Armageddon: Confine del Mondo

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    La classe è una cosa che ti viene da dentro come i rutti (L. Litizzetto)

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    Tori Amos ✣ Caught a lite sneeze

    ARMAGEDDON:
    CONFINE DEL MONDO

      

    Il rosa più rossa della terra era ormai persa, portata via dalla corrente della storia che tutto consuma e nulla lascia. I giorni erano diventati mesi, i mesi anni, e il tempo non aveva più senso. Il mondo un ricordo ormai lontano, un eco di voci e immagini che esistevano ormai solo nella memoria. Non le interessava più nulla di quello che accadeva sulla terra, troppi lutti e dolori passati per cui preferiva starsene nella quiete di quell'esistenza priva di eventi, lontana da tutto e tutti. In quel luogo avvolto dalle tenebre perenni, la stessa esistenza perdeva di significato, rimaneva solo il pensiero e il costante oscillare della corrente oscura. La quiete senza tempo dell'oblio.
    Eppure, in quella desolazione qualcosa la turbò e gli occhi gli si schiusero su un abisso fatto di nulla.Dalle profondità stesse di quel luogo, qualcosa si stava agitando come un enorme serpente sotto la superficie, antico, più forte delle fondamenta della terra stessa, e diventava ogni giorno più grande, nutrendosi di male e depravazione.
    Non una, ma cento braccia si tesero verso di lei, tentando di trascinarla verso quella forza senza nome per farla diventare parte delle sue molte parti. Una mano gelida come la morte si avvicinò verso di lei, il fiore più bello mai visto sulla terra, per coglierne petali e spine, e farne diventare una corona di distruzione.
    Quando le dita si serrarono intorno alla sua nuda essenza, qualcosa gli si mosse nell'animo. Paura, dolore, sconforto e sconfitta, nutrimento della bestia, si riversarono in lei, assaggio di un frutto troppo amaro.
    Le sovvenne chi era stata un tempo, un nome, e una volta aveva una vita: Bibiane Leaflet. Si scosto, Bibiane, da quel fatale abbraccio, e le parve che il tempo stava per assumere di nuovo un significato. Lei, che aveva sacrificato tutto per il mondo, persa durante il crepuscolo degli dei, aveva di nuovo una consistenza ed occhi per vedere; gli occhi di una ragazza semplice che combatteva il mondo con una spada ed un'armatura nera.

    Sull'isola della regina nera, quell'infausto giorno poteva sembrare uno come tanti. Il vulcano aveva eruttato una spesse coltre di ceneri, così il cielo sulla Magione era completamente coperto da una voluminosa nube nera, percorsa da violenti scariche elettriche, minacciando tempesta. Al suo interno, Boadicea, black Saint di Bootes, si era rintanata in uno dei pochi angoli asciutti che si potevano trovare in quell'edificio pericolante. Si era piazzata vicino una finestra, in una stanza arredata lussuosamente, ad osservare il male di piombo sconquassato dal vento, mentre con un libro in grembo tentava di ammazzare il tempo.
    Strane erano le sale di quell'edificio, pervase da un mistero che nessuno aveva ancora detto. Sotto il vento sferzante, le assi scricchiolavano in maniera sinistra, tanto che pareva che dialogassero con il soffitto e le tende malconce. Bisbigli detti nella penombra, voci sommesse che si rincorrevano per i corridoi, portato da un filo di vento gelido.
    Boadicea fu presa di soprassalto da un tonfo proveniente dal corridoio e, d'istinto, si girò verso la porta, spada alla mano. Era lì, semiaperta che cigolava. A passo felpato la giovane si avvicinò alla porta, un rivolo di sudore lungo la schiena, perchè lei quella porta l'aveva chiusa poco prima.
    Nulla la doveva spaventare, lei, guerriera che ha combattuto innumerevoli battaglie, eppure quell'evento l'aveva procurato una strana sensazione, come di occhi malefici che osservano da dietro la coda dell'occhio. Chiuse la porta cercando di rilassarsi, dicendo a se stessa che quella casa era malandata e promettendosi di riparare la porta evidentemente guasta l'indomani. Riprese il suo libro vicino la finestra e si rimise a leggere.

