Armageddon: Bangkok

Alek, Drake, Kuja

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    Requiem for a dream
    BANGKOK

    PUNTO

    Qualcosa di imprevedibile stava accadendo nel mondo.
    Un improvviso cataclisma si stava abbattendo su una delle città più popolose e corrotte del mondo: Bangkok! Tutti i giornali ne parlavano, uno tsunami di proporzioni titaniche s'era abbattuto sulla città radendo al suolo ogni cosa ma non solo, come spesso accade, dietro una catastrofe vi è chi vuole specularci sopra come santoni che inneggiavano alla purificazione di quelle terre di perdizione. Ma non fu questo ad attirare l'attenzione dei cavalieri. Un'energia oscura, che prendeva vita dalla terra poteva essere percepita da ogni essere vivente che possedesse un cosmo.

    Eddard Stark, araldo di Pandora venne mandato in questo luogo per capire cosa stesse accadendo ma non fu il solo; anche Bartolomeo non potette esimersi di fare altrettanto cercando di capire - su indicazione della stessa Atena - cosa era successo ed infine ma anche Kuja, il figlio di Gabriel era li. Ma cosa si sarebbero trovati una volta giunti? Tutto il contrario di quanto potessero immaginarsi. Un luogo privo di ogni male, ove la gente e gli uomini vivevano in pace: un vero paradiso terrestre. Cosa era accaduto? Come mai tutti gli uomini - ed anche i nostri guerrieri - erano stati stregati da questo mondo idilliaco?

    ARMAQuadro-01
    Note del Master: Ora i tre guerrieri dovranno affrontare tre potenti emissari del male che cercheranno di trattenerli per sempre in quel mondo. Drake dovrà vedersela con Avarizia, Alek con Perversione mentre Kuja dovrà affrontare Lussuria. Svolgete questa quest come se fosse una WOA.


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    Edited by ~S i x ter - 16/9/2019, 22:22
     
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    C'ho i pugni nelle mani!

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    Saint Seiya SoundTrack ✣ Chikyuugi

    ARMAGEDDON: BANGKOK

      

    Il primo giorno che aveva sentito quell’energia oscura era subito dopo lo tsunami. Bangkok era stata sommersa. Aveva sentito la notizia mentre era in viaggio, in Francia. Si era fermato ad ascoltare il notiziario in un piccolo negozio in centro. All’inizio sembrava solo l’ennesima catastrofe naturale: uomini che cercano di lucrare sulla situazione, persone in cerca d’aiuto, notizie sulla morte straziante di donne e bambini … il solito e continuo lamentarsi dell’uomo. Aveva iniziato a provare una certa indifferenza verso certe situazioni. Aveva un altro compito ed era lì per quello. Eppure due giorni dopo era in viaggio verso la città sommersa. Nel piccolo hotel dove aveva deciso di sostare aveva iniziato ad avere una bruttissima sensazione. Era come una stretta intorno al cuore. Quando sentiva quell’energia che sembrava avesse avvolto la zona del disastro, il suo stomaco si chiudeva e gli venivano i brividi. Una sensazione tanto sgradevole che aveva costretto Kuja a viaggiare, ad accertarsi di cosa stesse accadendo. E Socrates era più che favorevole.
    All’inizio aveva pensato di trovare un mondo devastato dalle acque. Case distrutte e persone che necessitavano di aiuto. Tutto come da programma. Durante i suoi spostamenti continuava a sentire questa sensazione sgradevole. Era un presentimento ma non aveva mai provato nulla del genere. Eppure di demoni e guerrieri ne aveva affrontati parecchi. Persino il Padre riusciva a tormentare la sua anima quando scatenava tutto il suo potere ma non aveva mai provato nulla di così forte, di così pressante. Passo dopo passo sentiva sempre con più vigore quell’energia oscura avvolgere Bangkok, come due mani nere che si chiudevano intorno a quella che un tempo era la città. Non che negli altri giorni fosse un luogo sacro. Tutti sapevano che era un luogo di perdizione, ricco di ogni male possibile. Ma lui non credeva nella giustizia divina. Quel male che tanto aveva prosperato non era che un’emanazione dei difetti divini. Non era come quegli uomini che inneggiavano l’intervento divino, la punizione contro i peccatori. Erano tutte fantasie di qualche pazzo religioso che non conosceva la vastità del mondo ultraterreno.
    Nel momento in cui mise piede a Bangkok iniziò a dubitare di se stesso e di tutta la sua conoscenza. Quello che aveva di fronte era un paradiso. Dove una volta c’era una città ora c’era l’Eden. Era al suo confine e già respirava il profumo dei fiori che crescevano rigogliosi come non avevano mai fatto in nessun altro punto della terra. Poteva vedere le scale contornate da petali di rosa condurre in altri piani del piccolo paradiso. All’entrata della città lo attendeva una bellissima donna dai capelli rossi come il fuoco. Aveva una tunica bianca che lasciava intravedere le forme del suo corpo e scopriva una parte del seno prosperoso.

    «Ben arrivato, cavaliere. Ti stavo aspettando … » disse la donna.
    «Tu chi sei?» rispose il giovane Kuja.
    «Il mio nome è Lust, fiamma della passione di questo nuovo paradiso. Sono qui per guidarti al suo interno. Sono sicura che sarai curioso di visitarlo …»disse con un sorriso. Le sue labbra rosse avevano il potere di ipnotizzarlo.
    Annuì e seguì la sua guida in quel nuovo mondo.

    Entrarono in quella che una volta era una città orribile, piena di malvagità. Ora le pareti delle case erano circondate da ghirlande in fiore, il mondo profumava di rose appena sbocciate e il prato circondava le strade. Le persone sembravano essere in pace con se stesse e con tutti coloro che avevano intorno. I bambini giocavano per le strade. Una bella e piccola bimba bionda si avvicinò al ragazzo per dargli una margherita. Le sorrise e le mise la mano sul capo per accarezzarle la chioma. La bambina corse via ridendo. Era strano come dopo un evento catastrofico come uno tsunami potesse nascere una comunità paradisiaca simile.

    «Come puoi vedere, quello che è accaduto qui è un miracolo» disse Lust. «Questo è un vero paradiso»
    «Non credo tanto nei miracoli divini … » rispose il cavaliere.
    La donna si mise a ridere. Portò la mano davanti alle labbra con grazia. «Immagino che voi cavalieri neri siate molto più sospettosi di quanto potessimo immaginare, vero?»
    «Viviamo per distruggere gli Dei, difficile convincerci della benevolenza di qualcosa a cui si deve obbedienza» le rispose. «La libertà dell’uomo dovrebbe essere piena, anche se questa lo portasse all’autodistruzione»
    «Parole forti, giovane cavaliere. Come vedi qui tutti sono liberi di andarsene e di venire. I bambini giocano liberi per le strade. Non c’è violenza, le donne non devono temere lo stupro ad ogni angolo di una strada buia. Gli uomini le corteggiano come veri gentiluomini, offrendo rose e tulipani» disse Lust. «E tutti si amano e godono della compagnia altrui … » concluse. E gli prese la mano nella sua. La portò alle labbra baciandone il dorso coperto dalla nera armatura. Kuja arrossì e lei sorrise.
    Tornarono a percorrere le strade fiorite della nuova Bangkok. Quello che il cavaliere nero vide fu straordinario. Poteva sentire anche il suo maestro, Socrates, estasiato per quello che avevano visto. E qualcosa puzzava. Era nella loro natura essere sospettosi. Quante volte avevano fatto i conti con illusioni e prese in giro e quante volte avevano rischiato la vita lasciandosi intrappolare in mondi fittizi. Per quanto tutto sembrasse straordinario, il suo pensiero era rimasto lo stesso dal primo momento in cui aveva messo piede in quella terra. Doveva parlarne con il Padre. Avrebbe trovato una soluzione e solo lui aveva i mezzi per comprendere meglio quel piccolo Eden. Le sue conoscenze non erano tali da permettergli di capire di più di quella terra. Inoltre quella donna era troppo ambigua. Sembrava che cercasse di sedurlo e trattenerlo il più a lungo possibile. Sospetti. Tanti da poter far impazzire un normale essere umano. A volte pensava di essere paranoico più che prudente però quella qualità gli aveva sempre salvato la vita. L’avrebbe seguita anche ora.

    «Ho visto abbastanza» le disse. «Credo che sia ora che io ritorni a casa e possa descrivere questo mondo anche ai miei compagni»
    Lei sorrise e si avvicinò cingendo il collo di lui con le sue braccia. «Perché andartene via ora … potresti rimanere qui con me, sono molto “disponibile” … » la sua voce cambiò. Come il canto di una sirena cercò di catturare il suo animo. «Ho molte qualità … » continuò. Le sue parole si insinuarono nella mente del giovane cavaliere. «Realizzerò ogni tuo desiderio … »
    Era difficile non cadere tra le sue braccia. Il suo cuore aveva iniziato a battere più velocemente. Il respiro più affannato. Stava iniziando a chiudere gli occhi. Le palpebre scesero lentamente, serrandosi e lasciandosi cullare dalla voce di Lust.
    «No!» esordì il cavaliere. Allontanò con forza la donna. Si mise la mano sulla testa. Che gli stava accadendo? Si sentiva più debole, privo di energie. Aveva i capogiri. Scosse il capo cercando di rimanere in equilibrio. Sentiva l’ansimare di donna nelle vicinanze, delle mani che avvolgevano il suo corpo nudo e passavano le unghie sulla sua pelle candida. Le labbra di donne che avvolgevano ogni parte del suo corpo. «Che mi sta succedendo … » provò a dire. La voce uscì così debole.
    «Come ti sembra … » disse Lust. Era dietro di lui, lo stava avvolgendo con le sue braccia, le labbra vicine all’orecchio, la lingua che accarezzava la sua pelle. «Non è meglio rimanere qui?»
    Socrates dov’era? Aveva spezzato il loro legame.
    Lo sentiva lontano.
    Non c’era.
    Era scomparso.
    Dov’era?
    Le sue labbra erano … incredibili.
    Si stava abbandonando.
    Stava perdendo il controllo.
    Vide quello che l’aspettava a casa e non ne sentì la mancanza.
    Il suo corpo era tutto un fremito, il gemere del piacere che prendeva il sopravvento. Era tutto un trucco però. Lo sapeva. E non gli interessava.
    Socrates dov’era in tutto questo?
    Non doveva temere Lust. Era lì per lui.
    Era lì solo per lui …
    E poi vide Socrates. Gli tese la mano.
    «Noi non soccomberemo qui!» urlò il cavaliere nero. «Svegliati ragazzo! Ti sta togliendo le forze! Reagisci!»
    Aveva ragione. Come sempre.
    Doveva reagire. Ed esplose.

