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Ruolata Giapeto - Mnemosine

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    Il labirinto era esattamente come se lo ricordava. O almeno, la sua sezione. Flussi costanti di stanze e corridoi, in continuo cambiamento, costante, in un caos di materia che rispondeva solo ai suoi bisogni. Non doveva cercare, il mondo semplicemente si riconfigurava attorno a lui offrendogli ciò che aveva deciso di afferrare estendendo la mano. Oppure oltre la porta varcata la stanza che voleva raggiungere era sempre esistita. Ai tempi aveva creato una infinità matematica di locali e di sezioni di tali, in modo da creare infinite combinazioni che potessero rimescolarsi e soddisfare i suoi immediati desideri. Non era pago di una semplice stanza per dormire. A volte voleva assopirsi cullato dalle onde del mare, oppure sentire il soffio del vento tra le montagne.

    La sua sezione di labirinto era un infinito concatenarsi di dimensioni e sottodimensioni portatili, creati con le scienze che Urano aveva illustrato a lui e lui solo, dominatore delle dimensioni e dello spazio.

    Sono tornato da poco tempo, ma se i falsi titani di anni fa hanno toccato qualcosa, giuro che ucciderò tutti quelli che vivono in questo universo e poi me stesso. - Disse tra se e se Giapeto, continuando ad avanzare in linea retta mentre l'intera realtà delle sue dimensioni vorticava attorno a lui in una cacofonia di colori ed informazioni. Eppure il titano riusciva a processare ogni cosa senza alcun problema. I suoi occhi di colore diverso saettavano in tutte le direzioni, cogliendo attimi nel tempo così rapidi che non sarebbero nemmeno esistiti per una mente umana. Per il titano, invece, fare inventario completo di un numero potenzialmente infinito di dimensioni dal diverso contenuto era semplice routine. Lo aveva fatto prima di essere sigillato, avrebbe continuato a farlo fino alla fine dei tempi. Così tante cose, così tante meraviglie aveva raccolto nel trascorrere dei miliardi di anni. E le ricordava tutte.
    Davanti al titano si formò nella bruma dimensionale una piccola teca di vetro, al cui interno viveva un organismo vagamente simile ad un fiore, ma composto interamente di ghiaccio vivo.
    Una rosa delle giungle aliene di tau-ceti. L'ultima della sua specie.
    Attorno a lui, disposti in un ordine matematico progressivo che non era traducibile nella aritmetica umana, vi erano i pianeti che aveva collezionato. Una quantità astrusa di mondi, ognuna con i propri ecosistemi e le proprie popolazioni. Non erano riproduzioni, erano i pianeti originali, ristretti con i poteri dimensionali che il titano possedeva. Un tempo poteva farlo come semplice capriccio, ma ora non ne aveva più la possibilità.
    Aveva visto pianeti dal bel colore, o con proprietà magnetiche interessanti, o su cui viveva una razza le cui abitudini sociali erano uniche. E li aveva presi. Rubati dal loro spazio nella tela celeste prima ancora che i suoi fratelli li scoprissero, alterando le forze gravitazionali e le orbite dei vari sistemi solari affinché non si scombinasse l'intero sistema. Un tempo aveva tentato persino di fare ciò con la terra, ma gli era stato espressamente proibito.

    Ripensò a tutto quello che voleva fare, a tutti i piani che aveva in corso, a tutti gli esperimenti che stava seguendo. Prima della titanomachia. Giapeto, in quel momento privo della sua soma, si ingobbì. Filamenti di materia caotica si levarono dal suo corpo inquinando la realtà stessa che lo circondava. La manifestazione fisica della sua rabbia cominciò a scindere la struttura dell'esistenza immediatamente a contatto con il suo corpo. Il semplice realizzare che ogni suo progetto era stato scagliato indietro di MILIARDI di anni sulla tabella di marcia lo fece imbestialire, ora che aveva una chiara comprensione della lentezza con cui passava il tempo se lo si misurava in standard umani. Cosa a cui ormai era completamente condannato.




    Zeus, gen ú-velin! - Sibilò, perdendo abbastanza il controllo da lasciare trasparire la propria essenza fondamentale. Ogni cosa attorno a lui divenne un vorticare di materia nera inconcepibile. Ma fu solo un istante. Si raddrizzò e inspirò a fondo, esalando poi il tutto in una nube di nero assoluto. Agitò la mano con noncuranza, e il metallo che ne solcava il dorso tintinnò mentre disperdeva il khaos che si era accumulato dentro il suo corpo.

    No, no. - Disse tra sé e sé, riaggiustandosi il colletto dell'abito che indossava. Foggia umana, ma gli stava bene. - Inutile maledirlo e arrabbiarsi. Quel che è stato è stato, ora ho molte altre cose di cui preoccuparmi. Potrò tornare ai miei studi prima che me ne renda conto. - Si stiracchiò le braccia portandole verso l'alto. Le ferite ricevute nei recenti combattimenti ancora dolevano, poiché era stato ferito a livelli più sottili di quanto la semplice rigenerazione data dall'ichor potesse far sparire con semplicità. A conti fatti, era ancora convalescente. Da mesi oramai, ma non lo stava dando a vedere nei suoi vari incontri con gli umani che stavano avvenendo di recente.

    Aveva passato gli ultimi tempi a controllare il suo laboratorio genetico e a compiere qualche marachella qua e la per il mondo, quella era la prima volta che esplorava i propri archivi secondari e le proprie collezioni. Dopotutto c'erano cose importanti e potenti anche lì, non raccoglieva mai qualcosa di inutile. Ogni cosa avrebbe prima o poi avuto un suo uso. Si riavviò la lunga chioma. La dunamis scura che sembrava capelli fluì tra le sue dita come acqua filamentosa. Sospirò.

    In tutto questo aveva evitato accuratamente una cosa che in verità era inevitabile. Ma aveva bisogno di tempo per computare ogni cosa, dopotutto era pur sempre irrimediabilmente contaminato dall'umanità che ha vissuto. La massa circostante vorticò nuovamente e divenne candida, manifestandosi in un lungo ponte di marmo sospeso sul nulla e diretto ad un arco di adamantite, che portava fuori dai suoi alloggi. Per scelta sua, l'ingresso alla sua dimensione era il più vicino ai motori gestalt perché più di una volta li aveva sfruttati per i suoi esperimenti, quindi c'era un discreto tratto di strada da compiere, prima di giungere ai quartieri di sua sorella.

    Nel procedere sulla sua strada, Giapeto estese le proprie facoltà mentali raggiungendo quelle di Mnemosine, emettendo emozioni e concetti com'era norma per la comunicazione titanica, non propriamente traducibile in parole umane.

    Mnemosine, è tempo di incontrarsi e parlare. - serrò la mandibola - Abbiamo molte cose di cui discutere.


    Nome | Giapeto
    Energia |
    Casta | Titani
    Soma | Xiphos {VIII}
    Status Fisico | ///
    Status Mentale | ///
    Status Soma | ///

    Riassunto Azioni |

    Abilità Utilizzate | ///

    Tecniche Utilizzate | ///

     
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    La classe è una cosa che ti viene da dentro come i rutti (L. Litizzetto)

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    Unad nuithatha i nîr e-guren nalú aderthad vín

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    Il trono dell’eternità, un luogo inconcepito da umana stirpe, splendente di luce d’oro nello spazio siderale. I pezzi dell’ingranaggio perfette, continuava a ruotargli intorno, in una danza cadenzata che lei ben conosceva. Ma ogni ruota ha bisogno di spazio per muoversi e le intercapedini fra un dente e un altro possono ospitare oscuri recessi nei quali l’imponderabile si annida. Da quei recessi, filamenti di caotica tenebra minacciavano il trono stesso e con lui tutto il creato. Gli antichi nemici redivivi, allungavano i loro tentacoli verso il mondo.

    Non ne sapeva di più, anche perché ogni volta si destava nel punto in cui tutto andava in pezzi, e il momento successivo, terribile e spaventoso, stava per accadere. Come questa volta, in cui la titanide si trovò seduta sul letto con le lenzuola di seta appiccicate addosso a formare un sudario madido di sudore che ne sottolineava le curve. Da quando la trama del mondo era stata ricucita era ormai passato qualche tempo, eppure Mnemosine continuava a fare lo stesso sogno. Pensava che fosse una specie di burn-out dovuto all’eccessivo utilizzo delle sue facoltà psioniche per forzare il blocco di Thanatos. Se così fosse, ci sarebbe ancora voluto parecchio affinché la sua mente si riprendesse in toto.

    Cosa era allora quella preoccupazione? Rimurginando su passato e futuro, si infilò nella vestaglia e sgusciò via dal letto. Per suo volere, i suoi appartamenti riflettevano quelli della sua controparte umana, Bibiane, anche se in versione tecnologica estremamente avanzata. La dea e la rossa aveva finito per coincidere e le due personalità avevano imparato a fondersi, tanto che orami l’entità che ne era scaturita faticava a discernere cosa di lei fosse un’eredità umana e cosa di lei fosse sangue antico. Se da un lato era un bene, dall’altro la rossa era spaventata dall’eventualità di perdere il suo lato umano. Sapeva che era un processo inevitabile e che prima o poi, ciò che rimaneva di geneticamente umano sarebbe scomparso dal suo corpo, mentre la dunamis avrebbe preso il sopravvento.

    Per questo, la rossa aveva fatto un patto con se stessa. Aprì uno specchio e da dietro venne fuori un cubo laccato, di un metallo sconosciuto sulla terra. Uno scrigno perfetto di cui lei sola aveva la chiave. Aveva ormai l’abitudine di osservarlo ogni mattina. Lì, la dea aveva fatto una copia di backup dei ricordi dell’umana. Sapeva bene quanto quelle memorie fossero preziose, per non smarrire se stessa, una sorta di bussola morale per l’avvenire.

    L’invito del fratello la colse davanti lo specchio, mentre tentennava nelle sue preparazioni mattutine, sazia di pensieri sul passato e già a lavoro sulla giornata che aveva davanti.

    Si fermò. Guardò il suo riflesso. Era arrivato il momento.
    La sua risposta, poteva essere tradotta più o meno così:
    °Si, è da molto che non lo facciamo, fratello°.

    Barra_zps3333e0e0

    La stanza che aveva preposto per il loro incontro era del tutto bianco laccata, quasi asettica, con dei cilindri che uscivano dal pavimento per appoggiarsi. Solo il soffitto, enormemente altro, si perdeva nella luce in altro, fra scintille di colore che potevano ricordare una cattedrale gotica dalle vetrate però rabescanti, come fogliame.

    Da Schermi fluttuanti intorno a lei dava ordini a destra e a manca. Una squadra di nove ancelle, pronte al suo servizio si alternavano nelle immagini. In quella giornata avrebbero gestito il labirinto in sua vece. Era sempre stato quello il suo compito, dall’alba dei tempi. Lei e i suoi fratelli erano degli ingegneri, che avevano dato il via alla vita su quel remoto pianeta. Erano in dodici perché ognuno di loro aveva una funzione ben precisa nell’assetto della squadra, e lei, in quella squadra o famiglia che dir si voglia, era colei che controllava e gestiva i processi, un compito parecchio ingrato, ma che le aveva tuttavia permesso di tenere insieme la famiglia, anche a costo di numerosi sacrifici. Via via che gli ordini venivano dati, gli schermi sparivano, fino a che non rimase solo con il suo secondo in comando, Clio, una ragazza bianco platino algida e inespressiva.
    “Mi raccomando Clio, sorveglia il lavoro delle altre, oggi non ci sono per nessuno”
    “Vede suo fratello, madre?”
    “Già, vedo Gabriel”


    L’attesa fu breve, ma pregna di congetture. Dopo quel fugace momento non aveva più visto Gabriel, quello che poi sarebbe diventato Giapeto, suo fratello in Ichor. Mano a mano, il sangue antico si stava risvegliando poco a poco, e questa volta non si trattava dei suoi giochi mentali, non aveva fatto strani impianti di chirurgia psionica. Questa volta era davvero suo fratello Giapeto. La cosa curiosa è che suo fratello in realtà era anche Gabriel, l’essere umano che l’aveva strappata dalle grinfie di Hades e che le aveva dato una casa.
    Non era affatto un caso che proprio lui si fosse risvegliato come suo fratello, come non era un caso che suo fratello di sangue umano Lelouch e la di lui figlia avessero ereditato anche loro sangue titanico. Vi era un sottile filo rosso, o meglio blu, come l’ichor che gli scorreva fra le vene, che li univa.

