Thunders only happen when It's rainy

Role Lance-Bibiane

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    La classe è una cosa che ti viene da dentro come i rutti (L. Litizzetto)

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    Thunders only happen when It's rainy


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    Giorno 1
    Ultimamente Lance mi sembra strano. Ho notato che ha un aria più depressa del solito. Ho mandato le ragazze ad investigare. Pare che ultimamente sia sempre più chiuso e scontroso. Non parla con nessuno, qui al Labirinto, e pare che ultimamente stia scendendo sempre meno sulla superficie della Terra. Vorrei evitare di scandagliargli il cervello. L’equilibrio che ha creato dentro di se è molto instabile, e non vorrei compromettere né la sua mente né tantomeno il suo rendimento, che fino adesso è stabile. Spero di risolvere la questione alla vecchia maniera, parlandogli semmai ne avrò l’occasione.
    Giorno 4
    I test di Lance sono in leggero calo. Nulla di allarmante, ma il suo tasso di sincronia con i macchinari sembra stare appena sopra la soglia di attivazione. Mi chiedo cosa gli frulli nella testa e cosa giustifichi queste variazioni nei suoi dati. Frattanto le ragazze non fanno buoni report. Il suo comportamento non migliora. Spero di non dovere prendere provvedimenti
    Giorno 10
    La situazione non migliora. L’ultima volta ha quasi fallito l’attivazione del test. Per non parlare dei suoi comportamenti. Pare che ultimamente scatti per un nonnulla, ed ho saputo dalle ragazze che ha fatto a pugni con un tecnico della manutenzione. Quando gli ho chiesto del perché, ha farfugliato qualcosa e se né andato, lasciandomi nel dubbio. Ero tentata di mostrargli come si comporta, ma poi ho desistito. Dovrà arrivare il giorno in cui mi racconterà tutto. Se lo fa di sua spontanea volontà sarà più facile. Spero.
    Giorno 13
    Devo prendere una decisione riguardo Lance. C’è qualcosa_______



    Bibiane prese il foglio sul quale stava scrivendo e lo strappò in mille pezzi, imprecando contro se stessa.
    °Cosa diavolo scrivo a fare, tanto pare che possa dimenticarmi le cose, cretina che non sono altro°
    Prese la fronte fra due dita, contorcendosi in una smorfia di stizza, per poi sbattere il pugno sul tavolo. Con tutto quello che succedeva ogni giorno, ci voleva giusto il pensiero di un pilota introverso per allietarle le giornate. Il suo studio era un casino. La scrivania piena di cartacce, buttate alla rifusa. Appunti su appunti scritti di suo pugno, tutte riguardanti un solo argomento. Suo fratello.

    Da quando era riuscita a portarlo indietro, non faceva altro che ripetersi la scena in mente, prendere appunti, scandagliare ogni singolo dettaglio. Era arrivata anche a usare di nuovo il suo punto di potere sulla terra, nonostante fosse ancora in manutenzione dopo il duro scontro contro la Morte. Cercava una chiave di lettura giusta per trovare la soluzione ai loro mali, il punto in cui loro erano riusciti a battere la corruzione e portare indietro niente poco di meno che un Apostolo. Le variabili erano infinite, e andavano scandagliate tutte con la massima cura.
    Per questo prendeva appunti su ogni singola sfumatura di colore e odore. Il processo le era chiaro per grandi linee, ma tentare di riprodurlo su chiunque, senza il forte legame che aveva con Lelouch era un’altra storia. Così, mentre si arrovellava sulla vicissitudini, dando un colpo alla gestione del labirinto, uno ai suoi subordinati e un altro ai suoi progetti futuri, non faceva altro che stressarsi.

    Mentre rimetteva in ordine le sue priorità, l’interfono iniziò a trillare. Avevano sofisticati sistemi di comunicazione lì dentro, ma lei aveva insistito per avere un interfono. Era vintage, e le ricordava i tempi che furono, quando andava a trovare il padre adottivo nel suo ufficio.
    Scostò il posacenere ricolmo di sigarette mezze fumate e premette sul tasto luminoso. Ad attenderla, la voce di Melpomene, una delle sue.
    ^^Bi, c’è Lance qui. Ha fatto di nuovo a botte con i civili. Pensavo volessi saperlo^^
    Il primo istinto della rossa fu quella di sfasciare il macchinario, raggiungere l’idiota e farlo roteare come un ventilatore al soffitto fino a quando non gli fosse ritornato un po’ di sale in zucca. La vecchia Bibi l’avrebbe di sicuro fatto, ma aveva delle fott*** responsabilità adesso, per cui si calmò, si prese il suo tempo per rispondere e poi, quando la calma tornò, diede il verdetto:
    “Fatelo salire da me”
    La titanide attese che il ragazzo entrasse dalla porta, poggiando il mento sul dorso delle mani, gomiti sulla scrivania. Era arrivato il momento in cui il ragazzo doveva vuotare il sacco. C’erano cose in ballo più grandi di qualche capriccio di un umano riportato in vita.






    Edited by WandefullStar - 24/8/2017, 21:29
     
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  2. Lance.
     
