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Tygaer

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    TERMINE ULTIMO: 24 AGOSTO
     
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    New York, 20 Maggio 2012. Un individuo singolare, forse per lo sguardo un pò spiritato e sorridente, o forse perché indossa un berretto di lana quasi all’inizio dell’estate, osserva sorridendo due tipi vestiti di nero uscire dal Coffee Bar in cui ha appena fatto colazione. Uno sguardo verso l’alto, puntato chissà dove, poi uno dei due rientra e lascia la mancia sul bancone alla cameriera. L’individuo col berretto sospira di sollievo, poi guarda di fronte a sé ed inizia a parlare “apparentemente” da solo. No… non stai sognando, sta parlando con te. Sì, esatto… con te, che credi di essere semplicemente davanti ad uno schermo.

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    Salve a tutti! Tygaer mi ha chiesto di dargli una mano a raccontarvi una bella storia, e devo ammettere che io sono un esperto del campo, sapete? Di storie ne conosco davvero tante, e fortunatamente il mio amico Agente K si è ricordato di lasciare la mancia alla cameriera del bar, così l’asteroide ha distrutto un satellite al posto di cadere qui a New York uccidendoci tutti. Mentre sono qui ad aspettare il mio sandwich… anche se io sono relativamente qui, essendo un Archaniano: sono un essere pentadimensionale, posso vivere e visualizzare una serie infinita di probabilità spazio-temporali simultaneamente. Ah, così tanti futuri, e tutti veri! Solo che non so quale si concretizzerà, e fino ad allora succedono tutti! Ma dicevo… mentre io sono qui con voi, in vari luoghi del nostro pianeta sta avvenendo una serie di eventi che porterà a degli sviluppi a cui sarebbe assurdo credere, a meno che questo non sia il possibile futuro in cui in signore in giacca blu qui alle mie spalle ordina una porzione di torta di mele. Bene, ha preso i pancake! Così sarà più divertente raccontarvi tutta la storia, vero?

    Dovete sapere che la Terra attraverserà un bel po’ di problemi, ma nel possibile futuro a cui mi riferisco le cose si sistemano, grazie ad una serie di eroi che hanno deciso di non perdere la speranza e hanno continuato a lottare fino all’ultimo respiro: anni fa scoprii che dove c’è morte, dovrà sempre esserci morte, ma capii anche che quando la fine è vicina gli umani possono compiere dei veri miracoli. Un miracolo è una cosa che sembra impossibile, ma avviene ugualmente! Molti anni dopo le cose torneranno più o meno alla normalità e l’umanità potrà godersi finalmente un po’ di pace. Per quanto riguarda la nostra storia riguarda due amici che si ritroveranno dopo tanto tempo, e tutto inizierà alla vigilia di Natale. Ah, io adoro il Natale, sapete? Sono sempre bellissimi, tranne quello del possibile futuro in cui… oh, non importa. Permettetemi di mostrarvi la nostra avventura, d’accordo? Sarà sufficiente che io appoggi la mia mano sulla vostra spalla…


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    EDkpSiw
    Narrato | Parlato | Pensato | Amelie | Andy | Altri

    A Christmas Carol
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    Mancavano poche ore alla mezzanotte. Johnny Garrett lo sapeva, sapeva che quell’anno il Natale sarebbe stato diverso: anche se i suoi genitori non avevano chissà quali possibilità economiche, sapeva che stavolta avrebbe ricevuto un regalo. La povertà era una cosa normalissima, anche dopo che l’Armageddon si era concluso molti anni prima della sua nascita… i mezzi di trasporto più lussuosi erano carri trainati da animali, almeno da quelle parti; più di una volta si era chiesto se nel resto del mondo le cose fossero nello stesso modo. L’elettricità era presente solo nelle grandi città, e non certo in quelle regioni ai confini tra quelli che una volta erano chiamati Canada e Stati Uniti d’America: lì dove Johnny era cresciuto, la vita era abbastanza spartana ma totalmente tranquilla, e l’istinto di sopravvivenza non aveva permesso agli uomini di dimenticare come andare a caccia o a pesca per procurarsi il cibo, o come lavorare i metalli per fabbricarsi gli strumenti. Lui ormai aveva dodici anni, si sentiva quasi un uomo. E la madre spesso amava ripetergli di non avere troppa fretta di crescere proprio per questo motivo; e anche quella sera non si smentì distogliendolo dai suoi pensieri:

