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Gabriel

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    W.O.A. VI
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    GABRIEL


    El Tango de Roxanne - da Moulin Rouge (2001)


    WNKxCWY

    TERMINE ULTIMO: 24 AGOSTO
     
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    CRIMSON DEFILER

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    Johanna si svegliò per il dolore.
    Aprì gli occhi e si concesse qualche secondo di oblio prima di ricordare chi fosse e dove fosse. Era nel suo letto, stesa sul fianco e la prima cosa che i suoi occhi incontrarono fu il mosaico che decorava la parete di camera sua. Era lì da sempre, e mentre recuperava lentamente la lucidità lo osservò. Era estremamente antico, per quel che ne capiva, ma ancora perfettamente conservato, con le sue scene di caccia marina ad opera di tritoni e di sirene che ammaliano i navigatori sulle loro navi a remi. Non aveva nessun significato particolare, era lì per riempire lo spazio vuoto di una parete, ma avere qualcosa da guardare la aiutò a riavviare la sua sanità mentale.
    Aveva dormito poco e male, ma non era una novità per lei. Quegli ultimi mesi erano stati per lei una tortura continua e più di una volta si era svegliata e aveva morso il cuscino per non svegliare Diana con le sue urla.
    Scansò le coperte e si mise a sedere sul bordo del letto, lasciando che le luci artificiali di Atlantide notturna entrassero dalla finestra e le scivolassero addosso. Nel silenzio le sue articolazioni schioccarono sonoramente, come era solito quando stava ferma troppo a lungo. Fece un lungo e pesante sospiro, per poi coprirsi il volto con le mani. Alle sue spalle Bieffe si rigirò nel sonno, mugugnando qualcosa riguardo a piramidi che si muovono in Egitto o qualcosa del genere. Bieffe era sempre Bieffe anche quando dormiva. Si alzò a fatica, mentre si sforzava di trattenere un piccolo e timido sorriso che voleva comparire sulle sue labbra. Bieffe era un bravo ragazzo, un po' strano sì, ma era di gran lunga il meno strano tra tutti quelli che aveva incontrato, sopratutto dopo l'armageddon. Ai suoi amici piaceva, Diana lo adorava e per fortuna lei era abbastanza intelligente da non considerarlo un modello da seguire, poteva frequentarlo senza paura che fosse una influenza negativa su sua figlia. Col senno di poi sembrava quasi una naturale conseguenza che Johanna pensasse di provare qualcosa per lui. Era semplice, aveva funzionato così con Brandon, un buon inizio e l'amicizia aveva fatto nascere la scintilla. Così era andata con suo marito.
    Era stato tutto un enorme sbaglio, ma Johanna lo capì solo dopo averci fatto l'amore.

    Erano ormai dieci anni che non toccava un uomo, che non pensava di toccare un uomo, dopo la morte di suo marito. Da quanto i berserker le avevano portato via Brandon, Johanna era stata semplicemente una madre e aveva dimenticato di essere una donna. Aveva dimenticato di avere certi bisogni, dimenticato cose che per tutti gli altri sono naturali e a volte necessarie. Il suo cervello era danneggiato, la mente semplice, ma il corallo alimentato dal suo cosmo continuava incessantemente a riparare quel delicatissimo danno senza che lei nemmeno se ne rendesse conto. L'unica cosa che cambiava per lei era la sua consapevolezza della realtà che cambiava. Pochi possono dire di SENTIRE mentre si diventa più intelligenti, pensare era sempre più facile e certe cose diventavano più chiare per lei al pari del tempo che passava. Mentre la beatitudine dell'ignoranza se ne andava, i pensieri delle normali persone cominciarono a rosicchiare gli angoli della sua mente. Era come se fosse cresciuta di botto dopo essere diventata una marine. E la cosa non era piacevole.
    Mentre si addestrava con la sua amica Zraki pensava che sarebbe diventata una giustiziera, qualcosa a metà tra un power ranger e Sailor Moon, ma la Johanna che stava su quel letto era abbastanza sveglia da capire che era diventata qualcosa da fumetti americani moderni, quelli brutti, pieni di violenza e brutte scelte. La patina di zucchero e speranza con cui vedeva la realtà era ormai marcita da tempo, dopo l'attacco degli spectre e l'Armageddon stesso. In qualità di generale degli abissi una enorme quantità di responsabilità gravava sulle sue spalle.
    Era tanto, tanto stanca. Stanca per decine di vite mentre i ricordi della vita dei passati Seadragon appesantivano la sua mente. La qualità della sua vita peggiorava alla pari della crescita del suo potere e del suo status. Ma Diana era felice, questo la mandava avanti.
    Il popolo la amava, era la loro Jo, l'adorabile e indistruttibile guerriera gentile con tutti e rispettata dai suoi soldati per il suo eroismo. Tuttavia di notte, quando si svegliava per un incubo o per il dolore delle sue ferite e si ritrovava sola nel letto, pensava se ci fosse qualcuno che amava la vera Johanna, la donna stanca e insicura che più di una volta aveva pianto dentro il suo elmo.
    Così aveva commesso un errore. Johanna voleva amore ma si era resa conto di non essere ancora pronta ad amare. Cioè, sì...no. Non lo sapeva nemmeno lei.