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    Cercava di mettere un piede davanti all'altro al meglio delle sue capacità, risultando comunque in un movimento più simile al vagabondaggio che all'effettivo camminare. Lo scotch nella bottiglia, di cui ormai sentiva il collo caldo da quanto e per quanto tempo l'aveva tenuta stretta, si muoveva ondeggiando assieme a lui, sbattendo sulle pareti di vetro e creando un rumore quasi ipnotizzante. Non sapeva con certezza il perché si trovasse lì, o meglio era talmente ubriaco da dimenticarselo per un istante, il tempo di un passo, per poi tornare ad una relativa lucidità: mammina l'aveva convocato, mammina non doveva essere contenta. Anzi, mammina doveva essere proprio incazzata nera, ma poco male.
    Nell'esofago sentì gorgogliante un conato che però venne soffocato senza impegno conscio, regredito ad una sorta di bruciore di stomaco che Lance sentì salire fino a circa metà esofago; aveva bisogno di vomitare per poter iniziare a smaltire l'alcol nelle vene ma il suo corpo non era della stessa opinione. Strascicò sul muro con la spalla poiché riusciva a tenersi in piedi a malapena, gli occhi vuoti di felicità e pieni di rosso, quel rosso di pianto che non voleva proprio lasciarlo andare.

    Si prese un secondo. Sentì il puzzo di fumo misto a liquido LCL provenire dalla sua tuta, la stessa con cui aveva quasi fallito il test di attivazione di Chimera qualche ora prima. Si piegò leggermente in avanti. Iniziarono i riflessi del vomito. Non vomitò. Si pulì la bocca dalla saliva, scuoté la bottiglia per valutare quanta allegria liquidi gli era rimasta e buttò giù un'altra golata. Infine, riprese a camminare.

    Era una scena già vista dal suo punto di vista, alla fine cambiava solo la location ma le fondamenta erano le stesse: ubriaco, cercava rissa con qualcuno per poter sostituire all'alcol l'adrenalina o semplicemente per provare dolore, in una sorta di processo inconscio per cercare espiazione o più semplicemente per dimenticare. Mammina e le sue gli stavano ormai sul fiato sul collo, preoccupati più di perdere una sostanziosa pedina del gioco piuttosto che effettivamente occuparsi di un essere umano: lo sapeva, lo comprendeva, ormai ci era abituato.

    Un'altra golata. Ormai non mancava tanto.
    Oggi era toccato ad uno di nome John
    o Larry
    o quel che è, sta di fatto che sono serviti sei soldati per provare a sedarlo, fallendo miseramente ma riuscendo quanto meno a farlo calmare un po'. Se ne andò dal luogo del fatto, la mensa, sbraitando su tutto e tutti, non facendo distinzione tra umani o corrotti.
    Odiava tutti, voleva vedere tutti sterminati così che nessuno potesse rubargli più l'alcol o impedirgli di spararsi un colpo in gola.

    Bussò in un motivetto allegro alla porta, per poi aprirla e fissare Mnemosine con un sorriso da ebete. Accennò un passo in avanti.
    Volevate vedermi, vostra gr-
    Inciampò in avanti e cadde di faccia. Impiegò circa 5-6 secondi prima di realizzare il fatto; cercò la bottiglia per valutarne le condizioni ma trovò in mano soltanto il collo caldo poiché tutto il resto si era frantumato sul pavimento. Era un '77. Un vero peccato.

    Fece una smorfia e lanciò ormai l'inutile pezzo di vetro rimastogli a destra. Si trascinò per terra di qualche passo decimetro per poi tirare su il mento, poggiare le ginocchia a terra e rischiare di rovinare nuovamente per terra nell'alzarsi completamente in piedi. Trovò due sedie a fargli da bastone, posizionate davanti alla scrivania come se i due stessero per tenere un colloquio.

    Si stravaccò su quella a sinistra, appigliandosi alla scrivania per evitare di fare ulteriori brutte figure. Poi provò a fare un po' di chiarezza in quel gran male che aveva in testa, riuscendo infine a terminare la frase che aveva iniziato prima. Biascicando.

    Voleva vedermi, vostra grazia?

    Recap A SORPRESA COSì
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    9ga3cuC

    Uno straccio di uomo, quello gli si presentò davanti. Non ce la faceva nemmeno a mettere un piede davanti all’altro e la cosa stranamente non gli faceva pena, ma gli metteva solo tanta tristezza.

    Ricordava cosa significava ridursi in quello stato. C’era stato un tempo nella sua vita che si portava un buco dentro, di cui lei non riusciva a trovare spiegazione. Era semplicemente lì, e la cosa più patetica è che non era sofferenza la sua, ma era vuoto. Un vuoto incolmabile, che la svuotava di ogni gioia, che doveva essere necessariamente riempito di alcool, droghe e sesso promiscuo. A posteri una spiegazione se l’era data, ma era la sua di spiegazione. Cosa spingesse Lance a colmare il suo di vuoto, era una faccenda tutta da scoprire.
    Non gli levò gli occhi di dosso, guardandolo. Faceva il gradasso il ragazzino, e la cosa la irritava, anche se non lo diede a vedere.

    “Se vuoi fare del sarcasmo di consiglio di non inciampare sui tuoi piedi. Perdi tutta la verve e dai l’impressione di essere solo un poveraccio”

    In quel momento avrebbe potuto aprirgli il cervello come un frutto maturo ed esplorarne i più piccoli pensieri, e capire di cosa si trattasse. Non ci sarebbe riuscita senza mettere a repentaglio il rapporto di fiducia fra i due, e non era intenzionata ad infrangerlo. Dall’altro lato della medaglia, si sarebbe evitata quella seccatura.