    Johnny, fila a dormire! Altrimenti Babbo Natale non avrà niente da portarti questa notte e sarebbe un peccato, no?

    Il ragazzino si limitò a sorridere. Non credeva a Babbo Natale, figurarsi se un vecchietto poteva andarsene in giro per il mondo in una sola notte! Ma Johnny adorava Amelie, e non avrebbe mai voluto darle un dispiacere.

    Tranquilla mamma, ho un sonno… non riesco a tenere più gli occhi aperti, ormai.

    Esasperò uno sbadiglio, mentre fuori echeggiavano i rumori dell’accetta: il padre stava spaccando la legna che avrebbe riscaldato il loro rifugio durante la notte. Ma il sonno arrivò sul serio, e il ragazzo si trascinò fino al proprio giaciglio, per poi addormentarsi come un sasso. Il mattino dopo si svegliò per un leggerissimo bisbigliare: aprendo poco la palpebra vide Amelie ed Andy che si sussurravano perplessi qualcosa.

    Ma non avevi detto che alla fine non ci eri riuscito? Se non sei stato tu, quello come ci è arrivato sotto l’albero?

    Vorrei saperlo anch’io, ma non ne ho idea. A questo punto…

    Fu allora che John si alzò, fingendo di non aver sentito neanche una parola nonostante la porta spalancata.

    Buong… ehi! Ma… quello è per me???

    I suoi occhi erano puntati al misterioso pacchetto sotto l’albero. Sembrava abbastanza lungo e stretto da contenere un ombrello o qualcosa di simile, ma non sapeva se al suo interno ci fosse qualcosa di utile, o di divertente. Il padre lo guardò leggermente imbarazzato, poi si schiarì la voce.

    Evidentemente Babbo Natale si è ricordato di passare anche da noi, quest’anno… tanti auguri, figliolo.

    La realtà era che Andy Garrett era totalmente spiazzato, voleva fare un regalo a Johnny ma alla fine ciò che aveva messo da parte era servito per le “solite” esigenze domestiche, come ad esempio procurarsi del cibo e non morire semiassiderati. Forse Babbo Natale era davvero passato, quella notte. John si avvicinò titubante all’albero, si sedette a gambe incrociate ed allungò le mani verso il pacchetto: dopo un attimo di riflessione, lo scartò senza alcun riguardo per la carta decorata che lo conteneva, ed aprì la scatola. Ciò che vide lo lasciò interdetto per un attimo, mentre i genitori cercavano di scoprire il contenuto segreto. Johnny restò sbigottito: una spada di legno, sulla quale era poggiata una piccola busta contenente senza dubbio un biglietto. L’arma era carina, certo, ma era poco più che un giocattolo per bambini. Il ragazzino la prese in mano dall’impugnatura, e per un attimo ebbe come un flash davanti ai suoi occhi, l’immagine sfocata di una specie di mostro deforme che lo fece sussultare. Fu Amelie a rompere il silenzio che iniziava a farsi pesante, facendo riscuotere Johnny da quella stranissima visione.

    Va… va tutto bene, tesoro? Ti piace?

    Sì, grazie. È davvero bella, e so già come impiegarla. Tra poco si va in guerra, lo sai… anzi, sarà meglio che mi sbrighi!

