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    W.O.A. VII
    ALTERNATIVE UNIVERSE
    LOST IN TIME

    ♛ winner: Sixter ♛

    'AZZ

    Ciao 'Azz!
    Avrai notato che il banner recita "Alternative Universe, Lost in time".

    Infatti avevo voglia di divertirmi un po' e ti ho fatto un dispetto.
    Non cambierò solo il tuo bg, ma trasporterò il tuo personaggio in un altro periodo storico.
    Nel tuo Universo Alternativo, il tuo pg...

    è una donna

    e...

    siamo nel 1503

    WNKxCWY

    TERMINE ULTIMO: 24 AGOSTO
     
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  2. 'Azz!
     
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    WOA X THE BEST OF

    Alternative Universe - Lost in time






    narrato - parlato Vittorio - "parlato Donna Mimma" - parlato cardinale - - parlato don Ernesto Gottafava




    La notte è calata su Venezia, l'antica città lagunare.

    Nel silenzio delle calli, rotto in profondità solo da occasionali rantoli di altrettanti ubriaconi, una gondola scivola sulle acque nere e opache. Abilmente manovrata, scivola sicura nel cuore più profondo e nascosto della Serenissima, evita cumuli di rifiuti e si tiene lontana dagli attracchi, passando sotto al ponte di Rialto e affondando sempre più nel quartiere delle prostitute, che per legge possono risiedere ed esercitare solo in zone ben precise. I tre occupanti, un barcaiolo e due passeggeri, sfilano dinanzi alle abitazioni scrostate delle puttane da pochi scudi, spesso in legno e sempre a rischio di incendio, e dirigono verso il palazzotto a tre piani, senza pretese ma di un certo gusto, che il conte di Vicenza ha regalato a Domenica Corcione, detta familiarmente dai più Donna Mimma.

    Se ci arrischiassimo a seguirli sui marciapiedi, ora un po' più puliti e meno frequentati da topi grossi come cuccioli, ma sempre stretti e insidiosi, li vedremmo attraccare dinanzi all'ingresso di servizio della dimora, e lì venire accolti da un servitore che prende in consegna la gondola e condivide una bottiglia di Malvasia di second'ordine con il gondoliere, mentre i due distinti ospiti vengono fatti entrare. Una cameriera li riceve e indica la via attraverso un corridoio ben illuminato, ma i due conoscono la strada. Sono impazienti di incontrare la padrona di casa.

    Donna Mimma può finalmente rilassarsi dopo una serata non proprio facile, ma perlomeno redditizia. Si slaccia da sé il busto, espirando e lasciando rilassare le forme tondeggianti dell'ampio seno e dell'addome, appena gonfiato dalla cena che ha servito quale padrona di casa. Il busto è un accessorio che ormai sta tornando di moda, specie presso le dame affascinanti ma dalle curve generose. Si accarezza distrattamente il ventre e i fianchi come a ringraziarli dell’ottimo lavoro svolto anche quel giorno, finalmente a proprio agio nelle ricche vesti di broccato che per lei sono quasi una divisa professionale.
    A trentadue anni, sa bene di non essere più una primizia: eppure ha raggiunto una posizione tale nella società parallela delle meretrici, che tutti sanno quanto ciò che ha da offrire valga le elevate tariffe richieste. Le giovani nuove del mestiere difficilmente avrebbero raggiunto nei successivi dieci anni quei livelli di charme, eleganza, piacevole convivialità e cultura. Per finire, il carattere curioso e mai banale, impossibile da sottomettere con il giogo scontato dei soldi o con proposte di matrimonio la rendeva interessante agli occhi di qualunque uomo le rivolgesse la parola, oltre ovviamente a farla odiare da buona parte della concorrenza.
    Vittorio, il giovane paggio su cui svariati nobiluomini mettono gli occhi da diverso tempo anche quando vengono ad intrattenersi con lei, sta ridendo con la sua cameriera privata, che si affretta ad adempiere ai propri doveri aiutando la padrona con la toilette serale. Tra Donna Mimma e la servitù esiste un rapporto di amicizia che sfiora il cameratismo, raro per l'epoca ma giustificato dagli umili natali della cortigiana, la cui madre era stata cuoca del doge precedente e che, oltre al talento per la cucina, le aveva passato la mancanza di puzza sotto il naso, impossibile da mantenere quando per vivere passi sedici ore al giorno in una cucina satura di odore di cavolo e patate.

