, nulla era cambiato.
    No, si disse Oceano, sorridendo ai suoi uomini che gli si stavano avvicinando, non tutto era rimasto identico. I Titani avevano appena vinto.

    Fratelli miei, sono tornato. E in tutta onestà non vi stavo ascoltando mentre mi contattavate, che mi sono perso?

    °Oh nulla d'importante, Giapeto. A parte la scenata di Chernobog assolutamente nulla, quando torno alla Torre ti racconto, per ora diciamo solo che non siamo amici per la pelle.°

    Distolse dunque l'attenzione da suo fratello per rivolgerla alla situazione più pressante: rassicurò innanzitutto i suoi soldati su come fosse andato quell'incontro, informandoli sul fatto che nessuna guerra doveva essere scatenata contro gli Eletti, perché infine la situazione si era conclusa con un nulla di fatto.
    Quello che invece richiedeva cura era Kiev, la città appena liberata con l'aiuto degli Eletti, che aveva permesso loro di risparmiare risorse e vite umane preziose che sarebbero potute essere reindirizzate altrove. Probabilmente essi non avevano avuto successo nel loro obbiettivo, ossia ottenere il supporto dei Titani, ma Oceano aveva centrato in pieno il bersaglio e il fatto che non avesse dovuto cedere nulla e anzi, ci aveva anche guadagnato, nell'ottenere ciò che voleva era solo l'ultimo punto di una missione che era stata a dir poco proficua.
    Cosa fare con Kiev, dunque. Innanzitutto la città vecchia sarebbe stata rasa al suolo, probabilmente da un Oceano particolarmente desideroso di provare il cannone antimateria della Nyr, e l'area intera bonificata. Al suo posto sarebbe sorto un maestoso insediamento, i cui tempi di costruzione non raggiungevano neanche i cinque giorni con l'avanzatissima tecnologia di cui disponeva, che sarebbe stato solo il primo di innumerevoli altre conquiste.
    Da lì, infatti, sarebbero partite a catena numerose altre missioni per liberare zone sempre più vaste dell'Ucraina e dell'Est Europa e collegare gli avamposti sparsi nella zona in una capillare rete sicura che avrebbe, indubbiamente, attratto la risorsa più preziosa di tutte: gli umani. Avrebbe fatto spargere voce negli insediamenti più isolati, che i Titani offrivano salvezza e una vita nuova sotto l'egida del loro rinato impero, sicuro che molti avrebbero ascoltato.

    Il morale del suo esercito era alle stelle, e come dar loro torto? Dopo anni di immobilismo, finalmente i signori dell'universo erano tornati per riprendere ciò che apparteneva loro di diritto, e invero ciò che offrivano ad un'umanità stanca e demoralizzata era qualcosa che gli altri potevano solo promettere vuotamente: sicurezza, avanzamento, sviluppo, miglioramento. Vita. Ecco cosa offriva, Vita nel suo significato più vero, un'esistenza libera dal giogo degli olimpici e pronta a rifiorire con la sua sapiente guida.
    Cielo, chissà quanti sudditi aveva accumulato con quell'ultima scorribanda? Avrebbe dovuto iniziare a pensare ad un luogo adeguato al suo rango per ospitarli, fortunatamente la fantasia non gli mancava e le risorse non sarebbero mai state un problema.
    Negli occhi dei civili, dei soldati umani e dei Giganti c'era qualcosa, un fuoco che ardeva come mai prima di quel momento, qualcosa che era rimasta dormiente nel fondo di ognuno, schiacciata dall'infinito peso della tragedia: speranza. E quella speranza era la bandiera del loro impero, la pietra miliare della loro rinascita; ci sarebbe voluto del tempo? Indubbiamente, ma cos'era lui se non paziente? Il tempo avrebbe dato ragione loro.
    Era davvero un bel giorno per essere Titani.

    Disse ai suoi uomini la stessa cosa che aveva detto ai suoi fratelli e, presto, quella frase da sussurro divenne un urlo liberatorio che riecheggiò nell'aria fredda e bruciata di Kiev. Un urlo di vittoria e di speranza.

    Tûr na athan i glawar

    Victory lies beyond the horizon.

    Su4sahH

    NOME ● Oceano
    ENERGIA ● Blu
    SOMA ● Daghe {VI}
    FISICAMENTE ● ///
    MENTALMENTE ● ///
    STATUS SOMA ● ///

    RIASSUNTO AZIONI ●
    ABILITÀ ● ///

    TECNICHE ● ///
    NARRATO | PARLATO | PENSATO | °TELEPATIA°
     
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