    Si voltò e tirò su il lenzuolo per coprire la schiena scoperta di Bieffe e si incamminò nuda verso il bagno. Le luci si accesero in risposta alla sua presenza e poté sentire il basso ronzio delle apparecchiature sanitarie che attendevano di fare il loro dovere. Si avvicinò allo specchio e appoggiò le mani al lavabo, guardando la Johanna che la fissava di rimando. Occhiaie sotto i suoi occhi storti, ma per il resto nessuno potrebbe vedere qualche altro problema. Il suo corpo muscoloso era praticamente intonso, quasi privo di peli a parte un ciuffetto dove di dovere. Si raddrizzò portò un braccio al petto, coprendo i seni in un attimo di pudore. Nessuna cicatrice, nonostante fosse stata infilzata, tagliata, bruciata, corrosa e altre cose che non le venivano in mente. Questo perché la pelle era la parte più facile da replicare per i polipi di corallo che ormai costituivano la maggior parte del suo corpo. Più andava avanti e più si avvicinava al diventare una barriera corallina vagante dalla forma di una ex postina. Alzò la mano libera all'altezza del viso e la guardò, flettendo piano le dita. Incontrò una minima resistenza. Minima, ma che normalmente non doveva esserci. Resistenza e un piccolo dolore, simile ad un pizzico all'interno della sua mano. Come un fumatore nei suoi anni più avanzati Johanna stava pagando il suo essere sconsiderata. Non poteva aver pensato che un potere come la sua rigenerazione fosse completamente gratuito. Il suo pensiero andò alla patetica figura di corallo senziente che accolse lei e Zraki ad Atlantide per la prima volta, e le cose cominciarono ad avere senso.
    Serrò la mandibola, e come altre volte prima di quella notte, nei momenti più bui della sua ansia, la morte venne a trovarla.

    Johanna, disse, con fare paterno. Appoggiò la mano sulla sua spalla, ma ciò avvenne solo nello specchio. Johanna non sapeva se tutto ciò fosse vero o solamente la sua mente che scivolava nella follia, ma ogni volta che compariva le menti degli antichi seadragon impazzivano per un secondo, prima di zittirsi completamente, come spente o allontanate da lei. Che fosse la morte glielo aveva detto lui stesso, quell'uomo dai capelli neri e dalle lunghe vesti scure uscite da un tempo dimenticato. Osservare la sua immagine nello specchio troppo a lungo era come guardare un buco nel muro: un qualcosa che fa da contorno ad una assenza di qualcos'altro. Johanna non sapeva spiegarlo. Ne era terrorizzata ma spesso si ritrovava a pensare quando sarebbe stata la sua prossima comparsa, era la sua unica compagnia notturna. Beh, prima di quell'errore appena fatto. Distolse lo sguardo dalla morte per guardare la porta dietro di lei, oltre la quale Bieffe dormiva. Una parte di lei aveva immaginato che dopo dieci anni di astinenza avrebbe devastato il suo partner, e forse anche una parte di Bieffe lo aveva sperato. Invece fu una cosa breve e imbarazzante, almeno per lei. Non ricordava più i cosa e i come, così alla fine rimase stesa sul letto avviluppata a Bieffe, tenendo gli occhi chiusi premuti contro la sua spalla. L'orgasmo non fu liberatorio, ma frustrante. Tornò a guardare la morte, che era paziente con lei. Aveva tutto il tempo del mondo, cosa che Johanna non aveva. La mano aveva abbandonato la sua spalla e ora accarezzava i suoi capelli, riordinandoli e rendendo l'immagine nello specchio più composta di quanto non fosse.
    Johanna, ripeté.

    Non sei stanca di giocare a fare l'eroina? Guardati...il tuo stesso potere, che usi tanto fieramente per difendere Atlantide, ora ti sta facendo soffrire.

    Johanna mosse la mano, come per scansare quella che la stava toccando nello specchio. La mano della morte si allontanò veramente, andando a unirsi all'altra sul suo grembo, davanti a una cintura di ottone e opali.

    E che cosa dovrei fare secondo te? Ammazzarmi e farla finita?

    Il tono di Johanna fu poco più di un sibilo, non voleva farsi sentire da Bieffe. La morte chiuse gli occhi e sorrise, scuotendo appena il capo.

    No, no. Nulla del genere, non sarebbe una fine degna di una guerriera valorosa come te. Non sono qui a convincerti di morire, bensì a prepararti, a farti accettare l'inevitabile a cuore sereno. Tutti devono morire, anche gli dei. Johanna, mia cara. Sai quali sono i due unici destini dei guerrieri del cosmo più potenti? Morire in battaglia contro un nemico che non potevano sconfiggere, o vivere per secoli, vedendo tutto ciò che amano morire intorno a loro. È questo quello che vuoi?


    Johanna abbassò lo sguardo, rimanendo in silenzio per lunghi minuti. Cominciava a sentire freddo e la pelle d'oca comparve sul suo corpo nudo. Quando la morte compariva la stanza finiva per diventare gelida.

    Accetta l'inevitabile, smetti di sprecare energie e accogli la mia proposta a braccia aperte. Oltre la soglia di cui hai tanto paura vi sono inimmaginabili possibilità, per te e per tua figlia. Rimarrà per sempre la tua bambina, se lo vorrai, e potrai prenderti cura di lei, finalmente libera dal dolore che ti attanaglia.


    La morte ridacchiò, ma Johanna non tornò a guardare quell'uomo dallo sguardo penetrante.

    Perché continui a darmi fastidio?