    Come onde concentriche, le azioni fatte in passato si riverberano nel futuro, così le loro anime si seguivano fino a toccarsi. Come sarebbe stato trovarsi dopo tutto questo tempo?

    Lo vide varcare la soglia dei suoi appartamenti, lo squadrò da testa a piedi. Non c’era quasi più nulla di Gabriel in quell’essere che aveva davanti, se non lo sguardò oscuro e folle che aveva imparato ad amare sull’isola della regina nera. C’era da domandarsi se quella familiarità non fosse da imputare alla parte di Giapeto che risiedeva fin da quei tempi.
    Quanto a lei, aveva delle sensazioni discordanti in quel momento. Era doppiamente felice, perchè da umana aveva ritrovato Gabriel e da titano aveva ritrovato Giapeto, ma era confusa perchè non sapeva nulla di quell'essere frutto di quel processo. Quello che sapeva è che lui non era Lelouch, non poteva corrergli incontro come una bambina. Quell'essere voleva parlare con la dea, non con l'umana anche se la rossa era tutte e due le cose, per cui quello che gli diede fu la regalità di Mnemosine e il senso materno di Bibiane.

    Non una parola uscì dalle labbra della rossa, ma nella mente, alla loro maniera.
    °Anann le ú-gennin. Guren linna a chened le.°
    Fece cenno con la mano a uno degli scanni cilindrici direttamente infissi nel pavimento, poi parlò con la voce
    “Prego siediti. Abbiamo molto di cui discutere, ma prima che iniziamo, permettimi una domanda…Come è Gab...avere finalmente aperto gli occhi?”



     
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    gan-2


    Sua sorella era molto bella. Lo aveva sempre pensato, dalla prima volta che l'aveva incontrata ad Amsterdam. Una donna molto bella, i cui occhi tradivano una grande forza, una montagna sferzata dai venti dell'universo. Mai avrebbe immaginato a quei tempi, Gabriel, che nel liberarla dall'influenza di Hades avrebbe posto i primi passi per risvegliare sua sorella Mnemosine. Mai avrebbe immaginato che quel suo istinto inarrestabile di riportare in vita Bibiane in verità fosse un inconscio desiderio di rivedere sua sorella, il non accettare che Mnemosine fosse stata strappata dal pool genetico in quella generazione umana. Mai avrebbe immaginato che nel ricreare artificialmente il corpo di una donna che credeva morta, avrebbe permesso ad esso di diventare nuovamente il ricettacolo per Mnemosine dell'ascia, sua cara sorella.
    Sua sorella era molto bella, e Giapeto l'amava.
    E l'odiava.

    Seduto sullo scranno, Giapeto contemplò per un istante la marea di sentimenti contrastanti che provava per sua sorella Mnemosine. Alcuni derivanti da questioni che non era il caso di trattare in quell'incontro. Quando sarebbe giunto il momento di parlarne, Giapeto sapeva bene che Mnemosine sarebbe stata la prima a proferir parola sull'argomento. In quel momento, era semplicemente lieto di aver ritrovato parte della sua famiglia. La loro casa era un po' meno vuota.

    Prima di risponderti, sorella mia, permettimi di fare una semplice, piccola, ininfluente richiesta. - Si prese un attimo di pausa, cercando un modo cortese per formulare la sua frase.