    «AAAAAAAAARGH!!!!» urlò il cavaliere. La potenza del suo cosmo scacciò la donna.
    «Che diavolo sta succedendo?!» la sentì dire.
    Aveva provocato la perdita del controllo del ragazzo. Gli occhi avevano perso lucidità. Erano violacei, carichi di cosmo. Il suo corpo stava rilasciando tanto potere da creare una sorta di vento intorno a sé. Tutti iniziarono a scappare. Lust era ferma ad osservare quel giovane cavaliere mostrare tutto il suo potere. Toccando quei nervi, cercando di fargli perdere il controllo aveva scatenato qualcosa che aveva solo assaggiato nella sua vita, quella forma di Berserk che non sapeva controllare. Socrates scomparve dalla sua mente. L’Eden scomparve dalla sua mente. Le figure persero consistenza. Tutto divenne rosso e di fronte aveva una macchia nera informe. Il nemico.
    Urlò ancora. Sangue, voleva il suo sangue. Scattò in direzione della donna. Sentiva il suo odore, era il nemico. Era da uccidere. Alzò il braccio destro e cercò di colpirla con tutta la forza che aveva. Il pugno scatenò una potentissima onda d’urto. Lei si spostò appena in tempo e venne scagliata lontano senza essere nemmeno sfiorata. Tale era la forza che poteva imprimere nei suoi colpi. Di fronte a sé caddero alcuni palazzi, spazzati via da quella potenza impressionante.
    «Non crederai davvero che io sia così debole!» disse Lust.
    Dalle sue mani scaturirono fiamme che si convogliarono intorno al suo corpo. Il calore intorno al suo corpo stava bruciando tutte le piante. Se un uomo si fosse avvicinato sarebbe stato arso vivo. Il potere della Lussuria, la fiamma ardente dell’Eden. Il fuoco sembrò prendere vita come un enorme animale alato. Un drago con le ali di un angelo. Si scagliò contro il cavaliere nero. Le fauci spalancate per accoglierlo e stritolarlo in un vortice di fiamme. Odio, sangue e dolore! Niente poteva fermarlo, voleva solo la sua morte. Il giovane cavaliere decise in un istante di lanciarsi nel vortice. Una barriera di cosmo misera per scacciare quanto poteva e arrivare di nuovo verso la donna. Non sentiva il calore, non sentiva dolore, percepiva solo l’odio e la sete di sangue. Sorrise mentre attraversava quell’inferno. Le fiamme avvolsero il suo corpo bruciando la sua pelle. Senza quell’armatura tanto resistente non sarebbe sopravvissuto. Riuscì ad oltrepassare l’animale di fuoco e si trovò di nuovo di fronte alla donna.
    «Com’è possibile!!!» urlò.
    E lui ruggì. Creò una sfera violacea nella mano destra e la spinse con tutta la forza che aveva in corpo sul petto di Lust. Non riuscì a raggiungere la sua pelle. Qualcosa si era frapposto fra di loro. Le fiamme avvolsero il corpo della donna e divennero un’armatura. Anche se nascosta, c’era dall’inizio. Spinse ancora più forte cercando di superare quell’ostacolo. La scagliò lontano, riuscì a infrangere parte del suo scudo. Appena poggiò piede sul terreno, scattò di nuovo alla ricerca di un nuovo corpo a corpo.
    «Dannazione!» disse Lust. Provò ad alzarsi. I suoi poteri mentali non riuscirono a penetrare nella mente del giovane. Quando la vide era caos. Pensieri e sensazioni che si mischiavano senza alcun senso, prendevano forme e si sgretolavano poco dopo. Non era possibile interagire con una mente tanto caotica. Doveva correre ai ripari prima che la bestia lo raggiungesse. Convogliò il suo cosmo infuocato nelle mani e le direzionò verso di lui. Un raggio infuocato investì di nuovo il cavaliere nero.
    Kuja alzò le braccia e venne investito da un’esplosione immensa. Sentì un crack. Il braccio sinistro era andato, l’armatura aveva delle crepe in più punti e lui non sentiva il dolore. Forse aveva qualche costola incrinata. Andò a finire contro un palazzo. Il contatto con le colonne lo fece crollare su se stesso. Le pietre lo seppellirono. Un altro grido, un ruggito e un’esplosione di cosmo intorno a lui fece volare via le macerie. E iniziò a riacquisire la coscienza di sé. aveva il fiatone, bruciature su tutto il corpo e un braccio rotto in più punti. Sentiva dolore dappertutto. A malapena riusciva a respirare per le costole incrinate.
    «Non mollare!» urlò Socrates.
    Aveva ragione, doveva continuare a lottare. Lei si stava preparando ad un nuovo attacco infuocato. Delle sfere che gli stavano arrivando addosso. Probabilmente esplosive. Nonostante tutti i dolori doveva continuare a combattere. Si spostò al massimo della sua velocità evitando le sfere. Venne colpito dall’onda d’urto dell’esplosione che provocarono. Si rimise in piedi.
    «Non mi ucciderai tanto facilmente, demone!» urlò Kuja.

    Tra sfere e raggi e pugni, il tempo passò. Continuarono a combattere per tanto di quel tempo che il Sole aveva iniziato la sua discesa per addormentarsi. Un tramonto rossastro faceva da sfondo alla loro battaglia. Perdeva sangue, il suo corpo era pieno di ustioni anche gravi, il braccio non riusciva più a muoverlo. L’armatura era spezzata in più punti. Non aveva più l’elmo, lo spallaccio destro, parti del busto e delle braccia. E lei era in uno stato simile, piena di lividi e fratture.
    «Non te ne andrai mai da qui, cavaliere! È una promessa!» urlò Lust.
    Fu un istante. I suoi occhi riuscirono a ipnotizzarlo. Il tanto giusto per permetterle di andare alle sue spalle. Si strinse a lui mentre il fuoco riprese a vivere intorno a loro in un vortice che andava sino al cielo.
    «Che diamine stai facendo!» urlò il ragazzo.
    «Sei mio … » rispose. «Brucerai con me nel vortice di Lust! Non ti permetterò di fuggire!»
    Era la fine. Era in trappola. Avevano la stessa forza e le fiamme che avevano intorno non gli permettevano la fuga. Era stata ingegnosa, aveva sfruttato quel poco di potere che aveva per ipnotizzarlo. Lui che non aveva mai avuto difese dagli attacchi mentali. Era sempre stato in balia di questi trucchi. Iniziarono a salire verso il cielo. Verso la fine insieme. Non sarebbe sopravvissuto stavolta.
    «Questa è la fine …» disse a Socrates.
    «Tu credi?» gli rispose il cavaliere nero.
    «Siamo in trappola … non vedi?» disse Kuja. «Anche volendo, le fiamme ci investiranno e noi non abbiamo abbastanza forze per scappare … »
    «Non è così. C’è ancora un modo. Le forze per un ultimo attacco ce l’abbiamo … » rispose.
    «Di che parli?»
    «Addio ragazzo»
    «Cosa?»
    «Grazie a te sono riuscito a vivere ancora. Sono riuscito a tramandarti tutto ciò che sapevo e sei un cavaliere migliore di quanto io sarei mai potuto diventare. Possiedi le qualità per continuare a servire l’umanità ancora per tanto tempo sperando che riesca a vivere in un mondo migliore … » continuò Socrates.
    «No aspetta, non puoi … »
    « … salutami Gabriel e digli che ha fatto un ottimo lavoro. Andrò a fare compagnia al mio vecchio amico, Heracles. Sono certo che sarà felice di rivedermi nonostante quel brutto carattere da orso»
    «Ti prego non farlo!» la sua anima venne incatenata. Era come se volesse bloccarlo e non permettergli di interferire.
    « ... Se avessi avuto un figlio, sarei stato felice se fossi stato tu. Addio, ragazzo … »
    «Nooooooooooooooo!»

    La sua anima prese il volo. Con le ultime forze rimaste coprì di energia cosmica il corpo del cavaliere del toro. Separò i due corpi lasciando che lui, un’anima, bruciasse le sue ultime energie aggrappato a Lust proteggendo il ragazzo e sacrificando la sua vita.
    Sentì il suo cosmo svanire nel cielo immerso in un fuoco intenso. La luce dell’esplosione investì tutta Bangkok. Gli vennero in mente tutti i suoi insegnamenti, il suo viso in un lontano passato che gli aveva mostrato. Le battaglie con Heracles, le persone che aveva amato nel corso della sua vita. Ogni ricordo che avevano condiviso gli venne in mente. Avevano condiviso anche quello. Stava rivivendo ogni parte della vita del cavaliere del Toro. Le sue lacrime e le sue gioie. Sino a che non vide il suo volto invecchiato sorridente. Quella decisione gli era costata la vita per permettere di vivere a quello che sentiva come un figlio. Senza accorgersene, aveva iniziato a piangere. Era finita. Era solo.
    «SOCRATEEEEEES!!!» gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.

    Era tornato a casa. Si era fatto curare e ora stava meglio, anche se il braccio era ingessato. Aveva preso carta e penna. Il foglio bianco era di fronte a lui, pronto per essere usato. Tolse il tappo alla stilografica e iniziò a scrivere.

    “Questa è la storia di Socrates, cavaliere del Toro dall’anno … “

    260px-Final_hohenheim



    ARMAQuadro-01

    ✣ Nome: Kuja
    ✣ Energia:Viola
    ✣ Armatura: Black Taurus (VI+I)
    ✣ Status Fisico: Ottimale
    ✣ Status Mentale: Ottimale


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    Edited by ~S i x ter - 16/9/2019, 22:22
     
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    ARMAGEDDON: BANGKOK

    Narrato - Parlato - Pensato - Elena
    Bambini - Filippo - Avarizia - Grande Tempio

      



    Vieni fratellone, andiamo a giocare al parco.
    Ih ih.
    Elena e gli altri fratellini ci stanno aspettando.
    Forza, dai!