    La stanza nello specchio era cambiata, non era più il suo bagno ma una specie di laboratorio antico, con macchine, alambicchi e calderoni dai fumi tossici, mentre la morte sedeva su di un trono di ossidiana, semplice nei dettagli. La morte non ha bisogno di imbellimenti nei suoi simboli, semplicemente è. Era la prima volta che Johanna vedeva da dove le stesse parlando. Non era una illusione, quell'uomo stava attivamente cercando la sua attenzione in quelle visite notturne. Avendo pienamente compreso come tutto ciò non fosse un frammento della sua pazzia latente, Johanna si coprì il pube con la mano, mantenendo l'avambraccio premuto contro il petto. Una traccia di rossore comparve sulle sue guance, rigate da lacrime silenziose. La morte appoggiò un gomito sul trono, facendo un gesto con la mano che Johanna non seppe interpretare.

    Perché ho capito di provare affetto nei tuoi confronti, coraggiosa donna. L'affetto di un padre che vuole vedere sua figlia fare le scelte migliori per lei e per la sua famiglia. Fai parte dell'esercito degli abissi per gratitudine a Poseidone che ha dato vita nuova a te e tua figlia, ma il mio signore può fare molto di più. Diana è intelligente, qui può trovare tutto il sapere dell'universo e renderti una madre fiera.

    Johanna gridò e diede un pugno allo specchio, mandandolo in frantumi. L'ultima cosa che vide fu lo sguardo della morte nei frammenti che rovinarono nel lavandino. Il silenzio che seguì venne interrotto dal bussare alla porta.

    Jo' che cazzo è successo?

    Johanna non rispose a Bieffe, ansimando leggermente e togliendosi i pezzi di vetro rimasti conficcati sulle nocche, lasciando che il corallo facesse il resto. Fantastico, pensò.

    Niente, niente. Una mosca mi ha dato fastidio per tutto il tempo sulla tazza e per schiacciarla ho esagerato. Tra poco torno a dormire....Ti amo.

    Si portò immediatamente le mani al volto in un grido silenzioso, chiedendosi PERCHÈ avesse detto qualcosa del genere. Non sentì nemmeno se Bieffe rispose o meno, presa com'era da quella muta fitta di frustrazione. Lei non aveva la più pallida idea riguardo i suoi sentimenti per il cavaliere di Gea e a fare così peggiorava solo la situazione. Tornò a letto solo molto più tardi, per essere certa che Bieffe dormisse.
    Quando si svegliò il falso sole della cupola atlantidea era già alto, illuminando la stanza con i colori di una giornata estiva.
    Johanna si alzò leggermente più riposata e nell'ampio spazio davanti al suo letto, con l'entusiasmo di un automa, fece la sua routine mattutina. Allungamento muscolare, piegamenti, flessioni, per mantenere tonico il corpo e sopratutto frantumare i piccoli eccessi di corallo che si formavano nelle sue articolazioni e staccare le ossa che avevano cominciato a fondersi a ciò che le circondava, per evitare di muoversi a scatti come una bambola per il resto della giornata. Quando ebbe finito scrocchiò il collo rumorosamente, avendo la orribile sensazione di qualcosa che scorre giù fino alla base delle vertebre cervicali come sabbia in una clessidra. Si mise la sua vestaglia da casa e si diresse verso le cucine, da cui provenivano degli odori che non aveva notato prima. Ad accoglierla ci fu una scena che non si aspettava di certo: Bieffe con indosso un grembiule e un cappello da chef -di cui Johanna non conosceva la provenienza- e Diana sporca dalla testa ai piedi di preparato per i pancakes, o almeno lo sembrava. Bieffe si arrabattava tra tre padelle sul fuoco contemporaneamente mentre sfornava una quantità inusitata di pancakes, lanciandoli con precisione chiurgica sulla pila già formata sul tavolo. Non era fisicamente possibile mangiarli tutti. Nel frattempo la servitù se ne stava sul tavolo in questione a mangiare lentamente pezzetti di pancake, osservando incantati le peripezie culinarie di Bieffe. Diana nel frattempo lanciava fendenti di sciroppo agitandone la bottiglia a forma di orsetto davanti alla montagnola di cibo. Quando i due si girarono verso di lei Johanna forzò un sorriso incoraggiante. Aveva perso tre uomini nella missione in cui trovarono quelle confezioni di preparato e lo sciroppo in una dispensa, li teneva per una occasione speciale. Dopo l'eccessiva colazione, Johanna rimase nel suo cortile privato a pancia all'aria su una delle panche metalliche, mentre Diana e Bieffe giocavano ad una delle loro strane parodie di film famosi che Johanna non aveva mai permesso di vedere a sua figlia. Le sembrava di riconoscere qualcuna delle battute rese kid-friendly da Bieffe, ma non ne era completamente sicura, ed era certa che se avesse aperto bocca per indagare avrebbe vomitato pancakes interi. Ascoltarli era un buon modo per tenersi distratta e non finire a ripensare a quello che era successo quella notte. Le parole della morte non avevano presa su di lei, aveva visto fin troppo quello che gli spectre erano capaci di fare per volersi unire a loro, ben che meno portare diana con lei nel loro mondo oscuro. Tuttavia le ripetute visite stavano lentamente erodendo la sua mente, prendendola per sfinimento. Il problema non erano le sue offerte, ma il fatto che sembrasse capirla, come se la conoscesse da sempre e fosse un suo caro amico. Ricordava che lo spectre durante il loro scontro sapeva di Diana, forse sapeva anche altre cose e tesseva le sue parole intorno a ciò. Spesso diceva cose che pensava ma che non aveva il coraggio di ammettere a se stessa, e quello era il vero problema. Qualche volta, in qualche momento di debolezza, aveva pensato di lasciarsi andare, rinunciare a tutto e portare via Diana da Atlantide, dove non avrebbe più dovuto combattere per mantenere il diritto a una vita sicura e privilegiata per sua figlia. Ma aveva lavorato troppo duramente per fermarsi a quel punto, e Diana aveva già espresso interesse nella storia di Atlantide, magari sarebbe diventata una studiosa, una luminare dell'immenso sapere dell'antica civiltà.
    Sorrise, immaginandosi tenere una Diana munita di cappellino da laureato per le ascelle e sbatterla in faccia a tutti quelli che dicevano che Diana sarebbe stata stupida come lei...anche se probabilmente erano già tutti morti o corrotti. Oh beh, peggio per loro.