    “Comunque, Lance, non ti volevo parlare, ma visto che stai facendo l’esimia testa di **** sono stata costretta”

    Diede un’occhiata alla boccetta in frantumi dietro di lui. Gli lanciò un’occhiata inviperita sbuffando. Era invidiosa di lui. Poi allungò la mano verso la parte e fece accenno a tirare. Da uno stipo nella parete arrivò fluttuando a tutta velocità per poi posarsi sul tavolo, una bottiglia di gin con due bicchieri al seguito.
    Come se ci fosse un maggiordomo invisibile il liquido venne versato nei due bicchieri, uno per lei e uno per lui, mentre lei lo guardava annoiata appoggiando la guancia sul dorso della mano.

    “Sai cosa, ti invidio molto. Usare una sbronza per allontanare i pensieri è un privilegio che non tutti possono premettersi…”

    Bibiane bevve il suo bicchiere alla goccia, per poi versarsene un altro. Intanto fece cenno con la mano a Lance di bere. Non aveva molto senso dare da bere a una persona già mezza ubriaca, ma la rossa aveva imparato ormai dai tempi del liceo che se c’era modo di far parlare una persona era berci insieme. Sperava solo di non mandarlo in come etilico.

    “…potrei versarmi altre dieci casse di questa roba, da quando sono un titano è come bere coca-cola zero. Allora, mio caro, qual è la questione tanto importante da distrarmi dal trovare un piano per salvarci il culo a tutti? Qualcuno ti fa incollerire? Non ti piace il menù della mensa o hai bisogno di più carta igienica?”







     
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    La fece parlare. La guardò con calma, con l'atteggiamento più dignitoso che potesse esibire in quelle condizioni. Gli occhi erano ridotti a due fessure, la testa dondolava da sola, e in generale non c'era un centimetro del suo corpo che ricordasse anche solo lontanamente un'idea di sobrietà. L'espressione era vuota, la coscienza cavalcava lontano mentre le parole della titanide scorrevano come una pioggia acida d'estate.

    Oh, erano sessantatre ore che non mi chiamava poveraccio. The record has been broken, I guess.
    Oh, usa **** per scrivere "cazzo". How sweet.


    Non modificò affatto il proprio atteggiamento: con Mnemosine, soprattutto in quelle occasioni, era sbruffone, strafottente, incurante. C'era una ragione. Oh cazzo se c'era una ragione dietro a quel teatrino. Seguì la bottiglia magicamente portata sul tavolo, per nulla sorpreso o sbalordito; raccolse il bicchiere dal tavolo e si allungò con l'intero corpo in direzione della bottiglia. Forse perché ansioso di farsi un altro goccetto, forse perché immaginava che la titanide fosse una che trattava se stessa con i guanti. D'altronde, il detto tra le milizie volontarie era non a caso "solo il meglio per mammina".

    Trangugiò il liquido fino all'ultima goccia subito dopo il segno della padrona di casa, ma non prima di mostrare una sorpresa ironica con una smorfia, quasi come volesse dire "Ah, sarebbe lei a invidiare me? Però, siamo apposto allora!". Posò il bicchiere e respirò tra i denti, aprendo la bocca e creando un distinto suono di aspirazione; sentì così il retrogusto piacevole del liquido dalle gengive fin nello stomaco, una qualità talmente elegante da sembrare acqua quando scendeva. Era di un'altra categoria rispetto al (rispettabilissimo) piscio di cui si era riempito poco prima.

    La titanide continuò. Parlava di coca-cola zero, di salvare il culo, di carta igienica, con quella sua vocetta e quella sua ironia, nonché l'ignoranza di non aver capito proprio un cazzo. Ancora, si limitò ad ascoltarla, stavolta davvero con un atteggiamento dignitoso: la rabbia stava agendo come una colla, ricomponendo i cocci che assieme formavano Lance, e sibillina prese a ricongiungerli uno ad uno, lentamente, innocentemente.
    Quando la donna finì di parlare lui aveva la testa appoggiata al bicchiere, al contempo tenuto su con la sola mano destra. Occhi chiusi, respirava rumorosamente ed evidenziando l'espirazione come se fosse infastidito da qualcosa. Poi, senza scomporsi più di tanto ed anzi tenendo la testa sempre in quella posizione, con un rapido gesto della mano sinistra buttò per terra qualcosa dalla scrivania della titanide. Non si accorse nemmeno che cosa fosse perché fece il tutto con gli occhi ancora chiusi: voleva spaccare qualcosa e l'aveva fatto, tutto qui. Perché sapeva benissimo che non avrebbe mai potuto mettere in difficoltà la donna con un pugno o in uno scontro, nemmeno nelle condizioni più favorevoli per lui.

    Era stanco del suo non capire, voleva spaccare qualcosa. L'aveva fatto. Rimase in silenzio per parecchi secondi prima di riprendere la discussione: introdusse se stesso con una lunga inspirazione, come se si volesse preparare ad un discorso serio o ad uno che si teneva sul petto da giorni, per poi continuare aprendo gli occhi per dare ulteriore importanza al famoso "momento di lucidità".

