WOA XI: BRING BACK THE '80s

Wanderfulstarr

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    Ciao, Wanderfullstarr!

    Come puoi ben vedere dal layout, hai deciso di imbarcarti in una vera follia. Infatti mi sento un po' nostalgica, e ho deciso che la traccia di questa woa sarà dettata da una particolare decade che ha influenzato la vita di tutti: I FAVOLOSI ANNI '80.
    Ora, ti ho chiesto di scegliere un numero, e hai scelto il numero 9. Questo è servito a me per determinare l'anno esatto della tua traccia, che quindi sarà

    IL 1989

    Ah, che anno! Si potrebbe dire un anno rivoluzionario, segnato dalla caduta del muro di Berlino e dalle proteste studentesche a Pechino soffocate, purtroppo, nel sangue.
    Ma tu non ti occuperai di nulla di tutto ciò.
    Ho deciso che la tua traccia sarà un qualcosa proveniente da quell'anno, qualcosa che nel bene o nel male è passato, a suo modo, alla storia.
    La tua traccia è musicale. Dovrai trarne più ispirazione possibile, perché è l'unico elemento che riceverai.
    Si tratta di...

    Madonna- Like a prayer



    Uno dei più grandi successi di Madonna dal testo molto controverso. Siamo sicuri che parli di...religione? Leggi bene il testo e...Auguri!

    - Prendi spunto dalla tua traccia, solo da quella, e in che modo vuoi. L'anno può entrarci o meno, a tua discrezione, non sarà fondamentale nel giudizio dell'attinenza.
    - Hai tempo fino al 7 Settembre alle ore 20.
    - Puoi cambiare la traccia UNA SOLA VOLTA, ma non puoi cambiare l'anno. Puoi decidere di comune accordo con un altro utente di scambiarvi le tracce, ma non si torna indietro. Le richieste vanno fatte nel topic delle WOA..
    - Non c'è limite di battute. Tuttavia sconsiglio sempre di fare una one shot eccessivamente prolissa.
    - Puoi fare TUTTO quello che ti pare usando il tuo pg. Non mettere in mezzo pg di altri a meno che tu non abbia il consenso del giocatore.
    - La tua woa può essere ambientata ovunque e in qualsiasi tempo.

     
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    La classe è una cosa che ti viene da dentro come i rutti (L. Litizzetto)

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    Like a Prayer

    The Red Ambition Tour
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    Doveva essere una giornata come tante nel labirinto e per certi versi lo era. A dispetto della febbricitante attività nei laboratori, Bibiane ci teneva molto a piccoli rituali che la tenessero salda alla realtà.
    Era suo preciso dovere dare il meglio di se in ogni situazione. Lei era una dea, Mnemosine, ed era responsabile del benessere degli abitanti della sua casa, ma anche del suo.
    Quel giorno si concesse una doccia calda, un lusso di questi tempi, e qualche minuto di indugio fra prodotti di bellezza recuperati sulla terra, giusto per calmare lo stress. Sotto lo scrosciare dell’acqua stava riflettendo su quanto la vita fosse un mistero, di come fino a qualche tempo prima abitava da un’altra parte e di quanto adesso, per certi versi, si sentisse da sola, sovrastata dalle responsabilità.
    Appena uscita dalla cabina, facendo gocciolare sul pavimento la sua chioma fulva, notò sulla sua consolle da bagno qualcosa di insolito.
    Erano un paio di gioielli glitterati a forma di stella di un colore fucsia acceso. Non ricordava di possederli ne di averli recuperati da nessuna parte sulla superficie terrestre eppure erano davvero belli.
    Si insospettì alquanto, ma quei due gioielli, orecchini per la precisione, l’attraevano molto. Scese a patti con la sua vanità, pensando che in fondo non poteva accadere nulla di male ad indossarli. Seduta davanti lo specchio, li mise alle orecchie, guardandosi compiaciuta nel riflesso. Gli stavano decisamente bene, e forse li avrebbe tenuti tutto il giorno, ma prima doveva finire di prepararsi.
    Fece per toglierseli, ma fu interrotta da una voce. Una voce familiare che sapeva di casa, anche se non riuscì ad indentificarla.
    “Bibiane…”
    Si girò di istintivamente alle sue spalle e in quel preciso istante tutto si oscurò. Ebbe fugaci visioni di una chiesa e di croci in fiamme, santi e demoni, come una serie di flash nell’oscurità. Poi si sentì cadere verso il pavimento, mentre quella voce continuava a chiamarla. Somigliava a una preghiera.
    “Bibiane…Bibiane, ti prego salvaci…”
    In un attimo si ritrovò in cielo, cadendo a picco verso la terra. Non si scompose per nulla, facendo ricorso al suo sangue freddo e provò a richiamare il suo cosmo per utilizzare la telecinesi, ma nulla accadde.
    °Oddio...sto cadendo!!!°
    Ci provò per più volte, ma qualcosa stava inibendo il suo cosmo, e questo significava morte certa per lei. La terra si avvicinava a velocità elevata, già poteva vedere i tetti delle case di un paese sconosciuto sottostante. Si fece prendere dal panico, iniziò a urlare. Rimproverò se stessa per quello che era successo, per la sua curiosità che l’aveva portata lì. Iniziò a piangere, chiuse gli occhi e le sue lacrime volarono verso l'alto.
    °Che il cielo mi aiuti°
    L’impatto mortale non arrivò.