    Johanna tornò dalla missione in pessime condizioni.Un braccio e una gamba erano rotti e l'unica cosa che la teneva in piedi era la sua scale. Le sue ancelle la spogliarono rapidamente e poi la lasciarono sola mentre il corallo pulsava e fremeva sotto la sua carne, riparando le ossa fratturate e gli organi danneggiati. Quel corrotto si era rivelato più forte del previsto e ne pagava le conseguenze. C'era qualcosa nei suoi artigli, una specie di veleno che ancora scorreva nelle sue vene, rallentando la rigenerazione, facendole MALE. Pensava di essersi abituata al dolore delle ferite, ma almeno in quella occasione si era sbagliata. Arrotolò il lenzuolo e se lo ficcò tra i denti mentre urlava e teneva fermo il ginocchio per permettere ai due pezzi della tibia di riallinearsi e fondersi.
    Inarcò la schiena e affondò la testa nel cuscino, rantolando mentre il suo potere le stava facendo più male che bene. L'agonia andò avanti per un'ora, mai prima d'ora la rigenerazione aveva impiegato tanto.
    Si sollevò a sedere per alzarsi e andare a lavarsi, ma rovinò a terra atterrando sul fianco, realizzando troppo tardi che il ginocchio in questione non si era piegato quando necessario. Le volte in cui Johanna bestemmiava si contavano su una mano, e questa era una di quelle. Sollevò la gamba rigida per osservarla, e mentre la sentiva normalmente il ginocchio semplicemente non si piegava, come se non ci fosse. Con un grugnito di frustrazione chiuse una mano a pugno e portò l'altra sul retro del ginocchio. Diede un possente pugno a martello sulla parte inferiore della tibia mentre spingeva dietro il ginocchio, causandone la piegatura con un macabro schiocco. La gamba penzolò inerte per qualche secondo prima che il corallo riallacciasse i legamenti in modo corretto. La gamba funzionava nuovamente.
    Si rialzò e appoggiò la fronte alla parete. Aveva bisogno di un abbraccio, ma non di quelli attorno alla sua vita di Diana, di quelli che ti toccano anche dietro la schiena, con mani che strofinano e una spalla abbastanza alta a cui appoggiarsi. Aveva bisogno di Bieffe, il suo adorabile dinosauro, ma era in missione per conto della sua dea, dopotutto non poteva rimanere sempre ad Atlantide. Ma avere bisogno non era amare, vero? Non sapeva come funzionava, con Brandon era semplicemente successo. Diede una leggera testata al muro, con gli occhi lucidi.

    Perché ti sei fatto ammazzare, brutto idiota? Dovevi proprio fare un favore a quella casa di ritardati e andare a cucinare per l'anniversario, vero?


    Ne diede un'altra e un'altra ancora, aumentando l'intensità fino a ferirsi la fronte. Scivolò in ginocchio, lasciando una scia rossa sul muro. Quella notte la tornò a trovare, e le sue parole furono più dolci che mai.

    Le condizioni di Johanna continuarono a peggiorare tanto quanto il rapporto con Bieffe migliorava. Ora erano una coppia ufficiale, anche se alcuni dei suoi spasimanti continuavano a chiedersi che cosa ci trovasse in uno come lui. La risposta era una da film, semplice ma universale.
    Perché mi fa ridere, diceva. Può sembrare una motivazione stupida ma per Dio aveva bisogno di ridere più di ogni altra cosa. Quando si ritrovava bloccata, Johanna inventava sempre scuse, crampi, stanchezza, mancanza di elettroliti (anche se non sapeva che cosa fossero), e Bieffe era sempre lì, ad aiutarla. Una volta l'aveva persino portata sulla sua schiena per la strada principale di Atlantide, con scale e tutto, sotto gli sguardi attoniti dei cittadini. Johanna tenne l'elmo chiuso per la vergogna. In tutto questo, lui non si era accorto di quanto soffrisse costantemente, forse Johanna era brava a nasconderlo, forse non voleva affrontare l'argomento.
    Ultimamente i corrotti si stavano facendo sempre più forti, aumentando così i danni che subiva in battaglia, i quali si rigeneravano anche contro la sua volontà. Più si rigenerava, più i suoi tessuti venivano sostituite da repliche coralline e, ma forse non era mai stata abbastanza brava a controllare i suoi poteri, forse il corallo non era mai stato progettato per il corpo di una donna, dopotutto era la prima a sentire Syphon.
    Questo divenne evidente il giorno in cui le venne il ciclo, quando trovò frammenti rigidi nella sua biancheria.
    In tutto questo gli antichi Seadragon non avevano niente da dire, non era mai accaduto qualcosa del genere e non sapevano come affrontare la situazione. A Johanna la cosa parve ridicola, quasi offensiva e in una fitta di rabbia decise di ignorarli a tempo indeterminato. Aveva imparato a combattere, se nella loro conoscenza millenaria non c'era un modo per evitare di piangere la notte per le sue gambe bloccate, Johanna sentiva di non aver più bisogno di loro. Aveva bisogno di Bieffe, tuttavia, e più di una volta si rifugiò in lui per fuggire a tutto quanto.