    Per te è tutto un gioco, vero? Cioè cosa siamo, dei cazzi di giocattolini per aiutare voi Titani a riprendervi un cazzo di trono al centro dell'Universo vecchio di settordicimila anni? disse con voce inquisitoria e tono ironico.
    Si allungò con tutto il corpo in avanti fino a raggiungere la scrivania, fino a poter poggiare le braccia conserte su di essa.
    Ho studiato sai. Ho letto che tipo sei ed anche che poteri hai, Mnemosine. Cos'è, dopo aver rotto le palle per fin troppe esistenze ai fratellini hai deciso di sfracellare il cazzo a noi umani? A far finta che te ne freghi davvero qualcosa?

    Si alzò in piedi, puntando le braccia e le mani sul tavolo. Ci conficcò le dita, sbriciolando leggermente la materia che aveva sotto grazie ad un'involontaria pressione cosmica. Non diede nemmeno alla donna il tempo di ribattere.
    Io ho perso una moglie in questa cazzo di guerra. Una cazzo di moglie e due cazzo di genitori... Senza contare le mie stesse parti. Quindi non venirmi a parlare di menù della mensa o carta igienica, perché
    NON HAI IL DIRITTO
    di venire a chiedere a me o a qualsiasi altro cristiano fuori da questo ufficio "quale sarebbe il problema".


    Aveva alzato la voce, le stava dando del tu, si stava imponendo su di lei non facendola parlare e guardandola dritta negli occhi. Aveva il respiro inviperito, corrotto dalla sua ira.
    Si risedette con fragore sulla sedia e poi cercò di prendere la bottiglia semovente dal collo perché voleva davvero farsi un goccio. Era stato l'alcool a farlo parlare senza rispetto per ciò che c'era dall'altra parte, e forse questo Mnemosine lo capiva bene.
    Dopo aver bevuto avrebbe nuovamente ripreso. Un tono calmo, lento, come pregno di una profonda delusione.

    In tutti questi giorni... In tutti questi mesi non hai mai usato i tuoi poteri per migliorare la vita delle persone, per liberarle dai loro ricordi. Con nessuno. Nemmeno con me. Ma non ti sei nemmeno offerta, è questo il bello; probabilmente lo farai giusto con i soldati,
    visto che alcuni sembrano non provare alcun tipo di emozione. Ma con gli altri? E non mi dire che non hai visto tristezza nel volto delle persone perché, boy, ovunque ti giri c'è una persona che ha perso almeno un caro in quest'Armageddon.


    Si fermò un attimo. Rise.
    Eppure! Noi siamo qua a far finta che tutto vada bene, che vivere è bellissimo anche quando si rimane soli come cani e che alla fin fine ci penserà mamma Mnemosine e papino Crono a salvarci tutti.
    Parlò con collera mascherata da sarcasmo, con gesti ampi delle braccia per far intendere che il "qua" fosse l'ufficio di Mnemosine, di fatto il luogo da cui comandava tutta la baracca.
    Eh già.
    Ma voi dei siete fatti così: fenomeni nell'arrovellarvi sul "grande disegno", pezzenti quando si tocca con mano le dimensioni più piccole, magari le più umane.


    La guardò con disprezzo. Nudo, crudo. Allungò il poco alcool che gli era rimasto nel bicchiere verso Mnemosine, come in un brindisi.
    Salute quindi: ai nostri amatissimi e squallidi Dei ahah - disse, trasformando il sorriso che era nato e morto in quella frase in una smorfia apatica che mascherava disgusto.

    Possano capire almeno una volta cosa significa essere umani.
    La frase venne pronunciata mentre il bicchiere veniva portato alla bocca. Infine, buttò giù tutto l'amaro che quel discorso aveva creato.

    Recap discorsi seri time
    Son curioso di vedere come reagisce la Bibi
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    Tove Lo - Habits (Stay High)