    N̶̢̛͔̼̝̳̟̯̙̱̺͉̺̮̭̣͙̜̬͍̭͈̙̽̋̌͑̒̄͆͆͛́͑͊̿̂̏͊̀̂͛̌̀̈̓̆̀̔̄̈́̇̎̐̀̏͗͐̎̓̋̓́̆̎́̍͊̽̑͋̽̐̏̉̑͑̎̔̌̃̓̕͜͜͝͝͝͠͝ͅͅO̴͔̠̮̮̮̗͖͚̘̻̠̣͑͛̈́͐̉̅̋̎͒̿̄́̆̋̕͘͝ͅN̴̢̢̧̡̧̨̛̛͕̲̼̦̟͉͈̗͎͖̟̮̩͕̺̖̹͙̤̫̝̰̦̠̤̲̥̩̩͇̣͖̜̞̭̣͎̼̰̞̩͚̥̮̹̺̮̞̰͔̯̫̖̼͖̙̠̘̻͓̭͇̺̯̼͂͛̎͑̍̐͂̄͗̅̀͋́̓̿̃̏͂̉͐͂͋̾͊͊̀̑̀͂̏͆̀̂̒̆̓͊͌̇̌̌͐͐͊̊͆͂̔̄̃͒͆͑́̒̎̒̒̐̀̓̕͘̚̚̚̕͘͜͠͝͝͝͝͠ͅ ̷̡̢̛̛̣̼̖̘̣̲̻͎̼̂͋͒̋̍̓̓̄͂̓́̾̾̒́̀͌̍̉̾͑̇̿̿̏̅̃̀͆̏̄̔̂̂̊͑́̔̈́̾́͑͆̽̔̔̌͒͒͛̔̆̂̅͑̾͌̀͗̃͌̈́̂̄̓̎͒̿̐̋̅̿̓̿̾̅͐̓̅̍̈́̍͗́͋͘̚̚͘͜͝͝͝Ç̸̨̡̛̺̦͕͓̭̠̝͔̟̺͍̩͖̻͉̳̯̠̻̑́͊̈͑̀̔̇̾̈́́͊͛̌̾̓́̋̒̎͗͌̄̄̈́͛́͘̕̚͜͝Ḩ̵̡̡̨̨̨̧̖̳̘̖͚̞̗̯̰͕̫̭̰̻̱̥͙̲̩̻͖̘̻̘͉̻̗̜̗̗̬͓̥͙͈̩̩̲̞̝͖̺̩͎͈̗̬̦̜̪̭͔̭̙̝͓͕̲̞̟̬̟̫̦̖̣̦̺̟̤͈̞̦͖̟͈̪̟͉̞͈̪͎̙̤̜̙̗̞̫̜̙͙̬̦̩̟̰̫̪͈̎͜͜͜ͅͅÍ̵̢̧̧̨̧̢̡̡̡̛̛̛͚̦͎̟̝̤̞̱͖͎̦͕̰̘͇̳̹̩͍̣͓̪͉̤̜͓͈̺͍̭̰̣̮̰̻͔̠̺͙̦̖̦̳̺͙͙̩̽̂͛̍͊̽̆́̈̿͑̽͐̂́̓͋͂̏̔́͐͗̓̈̑̅̃̈́͌̿̇́̈́͆̎̂̏̈͒̃͆̈̑͑͑͊͋͌̈́͂͒̅͗̔̋͌͋̾̾̏͋̍̀̉̃͊͒̽̄̃̍͗͋͋͛͂̈́̓̌͆͐͊̐̀͗̿̅̀͊̋͊́̓͗̿̈̀̌̚̕̕̕͘̕͘̕͜͝͠͝͝͝͝͝͠͠À̶̡̛̛̛̛̪̥͈̻̬̙̪͎͔̝̞̰̜̟̭̮͖̹͇̳̈́̎̑̈̂̆̔͂̃̐͗͐̾̓̑͑͑͆́̔̐͐̽̋̈́̋̒̈̊̇̀̈́͐̊͗͒̄͌̀́͊̔͋́̈́̈̌̂́̓͒̽͆̅̏͊̀̔̍̄͒́̈́̓̅̀̍̌͗̉̌̅̇͊̈́͂̇̓̊̾̓̈́̆̑͗̾͑͋͛̈́̈́̈́͌̓̅̂̿͗͑̉͋̂̇̂͊̽͑̍́͂̒͌̎̒͗̉̉̑̾̔́̽̕̚̕̕̚̕̕͘͘̕͘͠͝͝͠͝͝͝͝͠͝͝͠M̶̡̨̡̡̨̡̧̛̳̣̟̻̮͙̫̼͉̠̤͉̪̬̜͍̜͈͕͙̦̗̙̬̫̥͚̯̙͈͉̻̦͎̫̭̥͕͔͖̥͚̰͖͖̣͕̤̰̥̙̬̫͓͓̙̼̪̘̦̯͓̣̪͗̆͆̑̐̇́̀̑͑̆̿̌̋̈́̈͐͊̆͒̑̿͛̒̇̅̍͊̔̒́̀̊̏̇̊̋̉́̐̈́̏̓͋̑̅̿́͋͑̃̕̕̕̚͜͜͜͜͠͝͝ͅͅÀ̸̡̨̧̧̨̧̡̢̧̨̨̡̧̛̛̛̛̛̤̦͍͙̣̩̣̳͔̜͙͇̗̘̮̦͈̣̘̘̭̠͎̭̝̱̠͚͉͚͔̙̪̪̜̣̩̱̪̩̖̺̯̥̙̫̟̬̩͔̰̭͈̘̲͚̻̲͓̹̼̫̥͕̞͈̪̹̳̠̥͇̗̖̰̜͇̗̖̭̞͍̳͎̫̩͉̭̲̫̼̘̳̤̭̰̘̩̣̻̠̩̘̬̱̗͙̖̞͓̝̦̼͎͉̤̪̙͓̹͉͙̹̝͖̜̠̘̤̬̯̂́̃̑͛̄͒͐̀̒͊̍̐̏̂̎̍̄͊̏̂̔͊̈́̔̉̀̓̔̀̌̊̌̑̈́͂̆͋̒̈́̇̿͐͆̉̉̅͑̑͗̿̏̾̅͛̈́̎̍̓͋̑̔̏̓͆̿̅̈́͌̈̃̇̾̔̄̄̿̆̉̍̆̊̎̀́̌̄̽́̓́̒̂̿̿̀̀͊̅͗̈́̈́̌̾͗͗̆͐̂̈́͌̌̅͐̓́͐͊̏̾͒̈́̍̍̍̈́̋̅͛̒̅͐̀͘̚͘̕̕̕͜͜͝͝͠͝͠͝͝ͅͅͅR̵̛̛̛̛̒̏̉͒̊̓̏̈̈́́́̀̅̓͒̔͂͑́̏̽̓̋̅̈́̏̍́̋̆́̈̆͊̋͛̀̈́̇̌̉̌̊̎̽̈͒͆̉͆̌̽͆̉͊̎̈́̊͊͛̎͊́̈́͆̈́̿͆̈́̽̒̏̏̓͛͒̊̀̓̄̊̌̍̔͊̊̾̓̀͛͊̿̄͑́̈͋̒͛̀̿̅̓̅̊̇̈́͌̍̐̏̐̊͑͂̐͆̃̆̈́̏̉͂̀̌̀̽̉̓̕͘͘̕̕̕̕̚͘͜͝͝͠͠͝͠M̶̨̧̢̨̡̧̧̨̨̧̢̡̛̛̛͉̙̘̦̭̬̹̳̩͓̖̺͓̗̩̳̮͈̪͙̗̖̮͎͔͖̬̬̣̜͕͍͇̞̥͎̼͈̘̣̮̥͓̙̘̰̹̬̦͉͚̗͖̰̲̭͕͔̬̪̣̼̺̻̪̟̞̙̖̟̺͕͓̟̖̭̥͖̩̙̮̲͚̠͕̱͉̞͖̱̫̖̺̭̙̰͚̱̮̭̣̟̠̠̘͙̙͓̮̞̗͚̜͕͎̫̭̝͍̼͔̩̹̟͍͈̠͉̪̞̙͚̘͈͕̪͓͗̅͛͌͊̒̉̐̍̔͂̅̎͊͌̆͋͐́̑̐̎̅̑̑̾̉̾̈́̉͒͋́̋́͑͌̔̈̓̀͋͆̂͂͂̓͆͂̌̊̏̈́͗̾̌̑̃͐̓̎̈́͊̀̇̀̌̓̍̾͑̈́̈́̕̕̕̚͜͜͜͜͜͜͜͜͠͝͝͠͠͝͠͠ͅͅḮ̸̡̨̡̢̨̧̡̡̧̡̨̢̢̢̧̢̨̛̛̛͉͖͈̫͕͙̲̪̳̝̥̳͚͍̼̙͖͈̗̭͍̬̼̹͕̻͇̞͚͈̫͓̭̙̱̹̤̻͚͕̪͎͙͎̪͉̖̖̼̞̰̟͇͉̞͚̝̘̦͖̳̪͔͉̤̩̩̬̱̭̰̦͉̹̦̼̦͓͕͙̲̮̦̝͚̦̞̼̖̦͎̱͇̦̳͉̬̘̣̣͉̠̫͓͔̟̯̮̯̥͓̻͓̓̊̉̊́̀̒̂̒͌̒͆͊͊̐̃̎̅͒͌͑̽̏͌̄̀͊̄͂̋̏͊́͗́͗̃̈́̀̽̒͒̈́̀̾͋̂͌͌̀͆͊̾̍̾̒̌͒̏̇̆͊̋̒̈̆͗͋̇̔̊̎̊̏́̀̉͊̀̌͐̎͂̍̾̽̄͂͋̎̉̔̎͊̽̽̍̍̐̎̈̑̅̋̿̒̐͂͗͘͘̚̚̚͜͜͜͜͜͜͝͝͝͝͠ͅ ̸̧̢̡̡̛̛̤̠̜̗̲̞̗͓̝͇̺̲͈̥̥͖̼̝͓̯̼̞̩̹̫͎͉̖̯̩͚͔̙̫̣͔͔̝͕͎̠̯̤̮̰͚͍͙͖̮̱̟̭̣̫̝̻̘̤̪̳̱̜̟̣̺̙͚̖͖͚̬̹̙͚̰̥̊̌̏̆̈́̌̉̀̆̂͂̏́̒͑̇͌͒̑̀̿̊̔͋̋̒̃͋̈̃͆̒͒̃́̈́̎̿̋́̒̈́̉̀̉̿̀͐͗̀̋̚̚͝͝͝͝ͅǦ̶̢̢̢̧̨̢̢̧̨̨̡͍͇̺̖̠̜̠͕̦̩̱̠̩͇̲̝͓͉̝̻̥̮͈̥̮̟̪͙̻͎͈͖͉̼̘͎͚͓̣͍̯̗̫̺̤̟̞̲̜̝̬͈̥̼̤̱͇̦̳̖͉͎͖͙̬̭̤̫̫̣̹̬̞̲͙͕͚̳̻͉͖͚̥̱̺̣͔͚̖̺̳̑̀̍̃̆͛̿̂̐̀̿͑̎̔̂͛́̋́͑̅̉̉̌͗͛͛̀̋͐̌̌̂̓̽̊̇̌̆̃̒͒͂̽̃̓̉̒͘̕̕̚̕͜͝͠͝͝͠͝ͅĄ̵̢̢̢̡̨̨̢̛̛̯͖̞̻̯̜͙̯̱̞̲͎͈̻̠͇̖̲̬͙͓̻͎̪̪̼̫̜̣͉̩̖̩̩̹̙̰̙̹͖͖̟̹̗̰͍͔͕̤͍͎̞͕̼͖̮̼̖͇͖̤͍̗̱̲̮̣̦̞̝̖͔̝̩̰̣̟͔̤́̊̐̌͗̽̀̈́͒͊̔̍̀́̀̈́͛̆̑͐̐̋̾̽̌̐̌̑͘͜͝͠͠͝ͅB̵̧̪̻͚̪̯̟̦͚̞̘̩̺͙͉̞̼̲̗͔͙͎̬͔̖̰̫̙̖͆͑̋̈́̃͂̅͛̆̇͋́̈̌̈́̉̆̀̈̀͗̆̓͌̿͌̽͑͜͝R̴̦̥͓̖͈̪̥̮͓͓̦̞̱͔͕͇͉̳̠͓̩̟̠̼̫̺͇̺̳̞̮̜͕̘͙͓̗͖͖̤͚̥̗͎̊̋̌́͛͛̎͘͠ͅͅĮ̷̨̨̡̛̛̞̺͕̟̪̞̮̣̗̮̝͈̞̫͓̤͇̞̞͖͖̟̮̖̬̍̓́̋͂̋̓̾̆̈́̈͋̒̒͒̀̑͒͗̉́̇̋̊̇͂̍̆͋͊̊͛̏͊̓̾̀́̈̅̈́͗̊̀̈́̀͂̈́̌͊̽̅̔͒͆̓͂́̂͐̓͆̔̓̇̽̀͌̈́̀̓͆̑͂̑͒̅͊͋̓̂̿̓̓͛͋́̒̐̂̈́̔̅̇͌̈́̓̈́̒͂͂͂͌͂͊̉́̈́̎̑̄̎̊͌͊͘̚͘̚͘̚̚̚͠͝͠͝͝͝͠͝͝͝͠͝͝͠͠͝͝͠ͅͅË̴̡̨̧̢̧̢̨̢̨̡̧̛̛̛̛̛̩̯͖̬͖͍̺̝̦͈̜̞̥̭̪̣̱͎̣͓̮̬̞͖͇̼̺̺̙͚̜͖̟͈̱̖̟͈̘̱͇͈̮̜̩̞̲̜̠̭̜͔̼̪̝̫͓͔͕̗̬̮͈̟̝̮̹͕̤̙͖̩̤̲̠͖̝̭̼̪̻̠̪̟̰̘̞̟̘̮̬̖̤͙͕͙̞̫̝̤͓͎̦͓͔͚͇͇̦̳͇̜̩̟̩̲̳͖͔͈̲́̐̃̔̓̅͛̆̊̏̐́̊̽͊̾͂͆̑͗͊̎́̔͒̉͂̿͗̃̈́͆̑̇̔̒̔̾̔̒̀̉̈́͒̎̒̌̓̈̊͐̏̈́̒͋͗̊̐͌̂̂͆́̊̑̈́͒̑͆̉̿̊̄̐̓͂̿̔̊̿̄̀̎̽͒̆̌̀̀͐̉̽̇̓͛̋̅̀̒̊̈́̅̊͒̇́̅́͂̀̃̃́͛̾̑̎̅̍̊͌͂̈̇͛̓͊̎̈́͗̽́̿͊̌̏͂̏̕͘͘̚͘̕̕͘̚͜͝͝͠͠͝͝͠͝͝͝ͅͅL̸̢̧̧̢̧̧̡̡̨̛͔̬̼̦̙̰͓̖̹͔̣̙̥̫̯̮̤̣͉̮̳͚̪͔̝͎̙̭̫̙͕͍̹̖̙̱͎̤̱̻̹̫̝̗͖̺͖̬͈̭̪̜̟̣̹̙̲̤͙͔͓͈̱͈̯̥̼̼̹͈͉̟̖̲̱̙͖̥͎̦̟̗̥̠̠̤͚̳̭̰̜̦̖̦̠̥͙͓̠̗̲͎͎͎̳̩͕̩͎͔̳͖̗̟̹͍̤̝̱̳̖̭͙̭̘̩̩̩̲̱̯̺̹̹̝̤͓͉̥̤̳͎̬͍͉̤͉̣̳͍͇̝̩̜̀͒̎͜͜͜ͅͅͅ



    Detto ciò, sospirò dal naso, come se si fosse tolto un peso. Dopotutto Gabriel non era stato il suo vero nome nemmeno da umano. Era semplicemente il nome del Daimon che lo aveva tradito, ucciso e scagliato nell'ade quando ancora era uno di loro. Dopo la sua vendetta aveva adottato quel nome come spregio per la macchina divina ed ogni cosa ad essa collegata. Ora che era tornato ad essere se stesso, non c'era bisogno di adoperare un nomignolo appartenuto ad una di quelle creature. Era oltremodo offensivo per lui, che aveva speso tanto di quel tempo e di risorse a combattere i maledetti angeli. Certo, ora con le sue multiple incarnazioni aveva acquisito molte, forse fin troppe, informazioni interne alla loro casta, ma non si sentiva in debito con loro. Il nome Gabriel era stato abbandonato assieme all'anello nella torre nera, davanti al nucleo centrale dell'infinito.

    In tutta onestà, non sono a conoscenza di quanto tu sappia delle questioni che circondano il mio risveglio in questo secolo. Sono state molto convolute, e come hai notato è stato tutto il prodotto indesiderato dei piani di Angra Mainyu, che per una pura svirgolatura del fato non sono andati a buon fine. Posso ritenermi altamente soddisfatto, e permettermi di dire che ho avuto una parte preponderante nel salvare l'intera realtà. - Giunse le mani di fronte a sé, la sua espressione compiaciuta scomparve completamente, diventando neutra, priva di emozioni. - Sono andato oltre, dove nessuno di noi è stato costruito per andare. Nel regno di Urano. E lì ho ripristinato la realtà. A caro prezzo.

    Chiuse un attimo gli occhi, ripensando a tutto quello che aveva visto quel fatidico giorno, alle cose a cui aveva assistito, cose che nemmeno lui poteva capire appieno ma che l'avevano lasciato pieno di un senso di meraviglia e di desiderio di andare oltre, di scoprire che cosa ci fosse oltre il limite strutturale imposto ai titani dai loro creatori.

    Sono tornato, sorella mia. Ma ho pagato per ogni singola goccia di ichor che scorre in me ora. Ho perduto l'unico umano che ho mai considerato mio amico in migliaia di anni di vita mortale. È morto per mano mia. Le mie lame sono lorde del suo sangue. - Disse, ripensando all'orribile sensazione di abbandono provata quando l'anima di Benoit si consumò completamente per ripristinare la fine e l'inizio dell'universo. La mietitrice aveva reciso il tessuto della realtà per permettergli di raggiungere la super dimensione e di conseguenza il nucleo che dava origine al tempo e allo spazio.

    Ho perduto mia moglie, per cui ho provato un amore così intenso e strano, e di cui l'ultima immagine nella mia mente è lei che urla dalla disperazione mentre la porti via. - Fece un attimo di pausa.

    Il tutto per tornare ad una vita che è solo la pallida ombra di ciò che era un tempo. Le mie conoscenze sono tornate, sorella mia, ma la consapevolezza del potere e del regno che abbiamo perso mi rende solamente più furibondo.

    Questo è il prezzo che ho pagato per aprire gli occhi. Mi chiedo se avessi dovuto tenerli chiusi.