    Johanna giunse ad un punto in cui le precarie condizioni fisiche e mentali di Johanna divennero evidenti. Aveva quasi smesso di mangiare e dormire, e cosa più sconcertante di tutte, aveva urlato a Diana per aver fatto cadere un bicchiere di vetro temperato atlantideo, pressoché indistruttibile. Sul lungo andare aveva smesso persino di cercare le attenzioni notturne di Bieffe, dopo che in un combattimento particolarmente crudele si fratturò il bacino, estendendo la sua piaga in zone rimaste pressoché intoccate fino a quel momento.
    Fu quello il momento in cui Bieffe si fece avanti, mentre la accompagnava in una esplorazione di routine attorno ad Atlantide.

    Johanna dobbiamo parlare.

    Non era una richiesta, era più un comando. Johanna fece finta di niente, spostando una roccia per dare un'occhiata alla nicchia naturale nascosta dietro di essa. Un granchio sollevò le chele in protesta ma per il resto niente di corrotto. Bene così. Bieffe ripeté il nome della generalessa un paio di volte prima di afferrarla per le spalle e voltarla di forza e lei reagì dandole uno spintone buttandolo seduto a terra. Non era nelle condizioni di parlare di cose serie, o di parlare in generale. Il sonno notturno le si era fermato tra le tempie e si sentiva uno straccio, nemmeno le medicine da combattimento atlantidee sembravano avere un qualche effetto, e gli antidolorifici che aveva cominciato a prendere attutivano il dolore solo fino ad un certo punto. Si rese conto in un secondo momento di aver reagito violentemente e vedendo l'espressione di Bieffe allungò una mano per aiutarlo a rialzarsi. Bieffe la respinse e si rimise in piedi con un colpo di reni, genuinamente arrabbiato.

    Jo che cazzo di problema hai. Ultimamente non sei tu. E non parlo di te incazzata che prendi a cazzotti una ragazzina, parlo di tutto quello che sta succedendo ultimamente. Sono stato zitto perché mi sono detto “ok Jo è un po' stanca e stressata, deve solo riprendersi”, ma no, ora hai chiaramente superato quella soglia. Quindi ora mi dici che cazzo hai o non ce ne andiamo da questo scoglio.

    Johanna sentì una rabbia ferale montare dentro di lei. Chi si credeva di essere quello sciattone per parlare così alla generalessa di Seadragon, il più grande e potente dei sette Marine Shoguns. Il suo cosmo reagì in risposta alla sua rabbia. Bieffe non era un valido avversario per lei, volendo avrebbe potuto eliminarlo in poco tempo...poi si rese conto di che cosa stesse pensando e cadde seduta, con la fronte appoggiata alle ginocchia.

    Non hai idea di che cosa sto passando.

    Bieffe tirò fuori una delle sue sigarette e l'accese, con una mano che tremava appena.

    No non lo so, per questo devi DIRMELO. Funziona così tra due persone che si amano, c'è COMUNICAZIONE!

    Johanna non disse niente, trattenendosi dal singhiozzare. Non riusciva a pensare lucidamente, il suo intero corpo era un un fascio di nervi e dolore. Era abbastanza sicura che il corallo avesse cominciato ad arrampicarsi nei suoi muscoli, rendendo i più semplici dei movimenti un tormento. Il suo potere le aveva letteralmente fatto venire un cancro cosmico e non sapeva che cosa fare o a chi chiedere aiuto. Non era ancora abbastanza disperata da chiedere aiuto a Poseidone, non voleva mostrarsi debole al suo dio, dopo tutto quello che aveva fatto per meritarsi il suo rispetto con le due difese di Atlantide. La morte l'aveva visitata ogni notte, tenendola sveglia. Sapeva toccare i tasti giusti e le pose un interrogativo che la spaventò: che cosa sarebbe successo se il corallo avesse raggiunto il cuore? Non era impossibile, più di una volta si era rotta le costole. Se avesse continuato a combattere sarebbe morta, in un modo o nell'altro. E avrebbe lasciato Bieffe e Diana da soli. Il realizzarlo la attraversò come una scarica elettrica. Aveva amici fidati a cui affidare Diana dopo la sua morte, diamine era la figlia della generalessa Johanna Derham, per lei sarebbe stato tutto in discesa. Anzi, per lei sarebbe stato meglio senza la sua stupida madre a limitare la sua intelligenza. Poseidone stesso avrebbe potuto prenderla sotto la sua ala protettiva, crescerla e renderla una eroina di Atlantidea. Aveva un futuro assicurato, era una bambina intelligentissima, se la sarebbe cavata e Johanna non poteva essere più fiera di lei.
    Ma Bieffe? Se fosse morta gli avrebbe inflitto lo stesso dolore che la morte di Brandon aveva dato a lei. E non voleva questo. In quel momento si rese conto di amarlo così tanto. Avvolse le braccia intorno alle gambe e pianse.

    ...c'è un'altro.

    Disse, senza guardarlo. Un piano disperato era comparso nella sua mente, senza che lo richiedesse, senza che ci pensasse veramente. Aveva bisogno di allontanare Bieffe da lei prima che l'inevitabile accadesse, per non farlo soffrire come sapeva che avrebbe fatto, o almeno ipotizzava. Aveva già provato la sensazione di perdere qualcuno in modo violento e inaspettato, e non lo avrebbe augurato al suo peggiore nemico. Bieffe rimase in silenzio per qualche secondo prima di parlare.

    ...Cosa?

    La sigaretta gli cade di bocca, spegnendosi nell'aria-acqua di Atlantide.