    Un sorriso sincero e travolgente, con qualche fessura tra un dente e l’altro tipico dei bambini che perdono i denti da latte. Il volto giovane e spensierato, con la pelle di rosea porcellana perfetta. La voce acuta e squillante, piena di vita e incredibilmente gioiosa. La piccola mano stringeva con forza un dito di Bartolomeo, trascinandolo con entusiasmo verso il parco giochi.
    Il cielo era limpido, azzurrissimo e privo di nubi. Il sole accarezzava dolcemente i due fratelli, donando all’ambiente un clima mite e per niente afoso. La brezza leggera spostava le giovani ciocche di capelli di Filippo, mentre a Bart poteva solo scompigliare i folti baffi.

    Tutto era perfetto.
    Tutto era al posto giusto.

    Basta sofferenze, basta guerre.
    Era tutto finito ed era rimasta solamente la gioia di vivere in un mondo sereno. Colui che fu cavaliere del Toro ormai aveva lasciato alle spalle ogni cosa; persino il cosmo stava lentamente abbandonando il suo corpo. Più Filippo lo accompagnava verso il parco giochi e più il Bartolomeo di un tempo svaniva nei ricordi.

    Perché continuare a soffrire?
    Perché continuare a combattere?

    Quanto è bello lasciarsi andare senza più doversi preoccupare di nulla.
    Lui e la sua famiglia al completo avrebbero vissuto una vita priva di pensieri, ripagati finalmente dopo una vita di sacrifici. Si sarebbero trovati al parco giochi, avrebbero giocato tutto il giorno per poi tornare nella loro casa sicura e confortevole.

    Che vita.
    Che vita idilliaca.

    Che vita egoista.
    Che vita falsa.

    Ma un momento?
    Cosa stava accadendo?
    Perché il piccolo Filippo stava trascinando Bartolomeo al parco giochi?

    Parco giochi?
    Filippo?

    Forse ci siamo persi qualcosa.
    Filippo, in fratellino di Bart scomparso tragicamente da molto tempo, stava portando il cavaliere del Toro ad un fantomatico parco di chissà quale luogo. L’uomo non riusciva nemmeno a ricordare dove fosse, spossato come non lo era mai stato e senza una ragione precisa. Sapeva solo di essere lì – lì dove poi? – trotterellando dietro al giovane fratello verso una meta a lui sconosciuta.
    Però era felice.
    Felice, spensierato e gioioso di vivere finalmente una vita priva di ogni sofferenza. Il suo solito sorriso era più ampio del solito e rifletteva la luce di quel sole così perfetto e accogliente. Nessun pensiero, nessuna domanda gli frullava nella mente; era come se gli andasse tutto bene così, senza sforzarsi – o meglio, senza forze – per chiedersi davvero cosa stava accadendo.

    Ma quindi?
    Cos’era accaduto?
    Bartolomeo era forse stato accolto nel paradiso che tanto sognava?
    Oppure era riuscito a compiere un miracolo impossibile?

    Che qualcuno spieghi l’accaduto.
    Forza Bart, pensaci tu.

    Chi?
    Io?


    Ok, Bart al momento è una fonte poco attendibile.
    Ma dovete capirlo, poveruomo. Mentre correva felice con Filippo era vittima di un’illusione molto potente che l’aveva colto impreparato. Era stato molto semplice insinuarsi nella sua mente, specialmente richiamando i ricordi del passato. D’altro canto basta davvero poco per distrarsi anche solo un istante nel vedere un mondo idilliaco, perfetto seppur irreale. Ci si può convincere che è tutto finto e che ben presto svanirà, proprio come un sogno, ma un piccolo pensiero del tipo “chissà come sarebbe se…” lo facciamo tutti.
    E fu proprio quell’unico pensiero di fronte all’utopia a portare Bartolomeo in quello stato di ebetismo completo, assorto in un sogno illusorio bellissimo quanto mortale.Tutto era iniziato la mattina di quello strano giorno.
    Il gioioso vociare dei pargoli aveva risvegliato la Seconda Casa da quel rigoroso silenzio che dai tempi del mito avrebbe dovuto caratterizzare il Tempio. Il suo Custode, il cavaliere del Toro, aprì gli occhi con il sorriso di chi è davvero felice di ciò che stava vivendo. Una condizione strana la sua, completamente differente da qualsiasi altro guerriero di Atena e costantemente oltre le righe. Aveva persino trasformato quel sacro luogo in una confortevole casa per i suoi figli e per l’eterna amica Elena, aggiungendoci un bel forno a legna per fare le pizze.
    E si, Bartolomeo era proprio inusuale e le sue origini non erano da meno. Nel corso della sua vita aveva fatto i lavori più disparati e solo qualche mese prima era l’abile pizzaiolo di una pizzeria italiana.
    Un bel passo diventare Cavaliere d’Oro – con tutti i benefici che ne conseguono – non trovate?
    A lui, però, gli sfarzi e i guadagni non gli interessavano. Aveva passato la vita a sputare sangue e sudore per guadagnarsi quel minimo che bastava per far sopravvivere i suoi figlioli, e conosceva bene cosa significava la parola sacrificio. Al Grande Tempio non aveva mai chiesto nulla, adattando la Seconda Casa a dimora felice utilizzando solo olio di gomito e tanta forza di volontà. Il risultato fu incredibile, riuscendo finalmente a far vivere la sua famiglia in modo dignitoso.
    Quel nuovo risveglio, dunque, fu come al solito felice e spensierato, con la mente già proiettata al pensiero delle abbondanti colazioni che preparava Elena. Bart si alzò con l’acquolina in bocca, odorando il profumo dei biscotti al cioccolato che pervadeva l’aria. Rimase in pigiama, ma si tolse il cappellino da letto e lo poggiò sul comodino. Si ok, l’immagine fa alquanto ridere: un omone muscoloso e imponente che andava a dormire con il cappellino azzurro a punta. Da farci una foto, avete ragione; ma d’altro canto glielo avevano regalato i pargoli qualche anno prima per il suo compleanno. Non poteva non metterlo, anche se sembrava una sorta di mago Merlino improvvisamente ingigantito senza preavviso.
    Appena varcò la porta della sua stanza fu letteralmente assalito dai bambini festanti e impazienti di mangiare l’inverosimile. Bartolomeo si abbassò come di consueto per caricarseli tutti sul corpo – spalla, braccia, gambe, baffi, quello poco importava – e trascinarli al lunghissimo tavolo della cucina. Si sedettero tutti in modo alquanto composto, attendendo Elena prontamente armata di latte e biscotti. I pargoli si avventarono sul cibo come un branco di leoni su una carcassa appetitosa, cominciando a svuotare piatti e bicchieri a velocità incredibile. Il possente Toro, simbolo di forza e vigore, allungò timidamente una mano con l’espressione tipica di chi infila il braccio in una vasca piena di piragna.

    Oh oh oh.
    Lasciatene un po’ anche per me, figlioli.


    La loro vita era diventata davvero così solare e felice, sempre immersi fra risate sincere e gioiose. Una felicità vera, ma costantemente rincorsa e a volte oscurata da qualcosa di sempre presente: la guerra. Bart era un Cavaliere d’Oro del Grande Tempio e aveva votato la sua intera esistenza a proteggere gli altri. Questa ragione di vita lo portava molto spesso a dover sacrificare la sua felice quotidianità per gettarsi a capofitto nelle situazioni più impensabili e pericolose. Il suo orgoglio e la sua testardaggine, poi, lo rendevano così impulsivo da portarlo ad agire prima di pensare. Di questo la sua famiglia, specialmente la più consapevole e matura Elena, ne soffriva molto. Quante volte aveva dovuto correre in soccorso di qualcuno o addirittura prodigarsi nella difesa di intere cittadine. Aveva rischiato molto ed era tornato a casa con le ferite più gravi che si potessero immaginare. Aveva dovuto imparare a dare ascolto alla razionalità, ogni tanto, ed era persino riuscito a raggiungere un potere sconfinato.
    Aveva fatto tutto per loro.
    Era diventato un uomo migliore per la sua famiglia.
    Non voleva farli soffrire più di quello che avevano già sofferto.
    Mai più.

    Signor Bartolomeo.
    Signor Bartolomeo, mi sente?


    Ed ecco, puntuale, il solito fuoriprogramma.
    Un messaggio telepatico improvviso lo raggiunse mentre stava addentando con foga un biscotto al cioccolato.
    Un messaggio riportato da un telepate del Grande Tempio, proveniente direttamente dai “piani alti”. Era successo qualcosa e qualcosa di grosso.
    Il cavaliere non ci aveva ancora fatto caso, troppo preso dal risveglio mattutino, ma c’era effettivamente qualcosa di strano nell’aria. Una sensazione difficile da descrivere, come un senso continuo di inadeguatezza che attanagliava il cosmo entrando in risonanza con esso per destabilizzarlo. Gli venne quasi un conato di vomito quando cercò di concentrarsi su ciò che riusciva a percepire, tanto da far preoccupare la già ansiosa Elena.

    Hey Bart, va tutto bene?

    Si avvicinò e gli posò una mano sulla fronte, dimostrando un’attenzione e un amore incredibili. Era la prima volta da quando si erano baciati “per sbaglio” che la donna si avvicinava nuovamente al cavaliere con quell’atteggiamento delicato e amorevole. Avevano passato giorni ad ignorare quello che era successo tra di loro – che cosa era successo di così tanto grave, poi? Un solo bacio, suvvia – e avevano completamente accantonato ogni premura. In quel momento, però, vedendo che Bartolomeo stava effettivamente male, tornarono magicamente gli “amici” di prima.

    Tranquilla Ele, va tutto bene.

    Appoggiò la sua enorme mano su quella della ragazza, coprendo la sua stessa fronte.

    Il Grande Tempio mi ha appena contattato.
    C’è bisogno di me lontano da qui.
    Lo so che…


    Non fece nemmeno in tempo a terminare la frase che Elena lo interruppe.

    Non…

    E nemmeno lei terminò di parlare. Sembrava un gioco tra adolescenti.

    No Elena, lo so che sono appena tornato da tutte quelle missioni improvvise.
    Lo so che è difficile per voi perché il preavviso è sempre poco.
    Ti capisco.
    Vi capisco.
    Ma non posso tirarmi indietro, non posso lasciare che persone…


    Bart, Bart, fermati.
    Non ti preoccupare.
    Ho capito come funziona ormai, non ti preoccupare, ed è giusto così.
    Vai pure, ma torna tutto intero.
    Intesi?
    Ai bambini ci penso io.


