Woa X

BFG

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    W.O.A. VIII
    FEAR FACTOR
    ♛ winner: Sixter ♛

    B.F.G.

    La tua fobia è...

    La Pupafobia: la paura ingiustificata e incontrollata delle bambole o burattini.

    Non abbiate paura...

    WNKxCWY

    TERMINE ULTIMO: 24 AGOSTO

    REGOLE AGGIUNTIVE W.O.A. VIII
    - Per questa woa dovrai farti ispirare dalla fobia citata.

    - Potrai richiedere di cambiare la tua traccia una volta soltanto. Dopo che sarà stata cambiata, non potrai più tornare indietro.

    - Se non posterai nel termine stabilito, ti sarà proibito di partecipare alla prossima woa.

    - L'ultima regola da rispettare è: la tua woa deve essere ambientata durante l'Armageddon.
     
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    W.O.A.
    Pupafobia.





    Il rumore assordante della pioggia era accompagnato dalle urla del vento.

    Le finestre degli edifici limitrofi sbattevano con forza, come uno strumento a percussione. In questo fracasso immondo, intervallato da qualche tuono e dal bagliore di un lampo, un orecchio abbastanza fino poteva sentire il flaccido rumore di passi nel fango. Una figura umana stava percorrendo quelle strade distrutte, lottando per rimanere in piedi e non scivolare nella melma. Aveva con se un grosso zaino da trekking, malandato e tenuto insieme dal nastro telato di colore grigio, coperto da un sacco per la spazzatura trasparente.

    Doveva trovare un riparo. Da giorni ormai marciava in quella direzione, dormendo sul ciglio della strada su bivacchi improvvisati. Quel temporale aveva messo fine al suo viaggio in campeggio. Si guardò intorno, notando solo case mangiate dal tempo e negozi dalle vetrine rotte. I lampi improvvisi illuminavano tutto per una manciata di attimi. Fu durante uno di quei momenti che notò un negozio quasi completamente intatto. Non riuscì a capire di cosa si trattasse, ma in quel frangente non gli importò molto, era bagnato fino alle mutande e voleva soltanto stendersi in un posto asciutto.

    Si diresse davanti alla porta, forzandola per poter entrare. I cardini erano resi duri dal passare del tempo. Entrò, chiudendo dietro di se la porta e bloccandola con una sedia che giaceva li vicino.

    Diede una rapida occhiata.
    Mobilia di legno, bancone decorato, scaffali vuoti ed una porta che portava forse sul retro. Anche se era stato saccheggiato in modo evidente, il negozio era riuscito a mantenere una parvenza di bellezza e relativo ordine.

    Si tolse lo zaino, gettandolo per terra vicino al bancone. Cautamente si spogliò dell’armatura, incastrandola per bene in modalità “statua”, come era solito dire lui. Prese lo zaino, lo tolse dalla copertura di plastica e cominciò a frugarci dentro, tirandoci fuori uno Zippo ed un cubetto accendifuoco. Dopo essersi guardato intorno, decise di strappare un po' del legno dal bancone, creando così un bivacco per scaldarsi. Quando accese le fiamme, si rese conto di essere ancora fradicio, quindi si spogliò completamente, pur di evitare qualche malanno.

    Ora era seduto su una coperta che aveva tirato fuori dal suo zaino, completamente nudo mentre fissava le fiamme. Si passò una mano sui capelli ancora umidi, meditando se fosse il caso di scolarsi la bottiglia di Gin che aveva nello zaino da giorni. Si stese un secondo, poggiandosi il braccio destro sugli occhi e sospirando lentamente.

    Comodo?
    La voce lo fece trasalire. Scattò in piedi in posizione di guardia, mentre si guardava intorno.
    Chi cazzo c'è adesso?

    Un lampo, poi un tuono. Per un secondo una figura in un angolo venne illuminata dalla luce, seduta su una poltrona rovinata e scucita. Era vestita con una giacca ed un paio di jeans aderenti, dita incrociate e gomiti appoggiati sulle gambe. Sulla testa una maschera da pollo dall'aspetto sorprendentemente minaccioso. Il ragazzo si girò verso i suoi vestiti, stesi sul bancone ad asciugare.

    Erano ancora li.