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    Bibiane pensò per un attimo a suo fratello, alla sua esistenza e a tutto quello che aveva passato e ai loro incontri. Pochi dettagli potevano essergli nascosi, perchè Bibiane era Mnemosine e Mnemosine era Bibiane. La dea della memoria sapeva. Era il suo compito sapere e ottenere informazioni, al fine di conservare lo stato delle cose nell’universo. I moti rivoluzionari di quello che comunemente gli umani chiamavano destino avevano per lei pochi segreti, perchè lei era uno dei pochi titani ad avere il dono della preveggenza, anche se una preveggenza tutta particolare. Se i loro fratelli potevano prevedere esattamente cosa sarebbe accaduto perchè la loro essenza era presente e futura, lei poteva perchè la sua era presente e passata.

    Ciò nonostante, cosa poteva rispondere a suo fratello?

    Lei sapeva, e se Bibiane era all’oscuro delle cose, Mnemosine era ben cosciente di quello che era servito per arrivare in quel particolare momento, in cui i due titani si incontrano al labirinto. Non era nelle sue mansioni provvedere anche al mantenimento della loro specie?

    Bibiane sentiva emozioni contrastanti. Da un alto, avrebbe abbracciato Gabriel, gli avrebbe detto che sarebbe andato tutto bene e che da allora in poi loro erano fratelli, e che tutto quello che avevano perso e trovato per la strada aveva un senso. Ma Mnemosione doveva pensare al passato e al futuro, al continum di quella realtà. Il controllo delle informazioni era il vincolo necessario.

    Poi pensò a quanto aveva perso lei, al peso dell’infamia che aveva dovuto sopportare, ai secoli di tradimenti da dea e al suo animo ribelle da umana, e di come la sua condizione le avesse inferto dolore su dolore, cominciando dalla separazione da suo fratello, quello di sangue sia umano che titanico. Era sopravvissuta, era lì, e non aveva dovuto chiedere aiuto a nessuno.

    Avrebbe voluto sputare in faccia al fratello secoli e secoli di solitudine, Bibiane avrebbe voluto sputargli in faccia la sua rabbia per averla fatta sentire un outsider sull’isola. Gabriel l’aveva sempre cercata ma mai veramente voluta vicina. Sapeva benissimo che per lui lei era sempre stato un mistero, l’attrazione verso un universo insondabile, la nera voragine che rischiava di trascinare a fondo lui e Candice. L’ultimo tassello di quell’attrazione era stato posto, ma le ferite bruciavano ancora.

    E in ultimo, doveva ringraziarlo per averla trascinata fuori dal dolce oblio confortevole della morte, in fondo?




    La dea inspirò profondamente e mandò giù tutto.

    “Potresti chiedere al sole più sole o alle stelle meno stelle?”.

    Non un emozione trasparì sulla sua faccia o dalle sue parole. Era sempre stato così. Silenzio e il tradimento; così era riuscita a sopravvivere alla grande guerra, così si era assicurata che loro fratello Chrono giugesse in quella era, e con lui Giapeto e tutti gli altri che si sarebbero risvegliati.

    “Siamo quel che siamo, fratello caro, e chiudere gli occhi non ti avrebbe reso diverso da quello che sei...Il destino è un concetto che appartiene agli uomini. Noi non siamo uomini, siamo titani. Noi siamo gli dei che tirano i dadi dell’universo. Non pensare che i piani del Nemico siano stati sventati per caso. Non esistono circostanze fortuite. Io ero lì per un motivo, tu eri lì per un motivo, tutto questo accade per un motivo.”

    Bibiane cercò le parole. Si sentiva in qualche modo diversa. La dea dell’antichità sarebbe stata in qualche modo ieratica e distate. Ma in quel momento, qualcosa si muoveva nel suo petto, qualcosa che aveva a che fare più con Bibiane che con Mnemonsine, qualcosa che non poteva smettere di provare attaccamento per l’essere umano che era Gabriel. Era grata per quello.

    “So cosa si agita nel tuo animo, perchè è anche nel mio. So che sei uno principio viaggiatore, e vedi oltre, fra le dimensioni, e ti chiedi se tutto questo dolore poteva essere evitato. Io sono invece un principio di conservazione, e ti dico che quello che vedi negli altri universi non ha senso fin quando rimaniamo ancorati a questo spazio e a questo tempo. Tutti gli universi esistono contemporaneamente, ma solo uno prende vita in questo continuum. Ha senso chiedersi se le cose potessero andare diversamente, quando una vera alternativa non c’è?”

    La dea si alzò dalla sedia, fece il giro del tavolo per essere più vicino al fratello. Lo scrutò come un medico scruta il malato.

    "Il tuo smarrimento è comprensibile, come è comprensibile che tu non voglia più utilizzare il tuo nome da umano, ma ciò nonostante non sono sicura che tutto ciò sia sano. Ho progettato il processo di risveglio in modo che la tua coscienza di titano si risvegli per stadi evolutivi successivi con l'ausilio del tuo animo umano. Se le due componenti non si integrano bene, potresti avere dei problemi...”

    Si fermò, gli costava parecchio quello che stava per dirgli. Non sapeva se essere asettica o empatica. Suppose che ne uscì una mistura abbastanza insolita.

    "Sono preoccupata per te. Dimmi cosa posso fare per aiutarti."




     
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    Si può vivere una intera vita pensando ai se. Se avesse ucciso Mnemosine in quell'istante, per il suo tradimento? Giapeto sapeva cosa sarebbe successo. Con la coda dell'occhio, nella sua mente espansa attraverso milioni di miliardi di universi, vide se stesso balzare dallo scranno e trafiggere sua sorella con la lama sinistra. Poi con la destra. E nuovamente con la sinistra. Poi le mozzò le braccia, la decapitò, sparse le sue interiora bluastre per la stanza, disegnando grandi archi di ichor congelati nello spazio attorno a se e costruendo arabeschi con il cosmo liquido della titanide. Poi calciò i brandelli del suo corpo contro il muro e continuò a colpirli per ore e ore.
    Se avesse pianto, sfogando il proprio stato interiore? Vide se stesso chinato in avanti, con la testa tra le mani. Se fosse rimasto in silenzio? Vide se stesso non dire nulla, incatenando i due titani in uno strano e spiacevole silenzio. Vide tutto questo mentre compiva le sue azioni, mentre diceva le sue parole. Le chiavi del multiverso erano un oggetto di grande potere, donate a Giapeto da Urano stesso. Forse, forse, erano il motivo dietro la follia intrinseca del titano delle dimensioni. L'agente del cambiamento che spinge e si spinge oltre i limiti per forzare l'evoluzione, per costringere un adattamento, costretto ad essere perennemente consapevole delle conseguenze delle azioni che non ha compiuto nel suo universo. O forse erano la fonte della sua grande scienza, della sua inventiva. Ogni singolo istante della sua esistenza era un flood infinito di trial and error automatici, la conoscenza di infinite probabilità e situazioni.

    Poteva chiedere al sole più sole o alle stelle meno stelle? Sì, un tempo avrebbe potuto farlo. Un tempo i titani avevano letteralmente l'intero universo a loro disposizione. Potevano modificarlo secondo i loro disegni, rendendolo concordante ai loro desideri e alle loro superiori conoscenze. Potevano fare tutto, poiché erano i legittimi padroni di questo universo, e la realtà tutta era stata messa a loro disposizione. E Giapeto fin dall'inizio aveva sempre avuto l'intenzione di sfruttare tutto ciò in ogni modo. L'universo era il suo parco giochi, era la sua natura. Era il suo dovere spingere al limite ogni cosa esistente, la realtà stessa, poiché l'esistenza stessa aveva un timer stabilito, prima che tutto fosse entropia e divenisse necessario ricominciare daccapo.
    Era il motivo per cui esisteva il fare in modo che nessun atomo dell'universo rimanesse intoccato dal cambiamento.

    Sollevò lo sguardo, seguendo il cammino di sua sorella. Bella e terribile in uno strano distacco. Oh quanto gli era mancata la sua famiglia. Accavallò le gambe e inclinò la testa, guardandola con fare quasi sbarazzino.

    No, tu non sai cosa si agita in me. - Disse, con un grande sorriso sul viso. - Ogni istante io sono diverso, per natura intrinseca sono mutevole e incostante, sono continuo cambiamento. Proprio per tua natura, tu puoi solo constatare che cosa ero un istante prima.

    Unì le mani sul ginocchio più alto, facendo ciondolare pigramente il piede. -Non so che cosa tu avessi in mente quando hai progettato un sistema che di base non sarebbe mai dovuto essere utilizzato, ma nel mio caso ogni cosa possibile è andata storta. Ho vissuto per migliaia di anni prima di risvegliarmi. Sono stato un Daimon, uno Spectre, un Black Saint e sono stato contaminato da Nidhoggr, il servo di Ymir e infine persino corrotto da Carestia. Quando il momento è giunto è avvenuto tutto in pochissimi istanti. Nel momento in cui tu sei comparsa ero me stesso solo da pochi secondi. Ho bruciato tutte le tappe e ora quello che hai davanti a te è il prodotto finito.- Posò lo sguardo in quello di sua sorella Mnemosine, che gli era cara. - E si può dire che di base l'animo umano che avrebbe dovuto aiutarmi è bruciato da anni. O forse ora mi dirai che nonostante tutto Gabriel era umano?

    Si piegò in avanti di scatto piantando i piedi a terra e tenendosi il volto tra le mani. Le sue spalle sobbalzavano rapidamente, mentre dalla bocca semiaperta singhiozzi sommessi erano chiaramente udibili. Stava ridendo.

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    Ora mi dirai che tutto quello che ho fatto, tutte le anime che ho consumato, tutte le persone che ho ucciso, torturato e divorato, tutte quegli esperimenti inutili erano opera di un umano? - Un altro attacco di risa - E poi mi dirai che quella cosa dovrebbe aiutarmi a stare meglio? - La risata di Giapeto era attutita dalle sue mani, ma era particolarmente sonora e sentita. Stava genuinamente trovando tutto ciò estremamente ilare. Ci volle un po' perché si esaurisse e Giapeto rimanesse fermo, con il volto ancora fra le mani.

    Se vuoi aiutarmi, sorella mia, dimmelo. Ho fatto tutto ciò perché ero Giapeto, o voglio rifarlo da capo ancora e ancora perché sono stato Gabriel? Sono sempre stato un mostro che sparge la tenebra sull'universo e guarda gli scarafaggi che corrono e si moltiplicano nel buio, o lo sono diventato? Tu sei la memoria, aiutami a ricordare il confine.





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    Mnemosine non si aspettava altro da suo fratello. Era sempre stato così con lui come con tutti gli altri; alcuni di loro la usavano per i loro piani, altri la odiavano semplicemente perché non la comprendevano, non sapevano i fini delle sue azioni. Per tutti loro, lei era sempre stata la super-macchina vivente, una specie di computer di calcolo biologico privo di emozioni.
    Non si curò dell’isterismo infantile del fratello. Ricordava bene cosa era Giapeto prima che perdessero la guerra, ed non era decisamente un fiorellino di campo. Mnemosine aveva sempre sospettato che il fratello si aspettasse dalle loro creature l’obbedienza assoluta e infinita riconoscenza. Purtroppo, se quelle erano le aspettative, il progetto doveva essere decisamente diverso.