    "E così... e quindi... il signor Sogliato non sapeva come mangiare le moeche???"

    "Garantito! Credeva di doverle uccidere di nuovo... gli parevano troppo vive per costituire un alimento degno di un gentiluomo!!"

    I tre scoppiano a ridere, sguaiati come solo dopo una delle celebri soirées con le quali Domenica Corcione intratteneva i propri convitati.
    Domenica Corcione, tra le tante cortigiane honeste della Repubblica (nome che non indica qualità morali ma le distingue dalle baldracche di poco conto, che spesso dispensano tanto piacere sessuale quanto piattole e malattie veneree), occupa un posto particolare. Laddove le sue pariruolo coltivano erudite inclinazioni, come quella per la poesia, la letteratura, la musica, lei è presto divenuta celebre per i raffinati e abbondanti banchetti che serve presso la propria dimora, con i quali delizia anzitutto il palato dei suoi illustri ospiti. Spesso e volentieri poi il banchetto è l'unico piacere di cui essi riescono a godere presso di lei, in quanto, con abilità degna del signor Machiavelli, imbastisce cene tanto squisite quanto ingombranti, e non tutti resistono ai piaceri luculliani delle varie portate quel tanto che basta per adempiere poi al dovere cui ogni uomo è tenuto, sia pure per salvaguardare la propria dignità.
    E' stato il caso del signor Sogliato, luogotenente del celebre capitano Ettore Fieramosca, altrettanto avventato a tavola e stupido e puzzolente quasi quanto lui. Da quasi otto mesi ormai il Fieramosca faceva parlare di sé per avere avuto la meglio su tredici rozzi cavalieri francesi nella famosa disfida di Barletta, ove pretendeva di aver difeso l'onore degli italiani (ma era opinione comune in quella casa che fosse solamente un maiale attaccabrighe, buono solo a sventolar la spada e null'altro, come diceva Vittorio).
    Sogliato ha pagato l'ingaggio di due mesi per poter godere delle delizie di cui il Fieramosca si serve ogni volta che passava per Venezia e di cui si è grossolanamente vantato: pare che quella puttana dai capelli ramati non solo faccia l'amore come il demonio, ma anche che cucini cose squisite e meravigliose che vale la pena gustare, visto che ogni giorno per un soldato di ventura può essere l'ultimo!
    Come per le moeche. I piccoli granchi di laguna, pescati durante il periodo della muta e quindi molli abbastanza da poter essere mangiati tutti interi, vengono fritti e serviti in giornata, immortalati dalla pastella nella stessa posizione in cui muoiono. Sogliato non si era mai trovato di fronte a niente di simile: i granchi lui li conosce poco, e li ha sempre visti lunghi e distesi nel loro carapace... indeciso se considerarli o meno un pericoloso nemico, li aveva lasciati raffreddare quel tanto che bastava a renderli indigesti, ragion per cui, pur avendo pagato per tutta la serata, gli è toccato saltare la parte più piccante.
    Mimma sta ancora sghignazzando con il suo valletto, battendo i piedi in modo molto poco femminile, quando i due ospiti vengono annunciati. La cameriera si fa da parte con aria grave, mentre i due uomini della gondola entrano nel salottino. In genere i visitatori non vengono ammessi nella stanza più intima della padrona di casa (che non è, come si potrebbe pensare, la stanza da letto, dato che lì lei lavora), ma loro, o meglio il più imponente dei due, sicuramente il capo, ci è abituato: d'altra parte, chi mai si sognerebbe di imporre limiti del genere al futuro vescovo di Roma?