    Una frase strana, detta da lui, ma entrambi i genitori sapevano a cosa si riferiva il ragazzo: quasi ogni giorno si riuniva insieme ai suoi amici, inventando guerre contro nemici di ogni genere e combattendo come dei forsennati. Una volta qualcuno si era anche fatto male, col risultato che poi i genitori avevano consegnato “il resto” a tutti i prodi guerrieri coinvolti; adesso i ragazzi erano molto più attenti a non esagerare, e la presenza della nuova arma poteva essere un pretesto per aumentare la forza del suo arsenale. In pochi minuti si era vestito ed era corso fuori per raggiungere il luogo dell’appuntamento, senza nemmeno leggere il bigliettino di auguri: il limite orientale del boschetto di querce. Lui tagliava sempre per la foresta, il rischio maggiore che correva era di incrociare qualche volpe, ma quella volta… quella volta gli alberi sembravano più alti, l’aria sembrava più fredda del solito, aveva persino avuto la sensazione di avvistare un orso. Ed ogni volta che si fermava per guardarsi intorno, le querce erano tornate ad essere normali come sempre.

    La mancanza di sonno fa scherzi strani – bofonchiò tra sé e sé. Ma gli altri condottieri erano a pochi metri da lui, ognuno con il proprio equipaggiamento da battaglia: chi con un paio di scudi, chi con un bastone che doveva rappresentare una lancia, chi con delle aste metalliche che dovevano rappresentare delle spade o dei coltelli, a seconda della lunghezza… e poi c’era lui, che aveva una spada di legno che poteva spezzarsi come un grissino. I ragazzi si guardarono senza proferir parola, poi si disposero a cerchio e si inchinarono ognuno verso tutti gli altri, per poi proferire all’unisono il loro codice cavalleresco:

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    Noi siamo i condottieri dell’Aurora, vegliamo nella notte, combattiamo fino alle ultime luci del tramonto: le braccia come armi, gli innocenti che noi proteggiamo nel cuore. La luce illumina sempre l’oscurità: noi siamo i condottieri dell’Aurora.

    E poi iniziarono i giochi, si divisero in coppie a sorteggio ed iniziarono a battersi in valorosi duelli. Johnny affrontava Harold, un suo coetaneo dotato anche lui di “spada”. Incrociarono le finte lame ed incominciarono a combattere, scambiandosi una serie di fendenti ed affondi degni della miglior recita da scuola elementare. Ma qualcosa di strano si verificò di nuovo: mentre si batteva valorosamente, Johnny per un attimo si perse i contorni del suo avversario. Ora quello che gli stava davanti sembrava un vero guerriero, che vestiva una singolare armatura dorata decorata a mò da ricordare uno scorpione, e che brandiva una spada pulsante di vivida energia… una spada VERA. La cosa assurda era che Johnny riusciva a parare e a controbattere ogni colpo del suo avversario, che però sembrava che stesse semplicemente giocando con lui mentre dava fondo a tuta la sua forza: poi l’uomo caricò, e con una velocità impossibile arrivò a piantargli la spada nel petto, uccidendolo praticamente sul colpo.

    Ha! Toccato!

    Johnny sbattè le palpebre, confuso. Cosa...?

    Harold era riuscito ad appoggiare la punta della sua arma sul busto di Johnny, che si sentiva inebetito. Si era davvero sognato tutto? La sensazione di morire era stata reale, ma non provava nessun dolore fisico o null’altro di strano. Ma era stato eliminato dal gioco, e dovette restare in disparte ad assistere al torneo fino alla fine. Più che altro rimase in disparte a meditare sulla visione che aveva avuto, mentre gli altri cercavano di consolarlo per la sconfitta subita. Quando il conclave dei cavalieri si sciolse, Johnny decise di andare al laghetto ghiacciato per schiarirsi le idee: non aveva mai sofferto di allucinazioni fino a quel giorno, e quello che aveva visto gli sembrava dannatamente reale; reale come il riflesso di un drago sopra la gelida superficie dello specchio d’acqua, un drago d’argento che lo stava fissando con occhi quasi umani. Ma ad uno sguardo più attento, il rettile alato era scomparso nel nulla. Il ragazzo guardò il cielo: la mattinata volgeva al termine, a breve avrebbe dovuto rincasare per il pranzo ma la vista del cielo terso lo rilassava. Almeno quello sembrava rimanere lo stesso, senza nessuna apparizione improvvisa di mostri, guerrieri o cose simili. Possibile che stesse realmente impazzendo, così di colpo? No, la follia non era in grado di cogliere una persona sana così improvvisamente, da un minuto all’altro.