    Si svegliò, invece, di soprassalto da un letto con il materasso ad acqua facendo un balzo.
    Era ancora spaventata, non capiva dove era finita. Appena il suo respiro e le sue sensazioni tornarono normali, capì che si trovava in una cameretta di quella che poteva sembrare un adolescente, quasi uguale alla sua a Londra, nei tempi che furono. Sulle mensole, in mezzo ai mini-poni di plastica e peluche dalla capigliatura rosa c’era un cubo di Rubik, bamboline di troll dalle teste multicolori e delle barbie iperplasticose vestite con abiti glitterati, mentre sulla una parete accanto c’erano appesi poster di qualche divo o di qualche gruppo musicale. Per il resto, regnava un disordine di vestiti strampalati dai colori più accesi sparsi un po’ ovunque, dalla sedia vicino la scrivania allo specchio vicino la porta.
    Si era calmata, ma aveva ancora la testa confusa che iniziava a giragli terribilmente. Fece per uscire dalla camera, decisa a capire quello che era successo e dove diavolo fosse finita, ma si fermò subito davanti al suo riflesso nello specchio; per poco non gli occhi gli schizzarono fuori dalle orbite.
    A parte il suo aspetto, più umano e non più titanico, era vestita in un modo agghiacciante.
    Una gonna tutto tulle sotto la quale indossava un paio di calze color rosa quasi fluo che servivano da accompagnamento a un paio di scarpe da tennista begioline; sopra era anche peggio, un toppino che era la parte di sopra di una sottile vestaglia di seta e pizzo colore nero lasciava vedere un reggiseno, sempre in pizzo, nascosto malamente da un giubbino di jeans tutto stemmi; non era finita, i dannati suoi capelli sfoggiavano una coda permanentata, fatta di lato e tenuta insieme da un fiocco grande quasi quanto la sua testa; gli orecchini erano ancora a loro posto, abbinati con crocefissi e catenine come se non ci fosse un domani; il trucco era da baldracca, con rossetto rosso troppo acceso, e unghie laccate a tono, ovviamente.
    °Capo, stai bene? Dove sei?°
    Era una voce gracchiante molto disturbata che usciva da un mangianastri metallico che sbucava su scrivania in mezzo a ciucciotti di plastica e da un giralamoda impiastricciato di pastelli a cera.
    Bibiane riconobbe la voce; era Polimnia, una delle sue ragazze, le muse, nonché staff tecnico del labirinto per il progetto di rinascita dei Giganti. Fu un sollievo per lei sentire una voce amica in quelle circostanze; forse non era ancora impazzita del tutto, ma poco ci mancava. Corse al tavolo, prese istintivamente il microfono attaccato al mangianastri e vi parlò dentro:
    “Ragazze, che è successo? Dove siete?”
    °Capo gli strumenti hanno rilevato una distorsione spazio temporale proveniente dalle tue stanze, ma quando siamo arrivate tu non c’eri. Così abbiamo collegato Clio allo SHIINING e ci siamo messe a cercarti sulla frequenza d’onda rilevata. Dove sei?°
    “Sono in una camera di una ragazzina e ti sto parlando da un mangianastri. Penso di essere in un paese americano che non conosco…”
    Disse affacciandosi per la prima volta dalle tendine bianche della finestra.
    Il paese americano che stava osservando sembrava non avere subito minimamente l’Armageddon. Le case erano ben tenute, gli uccelli cinguettavano per aria e il sole splendeva sereno. I suoi occhi poi misero a fuoco dei bambini vestiti di jeans e cappellino giocare sugli skate, i pattini a rotelle e BMW. Di questi tempi?
    Presa da un dubbio atroce, si girò per la stanza identificando il peluche di Poochie, le Converse ai piedi e i poster: Duran Duran e Simon le Bon. Fu illuminata come Freddy Mercury a un concerto dei Queen.
    “Oh, merda!”
    Lo sguardo girò per la stanza fino a posarsi su una mensola dove c'era una sveglia con il quadrante a cristalli liquidi che segnava la data.
    22 dicembre 1989
    “Ragazze, penso di essere finita nei fottutissimi anni 80”
    °Capo, non puoi moderare il linguaggio? Ci sono dei minori qui…°
    “Provaci tu a svegliarti vestita come la sorella scema di Madonna con l’acconciatura di Cindy Lauper dopo un incidente, e poi ne riparliamo”
    °Capo calma...°
    “Calma? Io sono Calmissima...COME CA**** MI TIRATE FUORI DI QUI?!”
    °Capo abbiamo già messo Erato e Tersicore a lavoro. Stanno elaborando un piano, ma ci vorrà del tempo. Non riusciamo nemmeno a trovare la tua posizione. Nel frattempo dicono che sarebbe meglio se uscissi a raccogliere informazioni. Magari se ci fornisci qualche dato possiamo recuperarti°
    “Certo certo, e come faccio a tenermi in contatto?!”
    °Beh, Capo, portati dietro il mangianastri. All’epoca faceva figo no?°
    “Chiudi il becco”
    °Ci sentiamo appena abbiamo novità, Capo. Passo e chiudo°
    Bibiane ebbe appena il tempo di portarsi alla fronte per riprendersi dallo shock quando sentì suonare il campanello della porta.
    Sulle prime fu tentata di non presentarsi alla porta, nascondersi in un armadio, e non vedere più la luce del giorno per generazioni fino a quando il tempo non sarebbe tornato agli anni giusti. Tuttavia, poiché il campanello insistette a suonare dal piano di sotto fu costretta ad andare ad aprire.
    Scese le scale ricoperte di moquette e arrivò alla porta bianca dalla tipica lunetta di vetro a raggi.
    Immaginate il suo stupore quando davanti alla porta si vide niente poco di meno che Naima in persona, vestita da postina, con una divisa dalle spalline ultra imbottite.
    “Tu!...”
    “Sì yo. Posta per te, querida”
    Le infilò di forza una lettera fra le mani a mezz’aria della rossa incredula e fece per salutarla.
    “Tu…cosa?...ci sei tu in mezzo, brutta str…”
    L’ispanica sembrava molto seccata dalla petulanza della rossa, e anche all’accenno di offesa. Rispose prontamente:
    “..a a a…no…esto no es mi problema, pero usted y suo Heremano. Entiende?”
    “Ma cosa hai detto?”
    “No tengo tiempo que perder, hasta la vista, roja!”
    E, come era arrivata, scese dal patio, si incamminò e sparì nel nulla in un batter di ciglio. Bibiane rimase come uno stoccafisso sull’arco della porta, a guardare la sfortuna cagna che le faceva sempre compagnia.
    Non le restò che controllare l’incartamento che gli era stato recapitato. Si passò disperata la mano in faccia e cercando di rimanere calma, prese il microfono per dare, suo malgrado, l’indirizzo che aveva appena letto:
    “Ragazze, ci siete? Ho un indirizzo”
    °Ottimo Capo, dicci tutto che elaboriamo”
    “1428 di Elm Street. Astoria (Oregon), U.S.A.”
    °Capo ci stai prendendo in giro?”
    “Ti sembra che abbia voglia di scherzare? Senti qui, ho una lettera e un mal di testa galoppante. Ci sentiamo dopo...”
    °Capo ti tireremo fuori°
    “Non ne dubito"
    Detto questo, aprì la busta in tutta fretta stracciandola. La prima cosa che la colpì fu la calligrafia: la sua. Cercando di mettere insieme i nervi che le stavano crollando minuto dopo minuto, lesse accuratamente il contenuto del messaggio.
    Cara Bibiane