    Sembrava proprio di si. Perché ti sei alzato così in fretta? Disse con tono pacato la figura. Il suono di quella voce era peculiare, sembrava quasi rispecchiare la voce che il ragazzo immaginava quando leggeva a mente.

    Un brivido freddo gli attraversò la schiena, mentre la persona mascherata si alzò.

    Camminava lentamente, passando davanti alle finestre battute dalla pioggia e dal vento. Al ragazzo parve di vedere la maschera muoversi quasi come se fosse viva.

    So cosa stai pensando. Ti stai chiedendo chi sono, cosa sono, e cosa voglio da te. Mi spiace ma non avrai risposte a queste domande. Si era avvicinato alla porta chiusa vicino al bancone. Anzi, posso dirti con certezza che avrai molti più dubbi dopo che avremo finito.

    Con un gesto, la figura indicò la maniglia della porta.
    Il ragazzo nudo era confuso. Qualcosa di inspiegabile lo costringeva ad avvicinarsi, qualcosa che poteva essere simile alla curiosità.

    Aprì la porta, ed entrando si ritrovò davanti ad uno spazio molto largo e buio. Detriti vari sparsi per terra ed uno strano odore nell'aria.

    La spia luminosa su un interruttore era ancora accesa. Il ragazzo spinse il bottone, illuminando così la zona con flebili luci di emergenza quasi al loro limite. L'ambiente era pieno di scatole su scatole, alcune ancora impilate, altre erano cadute rovinosamente a terra, mostrando il loro sostenuto. Il pavimento era costellato di piccole riproduzioni di mani e piedi, tutti di materiali e forme differenti. Su altri scaffali, vicino a macchinari dalla presenza inquietante, decine di teste di bambola, tutte senza occhi.

    Il vecchio proprietario era un brav'uomo. Molto portato per questo lavoro. Vendeva qualsiasi tipo di bambola il cliente desiderasse, usando sempre il materiale migliore: stoffa, legno, porcellana, plastica... La figura mascherata ora era poggiata al muro, braccia incrociate al petto. Ha divorato sua moglie qualche mese fa.

    Il ragazzo cominciò ad avvicinarsi alle teste di bambole, attratto da una forza inspiegabile. Decine di orbite vuote lo fissavano, mentre la sua attenzione venne catturata da qualcosa di insolito: Li vicino, su un macchinario da lavoro, una testa era stretta nella morsa di un braccio metallico a tre dita. Uno degli occhi era inserito, mentre l'orbita vuota era tenuta aperta da dei piccoli ganci.

    Stava quasi per toccare con le dita la testa dall'occhio mancante, quando la voce dell'uomo in giacca si fece risentire. Come ti senti ora? Confuso? Curioso, forse? beh, non ha importanza...

    L'occhio della bambola si spostò, fissando il ragazzo.

    Niente di quello che fai ha importanza.

    Il cavaliere si girò di scatto, e vide le dozzine di pezzi anatomici sparsi sul pavimento che si muovevano flebilmente, in modo lento e impreciso. Un tuono si fece sentire fuori dall'edificio, mentre la figura misteriosa comparve dall'altro lato della stanza.

    Ti ricordi come eri, prima di tutto questo? Ti ricordi le cose che hai fatto? Tutte le giornate dedite alla violenza fine a se stessa, senza un briciolo di considerazione per cosa fosse veramente giusto o sbagliato.

    Uno scompartimento di un armadio si aprì con violenza.
    Dall'interno sbucò fuori una bambola di pezza, con un vestitino nero ed un sorriso cucito sul viso. Due occhi di bottone scintillavano alla debole luce.

    Ti ricordi l'incidente del capannone, vero?
    La bambola scese dall'armadio, dirigendosi lentamente verso il ragazzo.

    La rabbia, l'odio...cosa ti spinsero a fare tutti quei sentimenti...
    La bambola ora era vicina al ragazzo, fissandolo dal basso in alto.
    Tutto per nulla.

    Il sorriso del fantoccio si strappò, mostrando l'interno composto da decine di aghi. L'essere scattò e azzannò la coscia destra del cavaliere. Una scarica di dolore lancinante attraversò il corpo del giovane, mentre gli aghi si conficcavano sempre di più nella gamba. Il pupazzo venne afferrato e sbattuto violentemente contro il muro, la stoffa si squarciò all'impatto liberando gli aghi che caddero sul pavimento.