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    Con calma Bibiane ascoltò lo sfogo del ragazzo. Non si smosse di un millimetro, posò il bicchiere lentamente sul tavolo, per poi continuare a sentirlo con attenzione, poggiando il mento sul dorso della mani. Aspettò che l’alcool e la rabbia fluissero da lui, conosceva come funzionava, e quando ebbe finito lo guardò per qualche secondo intensamente. Poi:
    “Basta così”
    Due parole, dette con calma. Un suono misero rispetto agli effetti che produsse. I poteri telecinetici del titano si propagarono per la stanza simili a un’onda d’urto. Tutto quello che non era ancorato al pavimento volò via da lei come foglie nella bufera. Rimase solo lei ancorata alla sedia e la scrivania. La volontà della dea schiacciò letteralmente Lance al muro, appendendolo a braccia aperte.
    Mnemosine era stufa. Anni e anni passati a lottare per la terra, per quel misero pianeta nella galassia eppure gli esseri umani ancora non capivano. Non facevano altro che frignare dalla mattina alla sera di quanto fosse ingiusto il loro destino, piuttosto che cavarsi da solo dagli impacci, come se gli dei fossero la sola soluzione ai loro mali. Lance era puerile, egoista e ignorava totalmente quale fosse la situazione e la storia che li aveva portati sul baratro. Sfortunatamente, il povero Lance aveva chiesto la grazia alla dea sbagliata. Eppure, nessuna delle sue parole faceva trapelare quello stato d’animo. Forse perché ormai ci conviveva da troppo tempo:
    “L’altro giorno stavo mettendo a posto quest’ufficio. Come potrai notare, c’è sempre un sacco di disordine. Avevo trovato uno spazio vuoto sulla scrivania, e volevo metterci una foto. Mi sono domandata, che foto ci posso mai mettere? Ci starebbe stata bene una bella foto con i tuoi cari, sai, quel genere di foto che ti servono ad illuminare la giornata, che ti motivino ad andare avanti in questo posto di merda. Ma visto che non ne ho, mi sono domandata a chi avrei potuto chiederla …”
    Si girò dalla sedia e si alzò in piedi, con calma, come se stesse parlando del più e del meno a un martini party, ma il suo potere era saldo intorno al colpo di Lance, talmente saldo che il pilota di giganti poteva sentire ogni centimetro del suo corpo come afferrato da mani, che lo tenevano inchiodato al suo posto.
    “Il mio padre biologico, l’ho incontrato si e no un paio di minuti, prima che si immolasse per permettere a tutti noi di continuare a vivere e non trasformarci in mostri. Pensa che non sapevo manco chi fosse all’epoca. Mia madre, che non ho mai conosciuto, penso sia morta in qualche guerra sacra o giù di lì. I miei genitori adottivi, morti anche loro, o almeno così penso, visto che mi hanno fatto un lavaggio del cervello e non ricordo manco che faccia avessero, il che è buffo per la dea della memoria”
    Parlando, aveva raggiunto una parete dell’ufficio nella quale era presente un armadietto, iniziò a rovistare dentro, continuando a parlare con il suo solito fare leggero.
    “Mio fratello per lungo tempo ha tentato di ucciderci tutti, e forse ha ucciso qualcuno dei miei vecchi amici, dalla quale sono costretta a nascondermi perché adesso sono una dea, e non c’è più posto per me con loro. Penso mi odino sai. Poi, fortunatamente, mio fratello non più ucciso nessuno, ed adesso è tornato in se, ma mi ha lasciata sola, visto che ha deciso di piantarci in asso per inseguire mia cognata. Mi è rimasta una nipote che a malapena riesco a vedere, e tutta un’altra parte di famiglia che temo di non avere mai conosciuto.”
    Tirò fuori dall’armadietto una bottiglia d’acqua e un bicchiere che iniziò a riempire. La bocca di Lance era strettamente serrata dalla morsa della rossa, che non gli permetteva di controbattere neanche se avesse voluto o pensato di farlo.
    “Il mio primo ragazzo l’ho dovuto uccidere con le mie mani, o altrimenti mi avrebbe ucciso, e questa è solo la parte della storia di questo secolo. Se vado indietro al tempo del mito non so quante ne ho dovute subire per mandare avanti la baracca. Sai, sembra quasi una soap opera. Tradimenti, uccisioni, imprigionamenti e poi volevo una foto, non un dipinto su cratere o un mosaico di un dio antico. Quindi mi sono detta che forse questa foto non l’avrei mia recuperata. Non so manco a chi chiederla a questo punto.”
    Nel frattempo aveva riposto la bottiglia d’acqua nell’armadio e ne aveva portato con se solo un bicchiere mezzo pieno. Si sedette sulla scrivania, proprio di fronte al ragazzo.
    “Sai, il mio vecchio corpo è stato fatto a pezzi, non si è salvato nemmeno una briciola. Sono stata morta da umana per lungo tempo. Fortunatamente, uno dei miei amici pazzi mi aveva clonata e visto che il mondo stava andando a rotoli, mi sono dovuta risvegliare da quel bel torpore che si prova nell’aldilà. So che puoi capirmi, visto che sei stato morto anche tu. Nessun dolore, nessun ricordo doloroso. Niente di questa merda che mi riguardasse più”
    Sputò vigorosamente nel bicchiere.
    “Pensa al mio disappunto nello scoprire che tutta la fatica che mi è costata rinascere sia servita per trovarmi a fare da balia ad un ragazzino e che, con tutto il rispetto, non sa in che stato si trova il mondo. Non sa che questa non è una guerra; non sa che quella che ha davanti non è una dea, ma una persona con dei sentimenti, che ha perso molto, anche di più di lui forse; non si rende conto che i suoi dolori sono comuni a tutti i sopravvissuti. Quello che sa è essere egoista, piangere commiserandosi e implorare che mammina gli trapani il cervello e gli faccia dimenticare tutto”
    Si avvicinò all’orecchio del ragazzo. Adesso era cupa e letale, come predatore che si avvicina alla preda pronta a divorarla. Il suo tono di voce si era abbassato, sussurrato, simile a quello di un serpente.
    “Magari lo dovrei fare. In fondo a che mi serve un soldato che non sa combattere? Ti spappolerei il cervello e farei finire la materia grigia su tutte le pareti, così avrei un pensiero e una bocca da sfamare in meno”
    Lance poteva sentire la pressione telecinetica cingergli il cranio ancora più violentemente. Che il titano fosse davvero intenzionato ad ucciderlo? Invece, gli spalancò la bocca e gli versò a forza il contenuto nel bicchiere in gola, costringendolo a bere.
    “Invece non lo farò, e sai perché? Perché senza i ricordi, senza la nostre esperienze, seppur dolorose, non avremmo l’opportunità di andare avanti, e avere la minima speranza di costruire un fottuto mondo migliore, senza asterischi”
    Quella nel bicchiere non era semplice saliva, ma conteneva minime tracce di Ichor provenienti dal corpo di Mnemosine. L’ichor, date le sue proprietà curative, aveva lo scopo di far passare l’alterazione della mente di Lance dovute all’alcool. Una volta che il liquido raggiunse il corpo di Lance, sanandolo, Bibiane mollò la presa, lasciando che cadesse sul pavimento. Si avviò poi alla porta, la aprì e si voltò di nuovo verso il ragazzo.
    “Tu non ti rendi conto della situazione. Questa non è una guerra. Ma forse l’errore è stato mio. Adesso, se mi segui, forse capirai meglio a cosa stiamo andando incontro”
    Si girò sui tacchi e uscì dall’ufficio, aspettando che Lance la seguisse.