    È Mnemosine che ti scrive. Come ben sai, per un certo periodo siamo riuscite a far sopravvivere parte della nostra essenza oltre il sigillo di Zeus. Ho calcolato il tempo preciso del tuo arrivo e ti ho inviato questa lettera.
    Siamo sempre state in gamba noi due.

    Se la stai leggendo, è probabile che abbiamo combinato un mezzo pasticcio.
    Tempo addietro, quando sigillamo la memoria di nostro fratello per fargli credere di essere chi non era, abbiamo dovuto scindere in più pezzi i suoi ricordi. Senza scendere nei particolari, abbiamo calcolato male la portata dell’operazione e non siamo riuscite a sigillare per intero tutti i suoi ricordi. A quanto pare, ho saltato un giorno del 1989, non mi chiedere perchè.
    Se lo lasciavo in giro, visto la particolare situazione di nostro fratello e i suoi poteri, rischiavo di creare una linea temporale alternativa che non doveva esistere, così l’ho sigillata in un paio di oggetti che contenevano la nostra tecnologia: Il modulo SINERGY.

    Per sicurezza, l’ho riposto nelle nostre stanze nel labirinto e ho fatto in modo che ti venissero recapitato in caso di emergenza.
    Bene, questa è un emergenza.
    Mentre leggi queste righe la corruzione si sarà infilata in questo universo alternativo da qualche parte. Conta che questa dimensione nella quale mi stai leggendo è come un sogno, non ha inizio ne fine. Se proverai a scappare, ti ritroverai in questa casa.

    La notizia buona, è che non stai cambiando il tempo. Puoi agire come vuoi, quando sarai fuori da questa storia nulla influirà sulla nostra linea temporale.
    La cattiva notizia è che se non impedisci alla corruzione di invadere questo posto, dubito che potrai tornare all’universo reale. Se non farai qualcosa, è probabile che l’intero labirinto venga risucchiato via per diventare una testa di ponte della corruzione, ma io so che sei una ragazza in gamba, altrimenti non avrei scelto te per diventare me.

    Purtroppo, la realtà in cui ti trovi risulterà altamente alterata in alcuni tratti, quindi non ti posso essere di aiuto ne darti informazioni. I ricordi finiscono dopo poco la mezzanotte. È tutto.

    In bocca a lupo
    Mnemosine.

    Sgomentata dalla sua stessa stronzaggine, Bibiane prese il microfono che le pendeva dalla mano.
    "Ragazze...abbiamo un problema"


    Ritroviamo Bibiane a bordo di una Dodge Charger di colore arancione con il numero 01 stampato sulla portiera. La macchina era sul retro della casa con le chiavi nell’accensione. Guidava sorseggiando una Cherry Cola presa al drive, tanto per rilassarsi, e iniziava a capirci qualcosa di tutta quella realtà.
    Siccome quel mondo era stato creato alla base di ricordi, e non la reale volontà del dio del tempo, si ritrovava in una specie di limbo in cui gli avvenimenti accadevano come nella realtà, ma alcuni particolari non corrispondevano del tutto, ma erano ripresi da altre memorie sparse per colmarne le lacune direttamente dall’inconscio collettivo, o forse peggio. Discuteva dei dettagli con il suo staff che adesso comunicava direttamente dagli orecchini.
    °Siamo riusciti a trovare il terminale di SINERGY. La tipa che fa da ricostruzione olografica è proprio tosta, Big Mama°
    “Perché sto parlando con te, Urania? Polimnia dove è andata?”
    °È andata a dare supporto ad Erato. Con i dati che ci hai fornito, contiamo di individuare la locazione della corruzione a breve, sista°

    “Ok ok. Ricordami che quando torno dobbiamo parlare di come ti rivolgi alle persone. Tornando a voi, avete capito perché non riesco ad usare il cosmo?”