    Il sonno, invece, era in grado di fare ben altro. Quella volta aveva accolto Johnny tra le sue braccia dolcemente, senza che lui se ne rendesse conto, mentre il suo sguardo volgeva verso le grandi foreste del Nord.

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    ...alla fine si era giunti alla resa dei conti. Lui, il Traditore, era rimasto solo e non poteva più ricorrere ad alcun trucco: non contro il Celebrante e gli altri tre guerrieri che erano con lui. Ognuno di loro brandiva una spada, una lama che nella storia del mondo aveva avuto più volte ruoli decisivi: un uomo ricoperto da un’armatura nera come la notte, il suo potere che custodiva lo spirito di un Drago signore della morte e della disperazione, che impugnava una lama in cui fluiva l’energia che derivava dall’essenza del Caos; poco distante, una donna che indossava un’armatura dorata e sfolgorante di una luce che sembrava volesse traboccare dal suo corpo ed inondare tutto ciò che la circondava, con entrambe le mani reggeva una lama scura intarsiata di rune che ribollivano di un rosso cremisi; accanto a lei, un uomo che indossava un’armatura oscura sotto una veste bianca, che impugnava una falce con la mano sinistra, e nella destra l’ultima spada. Il Celebrante guardò le tre lame, pensando i loro nomi: Níðhöggr, Stormbringer, Yggdrasill. Erano nello stesso luogo insieme a Balmung, che si trovava nelle sue mani… nelle mani di colui che un tempo era stato il primo Cavaliere del Nord e che stava per prendersi la propria rivincita sul Traditore, per Asgard e tutte le vittime del Ragnarok e dell’Armageddon. Nonostante questo, l’avversario non sembrava affatto intimorito o nervoso: pacatamente mormorò alcune parole, i suoi occhi brillarono di una luce nera ed il suo corpo, già enorme oltre che deforme, iniziò a mutare e a crescere in modo spaventoso: stava diventando un enorme drago a tre teste, grande più di una montagna.

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    Ma il Celebrante sapeva, sapeva che i suoi compagni avevano poteri paragonabili a quelli degli dei. Un drago nero comparve alle sue spalle, di dimensioni non paragonabili a quelle del mostro a tre teste ma dotato di una forza spaventosa, la donna fece altrettanto attaccando una seconda testa e così l’uomo vestito di bianco con la terza. Il Celebrante si unì a loro attaccando il corpo, una enorme esplosione di energia si scatenò ma il mostro non cedeva, ed anche i quattro condottieri sembravano esausti. Poi una luce si brillò alle loro spalle, una luce dorata proveniente da una spada che sembrava dotata di vita propria. Il Celebrante gridò qualcosa, i rubini sull’elsa brillarono, la luce divenne abbagliante. Ognuno dei quattro sentì le proprie forze rinascere, il proprio spirito sgorgare come una cascata, la propria potenza trascendere quella degli dei. Il mostro emise il proprio soffio infuocato da tutte le teste puntando l’asgardiano, fiamme bianche eruppero dalle tre bocche ma la spada dorata si frappose a protezione. I tre guerrieri attaccarono ancora, con forza rinnovata, il Celebrante mormorò qualcosa sfiorando il medaglione che portava al collo. Migliaia di spiriti comparvero attorno a loro, convergendo le loro energie nelle sfere di luce che l’asgardiano aveva appena creato nelle sue mani, scagliandole contro il mostro. Fu un istante, l’esplosione che seguì fu talmente accecante e potente da spazzare via tutto nel raggio di chilometri; la spada dorata deflagrò con un boato in mille pezzi, accecando il guerriero.