    Leggeva anche Bibiane, lo stesso libro di Boadicea. La ragazza era parte di lei, o meglio, l'unica parte rimasta di lei che la tenesse ancorata in qualche modo a questo mondo, forse quella più innocente. Senza di essa, la corrente nera che la stava avvolgendo l'avrebbe trascinata via nel mare della dimenticanza.
    Gli occhi di Bibiane scorsero oltre la tenebra facce, di varie fogge che la stavano accerchiando. Lì, dove era il confine fra il reale e il puro pensiero, quello che stava guardando non erano persone, ma un male antico che come lei stava assumendo fisionomia e significato. Era sola davanti a una corte malefica, totalmente impotente e presa dallo sconforto. Il volto di uno di loro sorrise, mentre quello di Bibiane impallidì; un altro ancora ghignò al richiamo della paura nella sua anima, e allora capì chi erano e cosa volevano, perchè in quel luogo passato, presente e futuro sono tutt'uno. Poteva vedere il mondo crollargli addosso e la catastrofe che si stava per abbattere sulla terra ma non aveva volontà per dire una parola, mentre loro avevano tonanti voci, che fecero risuonare di risate tutto l'abisso nel quale si trovavano.

    Boadicea non riusciva più a trovare pace. Quel turbamento aveva fatto eco oltre lo spazio e il tempo, fino ad arrivare a lei. Continuava a rileggere parole vuote di un libro non riuscendo a spiegare cosa la turbasse. Fu allora che la ragazzina notò la porta di nuovo aperta da chissà cosa.
    Quella casa, nera essenza nel mondo, stava per svelare la sua più intima e oscura natura. Fu un richiamo di sospiri lievi che risuonano nella mente, che la portò fuori dalla sua stanza, a vagare di stanza in stanza nell'aria che si caricava di pioggia e lampi della tempesta. Come ipnotizzata da un maleficio, la giovane percorse oscuri corridoi e disfatte stanze per arrivare nel cuore pulsante di tutta la villa, verso una stanza in particolare, le più tetra e oscura e sinistramente vicino alla foresta.

    Davanti a lei era dispiegato un esercito di esseri dalle più oscene forme. A mano a mano che gli sovveniva chi era, riusciva a dare un nome anche alle cose che vedeva, e una forma a quello che si stava per riversare sulla terra. Poi fu una luce in lontananza, inizialmente una piccola scintilla, poi un raggio di luce, e l'animo della rosa allora si riempì di timore, facendola gelare come un fiore d'inverno nei campi. Oltre la luce, c'era il mondo esterno, quello che lei aveva abbandonato da tempo. Quella luce non era altro che lo spioncino di una porta, di una stanza particolare della Magione, la cappella, e al di là dell'uscio, con occhi vacui Boadicea si stava avvicinando pronta ad aprirla. Le avevano contaminate, tutte e due, e si stavano servendo di loro per aprire la porta e dare il via all'invasione.
    Voleva piangere Bibiane, chiedere alla sua metà di lasciare perdere, ma a nulla servivano i suoi intenti. Quello era il suo maledetto destino, essere il tramite fra forze più grandi di lei e la terra ed ancora una volta doveva assistere impotente alla rovine degli eventi. Silenziose lacrime gli solcarono le gote mentre dall'altro lato, la ragazza fece aprire con uno scatto la porta, mettendone a nudo l'orrido segreto.
    Oscure forze si dispersero sulla terra, passando oltre la giovane e dirigendosi verso il cielo, verso l'occidente, verso l'oriente, ovunque la loro fame di empietà le portasse. Avanzavano come un esercito in fila, loro che erano poco più che un idea, stavano per consumare il loro finale riscatto.
    Bibiane sulla soglia trovò la forza per reagire. Era disperata eppure non si poteva lasciare andare, dall'altro lato c'era la cosa a cui più teneva: il mondo. Si alzò in piedi e corse anche lei verso la luce, approfittando di quel sottile passaggio che quegli esseri avevano aperto.
    Quando fu dall'altro lato, fu accecata da un lampo e dai rombi di tuono della tempesta.
    Gli occhi ci misero un poco per guardare la scena che gli si stava palesando davanti. Un essere vagamente umano, vestito di stracci consunti, l'aspettava davanti la porta. Una maschera dal naso lungo, simili a quelle che a Venezia si usavano durante la peste, copriva un volto sfigurato da ulcere e ustioni. Una mano, dalle unghie incrostate di sporcizia, teneva Boadicea per la gola mentre la malcapitata, che stava per essere la prima vittima di questa guerra, aveva il volto pallido, con l'afflato vitale che a mano a mano l'abbandonava.
    Si sentì venire meno Bibiane, perché lei e Boadicea condividevano lo stesso destino, eppure si convinse che quella giovane ragazza non sarebbe morta lì:
    L'essere si accorse della sua presenza, e Bibiane l'apostrofò con parole dure:
    “Ti ho riconosciuto, sei l'ultima guardia...”
    L'essere lasciò cadere a terra come un sacco di patate la sua vittima e si portò un dito alla bocca, intimandole di fare silenzio. L'istinto guerriero si risvegliò in lei.
    “...conosco il tuo nome...”
    Fu l'essere a finire la frase in un sussurrò.