    Sfilò la mano da sotto quella dell’uomo, spostandola su una guancia. Si chinò dolcemente per poi dargli un candido bacio innocente sulla guancia. Non poteva esserne sicuro, ma a Bartolomeo parve di vedere che gli occhi della donna fossero lucidi, con il pianto trattenuto a stento.
    Che situazione.
    Lasciare la propria famiglia per gettarsi nei pericoli era diventato ormai un dolore insopportabile. Non poteva assicurare nulla, non sapeva nemmeno lui a cosa sarebbe andato incontro, e non sapeva mai cosa fare o cosa dire.

    Grazie Ele.

    Forse poche parole sono più efficaci di un discorso senza fine.
    Si alzò dalla sedia e accarezzò la testa dell’amica, per poi salutare anche i pargoli.

    Figlioli miei, devo andare.
    Fate i bravi con Elena e non fatela disperare.
    Se vi comportate bene quando torno vi porto un bel regalo.
    Oh oh oh.


    Si sforzò di mostrarsi felice e spensierato come al solito, facendo leva su quella cosa che manda ogni bambino in visibilio: i regali.

    Siiiii!
    Ciao papà, torna prestooo!


    Un coro acuto e amorevole accompagnò la sua partenza.

    Che amorevoli pesti.

    Tornò velocemente nella sua stanza e aprì immediatamente lo scrigno dorato dell’armatura. Strano, normalmente se la portava dietro per indossarla solo in casi estremi, ma questa volta fu una priorità. Eh si, il telepate era stato chiaro: qualcosa di molto grave stava accadendo a Bangkok, ma nemmeno i grandi sensitivi del Grande Tempio riuscivano a spiegarsi tutto con chiarezza. Si parlava di devastazioni naturali, tsunami e tutto ciò che ne consegue. Qualcosa di gravissimo, ma nulla di così inusuale. C’era bisogno di aiuto in quelle terre, la cosa era fuori dubbio, ma perché convocare il Toro in modo così urgente e preoccupato.
    Qualcosa non andava, ma che cosa?
    Le sensazioni erano evidenti. Nonostante la distanza c’era una sorta di “presenza” cosmica in grado di comunicare in modo alquanto aggressivo con chi aveva risvegliato il potere delle stelle, palesando una minaccia ben più grave del cataclisma.

    Non c’era tempo da perdere.

    Si recò immediatamente allo spiazzo antecedente le Dodici Case dove, come di consueto, lo attendeva il jet del Grande Tempio pronto alla partenza. Salì senza fare domande e il velivolo sfrecciò a tutta velocità verso la destinazione. Durante il viaggio Bart si sentiva particolarmente nervoso. Strano per il suo carattere, ma quello che aveva percepito dall’ormai lontana Atene era qualcosa di terribile e opprimente.Ed ecco Bangkok.

    Non aveva mai visitato la città in vita sua, ma le macerie e la devastazione non avevano popolo o nazione.

    Grazie ragazzi, scendo qui.

    Espanse il cosmo e si gettò dal jet salutando con la mano destra. Sfrecciò nell’aria come una cometa dorata, per poi sfruttare un potente contraccolpo di pura forza straordinaria per frenare la caduta a poca distanza dal suolo. I piedi poggiarono a terra con vigore, sprofondando qualche centimetro nel terreno. All’atterraggio piegò leggermente la schiena in avanti, per poi raddrizzarsi deciso nel polverone che aveva generato.
    Quando i detriti della sua caduta si diradarono, quello che vide di fronte ai suoi occhi fu…fu…

    Ma che diavolo…?

    …indescrivibile.
    Un’esclamazione naturale, sfuggita dalla bocca di Bart senza preavviso. La città completamente devastata era diventata improvvisamente un paradiso terrestre. Il sole riscaldava una ridente cittadina che prosperava nella calma più assoluta. Case bianche e perfette, giardini curati e bambini che giocavano a palla per le strade senza pericolo.

    Vieni fratellone…

    Ed ecco che torniamo a quella voce.
    Ecco che torniamo a Filippo.

    Ma come?
    Un cambiamento così radicale passato inosservato e persino accolto senza fare domande?

    Certo. Bart era letteralmente stato rapito e svuotato da quell’illusione, tanto che non si pose alcun problema al riguardo. Seguì Filippo con il sorriso sulle labbra, come se fosse la cosa più semplice e naturale al mondo. Più avanzava e più si sentiva stanco; strano, certamente, ma ormai cosa ci vogliamo fare? Aveva una certa età.
    Che strani discorsi.
    Che strane sensazioni.
    Arrivarono finalmente a quel famoso parco, con stanchezza ed estremo affanno.

    Ciao amore, come stai?

    Era Elena, bella come non mai. Le ciocche dei capelli che delicate le scendevano sulle spalle per poi poggiarsi leggere sul seno. Il sorriso sognante di chi davvero ama e quell’espressione così fiera rivolta all’unico uomo della sua vita. Aveva la fede al dito, uguale a quella che Bart aveva inspiegabilmente sull’anulare, e stava chiamando a sé il suo adorato marito.

    Elena…

    La voce sognante di un Bartolomeo felice di ciò che stava accadendo.
    Un Bartolomeo che richiamò il cosmo avvicinandosi a tutti i suoi pargoli per caricarseli come di consueto tutti in braccio.
    Ma il cosmo non rispose.
    Ormai era diventato un gesto naturale quello di supportare il fisico con il potere delle stelle, ma in quel momento non accadde nulla. Sorpreso guardò prima Filippo e poi Elena, come se loro potessero avere qualche risposta. Vedendo solo facce sorridenti, decise di impegnarsi molto di più per fare chiarezza sulla strana situazione. Respirò profondamente e diede un scossone al suo corpo, partendo dal diaframma fino alle estremità più lontane. Strinse i pugni e chiuse gli occhi. Ecco che finalmente, dal buio emerse una luce: il cosmo era ancora lì, anche se molto debilitato.
    Grazie alla vastità del suo potere il Toro riuscì nell’intento, tanto che divenne luminoso come una stella nella notte.

    No basta, ti prego, basta.

    Era Elena. Le sue ginocchia erano diventate deboli e l’equilibrio precario. Bartolomeo stava sempre molto attento a controllare il suo potere e non poteva credere alle sue orecchie.

    Basta cosmo, bastaaa!

    Un urlo dolorante e improvviso che colse di sorpresa il gigante stanco.
    Proprio in quel momento qualcosa mutò inesorabile.
    Quel mondo perfetto cominciò a sbavare i suoi contorni, letteralmente.
    Filippo divenne sfocato, mentre il volto della ragazza sembrò quasi deformarsi in modo impercettibile.

    Cosa mi sta succedendo?

    Ecco la prima domanda da quando era caduto inesorabilmente nell’illusione. Un dubbio, una crepa in quel mondo perfetto. Per la prima volta dopo interminabili minuti in balia di un male sconosciuto, Bartolomeo aveva finalmente ricominciato a pensare, a mettere insieme i tasselli di qualcosa che non poteva esistere per davvero.
    Strinse i pugni come se si fosse improvvisamente reso conto di essere a disagio e il suo istinto di sopravvivenza stava pian piano prendendo il sopravvento.

    Cosa stai facendo Bart, sono io.
    Non guardarmi in quel modo.
    Mi fai paura.


    Elena pareva realmente intimorita, ma lo sguardo di Bart stava già guardando oltre quei sentimenti.

    Non so chi tu sia, ma vedi di sparire in fretta.

    Il tono era cambiato, i denti stretti e i muscoli tesi.

    Ma cosa dici?
    Sono io, Elena.


    Ormai il mondo perfetto stava crollando.
    Il Toro cominciava a percepire la realtà nuda e cruda, svestita delle illusioni che qualcuno faticava a mantenere.
    Qualcuno?
    Ma chi?
    Bart non poteva ancora saperlo, ma dietro tutto quell’inganno c’era un essere umanoide, strano e mutevole. Un ammasso di energia nera che, come un buco nero, si era servito dell’illusione per far abbassare le difese al cavaliere d’oro. Insinuatosi nella sua mente lo aveva avvicinato spacciandosi per Filippo, così da toccarlo e nutrirsi del suo immenso cosmo. Poi aveva assunto anche le sembianze di Elena per tenerlo calmo e concludere il lavoro. Peccato non avesse messo in conto la straordinarietà del cosmo del Toro. Una vastità sconfinata che aveva procurato un’indigestione – letteralmente – al malcapitato.
    Egli, l’ingordo, altro non era che una qualche manifestazione dell’Avarizia, la cui unica ragione di vita era possedere ogni cosa per sé.

    Ma poco importava.
    Il Toro aveva già abbassato le corna e grazie al sacro potere delle stelle era riuscito a scoprire l’inganno. Era stanco e spossato, aveva perso molto cosmo, ma la sua forza lo avrebbe sostenuto ancora per un affondo. L’essere immondo ormai stava perdendo pezzi, Elena sembrava più che altro un ammasso informe dalle sembianze femminili e anche le stesse sembianze stavano per sgretolarsi. Bartolomeo avanzò mentre quella cosa strideva, ansimava e poi gridava dalla paura. Sembrava indifesa, come un ingordo che ha mangiato così tanto da non potersi muovere.
    Trascinando un piede dopo l’altro il cavaliere si avvicinò a quell’essere, facendo cedere il terreno sotto di sé ad ogni passo. Caricò il braccio destro con tutte le forze rimaste; il sudore gli bagnava la fronte e sentiva le gambe deboli e tremanti.

    Sparisci.

    Il colpo partì come se fosse un riflesso incondizionato, travolgendo completamente quello che sembrava il volto della…cosa. La mano affondò nel catrame più nero della pece, devastandolo completamente. Da umanoide divenne informe, infine una pozza inerme.

    AAAAAH!

    L’illusione svanì.

    La devastazione si palesò in tutta la sua crudeltà, mostrando solamente morte e distruzione.
    Bangkok era il nulla.
    Bangkok non esisteva più.

    Le membra si fecero pesanti e l’affanno sempre più debilitante.
    La testa cominciò a girare mentre le gambe cercavano disperatamente di mantenere l’equilibrio.

    Figlioli miei.
    Elena.
    Cosa sta accadendo a questo mondo?


    Una considerazione impotente e disperata.

    Dannazione, devo mettere al sicuro la mia famiglia.

    Barcollando cercò di contattare telepaticamente i soldati del Grande Tempio che lo avevano portato fin lì. Di solito rimanevano nelle vicinanze e il collegamento era immediato.