    EH NO JOHANNA! NO! Non puoi tirarmi fuori una stronzata del genere, pensavo che tu fra tutti gli esseri viventi fossi incapace di cose del genere. No porcaputtana! Non si fa così, io ti apro l'anima e tu mi pugnali alle spalle così. Che cazzo Johanna!

    Mentre gridava Bieffe agitava le braccia al cielo-mare, camminando in cerchio sul posto e rosso in volto. Johanna rimase zitta, premendo la fronte contro le ginocchia e ripetendo nella sua mente “scusa” come un mantra.

    Abbi almeno la decenza di darmi un motivo. Ho fatto qualcosa io? Dopo dieci anni di astinenza ti sei scoperta ninfomane, un cazzo di motivo Jo!

    Johanna si alzò in piedi, contranedo la mandibola per il dolore alle anche. Tirù su col naso e cercò con tutta se stessa di assumere un'espressione seria e disgustata.

    Senti Bieffe mi pare abbastanza chiaro. Io sono una generalessa degli abissi, una eroina del mio popolo e più potente di quanto tu sarai mai. Mi serve qualcuno al mio livello, non un dinosauro che vive in un camper-

    -Non tirare in mezzo Matilda Jo!-

    -in un camper e che ha come migliore amico uno spectre. Non funziona, Bieffe, fattene una ragione. Ho retto il gioco perché Diana ti adora ma una donna può sopportare un certo numero di battute sul proprio sedere prima di stancarsi.

    Calò un silenzio teso e Johanna evitò lo sguardo di Bieffe da tutte le angolazioni possibili, tenendosi il braccio senza sapere più che dire.

    Jo non volevo urlare. Sei stata una stronza ma a te ci tengo. Possiamo lavorarci su, posso impegnarmi, trovare un mezzo più dignitoso, magari smettere di vedere Grim ai confini di Atlantide. Una storia non si butta via così facilmente -

    Johanna si voltò dandogli le spalle, controllando il corallo dentro di lei col proprio cosmo per mantenere fermi i suoi muscoli e far muovere le spalle col suo singhiozzare.

    Vai via Bieffe, è meglio per tutti e due.

    Non si voltò fino a che i passi di Bieffe non furono troppo lontani per essere sentiti e riprese la sua esplorazione, piangendo dentro l'elmo chiuso. Rientrò a casa a notte inoltrata, solo dopo essere passata da Peldicarota, la sua confidente più fidata, e accordarsi con lei della eventuale nuova sistemazione nell'ipotetico caso della sua morte. Usò come scusa del discorso il fatto che i corrotti sembravano diventare sempre più attivi e potenti nelle zone limitrofe, così la ragazza non ebbe nulla da obiettare. L'intera corte di Seadragon sarebbe stata a disposizione di Diana e avrebbe provveduto all'accudirla e alla sua educazione e allenamento, dopotutto aveva dimostrato una certa affinità al cosmo.
    La morte le aveva parlato anche quella notte. Johanna, esausta ed ubriaca lo canzonò, dicendogli che stava rovinando il suo piano. Aveva allontanato Bieffe e il futuro di Diana era assicurato, poteva anche smettere di ossessionarsi a lei, non poteva più spaventarla con l'idea della sua morte, non lasciava niente dietro di sé, poteva scomparire dal mondo e tutto sarebbe rimasto uguale. Una nuova gloriosa guerriera nel futuro di Atlantide e un cavaliere di Gea non più legato a lei. Era tutto a posto e non aveva più paura di morire. Tuttavia la morte era intelligente e conosceva le persone, con un'unica frase fece crollare quella sicurezza indotta dal suo stato di stupore.

    Forse gli altri potranno andare avanti senza di te, ma tu puoi andare avanti senza di loro?

    Sentendola Johanna cadde a sedere appoggiata alla parete e finì la bottiglia senza dire più niente.
    Diana si svegliò la mattina successiva trovando sua madre inginocchiata accanto al suo letto, con la testa sulle braccia incrociate sul materasso, che dormiva. In una delle sue mani una bottiglia che emanava un odore così forte da farle bruciare gli occhi. Si vedeva che aveva pianto.
    Diana non prese bene la notizia che Bieffe non sarebbe più tornato. Johanna le disse solamente che avevano litigato e che non si sarebbero visti per un po', e dovette zittirla bruscamente perché aveva cominciato a fare i capricci. Riavviatasi i capelli e truccatasi per nascondere le occhiaie, Johanna andò in armatura all'arena di allenamento a vedere i suoi allievi che facevano pratica, senza però vederli veramente. Non ce la faceva più e oramai anche i movimenti più semplici richiedevano uno sforzo immane. Sentiva che il momento era vicino. Ma ebbe una idea, una idea ancora più disperata di quella di allontanare Bieffe. Disse alla morte che voleva incontrarlo personalmente in una zona neutra, e come si confà al tetro mietitore, rispettò il patto.

    Una sfida per la tua anima?

    Chiese la morte, interrogativo.

    Intendi forse la proverbiale partita a scacch-no ovviamente no, sciocco da parte mia pensarlo.

    Aveva già compreso come la sfida che Johanna intendeva fosse di genere meno intellettuale. Si portò le punte delle dita alla fronte, sospirando piano come se fosse solo la sua cortesia verso Johanna a trattenerlo in quel luogo. Johanna fece un sorriso tirato.

    Se vinco tu prendi solo la mia anima ma lascerai stare per sempre quella di Diana e Bieffe, d'accordo?

    La morte alzò un sopracciglio, probabilmente si aspettava qualcosa di diverso. Poi scoppiò a ridere. Una risata priva di gioia, che fece venire i brividi a Johanna.