    Abilità e Tecniche

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    ❥ Livello energia: Viola
    ❥ Stato fisico: intatto
    ❥ Stato mentale: intatto
    ❥ Stato Cloth: non indossata


    Riassunto & Note
    Sono stato un po' autoconclusivo, ma non è che tu potessi fare molte e inoltre siamo in gdr, quindi mi so preso un po' di libertà. Vorrei condurti in un luogo del labirinto, a sorpresa. Se sono stato troppo pesante moddo. Vorresti gestire la ruolata fino ad un'ascensore che scende? Ci sentiamo in msg? a te <3


     
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  6. Lance.
     
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    Non si può sputare in faccia al Diavolo e sperare di farla franca. Non lì, non in quella dimensione dello spazio-tempo, su quella specifica Terra. Bibiane lo lasciò parlare molto signorilmente per poi passare non alle parole bensì ai fatti: in un attimo sbalzò tutti gli oggetti attorno a sé con un impulso telecinetico, creando un gran fracasso ma avendo effetti non di poco evidenti. Lance si ritrovò così appeso al muro con ancora la sedia dietro di sé, con lo schienale incollato tra il suo culo ed il muro tanta era la forza che Mnemosine stava impiegando in quella prova di superiorità. Lentamente scivolò poco più in basso, liberando il ragazzo da una situazione particolarmente scomoda ma rimanendo comunque saldamente "appeso" alla parete.

    Dal canto suo, la donna non si era scomposta, eseguendo l'azione con la stessa difficoltà che avrebbe riscontrato nello scaccolarsi. I fogli svolazzarono e come farfalle di carta andarono ad adagiarsi sul pavimento e sui muri; era l'occhio di un ciclone che si era appena scatenato in quella stanza e la nuova posizione di ogni oggetto indicava che fosse lei la fonte da cui tenersi alla larga per non correre dei grossi guai.

    Lance invece sentiva una pressione su ogni parte del suo corpo: dai piedi alle gambe, dall'addome al torso, dalle gambe alla testa, sentiva come centinaia di migliaia di persone che spingevano tutte assieme per tenerlo lì. In ogni singolo punto del suo corpo.
    Sentì una stretta al collo e cominciò fin da subito a boccheggiare. Mentre la donna parlava provò a rispondere, a controbattere anche solo per chiedere un piccolo secondo per respirare. Non ci riuscì.
    La ascoltò quindi, mentre stilava un rapporto al limite tra il distaccato ed il furioso della sua vita, di ciò che aveva perso nel tempo, e la ascoltò anche camminare, lentamente dirigersi verso un armadietto, aprirlo e tirarne fuori una bottiglia d'acqua ed un bicchiere. Poteva immaginare a che punto volesse arrivare: "Anche io ho perso molto, non ti credere che non capisca come tu ti senta"
    Bla bla bla, retorica spiccia pensò tra sé e sé.

    La foto poteva essere benissimo un'immagine della sua vita distrutta e martoriata, ma ciò non rendeva più debole il punto che aveva stabilito Lance: lei aveva potere e pur avendolo non si degnava neanche lontanamente di usarlo per rendere la vita delle persone migliore. O almeno, da un lato lo impiegava ed anche divinamente: il numero di civili cresceva ogni giorno all'interno del Labirinto, e se una parte della popolazione mondiale si era salvata e continuava a salvarsi era soprattutto merito di Mnemosine. Ma, come sempre, il suo era un assoluto: salvava la vita delle persone ma la loro era pur sempre una vita segnata, tanto quanto la sua.

    Appunto perché aveva provato sulla propria pelle la difficoltà di andare avanti avrebbe dovuto provare empatia per il prossimo, per l'umano. Invece si sciacquava la bocca con l'aver salvato tutti, come se si sentisse in diritto di essere ringraziata con riverenze e prostrazioni, sputando poi il disgusto che tutto quel lunghissimo riassunto le aveva creato in faccia al ragazzo.
    Per lei era risultato un egoista, un piagnucolone, e quella che vivevano non era una guerra, così come lei non era una dea ma una donna. Un'insieme scomposto di affermazioni che volevano tirare le fila del discorso: non mi merito questo.
    Si avvicinava ora con quello sputo, sia concreto (dentro al bicchiere) sia retorico (nelle sue parole), muovendosi con agilità femminile fino all'orecchio del ragazzo.