    Αγωνία


    Non gli fece finire di pronunciare altro che si lanciò con furia contro quella figura, e finalmente i suoi polmoni espirarono aria, emettendo un grido che venne coperto da un tuono.
    Aveva sferrato un pungo, rabbioso e unico, sul volto purulento della figura, con il solo blando effetto di fargli saltare la maschera. Un volto, un unica piaga, era quello che si celava, una visione tanto raccapricciante da farla rimanere senza fiato. Ma c'era dell'altro; a contatto con la pelle della creatura, Bibiane si sentì venire meno. Le ginocchia si fecero molli, le caviglie cedettero e si ritrovò carponi sul pavimento ammuffito, la faccia della ragazzina che l'osservava vacua. Erano quegli li oscuri poteri che doveva affrontare l'umanità?
    Si ricompose ricacciando lo sgomento che gli montava in petto e scattò di nuovo in piedi, raccogliendo al volo la spada di Boadicea da terra per puntarla contro il suo avversario
    “Angoscia...il più debole dei tuoi fratelli...loro non sono riuscita a fermarli ma giuro...”
    Una voce cavernosa come l'abisso le risuono direttamente nelle orecchie, facendogli sanguinare i timpani e riducendola in ginocchio al silenzio.
    "E come faresti, umana. Non ti sei accorta che in realtà stai abusando del nostro stesso potere per essere qui. Questo non è il tuo posto…"
    Allungò la mano provocandole un dolore lacerante al petto che la inchiodò dov'era. Era vero, lei non era riuscita a tornare al mondo perché il suo corpo era perso chissà dove e se c'era riuscita era solo perché aveva attraversato quella soglia che altri avevano aperto per lei. Ma quegli altri adesso erano fermamente intenzionati a ricacciarla nel buio nel quale era stata confinata. Le sua mani, stavano diventando trasparenti, il piccolo miracolo di sustansazione che aveva creato, stava svanendo.
    Non poteva finire così, lei doveva fare qualcosa. Gli occhi girarono a vuoto, sulla tempesta che squarciava il cielo, sull'elsa della spada lasciata a terra, il viso terreo di Boadicea, il soffitto, la mano corrotta dell'essere, gli occhi vacui della ragazza, la maschera spezzata per terra, il suo corpo che scompariva.
    Un secco no si impose nella sua mente, doveva reagire e sebbene fosse senza un corpo suo, lei era stata una delle più grandi menti della terra, doveva e poteva fare qualcosa. Allungo i suoi pensieri, sottili battiti di ali nella mente dell'avversario, per cercare di bloccarne la psiche. Il contatto fra le due anime fu scioccante.
    Fu come essere buttati in un fiume in piena di pezzi di vetro affilati e grida disperate di madri che hanno perso i figli e urla di folli chiusi in stanze oscure e condannati a morte che percorrono il miglio verde e giovani donne che aspettano la loro punizione quotidiana e il mondo delle persone che sta entrando dentro di me e bambini prigionieri e la fame e la disperazione e il giorno dopo dovrò farlo ancora una volta ma non voglio e stanno arrivando e ci ammazzeranno e saliva consunta di persi in mezzo al deserto e sapore di carne umana in una zattera in mezzo all'oceano e correre verso la libertà ma trovare il filo spinato che mi taglia le mani e il viso e la faccia e quegli occhi che mi osservano e vogliono in ogni modo agguantarmi e portarmi via da qui e non ce la posso fare a reggere tutto questo e il freddo gelido che si impadronisce di me e la nera morte che viene e il mondo perde le forme e i colori e non vedo più nulla e tutto gira e poi basta così.

    Angoscia si girò su se stesso lasciando le due povere ragazze scomposte sul pavimento.