    Oh Johanna...fino all'ultimo tu sei la più nobile delle meretrici. Cammini per le strade di questo mondo, vendendo il tuo corpo per il bene delle persone che ami. Non ti importa se quello che fai è giusto o sbagliato. Ma vedi, non c'è bisogno che tu indossi più quel vestito di metallo. Stanotte hai la possibilità di finire tutto, di porre fine al dolore-

    Accetti la sfida?


    La morte annuì.

    Bene, abbiamo un accordo.

    Quando Johanna concluse la frase lo spazio che circondava i due esplose letteralmente, scuotendo la terra nei chilometri circostanti. Lo scontro tra i due fu brutale oltre ogni dire, l'acqua e il corallo di Johanna falciavano legioni di non morti, ma non le sembrava di avvicinarsi di un solo passo a quell'uomo con la veste nera che si ergeva su una montagna di carne putrida e ossa. Il suo cosmo ardeva furioso mentre le sue ferite guarivano nello stesso istante in cui venivano inflitte. Ad un certo punto smise di distinguere il dolore che proveniva dall'esterno con quello dall'interno. Ogni suo respiro era una nube di polvere rossa, al punto che dovette abbandonare l'elmo perché stava soffocando. Ci volle poco perché il suo combattere aggressivo divenne uno puntato alla semplice sopravvivenza. La stupidità della sua idea le divenne sempre più evidente, ma dovette riconoscere che quella non fu la sua decisione più stupida degli ultimi tempi. Poteva farcela si disse, un altro paio di Galaxian explosion piazzate bene e si sarebbe avvicinata abbastanza da-
    Un'immensa ombra interruppe i suoi pensieri. Le ossa e le frattaglie davanti a lei cominciarono ad arrampicarsi l'una sull'altra formando qualcosa di immensamente grottesco, una massa cadaverica e deforme alta un centinaio di metri torreggiò su di lei. Il sangue le si gelò nelle vene mentre un pugno di diverse tonnellate le rovinò addosso, schiacciando a terra lei e la sua difesa, sollevando grandi blocchi di roccia attorno al punto di impatto. La potenza di quell'attacco non fu paragonabile a tutto quello messo in campo fino a quel momento dalla morte, più che un tentativo di difesa quello di Johanna fu uno di non morire sul colpo.
    Così si ritrovò lì a terra in una fossa profonda una decina di metri. Il suo respiro era un sibilo affrettato e la sua visione oscurata. Lo sentiva chiaramente, il suo torace era collassato e i suoi polmoni perforati dalle costole, oltretutto ebbe il sospetto di essere nel mezzo di un infarto o qualcosa del genere, dietro lo sterno sentiva milioni di spilli roventi.. Dovette agire in fretta e in modo confusionario, convogliando il suo cosmo nella zona più danneggiata e accelerando brutalmente il processo di rigenerazione. Sentì le costole muoversi nella sua carne, risaldandosi e i polmoni che venivano invasi dal corallo, riprendendo volume. Tornò a respirare affamata d'aria, ma il dolore al cuore continuò imperterrito fino a che la rigenerazione non si occupò di esso.
    La cosa non migliorò di molto.
    Tentò di respirare ma scoprì con un attacco di panico che le costole si erano fuse malamente, rimanendo rigide, e il suo battito cardiaco era notevolmente rallentato, il suo cuore era più...duro.

    Proprio ora...no...

    Bisbigliò mentre cercava di rialzarsi. La morte glielo lasciò fare, ma di sicuro non per sportività. Creature di ogni genere circondavano la voragine in cui si trovava.

    N-on riesco a respira...re

    Si portò una mano al petto, dandosi colpetti come se stesse cercando di farsi un massaggio cardiaco attraverso l'armatura. Si arrampicò lentamente, come una moribonda nel deserto fa su una duna, tornando nel campo visivo della morte, il quale scese dal suo piedistallo putrefatto e si avvicinò a Johanna.

    Penso sia il momento di concludere questa farsa, mia cara. È il momento di andare oltre, lasciarsi dietro la triste vita mortale e diventare qualcosa di più.

    Fece per allungare una mano e toccare Johanna ansimante ma delle piccole lame rotanti di energia allontanarono la sua mano, rimbalzando sulla armatura tenuta nascosta dalle vesti fino a quel momento. Un lampo bianco e nero calò su Johanna e la portò via. La grossa creatura rettiloide dalle strisce bianche e nere adagiò Johanna poco più in la con delicatezza. Johanna sussurrò il nome di Bieffe.

    Sì senti Jo, ok ci siamo lasciati di merda ma non sono così rancoroso da lasciarti morire. Se poi mi dici che quel bellimbusto è il tizio in questione prima aspetto che tu ti riprenda e poi ti picchio, perché è da ipocriti fare storie per Grim allora-

    Johanna gli fece segno col dito tremante di stare zitto e gli chiese di prendere un attimo di tempo per lei, doveva fare una cosa. Il suo respiro era quasi inesistente e la sua vista piena di macchie nere. Bieffe annuì e con un verso stridulo si gettò nella mischia, scalciando mordendo e sbraitando facendo il possibile per dare fastidio alla morte e impedire ai non morti di avvicinarsi a Johanna.
    La donna aprì le mani e in entrambe comparve un cilindro di corallo, uno dei quali con una cavità adatta ad inserirvi l'altro. Una volta fatto ciò prese il cilindro principale con entrambe le mani in modo che quello più piccolo puntasse verso il centro del pettorale della sua scale. Facendo fluire il suo cosmo in essi creò una esplosione d'acqua dietro il cilindro piccolo, facendolo diventare un violento pistone idraulico che impattò contro la scale con un forte schianto. Johanna emise un grido strozzato. Non era abbastanza. Lo fece altre tre volte per spezzare nuovamente le sue costole e polverizzare il guscio corallino che si era formato nel suo cuore. Annaspò affamata d'aria, quasi ignorando il dolore immenso che stava provando. Quando si rialzò e ricominciò a vederci un po' più chiaramente vide Bieffe che stava cercando di scrollare uno scheletro dalla sua lunga coda e allo stesso tempo saltare sulle braccia di un paio di golem di carne che cercavano di afferrarlo.