    Tornando invece a pensare al presente, aveva evidentemente un fratello da rimettere sui binari. Assunse un tono neutro e colloquiale, come se stesse chiacchierando del più e del meno:
    “Questo è il motivo per cui mi preoccupi, Giapeto. Tutto è accaduto troppo velocemente, e sei totalmente disorientato dalla tua nuova condizione esistenziale. Il processo di risveglio non era il nostro piano B, ma la nostra ultima risorsa in caso di disastro che, guarda caso, si è verificato.”
    Una vena di stanchezza e rassegnazione traspariva nella sua voce. In quella che era la loro allegra famiglia disfunzionale, lei si era semplicemente sobbarcata il compito di gestirli, tutti, a volte a loro insaputa. Senza di lei probabilmente non sarebbero mai esistiti i dodici. Non aveva dato mai la colpa a nessuno di loro, ma anzi si era docilmente arresa al gioco delle parti. La sua gioia era il loro prosperare che, immerso nel contingente, significava semplicemente essere sopravvissuti al Titanomachia. Eppure, in alcuni momenti si concedeva il lusso si stancarsi di quel meccanismo.
    “Oltretutto, non è affatto un caso che tutti noi destinati ad essere titani ci siamo risvegliati anche come spectre: Angra Mainyu e suo fratello avevano alterato il processo nella speranza di sottometterci. Fortunatamente quel bug è stato risolto”.

    La dea fece il giro del tavolo e si rimise alla sua postazione di fronte al fratello, gomiti sul tavolo e mani intrecciate sotto il mento. Una cariatide dallo sguardo penetrante.
    “Onticamente parlando, tu sei stato prima un titano, poi un angelo, una stella delle 108 e un essere umano, per poi tornare titano. Ontologicamente parlando, invece, penso che il fatto di essere stato generato Giapeto abbia influenzato enormemente tutte le tue incarnazioni successive, inclusa quella attuale. Il tuo odio per le divinità, la tua passione per la scienza, la tua smania di migliorare l'essere umano. Sono cose che ti sei portato dietro, quello che cambia è il fattore esperienza. Hai senz’altro acquisito conoscenze che ti erano precluse nel tuo vecchio stato di esistenza. Questo può servire a una tua evoluzione del se. Quello che ti manca più che altro è…”
    Mnemosine sorrise al gioco di parole.
    “Memoria. Qualcosa o uno scopo che rimetta in fila tutta la tua narrazione esistenziale che si è sfilacciata durante tutte le tue incarnazioni, che giustifichi tutto il dolore…il tuo di dolore, fratello, quello che ti ha reso così crudele verso gli uomini”

    Si ammorbidì sulla sedia, sospirando. Era indecisa quale strada prendere, ma poi sospirando, cercò un tono più accorato, che la avvicinasse al fratello. I tempi erano bui, non si potevano permettere distanze abissali. Si accorse, guardando negli occhi del fratello, che erano due relitti del passato, trascinati dalla corrente e spiaggiati in quel momento. Potevano tornare grandi, ma il lavoro da fare era immenso, e partiva proprio da quel momento, un istante dopo l’altro.
    “La verità? Sei sempre stato problematico. Sei sempre stato vanesio, al limite dell’infantile. Pretendevi adorazione e riconoscenza da parte degli esseri umani senza dare nulla in cambio, e quando questo non è accaduto sei diventato crudele, sadico, rancoroso”
    Quel punto doveva essere affrontato prima o poi, meglio togliersi il dente.
    “…e vedo che la prigionia non ti ha giovato molto…”
    Pausa, silenzio.
    “… Non che me ne importi, ovviamente. Per me anche se hai un un carattere cupo come la notte, farai sempre parte dei dodici, e questo viene prima di tutte le acredini che ci portiamo indietro da millenni. Fintanto che le tue azioni non mettono a repentaglio i nostri disegni, sei libero di fare quello che vuoi, lo hai sempre saputo. Quindi arriviamo al punto…”

    Aprì di nuovo gli occhi su di lui, ma stavolta non furono le sue labbra a parlare, ma la sua mente. Era una domanda precisa, non nella formulazione mai nei sottintesi.
    °Mankoi lle irma sint?°






     
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    Nei discorsi di sua sorella, il miscuglio di emozioni e pensieri che era Giapeto si era già rimestato varie volte. Prima di riprendere parola, il titano aveva già cambiato umore e personalità almeno tre volte. Per questo faticò a ritrovarsi in quello che aveva detto poco prima, ed in quello che Mnemosine stava dicendo. Il volto di Giapeto - perfetto come si conveniva alla sua stirpe - assunse un'espressione incuriosita, sorpresa perfino. Non riusciva a trovare una logica negli strani concetti pronunciati da Mnemosine, e per un attimo si ritrovò a preoccuparsi della salute mentale della sorella, che dopotutto non era ancora appieno risvegliata. Sollevò il volto dalle mani, quasi sereno in volto.

    Certo, sorella mia. Era il mio piano fin dall'inizio utilizzare tutto ciò che ho acquisito in questi millenni per evolvere me stesso oltre lo stadio di normale titano. Dopotutto ho tra le mani l'occasione di diventare qualcosa che non avrei mai potuto, prima della Titanomachia. - Il tono di Giapeto era accomodante, adatto a parlare a qualcuno che non sapeva veramente di che cosa stesse parlando. Un tono confortante, o almeno quella era l'intenzione del titano. Fece qualche gesto con le mani, come a rimestare una materia sottile che scivolava tra le sue dita.

    Tuttavia quello che hai detto mi sembra più la tua opinione sui fatti, che i fatti stessi. Non mi ci vedo a elemosinare devozione dagli umani. Dopotutto essa non porta vantaggi pratici o che altro. Sono abbastanza certo di non aver mai voluto da loro qualcosa che non fosse assoluta e cieca obbedienza. Dopotutto sono robottini di carne che abbiamo inventato per colonizzare lo spazio infinito mentre noi ci occupavamo di materie più urgenti. - Si accarezzò il lato destro del pizzetto con l'indice sinistro, pensieroso.

    Non sono crudele con loro, sono pragmatico. Li abbiamo costruiti così. Li torturi un po' senza fargli capire che sei stato tu, e quelli evolvono, diventano più forti e in qualche modo trovano una missione personale. Con i black saint c'è stato l'errore di usare il mio metodo collaudato E allo stesso tempo portare avanti l'idea che gli dei sono nemici. Lì lo ammetto, mea culpa. - Si posò una mano sul cuore, ammettendo con candida onestà tutti i suoi errori fatti nella gestione dei cavalieri neri. Ricordava che in certi punti nemmeno lui sapeva dove volesse andare a parare, ritrovandosi a fare troppe cose contemporaneamente senza concluderne nessuna. Era un problema della mortalità, i tempi sono estremamente più stretti e se non li si gestisce bene si finisce a compiere disastri. Come quella sottospecie di ammutinamento avvenuto durante la recente crisi sull'isola. - Ma ora che ricordo i miei metodi e sono in possesso dei miei mezzi, sono già tornato a potenziare la Vita in sé. Il solito, sai. Trascinare le forme viventi con potenziale urlanti e scalcianti nel futuro, cancellare quelle che sono solo una perdita di tempo.

    Un sorriso tranquillo, ma che andava da orecchio a orecchio si allargò sul volto di Giapeto. - A mio avviso ti fissi troppo sugli umani, questa volta potremmo provare con i funghi come specie dominante dell'universo. - Appoggiò le mani sulle gambe e si rilassò all'indietro, appoggiando la schiena e godendosi il confort del suo sedile.

    Ovviamente non sto facendo nulla di distruttivo, e sopratutto non sto facendo nulla di esplicito nei riguardi del grande tempio. Su quel punto Prometeo e Crono sono stati molto, molto, molto M O L T O insistenti a riguardo. Solo piccoli ed innocenti esperimenti. Per esempio ho già fatto comparire il saint di Andromeda. Ne avevano bisogno, poverini. Sono anni che nessuno sente parlare di loro.


    Gradualmente, senza un vero punto di demarcazione, il suo parlare era scivolato verso il normale e consono metodo di comunicazione dei titani, che andava oltre la telepatia. Informazioni, sensazioni e altro ancora che non potevano essere espressi attraverso la normale struttura fisica e linguistica dei corpi umani che stavano utilizzando in quel momento. Era come disegnare un solido quadridimensionale in uno spazio a tre dimensioni. Non era semplicemente fattibile, e parlare a voce lo avrebbe costretto ad esprimersi in metafore per dare almeno una parvenza dei segreti spettri emotivi che i titani emettevano nel loro linguaggio. Tutto questo senza voler veramente ammettere di non sapere dove indirizzare quella conversazione. Era il primo incontro titanico che faceva da quando si era risvegliato, e solo gli atomi potevano sapere quanto avrebbe preferito avere Ceo o Oceano davanti, per fare certi discorsi.


    Quello che voglio sapere, sorella mia, perché pensi che gli umani abbiano qualcosa a che fare con la mia situazione. Sono una risorsa, posso farne quanti voglio. Anche quando ero Gabriel ne ho creato qualcuno.




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    Edited by ~Gabriel~ - 24/7/2018, 01:26
     
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    Quanti errori nelle parole del fratello, ma era davvero compito di Mnemosine fargli cambiare idea?
    La risposta si profilava ambigua nella sua mente. Da un lato c’erano le implicazioni future di quelle convinzioni, eventi e calcoli statistici di cui lui era all’oscuro, che le dicevano di cercare di fargli cambiare idea. Dall’altro sapeva che l’unica maniera per abbattere una mentalità tanto cieca era ricorrere a tutte le sue arti, inclusa la chirurgia mentale. Il suo conflitto di punti di vista e risoluzioni future che si elaboravano e polverizzavano nella sua mente si risolse in un sonoro sbuffo.
    “La tua empatia verso il prossimo mi tocca il cuore, fratello caro, e scommetto che non esiteresti a toccarlo anche tu e strapparmelo dal petto se servisse ai tuoi studi…”
    Mnemosine lo sapeva bene. Nell’oscurità li aveva tenuti a bada tutti per secoli, osservandoli, e sapeva anche che Giapeto non era certo il più simpatico dei suoi fratelli. Il suo era un lavoro sfiancante, ma era stata progettata per quello. Fare da colla a quella banda di schizofrenici che si trovava per famiglia. La noia.
    “…a parte questi dettagli sul tuo squisito carattere, vorrei sottolineare, in maniera del tutto informale per adesso, che il progetto dell’umanità è ancora in cima alla lista delle nostre priorità. Siamo sotto organico e non ci possiamo permettere sprechi quindi fino a prossimo ordine procediamo su questa strada. Se vuoi, porta le tue istanze di cambiamento dei piani in consiglio e valutiamo tutti insieme, come ai vecchi tempi. Ricordi? Che bei momenti e quanto mi mancano! Ma fino ad allora mi piacerebbe che ci concentrassimo su qualcosa di più utile della vivisezione e del pongo…”

    Mentre parlava si mise a digitare per aria. Ad ogni colpo delle dita appariva un tasto olografico a mezz’aria. Il suo fitto digitare produsse un mutamento nell'aspetto dell’ambiente. Gradualmente le luci si soffusero, i muri cambiarono aspetto, il pavimento pure, perdendo la loro immacolatezza e diventando più duri, assumendo l’aspetto delle prigioni nei sotterranei del Labirinto.
    “…quello che vorrei è che tu ti concentrassi le tue ricerche su come combattere e convertire la corruzione, e non sprecassi risorse e tempo in giro a bighellonare senza meta sulla terra…”
    Si fermò per un attimo, inclinò la testa di esattamente 12° e lanciò un’occhiata eloquente di rimprovero. Si riferiva a Galatea
    “…pensavi che non lo sarei venuta a sapere. Per me te lo puoi anche tenere al tuo servizio, figurati se non mi fa piacere che procediamo con il riarmo delle BOW, basta che avverti. Devo pur sempre disporre che quella poverina campi sotto il nostro tetto…”

    Poi nella sala apparvero due presenze, che erano imprigionate in quel momento proprio sotto i loro piedi: glii olimpici gemelli, il sole e la luna, Apollo e Artemide imprigionati e in stasi.
    “Tornando a noi, come ben sai abbiamo questi due esemplari a cui badare, e disinnescare due bombe ad orologeria da sotto i piedi potrebbe già farci risparmiare tempo e risorse, che magari potrebbero essere destinati ai tuoi fantasmagorici studi…”
    Altri colpi di tastiere e furono circondati da una serie di particelle e di lucidi frammenti geometrici a mezz'aria. Poteva sembrare una nube caotica e irregolare se immersa nella geometria del mondo reale, ma quelle proiezioni di luce ed energia non erano altro che dati, equazioni, schemi. La loro fattura non era evidentemente umana, né il loro aspetto ma era perfettamente intelligibile da loro due. Erano il loro linguaggio antico fatto di sigilli e simboli di cui si era persa traccia.
    “…attualmente abbiamo avuti pochi casi sporadici di conversione, e non abbiamo ancora elaborato un modello standard di studi. Questi sono i pochi dati in mio possesso. Perdona la loro esiguità, ma ho davvero ho avuto poco tempo. Quello che mi farebbe piacere, mentre io mi faccio in quattro per non farci estinguere di nuovo, che tu fra un intrattenimento e un altro tu potessi assolvere a tuoi compiti. Tutto qui. Sarebbe troppo chiedere di smettere di gingillarti e mettere il tuo cervello e il tuo ego a servizio della causa comune?”