    Si tolgono i pesanti mantelli cerati, obbligatori nell’umida serata novembrina. Il più giovane ha poco meno di trent’anni e presenta tratti sottili e regolari, per quanto appesantiti dalle guance che denunciano un abuso prolungato dell’alcool. Donna Mimma lo riconosce per don Ernesto Gottafava, segretario dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali. E’ costantemente al seguito dell’altro, che sfoggia la veste scura degli appartenenti al suo rango quando non vogliono farsi riconoscere subito.

    Il cardinale Giuliano Della Rovere, che tiene in mano gran parte della travagliata vita politica italiana, si fa avanti senza bisogno di invito e si siede su una poltrona presso il camino, lasciando che le fiamme spazzino via gli ultimi residui di quell’uggiosa nottata. A sessant’anni appena compiuti il suo viso lascia trasparire solo ciò che lui di volta in volta vuole che gli altri vedano, e comunque mai debolezza o fragilità: per cui, se le sue ossa soffrono l’umidità, non lo dà a vedere. Nonostante gli anni sfoggia ancora una vitalità invidiabile. Donna Mimma, mordendosi leggermente il labbro inferiore in un gesto di nervosa ma calcolata sensualità, lo sa bene. Lascia che Vittorio prenda il mantello del cardinale, poi congeda lui e le cameriere.

    “A cosa devo la Vostra gradita visita, Vostra Eminenza?”

    “Mpf. Anche se don Gottafava rimane con noi, puoi abbandonare le cerimonie e trattarmi come quando siamo da soli, mia cara. Non c’è nulla che gli nasconderei…. E a dire il vero, non vi è nulla che possa essergli nascosto.”

    Un rapido sguardo al secondo prelato, poi la colta ed educata cortigiana si rilassa –non del tutto, solo un po’- e veste in fretta i panni che la situazione richiedono e che il cardinale preferisce, ma che in pubblico le sarebbero interdetti, ovvero quelli di sua favorita.

    “La nostra relazione non è così segreta come vorremmo che fosse, Giuliano… eppure non mi sento mai interamente a mio agio, non subito. Perdona la mia rigidità.”

    “Non hai niente da farti perdonare. Anzi, perdona tu la mia improvvisata” dice a puro titolo di cortesia, dato che nessuno oserebbe criticare davvero la condotta dell’uomo più potente della cristianità.
    “Se sono qui è perché ormai il tempo stringe: tra nemmeno un mese simili visite non mi saranno più possibili, e dovrò chiederti di venire tu a Roma per vederci. Ormai il conclave è alle porte.”

    “Già. Presto il successore dello sfortunato Pio III verrà nominato…”

    “Possiamo evitare le frasi di circostanza. Salirò alla dignità pontificia prima della prossima luna nuova. Sai bene come mai il papato di Pio III è durato poche settimane: non mi vergogno di avervi posto fine, e anche se il popolo non accetterebbe mai di saperlo, è stato necessario. La sua salute, d’altra parte, era già minata e a me serviva solo un po’ di tempo dopo la dipartita di Alessandro VI per preparare il terreno al conclave successivo. Quindi l’ho fatto eleggere, e poi l’ho fatto assassinare. Dimmi, mia cara: la cosa ti sconvolge?”

    Lo sguardo di Donna Mimma è fermo. “Niente di ciò che è necessario fare mi sconvolge. Ciò che non molti vedono, e che io capisco bene, è che il Papa non è solo il vicario di Cristo, ma che deve tenere in pugno il destino temporale dell’Europa.”

    Il cardinale è soddisfatto. “Ho sempre detto che i tuoi talenti non si limitano all’arte culinaria: la tua perspicacia non manca mai di compiacermi. Se fossi un laico, non esiterei e ti sposerei all’istante. Questo, d’altronde, ci toglierebbe un problema piuttosto impellente, dico bene?”