    °Non sono io la specialista del caso, ma te la provo a riassumere in a few word. Siccome questa dimensione è fatta di ricordi, è come se ti stessi facendo un trip nella testa di tuo fratello. Solo che non ci sei per davvero dentro, ma in un piccolo mondo a parte°
    “Arriva al punto, ti prego”
    °All right. A quanto pare in questo mondo per cautelarti da intrusioni, hai escluso che le persone si ricordino del cosmo e di come si usa. Tu ci entri e devi stare alle regole°
    “Come se fosse servito a qualcosa. Sono stata davvero un genio. E neanche mi sono avvertita di questo. Che dici, mi sputo da sola?”
    °U say dis. Ain’t Know nothin”
    “E questo che c’entra con il fatto che mi avete mandata ai grandi magazzini?”
    °Dovrebbero vendere armi. Le babys qui dietro Dicono che senza il cosmo sarà difficile combattere la corruzione. Ci sarà da fare forse qualche modifica, maybe da avvitare qualche bullone, ma con il nostro supporto saprai cavartela, sure!°
    “Dovrei costruirmi le armi da sola? E per chi mi avete preso per McGuiver?”
    Fra la sua bibita, gli improperi che furono riversati sulla povera Urania e l’ansia di fare presto, Bibiane non si accorse che era scattato il rosso al semaforo, e fu costretta ad inchiodare per non investire i pedoni che stavano passando.
    Altri improperi furono profusi per la Coca che inevitabilmente traboccò macchiandogli il vestito, ma furono subito zittiti dalla visione che si trovò davanti.
    Una ragazza vestita di jeans strappati, anfibi militari, borchie e giubbino di pelle le diede una manata sul cofano della macchina, per poi mostrarle apertamente il dito medio.
    Non fu zittita tanto dai modi da teppista, ma dal fatto che era la copia precisa di Estelle, se non fosse che era vestita da punk e portava un mohawk altissimo, cotonato e di un blu elettrico acceso.
    Ecco, quella era una cosa che poteva davvero lasciare senza fiato. Sempre senza distogliere lo sguardo dalla strada, con tono agghiacciato si rivolse alla base.
    “Ragazze, ho visto Estelle che mi mandava a quel paese”
    °Probabile Capo° era tornata Polimnia al microfono, come è facile notare °Se dove sei è una realtà alternativa, probabilmente ci sono anche persone che conosci lì°
    “Persone che conosco...”
    La mente di Bibiane si mise subito in moto. Aveva dei nemici da abbattere e non poteva usare il cosmo. Non poteva contare solo sui proiettili, aveva bisogno di qualcuno che disponesse di una tecnologia tanto avanzata da potere generare qualcosa di simile a colpi cosmici, tutto ciò in pochissimo tempo.
    “Ragazze come mi avete ritrovata?”
    °Abbiamo inserito i dati della tua traccia cosmica e li abbiamo comparati a quelli della lunghezza d’onda della distorsione, Capo. Stranamente, anche se non puoi usare il cosmo, ha funzionato°
    “Potreste farlo con qualcunaltro?”
    °Tipo, Capo?°
    “Gabriel”


    Le ragazze ci misero poco per rintracciare l’abitazione del rosso. Se Bibiane aveva fatto bene i compitini, probabilmente il rosso era uno scienziato anche in quella realtà e, sempre con tutta probabilità, aveva con se degli armamenti non convenzionali utili a uscire viva da quella situazione.
    Del resto, il suo ex compagno d’arme era un genio indiscusso, uno dei punti fermi di tante realtà, come il caso di Esmeralda venuta dal futuro aveva dimostrato. Come sarebbe stato in quella realtà, e cosa poteva offrigli in cambio era un calcolo ancora da fare. Sperava non un drago; non voleva trovarsi certo in un fantasy alla Labyrint o la Storia infinita.
    Era un azzardo, ma considerato il poco tempo a disposizione valeva la pena provare. Sempre meglio che andare armata di un solo fucile a canne mozze.
    Il rosso abitava in una casa dall’aspetto comune, di quelle fatte di assi di legno imbiancate e il tetto grigio di ardesia. Il vento si era alzato minacciando tempesta. C’era un fronte nuvoloso proveniente da sopra una collina che faceva sfondo alla casa e che sovrastava tutta la città.
    La rossa si avvicinò al patio in punta di piedi e sbirciò alle finestre laterali alla porta. Non sapeva ancora chi si sarebbe trovata davanti.
    La casa sembrava vuota, non c’era un singolo rumore proveniente dall’interno. Provò anche a bussare, ma senza successo.
    Se non c’era nessuno in casa, tanto vale provare a dare comunque un’occhiata. Potevano esserci comunque un laboratorio con delle armi. Fece il giro ed arrivò sul retro sperando che quell'ingresso fosse aperto. Anche lì, nessuno.
    Stava per aprire quando la porta venne spalancata dall’interno.
    “Candice! Mi hai fatto saltare”
    La donna aveva più o meno gli stessi connotati della sua controparte reale. Stessi capelli scuri, stessa benda sull’occhio, se non fosse per il jeans a vita altissima e il top bianco tagliato quasi sotto il seno con sopra una scritta in rosa shocking glitterato TRULY OUTRAGEOUS.
    I capelli, permanentati e cotonati, e i grossi cerchioni oro meritavano una menzione a parte; come le sue palpebre truccare con una lunghissima svirgolettata di rosa e il fard che colorava gli zigomi.
    “Ci conosciamo?”
    Questa sua controparte masticava furiosamente un bubble-gum in maniera volgare, e guardava con aria minacciosa la povera Bibiane che cercava di giustificarsi. La rossa si lisciò la gonna e provò a darsi un contegno.
    “Ci conosciamo?....eh si...più o meno...veramente cercavo Gabriel. È in casa?”
    “Una sua cliente, eh? È in cantina. Spetta che te lo chiamo all’interfono”
    Gli scoccò un'occhiataccia prima di prendere un telefono di plastica attaccato vicino lo stipite. Pigiò un paio di tasti, sempre non mollando quel dannato chewing-gum e poi, con un tono scocciato, parlò alla cornetta:
    “Gab, c’è gente qui per te. Sali di sopra"
    Riattaccò e poi si rivolse a Bibiane tentando di essere cortese, suo malgrado:
    "Gradisci un caffè, zucchero?”