     
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    La prima cosa che è riuscita ad offendermi da quando abbiamo cominciato a parlare è il tu che pensi che io non abbia tenuto in conto di operare completamente alla luce del sole, dato che non posso veramente nascondere nulla? Sul serio, Mnemosine? Dai... - Disse Giapeto, ciondolando avanti e indietro sulle natiche mentre prendeva ampi e lunghi respiri, cercando di trattenere qualcosa che stava prepotentemente montando dentro di lui. - La situazione di Chimera sta procedendo come previsto, in modo assolutamente liscio. Ti sarà tutto chiaro più avanti.

    E quella cosa era il fastidio. Non per i vari sottili insulti e le frecciatine, non per le varie accuse di aver passato il tempo successivo al suo risveglio a non fare nulla di produttivo. No, per un altra cosa. Mentre Mnemosine continuava il suo discorso, il ciondolare di Giapeto di venne progressivamente più frenetico fino a che con uno scatto delle gambe si proiettò in piedi con forza. Un normale umano, con un sistema circolatorio debole, avrebbe potuto rischiare un calo di pressione ad una levata così rapida, ma non un titano. Cominciò ad indicare freneticamente vari punti nella nuvola di calcoli che li circondava, abbandonando completamente ogni dignità titanica.

    Ok, allora. Prima di tutto. Qui è sbagliato, qui pure, qui qui qui e qui potevate fare di meglio. - Avvicinò i due indici e poi li allontanò per ingrandire uno degli schemi che aveva trovato. - E qui c'è chiaramente un pattern nelle onde mentali che qualcuno non ha notato. Qui deve essere una sinusoide. Le basi proprio. - Avvicinò indice e pollice della destra e poi li allontanò, facendo comparire uno dei suoi schemi, dei milioni di miliardi di miliardi di dati raccolti da quando si era risvegliato. - Con gli stessi dati e sapendo come funziona il mondo, esce questo. - Guardò meglio il proprio schema, che al confronto con gli altri calcoli sembrava scritto con il pennarello rosso in aria. - A me pare una sinusoide.

    Inspirò nuovamente e contattò telepaticamente l'intero team scientifico esistente nel labirinto, forzando nelle loro menti la chiara e bruciante immagine dello schema corretto. - SIGNORI TESTE DI CAZZO QUESTA È LA VOSTRA SINUSOIDE! SCIENZIATI DI MERDA, CHI CAZZO VI HA PROMOSSO A VOI. MA COSA VOLETE INSEGNARE VOI NEL LABIRINTO, DITE SOLO PUTTANATE, SIETE DELLE MERDE, CHE SONO STATE RAGGIRATE - INCULATE - AVETE FATTO I POMPINI AI CORROTTI, AVETE SPESO RISORSE PER DELLA M E R D A. E queste dimostrazioni ve le porto davanti a Crono. - Esternato il suo stato d'animo, tornò tranquillo e rilassato, andando poi nuovamente a rivolgersi a sua sorella. Schioccò la lingua.

    Davvero? Davvero hai pensato che io non stessi già studiando e facendo esperimenti sull'unica vera novità in miliardi di anni? Oh si certo, lo spazio, molto bello, l'ho letto tutto due volte. Le creaturine di nostra madre, bello bello, c'è una specie di lumaca che incorpora ferro e ha il guscio metallico, molto figo. Posso recitarti migliaia di funfacts su piante e animali. Oh sì, sì, gli umani, tutti molto variegati. Dopo aver determinato i fattori che decidono quale fa splat meglio quando lanciato contro il muro ho perso interesse. - Fece un gesto con la mano, indicando lo svogliato lancio di qualcosa in direzione della parete.

    Il mio gingillarmi è in verità un continuo raccogliere dati su ogni tipo di influenza che ha avuto la corruzione sul mondo. In ogni sfera. Fisica, cosmica, spirituale e sociale. Sì, anche sociale, perché c'è una netta componente psicologica e spirituale nella corruzione. Quindi senza comprendere il substrato in cui gli umani vivono ora, non è possibile capire perché certi umani si corrompono spontaneamente senza venire prima uccisi da altri corrotti. Non si può stare chiusi qui dentro a fare gli scienziati con i camici e le ampolle. Bisogna mettersi la tuta da lavoro e andare la fuori e analizzare ogni singolo granello di sabbia. - Ridacchiò. - Ma posso capire perché tu possa pensarla così. Dopotutto l'unico della famiglia che è al mio livello è il caro Ceo. Lui ha inventato l'elettricità, quella non si batte eh. - In tutto questo, uno dei suoi Orokin si era già recato al database centrale dove recapitò una datamass contenente tutti i dati utili alla ricerca. Una quantità spropositata di dati comparve proiettata assieme alle altre, con un font e con un colore diverso per poterle distinguere chiaramente dai dati già presenti. Erano tutti studi in vivo, osservazioni comportamentali, oscillazioni cosmiche, campioni di DNA prima e dopo la morte, e test di corruzione indotta. Inoltre vi erano tutte le esperienze personali di quando era Gabriel, tutte le analisi compiute su se stesso quando ancora era corrotto e tutte le osservazioni successive all'incontro con i nazisti del sole nero e la creazione dell'avatar del Tradimento sfruttando l'essenza immagazzinata dentro di lui di Therese.

    Tornò a sedersi, giungendo le mani e tenendo gli avambracci appoggiati sulle ginocchia, tornando a guardare sua sorella. - Il punto, sorella, è che con la corruzione bisogna abbandonare tutta la logica che usate normalmente, perché è stata creata con un'altra, diversa. La corruzione è una vita migliore di quella esistente, su certi aspetti. È una unica massa, conta come Uno anche quando le entità singole sono separate fisicamente e spazialmente. La loro essenza intrinseca è unita, come il normale campo morfogenico che unisce i vari tipi di esseri viventi. - Fece un gesto svogliato con un dito e da un portale sul terreno comparve un piccolo mobile cilindrico, con vari alcolici originali raccolti in giro per il mondo. C'era anche roba discretamente pregiata. Aveva visto che Galatea aveva offerto del The a Mnemosine, ma Giapeto conosceva il corpo originario.

    Il fatto, è che quando qualcosa viene corrotto, non viene semplicemente contaminato. Il suo concetto di "vita" cambia, diventa un'altro tipo di "vita". Quello della corruzione, che è programmato alla base in modo diverso. Tutti i failsafe sono assenti. Completamente rimossi. Ecco perché possiamo vedere corrotti che sono ancora mobili nonostante si trovino in condizioni completamente incompatibili con la normale vita. Normalmente certe condizioni forzano un fallimento nelle misure di sicurezza di un corpo vivente. Per esempio, una eccessiva perdita sanguigna, causa la morte perché non arriva più ossigeno alle cellule. Se la mancanza di ossigeno non causasse la morte, si avrebbero erbivori che non possono morire, e predatori che non possono nutrirsi. Ogni singola funzionalità è parte di un meccanismo, ogni genere di morte è necessaria perché il meccamismo di Gea funzioni a dovere.

    Allungò la mano e afferrò qualcosa di nascosto tra le bottiglie. Un succhino alla albicocca. Infilzò la cannuccia e bevve un paio di sorsi. Aveva la bocca asciutta.

    Ora, togli la morte dall'equazione. I carnivori non possono predare, ma non possono nemmeno morire di fame. Se non possono morire sono ancora vivi, e se sono ancora vivi, possono continuare a moltiplicarsi. Lo stesso per gli erbivori. Non importa quanto le loro forme siano maciullate, non importa se sono nati con gravi deformità a causa di continuo inbreeding. Continueranno a vivere, e a occupare l'universo. Questo semplicemente con la vita normale, quella basata sul cosmo, non può accadere. La morte è una parte fondamentale del meccanismo naturale. Sono due algoritmi diversi. Stiamo parlando di Pc e Mac. Senza un intervento esterno non c'è comunicazione.

    Ovviamente non potremo mai comprendere il completo meccanismo dietro la corruzione in tempi brevi, come ci sono alcuni segreti della vita che sono letteralmente oltre la nostra possibilità fisica di comprensione. Sono tutte cose che vengono da un livello mentale superiore al nostro. Noi nel nostro piccolo possiamo solo arginare la cosa e lavorare caso per caso. La mia pista più plausibile - più family friendly diciamo - al momento è quella del non pensare la risoluzione dell cosa come una "cura". C'è bisogno di negare l'evento della contaminazione, fare un ripristino ad un punto precedente. A mio avviso con Crono a darmi una mano o con la falce tra le mani, posso ottenere qualche risultato. O almeno questo metodo tra i due che ho ideato è quello che ha più probabilità di ottenere supporto.




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    La rossa scoppiò in una fragorosa risata. Il vero problema dei suoi fratelli era uno solo: erano uomini, ma non in senso umano. Erano di sesso maschile e quindi, da alcuni punti di vista, limitati. Da qui il loro andare per filosofie e non per risultati, perché se avessero dovuto badare ai risultati Mnemosine aveva ottenuto nell’ordine:

    1. Salvato la loro razza dell’estinzione
    2. Salvato la terra dalla corruzione
    3. Convertito una Apostata
    4. Riavviato il programma di armamento dei giganti.

    Naturalmente, il fratello non aveva minimamente preso in considerazione lo stato dei fatti, ma era tutto preso nel suo cercare modelli di interpretazioni della realtà dalla dubbia utilità. Fortunatamente, la dea c’aveva fatto il callo. Anche perché, il femminismo, in una società patriarcale dominata da un grande re assiso in trono, opponeva resistenza dall’alba dei tempi. Il suo bastione era davanti a Giapeto.