    Le chiacchiere sono finite: si entra nel merito della questione. “Quanto manca, Domenica?”

    Donna Mimma si fa seria: il bel personale si irrigidisce, la schiena si raddrizza scostandosi dallo schienale della sedia. Il fuoco del camino danza nei suoi occhi e sulle gote arrossate dal vino. D’istinto, la mano corre al ventre, ma la ferma in tempo: non vuole che Giuliano Della Rovere la consideri solo una fragile donna. “Sarebbe di tre mesi. Ma sai che sono pronta a sbarazzarmene subito. Dicono che questo è il momento migliore. Forse, don Ernesto è qui per…”

    Della Rovere spazza l’aria con un gesto secco, la bocca contratta in una linea. “Le conoscenza di don Ernesto in materia erboristica non sono rilevanti ora. Egli è qui solo per accompagnare me.”

    Frena il proprio impeto, si addolcisce: conosce il coraggio della sua donna -l’ha scelta anche per questo - ma non vuole metterla in agitazione.“Mia cara” continua, “sono qui per chiederti di tenerlo.”

    Un fulmine che fosse caduto in mezzo alla stanza non avrebbe sortito lo stesso effetto. “Tenerlo! Giuliano, vuoi scherzare! So che non è insolito che un prelato abbia una discendenza, ma…”

    “Dì pure che è strano che non ne abbia. Quel bastardo di Rodrigo Borgia, che bruci all’inferno, ha una famiglia alla luce del sole, che ancora gli sopravvive e prospera… e nonostante sia riuscito a garantirmi il loro appoggio per la mia elezione, questo ancora mi rode.”

    “Ma lui ha scelto una donna di elevato lignaggio. Giulia Farnese appartiene ad un casato illustre…”

    “La Farnese non è più onorabile di te, dato che si divideva tra il marito e le stanze del Borgia. Se poi sei preoccupata per la mia posizione in relazione alla tua, sappi che nessuno saprà che il figlio è tuo. Potrai vederlo, ma in segreto; faremo in modo di salvare le apparenze."

    Il volere di un futuro papa è legge: Donna Mimma non è così stupida da ignorarlo o da pensare di poterlo contravvenire. Ma non può reprimere un brivido. Era preparata a perdere il bambino. Sapeva che si trattava di un incidente di percorso, cose che capitano, quando mai si è sentito che una cortigiana ha un figlio da un cardinale? Eppure… eppure.
    Non può fare a meno di mostrare la propria tristezza, e il prossimo pontefice la trova ancor più incantevole. Il fuoco si riflette nel rosso degli splendidi capelli, e la maturità della figura è proprio quella che si addice alla concubina di un papa. “Sarai una madre splendida” le dice.

    Donna Mimma alza di scatto la testa, e commette l’errore di sfidarlo. Non dice nulla: solo gli occhi e la mascella tesa parlano per lei, lasciando sfogo al carattere indomito e un po’ selvaggio che la contraddistingue.
    Tempo addietro aveva accettato di buon grado la vita della cortigiana perché sapeva che, pur dipendendo economicamente dai suoi anfitrioni, non avrebbe mai dovuto essere di nessuno; nessuno le avrebbe detto come vestirsi, come parlare agli uomini, cosa fare; solo il buon senso sarebbe stato la sua guida… il suo lume nell’oscuro mondo in cui una donna assetata di libertà si trovava a muoversi in mezzo a maschi tronfi e privi di discernimento, spesso non migliori del vitello che aveva servito quella sera come portata principale. Eppure aveva commesso l’errore di cedere una volta di troppo alle lusinghe di quell’uomo terribile, che ora doveva temere non perché l’avrebbe privata della gioia di essere madre, bensì perché, ancora peggio, gliel’avrebbe lasciata… per poi strapparle suo figlio!
    Le sue risorse interiori già bucavano il velo del cordoglio per escogitare stratagemmi per vederlo, per partecipare in qualche modo alla sua educazione, per vederlo crescere. Sì, l’avrebbe avuto vicino! Costi quello che costi! Poteva trasferirsi a Roma…

    “…potrei entrare al tuo servizio come cuoca… anche come lavapiatti… non m’importerebbe. Io… potrei…”

    “Shhh.”