    Bibiane si ritrovò ad aspettare davanti a una tazza. Candice era a smacchiare la gonna che si era sporcata con la cola in auto. Nel frattempo gli aveva dato una aderentissima tutina viola dallo scollo a barca che andava abbinata con un foulard azzurro in vita. Le aveva detto che non aveva nulla della sua taglia pulito sotto mano e, a dispetto delle proteste, che quella sarebbe stata l’unica cosa che gli sarebbe andata. Gabriel sarebbe salito di sopra appena terminate le sue faccende, così Bibiane si trovò a riorganizzare le idee su quella giornata del cavolo.
    Il tempo scorreva veloce mentre una tempesta di lampi faceva capolino dalla finestra proprio sulla stessa collina che faceva da sfondo alla casa. Mentre osservava affascinata lo spettacolo, la rossa fu contattata dalla base.
    °Capo, abbiamo localizzato la corruzione°
    “Grazie al cielo. Dove si trova?”
    °In una chiesa fuori città, Capo°
    "Tipo una chiesa con un piccolo cimitero sul davanti che sta su quella collina dove stanno piovendo fulmini e saette?”
    °Preciso. Non conosciamo la potenza dell’entità che vi dimorano, Capo, ma fossi in te starei allerta°
    “GRANDE GIOVE! Cosa sono quei comunicatori che porti alle orecchie!”
    “Ragazze vi devo lasciare, è arrivato...”
    Gabriel stava davanti a lei, vestito in una maniera terribilmente familiare. Un pantalone giallo con una camicia rossa decorata con uno strano motivo bianco e un lunghissimo impermeabile giallo. Aveva tirati sui capellli rossi un paio di occhialini da saldatore e, a dispetto della versione che conosceva, un’aria stranamente allampanata.
    “Fammi indovinare...stai facendo esperimenti sui viaggi nel tempo”
    “Come hai fatto ad indovinare? Sei anche tu una scienziata?”
    “Si e no…Siediti, dobbiamo parlare”

    La chiacchierata fu un buco nell’acqua.
    Benchè affascinato dalle parole della titanide, il rosso non fu in grado di aiutarla. Gli parlò un arma che faceva al caso suo in laboratorio, che era una specie di zaino che fungeva da generatore di protoni, collegato a un collettore che sparava un fascio di energia in grado di friggere gli esseri che non appartenevano a quel mondo. Sfortunatamente, poteva essere utilizzato solo una volta, e non era stato ancora messo a punto, quindi suo malgrado dovette lasciarla andare via, con la promessa che se i suoi apparecchi fossero stati pronti avrebbe mandato qualcuno a portarglieli.
    La sera stava scendendo veloce e lei non aveva più un piano ne una macchina.
    Il motore aveva fuso a metà strada fra casa di Gabriel e la collina verso la quale era diretta. Giusto il tempo di parcheggiarla in un vicolo, calciare la portiera e, per somma gioia delle orecchie del suo staff dall’altro lato, si mise a cercare la causa del guasto. Passò parecchi minuti con la testa infilata nel cofano, prima di gettare la spugna. Iniziò a mangiarsi le unghie dal nervosismo. E adesso? Come sarebbe arrivata sulla collina? Gli serviva un piano di riserva.
    Presa da questi pensieri, non si accorse che due persone si stavano avvicinando. Colta alla sprovvista, non potè fare altro che nascondersi dietro la macchina.
    Un uomo entrò di corsa nel vicolo illuminato dai fari dell‘auto ancora accesi, subito seguito da un altro che aveva una pistola in mano. L’aggressore fece uno scatto e scaraventò la povera vittima su un divano gettato lì per caso.
    Bibiane assistette alla scena, indecisa sul da farsi. Il tempo scorreva veloce, la sera scendeva e lei era senza cosmo. Eppure non se la sentiva di lasciare il povero malcapitato su quel divano. Alla fine, la sua coscienza prese il sopravvento, e si decise ad agire.
    Nonostante non potesse utilizzare il cosmo era pur sempre una guerriera formidabile. Con un balzo uscì dal suo nascondiglio e l’avversario non ebbe neanche il tempo di capire quello che stava succedendo. Con una piroetta gli fu alle spalle torcendogli il braccio e l’assalitore fu costretto a mollare la pistola che Bibiane recuperò a mezz’aria. Infine, diede un calcio al tipo che si trovò faccia a terra.
    “Non ti muovere, sacco di merda”
    La vittima si era già data alla fuga, lasciandola sola con l’aggressore.
    “Ti prego non sparare”
    La sua voce non era per nulla piagnucolosa, ma aveva una flemma fredda e distaccata. Vedendolo meglio nella penombra Bibiane lo inquadrò. Una nuvola di capelli lisci e neri, vestiti dello stesso colore e pesante trucco goth intorno agli occhi; Gorthaur era anche lui presente all’appello, in versione Robert Smith & Co. Bibiane era davvero tentata di premere il grilletto e almeno in quella dimensione prendersi qualche soddisfazione. Ma ci ripensò, forse il tipo poteva tornargli utile.
    “Senti coso, dimmi quello che voglio e non ti pianto una pallottola fra gli occhi. Prima di tutto, questa me la tengo. Secondo. Sono senza macchina e devo arrivare su quella collina. Hai una scorciatoia?”.
    “Segui i binari della vecchi ferrovia. Dopo il ponte continua ad andare diritto. Lì c’è solo una chiesa, che ci vai a fare?”
    “Non sono problemi tuoi, ora se permetti ho un bel po’ di cammino da fare. Stattene buono qui e non ti succederà nulla. Non ho tempo da perdere. È il tuo giorno fortunato.”
    Fece qualche passo indietro continuando a tenerlo sotto tiro. Era arrivata alle fine del vicolo e sentiva in lontananza delle sirene di polizia. Fortunatamente quella faccenda si era conclusa in fretta. Si girò per andarsene quando Gorthaur aggiunse:
    “È un giorno fortunato anche per te, mia cara”.
    Bibiane tornò a guardarlo per un attimo. Non era sicura che la Morte che aveva incontrata fosse davvero così ignara della situazione. I due si scambiarono un’occhiata interrogativa. La rossa puntò di nuovo l’arma sul suo acerrimo nemico, pronta a chiudere quella partita millenaria lì, ma poi il suono delle sirene della polizia in avvicinamento la fece distogliere lo sguardo giusto per un istante. In quell'attimo, lui non era già più lì; la Morte in persona si era già dileguata.