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    Johnny si svegliò di soprassalto, con il respiro affannoso e le palpitazioni. Un sogno realistico, ancora più di quelle visioni… e aveva perso la cognizione del tempo. Il cielo adesso era buio, solo le stelle illuminavano il panorama e mentre si guardava intorno i suoi occhi si posarono sull’Orsa Maggiore. Nel sogno, lui era il Celebrante. Il Celebrante di Odino. Lui era Siegfried, o se non altro lo era stato molto tempo prima. Il ragazzo si affrettò a rincasare, con il suo regalo legato alla cintura: nella sua testa affioravano nuove visioni, che però non cancellavano quelli che aveva vissuto di recente; era come se si stesse risvegliando da una lunghissima amnesia che aveva cancellato dalla sua testa tutta una vita precedente. Arrivò di corsa spalancando la porta e proseguendo direttamente verso la sua stanza.

    Ciao madre sono tornato, scusa se ho fatto tardi!

    E si richiuse la porta della camera alle spalle, senza attendere risposta. Amelie non aveva detto nulla, era intenta a sistemare la stanza e non fece caso alla fretta del suo amato figlioletto. Dopotutto era Natale, aveva semplicemente fatto tardi per giocare alla guerra con i suoi amici. Dopo qualche minuto, si rizzò di colpo a fissare la camera dove si trovava il ragazzo con aria interrogativa.

    …un momento. Come sarebbe a dire, “madre”? Che novità è, non sono più "mamma"?

    Rimase a riflettere per qualche secondo, poi fece spallucce e riprese la sua attività.

    Nel frattempo Johnny stava seduto guardando verso la finestra, ricostruendo il puzzle che gli si andava materializzando nella testa. Era come se la coscienza di Siegfried si fosse risvegliata dentro la sua… no, la coscienza del Celebrante, i suoi ricordi, tutto ciò che aveva passato, ERANO stati realmente parte della sua vita. Aveva la totale padronanza delle capacità di quell’uomo che era vissuto molti anni prima e che aveva contribuito alla fine dell’Armageddon: ricordava Urzla, ricordava ogni singola persona ed ogni singolo Cavaliere di Asgard che era stato al suo comando, ricordava come aveva affrontato Genlon nel Ragnarok per poi eliminarlo definitivamente nell’Armageddon, ricordava Dragmor che aveva tradito Asgard più di mille anni prima e che per lungo tempo aveva minacciato il regno. Ricordava anche gli altri possessori delle spade, con cui aveva lottato fianco a fianco per eliminare quel dannato mostro. E ora ricordava anche quell’ultima battaglia, un sogno che ERA STATO realtà. Decisamente, quel giorno di Natale aveva ricevuto un grande regalo… ben più di una semplice spada di legno, aveva ricevuto il dono della conoscenza di un passato che pochi avevano vissuto fino in fondo, e fino alla fine. Ma più si sforzava, e meno capiva: il suo ultimo ricordo era legato a quell’ultima esplosione di energia, quando Valmhur aveva usato il suo potere per aumentare la forza dei guerrieri fino a quella degli dei, e lui aveva utilizzato l’amuleto donatogli da Eilistraee. Poi, il nulla. Che fosse morto proprio in quell’istante? E che ne era stato degli altri, erano morti anche loro o erano sopravvissuti e avevano continuato la lotta? E Dragmor era stato sconfitto, oppure era riuscito a scamparla? Analizzò la situazione da veterano di mille battaglie. No, Dragmor non poteva essere sopravvissuto e se ci fosse riuscito doveva comunque avere avuto una vita breve: l’Armageddon era ormai un ricordo lontano, e questo era fuori discussione. Dunque lui era morto, ma non invano.