    “Potrei… po… ma cosa…”

    “Shhhhh. Silenzio, mia cara. Ora è tardi. Tardi… sei stanca. E’ ora che tu dorma.”

    I pensieri si confondono. Le membra si fanno pesanti. E tutta la paura e la sofferenza vengono sommerse da un torpore innaturale che copre ogni cosa, rendendola uniforme in un mondo grigio come soffice nebbia.
    Che incanto è mai questo? Riesce a pensare prima di chiudere del tutto le palpebre. Poi la sua volontà si annulla.

    "Giuliano… Giuliano…"

    L’uomo che si spaccia per Giuliano Della Rovere si volta verso quello che si spaccia per don Ernesto, il quale si è già accertato che nessuno stia origliando alla porta. Poi entrambi si muovono.
    Il velo cade. L’illusione si dissolve nel nulla, perché ogni stilla di cosmo è preziosa. L’anziano cardinale lascia il posto ad un quarantenne asciutto e snello, dai capeli di un biondo esotico e i profondi occhi celeste chiaro. Il sedicente don Ernesto si rivela essere una donna, anzi poco più che una ragazza: ma basta vedere con quanta perizia si muove per decidere che è meglio non prenderla sottogamba. Si avvicina a Mimma rapida come il pensiero, e le pone una mano sulla fronte: un debole bagliore verde promana dalla sua figura e si riversa sulla donna, che trema appena nel sonno profondo in cui è caduta.

    “E’ pronta, Maestro. Potete cominciare.”

    “Molto bene, Anya.”

    L’uomo alto si china sulla cortigiana, lasciando con noncuranza che da sotto la veste nera spunti una corazza compatta, color blu scuro. Una mano protetta da manopola prende quella di Anya, che porta un’armatura più ridotta, verde intenso. Il cosmo dell’uomo si unisce al suo e penetra nella mente di Mimma. In pochi secondi è tutto finito.

    “Fatto” dice rialzandosi. “Grazie alla tua capacità di influenzare le menti altrui ho potuto parlare alla sua. Ora penserà di essere d’accordo con me.”

    “Non capisco ancora, però” dice Anya ricomponendosi. “Non sarebbe stato più facile instillarle la convinzione che tenere il bambino sia un’idea sua?”

    “Non con una donna così caparbia. Magari lo avrebbe creduto per qualche giorno, o forse qualche mese… ma potrebbe bastare un fatto casuale, sul quale non abbiamo il minimo controllo, e l’illusione crollerebbe. A quel punto il rimedio si mostrerebbe peggiore del male. E poi, non dimenticarti mai chi è questa donna in realtà.”

    “Già… il motivo per cui non possiamo ucciderla. Sarebbe stato tutto così semplice.”

    “Abbiamo fatto un buon lavoro. Ora chiama i suoi valletti e dille che si è addormentata: la serata è stata pesante. Vai: sono vicini, e sto ricreando l’illusione di prima. Non ci riconosceranno. Bisogna ammettere che viaggiare sotto le spoglie di Giuliano Della Rovere dona non pochi vantaggi!”

    ---------------------------


    E’ ormai notte inoltrata. I due stranieri hanno guadagnato la campagna fuori Venezia e sono lontani da sguardi indiscreti: possono mostrarsi per chi sono realmente. In effetti, una banda di briganti ha già provato ad aggredirli, ma in un gesto se ne sono liberati e ora i cadaveri di quegli sprovveduti giacciono in mille pezzi in un fosso poco distante.