    La rossa proseguì per la strada che le era stata indicata e dovette constatare che almeno questa volta Gorthaur aveva giocato pulito.
    Il binario proseguiva dopo il ponte perdendosi nella selva. Avvicinandosi sentì una puzza tremenda e scorse un cadavere abbandonato sui binari. A quanto pare la corruzione stava inziando a mietere le prime vittime. Non si fece scoraggiare, proseguì oltre la fine dei binari e tirò dritto fino ad arrivare allo spiazzale davanti alla chiesa.
    Ad attenderlo, ciliegina sulla torta, vi era un altro volto familiare, poggiato a una macchina bianca anche quella dall’aspetto familiare.
    Vestito in jeans a caviglia alta, che mostravano un paio di calzini a rombi, che a loro volta spuntavano da sotto le sneakers color amarena, Lelouch fece il suo ingresso trionfale in quella storia. Indossava anche un giubbino di jeans sotto uno smanicato rosso e aveva i capelli tirati all’indietro da un paio di occhialoni a specchio .
    “Ci hai messo molto”
    “Sono venuta a piedi, tesoro”
    “Bastava dirmelo, ti avrei dato un passaggio con questa bella DeLorean”
    Solo allora la rossa si accorse che il ragazzo aveva in mano una specie di zaino meccanico al quale era attaccata una sorta di pistola attraverso dei tubi. Sembrava un marchingegno molto arzigogolato, ma alla fine riconobbe l’arma della quale Gabriel gli aveva parlato.
    “Questo te lo manda il doc. Dice che si è messo di impegno e alla fine è riuscita a terminarlo. Ah, ti manda anche i tuoi vestiti.”
    “I should be so lucky...vabbè. Gabriel mi ha spiegato come funziona il pacco. Grazie mille di tutto”
    “Prego dolcezza. Quando vuoi farti un giro basta che mi chiami!”
    “Figurati. Mi raccomando non superare 141,6 km/h altrimenti ti incasinerai”
    Il ragazzo la guardò con un’espressione confusa, prima di partire a tavoletta verso la città.
    Bibiane si voltò verso la chiesa. Era un edificio imbiancato dal basso campanile e il tetto a spiovente. L’accesso era consentito da due porte con una mezzaluna di vetro superiore, dai quali emanavano una sinistra luce rossa. La voce di Polimnia eruppe alquanto disturbata dagli orecchini
    °Capo, ci resta poco tempo e la situazione è critica°
    “Una gioia ogni tanto la porti?”
    °Non scherzare Capo. Erato ha fatto un po’ di calcoli. A quanto la struttura della chiesa sarà come quella di molte altre, ma la corruzione utilizzerà probabilmente una discordanza per insinuarsi. Cerca qualsiasi segno che sia anomalo in una chiesa°
    “Cosa devo guardare?”
    la trasmissione si stava facendo molto più disturbata e carica di interferenze, al limite della comprensione:
    °Potrebbe essere una trappola. Capo devi stare attenta ai tracobetti.°
    “A che?”
    In quel preciso istante un fulmine colpì lo spiazzale, dando alle fiamme tutte le croci del cimitero. Bibiane fu sbalzata via nel fango impiastricciandosi i vestiti e capelli. Ci mise qualche istante a rialzarsi dal fango, mezza intontita per la botta.
    “Ragazze pronto…pronto!
    Nessun segnale dalla base. Il modulo SINERGY era andato a farsi benedire, come anche la sua pazienza e la sua sanità mentale.
    Era piena fino all’orlo di quella giornata. Non solo non poteva utilizzare il cosmo, ma non poteva neanche contare più sull’appoggio logistico delle sue persone. Inoltre, quel macchinario che si portava dietro pesava un accidenti e sarebbe servito per un solo colpo. La tutta si era distrutta, macchiata di fango e letame, il trucco sciolto. Sfatta, stanca, esaurita. La misura era davvero colma. Doveva reagire:
    “Merda! Sai che ti dico? Basta con questo zoccolo di cammello scomodo, basta con i fiocchi e con il trucco da Sabrina Salerno di noi altri. Tutta questa storia deve finire, ma a modo mio. Ora!”
    Si strappò via la tutina lercia e la usò quel poco che ne rimaneva pulito per sfregarsi via dalla faccia il trucco che le stava colando. Recuperò dai suoi vestiti solo la vestaglia nera mettendola sopra la lingerie di pizzo.
    “Molto meglio! E adesso a noi due!”
    Zainetto protonico in spalla si avvicinò all’entrata della chiesa; levò la sicura alla pistola e con un calcio sfondò le porte per gettarsi all’interno. L’ambiente era molto semplice, ad un'unica navata e altare di fondo, con una bandiera americana poggiata al lato ed illuminato di candele. I sensi della rossa erano tutti all’erta, pronta a captare il minimo segno anomalo mentre la sua arma era spianata pronta a colpire. Sul lato c’era una piccola cappella illuminata da candele, con all’interno l’effigie di un santo.
    La statua raffigurava un uomo vestito di un saio bianco, con una sovra tonaca rossa. Aveva un rosario al collo ed stringeva a se una rosa. Bibiane stava quasi per continuare con la sua perlustrazione quando un particolare prima passato inosservato richiamò la sua attenzione: il santo aveva la pelle totalmente scura.
    Bibiane aprì la cancellata della cappella con circospezione e puntò la pistola contro la statua che iniziò a piangere.
    Accadde qualcosa, qualcosa di cui la rossa non poté rendersi conto non avendo il suo cosmo. Sentì le sue membra che si piegavano come burro schiacciate da una volontà superiore. Perse la volontà di combattere, facendo cadere la pistola e si ritrovò a baciare i piedi della statua, la quale iniziò a prendere vita.
    “Molto bene, chi abbiamo qui? Mnemosine della memoria. Morivo dalla voglia di conoscerti”
    Bibiane stava tentando di forzare il blocco mentale come poteva, opponendo alla forza mentale dell’avversario la sua forza di volontà e il suo corpo, ma inutilmente. Sapeva bene come funzionava quel gioco.
    Quell’essere avrebbe potuto fare quello che voleva di lei. A stentò riuscì a parlare. In ogni sillaba tutto il suo disprezzo:
    “Cosa vuoi?”
    “Ma ti pare baby”
    Con un rapido gesto delle mani della statua che diventarono istantaneamente umane, gli fecero scivolare via lo zaino dalle spalle e con un altro gesto gli levò gli orecchini, lanciandoli sul fondo della sala.
    “Io voglio te”
    L’uomo diventato di carne la iniziò a baciare, mentre Bibiane si agitava per prendere il controllo del suo corpo. Non ci riusciva, e l’unica cosa che provava era un forte senso di disgusto nei confronti del suo aggressore.
    Lacrime gli rigarono gli occhi mentre lui la toccava e continuava a baciarla sul collo. Alla fine, la rabbia riuscì a insinuarsi nel blocco mentale di lui e a permettere a Bibiane di sputargli in faccia.
    L’uomo iniziò a ridere, una risata sadica e folle.
    L’aria intorno a lui iniziò a vorticare, segnale del cosmo che l’essere stava accumulando. Prese un pugnale dalla cappella alle sue spalle e tagliò con la punta la mano di Bibiane. Una vivida goccia di sangue le uscì dal palmo; lui la iniziò a leccare avidamente, mentre con un tono sempre più grottesco parlava alla rossa.
    “Tu sei un titano, e sei piena di Ichor. Il tuo sangue è potere e io lo otterrò. Il tuo corpo sarà il mio veicolo per tornare nel mondo reale e quando ciò accadrà, mi prenderò prima il labirinto e poi il mondo tutto. E tu non potrai fare nulla per fermarmi.”
    “Figlio di….”
    Come risposta Bibiane ricevette un sonoro schiaffo dall’essere, che la fece ruzzolare sul pavimento. Ridendo in pieno delirio, il corpo dell’uomo si trasformò piano piano in un essere fatto di un esoscheletro chitinoso, cranio molto allungato e zampe, con una coda micidiale. Era del colore della notte e un aspetto folle, uscito da qualche incubo prodotto nello spazio profondo.
    Bibiane osservava terrorizzata inerme la trasformazione dell’avversario, tentando di capire come fermarlo. Scorse con la coda dell’occhio il pugnale che era volato via a pochi centimetri da lei. Forse quella era la sua ultima flebile speranza. Provò con uno scatto a prenderlo un coltello, ma l’essere fu più veloce di lei, inchiodandola per le gambe al pavimento poco prima che lei riuscisse solo a sfiorare la lama.
    “Cosa pensi di fare? Non sei più una dea, qui non puoi nulla. Vedi come sei in mio potere?”
    E proruppe in un'altra risata. Il mostro era su di lei, spingendola con forza contro il pavimento.
    Bibiane poteva sentire il suo alito acido e mefitico che le scottava la pelle. Era stata schiava del suo controllo mentale ed adesso della sua forza fisica, ciò nonostante non si diede per vinta. Fra le lacrime, usò quello che rimaneva della sua volontà per afferrare l’arma.
    Il mostro non demordeva, e preso dal suo delirio di totale controllo, sfoderò la sua lunga lingua dentata che a pochi centimetri dal volto della rossa.
    Fu allora che la rossa scattò e riuscì ad impugnare la sua lama e la tranciò la protuberanza orribile. Il mostro si accasciò indietro urlando mentre la rossa corse verso lo zainetto caricandolo. Aveva un solo colpo. Non poteva fallire.
    Il mostro con un balzo si riportò in piedi, schizzando il suo sangue corrosivo su tutto l’ambiente. Solo lì si accorse che aveva sbagliato a non distruggere lo zaino, troppo preso dal suo delirio di controllo. Provò a dominare di nuovo Bibiane ma lei prontamente si fece uno squarcio sulla coscia con il coltello.
    Il dolore acuto le servì per liberarsi dal giogo del mostro, che urlò e si ripiegò sulla gamba come se fosse stato pugnalato anche lui. In quella manciata di secondi l’arma era pienamente carica, pronta per essere usata. La rossa prese il collettore a due mani e lo puntò verso il nemico.
    “Di una preghiera, baby”
    Spinse il bottone di accensione e il fascio di energia partì dalla punta della sua pistola, centrando il pieno il mostro che venne letteralmente fritto.
    Quando la rossa fece cessare l’energia luminosa, al posto del mostro c’era solo una pozza di ectoplasma verde fumante, che puzzava di bruciato.