    Erano sole, occhi negli occhi, un'unica anima.
    “Chi sei?”
    “Sono la prima, quella che ti ha generato.”
    “Ma non eri morta?”
    “No, mi sono solo persa.”
    “Ho paura.”
    “Non devi. In una maniera o nell'altra ce la faremo.”
    “Questo posto mi ricorda il luogo in cui sono nata.”
    “...”
    “Sai, quando mi hanno generata, io non volevo venire al mondo.”
    “E che ne sapevi tu del mondo?”
    “Penso che devo ringraziare te. Era come se già avessi vissuto mille vite.”
    “E tutte dolorose. Ma c'è di peggio.”
    “Tipo?”
    “Aspettare.”
    “E noi siamo vive? Oppure...”
    “Non ancora, ma forse fra poco ci lasceremo andare e tutto finirà.”
    “E allora come mai siamo in questo posto...scuro?”
    “Abbiamo lottato, ma abbiamo fallito. Adesso il mondo verrà distrutto.”
    “Non è giusto. Io una vita vera non l'ho neanche mai avuta.”
    “Beh, hai vissuto per qualche tempo.”
    “Si, ma chi ho amato? Chi è la mia famiglia?”
    “...”
    “...”
    “Se vuoi ti posso prestare la mia, così capisci com'è.”
    “Sicura? Non è una cosa che si debba dare tanto facilmente.”
    “Non è un granche, però avrai i miei ricordi.”
    “Sono belli?”
    “Non so, di sicuro interessanti.”
    “Hai mai amato davvero qualcuno?”
    “Ricordo vagamente qualcosa...”


    Una scintilla vitale si riaccese in Boadicea quando le due anime entrarono in risonanza. Un bagliore di pura luce circondò il loro corpo, mentre sgomentata, l'essenza si rigirò sfoderando vapori mefitici per fermarle. Tutto inutile, le due anime si stavano potenziando esponenzialmente, elevando la loro coscienza oltre l'umanamente possibile, arrivarono all'essenza delle cose. Loro ricordarono, chi erano state in precedenza, la loro più intima natura e la loro vita. Riacquistarono finalmente i ricordi perduti, ritrovarono i vecchi giochi, gli amori segreti celati nel cuore, il gusto del cioccolato e un esercito. Amici e compagni, tutti quelli che avevano incontrato nel loro cammino erano lì insieme a loro, pronti a fronteggiare quella minaccia, perchè anche se non erano insieme, il legame che li univa avrebbe attraversato tutte le barriere pur di vedere la nuova alba.

    E allora capirono, che in realtà non è la lotta di per se il senso, ne la violenza o la sopraffazione la risposta, o il rancore che corrode l'animo, ma l'amore. Sia che tu ami un altro, la gente, la tua famiglia, te stesso, il mondo o le cose che fai, non ha importanza quanta strada tu debba percorrere, hai un cammino. Quando ti troverai come in questo momento nel luogo più oscuro di tutti, non perdere la speranza, ma guarda al domani, guarda quella misera scintilla al fondo. È poca e debole, ma c'è.
    Non avere paura di correre verso quel punto, e quando la strada è bloccata, inventane una nuova e non ti arrendere mai. È la vita, e fa schifo, ma è pur sempre vita, e non te ne sarà concessa un'altra. Non sprecare nemmeno più un secondo in questo tuo prezioso tempo fermo, ma ama. Ama più che puoi, perchè è l'amore che riesce a generare buoni frutti anche fra le lacrime. Finchè è amore, nulla è perso.

    Fu allora che fecero la cosa più naturale di questo mondo. Contro un nemico che non può essere sconfitto con l'odio usarono la gentilezza, riempirono il vuoto con la gioia e scacciarono la tristezza con l'allegria. Risero.

    ευφορία



    Difronte a quel prodigio della natura, a nulla valse all'essere difendersi. Una colonna di luce avvolse tutto e tutti, radendo al suolo quel luogo e squarciando il cielo. Di quell'essere mefitico non vi era più traccia, mentre Bibiane era tornata nel suo naufragio nei mari di tenebra. La casa era ridotta in macerie, non c'era più una sola pietra alzata, ma miracolosamente Boadicea era rivolta faccia sulla terra bagnata priva di sensi, ma viva. Quel miracolo era finito, il cielo tornava a rannuvolarsi, la pioggia a cadere, i battenti tamburi della disfatta continuarono a suonare. Era la prima schermaglia, altre ne sarebbero giunte, ma non sarebbero state loro a portarle avanti. Per quello, c'era un esercito.



    Layout & Graphic Art by WandefullStar ©® 2012




    Edited by ~S i x ter - 16/9/2019, 22:21
     
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