    Ma Bart era stanco.
    Il cosmo era al minimo.

    Strinse i denti per non svenire.
    Strinse i denti perché doveva assolutamente raggiungere la sua famiglia.
    Strinse i denti per tornare dai suoi figlioli con un regalo, proprio come aveva promesso: sicurezza e protezione in un mondo che stava per essere divorato dall’oscurità.



    ARMAQuadro-01


    ✣ Riassunto: Ok ragazzi, ecco la mia one post.
    Ho preferito concentrarmi su Bart e sul concetto vero e proprio di avarizia: possedere, possedere e ancora possedere tutto per sé solo per il gusto di farlo. Quindi ho impostato il tutto come una battaglia più mentale e subdola piuttosto che fisica. Il nemico era una sorta di male nero e informe, senza identità precisa. Attira Bart con l’illusione e cerca di prendergli tutto il cosmo. Solo che la troppa avarizia e il cosmo straordinario del Toro a energia suprema fanno fare al nemico una bella indigestione XD Non riesce più ad immagazzinare nulla, ma proprio per avarizia non accenna a fermarsi e quindi perde il controllo su quell’illusione idilliaca che aveva tratto in inganno il cavaliere. A quel punto Bart comincia a farsi delle domande e vede che le cose non sono reali. Ormai, però, è stanco e debilitato a causa del troppo cosmo sottratto, ma decide di dar fondo alle ultime forze per schiantare quell’essere immondo con un bel pugno dritto sul grugno. Data la forza straordinaria e un nemico improntato più sul non-contatto, riesce ad avere la meglio anche grazie alle condizioni pessime dell’umanoide debilitato dal troppo “mangiare” cosmo.
    Lascio il finale aperto per qualsiasi sviluppo.
    Bart comprende che qualcosa di molto grave sta accadendo e capisce che deve tornare dalla sua famiglia per proteggerla. Però è stanco, molto stanco, e cerca in tutti i modi di resistere per tornare ad Atene.

    ✣ Condizioni: Debilitato ed estremamente spossato.

    ✣ Abilità:
    Potenza Del Toro [Forza Straordinaria + Cosmo Straordinario]: In natura in quanto a forza il toro ha ben pochi rivali.
    Tale caratteristica è propria anche del cavaliere della Seconda Casa, considerato al Grande Tempio come massimo esponente della pura potenza fisica. Il suo corpo e i suoi muscoli sono in grado di generare una forza inusitata, capace di distruggere con estrema facilità anche i materiali più resistenti. Provate a pensare ad un colpo scagliato alla massima potenza e alla velocità della luce su di un essere umano; di certo le conseguenze sarebbero devastanti. Ma le caratteristiche di questa incredibile abilità sembrano non avere limiti. Infatti l'indiscussa possanza del Toro permette a Bartolomeo di raggiungere un livello superiore rispetto alla "normale" forza straordinaria. Il cavaliere è in grado di generare, con un semplice movimento, delle onde d'urto dal potenziale d'impatto impareggiabile. Inoltre, può perfino creare dei veri e propri sismi sia nel terreno che nell'aria in grado di destabilizzare anche il più ostico degli avversari colpendolo a distanza con la sola forza fisica inarrestabile. In poche parole: forza straordinaria che può colpire anche da lontano con la stessa intensità di un colpo ravvicinato. Tale incredibile caratteristica gli permette di superare i limiti di un normale combattente dotato di sviluppata potenza. Ad esempio avrà la possibilità di spiccare balzi dalla lunghezza impressionante o calciare letteralmente l'aria per creare onde d'urto di pura forza fisica in grado di permettere spostamenti quando il corpo è già sospeso in aria.
    Insomma, potenza allo stato puro.
    Ma la vera potenza del Toro non finisce qui. Immaginate una supernova che esplode nello spazio, una stella che irradia l'universo con il suo infinito splendore. Tale è il potere cosmico del cavaliere del Toro, che gli consente di imprimere in ogni singolo colpo una forza ed una potenza inimmaginabili.
    Un cosmo straordinario, abnorme.
    Ogni sua tecnica diviene potenzialmente devastante, potendo generare una forza cosmica impareggiabile. Sforzi che per un cavaliere di pari energia potrebbero essere considerati impensabili o logoranti, per Bartolomeo possono divenire semplici e naturali, potendo decidere se utilizzare grandi quantitativi di cosmo in una sola volta oppure protrarre le sue devastanti offensive per lungo tempo senza diminuire d'intensità.

    Orgoglio Del Toro [Resistenza Straordinaria]: L'Orgoglio di un uomo, l'Orgoglio con la O maiuscola: solo questo basterebbe a sorreggere in ogni situazione il mastodontico corpo di Bartolomeo.
    Oltre alla forza fisica e cosmica senza rivali, anche la resistenza sostiene questo imponente cavaliere inarrestabile. Il Toro sarà in grado di sopportare innumerevoli attacchi di natura fisico-cosmica senza batter ciglio, permettendogli di continuare a combattere anche in condizioni estreme. Ovviamente questo non significa che i colpi nemici non avranno alcun effetto, oppure verranno totalmente ignorati o evitati, bensì il cavaliere d'oro potrà incassare con maggior facilità i danni derivanti da una pesante offensiva.
    ✣ Tecniche:
    Braccio Possente: Spesso l'efficacia risiede nella semplicità.
    Questa tecnica all'apparenza sembra quasi banale, ma non bisogna mai sottovalutare ciò che un toro inferocito può fare. Concentrando la potenza fisica e cosmica in un solo braccio, Bartolomeo scaglierà un pugno alla massima velocità consentitagli, dritto all'obiettivo. Semplice, no? La rapidità di esecuzione, unita alle doti del cavaliere faranno di tale affondo un martello quasi inarrestabile, allo scopo di ridurre all'inutilità con un solo colpo anche l'avversario più resistente.
    Una possibile variante consiste nel concentrare lo stesso potere in una gamba, oppure distribuire la forza distruttiva su tutti e quattro gli arti, diventando così una macchina da guerra senza rivali.

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    Edited by ~S i x ter - 16/9/2019, 22:23
     
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    La porta del tempo fu spalancata e le tenebre si riversarono sulla terra,
    la speranza si inabissò in uno sconfinato mare di oscurità.
    Solo le stelle potranno illuminare quell'oceano di morte,
    solo gli astri potranno squarciare il cuore del male.



    Erano passati molti anni da quando Edward studiava, con il maestro di Winterfell, gli antichi tomi sulla fine del mondo. L'inverno, così lo chiamavano i padri dei suoi padri. Un'evo di oscurità e morte in cui un male più antico dell'universo stesso veniva alla luce inghiottendo ogni cosa. La fine della vita, della speranza. La fine di ogni cosa. Per secoli gli Stark si erano addestrati consapevoli che un giorno i lupi avrebbero ululato alla luna morente, preparandosi per l'ultima caccia. Negli ultimi duecento anni al tecnologia e la speranza di un futuro radioso avevano fatto dimenticare alla maggior parte dei membri del casato che per quanto lunga un'estate potesse essere, l'inverno sarebbe infine arrivato. I segnali erano chiari oramai. Il cielo, le stelle, la terra. Tutto indicava inesorabilmente che presto i figli della lunga estate avrebbero attraversato la più grande delle prove.

    Edward se ne stava seduto innanzi al grande tavolo di quercia lavorata sfogliando nervosamente un grosso e polveroso tomo corroso dal tempo. Le pagine ingiallite e consunte, l'inchiostro sbiadito e appena leggibile. Una preziosa miniatura stava attirando la sua attenzione. Una grande porta d'ebano recante sette sigilli d'oro si stava spalancando mentre un'orda di demoni si riversava attraverso essa. In cielo brillava una luna spezzata mentre decine di cavalieri morti giacevano ai piedi dell'orda implacabile. Le uniche creature che si ergevano per contrastarli erano un gigantesco titano di ghiaccio, un guerriero sul cui mantello campeggiava un sole splendente e un'immenso drago nero come la notte.

    "I maestri hanno sempre pensato che quelle figure rappresentassero gli antichi casati dominanti del nord. Un'immagine indicante il dominio dei nobili sulle tribù barbare. Ma c'è qualcosa in più dietro quelle profezie. I primi uomini sapevano qualcosa che a noi sfugge, qualcosa che non riusciamo a comprendere".

    Nelle pagine del libro si parlava di qualcosa di terribile annidato nei recessi dello spazio e del tempo. Un'entità senza forma e senza nome che ribolliva in attesa che di avvolgere il mondo nella sua morsa. Schiere di servi deformi la attorniavano, danzando al suono di un flauto blasfemo. Secondo alcuni antichi testi babilonesi si trattava di un'antica proto divinità mai nata che covava vendetta contro i suoi fratelli che dominavano la terra. In delle pergamene custodite nelle vette dell'Himalaya si parlava di qualcosa di ben più antico e terribile, qualcosa che persino gli dei temevano. Gli Inca chiamavano la venuta di quell'essere il Crepuscolo delle Stelle, un'epoca di disperazione e morte. L'unica cosa su cui tutti i testi concordavano era che il suo arrivo rappresentava la fine di ogni cosa, la morte assoluta, il vuoto.

    "Valar Morghulis. Tutti gli uomini devono morire. E' forse questo che accadrà? No è qualcosa di più, la fine stessa dell'esistenza."

    Le porte della sala si aprirono mentre con passo svelto Barristan Selmy avanzava verso il suo signore per poi inchinarsi al suo cospetto. Il volto contratto in una maschera preoccupata, l'armatura macchiata da uno strano liquido nero.

    "Mio signore stavamo pattugliando i confini del regno. C'erano delle strane creature annidate nell'oscurità, demoni distorti e folli che sbavavano ululando parole senza senso. Quando ci hanno visto ci hanno attaccato come se volessero divorarci con tutte le corazze. Se non fosse stato per l'intervento degli Estranei ci avrebbero sopraffatti. Non sono mai stato così felice di vedere le loro fredde facce."

    Il semplice fatto che dei demoni avessero potuto rompere le difese dimensionali del cielo di Giove era preoccupate. Ma demoni dalla mente fosse stata devastata al punto da renderli folli rendeva il tutto estremamente inquietante.

    "Cosa può rendere folle la mente di un demone? Non so cosa stia accadendo ma saremo pronti. Barristan triplica gli uomini di guardi alla Barriera e metti in allerta tutte le guarnigioni. Da questo momento interdirò tutti gli spostamenti dimensionali e psichici. Voglio rapporti ogni sei ore e manda dei corvi alle tribù dei giganti. Che si spostino a sud di Castello Nero."