    Una lacrima ed un sorriso gli affiorarono in viso: alla fine il bene aveva trionfato, Asgard era probabilmente salva. Un giorno, diventato più grande, sarebbe partito per tornare lì e scoprire che ne fosse stato della sua patria. Fino ad allora avrebbe dovuto allenarsi duramente, e forse sarebbe riuscito a ridiventare come il Siegfried che era già stato, anche senza l’armatura ed il cosmo.

    …già, il cosmo. Johnny si guardò le mani, ripensando alle infinite volte in cui aveva combattuto. Per risvegliare il cosmo non serviva avere un fisico pauroso o una forza eccezionale: era tutta questione di volontà, ed era qualcosa che nella sua vita precedente aveva fatto milioni di volte. Con un brivido di eccitazione, chiuse gli occhi e decise di riprovarci. Cercò e cercò dentro di sé, trovo la concentrazione dell’antico guerriero. Rimase nello stato ideale con cui un tempo avrebbe fatto ruggire il proprio cosmo, l’Armatura del Drago a Due Teste si sarebbe precipitata a proteggere il suo corpo più resistente che mai; per un istante ebbe quasi la sensazione che una scintilla di cosmo fosse ancora lì, dentro di lui: ma nulla accadde. La delusione si dipinse sul volto del ragazzo, che per un momento ci aveva sperato; ma nonostante tutto, la sua vita precedente era definitivamente terminata.

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    Qualcosa gli fece spalancare gli occhi all’istante: era poco più di una sensazione, come se qualcuno lo stesse osservando… ma dentro la stanza non c’era nessuno a parte lui.

    Accidenti a te, dopo tutti questi anni sei ancora un maledetto STUPIDO! E io che mi ero illuso… STUPIDO!!!

    A quelle parole, Johnny si irrigidì. Molto lentamente alzò lo sguardo verso il soffitto, neanche se farlo in modo più rapido avesse potuto far saltare in aria la casa di colpo. La spada di legno era lì che fluttuava.

    Oh, no… non di nuovo… un’altra volta, no!!!

    L’occhio gli cadde sulla scatola che Amelie aveva riposto sul suo letto, in attesa che lui la mettesse in ordine. Il ragazzo corse ad esaminarla e trovò la busta, la aprì ed infine lesse il testo scritto sul bigliettino appena un attimo prima che uno spiritello bianco gli piombasse addosso rifilandogli una bastonata sulla testa causandogli un male assurdo:

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    Tanti auguri di buon Natale, STUPIDO!!!

    E forse lo sarebbe stato, dopotutto. O forse no.


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    NOME - Siegfried
    ENERGIA - Attualmente nessuna.
    CASTA - In una vita passata, God Warriors di Odino
    ROBE - Sempre in una vita passata, Alpha Uma, Orion {VIII}
    STATUS ROBE - Indossata - Ottimo
    STATUS FISICO - Illeso
    STATUS MENTALE - Non descrivibile

    RIASSUNTO AZIONI - Ho voluto provare la tecnica del doppio narratore (...che mi sono inventato. Credo.), grazie per aver letto e ripasso la parola al mio amico Griffin :asd:

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    ABILITA'


    TECNICHE




    CITAZIONE

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    Ecco, avete visto? Spero che la mia storia vi sia piaciuta… il bello è che ancora può accadere, anche se ci sono infiniti fattori che possono andare ad influire sulla sua realizzazione: però chissà, magari quello in cui io sono è il possibile futuro in cui la figlia del barista sta per bere il latte al cioccolato, di conseguenza se domani scordasse di dar da mangiare ai pesci rossi allora saremmo tutti nei guai! Ah no, sta prendendo il frullato di frutta, meno male! Speriamo che questa storia alla fine sia quella che accadrà, io adoro quando due amici come Johnny e la sua spada di legno si ritrovano dopo lungo tempo. È il mio nuovo momento preferito nella storia dell'umanità!
     
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