    La sua voce era cambiata, e da composta com'era solita mostrarsi era diventata spietata, sibilante e sinistra, come un coltello freddo che entra lentamente nella milza, trapassandola. Sentì la schiena muoversi in un brivido incontrollabile, che salì dal coccige fino alla cervicale, fino alla testa, terminando idealmente in una maggiore pressione sul cranio.
    Lance era convinto che non stesse facendo sul serio, che non l'avrebbe mai ucciso: il suo capitale umano post-Armageddon era troppo alto per il Labirinto, non era una pedina da perdere così insensatamente. Ma più le ossa stridevano e più quella certezza svaniva, scolorendosi nel dubbio.
    Non gli faceva paura la morte, o meglio sì la temeva poiché sapeva cosa ci fosse "dall'altra parte", ma se fosse arrivata l'avrebbe accettata. Solo aveva il timore di morire in una maniera davvero stupida. L'avrebbe accettata quindi, ma solo se accompagnata da un'uscita di scena trionfale, magari un grande atto di eroismo o chissà cosa.

    Aspettò, finché la pressione si spostò dalle meningi alla mandibola, aprendola vistosamente per permettere al bicchiere mezzo vuoto di svuotarsi al suo interno. In quella posizione bere non si stava rivelando una bella esperienza, ma ingozzandosi in qualche modo riuscì a buttare giù il regalino con annesso saliva giù per la gola. Se fosse stato più giovane di qualche anno avrebbe iniziato a fare commenti su come quello fosse uguale uguale al "baciarsi in bocca" (per citare testualmente il linguaggio dei bambini). Parecchi anni e qualche tragedia dopo, quel gesto gli creò esclusivamente disgusto, ma c'era davvero poco da fare.

    La presa si alleggerì e lui cadde a terra, tossente. Ma fu anche un'altra presa a lasciarlo, quella che l'alcool aveva sui suoi sensi: lentamente la vista tornò più nitida, le orecchie smisero di fischiare e la testa tornò pienamente attiva e funzionante. La saliva doveva essere una minuscola componente di Ichor, o doveva contenerne una percentuale. Crollò la sedia, caddero i fogli appesi al muro: di quella furia era rimasto soltanto un gran caos, assieme ad una porta aperta che, ora, prometteva spiegazioni o approfondimenti.

    Non sapeva poche cose all'interno del Labirinto e forse Mnemosine si sarebbe aperte un minimo, quel giorno. Badate, non l'aveva presa bene: il suo discorso non era stato capito e sapeva di non poter ribattere causa Ira Divina e quant'altro. Si sentiva castrato, come un cane al quale hanno appena tagliato i coglioni.
    Impotente, ecco la parola più giusta.

    Superò anch'egli la porta e prese a seguire la donna. Rimase in silenzio, braccia nelle tasche, testa china e sguardo per terra, pensieroso. Ogni tanto buttava un occhio sul culo della titanide. Dio, che culo che aveva.
    Ma con una buona prova di testardaggine riuscì a scacciare i bisogni di carne e a ricordarsi del suo risentimento verso di lei. Una parte di lui voleva dirle di no, un'altra parte voleva seguirla per evitare di subire nuovamente un'umiliazione ed un'altra parte ancora si muoveva per pura curiosità. Era una scelta complessa, ma almeno vide l'occasione di non chiudere completamente il discorso: non ci stava a dargliela vinta così facilmente e non sarebbe bastato di certo qualche Newton di troppo contro un muro a fargli cambiare idea.

    Arrivarono fino ad un ascensore che poteva soltanto scendere. Non diede nemmeno il tempo alla donna di premere pulsanti o attivare in qualche modo il marchingegno che subito disse

    Muoviamoci. Tra un po' ho le prove mediche e di sincronizzazione, non sia mai che me le perda.
    Preferirei farne cento consecutive piuttosto che stare un attimo di più con te, puttana.

    Recap il mio è un mega riassuntone del tuo post con il pov di Lance
    non ho aggiunto tanto per far andare avanti la cosa in maniera liscia (anche perché non so cosa succederebbe se lo facessi ribattere/riprendere il discorso ahah) fino all'ascensore. Aggiungo un commentino finale così, per aggiungere quel pepe che fa molto aperol spritz. PORTAMI DOVE VUOI, ALICE (perché stiamo scendendo... ed il paese delle meraviglie... dai su.)
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    ibiane accompagnò silenziosamente il ragazzo per i corridoi del Labirinto. Arrivarono in un punto poco frequentato, ad un ascensore che di rado veniva utilizzato. Questo perché portava in zone del labirinto che raramente venivano utilizzate, ma questo Lance lo scoprì solo dopo.

    Al pensiero poco carino del ragazzo la rossa rispose con uno sguardo fulminante, ma non disse nulla, si limitò a richiamare l’ascensore. La cabina era metallica e scarna, quasi asettica. La titanide premette alcuni bottoni in silenzio per poi poggiarsi al muro con le braccia conserte. Quando le porte si chiusero, l’ascensore partì silenziosamente.