    Bella, ribelle e senza peli sulla lingua. Mnemosine si era guadagnata la sua brutta fama proprio per quello, il totale rifiuto del patriarcato, bollato come tradimento. Il realtà lei era solo una scheggia impazzita che agiva per conto proprio; per il bene dei tutti, ma sempre ragionando con la sua testa. Immaginate l’immensità di quanto gliene potesse importare delle convinzioni scioviniste dei suoi fratelli.
    “Caro fratellino, sei così ingenuo!”
    Afferrò le guance del fratello, tirò un bacio in mezzo la fronte.
    “Con la falce in mano siamo tutti capaci di rimettere le cose a posto e lallero. Ma non penso minimamente che il big-boss ti faccia anche solo annusare un frammento del suo reale potere..."
    Le sue palpebre sbatterono per giusto due volte
    "...Perché pensi che sia impazzito? Io ne ho saggiato solo una piccola parte e ne ho avuto abbastanza per ere. Fidati, se solo la toccassi la falce diventeresti più svitato di quanto già non sei”.
    Spostò con garbo il fratello e si mise a frugare anche lei nell’armadietto degli alcolici.
    “Ti spiace? Tanto sta roba non farà effetto neanche per prossimo, ma almeno ci proviamo.”
    Con suo stupore trovò una coppa Martini e tutto l’occorrente per versarsi un Martini filthy, incluso di oliva e salamoia. Si appropinquo quindi a barcamenarsi con tutto l’occorrente per versarsi il cocktail. Almeno, se non altro, ne avrebbe sentito il sapore sulle labbra.
    “So che dopo gli eventi nella torre nera ci hai preso gusto, ma non mi sembra il caso di fare un altro reset, anche perché sarebbe totalmente inutile. Il tuo errore è di considerare la corruzione come un’istanza eventuale. Il fatto reale è che non stiamo parlando di un fortuito accidente da evitare, ma di un errore più profondo nella programmazione della vita. Secondo i miei calcoli probabilistici, con un reset sposteresti l’eventualità Armageddon solo di qualche centinaio di anni. Quindi invece di pensarelal momentaneo, pensa a qualcosa che vada più a fondo”
    Finito di armeggiare con il suo cocktail la rossa si ripoggiò al tavolo sorseggiando il suo drink.
    “Sai che penso…che potremmo rimanere qui per ere a fare a gare di chi è il primo della classe, a chi ce l’ha più lungo in fatto di raccolta e analisi dati e così via, fino a quando l’universo non torni ad essere un hot spot. Oppure, potremmo fare qualcosa di più utile, tipo pianificare la nostra mossa”
    Gli piaceva quello che stava bevendo, gli era riuscito particolarmente bene.
    “Opinioni a riguardo? Piani B?”




     
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    Non mi toccare per favore. - Disse Giapeto, secco, dopo l'improvviso e sgradito contatto fisico ad opera di sua sorella. Era quasi sconfortato dal fatto che Mnemosine non avesse capito che cosa intendeva con le sue parole. Nulla, proprio di nulla, era troppo presa a sventolare una superiorità che non c'era, considerandosi la cosa più importante all'interno del trono dell'infinito. Proprio quando Giapeto poteva letteralmente aprire un portale per le stanze di Crono e chiedergli un parere. Tipo, Hey Crono, mi presti la tua falce? Sì/no. Finita lì.
    Invece Mnemosine doveva tirare se stessa in ballo anche in quella semplice questione. Mnemosine aveva un ruolo nei dodici, ma essere la più intelligente e importante di loro non era tra questi. Inspirò a fondo e sospirò, gettando il brick del succo di frutta in un portale che comparve intercettandone la traiettoria.

    Io parlavo di un ripristino al punto precedente per ogni caso specifico, vita per vita, riportandoli ad un punto temporale prima della loro corruzione. Se davvero hai pensato che io proponessi un altro reset della realtà c'è un problema di fondo, Mnemosine. Prendi un corrotto, lo ripristini, non è più corrotto e non è più un focolaio di infezione. Continuare a fare ciò fino a che la fonte principale non è stata isolata, e poi contenerla. Tutto qua. La corruzione non potrà MAI essere eliminata appieno. Questo è il mio pensiero. Puoi eliminare completamente la vita? No, è un meccanismo ingranato nella realtà. Prima o poi i fenomini climatici e geologici avvicineranno particelle che diventeranno molecole organiche, che poi diventeranno protobatteri e così via. La vita non si può eliminare senza una soluzione estrema e radicale. - Mentre parlava, Giapeto divenne donna. Così, perché a Giapeto andava. Dopotutto il sesso per un titano è semplicemente una espressione del proprio DNA e come qualunque cosa il DNA è materia.
    Quindi, senza più difficoltà di fare uno sbadiglio Giapeto usò la sua dunamis completamente risvegliata per modificare quelle parti del DNA che lo rendevano biologicamente maschio in ogni sua singola cellula. Poi si limitò a lasciare che l'ichor e la dunamis facessero il resto. Il corpo di Giapeto cambiò in un turbinio di colori che scorsero sulla sua pelle pallida, alterando completamente la propria forma.
    Usò il proprio controllo sulla materia della realtà per cambiare i propri abiti, veicolando il materiale in eccesso all'interno del proprio corpo per contribuire ai cambiamenti di massa necessari ad esprimere un fenotipo femminile. Piccoli portali si aprirono nel suo corpo, veicolando materiale biologico dal suo laboratorio in modo che la Dunamis potesse lavorare comodamente.

    XJkxoKj



    Che a Giapeto piacesse cambiare la forma del proprio corpo di tanto in tanto era un dato di fatto, dopotutto in qualità di signore dell'universo pienamente sviluppato era completamente libero da preconcetti umani come razzismo, sessismo o quant'altro. Erano inutili e superflui, anzi, dannosi in quanto li abbassava a livello di meccanismi sociali intrinsecamente effimeri e imperfetti per progettazione.

    Se dobbiamo giocare a chi ce l'ha più lungo, dobbiamo partire con lo stesso handicap. - Incrociò le braccia sotto il nuovo e ampio petto, e accavallò le gambe. Gli stivali alti fino alla coscia scintillavano come un prodotto nuovo. La sua nuova voce era calda e profonda, la voce del donnone che appariva. Assumere quella forma fu quasi nostalgico per lei, per quel che ricordava non faceva da quando era stato necessario che uno dei suoi figli lo portasse in grembo e partorisse lei, dato che Temi era estremamente impegnata in faccende universali e non poteva essere rallentata dalla gravidanza. Ma in quella particolare occasione aveva lavorato più di fino, semplicemente Temi aveva impiantato l'ovulo all'interno dell'utero di lei e Giapeto lo aveva fecondato internamente.

    Piani b? Trovane uno te, visto che sei così intelligente. Non mi servono piani b. Ho limitato e contenuto la diffusione della corruzione al resto del multiverso quando ho agito nella superdimensione, direttamente sotto lo sguardo di nostro Padre. Potrei benissimo uscire da questo particolare universo portando con me quelle due o tre persone importanti per me e lasciarvi qui e ridere di voi da oltre il vetro dell'incapsulatura creatasi. - L'angolo delle morbide labbra nere di Giapeto si tirò in un piccolo sorriso. - Non voglio piani b, per ora. La corruzione mi interessa troppo, è la prima vera novità comparsa in questo multiverso in EONI. Voglio fare tutti gli esperimenti possibili. Sugli umani, sui corrotti, sugli umani E i corrotti.

    Fece un vago gesto con la mano guantata. - Non sono interessata in piani b per ora. Questo mondo mi sta piacendo troppo, voglio vedere che succede prima di andarmene. E poi si può dire che la corruzione faccia parte del mio dominio. - Ridacchiò. - Dopotutto, la corruzione ha eliminato TUUUUUuuuuUUUttti gli umani inutili. I deboli, i vecchi, i parassiti, i cattivi, e li ha trasformati in una sfida per quelli che sopravvivono. Per fargli dimostrare il DIRITTO di sopravvivere. E così, la razza umana è oggettivamente migliorata in qualità. Insomma, la corruzione ha costretto l'umanità ad evolvere ad uno step successivo. Ci sono umani che lottano giorno e notte per difendere altri umani, e umani che giorno e notte combattono per ottenere tutto quello che vogliono. Voglio vedere come va a finire.

    Giapeto socchiuse appena gli occhi e sorrise ulteriormente, ingobbendosi un poco soffocando un altro accenno di risata. Era estremamente divertita, e una strana scintilla riluceva nei suoi occhi che al momento erano due semplici luci dorate. Si raddrizzò, ma le dita appoggiate sui bicipiti stavano stringendo in modo visibile.

    Quindi se in me cercavi qualcuno da sfruttare per prenderti i meriti di salvatrice dell'umanità e dell'universo, forse devi aspettare il prossimo fratello o sorella, come ho detto non sono interessata. Io sono semplicemente il cambiamento e l'evoluzione ed essere fin troppo ansioso di ristabilire lo status quo andrebbe contro il vero e proprio motivo per cui sono stato creata. Certo, non mi metterò ad ostacolarti direttamente, almeno non per ora, ma in questo preciso istante non penso che ti aiuterò.

    Ogni cosa cambia, Mnemosine. Costantemente. Per questo sono qui, per fare in modo che accada. Tutto deve cambiare e adattarsi in modo da migliorare e raggiungere ogni nuovo limite possibile.
    - Relationships break, humans die, planets crumble to dust, stars burn out.

    But
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    Mnemosine ascoltò da brava ragazza il fratello fare i capricci, ammantandosi di nostalgia. Non ce la faceva ad indignarsi, c’era ormai troppo abituata alle lagne.

    Mentre Giapeto continuava a sciorinare la sua teoria, la dea non faceva altro che bere il suo drink, e distrarsi col pensare alla lista di compiti da affidare alle ragazze che si stava accumulando, poi pensò che forse un po’ di attenzione Giappy se la meritava, ma quando se ne uscì con la trovata da circo della tettona in salsa aliena, fu costretta a dare un bel sorso al bicchiere e a versarsene un altro per reggere le pieghe ridicole che stava assumendo la situazione.

    Quando il fratello la finì con la tiritera, la trovò appoggiata su un gomito a sorseggiare l’ennesimo drink
    “Oh Dorothy, questo non è il più il Kansas…e nemmeno l’isola della regina nera. Dovresti cercare di ragionare meno da Gabriel e più da Titano. Facciamo che ti rinfresco io la Memoria..oh, quanto sono spiritosa!”
    Mangiò l'oliva dalla coppa Martini, la posò davanti a se e si lisciò la chioma. Parlò in quel tipico tono asettico da business manager che tanto usava sulla terra, quando dirigeva l’impresa di famiglia, o almeno quella che credeva fosse la sua famiglia. All’epoca, le cose erano meno intricate di quella soap opera mitologica in cui si era cacciata.

    “Ognuno di noi dodici è venuto su questo angolo sperduto di universo con uno scopo ben preciso, e l’onanismo scientifico…”
    Squadrò la forma del fratello da capo a piedi, osservandolo come si osserva un paio di mutande sporche lasciate dal tuo coinquilino sul pavimento, davanti la cesta dei panni da lavare.
    “….Sperando che sia solo quello e non altro…”
    Si cercò fintamente di ricomporre. In realtà c’aveva fatto il callo a quel genere di discussioni.
    “…Non è fra questi. La tua intera essenza è stata programmata per apportare migliorie ai nostri progetti, lubrificare gli ingranaggi dell’evoluzione. Per usare una parafrasi, tu sei il Research and Development. Anzi solo Development a dirla tutta. Il mio è quello di raccogliere dati, fare elaborazioni statistiche e controllare se le tue proposte sul medio o lungo termine siano di qualche beneficio o utilità. Io sono la Quality di tutta questa baracca, continuando nella metafora”
    Diede un sorso al suo drink, che stava per finire di nuovo e iniziò ad arricciarsi una ciocca attorno al dito.
    “Ora, cara Dorothy, so che sei ignorante come la paglia su come si diriga una qualsiasi organizzazione strutturata che non sia una specie di autoarchia idolatrante, ma pensi davvero che questo tuo pregevole piano non sia stato analizzato e rianalizzato più volte, proiettato nei prossimi almeno 3 cicli di tempo e constatato che fa acqua sotto variati punti di vista? Andiamo mi sottovaluti, o pensi che mentre tu ti trastullavi con i cavalieri neri il mio unico pensiero sia stato farmi una ceretta integrale pelo per pelo aspettando che quel genio del mio fratellino venisse a risolvere la situazione, caro Giappy?"