    UNA MANO JO?

    Gridò. Poi notò l'aspetto cadaverico e insanguinato di Johanna e le chiese se avesse fatto qualcosa ai capelli. Johanna rispose con un dito medio carico di affetto. Non aveva idea di che cosa ci facesse Bieffe lì, forse una coincidenza, forse la aveva seguita...conoscendolo erano probabili entrambe allo stesso tempo, in qualche modo. Due tentacoli di acqua e placche di corallo perforarono i golem, scagliandoli contro altre creature che si stavano avvicinando. La morte assisteva allo spettacolo placidamente.

    Dove eravamo?

    Chiese Johanna, sputando un grosso grumo rossastro simile a sabbia bagnata. I suoi occhi erano infossati, il suo colorito terreo. La marine era letteralmente più di là che di qua in quel momento. Il suo corpo era quasi al collasso, ma il suo cosmo ardeva ancora fiero. Sollevò le mani sopra la testa, tenendo i polsi incrociati. Una posa inconfondibile per Bieffe, che si allontanò celermente il più possibile per evitare di essere coinvolto.

    BIEFFE?
    SI?
    TI AMO!
    DECIDITI CAZZO!

    La morte si aspettava una Galaxian Explosion a quel punto, una mossa disperata. A coglierla di sorpresa furono le altre lanciate immediatamente dopo. Il suo cosmo distruttivo si oppose fieramente a quella raffica di attacchi mostruosi, nella cui luce il corpo di Johanna era praticamente scomparso. Da parecchio tempo La morte non vedeva in egual misura un tale attaccamento alla vita e un totale disinteresse della stessa. Un corpo umano non poteva reggere una tale energia senza disperdersi nel cosmo stesso.
    La luce dell'ultima esplosione galattica cominciò a impallidire, permettendo alla morte di intravedere di nuovo i contorni di quella zona ormai cosmicamente radioattiva. Un dettaglio lo notò troppo tardi però. Johanna era già su di lui, brandendo al termine dell'asta una enorme ascia di corallo fiammeggiante di cosmo dorato, diretta al suo collo.
    Evitò in tempo l'attacco, ma non abbastanza da uscirne intonso. Un grosso squarcio si aprì sulla guancia della morte, portando via anche qualche capello. Johanna atterrò qualche metro dietro la morte, e rimase lì, con l'ascia ancora protesa nel colpo appena vibrato.
    La morte applaudì ridendo.

    Fantastico Johanna, veramente stupendo. Mai avrei pensato di vedere qualcosa del genere, sacrificare completamente il proprio corpo per un diversivo e scommettere tutto, TUTTO, su un unico colpo.

    Johanna non rispose. La morte si avvicinò alla statua di corallo che un tempo era Johanna Derham, generalessa di Seadragon, madre di Diana e amante di Bieffe. L'anima della donna era già in viaggio verso il Lost Canvas per essere giudicata, ma il suo corpo cristallizzato rimase lì per qualche momento, prima di sbriciolarsi e cadere a terra, lasciando l'armatura vuota che in silenzio si ricompose nella figura del drago marino.
    Bieffe arrivò di corsa, terreo in volto e in panico per aver sentito il cosmo di Johanna scomparire. Attorno a lui i morti si ritirarono, senza più attaccarlo.

    Dov'è Johanna?

    Chiese, ansioso.

    La morte indicò con la mano in un gesto elegante l'armatura, dicendogli di riportarla ad Atlantide perché possa cercare un nuovo proprietario come di dovere secondo le tradizioni Atlantidee.
    Bieffe scoprì le zanne, facendo ardere il proprio cosmo, ma la morte mise le mani avanti, scansando l'idea di un altro conflitto.

    Cavaliere di Gea, Io e Seadragon avevamo un accordo, ed è mio dovere rispettarlo. Il suo premio è la libertà tua e di sua figlia. La vostra anima è esentata dalla mietitura, ora siete in carica di decidere del vostro destino. Con tutto ciò che ne consegue, nel bene e nel male.

    La morte sorrise all'ultima frase e arretrò di qualche passo, venendo inghiottito dal portale formatosi dietro di lui. I non morti attorno a Bieffe cominciarono a collassare su di loro, polverizzandosi nel vento inquinato dal cosmo della morte. Lasciandolo solo con l'armatura di Seadragon, che galleggiava a qualche centimetro dal suolo accanto a lui. Non sapeva cosa dire, non sapeva cosa pensare, si limitò a tornare nella sua forma umana e avvicinarsi all'armatura e appoggiare una mano sull'elmo che componeva la testa del drago, che tante volte aveva visto calato sulla testa di Johanna. Al contatto la scale reagì in modo inaspettato, sulla superficie del metallo comparvero dei motivi geometrici simili a quelli che Johanna aveva sul suo corpo quando il suo cosmo ardeva al massimo della potenza. I segni si arrampicarono placidamente sulle dita di Bieffe, in una carezza calda.
     
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