    Sembrava che la rossa volesse passare tutto il tragitto in silenzio, poggiata con il capo chino, quasi stesse dormendo, ma dopo qualche minuto di discesa verso l’ignoto, cominciò a parlare.
    “Non mi stupisco che tu pensi che siamo in guerra. Per troppo tempo ti ho preparato con test e simulazioni per la battaglia, ma non ti ho ma chiarito il senso. Spero di riuscire a metterti a posto le idee con questa chiacchierata”
    Un piccolo campanello suonò nell’ascensore, e sembrò che la cabina procedesse più spedita.
    “È una storia vecchia come il tempo questa. All’epoca, l’universo come lo conosciamo non esisteva ancora. Tutto era una voragine nera e caotica, e non vi era nulla, neanche il pensiero”

    Le parole della titanide avevano uno strano effetto sul mondo intorno. La cabina si ridusse a un disco di luce, mentre le pareti attorno sparivano nella tenebra.
    “Nel caos si aggiravano gli dei Esterni, i Grandi antichi che dominavano il vuoto attorno a loro. Poi venne Phanes, e con lui i protgenoi. Sigillarono gli dei esterni e diedero regole al caso, dando vita a quello che noi chiamiamo universo. ”

    Alle sue parole le pareti prendevano vita. Lance poté scorgere nella tenebra la fugace sconvolgente visione degli antichi, ammassi informi di carne di pura follia, e i protogenoi, giganti esseri vestiti di arzigogolate armature, che si davano battaglia, poi il big-bang e la nascita di tutto. Ogni immagine, suono e sensazione parlava vivamente al suo cervello.
    “Urano e Gea, nostro padre e madre, furono la prima coppia di dominatori dell’universo. Furono loro a creare tutto, a dare un ordine alle cose. Senza di loro non esisterebbe nulla nell’universo materiale, ma saremmo ancora pensieri sospesi nel vuoto. Noi titani siamo nati da loro. Eravamo in molti a quel tempo, ma fra i molti, noi dodici eravamo i migliori, l’elite. Servivamo devotamente nostro padre, anche se esso aveva comportamenti crudeli. Ben presto quel suo aspetto crudele si trasformò in tirannia, la tirannia in follia, e noi dodici, i suoi figli prediletti ci ribellammo. Lo detronizzammo e ci sostituimmo a lui alla guida dell’universo e di questo pianeta, la terra. Qui creammo voi, gli umani…”

    Lance poté assistere a stralci della storia di millenni nella sua testa. Mnemosine gli stava facendo rivivere i tratti salienti della storia.
    “Purtroppo la vostra nascita non è stata priva di complicazioni. Per crearvi alterammo l’equilibrio delle cose, fermando il flusso di quella che voi chiamate entropia. Il nostro ordine regolatore tuttavia non può reggere in eterno, e prima o poi l’energia negativa che si accumula deve esplodere e resettare tutto, perché il ciclo continui e l’equilibrio totale non ne venga alterato. Cicli e catastrofi si sono succedute fino a qualche anno fa”

    La storia passa dall’epoche antiche a qualcosa di più tangibile. Se prima le immagini erano molto vaghe, man mano si fecero più chiare. C’erano cavalieri di cui Lance non conosceva nome, ma che erano ben presenti nella lotta di quegli anni. Gold Saint, Spectre, Guerrieri di Asgard e Black Saint lottavano fra loro e contro forze soprannaturali. C’erano le tre spade, i draghi e i giganti e, fra gli eventi narrati apparve lei, Bibiane.
    “Io ero lì, ero ancora umana al tempo. Successe quelle che le profezie chiamavano Ragnarock, ma che non era nient’altro che una fase distruttiva di quel ciclo. Nessuno di noi umani sapeva che quello era un male necessario. Fu allora che sono morta per la seconda volta, per evitare quel male, e ci riuscimmo. Ma poi le cose sono andate storte…”
    Gli eventi narrati da Mnemosine si fusero con le memorie di Lance: era l’Armageddon.
    “Quell’energia negativa accumulata e non esplosa richiamò dal cuore delle presone quelle forze del caos che allontanammo per crearvi. Quella forza che si alimenta di negatività a cui è stato dato il nome di Corruzione. Quell’energia è come una malattia, e devia e deprava ogni cosa incontra…compresi gli uomini stessi.”

    Le scene di quel giorno si affacciano intorno a loro e si soffermano sulle orribili trasformazioni subite dagli esseri umani che mano a mano diventano mostri.
    “Siamo fra i pochi fortunati perché un uomo di nome Gazka, il mio padre biologico, si è preparato e sta trattenendo la corruzione per noi. I pochi sani sono protetti da quella che viene chiamata fiamma della conoscenza, ma senza quel potere, saremmo tutti perduti”
    Dopo le ultime immagini l’ascensore torna normale. Bibiane stava guardando dritto Lance negli occhi, lo sguardo carico di significati sottintesi e di antica conoscenza.
    “Hai potuto vedere tutto questo perché è nella mia mente, costantemente giorno dopo giorno. Adesso puoi capire che quello che porti non è il fardello della guerra. Quando sali sul tuo gigante, non stai andando a combattere i nemici di Chrono, ma stai difendendo quel poco che ci è rimasto della nostra umanità. Per questo io ti ho riportato indietro, questo è il significato del tuo dolore. Io, tu e tutti i guerrieri che difendono l’umanità non siamo altro che scintille che cercano di combattere l’oscurità che ci assedia”.

    L’ascensore si fermò, ma le porte non si aprirono.
    “Lance, prima che proseguiamo voglio sapere da te se sei davvero pronto a tutto questo. Ancora Elizabeth? È lei che non ti fa andare avanti?”


     
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