    Battè le ciglia tre volte contate, non una di più. Poi si ricompose, posò il bicchiere e con un sorriso a 32 mila denti più falso di una banconota da 7 euro continuò.

    “Se tu fossi davvero convinto della bontà del tuo piano, saresti andato dal nostro caro fratellino, gli avresti chiesto quello che hai chiesto a me, tutto da solo, senza venire qua a menarla per aria e disturbare la mia supposta ceretta brasiliana. Invece no...no no...tu vieni qui a parlamentare perché in fondo, sai che questa idea è come mettere una Mentos nel succo di Cola. È spettacolare i primi 10 minuti, ma poi ti trovi solo con dell’aria sgasata e della roba marrone appiccicata ovunque.”

    Sposto il cloud di dati di nuovo davanti il fratello con un solo cenno della testa, solare come un fiore di campo.
    “Prendi il pacchetto, rilavoralo, portami degli studi succosi su come debaggare veramente struttura e codice dell’umanità, senza ricorrere a trucchi da elettricista di terzordine. L’avrei chiesto a nostro fratello Ceo, ma purtroppo mi ritrovo solo con te davanti al momento. Conto che tu faccia del tuo meglio. Comunque, grazie di avermi comunicato i tuoi piani e per avere messo in luce quanto tu sia buono e devoto alla causa. Non ti preoccupare, lo terremo a mente...Oh Me stessa, oggi me ne esce una dietro l’altra guarda.”

    Riprese ad occuparsi del suo drink, ma prima, lanciò di nuovo quell’occhiata al fratello.

    “Ah, e un’altra cosa…se proprio hai deciso di diventare un viados, abbi la decenza di farlo con un minimo di buon gusto. Non ci sono solo le tette e il culo. Sciovinismo allo stato puro. È tutto.”



     
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    Il titano prese il cloud tra le dita. La forma olografica dei dati sfarfallò al contatto. Lo ripiegò come se fosse carta, e se lo infilò nella scollatura. - Sia chiaro, quello che hai appena detto, nel duemilaediciotto degli altri universi non toccati dalla corruzione, sarebbe stato bollato immediatamente come transfobico E fatshaming. Penso di essere libera di identificarmi come una donna densa quanto un buco nero, se mi va. Sai, dopo Temi e la gravità e tutto le donne mi piacciono pesanti.

    Anche se in verità in certe serate, Giapeto si identificava di più come un elicottero d'assalto. O l'equivalente titanico di tale glorioso mezzo da guerra. Dopotutto, l'aspetto ed il sesso per un titano erano cose completamente secondarie. - Facciamo così, Mnemole dolce Mnemole. Io prendo i tuoi dati e vedo se c'è qualcosa di valido, poi li lavoro e rigiro tutto a mio figlio Prometeo, visto che è lui che fa da reggente al trono eterno in attesa che tutti i titani tornino appieno sia in fatto di potenza che ti ricordi. Oggettivamente ci sono cose che ne io ne tu ricordiamo, dato il processo graduale di ripristino. Ora, riguardo tutte le tue inesattezz-

    Giapeto fu interrotta da un continuo e insistente trillare, crescente in volume e frequenza. Socchiuse un istante gli occhi, infastidita da tutto quel rumore. Si guardò in giro, alzando anche una gamba per capire se stesse provenendo da sotto di lei, in quanto sentiva il suono estremamente vicino. Nel alzare un braccio e guardare sul bracciolo della sedia, sentì un aumento di volume quando il suo avambraccio sfiorò l'orecchio.
    Incuriosita, volse lo sguardo sull'avambraccio e vide una piccola luce lampeggiante di colore rosso, proveniente direttamente da sotto la sua pelle.

    Ma che...? - Avvicinò lo sguardo a quella piccola massa rossa e dura comparsa nell'interno del suo avambraccio, nello spazio intermedio tra radio e ulna. - Sono abbastanza sicura di non aver ancora messo nulla lì. - Fece scorrere il pollice su quello che sembrava essere un pulsante, prima di spingerlo. Sentì chiaramente un click sotto la pelle, e una piccola scossa che la fece sobbalzare.
    Un feed olografico comparve direttamente in fronte a lei, con qualche linea di testo. Giapeto lo fissò per qualche istante, piuttosto confuso. Decise di leggerlo ad alta voce, per rendere partecipe Mnemosine di che cosa stesse succedendo.

    È un messaggio a "Giapeto" da...Giapeto? Ooook?

    Se stai leggendo questo, significa che io, Giapeto, ho terminato qualunque cosa stessi facendo con Candice e ho fatto ritorno a casa. Ora, immagino sarai confuso quando tutto ciò accadrà perciò ho preparato questo pratico allarme con testo preparato in precedenza in modo da evitare imbarazzanti battibecchi. Tu, Giapeto che stai leggendo, sei un falso. Sei una bambola di dunamis, chaos e carne varia presa in giro e animata da ichor, in cui ho impiantato tutti i ricordi in mio possesso al preciso momento del mio risveglio, lasciando fuori tutti quelli tornati successivamente. Di fatto sei la copia esatta del Giapeto comparso nella torre nera dopo lo scontro con Benoit. Ovviamente non sei un titano, non farti idee strane. Considerati un infestato altamente sofisticato.

    Letto questo punto, Giapeto aggrottò visibilmente le sopracciglia, non sapendo se essere confusa o arrabbiata o altro. - È uno scherzo tuo Mnemosine? - Riprese a leggere.

    Prima che ti venga una qualche crisi esistenziale, sappi che il tuo scopo nell'universo è stato quello di testare Mnemosine, comportandoti in modo casuale ed erratico oltre a come si aspetterebbe lei che facessi. Spero che tu abbia fatto qualche discorso da megalomane. Oh quanto spero che tu lo abbia fatto. Ora, non ti preoccupare nel caso tu stia pensando che la tua effimera esistenza non abbia avuto nessun significato. Mi hai aiutato ad ottimizzare i tempi e di questo ti sono grato. La conversazione che hai avuto con Mnemosine sarà inoltrata all'archivio in modo che potrò analizzarla in seguito, con calma. Ora leggi questa parte ad alta voce per Mnemos-


    Ah.

    Sorella cara, mi scuso se il nostro incontro è stato posticipato a data da destinarsi, ma conoscendo Bibiane ho immaginato che fosse troppo...non vorrei dire appiccicosa quindi userò "forte" per poter essere scollata completamente dal modello comportamentale che avevi in passato. Quindi mi limiterò ad attendere che la mia cara e amata sorella torni completamente, con tutti i suoi poteri e i suoi ricordi. Mentre scrivo questo messaggio sono al 90% sicuro che te ne uscirai con qualcosa tipo "ho solo retto il gioco", oppure "l'ho capito da un insignificante e apparentemente secondario dettaglio nascosto nella psiche del giapeto che avevo davanti". In quel caso, ti ringrazio.

    A quel punto, la falsa Giapeto era letteralmente angosciata in volto, chinata in avanti a leggere quasi passivamente.

    Come punto di chiusura. Il processo di autodistruzione di questo drone DOVREBBE essere completamente pulito e senza traccia, ma in caso nasconditi dietro qualcosa. Ora che ha letto questa frase il processo di apoptosi comincerà entro quindici secondi. Mnemosine, Unad nuithatha i nîr e-guren nalú aderthad vín.


    Giapeto sollevò lo sguardo verso Mnemosine, occhi spalancati, pieni di paura. Varie crepe erano già comparse sul suo viso, da cui esalava cenere azzurra. - Sorella, non mi sento tanto bene... - Riuscì a sussurrare prima di svanire nel nulla in polvere azzurrina, la quale a sua volta si disintegrò completamente senza lasciare traccia.


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    "..."

    Oscurità, chi avrebbe pensato in un luogo tanto sfolgorante di tecnologia, potesse trovarsi sacche di questo elemento, eppure, gli appartamenti di Mnemosine era avvolti dalla penombra. Si era trascinata nei corridoi semioscuri della sua sezione, che, quasi ad assecondare il suo volere, si erano ritirati in un crepuscolo di luci soffuse. La sua figura, come uno spettro carico di pensiero, aveva attraversato il labirinto in silenzio, meditando sull’incontro appena accaduto.

    Passò un bel po’ di tempo prima che la perfetta quiete delle ombre venisse turbata da qualcosa. Cleo, il suo secondo in comando, entrò nei suoi appartamenti, lieve come se anche lei fosse un fantasma. Non una parola fra le due, si capirono silenziosamente. La musa si affacciò nella camera privata di Mnemosine. La trovò immersa in meditazione, una sagoma scura contro il bagliore freddo emanato da quel suo strano cubo

    “Madre…”

    “Quando siamo qui puoi anche chiamarmi per nome”

    “Va bene...Bibiane, com’è andato l’incontro?”

    “Un delirio inconcludente. Gabriel era un pazzo mitomane, Giapeto niente di meno. Le due entità combinate non hanno prodotto nulla di buono, come se una parte avesse fomentato l’altra…quello che mi aspettavo, niente di più niente di meno”

    “Quindi è un nemico?”

    “Giapeto è tante cose, ma dubito sia un nemico.”

    “...”

    “….”

    “E allora cosa ti turba?”

    “Mi chiedo se non abbia ragione, se io non sia troppo Bibiane e troppo poco una dea, se debba cedere la mia parte umana per il disegno più grande che ci aspetta…”

    “Mad...Bibiane, se posso…a noi ci vai bene così come sei. Ci hai salvate tutte, sia da umana che da dea, non hai nulla da recriminare…”

    “Vorrei che le cose fossero davvero così semplici. Il fatto è che mi sento schiacciata dalle responsabilità. Sono anni che mi sono aggirata per questo labirinto praticamente da sola, e adesso stanno comparendo nuove persone. Non so come comportarmi, non so cosa vogliono da me. So solo che vorrei essere una piuma e invece sono un macigno. E sono stanca di questo. Vorrei tanto essere come mio fratello, quello di sangue, Lelouch, e potere scappare via da tutto e tutti."

    “E cosa te lo vieta?”

    “Nulla, in effetti”

    “…”

    Ci fu una lunga pausa, come se Mnemosine, o Bibiane stesse cercando di prendere una grossa decisione. L’aria era densa, e Cleo la avvertiva ma, come suo solito, non disse niente. Con gli occhi chiari simili a due pozzi d’acqua totalmente piatta, osservava la scena, pronta a cogliere qualsiasi cosa fosse partita dalla mente della rossa. Era proprio come aveva detto, loro tutti, o almeno loro nove, le dovevano tutto. Per questo, avrebbero fatto qualsiasi cosa per lei. Infine:

    “D’ora in poi io ho da pensare, a molte cose. Il nostro settore starà in stand-by. Amministrerete la normale gestione in totale autonomia. Mi eclisserò per un poco, navigherò sotto le acque. Ho delle faccende da sistemare”

    Un'altra pausa. Lunga.

    “Bene, allora vado a disporre tutto con le altre. Quando vuoi sai dove trovarci. A dopo, Bibiane”

    “A dopo”

    Chiuse la porta dietro di se e la lasciò nella totale penombra. Quello che rimaneva della giornata era solo una grande domanda. In quel cubo, cosa, o chi, era davvero racchiuso?
     
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