    Troppe variabili in quell'equazione, troppo grandi le forze in gioco. Edward aveva bisogno di risposte e ne aveva bisogno subito, prima che fosse troppo tardi. E c'èra una sola persona che avrebbe potuto dargliele.

    "Barristan devo recarmi sulla terra per incontrare un'amico, fino al mio ritorno il regno è nelle tue mani".

    Non una parola dal vecchio guerriero, solo un cenno col capo e uno sguardo d'intesa. Il re del Nord sparì in un turbinio di cristalli di ghiaccio.

    Apparve in una desolata strada della periferia di New Orleans. I vecchi palazzi erano per lo più stati abbandonati dopo che Katrina si era abbattuto sulla ridente cittadina americana e ora gli unici a vivere in quel quartiere fantasma erano senza tetto e sbandati. Alcune prostitute, che si scaldavano davanti ad un focolare improvvisato, cominciarono ad urlargli contro chiedendogli da quale feste in maschera fosse uscito. A volte dimenticava che girare con indosso un mantello di pelliccia e una lunga spada la fianco non era più di moda come ai suoi tempi. Tre ragazzi con lo sguardo perso e vuoto lo osservavano probabilmente valutando se avesse qualcosa di valore da portargli via. Per loro fortuna il loro istinto gli fece capire che era meglio desistere. Entrò in un edificio dalle finestre sbarrate e salì fino al sesto piano dove il lerciume se possibile era persino maggiore che nel resto della struttura. Bussò vigorosamente all'interno 66, una voce gracchiò dall'interno imprecando sommessamente.

    "Chi cazzo è? Vi ho già detto mille volte che se non volete guai dovete togliervi dalle palle."

    Quando la porta si aprì fece la sua comparsa un'uomo sui quaranta vestito con dei consunti pantaloni di un completo marrone e una camicia bianca che aveva visto giorni migliori. Una folta zazzera di capelli neri sul capo e quello che restava di una sigaretta tra le labbra. I piccoli occhi grigi sembrarono accendersi nel vedere il cavaliere degli inferi, come quando ci si trova davanti al più inaspettato degli ospiti.

    "Che mi venga un colpo. Edward Stark! Che cosa ci fai qui? Pensavo che dovessi fare la guardia a quel tuo semi piano negli inferi?"

    Edward e Arthur Dale si erano conosciuti alcuni anni prima, poco dopo la rinascita dello Stark come specter di Hades. I due si erano trovati per caso ad affrontare la stessa entità del vuoto e nonostante l'approccio diverso alla questione avevano finito per diventare buoni amici. Laddove l'uno era metodico e prudente l'altro era azzardato e geniale, formando un'alchimia unica e inimitabile, tanto che ogni volta che il Princeps aveva bisogno di un consiglio su temi arcani e occulti si rivolgeva allo stregone. E così aveva fatto anche questa volta, sperando che tra i suoi tomi polverosi potesse esserci la risposta alle sue domande. L'appartamento era sporco e in subbuglio, alcune valigie erano riempite a metà sul letto e la maggior parte dei tomi era stata accatastata in delle grosse scatole di cartone. Tutto sembrava pronto per una imminente e non programmata partenza.

    "Vai da qualche parte amico mio? Mi sembra un po' troppa roba per il viaggio nei mari del sud di cui borbotti ogni volta che qualcosa ci spara addosso liquami di dubbia natura."

    Lo stregone non lo guardò neanche negli occhi, quasi si vergognasse di quello che faceva. Si accese nervosamente una sigaretta e poi tornò a infilare furiosamente vestiti nelle vecchie valigie.

    "Lascio la città Ed, anzi per meglio dire lascio tutta la dimensione. Ho trovato un gruppo di Mercadi che mi può dare uno strappo fino a cieli Gemelli di Bytopia. Sai son un posto fantastico. Ci sono Ninfe e Signore della Foresta tutte curve. Dovresti venire con me, questo pianeta non è un posto sicuro. Non più."

    Si interruppe aspirando avidamente e fissando lo specter con i suoi profondi occhi grigi. Ne avevano passate tante insieme e mai il re lupo lo aveva visto così spaventato, così impotente verso qualcosa che sembrava schiacciarlo. Quel piccolo uomo dalla camicia sporca non poteva essere lo stesso arcanista che aveva superato Belial in astuzia costringendolo ad auto bandirsi per mille anni. Lo stesso uomo che aveva assorbito il fuoco oscuro nel cuore della galassia delta per poi liberarlo distruggendo i servi del dio senza volto. Arthur Dale aveva sempre una soluzione, sempre un'asso nella manica, un'ultimo incantesimo per tirarsi fuori dai guai.

    "Cosa sai che io non so Arthur? Cosa sta succedendo di tanto grave? Ares sta forse per marciare alla testa delle sue armate?"

    Lo stregone gli si avvicinò poggiandogli una mano sulla spalla mentre spegneva ciò che rimaneva della sigaretta, solo per accendersene un'altra. Sorrise malinconico e triste.

    "Magari si trattasse di una delle vostre scaramucce tra Dei vecchio mio. Quali meravigliosi spettacoli pirotecnici sono le vostre Guerre Sacre, una miriade di scintille e poi tutto si risolve in una quieta nuvola di fumo nel cuore di una notte stellata. No, stavolta è diverso. Niente lieto fine, niente gloria per i morti. Solo oscurità. I tuoi amici hanno impedito che qualcosa accadesse, qualcosa che doveva accadere. Pensavano di essere nel giusto, di portare avanti il loro destino, ma in realtà hanno condotto questo mondo nel baratro. Il Crepuscolo delle Stelle è arrivato Edward."

    Cadde rumorosamente su una poltrona di pelle rovinata e cadente. Quasi sapesse a memoria la disposizione di ogni singolo libro in quella stanza allungò la mano prendendo un vecchio tomo rilegato in pelle nera, una scritta in rosso troneggiava su di esso, troppo sbiadita per essere comprensibile. Lo aprì in un macabro scricchiolio e tornò a parlare dando una sporadica occhiata alle pagine.

    "Ogni cultura ha il suo mito sulla fine del mondo e per lo più si è sempre creduto che si trattasse di un modo che l'uomo aveva per fare i conti con un tempo indefinitamente più grande di lui. Ma non è così. Questi miti sono nati perché l'uomo dentro di se sapeva che presto o tardi l'oscurità sarebbe calata. Un'oscurità senza alba, un'oscurità senza stelle. Questo libro apparteneva ad un profeta pazzo vissuto circa trecento anni fa nel sud della Francia. Nelle sue visioni aveva visto un'antica entità sorgere dai più profondi recessi dello spazio, divorando ogni cosa. Quella cosa, qualunque cosa sia, sta arrivando ne sono certo. I segnali sono fin troppo chiari, il tempo degli uomini è finito. Vieni con me Ed, lasciamo questa nave prima che sia troppo tardi. Il tuo signore dei morti avrà ben altro a cui pensare che no venire a cercarti, e noi saremo in un'altro piano di esistenza quando lui si accorgerà della tua assenza. Io l'ho visto Ed, l'ho visto con i miei occhi. Non c'è scampo, nemmeno il tuo ghiaccio potrà fermare tutto questo. Il tempo degli uomini è finito."

    Provò quasi pena per quello che oramai era solo un piccolo un piccolo uomo spaventato. Qualunque cosa avesse visto, qualunque cosa stesse arrivando aveva spezzato qualcosa nel suo animo riducendolo ad un fuscello mosso dal vento in tempesta. Un'uomo spezzato e spaventato. Gli si avvicinò aiutandolo ad alzarsi.

    "Verrai stare da me per un po' vecchio mio. Se quello che sta arrivando è davvero così terribile non ti basterà semplicemente scappare in uno dei piani esterni. E credimi, se proprio vuoi nasconderti non c'è posto più sicuro di Winterfell in cui farlo. Nessuno può espugnare la mia fortezza."

    Prima che potesse controbattere una luce accecante avvolse ogni cosa. La porta dell'appartamento ondeggiò scossa da un leggero alito di vento. Al suo interno non rimaneva nulla se non uno spettrale silenzio.

    Erano trascorse tre settimane dalla sua visita a New Orleans. Giorni quieti e lenti si erano susseguiti uno dopo l'altro lasciando quasi sperare che la catastrofe preannunciata dallo Stregone fosse solo una delle tante profezie mal interpretate. Ce ne erano state tante infondo, il mondo sarebbe dovuto finire centinaia di volte stando agli antichi scritti, eppure c'era qualcosa che non quadrava. Il suo istinto, le sue ossa gli dicevano di stare in guardia. Era seduto sul suo trono quando uno degli scudieri di Winterfell gli consegnò il messaggio di Pandora. Un gigantesco tsnunami si era abbattuto su Bangkok, migliaia di persone morte in un solo istante sotto la furia degli elementi. I predicatori avevano trovato terreno fertile per loro orazioni, annunciando che il castigo divino si era abbattuto sulla città del peccato, così come Sodoma e Gomorra erano state bruciate dal fuoco divino millenni prima. In un primo momento l'Oracolo d'Averno aveva pensato ad una dimostrazione di forza del rinato Poseidone, eppure c'era qualcos'altro. Un'aura di tenebra che si innalzava dal suolo stesso avvolgendo quei luoghi in un'irrespirabile cappa di morte. Molti esploratori e specter minori erano stati mandati in quel luogo in cerca di risposte ma nessuno aveva fatto ritorno, spariti come risucchiati in un limbo di dimenticanza. La signora degli inferi, stufa per quella mancanza di risultati aveva deciso che sarebbe stato il suo primo cavaliere, il suo campione, a occuparsi della cosa e ordinava ad Edward di recarsi immediatamente sul luogo.

    "Forse dovrei portare la spada con me."

    Sfiorò con le dita l'impugnatura dell'arma donatagli da Leoluch Rarglove, guerriero di un futuro in cui una tenebra di nome Gabriel aveva divorato ogni cosa. La Sword of Ancestors, la lama spada che un tempo egli stesso aveva impugnato, la spada che si diceva potesse fendere il cielo stesso. La spada della vita in grado di sanare ogni ferita. Non aveva ancora avuto il coraggio di estrarla, la leggenda voleva che solo uno spirito puro e devoto al bene potesse brandirla senza esserne distrutto, e per quanto il suo discedente credesse fermamente nel lupo del nord, Edward non era ancora certo che uno spettro di Hades potesse farsi carico di un tale onere.