    Un altro suono, e qualcosa si poggiò sulla spalla del cavaliere. Una bambola di legno senza gambe si era aggrappata con l'unico braccio che possedeva, mentre con le sue tre dita scavava nella pelle del petto. Quando venne afferrata, il ragazzo la tirò da due estremi fino a spezzarla.

    Credi che basti la fine del mondo per fuggire dal tuo passato? No...non è quello che hai fatto che ti disturba, vero? In realtà è quello che non hai fatto.
    Ora la figura era davanti a Bieffe. Si riuscivano a vedere gli occhi da dietro la maschera, occhi neri e grigi, con un puntino chiaro al centro.

    Ti sei sforzato. Ti sei battuto. Ti sei messo alla prova ogni ad occasione, dando fondo alle tue capacità. Ma non è bastato. Non basta mai, non è vero? È tutto sempre troppo veloce, troppo forte o troppo complicato per te.

    Un tuono ed un lampo, e la figura scomparve, solo per ritornare alle spalle del ragazzo.
    Hai per caso fatto qualcosa di importante da quando sei rinato sotto la luce del potere? Hai davvero contribuito a qualcosa? Rispondimi!

    Altre bambole, tre in tutto, si stavano dirigendo verso di lui.
    Una era fatta di porcellana. Il vestito ricavato a mano, la mano sinistra spezzata e il volto quasi del tutto assente, sostituito da una spaccatura che mostrava l'interno cavo. Una era molto realistica, indossava un vestitino che una volta era stato azzurro, ma ora era sporco di una sostanza scura. Cammina strisciando per terra, non avendo le gambe.
    L'ultima componente del trio era composta da qualcosa di assolutamente non umano. Una testa conficcata su una struttura metallica, forse uno scherzo di qualcuno, forse una mostruosità nata per caso. La tensione costrinse il ragazzo a trasformarsi, nonostante l'assenza dell'armatura. Con varie artigliate riuscì a distruggere i pupazzi dalle intenzioni malevole, ma la moltitudine di pezzi sparsi per la stanza non accennava a smettere di agitarsi.

    Una lunga scia di fallimenti ti aspetta.
    L'uomo era ancora alle sue spalle, a giudicare da dove veniva la voce. Il ragazzo si sentiva male, aveva difficoltà a respirare e la testa gli scoppiava in un emicrania lancinante. Lacrime di dolore e frustrazione gli bagnavano le guance.

    Ma hai la possibilità di riscattarti. Tutte le cose che ti porti dietro non ti perseguiteranno più: l'avvocatessa a cui hai fatto la festa, il capo dei Lupi Neri, il capannone...
    Il raptor sentì il respiro dell'uomo sulla spalla sinistra, ma con la coda dell'occhio non vide nulla.
    E lei.

    Si girò, e quello che vide lo riempì di terrore.
    Un'altra bambola, più grande delle altre, più realistica e ricercata nei dettagli, era seduta su uno sgabello di legno. Aveva la schiena dritta, una postura che non ricordava un pupazzo senza vita lasciato in un angolo. Era vestita con un abitino semplicissimo, di un candore che stonava con il resto della stanza. Quello che riempì d'orrore la mente del raptor non fu la bambola in se, bensì i suoi occhi.
    Così perfetti, così simili al vero da sembrare vivi. Lo stesso sguardo che vide dietro un casolare in un posto molto lontano da li, mentre sgozzava due cani con le fauci sporche di sangue. Uno sguardo che si era cristallizzato su un'unica domanda:

    Perché?

    Il raptor, nudo come un verme, cominciò a tremare alla vista di quella figura. Non c'era più odio o rabbia dentro di se, ma solo paura. Paura di affrontare qualcosa che non poteva vincere, paura di non riuscire a farcela contro le ferite della sua mente che continuavano a suppurare e marcire dentro di se. Quanto tempo ci sarebbe voluto, prima che diventasse un altro di quegli esseri dal sangue nero, figli del vuoto?

    No, non c'era spazio per simili preoccupazioni in quella mente disturbata, ora era presente solo la volontà di fare una cosa, un semplice gesto, che forse avrebbe portato un po' di pace dentro di se.