    “Ottimo lavoro, Anya” dice l’uomo, liberandosi dagli abiti talari e preparandosi ad aprire la Via Dorata. “E’ tempo per noi di tornare a casa, ad Est, e chiamare a raccolta le nostre truppe. La guerra è alle porte e il nostro comandante potrà reincarnarsi nel corpo giusto.”

    “Grazie, Maestro Wij” risponde la ragazza dagli evidenti tratti slavi. “Mi chiedevo però… non voglio mettere in discussione il vostro operato, ma è stato prudente manipolare così gli eventi? Chi ci dice che non sarebbe stato meglio se il Sire Chernobog si fosse risvegliato in quella donna, piuttosto che nel principe che avete individuato in Ucraina?”

    Wij interrompe le operazioni per aprire la Via Dorata e si volge verso la sua allieva, tanto abile in battaglia quanto perspicace nella strategia.

    “Nessuno lo dice, Anya. La Madre non mi ha dato il dono di pronunciare oracoli: tutto ciò che posso fare è osservare i segni che la storia mi mette davanti, interpretarli, e poi agire per come penso sia giusto. Mi arrogo un potere troppo grande? Forse. Chi lo sa. So solo che rimanere inerte mentre gli eventi si tessono sotto i miei occhi non fa per me. Forse non sono il tipo di comandante che cavalca eroico trascinando i suoi verso l’assalto alle mura nemiche, ma per queste cose c’è già Zmaj. Io sono quello che dispone gli eventi in modo da mettere Zmaj in condizione di fare quello che sa fare, capisci?”

    Si interrompe un momento, lo sguardo perso in direzione di casa per un istante. “Ho saputo che il Chernobog di questa epoca si sarebbe reincarnato o nel principe Andrej, o in questa cortigiana, qui in Italia. Molti penserebbero che la scelta tra i due sia logica –un condottiero contro una bljath’- ma non è per questo che sono intervenuto. E’ più per una questione geografica."

    Con un gesto della mano, una vivida illusione prende il posto della campagna veneta e Anya si trova ad osservare un campo di battaglia pieno di caduti.

    “E’ la Grecia. Tre anni fa è stata teatro di una sanguinosa Guerra Santa tra Athena e Hades. La prima ha trionfato, ma ora è scomparsa dalla faccia della Terra e i suoi Cavalieri sono stati decimati. La Grecia si trova a meno di mille leghe da qui. Sapendo quello che sappiamo di Chernobog, cosa credi che farà una volta rinato qui in Italia?”

    Anya non ha bisogno di pensarci molto. “Non appena sarà consapevole di quello che può fare, metterà prima a soqquadro questo Paese, e poi…”

    “…e poi si dirigerà verso il più vicino territorio sotto la protezione di un dio olimpico -sarebbe a dire un dio affine a quelli contro cui combatteremo- ma momentaneamente sguarnito, e lo occuperà. A quel punto non è affatto certo che si ricorderebbe anche di venire a darci man forte. Non è questo il nostro disegno: Chernobog dovrà guidarci nella battaglia contro gli dei del Tuono. E’ quella la Guerra Santa in cui deve intervenire! L’unico modo che conosco per fare sì che non si risvegli, dato che uccidere una possibile reincarnazione sarebbe sacrilegio, è fare in modo che la donna sia impegnata nel compito più importante a cui il vostro genere è destinato…”

    “La maternità! Siete davvero ingegnoso, Maestro!”

    “Non è tempo di congratularsi, Anya… non ancora. Vieni adesso: andiamo a preparare la strada per i nostri compagni.”

    E ha ragione. Il gallo canta: a Est, nelle terre in cui combatteranno la loro guerra più sanguinosa, è già domani.




    Ciò che è scritto qui riguardo agli Eletti di Gea del '500 non è parte della continuity del forum, a meno che il Consiglio non la consideri tale in seguito. Al momento di scrivere va considerato al pari di una fanfiction :zizi:


    IKajxkk
     
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