    Bibiane era stanchissima. Aveva immaginato che dopo l’uccisione del mostro sarebbe successo qualcosa, ma a quanto pare nulla accadde.
    La tempesta fuori peggiorava, tanto che sembrava che l’edificio stesso dovesse crollare da un momento all’altro. Con calma, si levò un riccio rosso inzuppato di sudore e sangue dalla fronte e, zoppicando, si mise a sedere su una panca.
    Stette un poco fino a quando il vento forte non ruppe il vetro delle finestre, lasciando la stanza illuminata solo dai lampi.
    Era così che doveva finire? In quell’oscurità? Bibiane Leaflet sarebbe morta in quel mondo effimero, svanita da qualche parte che neanche esiste. Dubitava fortemente che questa volta sarebbe riuscita a tornare da quel posto.
    Ma si sentiva stranamente calma, complice forse la stanchezza. In quel caos che gli era piombato addosso, non poté fare altro che giungere le mani e pregare. Pregare che quel suo sforzo non fosse stato vano, che almeno gli abitanti del labirinto fossero stati salvi. Quel pensiero gli diede inaspettatamente grande conforto.
    E voci.
    °Big Mama, rispondi°
    °Ti prego, Capo, torna indietro!°
    °Mammina°
    °Madre°
    °Bibiane°