    "Dite a Sir Barristan di tenere pronti gli uomini, la cavalleria pesante e la guardia del lupo devono restare in attesa di oridini e pronti a combattere in qualsiasi momento."

    Lo scudiero che si trovava al suo fianco annuì inchinandosi mentre Edward lasciava la sala, la mano sul pomo della spada sacra, i diavoli di ghiacci che prendevano posizione innanzi al portale per il cielo di Saturno.

    Quando arrivò in ciò che doveva restare della città del peccato si trovò innanzi ad uno scenario stupefacente. La città si stagliava intoccata dalla catastrofe e forse più prospera e splendete di quanto non fosse mai stata. Gli alti palazzi di vetro si innalzavano verso il cielo e delle sconfinate baraccopoli non vi era più traccia. Per chilometri e chilometri si estendeva quello che appariva come un vero e proprio paradiso terrestre. Avanzò tra le strade, osservando la folla festante e gioiosa che viveva la propria vita senza alcun pensiero per il passato o per il futuro. Ogni domanda su cosa fosse accaduto aveva come unica risposta un sorriso divertito e alcune battute su come il mondo era finalmente rinato dalle sue ceneri. Infondo perché dubitare della cosa, non poteva trattarsi di un illusione e della misteriosa aura di oscurità non vi era traccia. Eppure una voce appenna sussurrata nella testa lo spingeva a continuare la sua cerca, una voce appena sussurrata e lontana, incomprensibile eppure tonante.

    « So che un frassino s'erge
    Yggdrasill lo chiamano,
    alto tronco lambito
    d'acqua bianca di argilla.
    Di là vengono le rugiade
    che piovono nelle valli.
    Sempre s'erge verde
    su Urðarbrunnr. »



    Avanzava mentre un sorriso si allargava sul suo viso. In quel luogo non c'era male, non c'era dolore. L'utopia che aveva sempre desiderato creare. Giunse in una grande piazza, una banda che suonava e decine di persone che ballavano. I colori di centinaia di lampade illuminavano la notte. Notte? Non era giunto in quel luogo in pieno giorno? No forse si sbagliava, e la musica era così dolce e soave da far sembrare ogni dubbio solo un vezzo da abbandonare nella dimenticanza. Solo quella voce continuava a risuonare, più forte e violenta ma ancora lontana.

    « So che un frassino s'erge
    Yggdrasill lo chiamano,
    alto tronco lambito
    d'acqua bianca di argilla.
    Di là vengono le rugiade
    che piovono nelle valli.
    Sempre s'erge verde
    su Urðarbrunnr. »



    Non poteva fermarsi, doveva proseguire, la sua missione veniva prima di tutto. Poi li vide. Cat, Rob, Arya. Erano li che danzavano e nel vederlo gli correvano incontro, lo abbracciavano. La sua surplice era sparita, così come la sua corona di ghiaccio, e sentiva il calore dei suoi amati avvolgerlo come accadeva secoli prima. Erano davvero morti? O forse era stato tutto un sogno.

    "Padre dove sei stato, ti stavamo aspettando, la festa è cominciata. Forza balla con me."

    La sua piccola Arya, quanto gli era mancata. Quanto era passato dall'ultima volta che l'aveva vista? Gli sembrava un'eternità, ma ora era li, questo era ciò che contava. Danzarono assieme, la sua bambina sorrideva mentre Robb e Cathline li guardavano felici. Perché era stato così triste? Perché gli mancavano così tanto. Erano sempre stati assieme infondo, non si erano salutati che quella mattina. Il loro palazzo si stagliava sulla città come un monumento alla gloria degli Stark, il casato che da secoli regnava sovrano su quelle terre. E allora cos'era quella sensazione di disagio? Perché tutto sembrava sbagliato? Si staccò da Arya barcollando tra la gente che danzava. Quelle parole rimbombavano nella sua testa come il tuono che squarcia la notte.

    « So che un frassino s'erge
    Yggdrasill lo chiamano,
    alto tronco lambito
    d'acqua bianca di argilla.
    Di là vengono le rugiade
    che piovono nelle valli.
    Sempre s'erge verde
    su Urðarbrunnr. »



    Era sbagliato, era tutto sbagliato. Non doveva trovarsi li, tutto quello che vedeva non poteva essere reale. Eppure lo poteva toccare, sentire, assaporare. Quella era la sua città, il suo castello, il suo regno. Una cappa dorata pervase il cielo mentre la mano destra si mosse istintivamente verso qualcosa che non c'era. Le dita strinsero un'elsa invisibile mentre urlando il Princeps Inferorum estraeva la Sword of Ancestors.

    « So che un frassino s'erge
    Yggdrasill lo chiamano,
    alto tronco lambito
    d'acqua bianca di argilla.
    Di là vengono le rugiade
    che piovono nelle valli.
    Sempre s'erge verde
    su Urðarbrunnr. »



    ALEK_Spada



    Fu un lampo di purissima luce azzurra, come una fiamma purificatrice avvolse ogni cosa dissolvendo il velo di illusioni che ammantava quei luoghi. Edward si ritrovò vestito con la sua surplice, la spada sacra stretta in pugno avvolta da un'aura di tangibile potere. Attorno a lui uno scenario che avrebbe fatto sembrare il più profondo girone degli inferi un'angolo di paradiso. La città era completamente distrutta, solo rovine in ogni dove sotto un cielo tinto di rosso dominato da una luna spezzata. La piazza era delimitata da una serie di croci su cui svariati corpi mutilati e torturati pendevano in agonia. Il puzzo di morte pervadeva ogni cosa e il terreno era impregnato di un misto di sangue e liquami ribollenti. Diversi demoni stavano trascinando delle donne urlanti al centro dello spiazzo per poi cominciare a violentarle. Su di un trono fatto di cadaveri e ossa una figura smunta e androgena lo osservava con dei profondi occhi gialli. Teneva sulle gambe una donna nuda ricoperta di tagli e ferite il cui sguardo sembrava solo chiedere una morte rapida che ponesse fine a quell'incubo.

    bEn TrOvAtO eDwArD CaLiBan StArK. iL MoNdO cHe tI aVeVo CrEaTo nOn eRa dI tUo GuSto?

    Il mostro si alzò baciando la donna per poi lanciarla via facendola schiantare contro uno dei palazzi in rovina. Vide un sorriso disegnarsi sul volto di quella povera creatura mentre la vita lasciava le sue vestigia mortali.

    lAsCiA cHe Mi PrEsEnTi. I tUoI DeI mI cHiAmAnO διαστροφή, mA lO tRoVo CoSì AnTiqUaTo. Tu PuOi ChIaMaRmI PeRvErSiOnE.

    ALEK_Pervers



    Avanza verso Edward che impassibile lo osserva. Il suo aspetto poteva dirsi solo vagamente umano, decine di scarnificazioni ne coprivano una pelle in apparenza costituita da ossa miste a carne putrescente. Una lunga spada ricoperta da un liquame verde stava stretta nella mano destra, sulla lama vergato con delle rune blasfema era leggibile il suo nome, la Keeper of Secret. I piedi artigliati affondarono nel liquame di quasi dieci centimetri ad ogni passo, segno della grande mole della creatura.

    "Perversione. Un nome altisonante. Da quale recesso dei piani esterni provieni di preciso?"

    Il demone rise sguaiatamente mentre i suoi cuccioli lo circondavano. Uno di loro stava bevendo del sangue ancora caldo da un cranio umano, un'altro trascinava dietro di se il corpo di un infante.

    PiAnO eStErNo? No cAvAlIeRe, Io E i MiEi fRaTeLlI sIaMo SeMpRe StAtI qUi CoN vOi, aNnIdAtI nEgLi AbIsSi pIU' oScUrI dEl VoStRo AnImO. cReDi ChE nON sApPiA cOmE gUaRdI lA TuA sIgNoRa? LaDy PaNdOrA è uNa dOnNa BelLiSsImA nOn C'è ChE dIrE, mA cOsA pEnSeReBbE CaTh a RiGuArDo?


    La mascella di Ed si contrasse lasciando cozzare i denti l'uno contro l'altro, il pugno della spada che si serrava mentre un'aura dorata avvolgeva la sua figura. La lama parve vibrare mentre il suo potere entrava in sincronia con colui che aveva scelto per essere suo portatore. Sentiva scorrere il candido potere della sua arma attecchire invisibili radici nel suo animo. Le emozioni della spada divennero le sue fino a quando non diventarono una cosa sola. Neve prese a scendere dal cielo rosso mentre il terreno si ghiacciava e decine gelide lance trafiggevano i demoni minori, impalandoli mentre ruggivano in preda agli spasmi.

    "Non so cosa tu e i tuoi fratelli facciate qui, e sinceramente non mi interessa.Qualunque cosa voi siate, qualunque cosa voi vogliate dal mio mondo vi ricaccerò dall'oscuro abisso che vi ha prodotto uno ad uno. E non lo farò per compiacere il mio dio, non lo farò in nome di un'ideale superiore, sarà un piacere tutto mio."

    La sua voce era cambiata, come se appartenesse da un'entità diversa, anch'essa estranea a questo mondo. La rabbia del guerriero era traboccante, innanzi a quell'essere che pareva la sua nemesi in terra. Il ghiaccio si diffondeva ovunque, centimetro dopo centimetro di pari passo con la forza del guerriero del nord. Sentiva il potere di Yggdrasill scorrergli nelle vene, ruggente, sconfinato, terrificante. Lo aveva scelto, uno spirito puro forgiato tra le tenebre della morte, una stella che brillava candida e immacolata sulla terra dei morti. Impossibile in quel momento dire dove finisse il guerriero e dove iniziasse la lama. Un'unico essere, furente, inarrestabile. Perfetto.

    Ma BeNe, VoRrA' dIrE cHe Mi DiVeRtIrO' uN pO' cOn Te PrImA dI uCcIdErTi. E lO fArO' CoN lA tUa StEsSa sPadA. aHAhaHAhaH.