    Il ragazzo si avvicinò davanti alla bambola, cadde sulle ginocchia, e l'abbracciò, mentre le lacrime bagnarono quei capelli così perfetti da sembrare veri.

    Mi dispiace...

    Al queste parole, la bambola mutò, come vittima di un decadimento accelerato. I graziosi lineamenti si trasformarono in smorfie di dolore e sofferenza, mentre il bianco della pelle diventava di un colore bruno dall'aspetto rancido, segnata da varie crepe. Il fantoccio urlò con la stessa intensità di migliaia di unghie su una lavagna, mentre si stringeva alla schiena del ragazzo, facendosi strada nella carne.

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    I tuoni e la tempesta erano sovrastati da quel pianto disperato, mentre tutta la stanza era in preda ad una frenesia incontrollabile, che faceva muovere ogni cosa come se fosse in preda alle convulsioni. La bambola, la bambina, ora era diventata una blasfemia vivente, mentre avvolgeva il ragazzo nei suoi viticci. Il cavaliere nemmeno tentò di liberarsi, come se fosse stato pietrificato. Non urlava, non piangeva, non rideva. Rimaneva semplicemente fermo mentre la “cosa” gli straziava le carni, non un suono emise quando gli venne strappata la lingua, nemmeno una lacrima sgorgò quando gli vennero cavati gli occhi, gettandolo nell'abisso più oscuro.


    E in quel momento si svegliò.








    Sudato, affannato e bianco come un lenzuolo, il ragazzo si ritrovò sulla coperta, vicino ai resti del bivacco. La tempesta era passata, mentre da fuori si sentiva il verso di qualche uccello. Un altro sogno, uno di quelli potenti questa volta. Aveva perso il conto delle volte che si era svegliato così, ansimando e turbato fin dentro le ossa. La sua armatura era ancora li che lo fissava in silenzio mostrando i denti.
    Si mise le mani sul viso, respirando lentamente, cercando di domare la disperazione.

    Indossò i vestiti in tutta fretta, scrollandosi le spalle varie volte per mandar via i brividi di freddo. Prese il suo zaino frugandoci dentro per trovare la bottiglia di liquore, la stappò e se la scolò tutta d'un fiato. Gettò sul pavimento il recipiente vuoto e sistemò il suo equipaggiamento in tutta fretta, come se avesse urgenza di lasciare quel posto.

    Indossò l'armatura e lasciò brillare il suo cosmo, godendosi la sensazione di sicurezza che dava. Si mise lo zaino sulle spalle, pronto a ripartire per l'ignoto, ma c'era ancora una cosa da fare.

    Si avvicinò davanti alla porta che conduceva al retro.
    Il cuore gli batteva forte, mentre tendeva la mano verso la maniglia. Con un momento deciso, aprì la porta.

    Il magazzino era vuoto.
    Niente scaffali, niente scatole, niente macchinari, niente di niente. Solo in un angolo, nascosta nella penombra, una bambolina di pezza a faccia in giù sul pavimento, coperta da uno spesso strato di polvere. Doveva essere li da lungo tempo.
    Richiuse la porta, più amareggiato che mai.

    Uscì dal negozio, stiracchiandosi e schioccando le giunture. Un'altra lunga marcia lo attendeva, incubi o meno, e lui di certo non poteva tirarsi indietro.

    Dopo però un centinaio di metri, continuava a sentire quel fastidio da sotto il gambale dell'armatura. Si fermò per controllare cosa fosse, togliendosi la copertura, e quello che vide lo lasciò senza parole:
    Sotto i pantaloni c'era una ferita sulla coscia destra, come se una manciata di aghi gli avesse perforato la pelle qualche ora prima.

    YiNamIk
    narrato; pensato; parlato; parlato altrui



    Nome - B.F.G.
    Energia - Gialla
    Darian - Utahraptor Ostrommaysorum
    Casta - Eletti di Gea.
    Status Fisico -
    Status Mentale -
    Status Darian -

    Riassunto Azioni - Sono una pippa a scrivere e questa è la mia prima w.o.a. Non vi aspettavate mica un racconto da premio Hugo, vero?

    Abilità
    CITAZIONE

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