    Erano le voci delle sue ragazze, le sue figlie dell’epoca del mito, staff fedele e amiche fidate. Erano da qualche parte in quella tempesta. La stavano chiamando. Bibiane si alzò cercandole con lo sguardo ma non le trovò da nessuna parte.
    Le voci delle sue ragazze provenivano proprio da quella cappella dove si nascondeva l'abominio e ricordò le parole che gli disse.
    Il suo sangue era Ichor, e conteneva all’interno potere divino; forse quello sarebbe bastato per tornare indietro.
    Mentre ormai la tempesta stava facendo crollare tutto e le campane suonavano la mezzanotte, Bibiane si afferrò alla cancellata da dove era fuoriuscita la corruzione, facendo colare il sangue sugli stipiti.
    Varcò la soglie e come se avesse attraversato un quadro surrealista, si trovò su una terrazza, davanti al cosmo illuminato.
    Non c’era più ne vento ne lampi ne chiesa ne paesi della provincia.
    Quella era la strada degli titani, il condotto che portava al labirinto. Non l’aveva mai visto così; forse complice la sua particolare situazione, la via era apparsa a lei sotto una forma diversa.
    Chiedendosi su come sarebbe stato possibile da lì arrivare sulla terra, venne attirata da una stella in lontananza, che brillava solitaria. Da quella luce provenivano le voci delle sue ragazze.
    Era una preghiera che le stavano facendo. La stavano pregando di tornare da loro.
    Come non poteva correre da loro ad ogni costo? Si alzò in piedi sulla balaustra e, facendo appello a tutta la fede che aveva in corpo, protese il piede nel vuoto. Toccò qualcosa si solido ed invisibile a mezz’aria; la strada era aperta.
    E allora corse a perdifiato verso quella luce, con tutte le forze che le erano rimaste in corpo, fino a immergersi nella luce di quella stella.


    Si risvegliò nell’infermeria del labirinto, circondata dal suo staff, che l’abbracciava in lacrime.
    “Ragazze, si è svegliata, ce l’ha fatta!”
    “Eravamo in pensiero, Big Mama”
    “Temevamo che ci avresti abbandonata”

    “Non potevo mai perdermi. C’eravate voi, le vostre preghiere, la vostra voce che mi chiamava”
    “Ci hai fatto prendere una spavento, Capo”
    “Su, poteva andare peggio.”
    “Come?”
    “Potevano essere gli anni 90”



    Abilità e Tecniche

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    Ringraziamenti❥ Ho vissuto solo i primi anni della mia infanzia nei ferventi anni 80. Non ricordo molto, ero troppo piccolo eppure quegli anni li ho visti attraverso gli occhi di mia sorella, più grande di me e rivisti attraverso la televisione. Sono anni che rivivo attraverso fotografie sbiadite, qualche vecchio giocattolo che ancora spunta dall'armadio e sopratutto la musica e i cartoni.
    Tutti quegli anni li ho provati a mettere con la loro tamarraggine in questa woa, Santa Madonna mi perdoni se ho usato la sua canzone e il suo clip come pretesto. Ci sarebbero state molte più citazioni da fare, alcune sono rimaste parole (pazza pazza pazza su una terrazza) altre invece non ce l'hanno fatta. Dovevo pure farla finire questa WOA!
    Devo ovviamente ringraziare i ragazzi che mi hanno prestato le comparse in questo delirio nato in un caldo pomeriggio di agosto, e scusarmi con chi mi aveva dato la disponibilità di esserci ma non sono riuscito ad inserire. Se la rossa nazionale capiterà a spasso negli anni '90 potrei farci un pensiero.


    Edited by WandefullStar - 25/8/2017, 19:50
     
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1 replies since 4/8/2016, 11:23   115 views
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