    Le bestia rise sguaiatamente prima di partire alla carica ad una velocità impressionante mentre, a centianai, demoni presero a sciamare dai palazzi in rovina. Un primo fendente dall'alto in basso, la lama di Yggdrasill e della Keeper of Secret che stridevano mentre lottavano per la supremazia. Il re del nord si piegò sulle ginocchia per poi scivolare verso destra facendo andare a vuoto la pressione nemica, sbilanciando l'avatar della perversione. Mentre ruotava su se stesso per portarsi in una nuova posizione d'attacco rilasciò dalla mano libera una bordata di ghiaccio che investì cinque demoni pronti a balzargli addosso. Fu un gesto che pagò molto caro. Quell'attimo di esitazione, quella distrazione permise all'avversario di entrare nella sua guardia con i lunghi artigli. L'armatura purpurea fu trapassata quasi non esistesse, il loro freddo morso che gli ghermiva le budella e il suo stesso animo. Ma tutto durò solo un'istante. L'azzurro potere dell'albero della vita riempì la ferita placando ogni sofferenza.

    "Troppo vicino. Troppo lento."

    La mano libera di Edward si serrò attorno al braccio del nemico mentre il dorato cosmo dell'undicesima casa esplose in tutto il suo fragore in un solo istante. Il braccio della bestia si congelò per poi andare in pezzi mentre il mostro si allontanava ruggendo per il dolore. La torma di demoni minori si mosse per assaltare il Custode di Giove cercando di abbatterlo per vendicare il loro signore ferito. Uno era quasi arrivato a colpirlo alle spalle quando tre proiettili di metallo nero lo abbatterono. I Corni del Nord risuonarono mentre alla testa della Guardia del Lupo il Primo Cavaliere del Re guidava la carica delle truppe di Winterfell. I metalupi bardati seguiti dalla cavalleria impattarono contro le creature degli abissi in uno cacofonico caos di metallo e ossa che si spezzavano. Sir Barristan lanciò un'occhiata al suo signore con un sorriso disegnato sulle labbra, la lunga lancia che trapassava da parte a parte due demoni in un sol colpo. Sopra di lui, in groppa ad un gigantesco drago bianco, c'era Arthur con la sua solita espressione noncurante e la sigaretta accesa tra le labbra. Lo Stregone sembrava aver ritrovato il coraggio perduto e urlava ordini alle truppe. Atterrò vicino al vecchio amico mentre il tempo sul campo di battaglia parve rallentare per tutti tranne che per loro.

    "Chiedo scusa se mi sono permesso di intervenire senza permesso "Maestà". Sembravate necessitare del nostro supporto."

    Il drago squarciò con le sue zanne la carni di un'altro servo di Perversione, prima di prendere il volo ricominciando la mattanza tra i ranghi nemici. Non c'era bisogno di altre parole tra i due, sarebbe stata la battaglia a parlare per loro. Finalmente libero da distrazioni lo Stark tornò ad occuparsi del suo reale avversario. Perversione sembrava adirato e confuso. Com'era possibile che quel guerriero potesse resistere alla sua trama illusoria. Come poteva essere in grado di scatenare una tale potenza senza alcuno sforzo apparente. La ferita sul ventre che si rigenerava coperta da uno strana argilla biancastra.

    pErChé Il MiO vElEnO nOn StA BrUcIaNdO lA tUa AnImA? ChI dIAvOlO sEi Tu? Io iO....tI dIStRuGgErò StArK! bAnChEtTeRò cOl tUo CaDaVeRe AnCoRa CalDo e FuManTe!

    Una nuova carica preceduta da alcune sfere di cosmo. Schivò le prime due ma la terza fu troppo veloce e lo colpì in pieno, facendolo volare per alcuni metri. La bestia gli era di nuovo addosso con la spada. Uno, due, tre fendenti, stavolta fu il ghiaccio a proteggere il suo padrone. Come in un mare in tempesta ondate di puro gelo si frapposero a mo' di scudo agli attacchi dell'araldo dell'oscurità. Poi fu il turno dello Specter. Estrasse con la mano libera l'elsa di Ice e in un'instante la lama di ghiaccio si forgiò laddove un tempo c'era l'acciaio. In un turbinio di colpi il lupo incalzava la sua preda. Un tripudio di scintille si alzava trai guerrieri mentre i colpi si incrociavano alla velocità della luce. Ad ogni assalto del Princeps corrispondeva un'intricata difesa di Perversione. Ad ogni assalto dell'oscuro demone il ghiaccio si alzava imperioso e invalicabile. La forza dei due sembro equivalersi per alcuni interminabili istanti. Poi accadde qualcosa. I movimenti di Edward si fecero più lenti e imprecisi, il cosmo ardeva con meno impeto.

    cHe tI sUcCeDe StArK? sEi FoRsE sTaNcO?

    L'avversario gli ruggì in faccia accelerando i suoi assalti, costringendo il signore dei ghiacci ad indietreggiare. Il corpo dell'ex guerriero di Athene cominciava a cedere sotto il peso del suo stesso potere. Il volto contratto in un'espressione che testimoniava l'enorme sforzo a cui era sottoposto. Il sudore ne imperlava la fronte mentre gli occhi seguivano la rapida danza dell'avversario. Una, due, tre volte il freddo morso della Keeper's of Secret baciò la sua pelle, trapassando l'armatura quasi non esistesse e ogni volta che il potere dell'albero della vita rigenerava quelle ferite le forze di Edward scemavano. Doveva trovare una soluzione e per quanto folle potesse essere sapeva che poteva percorrere solo un sentiero per ottenere la vittoria. Convoglio tutte le sue energie nella spada, abbandonando ogni difesa, interrompendo persino la rigenerazione. Il successivo colpo del nemico lo fece quasi urlare dal dolore quando ghermì il fianco destro dello spettro, il liquido verde che gli scorreva nelle viscere infettando le sue membra. Cadde in ginocchio mentre la presa sulla realtà si affievoliva. Si fermò a pensare a quanto infondo quella fosse una buona morte, onorevole, eroica, affrontando il nemico fino allo stremo dell forze. Eppure qualcosa gli impedì di cedere, qualcosa lo fece rimanere disperatamente aggrappato alla vita. La definitiva certezza di non potersi arrendere, che il suo destino era stato scritto all'alba dei tempi così come quello di tutti i membri del casato Stark. I lupi del nord doveva essere un baluardo per gli uomini quando l'inverno fosse arrivato. Era per quello che aveva accettato di servire Hades, per quello che aveva rinunciato al proprio onore di cavaliere d'oro. Non poteva cedere e non l'avrebbe fatto. Si rimise in piedi poco prima che il nemico gli fosse addosso, lanciandosi alla carica. Mosso da un misto di rabbia e ritrovato fervore persino il potere della spada sacra sembrò essere meno insostenibile. I fendenti delle due spade si fecero troppo veloci, troppo numerosi per poter essere evitati tutti. Passo dopo passo il demone veniva spinto indietro, il nero sangue che eruttava dalle ferite. Quando arrivarono a lambire uno dei palazzi che delimitavano lo spiazzo dove infuriava la battaglia, il purpureo guerriero capì che aveva l'occasione di chiudere lo scontro. Schivò un goffo affondo e con un fendente della Sword of Ancestor mozzò la mano rimanente di Perversione, mentre Ice ne trapassava il petto impalandolo alla parete. Un'altro urlo della bestia scosse il cielo, Edward che compiaciuto balzava all'indietro osservando il nemico.

    "Meriteresti di soffrire mille volte quello che le tue vittime hanno dovuto patire. Ma non ti sarà concessa la possibilità di espiare le tue colpe. La tua morte sarà rapida e dolorosa."

    Piantò Yggdrasill nel suolo per poi giungere le mani sopra il capo. L'energia dorata si accumulava impetuosa mentre il supremo colpo del custode dell'ellittica acquisiva una forza senza pari. Se quella bestia avesse potuto conoscere la paura probabilmente i suoi occhi ne sarebbero stati pieni in quel momento. Ma la paura era un'emozione sconosciuta per quell'essere e quindi fu solo rabbia a riempire le sue membra. Cercò di liberarsi dalla morsa del ghiaccio, sbavando e imprecando contro il suo avversario. Ma era troppo tardi.

    Sparisci in un mare di luce. SCORRETE DIVINE ACQUE! AURORA EXECUTION!

    L'ondata di ghiaccio investì il mostro in un istante, inarrestabile e ruggente. In un battito di ciglia ogni singolo atomo dell'avatar del male venne bloccato, congelato in un eterno istante. Del temibile e spietato Perversione non rimase altro che una immobile statua di ghiaccio. La battaglia per i suoi servi non stava andando meglio. Le truppe di Giove avevano avuto una facile vittoria annichilendo i nemici limitando le perdite a poche decine di guerrieri. Edward raccolse la lama sacra per poi andare ad estrarre Ice dal corpo del nemico, che esplose in milioni di frammenti. Barristan il Valoroso si avvicinò al suo re, ricoperto dal sangue degli avversari abbattuti.

    "La battaglia è vinta Sire, quel vostro amico dai modi irriverenti si è mostrato un guerriero e un tattico eccezionale. Purtroppo non credo ci sia molto da fare per la gente di questi luoghi. I pochi ancora vivi pregano perché gli sia concessa una morte rapida."

    Respirava affannosamente lo Stark, lo sforzo necessario a sopportare il potere della nuova spada aveva messo a dura prova il suo fisico. La ferita infetta si stava rigenerando lentamente fiaccando ancora di più le sue oramai limitate forze. Forse un giorno sarebbe riuscito a imbrigliare quel potere senza autodistruggersi, ma per il momento doveva riconoscere i propri limiti e ringraziare il destino che gli aveva donato un artefatto dal potere sconfinato. Rinfoderò l'arma e sorridendo guardò il vecchio amico.

    "Che gli sia concessa. Nella morte possano trovare la pace che gli è stata tolta in vita. Valar Morghulis."


    Il primo cavaliere fece un cenno col capo, mentre la portava l'elsa della spada all'altezza del cuore.

    "Valar Dohaeris."

    Spronando la sua cavalcatura Barristan tornò alla battaglia, guidando l'inseguimento dei demoni sopravvissuti e pronto a rispettare la volontà del suo signore. Esausto Edward si fermò ad osservare quel cielo rosso che ogni cosa avvolgeva. Arthur non si sbagliava, l'eta d'oro degli uomini era arrivata al suo crepuscolo, il tempo del lupo e la sua eterna notte erano infine giunti come il casato Stark aveva temuto per secoli.



    IL TEMPO DEGLI UOMINI ERA FINITO, L'INVERNO ERA ARRIVATO.





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    Edited by ~S i x ter - 16/9/2019, 22:23
     
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